LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE 
                        Sezioni unite civili 
 
    Composta dagli ill.mi sigg.ri magistrati: 
        Pasquale D'Ascola, Presidente aggiunto; 
        Felice Manna, Presidente; 
        Ettore Cirillo, Presidente; 
        Umberto Luigi Cesare Giuseppe Scotti, consigliere; 
        Alberto Giusti, consigliere; 
        Lina Rubino, consigliere; 
        Rossana Mancino, consigliere; 
        Antonella Pagetta, consigliere; 
        Giuseppe Fuochi Tinarelli, consigliere-rel. 
    ha pronunciato la seguente ordinanza interlocutoria  sul  ricorso
iscritto al n. 6282/2021 R.G. proposto da: 
        Agenzia delle dogane, rappresentata e difesa  dall'Avvocatura
generale dello Stato,  ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it  presso  la
quale e' domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12; ricorrente; 
    contro G. M. G., rappresentato  e  difeso  dagli  avv.ti  Eugenio
Briguglio (BRGGNE60M03F158B) e Andreina Gastaldo  (GSTNRN64S67I657Y),
con  domicilio  eletto  presso  lo  studio  dell'avv.  Ernesto  Mocci
(MCCRST65T17H501P), in Roma, via Germanico, n.  146,  giusta  procura
speciale unita al controricorso; controricorrente; 
    avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale  della
Lombardia n. 266/09/2021 depositata il 15 gennaio 2021. 
    Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 27  febbraio
2024 dal consigliere Giuseppe Fuochi Tinarelli. 
    Udito il pubblico ministero, in persona del sostituto Procuratore
generale Giuseppe Locatelli, che ha concluso per  l'affermazione  del
principio di diritto come nelle conclusioni scritte, con accoglimento
del ricorso,  cassazione  della  sentenza  impugnata  e  rigetto  del
ricorso introduttivo del contribuente. 
    Udito l'avv. dello Stato  Massimo  Santoro  per  l'Agenzia  delle
dogane, che ha chiesto l'accoglimento del ricorso. 
    Uditi gli avv.ti Eugenio Briguglio e  Andreina  Gastaldo  per  il
contribuente, che hanno chiesto il rigetto del ricorso, con eventuale
rinvio alla Corte di giustizia. 
 
                           Fatti di causa 
 
    1. L'Agenzia delle dogane emetteva provvedimento di  confisca  ex
articoli 282 e 301 decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio
1973, n. 43 (Testo unico delle leggi doganali - TULD)  nei  confronti
di G. M. G. avente ad oggetto un quadro introdotto  in  Italia  dalla
Svizzera di cui era stata omessa la  dichiarazione  ed  il  pagamento
dell'Iva all'importazione. 
    2. In particolare, il contribuente, a  seguito  di  controllo  in
data ... presso la sala arrivi dell'Aeroporto di ..., veniva  trovato
in possesso di un quadro di L.  F.  ,  di  ingente  valore,  sicche',
contestata l'indebita importazione  e  sequestrato  il  bene,  veniva
rinviato a giudizio per evasione dell'Iva all'importazione,  pari  ad
euro ... 
    3. Il processo penale si concludeva con l'assoluzione  per  esser
il  fatto  non   piu'   previsto   come   reato   a   seguito   della
depenalizzazione del reato  di  contrabbando  semplice,  operata  con
l'art. 1, comma 1, del decreto legislativo 15 gennaio 2016, n. 8, con
trasmissione degli atti all'autorita' amministrativa  per  quanto  di
competenza, che disponeva prima il sequestro e poi  la  confisca  del
quadro. 
    4.  Avverso  il  provvedimento  dell'Agenzia  delle   dogane   il
contribuente proponeva ricorso che veniva rigettato dalla Commissione
tributaria provinciale di Milano. 
    5. La sentenza era riformata dalla CTR della  Lombardia,  secondo
la quale la confisca ex art. 301 TULD era stata abrogata per  effetto
dell'intervento di depenalizzazione  del  contrabbando  semplice  non
accompagnato dalla previsione di sanzioni accessorie. Era  poi  priva
di rilievo la persistenza della misura per l'ipotesi di  contrabbando
lieve, la cui estensione in via analogica  al  contrabbando  semplice
avrebbe  comportato  la  violazione  del  principio   di   legalita',
questione che riteneva «ancora in attesa di una chiara definizione da
parte del legislatore». 
    6. L'Agenzia delle dogane ha proposto ricorso per cassazione  con
due motivi; G. M. G. resiste con controricorso,  poi  illustrato  con
memoria. 
    7. Il ricorso era fissato alla  pubblica  udienza  del  5  luglio
2023;  il  Procuratore  generale  depositava   conclusioni   scritte,
chiedendone l'accoglimento. 
    8. Con ordinanza n. 21917/2023,  depositata  in  data  21  luglio
2023, la Sezione tributaria ha rimesso la causa al  primo  Presidente
per  valutare  l'opportunita'  dell'assegnazione  della  stessa  alle
Sezioni  unite  civili,  ravvisando  una  questione  di  massima   di
particolare importanza in ordine all'applicabilita' della confisca ex
art. 301 TULD alle condotte di  contrabbando  semplice  ex  art.  282
TULD, nella specie per l'omesso versamento dell'Iva  all'importazione
in  relazione  al  richiamo  di  cui  all'art.  70  del  decreto  del
Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, in seguito  alla
depenalizzazione intervenuta con il  decreto  legislativo  n.  8  del
2016. 
    9. Il Primo Presidente  ha  quindi  disposto  l'assegnazione  del
ricorso alle Sezioni Unite. 
    10. In prossimita' dell'udienza la Procura generale,  in  persona
del sostituto procuratore generale Giuseppe Locatelli, ha  depositato
memoria con cui ha chiesto affermarsi la  persistente  applicabilita'
in via amministrativa della confisca obbligatoria. Il contribuente ha
depositato memoria difensiva. 
 
                       Ragioni della decisione 
 
    1. Il primo motivo denuncia, ai sensi dell'art. 360, primo comma,
n. 3, codice di procedura civile,  violazione  e  falsa  applicazione
dell'art. 70 d.P.R. n. 633 del 1972 e degli articoli 282,  295-bis  e
301 e ss, TULD in quanto, contrariamente  a  quanto  affermato  dalla
CTR,  anche  a  seguito  della  depenalizzazione   del   contrabbando
semplice, il bene illecitamente introdotto nel territorio dell'Unione
europea puo' essere confiscato. 
    1.1. L'Ufficio evidenzia, in particolare, che l'importazione  del
quadro dalla Svizzera, pur esente da dazi in base all'Accordo tra  la
CEE e la Confederazione elvetica del 19 dicembre 1972,  era  soggetta
all'Iva sull'importazione, sicche' l'evasione  dell'imposta,  per  il
rinvio operato dall'art. 70 decreto del Presidente  della  Repubblica
n. 633 del 1972, comportava l'applicazione  delle  sanzioni  previste
dal TULD, ivi compresa la confisca. 
    2. Il secondo motivo denuncia,  ai  sensi  dell'art.  360,  primo
comma, n. 3, codice di procedura civile, degli articoli 3 e 6 decreto
legislativo n. 8 del 2018 per aver la CTR  ritenuto  abrogato  l'art.
301 TULD, che dispone la misura accessoria della  confisca  del  bene
illecitamente importato, in ragione dell'intervenuta depenalizzazione
del reato di contrabbando semplice, attesa l'assenza di una  espressa
abolizione. 
    2.1. Tale esito contrasta - afferma l'Ufficio - con il  principio
di proporzionalita' posto che in  caso  di  contrabbando  lieve  (per
diritti evasi inferiori a euro  4.000,00)  la  sanzione  continua  ad
applicarsi, mentre, alla stregua della diversa  tesi  propugnata  dal
giudice di merito, la confisca non e' piu' consentita per le  ipotesi
di maggiore gravita' (per diritti evasi da euro  4.000,00  e  fino  a
euro 49.999,00). 
