LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Sezioni unite civili Composta dagli ill.mi sigg.ri magistrati: Pasquale D'Ascola, Presidente aggiunto; Felice Manna, Presidente; Ettore Cirillo, Presidente; Umberto Luigi Cesare Giuseppe Scotti, consigliere; Alberto Giusti, consigliere; Lina Rubino, consigliere; Rossana Mancino, consigliere; Antonella Pagetta, consigliere; Giuseppe Fuochi Tinarelli, consigliere-rel. ha pronunciato la seguente ordinanza interlocutoria sul ricorso iscritto al n. 6282/2021 R.G. proposto da: Agenzia delle dogane, rappresentata e difesa dall'Avvocatura generale dello Stato, ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it presso la quale e' domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12; ricorrente; contro G. M. G., rappresentato e difeso dagli avv.ti Eugenio Briguglio (BRGGNE60M03F158B) e Andreina Gastaldo (GSTNRN64S67I657Y), con domicilio eletto presso lo studio dell'avv. Ernesto Mocci (MCCRST65T17H501P), in Roma, via Germanico, n. 146, giusta procura speciale unita al controricorso; controricorrente; avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 266/09/2021 depositata il 15 gennaio 2021. Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 27 febbraio 2024 dal consigliere Giuseppe Fuochi Tinarelli. Udito il pubblico ministero, in persona del sostituto Procuratore generale Giuseppe Locatelli, che ha concluso per l'affermazione del principio di diritto come nelle conclusioni scritte, con accoglimento del ricorso, cassazione della sentenza impugnata e rigetto del ricorso introduttivo del contribuente. Udito l'avv. dello Stato Massimo Santoro per l'Agenzia delle dogane, che ha chiesto l'accoglimento del ricorso. Uditi gli avv.ti Eugenio Briguglio e Andreina Gastaldo per il contribuente, che hanno chiesto il rigetto del ricorso, con eventuale rinvio alla Corte di giustizia. Fatti di causa 1. L'Agenzia delle dogane emetteva provvedimento di confisca ex articoli 282 e 301 decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43 (Testo unico delle leggi doganali - TULD) nei confronti di G. M. G. avente ad oggetto un quadro introdotto in Italia dalla Svizzera di cui era stata omessa la dichiarazione ed il pagamento dell'Iva all'importazione. 2. In particolare, il contribuente, a seguito di controllo in data ... presso la sala arrivi dell'Aeroporto di ..., veniva trovato in possesso di un quadro di L. F. , di ingente valore, sicche', contestata l'indebita importazione e sequestrato il bene, veniva rinviato a giudizio per evasione dell'Iva all'importazione, pari ad euro ... 3. Il processo penale si concludeva con l'assoluzione per esser il fatto non piu' previsto come reato a seguito della depenalizzazione del reato di contrabbando semplice, operata con l'art. 1, comma 1, del decreto legislativo 15 gennaio 2016, n. 8, con trasmissione degli atti all'autorita' amministrativa per quanto di competenza, che disponeva prima il sequestro e poi la confisca del quadro. 4. Avverso il provvedimento dell'Agenzia delle dogane il contribuente proponeva ricorso che veniva rigettato dalla Commissione tributaria provinciale di Milano. 5. La sentenza era riformata dalla CTR della Lombardia, secondo la quale la confisca ex art. 301 TULD era stata abrogata per effetto dell'intervento di depenalizzazione del contrabbando semplice non accompagnato dalla previsione di sanzioni accessorie. Era poi priva di rilievo la persistenza della misura per l'ipotesi di contrabbando lieve, la cui estensione in via analogica al contrabbando semplice avrebbe comportato la violazione del principio di legalita', questione che riteneva «ancora in attesa di una chiara definizione da parte del legislatore». 6. L'Agenzia delle dogane ha proposto ricorso per cassazione con due motivi; G. M. G. resiste con controricorso, poi illustrato con memoria. 7. Il ricorso era fissato alla pubblica udienza del 5 luglio 2023; il Procuratore generale depositava conclusioni scritte, chiedendone l'accoglimento. 8. Con ordinanza n. 21917/2023, depositata in data 21 luglio 2023, la Sezione tributaria ha rimesso la causa al primo Presidente per valutare l'opportunita' dell'assegnazione della stessa alle Sezioni unite civili, ravvisando una questione di massima di particolare importanza in ordine all'applicabilita' della confisca ex art. 301 TULD alle condotte di contrabbando semplice ex art. 282 TULD, nella specie per l'omesso versamento dell'Iva all'importazione in relazione al richiamo di cui all'art. 70 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, in seguito alla depenalizzazione intervenuta con il decreto legislativo n. 8 del 2016. 9. Il Primo Presidente ha quindi disposto l'assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite. 10. In prossimita' dell'udienza la Procura generale, in persona del sostituto procuratore generale Giuseppe Locatelli, ha depositato memoria con cui ha chiesto affermarsi la persistente applicabilita' in via amministrativa della confisca obbligatoria. Il contribuente ha depositato memoria difensiva. Ragioni della decisione 1. Il primo motivo denuncia, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 3, codice di procedura civile, violazione e falsa applicazione dell'art. 70 d.P.R. n. 633 del 1972 e degli articoli 282, 295-bis e 301 e ss, TULD in quanto, contrariamente a quanto affermato dalla CTR, anche a seguito della depenalizzazione del contrabbando semplice, il bene illecitamente introdotto nel territorio dell'Unione europea puo' essere confiscato. 1.1. L'Ufficio evidenzia, in particolare, che l'importazione del quadro dalla Svizzera, pur esente da dazi in base all'Accordo tra la CEE e la Confederazione elvetica del 19 dicembre 1972, era soggetta all'Iva sull'importazione, sicche' l'evasione dell'imposta, per il rinvio operato dall'art. 70 decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, comportava l'applicazione delle sanzioni previste dal TULD, ivi compresa la confisca. 2. Il secondo motivo denuncia, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 3, codice di procedura civile, degli articoli 3 e 6 decreto legislativo n. 8 del 2018 per aver la CTR ritenuto abrogato l'art. 301 TULD, che dispone la misura accessoria della confisca del bene illecitamente importato, in ragione dell'intervenuta depenalizzazione del reato di contrabbando semplice, attesa l'assenza di una espressa abolizione. 2.1. Tale esito contrasta - afferma l'Ufficio - con il principio di proporzionalita' posto che in caso di contrabbando lieve (per diritti evasi inferiori a euro 4.000,00) la sanzione continua ad applicarsi, mentre, alla stregua della diversa tesi propugnata dal giudice di merito, la confisca non e' piu' consentita per le ipotesi di maggiore gravita' (per diritti evasi da euro 4.000,00 e fino a euro 49.999,00). 3. I due motivi che precedono sollevano la questione posta a queste Sezioni Unite con l'ordinanza interlocutoria n. 21917/2023, che concerne la legittimita' della confisca disposta in relazione alla condotta di «contrabbando semplice» di cui all'art. 282 TULD e, nel caso di specie, di evasione dell'Iva all'importazione per il rinvio operato dall'art. 70 decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, ossia se l'art. 301 TULD, che prevede la confisca dei beni illecitamente importati, sia stato abrogato per effetto dell'art. 1, decreto legislativo 15 gennaio 2016, n. 8, ovvero se sia tuttora vigente ed applicabile all'illecito depenalizzato. 3.1. L'ordinanza di rimessione, dopo un'ampia ricostruzione degli istituti coinvolti, si interroga sulla effettiva portata dell'intervento di depenalizzazione avuto riguardo all'attuale sussistenza della misura della confisca per le condotte di contrabbando semplice (e per la corrispondente evasione dell'Iva all'importazione) attesa la natura dell'intervento, che ha attuato una depenalizzazione «cieca», e l'intento perseguito dal legislatore di deflazionare il sistema penale, sottolineando altresi' le esigenze di coerenza che discendono dalle diverse opzioni interpretative volte a ritenere o meno esistente una misura ablativa. 4. Ritiene questa Corte che debba affermarsi la persistente vigenza dell'art. 301 decreto del Presidente della Repubblica n. 43 del 1973. 