    3. I due motivi che precedono  sollevano  la  questione  posta  a
queste Sezioni Unite con l'ordinanza  interlocutoria  n.  21917/2023,
che concerne la legittimita' della  confisca  disposta  in  relazione
alla condotta di «contrabbando semplice» di cui all'art. 282 TULD  e,
nel caso di specie, di  evasione  dell'Iva  all'importazione  per  il
rinvio operato dall'art. 70 decreto del Presidente  della  Repubblica
n. 633 del 1972, ossia se l'art. 301 TULD, che  prevede  la  confisca
dei beni illecitamente importati,  sia  stato  abrogato  per  effetto
dell'art. 1, decreto legislativo 15 gennaio 2016, n. 8, ovvero se sia
tuttora vigente ed applicabile all'illecito depenalizzato. 
    3.1. L'ordinanza di rimessione, dopo un'ampia ricostruzione degli
istituti   coinvolti,   si   interroga   sulla   effettiva    portata
dell'intervento  di  depenalizzazione  avuto   riguardo   all'attuale
sussistenza  della  misura  della  confisca  per   le   condotte   di
contrabbando semplice (e  per  la  corrispondente  evasione  dell'Iva
all'importazione) attesa la natura dell'intervento,  che  ha  attuato
una depenalizzazione «cieca», e l'intento perseguito dal  legislatore
di deflazionare il sistema penale, sottolineando altresi' le esigenze
di coerenza che discendono dalle diverse opzioni interpretative volte
a ritenere o meno esistente una misura ablativa. 
    4. Ritiene questa  Corte  che  debba  affermarsi  la  persistente
vigenza dell'art. 301 decreto del Presidente della Repubblica  n.  43
del 1973. 
    5.    Appare    opportuno,    preliminarmente,    delineare    le
caratteristiche e la  natura  dell'istituto  previsto  dall'art.  301
TULD. 
    5.1. Va infatti rilevato che, al di la' del nomen, la confisca, a
fronte delle previsioni di carattere generale  di  cui  all'art.  240
codice penale , quale misura di sicurezza patrimoniale,  e  dell'art.
20, legge 24 novembre 1981, n.  689,  quale  sanzione  amministrativa
accessoria, trova previsione in una  varieta'  di  norme  dedicate  a
specifiche discipline,  ognuna  delle  quali  caratterizzata  da  una
autonoma natura giuridica, funzioni e diversita' di regolamentazione:
l'elemento   unificante   delle   diverse   ipotesi   e'   costituito
dall'effetto ablativo della proprieta' del bene. 
    La stessa Corte costituzionale, del  resto,  aveva  avvertito  la
necessita' di puntualizzare che «la confisca puo'  presentarsi  nelle
leggi  che  la  prevedono,  con  varia  natura  giuridica»   e,   pur
consistendo  il  suo  contenuto  sempre  «nella  privazione  di  beni
economici», «puo' essere disposta per diversi motivi e indirizzata  a
varie finalita', si' da assumere, volta per volta, natura e  funzione
di pena, o di misura di sicurezza, ovvero anche di misure  giuridica,
civile o amministrativa» (Corte cost., sentenza n. 29 del 1961). 
    5.2.  In  materia  di  pagamento  dei  diritti  di   confine   il
legislatore ha previsto una ipotesi speciale di confisca  con  l'art.
301 TULD, il cui testo, nella formulazione ratione temporis  vigente,
prevede: 
        «(Delle misure di sicurezza patrimoniali. Confisca) 
        1. Nei casi di contrabbando e' sempre  ordinata  la  confisca
delle cose che servirono o furono destinate a commettere il  reato  e
delle cose che ne sono l'oggetto ovvero il prodotto o il profitto. 
        2. Sono in ogni caso soggetti a confisca i mezzi di trasporto
a  chiunque  appartenenti  che  risultino   adatti   allo   stivaggio
fraudolento  di  merci  ovvero  contengano  accorgimenti   idonei   a
maggiorarne la capacita' di carico o l'autonomia in difformita' delle
caratteristiche  costruttive  omologate  o  che  siano  impiegati  in
violazione alle norme concernenti la circolazione o la navigazione  e
la sicurezza in mare. 
        3. Si applicano le  disposizioni  dell'art.  240  del  codice
penale se si tratta di mezzo  di  trasporto  appartenente  a  persona
estranea al reato  qualora  questa  dimostri  di  non  averne  potuto
prevedere l'illecito  impiego  anche  occasionale  e  di  non  essere
incorsa in un difetto di vigilanza. 
        4. [...] 
        5. Le disposizioni del presente articolo si  osservano  anche
nel caso di applicazione della pena su richiesta a norma  del  Titolo
II del libro VI del codice di procedura penale. 
        5-bis. Nei casi di condanna o di applicazione della  pena  su
richiesta a norma dell'art. 444 del codice di procedura  penale,  per
taluno dei delitti previsti dall'art. 295, secondo comma, si  applica
l'art. 240-bis del codice penale». 
    Per completezza, va dato atto che  l'art.  2,  comma  1,  decreto
legislativo 4 ottobre 2022, n.  156,  di  attuazione  della  dir.  n.
2017/1371/UE,  ha  modificato  il  primo  comma  introducendo   anche
l'ipotesi della confisca per equivalente («Quando  non  e'  possibile
procedere alla confisca delle cose di cui al periodo  precedente,  e'
ordinata la confisca di somme di danaro, beni e altre utilita' per un
valore equivalente, di cui il condannato ha la disponibilita',  anche
per interposta persona»). 
    5.3. Come emerge dal testo sopra trascritto, la confisca prevista
dall'art. 301 TULD  e'  esplicitamente  qualificata  come  misura  di
sicurezza ed ha una natura particolarmente afflittiva. 
    5.4. Rispetto alla confisca penale ex art. 240 c.p., infatti,  la
norma dispone che la confisca e' obbligatoria anche «per le cose  che
servirono o furono destinate a commettere il  reato»,  estendendo  la
presunzione di pericolosita' anche nei confronti di esse, nonche'  di
quelle che ne sono «l'oggetto ovvero il prodotto ed il profitto». 
    La norma del codice penale invece prevede - fatta  eccezione  per
le cose che costituiscono il «prezzo» del reato e per quelle  la  cui
fabbricazione, uso, porto, detenzione o alienazione costituisce reato
- solo una forma facoltativa di sequestro  (e  confisca)  delle  cose
rientranti in queste categorie, imponendo un accertamento in concreto
da parte del giudice della pericolosita' della cosa in rapporto  alla
persona che la possiede. 
    5.5. Ancor piu' incisivo e' il raffronto con la confisca-sanzione
amministrativa di cui all'art. 20, terzo  comma,  legge  24  novembre
1981, n. 689 («Le  autorita'  stesse  possono  disporre  la  confisca
amministrativa  delle  cose  che  servirono  o  furono  destinate   a
commettere la violazione e debbono disporre la  confisca  delle  cose
che ne sono il prodotto, sempre che le cose suddette  appartengano  a
una delle persone cui e' ingiunto il pagamento»), di cui va rimarcata
la mera facoltativita' del provvedimento e il  piu'  limitato  ambito
delle cose («prodotto») suscettibili di ablazione. 
    5.6.  La  maggiore  afflittivita'  della  confisca  doganale   si
giustifica per la necessita' di una tutela rigorosa  ed  efficace  in
ragione della delicatezza degli interessi protetti, gia'  individuati
«nella lesione di primari interessi finanziari dello Stato ... per il
passaggio clandestino o fraudolento, attraverso  la  linea  doganale,
delle merci soggette a diritto di confine» (Corte cost., sentenza  n.
5 del 1977) ed ora,  ancor  piu',  di  beni  giuridici  di  rilevanza
unionale poiche'  i  dazi  costituiscono  un'entrata  propria  (e  di
rilievo  significativo)  dell'Unione,  che  esercita  una  competenza
esclusiva. 
    La  tutela  degli  interessi  finanziari   dell'Unione   europea,
difatti, costituisce un obbiettivo  specifico,  codificato  dall'art.
325 TFUE, che incombe in pari misura all'Unione e agli Stati membri e
deve essere perseguita contrastando le frodi e le attivita'  illegali
mediante  misure  dissuasive  ed  efficaci   sull'intero   territorio
dell'Unione. 
    La Corte di giustizia, peraltro, in piu' occasioni  ha  ritenuto,
con specifico riguardo alla disciplina dei dazi, l'adeguatezza  della
confisca in relazione all'obbiettivo dell'istituzione «di un  livello
adeguato  di   sanzioni   effettive,   dissuasive   e   proporzionate
sull'insieme del mercato interno» (Corte  di  giustizia,  sentenza  7
aprile 2022, causa C-489/20, UB, punto 35, con riferimento al CDU; v.
in termini generali sentenza 29 aprile 2010,  causa  C-230/08,  Dansk
Transport og Logistik, con riguardo al CDC). 
    Non   a   caso,   del   resto,   l'assetto   delineato   con   la
depenalizzazione del 2016 ha suscitato diffusi dubbi, condivisi anche
da una parte  della  dottrina,  per  l'eccessiva  attenuazione  della
tutela dei beni unionali, si' da essere stato oggetto di modifica con
un inasprimento del regime sanzionatorio con  l'art.  4  del  decreto
legislativo del 14 luglio 2020, n. 75  -  attuativo  della  direttiva
(UE) 2017/1371 -  che  ha  modificato  l'art.  1,  comma  4,  decreto
legislativo n. 8 del 2016, escludendo dalla depenalizzazione i «reati
di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n.
43, quando l'ammontare dei diritti di confine dovuti e'  superiore  a
euro diecimila». 
    5.7. Una volta disposta la confisca, va anche rilevato che l'art.
337 del regio decreto 13  febbraio  1896,  n.  65,  tuttora  vigente,
consente di riscattare il bene confiscato, attribuendo  all'autorita'
doganale  «la  facolta'  di  restituire  al  contravventore  le  cose
confiscate quando questi, oltre ai diritti, alle multe e alle  spese,
ne paghi subito il valore proprio». 
    L'istituto deve essere coordinato, per quanto  riguarda  i  dazi,
con le regole del codice doganale, poiche'  la  confisca  costituisce
una  causa  di  estinzione  dell'obbligazione   doganale   ferma   la
persistenza delle sanzioni. In particolare, nella vigenza del  codice
doganale comunitario (art. 233, lettera d), CDC) cio' poteva avvenire
purche'   il   sequestro    fosse    stato    effettuato    «all'atto
dell'introduzione irregolare» delle merci  nel  territorio  doganale,
restando privo di rilievo il sequestro successivo; nel vigente codice
doganale unionale, invece, l'estinzione non e' piu' subordinata  alla
condizione che il sequestro avvenga contestualmente  all'introduzione
delle merci nel territorio doganale dell'Unione (art.  124,  par.  1,
lettera e), CDU). 
    E'  importante  sottolineare  che  tale  effetto  estintivo   non
riguarda l'Iva all'importazione che e'  accomunata  ai  dazi  poiche'
l'art. 71, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva IVA  autorizza
gli Stati membri a collegare il  fatto  generatore  dell'esigibilita'
dell'Iva all'importazione a quelli dei dazi doganali, senza che cio',
tuttavia,  ne  determini  una  modificazione  della  natura  e  delle
condizioni di esistenza (v. Corte di  giustizia,  sentenza  7  aprile
2022, causa C-489/20, UB, punto 47). 
    5.8. In conclusione, dunque, la confisca  ex  art.  301  TULD  ha
natura di misura di sicurezza, con una  finalita'  special-preventiva
finalizzata, tramite l'ablazione del bene, da un lato a neutralizzare
l'attrattiva alla realizzazione dell'illecito  ove  lo  stesso  fosse
lasciato nella disponibilita' del  contravventore  e,  dall'altro,  a
recuperare all'erario, nella misura piu' celere e massima, il tributo
dovuto. 
    6. Cio' premesso, occorre valutare se la confisca di cui all'art.
301  TULD  sia  ancora  applicabile  in   esito   all'intervento   di
depenalizzazione di cui al decreto legislativo n. 8 del 2016. 
    7. Un  primo  intervento  di  depenalizzazione  della  disciplina
sanzionatoria doganale venne attuato, invero, con la legge 25  giugno
1999, n. 205, che introdusse  l'art.  295-bis  TULD  (rubricato  come
«Sanzioni amministrative di lieve entita'»), secondo il quale: 
        «Nei casi previsti dagli articoli 282, 283,  284,  285,  286,
287, 288, 289, 290, 291, 292 e 294, se  l'ammontare  dei  diritti  di
confine  dovuti  non  supera  euro  3.999,96  (lire   sette   milioni
settecentoquarantacinquemila) e non ricorrono le circostanze indicate
dall'art. 295,  secondo  comma,  si  applica,  in  luogo  della  pena
stabilita  dai  medesimi   articoli,   la   sanzione   amministrativa
pecuniaria non minore di due e non maggiore di dieci volte i  diritti
di confine dovuti. 
        [...] 
        Le  disposizioni  degli  articoli  301,  301-bis  e  333   si
osservano anche con riguardo alle violazioni  previste  dal  presente
articolo.  I  provvedimenti  per  i  quali,  in  base  alle  medesime
disposizioni, e' competente l'autorita' giudiziaria sono adottati dal
capo della dogana nella cui circoscrizione  la  violazione  e'  stata
accertata». 
    7.1. Il legislatore in questo caso ha  depenalizzato  i  casi  di
contrabbando  «lieve»,  per  importi  inferiori  a   euro   4.000,00;
tuttavia, ha  mantenuto  e  ribadito  la  necessita'  della  confisca
obbligatoria ex art.  301  TULD,  semplicemente  mutando  l'autorita'
competente a disporla. 
    8.  Con  il  piu'  recente  intervento  di  depenalizzazione,  di
incidenza ampia non delimitata o mirata sulle violazioni doganali, il
legislatore  ha  disposto,  con  l'art.  1,   comma   1,   (rubricato
«Depenalizzazione di reati puniti con  la  sola  pena  pecuniaria  ed
esclusioni»), che: 
        «Non  costituiscono  reato  e  sono  soggette  alla  sanzione
amministrativa  del  pagamento  di  una  somma  di  denaro  tutte  le
violazioni per le quali e'  prevista  la  sola  pena  della  multa  o
dell'ammenda. 
        2. La disposizione del comma 1 si applica anche ai  reati  in
esso previsti che, nelle ipotesi aggravate, sono puniti con  la  pena
detentiva, sola, alternativa o congiunta a quella pecuniaria. In  tal
caso, le ipotesi aggravate sono da ritenersi fattispecie autonome  di
reato. 
        3. [...] 
        4. La disposizione del comma 1 non si applica ai reati di cui
al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286. 
        5. [...] 6. [...]». 
    L'art.  6,  inoltre,  ha  previsto  una  clausola  di   chiusura,
stabilendo che: 
        «Nel   procedimento   per   l'applicazione   delle   sanzioni
amministrative previste dal presente decreto si osservano, in  quanto
applicabili, le disposizioni delle sezioni I e II del  capo  I  della
legge 24 novembre 1981, n. 689». 
    8.1. A fronte di tale dettato normativo si deve escludere che  vi
sia stata una abrogazione dell'art. 301 TULD. 