5. Appare opportuno, preliminarmente, delineare le caratteristiche e la natura dell'istituto previsto dall'art. 301 TULD. 5.1. Va infatti rilevato che, al di la' del nomen, la confisca, a fronte delle previsioni di carattere generale di cui all'art. 240 codice penale , quale misura di sicurezza patrimoniale, e dell'art. 20, legge 24 novembre 1981, n. 689, quale sanzione amministrativa accessoria, trova previsione in una varieta' di norme dedicate a specifiche discipline, ognuna delle quali caratterizzata da una autonoma natura giuridica, funzioni e diversita' di regolamentazione: l'elemento unificante delle diverse ipotesi e' costituito dall'effetto ablativo della proprieta' del bene. La stessa Corte costituzionale, del resto, aveva avvertito la necessita' di puntualizzare che «la confisca puo' presentarsi nelle leggi che la prevedono, con varia natura giuridica» e, pur consistendo il suo contenuto sempre «nella privazione di beni economici», «puo' essere disposta per diversi motivi e indirizzata a varie finalita', si' da assumere, volta per volta, natura e funzione di pena, o di misura di sicurezza, ovvero anche di misure giuridica, civile o amministrativa» (Corte cost., sentenza n. 29 del 1961). 5.2. In materia di pagamento dei diritti di confine il legislatore ha previsto una ipotesi speciale di confisca con l'art. 301 TULD, il cui testo, nella formulazione ratione temporis vigente, prevede: «(Delle misure di sicurezza patrimoniali. Confisca) 1. Nei casi di contrabbando e' sempre ordinata la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e delle cose che ne sono l'oggetto ovvero il prodotto o il profitto. 2. Sono in ogni caso soggetti a confisca i mezzi di trasporto a chiunque appartenenti che risultino adatti allo stivaggio fraudolento di merci ovvero contengano accorgimenti idonei a maggiorarne la capacita' di carico o l'autonomia in difformita' delle caratteristiche costruttive omologate o che siano impiegati in violazione alle norme concernenti la circolazione o la navigazione e la sicurezza in mare. 3. Si applicano le disposizioni dell'art. 240 del codice penale se si tratta di mezzo di trasporto appartenente a persona estranea al reato qualora questa dimostri di non averne potuto prevedere l'illecito impiego anche occasionale e di non essere incorsa in un difetto di vigilanza. 4. [...] 5. Le disposizioni del presente articolo si osservano anche nel caso di applicazione della pena su richiesta a norma del Titolo II del libro VI del codice di procedura penale. 5-bis. Nei casi di condanna o di applicazione della pena su richiesta a norma dell'art. 444 del codice di procedura penale, per taluno dei delitti previsti dall'art. 295, secondo comma, si applica l'art. 240-bis del codice penale». Per completezza, va dato atto che l'art. 2, comma 1, decreto legislativo 4 ottobre 2022, n. 156, di attuazione della dir. n. 2017/1371/UE, ha modificato il primo comma introducendo anche l'ipotesi della confisca per equivalente («Quando non e' possibile procedere alla confisca delle cose di cui al periodo precedente, e' ordinata la confisca di somme di danaro, beni e altre utilita' per un valore equivalente, di cui il condannato ha la disponibilita', anche per interposta persona»). 5.3. Come emerge dal testo sopra trascritto, la confisca prevista dall'art. 301 TULD e' esplicitamente qualificata come misura di sicurezza ed ha una natura particolarmente afflittiva. 5.4. Rispetto alla confisca penale ex art. 240 c.p., infatti, la norma dispone che la confisca e' obbligatoria anche «per le cose che servirono o furono destinate a commettere il reato», estendendo la presunzione di pericolosita' anche nei confronti di esse, nonche' di quelle che ne sono «l'oggetto ovvero il prodotto ed il profitto». La norma del codice penale invece prevede - fatta eccezione per le cose che costituiscono il «prezzo» del reato e per quelle la cui fabbricazione, uso, porto, detenzione o alienazione costituisce reato - solo una forma facoltativa di sequestro (e confisca) delle cose rientranti in queste categorie, imponendo un accertamento in concreto da parte del giudice della pericolosita' della cosa in rapporto alla persona che la possiede. 5.5. Ancor piu' incisivo e' il raffronto con la confisca-sanzione amministrativa di cui all'art. 20, terzo comma, legge 24 novembre 1981, n. 689 («Le autorita' stesse possono disporre la confisca amministrativa delle cose che servirono o furono destinate a commettere la violazione e debbono disporre la confisca delle cose che ne sono il prodotto, sempre che le cose suddette appartengano a una delle persone cui e' ingiunto il pagamento»), di cui va rimarcata la mera facoltativita' del provvedimento e il piu' limitato ambito delle cose («prodotto») suscettibili di ablazione. 