    8.2. Milita in senso contrario, in primo luogo, il dato letterale
dell'intero decreto legislativo n. 8 del 2016 che in  alcun  modo  ha
previsto una abrogazione  espressa  dell'art.  301  per  le  condotte
depenalizzate. 
    Ne' puo' ritenersi che l'intento del legislatore di  deflazionare
il sistema penale possa condurre ad un diverso esito: e'  sufficiente
osservare, sul punto, che l'art. 301 continua ad  applicarsi  per  le
ipotesi di contrabbando «lieve» di cui all'art. 295-bis, gia' oggetto
di depenalizzazione.  L'intendo  deflattivo,  dunque,  ha  un  valore
neutro rispetto alla permanenza o meno dell'istituto  della  confisca
doganale. 
    8.3. Neppure puo' fondarsi una abrogazione implicita sul disposto
di cui all'art. 6 cit. che, ai fini procedimentali, rinvia «in quanto
applicabili» alle disposizioni delle sezioni I e II del capo I  della
legge n. 689 del 1981. 
    Va infatti osservato che la  locuzione  «in  quanto  applicabili»
postula, di per se',  una  lacuna  o  un'inadeguata  regolamentazione
della materia. La disciplina delle sanzioni tributarie, ivi  comprese
quelle doganali, trova la sua autonoma  complessiva  regolamentazione
nel decreto legislativo n.  472  del  1997,  che,  di  per  se',  non
contempla, nell'apparato sanzionatorio, la confisca. 
    Da cio', dunque, potrebbe derivare,  in  ipotesi,  l'applicazione
del diverso istituto regolato dall'art. 20, legge n. 689 del 1981. 
    La confisca, peraltro, e' prevista da una norma, l'art. 301 TULD,
di  carattere  speciale  rispetto  alla  disposizione,  di  carattere
generale, di cui all'art. 20, legge  n.  689  del  1981,  sicche'  il
rapporto tra tali disposizioni, da effettuarsi in ragione del  rinvio
di cui all'art. 6 cit., non puo' che  risolversi  nel  senso  che  la
locuzione «in quanto  applicabili»  esclude  l'abrogazione  implicita
della prima norma e, anzi, esclude che vi sia una lacuna normativa. 
    8.4. A cio' va aggiunto, come sopra evidenziato, che la misura di
cui all'art. 20 cit. risponde a finalita'  e  presupposti  differenti
rispetto a quella prevista dall'art. 301 TULD: 
        la prima e' una sanzione  amministrativa  con  una  finalita'
chiaramente  punitiva-repressiva,  in  funzione   retributiva   della
violazione commessa; 
        la seconda, invece, e' una misura di sicurezza che assolve ad
una finalita' special-preventiva volta a tutelare  l'interesse  dello
Stato  alla  regolarita'  delle  importazioni  e  alla   completa   e
tempestiva percezione del tributo di rilievo unionale, corredata, tra
l'altro, anche di strumenti restitutori. 
    Il  cumulo  sanzionatorio   che   deriverebbe   dall'applicazione
dell'art. 20 cit.,  senza  i  correttivi  previsti  dalla  disciplina
doganale, finirebbe dunque con l'introdurre  un  sicuro  elemento  di
criticita' rispetto al principio di proporzionalita' delle  sanzioni,
non  compensato  dalla  mera  facoltativita'  della  misura,  la  cui
concreta applicazione resta riservata  alla  valutazione  operata  di
volta in volta. 
    8.5. Neppure rileva, in senso contrario, che la giurisprudenza di
questa Corte abbia ritenuto,  in  alcuni  casi  di  depenalizzazione,
applicabile l'art. 20, legge n. 689 del 1981. 
    Le   condotte   contestate,   infatti,   in   svariate   ipotesi,
riguardavano condotte relative al mancato pagamento delle accise,  la
cui ratio e i cui presupposti sono differenti rispetto  a  quelli  in
materia di dazi e Iva all'importazione (v. Cassazione pen. sez. 3, n.
1537 del 28 marzo 1996; Cassazione sez. 3, n.  3133  del  6  febbraio
1995,  entrambe  in  tema  di  contrassegno  per  gli  apparecchi  di
accensione). 
    Solamente la sentenza n. 30845 del 30  novembre  2017  riguardava
una fattispecie di contrabbando di bottiglie pregiate;  tuttavia,  in
questo caso,  la  Corte  non  era  stata  investita  in  ordine  alla
sussunzione  della  condotta  nella  previsione   normativa   ma   la
contestazione si limitava a lamentare l'asserita terzieta' del bene. 
    8.6. Per contro, l'irragionevolezza dell'interpretazione a favore
della  delineata  abrogazione  emerge   pure   in   una   prospettiva
sistematica. 
    In linea con  una  tale  conclusione,  infatti,  risulterebbe  un
regime cosi' articolato: 
        per le ipotesi di  contrabbando  «lieve»  (inferiore  a  euro
4.000,00) trova applicazione, ex art. 295-bis TULD, l'art. 301 TULD; 
        per le ipotesi di contrabbando «semplice» (tra euro  4.000,00
ed euro 49.999,00) non troverebbe applicazione alcuna misura  ovvero,
in alternativa, la misura di cui all'art. 20, legge n. 689 del 1981; 
        per le ipotesi di contrabbando «aggravato» trova applicazione
l'art. 301 TULD. 
    Si tratta di un assetto, in lineare evidenza, del tutto incongruo
e privo di una ragionevole giustificazione,  accomunando  le  ipotesi
piu' lievi a quelle piu'  gravi  (e  tuttora  di  rilievo  penale)  e
lasciando in un diverso regime - neppure correlato alle  esigenze  di
tutela unionali - quelle intermedie, irragionevolezza suscettibile di
risolversi, rispetto all'intero  impianto  normativo,  anche  in  una
violazione del principio di proporzionalita' delle sanzioni, sia alla
luce dei principi costituzionali che del diritto unionale (da  ultimo
art. 42 CDU). 
    Non giova rilevare, sul punto, che per  le  ipotesi  «intermedie»
sarebbe pur sempre possibile la confisca ex art. 20, legge n. 689 del
1981, esito inidoneo a  colmare  le  aporie  del  sistema  attese  le
differenze, sopra evidenziate, tra le misure ablative. 
    8.7. Infine, ad abundantiam, non si puo' non sottolineare che  la
legge delega del 9 agosto 2023, n. 111, nel fissare, all'art.  20,  i
principi  e  i  criteri  direttivi  per  la  revisione  del   sistema
sanzionatorio tributario, ha esplicitamente preso  in  considerazione
la disciplina sanzionatoria del Titolo VII, Capo I, TULD, in  cui  e'
compreso l'art. 301, indice di una valutazione da parte dello  stesso
legislatore di persistente vigenza della norma. 
    9. A fronte di tutto cio', occorre tuttavia rilevare  che,  nella
vicenda in giudizio, non viene in rilievo il mancato  versamento  dei
dazi ma, trattandosi di importazione effettuata dalla Svizzera,  come
tale  esente  da  dazi  in  base  all'Accordo  tra  la   CEE   e   la
Confederazione elvetica del 19 dicembre 1972 (recepito  nel  reg.  n.
2840/72/CEE), solo dell'Iva all'importazione. 
    9.1. Si pone, allora, l'esigenza  di  valutare  il  rapporto  tra
l'Iva all'importazione e i dazi  doganali  e  l'applicabilita'  degli
esposti principi alla prima. 
    10. Costituisce giurisprudenza assolutamente consolidata  (v.  ex
multis Cassazione n. 16109 del 29 luglio 2015; Cassazione n. 8473 del
6 aprile 2018; Cassazione n. 5962 del 28 febbraio 2019), sulla scorta
di  ripetute  affermazioni  della  Corte  di  giustizia,  che   l'Iva
all'importazione non e' un diritto di confine (riconducibile all'art.
34  TULD)  al  pari  dei  dazi   doganali   ma,   quanto   alle   sue
caratteristiche, e' la medesima imposta dell'Iva intraunionale. 
    10.1. Il sistema dell'Iva  all'importazione  e'  per  sua  natura
incardinato in quello  generale  dell'Iva  poiche'  non  colpisce  il
prodotto importato in quanto tale, ma s'inserisce nel sistema fiscale
uniforme dell'Iva, che colpisce sistematicamente  e  secondo  criteri
obiettivi  sia  le  operazioni  degli  Stati   membri,   sia   quelle
all'importazione (Corte giustizia, 17 luglio  2014,  causa  C-272/13,
... ; 25 febbraio 1988, causa C-299/86, ... punto 9; 5  maggio  1982,
causa C- 15/81, Schul, punto 21). 
    10.2. L'Iva all'importazione, come  gia'  evidenziato,  condivide
con  i  dazi  la  caratteristica  di   trarre   origine   dal   fatto
dell'importazione nell'Unione e della  susseguente  introduzione  nel
circuito economico degli Stati  membri  (Corte  giustizia  11  luglio
2013, in causa C-272/12, Harry Winston  SA,  punto  41),  sicche'  il
fatto generatore  e  l'esigibilita'  dell'Iva  all'importazione  sono
collegati a quelli dei dazi, pur rimanendo da questi distinti. 
    10.3. Tali principi sono stati da  ultimo  univocamente  ribaditi
dalla Corte di giustizia (7 aprile 2022, causa C-489/20, UB, punti 47
e 48) che ha affermato «l'IVA  all'importazione  e  i  dazi  doganali
presentano caratteristiche essenziali  comparabili,  in  quanto  essi
traggono origine dal  fatto  dell'importazione  nell'Unione  e  della
susseguente introduzione delle merci  nel  circuito  economico  degli
Stati membri. Questo parallelismo trova conferma nel fatto che l'art.
71, paragrafo 1, secondo comma, della  direttiva  IVA  autorizza  gli
Stati  membri  a  collegare  il  fatto  generatore  dell'esigibilita'
dell'IVA all'importazione a quelli dei dazi doganali [sentenza del  3
marzo 2021, Hauptzollamt Münster (Luogo di nascita dell'IVA), C-7/20,
punto  29]  ...  Pertanto,  un'obbligazione  a  titolo  di  IVA  puo'
aggiungersi  all'obbligazione  doganale  qualora   il   comportamento
illecito che ha generato quest'ultima permetta di  presumere  che  le
merci in questione sono entrate nel circuito economico dell'Unione  e
hanno  potuto  essere  oggetto  di  consumo,  determinando  cosi'  il
realizzarsi del fatto generatore dell'IVA [sentenza del 3 marzo 2021,
Hauptzollamt Münster (Luogo di nascita dell'IVA),  C-7/20,  punto  30
...]». 
    11. L'Iva all'importazione, tuttavia, e' segnata da  specificita'
correlate  al  meccanismo  dell'importazione,  sicche',  pur  essendo
estranea all'obbligazione doganale, rientra tra i tributi  che  vanno
corrisposti in occasione delle operazioni doganali e, in  virtu'  del
rinvio contenuto nell'art. 70 decreto del Presidente della Repubblica
n.  633  del  1972,  e'  soggetta  alle  disposizioni  procedurali  e
sanzionatorie dettate per i diritti di  confine  («Si  applicano  per
quanto concerne le controversie e le sanzioni, le disposizioni  delle
leggi doganali relative ai diritti di confine»). 
    11.1.  Sul  piano  procedurale,  in   particolare,   l'Iva   alle
importazioni va versata per  effetto  ed  in  occasione  di  ciascuna
importazione al momento della dichiarazione in dogana. 
    Ne deriva che la competenza al recupero dell'Iva all'importazione
e' dell'Agenzia delle dogane nel caso di coincidenza  dell'immissione
in libera pratica con quella in consumo o quando, pur mancando  detta
coincidenza, venga riscontrata un'irregolarita'  nella  gestione  dei
depositi Iva fino al momento della estrazione  delle  merci,  mentre,
nella fase successiva, nelle ipotesi di indebite  detrazioni  operate
con il sistema dell'autofatturazione, la relativa  competenza  spetta
all'Agenzia delle entrate (v.  Cassazione  n.  24276  del  4  ottobre
2018). 
    Parimenti, ne deriva l'applicabilita' dell'art. 84 TULD quanto ai
termini   di   riscossione    se    l'omesso    pagamento    dell'Iva
all'importazione abbia causa in un reato (v. Cassazione n. 21659  del
29 luglio 2021). 
    12. Piu'  complessa,  invece,  e'  la  valutazione  con  riguardo
all'applicabilita'    delle    disposizioni    sanzionatorie,     qui
specificamente rilevanti trattandosi di estensione  di  un  regime  -
inclusivo della confisca ex art. 301  TULD  atteso  l'ampio  richiamo
della norma - piu' severo rispetto  a  quello  previsto  in  caso  di
violazioni per evasione dell'Iva interna. 
    L'esplicito e puntuale rinvio comporta che  l'applicazione  delle
disposizioni all'Iva all'importazione non possa ritenersi operata  in
violazione del principio di legalita' o in via analogica  ma  in  via
diretta. 
    Il rinvio, inoltre, si riferisce al trattamento  sanzionatorio  e
non al novero dei soggetti sanzionabili; in tal senso, pertanto,  del
mancato   pagamento   dell'Iva   all'importazione    risponde    solo
l'importatore e non il rappresentante indiretto (ex multis Cassazione
n. 23526 del 27 luglio 2022; Corte di giustizia, sentenza  12  maggio
2022, causa C-714/20, U.I. srl). 
    La diversita' tra dazi e Iva all'importazione  comporta  altresi'
che, ai fini della determinazione delle  sanzioni,  non  puo'  essere
cumulato il rispettivo ammontare dei diritti  di  confine  evasi  (v.
Cassazione n. 24788  del  18  agosto  2023,  principio  affermato  in
relazione alla sanzione di cui all'art. 303 TULD ma di pari rilevanza
ai fini dell'art. 282 TULD). 
    13. Cio' detto, va rilevato che in materia  di  Iva  interna  nei
soli casi di condotta di rilevanza penale - per il superamento  della
soglia individuata  in  relazione  alle  diverse  ipotesi  delittuose
contemplate dal decreto  legislativo  10  marzo  2000,  n.  74  -  e'
prevista la confisca obbligatoria ex art. 12-bis decreto  legislativo
n. 74 del 2000, mentre per le altre ipotesi, sanzionate solo  in  via
amministrativa e  che  rinvengono  la  loro  disciplina  nel  decreto
legislativo  n.  472  del  1997,  non  e'  prevista  nessuna   misura
ablatoria, potendo l'erario solo chiedere  le  misure  cautelari  del
sequestro e dell'ipoteca. 
    14.  In  linea   generale,   invero,   l'applicabilita'   all'Iva
all'importazione delle piu'  severe  sanzioni  previste  dalle  leggi
doganali per i dazi puo' essere giustificata, anche  in  forza  della
competenza e autonomia degli Stati membri  nella  determinazione  del
regime sanzionatorio, per  la  diversita'  dei  presupposti  e  degli
elementi   costitutivi   e   di    accertamento    che    presiedono,
rispettivamente,  l'Iva  interna  e  l'Iva   all'importazione,   piu'
complessi  e  suscettibili  di   piu'   difficile   rilevazione   per
quest'ultima (v. Corte di giustizia, sentenza 25 febbraio 1988, causa
C-299/86, Rainer Drexl, che  ha  precisato,  al  punto  22,  «le  due
categorie di infrazioni di cui trattasi si  distinguono  per  diverse
circostanze   che   attengono   tanto   gli   elementi    costitutivi
dell'infrazione  quanto  alla  difficolta'  maggiore  o   minore   di
scoprirla. Infatti, l'IVA all'importazione e' riscossa  all'atto  del
semplice ingresso fisico del bene nel territorio dello  Stato  membro
interessato,  piuttosto  che  in  occasione  di  uno  scambio.  Dette
differenze implicano che gli  Stati  membri  non  sono  obbligati  ad
istituire un regime identico per le due categorie di infrazioni.»). 