5.6. La maggiore afflittivita' della confisca doganale si giustifica per la necessita' di una tutela rigorosa ed efficace in ragione della delicatezza degli interessi protetti, gia' individuati «nella lesione di primari interessi finanziari dello Stato ... per il passaggio clandestino o fraudolento, attraverso la linea doganale, delle merci soggette a diritto di confine» (Corte cost., sentenza n. 5 del 1977) ed ora, ancor piu', di beni giuridici di rilevanza unionale poiche' i dazi costituiscono un'entrata propria (e di rilievo significativo) dell'Unione, che esercita una competenza esclusiva. La tutela degli interessi finanziari dell'Unione europea, difatti, costituisce un obbiettivo specifico, codificato dall'art. 325 TFUE, che incombe in pari misura all'Unione e agli Stati membri e deve essere perseguita contrastando le frodi e le attivita' illegali mediante misure dissuasive ed efficaci sull'intero territorio dell'Unione. La Corte di giustizia, peraltro, in piu' occasioni ha ritenuto, con specifico riguardo alla disciplina dei dazi, l'adeguatezza della confisca in relazione all'obbiettivo dell'istituzione «di un livello adeguato di sanzioni effettive, dissuasive e proporzionate sull'insieme del mercato interno» (Corte di giustizia, sentenza 7 aprile 2022, causa C-489/20, UB, punto 35, con riferimento al CDU; v. in termini generali sentenza 29 aprile 2010, causa C-230/08, Dansk Transport og Logistik, con riguardo al CDC). Non a caso, del resto, l'assetto delineato con la depenalizzazione del 2016 ha suscitato diffusi dubbi, condivisi anche da una parte della dottrina, per l'eccessiva attenuazione della tutela dei beni unionali, si' da essere stato oggetto di modifica con un inasprimento del regime sanzionatorio con l'art. 4 del decreto legislativo del 14 luglio 2020, n. 75 - attuativo della direttiva (UE) 2017/1371 - che ha modificato l'art. 1, comma 4, decreto legislativo n. 8 del 2016, escludendo dalla depenalizzazione i «reati di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43, quando l'ammontare dei diritti di confine dovuti e' superiore a euro diecimila». 5.7. Una volta disposta la confisca, va anche rilevato che l'art. 337 del regio decreto 13 febbraio 1896, n. 65, tuttora vigente, consente di riscattare il bene confiscato, attribuendo all'autorita' doganale «la facolta' di restituire al contravventore le cose confiscate quando questi, oltre ai diritti, alle multe e alle spese, ne paghi subito il valore proprio». L'istituto deve essere coordinato, per quanto riguarda i dazi, con le regole del codice doganale, poiche' la confisca costituisce una causa di estinzione dell'obbligazione doganale ferma la persistenza delle sanzioni. In particolare, nella vigenza del codice doganale comunitario (art. 233, lettera d), CDC) cio' poteva avvenire purche' il sequestro fosse stato effettuato «all'atto dell'introduzione irregolare» delle merci nel territorio doganale, restando privo di rilievo il sequestro successivo; nel vigente codice doganale unionale, invece, l'estinzione non e' piu' subordinata alla condizione che il sequestro avvenga contestualmente all'introduzione delle merci nel territorio doganale dell'Unione (art. 124, par. 1, lettera e), CDU). E' importante sottolineare che tale effetto estintivo non riguarda l'Iva all'importazione che e' accomunata ai dazi poiche' l'art. 71, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva IVA autorizza gli Stati membri a collegare il fatto generatore dell'esigibilita' dell'Iva all'importazione a quelli dei dazi doganali, senza che cio', tuttavia, ne determini una modificazione della natura e delle condizioni di esistenza (v. Corte di giustizia, sentenza 7 aprile 2022, causa C-489/20, UB, punto 47). 5.8. In conclusione, dunque, la confisca ex art. 301 TULD ha natura di misura di sicurezza, con una finalita' special-preventiva finalizzata, tramite l'ablazione del bene, da un lato a neutralizzare l'attrattiva alla realizzazione dell'illecito ove lo stesso fosse lasciato nella disponibilita' del contravventore e, dall'altro, a recuperare all'erario, nella misura piu' celere e massima, il tributo dovuto. 6. Cio' premesso, occorre valutare se la confisca di cui all'art. 301 TULD sia ancora applicabile in esito all'intervento di depenalizzazione di cui al decreto legislativo n. 8 del 2016. 