    14.1.   Tale   discrezionalita'   nella   scelta    del    regime
sanzionatorio, tuttavia, incontra i limiti che derivano, da un  lato,
dal rispetto del diritto dell'Unione  e,  dunque,  dal  principio  di
proporzionalita', posto che le misure repressive «consentite  da  una
normativa nazionale non devono eccedere  i  limiti  di  cio'  che  e'
necessario al conseguimento degli scopi legittimamente perseguiti  da
tale normativa ne' essere sproporzionate rispetto ai medesimi  scopi»
(ex multis Corte di giustizia, 4 marzo 2020,  Teritorialna  direktsia
«Severna morska» kam Agentsia Mitnitsi, C- 655/18, punto 42; Corte di
giustizia,  22  marzo  2017,  Euro-Team  e  Spiral-Gep,  C-497/15   e
C-498/15, punti 40 e  58)  e,  dall'altro,  dalla  conformita'  della
disciplina  ai  principi   costituzionali   di   proporzionalita'   e
ragionevolezza ex art. 3  Cost.,  che  pure  permeano  la  disciplina
sanzionatoria (v., recentemente, Corte costituzionale, sentenza n. 46
del 2023). 
    15. La specificita' dell'Iva,  imposta  armonizzata,  impone,  in
primo luogo, di approfondire  la  valutazione  sulla  congruita'  del
regime sanzionatorio in rapporto al principio di proporzionalita'  di
matrice unionale. 
    In caso di doppia pregiudizialita', infatti, come affermato anche
recentemente dalla Corte costituzionale (sent. n. 67 del  2022),  ove
risulti con  certezza  l'esistenza  di  un  diritto  UE  direttamente
applicabile (in ipotesi, derivante da una  sentenza  della  Corte  di
giustizia), il giudice e' tenuto a riscontrare la possibilita' di una
interpretazione conforme al diritto unionale  ovvero  la  sussistenza
dei presupposti per la non applicazione  della  fonte  interna  (gia'
Corte costituzionale sentenza n. 170 del 1984). 
    15.1. Tale verifica, tuttavia, presuppone l'individuazione  dello
specifico contesto normativo di riferimento. 
    15.2.   La   vicenda   qui   in   giudizio,   infatti,   riguarda
l'importazione di un bene dalla Svizzera in Italia, sicche'  l'ambito
normativo e' costituito dall'Accordo tra la CEE e  la  Confederazione
elvetica del 19 dicembre 1972 e,  in  ispecie,  dall'art.  18,  primo
comma, che prevede: «Le Parti contraenti si astengono da ogni  misura
o pratica di carattere fiscale interna che stabilisca, direttamente o
indirettamente, una discriminazione  tra  i  prodotti  di  una  Parte
contraente  ed  i  prodotti  similari  originari   dell'altra   Parte
contraente». 
    15.3. Orbene,  tale  specifica  connotazione  -  diversamente  da
quanto prospettato dal contribuente con la memoria -  pare  escludere
la rilevanza di una valutazione di proporzionalita' ai fini  unionali
e, dunque, esclude  la  possibilita'  di  un  rinvio  alla  Corte  di
giustizia ovvero una disapplicazione della norma interna. 
    16. La Corte di giustizia, invero, con due pronunce (sentenza  25
febbraio  1988,  ...,  causa  C-299/86;  sentenza  2   agosto   1993,
Commissione c/Repubblica Francese, causa C-276/91), la prima riferita
specificamente  alla  disciplina  nazionale  dell'Italia,   ha   gia'
stigmatizzato  come  «divario  manifestamente  sproporzionato   nella
severita' delle sanzioni comminate per le due categorie di infrazioni
... quando  la  sanzione  comminata  per  il  caso  dell'importazione
comporta, di norma, pene detentive e la confisca della merce in forza
delle norme intese  a  reprimere  il  contrabbando,  mentre  sanzioni
comparabili non  sono  contemplate  o  non  sono  applicate  in  modo
generale, nel caso di infrazione all'IVA negli scambi  interni»,  si'
da concludere «nel senso che una disciplina nazionale che sanzioni le
infrazioni concernenti l'IVA  all'importazione  piu'  severamente  di
quelle concernenti l'IVA sulle cessioni di beni all'interno del paese
e' incompatibile con l'art. 95 del trattato» ove detta differenza sia
sproporzionata  rispetto  alla  diversita'  delle  due  categorie  di
sanzioni. 
    16.1. Tuttavia, la stessa Corte di giustizia  ha  successivamente
escluso (sentenza 1°  luglio  1993,  ...  causa  C-312/91)  che  tali
principi fossero estensibili all'applicazione dell'Accordo di  libero
scambio tra CEE e la Repubblica d'Austria del 22 luglio 1972, il  cui
contenuto era del tutto sovrapponibile a quello  qui  in  rilievo  e,
anzi, con riguardo all'art. 18, di identica formulazione e portata. 
    La  Corte,  in  particolare,  ha  escluso  che   ricorressero   i
presupposti che avevano dato origine alla decisione ... posto che  lo
scopo dell'accordo non e' mirato  «all'instaurazione  di  un  mercato
comune nel quale sia eliminato ogni intralcio per gli scambi al  fine
di fondere i mercati nazionali in un mercato unico il piu'  possibile
simile ad un vero e proprio mercato interno», ma al  solo  obbiettivo
«di consolidare e di estendere le relazioni economiche esistenti». 
    Da cio' la conclusione che, con riferimento al suddetto  Accordo,
«una normativa nazionale la quale punisca le  infrazioni  concernenti
l'IVA all'importazione piu' severamente delle infrazioni  concernenti
l'IVA  sulle  cessioni  di  beni  all'interno  del   paese   non   e'
incompatibile con la detta disposizione dell'accordo, anche  se  tale
differenza e'  sproporzionata  rispetto  alla  diversita'  delle  due
categorie di infrazioni». 
    17. Non sussistono, pertanto, i presupposti per operare un rinvio
ex art. 267 TFUE, ne' per la disapplicazione della norma interna. 
    18. Il collegio ritiene,  tuttavia,  che  il  combinato  disposto
dell'art. 70 decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del  1972
in relazione agli articoli 282 e 301 TULD non si sottragga a dubbi di
costituzionalita'  rispetto  ai  principi   di   proporzionalita'   e
ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost., oltre che dell'art. 49  della
Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. 
    18.1. La Corte costituzionale in plurime  occasioni  ha  ritenuto
(sentenze n. 5 del 1977, n. 114 del 1974 e n. 157 del  1972)  che  il
contrabbando doganale presenta  peculiari  caratteristiche  collegate
con la lesione di primari interessi finanziari dello  Stato  tali  da
giustificare   l'imposizione   di   un   trattamento    sanzionatorio
particolarmente rigoroso e severo  nei  confronti  degli  autori  del
reato stesso (disciplina  della  recidiva,  equiparazione  tra  reato
tentato e reato consumato, dichiarazione di abitualita'). 
    Tali principi sono stati poi nuovamente  affermati  con  la  piu'
recente sentenza n. 3 del 1997 che, nel  dichiarare  (in  continuita'
con le sentenze n. 229 e 259 del 1976) l'illegittimita'  della  norma
rispetto alla sua piena applicazione al terzo estraneo,  ha  ribadito
la non irragionevolezza della maggior severita'  di  trattamento  nei
confronti dell'autore dell'illecito. 
    18.2.   Il   profilo   qui   in   rilievo,   nondimeno,    appare
significativamente  differente,  concernendo  l'ampiezza  del  cumulo
sanzionatorio e l'eccessivita' di una misura, la confisca,  applicata
in via fissa -  mai  prevista  per  l'Iva  interna  per  le  condotte
sanzionate solo in via amministrativa e con una articolata disciplina
per le condotte di rilevanza penale - a  prescindere  dalla  condotta
tenuta dal contribuente. 
    Va evidenziato, sul punto,  che  costituisce  dato  pacifico  del
giudizio - affermato dal ricorrente, non  contestato  dall'Ufficio  e
accertato  nella  sentenza  impugnata  -  che  il   contribuente   ha
integralmente versato l'imposta evasa e  le  sanzioni  amministrative
pecuniarie irrogate. 
    19. Cio' detto, sotto il profilo della rilevanza, va sottolineato
che la valutata persistenza nell'ordinamento dell'art. 301 TULD e  il
richiamo operato dall'art. 70 decreto del Presidente della Repubblica
n. 633 del 1972 per l'Iva all'importazione  al  regime  sanzionatorio
doganale  e'  idonea  a  determinare,  nella  vicenda  in   giudizio,
l'applicazione della confisca doganale per  la  condotta  contestata,
non venendo neppure in rilievo l'evasione di dazi, non previsti e non
contestati. 
    20. Quanto al versante della non manifesta  infondatezza  vengono
in rilievo una pluralita' di considerazioni. 
    21. Va evidenziato, in primo luogo, che la  Corte  di  giustizia,
con la sentenza ... ha gia' ritenuto,  per  l'ordinamento  nazionale,
sussistere «un divario manifestamente sproporzionato nella  severita'
delle  sanzioni  comminate  per  le  due  categorie  di  infrazioni»,
sicche', in via generale, per l'Iva all'importazione per  gli  scambi
intraunionali non e' compatibile la  contestuale  applicazione  della
confisca. 
    22. In secondo luogo, il medesimo  giudizio  di  disvalore  e  di
sproporzionalita' e' stato operato, sempre dalla Corte di  giustizia,
con riguardo all'Iva all'importazione derivante dall'accordo  tra  la
CEE e la Repubblica Austriaca, fattispecie questa del tutto  omogenea
a quella qui in giudizio (Accordo con la Svizzera del 1972). 
    Sotto questo profilo non sembra assumere rilievo  la  circostanza
che, nonostante la valutata sproporzione, non  ne  sia  derivata  una
affermazione   di   incompatibilita',   discendendo   l'esito   dalla
valutazione del perimetro della disciplina di rilievo unionale. 
    23. In terzo luogo, la disciplina sanzionatoria per  le  condotte
di rilievo non penale nel contesto  in  esame  presenta  le  seguenti
caratteristiche: 
        per l'Iva all'importazione rispetto alle  importazioni  dalla
Svizzera  e'  prevista  l'irrogazione,  cumulativa,  della   sanzione
amministrativa e della confisca; 
        per l'Iva interna, a parita'  di  disvalore  della  condotta,
consegue solamente l'applicazione delle  sanzioni  amministrative  ai
sensi del decreto legislativo n. 472 del 1997; 
        per l'Iva  all'importazione  per  gli  scambi  intraunionali,
parimenti, deve conseguire, a parita' di  disvalore  della  condotta,
solamente l'irrogazione della sanzione amministrativa in  conseguenza
della sentenza ... sopra citata. 
    23.1. L'assetto sanzionatorio  risulta  ulteriormente  divaricato
ove poi si considerino condotte di rilevanza penale. Infatti: 
        per l'Iva all'importazione rispetto alle  importazioni  dalla
Svizzera l'irrogazione, cumulativa, della sanzione penale  (multa  e,
per i casi piu' gravi, anche pena detentiva) e  della  confisca,  non
essendovi, per tale profilo, differenze di regime; 
        per l'Iva interna, a parita'  di  disvalore  della  condotta,
consegue la sanzione penale applicabile alla  fattispecie  contestata
(d.lgs. n. 74 del 2000), nonche' la confisca ex art.  12-bis  decreto
legislativo n. 74/2000 introdotta con il decreto legislativo  n.  158
del 2015 (in precedenza la  confisca  era  disposta  in  applicazione
dell'art. 322-ter codice penale, ex art. 1, comma 143, della legge 24
dicembre 2007, n. 244); 
        per l'Iva all'importazione per gli  scambi  unionali,  sempre
per effetto delle richiamate decisioni della Corte di giustizia,  non
puo' conseguire l'applicazione della confisca ex art. 301 TULD (v. in
tal senso Cassazione Sez. 3, sentenza n. 9696 del 7 giugno  1990  Ud.
(dep. 4 luglio 1990), che, peraltro, in termini radicali, ha concluso
per l'incompatibilita' tout court dell'art. 70 decreto del Presidente
della Repubblica n. 633 del 1972). 
    In linea con tali conclusioni, del resto, questa  Corte,  con  le
sentenze Cassazione Sez. 3, sentenza n. 404 del 25 settembre 2018 Cc.
(dep. 8 gennaio 2019) e, in termini diffusi e articolati,  Cassazione
Sez. 3, sentenza n. 17835 del 3 marzo 2005 Ud. (dep. 13 maggio 2005),
ha  confermato  l'applicabilita'  dell'art.  301  TULD  in  relazione
all'art. 70 decreto del Presidente della Repubblica n. 633  del  1972
proprio in relazione ad importazioni avvenute dalla Svizzera. 
    23.2. A fronte di  questo  variegato  assetto  sanzionatorio  non
risultano sussistere differenze  procedurali  e  di  accertamento  di
significativo impatto tra le diverse fattispecie. 
    Tra l'Iva all'importazione derivante dagli scambi intraunionali e
quella per le importazioni dalla Svizzera la situazione e'  omogenea:
appare difficile ipotizzare  che  l'accertamento  sia  di  differente
complessita' posto che la riscossione avviene, in entrambi i casi, al
momento   dell'ingresso   nel    territorio    e    le    difficolta'
nell'accertamento appaiono sostanzialmente similari. 
    Rispetto all'Iva interna, la circostanza che l'Iva  sia  riscossa
al momento dello scambio e che, in  concreto,  possa  risultare  piu'
agevole  l'accertamento  delle  condotte  evasive  rispetto   all'Iva
all'importazione non  pare  circostanza  tale  da  giustificare,  nel
secondo caso, la definitiva ablazione della titolarita' del bene. 
    24. In questa prospettiva,  un  utile  termine  di  raffronto  si
ricava dalla parallela disciplina della confisca  prevista  dall'art.
12-bis del decreto legislativo n. 74 del  2000  per  le  condotte  di
rilevanza penale in materia di Iva interna. 
    24.1. L'art. 12-bis, decreto legislativo n. 74 del 2000, inserito
dall'art. 10, comma 1, decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 158,
prevede che: 
        «1. Nel caso di condanna o  di  applicazione  della  pena  su
richiesta delle parti a norma dell'art. 444 del codice  di  procedura
penale per uno dei delitti previsti dal presente decreto,  e'  sempre
ordinata la confisca dei beni che ne costituiscono il profitto  o  il
prezzo, salvo che appartengano a persona estranea al  reato,  ovvero,
quando essa non e' possibile, la confisca di beni, di cui il  reo  ha
la disponibilita', per un  valore  corrispondente  a  tale  prezzo  o
profitto. 
        2. La confisca non opera per la parte che il contribuente  si
impegna a versare all'erario anche in presenza di sequestro. Nel caso
di mancato versamento la confisca e' sempre disposta.». 
    Ne deriva che la confisca va obbligatoriamente irrogata  in  caso
di condanna (o applicazione della pena); tuttavia se l'imposta  evasa
e'  restituita  il  provvedimento  ablatorio  non  ha  piu'   ragione
d'essere. 
    24.2. La finalita' evidentemente perseguita con  la  disposizione
e' quella di favorire il recupero  del  debito  impositivo,  sicche',
qualora questo venga  estinto  con  la  restituzione  all'Erario  del
profitto derivante dal reato, viene meno lo scopo perseguito  con  la
confisca. 
    24.3. Orbene, al di la' del rilievo che  la  fattispecie  qui  in
giudizio concerne una condotta sanzionata solo in via amministrativa,
per la quale si verrebbe ad assistere ad un cumulo sanzionatorio piu'
severo rispetto a condotte di rilevanza penale, si potrebbe  comunque
sottolineare  che  la  confisca  doganale  persegue   una   finalita'
special-preventiva  finalizzata,  da   un   lato,   a   neutralizzare
l'attrattiva alla realizzazione dell'illecito  ove  lo  stesso  fosse
lasciato nella disponibilita' del  contravventore  e,  dall'altro,  a
recuperare all'erario, nella misura piu' celere e massima, il tributo
dovuto, scopi entrambi assolti con l'ablazione del bene. 
    24.4. La persistenza della  misura  per  l'Iva  all'importazione,
dunque, si potrebbe  comunque  ritenere  giustificata  nonostante  la
restituzione dell'imposta,  non  essendo  venuta  meno  la  parallela
esigenza di  neutralizzare  l'attrattiva  dell'illecito  in  funzione
dissuasiva. 
    Cio' non considera, tuttavia, che il regime  complessivo  che  ne
resta delineato verrebbe ad essere il piu' gravoso e  cio'  anche  in
raffronto - quale parametro di comparazione esterno - alla disciplina
prevista per i dazi, rispetto  ai  quali  la  confisca  assolve  alle
medesime finalita' special-preventive. 
    L'art. 124, par. 1, lettera e) del codice  doganale  dell'Unione,
infatti, prevede che l'obbligazione doganale si estingue  «quando  le
merci soggette a dazi  all'importazione  o  all'esportazione  vengono
confiscate  o  sequestrate  e  contemporaneamente  o  successivamente
confiscate». 
    In tale ipotesi, dunque, l'omogeneita' del  regime  sanzionatorio
sarebbe comunque temperata in relazione al  complessivo  assetto  dei
rapporti    incidenti    sul    contribuente,    per     l'estinzione
dell'obbligazione tributaria. 
    25. Tutte le considerazioni che precedono portano a ritenere  che
il cumulo sanzionatorio, costituito dall'applicazione della  confisca
in aggiunta alle sanzioni amministrative pecuniarie, per la  condotta
di evasione dell'Iva all'importazione per le operazioni compiute  con
la Svizzera, risulti, in se', di particolare  severita'  e,  in  ogni
caso, maggiore rispetto a quanto previsto per  le  omologhe  condotte
sia in tema di Iva interna, sia in tema di Iva all'importazione negli
scambi intraunionali. 
    Tale dicotomia persiste anche ove si considerino  le  fattispecie
di rilievo penale, oggettivamente piu' gravi  rispetto  a  quella  in
giudizio, sanzionata in via amministrativa. 
    E questa eccessiva afflittivita' pare emergere anche in relazione
al regime dei dazi posto che, a parita' di trattamento sanzionatorio,
per  i  dazi  doganali,  oggetto  della  massima  tutela  in   quanto
specifiche risorse  proprie  dell'Unione  europea,  il  provvedimento
ablatorio e' comunque suscettibile di ricadute  sulla  posizione  del
contribuente quale centro di imputazione del complesso  dei  rapporti
obbligatori. 
    Appare significativo ribadire, sul punto, che  nella  vicenda  in
giudizio il  contribuente  ha  si'  importato  illegalmente  un'opera
d'arte,  ma  ha  anche,  anteriormente  alla  stessa   adozione   del
provvedimento di confisca, integralmente versato sia l'imposta  evasa
sia le sanzioni amministrative irrogate. 
    26. Non sembra possibile ricondurre questo assetto  sanzionatorio
nell'ambito dei principi di ragionevolezza e di proporzionalita':  la
natura della sanzione, che si cumula alla sanzione  pecuniaria,  osta
ad una sua possibile graduazione, come invece sarebbe praticabile per
le  sanzioni  pecuniarie  anche  con  il  ricorso  ai  meccanismi  di
adeguamento previsti dall'art. 7 del decreto legislativo n.  472  del
1997, come recentemente affermato con la  sentenza  n.  46  del  2023
della Corte costituzionale, la quale, in piu' occasioni, ha precisato
che «il principio di proporzionalita' della  sanzione  rispetto  alla
gravita' dell'illecito» e' «applicabile anche alla generalita'  delle
sanzioni amministrative» (sentenza n. 112 del 2019) e che  anche  per
le sanzioni amministrative si prospetta  «l'esigenza  che  non  venga
manifestamente meno un rapporto di congruita' tra la  sanzione  e  la
gravita'  dell'illecito  sanzionato»  (sentenza  n.  185  del   2021;
sentenza n. 95 del 2022). 
    La natura fissa e automatica della misura, inoltre,  finisce  per
colpire in egual modo  fatti  tra  loro  complessivamente  differenti
avuto riguardo anche alla condotta tenuta dal contravventore (seppure
in un momento successivo:  l'avvenuto  o  meno  integrale  versamento
dell'imposta evasa oltre che delle sanzioni pecuniarie), mentre,  per
contro, per condotte analoghe (l'Iva all'importazione per gli  scambi
intraunionali) o anche  di  maggiore  disvalore  (l'Iva  interna  per
fattispecie di rilievo penale) la misura ablativa non sussiste od  e'
suscettibile di recedere. 
    Il dettato dell'art. 70 decreto del Presidente  della  Repubblica
n. 633 del 1972, infine,  non  pare  consentire  una  interpretazione
sistematica  e  costituzionalmente   orientata,   neppure   potendosi
ipotizzare  una  estensione,  in  via  interpretativa,  dei  principi
dettati  dall'art.  12-bis,  decreto  legislativo  n.  74  del  2000,
comunque collocati nell'alveo di una disciplina autonoma e  distinta,
da cui il rischio di generare una distonia di sistema. 
    27.   In   conclusione,   non    essendo    percorribile,    data
l'insuperabilita' della lettera dell'art. 70, decreto del  Presidente
della Repubblica n. 633 del 1972, la strada  di  una  interpretazione
della disposizione qui in esame conforme alla  Costituzione  ed  alla
Carta dei  diritti  fondamentali  dell'Unione  europea,  il  collegio
ritiene che l'art. 70, primo  comma,  decreto  del  Presidente  della
Repubblica n. 633 del 1972, in relazione  agli  articoli  282  e  301
decreto del Presidente della Repubblica n. 43 del 1973 e  all'Accordo
tra la  CEE  e  la  Confederazione  elvetica  del  19  dicembre  1972
(recepito nel reg. n. 2840/72/CEE), nella parte in cui, nel prevedere
«Si applicano per quanto concerne le controversie e le  sanzioni,  le
disposizioni delle leggi doganali relative ai  diritti  di  confine»,
non esclude l'applicabilita' dell'art. 301 TULD, ponga concreti dubbi
di  costituzionalita'  per  violazione  dell'art.  3  Cost.,  nonche'
dell'art.  49  della  Carta  dei  diritti  fondamentali   dell'Unione
europea. 
    28. Il giudizio deve essere pertanto sospeso e gli atti  rinviati
alla Corte costituzionale affinche' verifichi la fondatezza dei dubbi
di costituzionalita' in questa sede esposti.