7. Un primo intervento di depenalizzazione della disciplina sanzionatoria doganale venne attuato, invero, con la legge 25 giugno 1999, n. 205, che introdusse l'art. 295-bis TULD (rubricato come «Sanzioni amministrative di lieve entita'»), secondo il quale: «Nei casi previsti dagli articoli 282, 283, 284, 285, 286, 287, 288, 289, 290, 291, 292 e 294, se l'ammontare dei diritti di confine dovuti non supera euro 3.999,96 (lire sette milioni settecentoquarantacinquemila) e non ricorrono le circostanze indicate dall'art. 295, secondo comma, si applica, in luogo della pena stabilita dai medesimi articoli, la sanzione amministrativa pecuniaria non minore di due e non maggiore di dieci volte i diritti di confine dovuti. [...] Le disposizioni degli articoli 301, 301-bis e 333 si osservano anche con riguardo alle violazioni previste dal presente articolo. I provvedimenti per i quali, in base alle medesime disposizioni, e' competente l'autorita' giudiziaria sono adottati dal capo della dogana nella cui circoscrizione la violazione e' stata accertata». 7.1. Il legislatore in questo caso ha depenalizzato i casi di contrabbando «lieve», per importi inferiori a euro 4.000,00; tuttavia, ha mantenuto e ribadito la necessita' della confisca obbligatoria ex art. 301 TULD, semplicemente mutando l'autorita' competente a disporla. 8. Con il piu' recente intervento di depenalizzazione, di incidenza ampia non delimitata o mirata sulle violazioni doganali, il legislatore ha disposto, con l'art. 1, comma 1, (rubricato «Depenalizzazione di reati puniti con la sola pena pecuniaria ed esclusioni»), che: «Non costituiscono reato e sono soggette alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro tutte le violazioni per le quali e' prevista la sola pena della multa o dell'ammenda. 2. La disposizione del comma 1 si applica anche ai reati in esso previsti che, nelle ipotesi aggravate, sono puniti con la pena detentiva, sola, alternativa o congiunta a quella pecuniaria. In tal caso, le ipotesi aggravate sono da ritenersi fattispecie autonome di reato. 3. [...] 4. La disposizione del comma 1 non si applica ai reati di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286. 5. [...] 6. [...]». L'art. 6, inoltre, ha previsto una clausola di chiusura, stabilendo che: «Nel procedimento per l'applicazione delle sanzioni amministrative previste dal presente decreto si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni delle sezioni I e II del capo I della legge 24 novembre 1981, n. 689». 8.1. A fronte di tale dettato normativo si deve escludere che vi sia stata una abrogazione dell'art. 301 TULD. 8.2. Milita in senso contrario, in primo luogo, il dato letterale dell'intero decreto legislativo n. 8 del 2016 che in alcun modo ha previsto una abrogazione espressa dell'art. 301 per le condotte depenalizzate. Ne' puo' ritenersi che l'intento del legislatore di deflazionare il sistema penale possa condurre ad un diverso esito: e' sufficiente osservare, sul punto, che l'art. 301 continua ad applicarsi per le ipotesi di contrabbando «lieve» di cui all'art. 295-bis, gia' oggetto di depenalizzazione. L'intendo deflattivo, dunque, ha un valore neutro rispetto alla permanenza o meno dell'istituto della confisca doganale. 8.3. Neppure puo' fondarsi una abrogazione implicita sul disposto di cui all'art. 6 cit. che, ai fini procedimentali, rinvia «in quanto applicabili» alle disposizioni delle sezioni I e II del capo I della legge n. 689 del 1981. Va infatti osservato che la locuzione «in quanto applicabili» postula, di per se', una lacuna o un'inadeguata regolamentazione della materia. La disciplina delle sanzioni tributarie, ivi comprese quelle doganali, trova la sua autonoma complessiva regolamentazione nel decreto legislativo n. 472 del 1997, che, di per se', non contempla, nell'apparato sanzionatorio, la confisca. Da cio', dunque, potrebbe derivare, in ipotesi, l'applicazione del diverso istituto regolato dall'art. 20, legge n. 689 del 1981. La confisca, peraltro, e' prevista da una norma, l'art. 301 TULD, di carattere speciale rispetto alla disposizione, di carattere generale, di cui all'art. 20, legge n. 689 del 1981, sicche' il rapporto tra tali disposizioni, da effettuarsi in ragione del rinvio di cui all'art. 6 cit., non puo' che risolversi nel senso che la locuzione «in quanto applicabili» esclude l'abrogazione implicita della prima norma e, anzi, esclude che vi sia una lacuna normativa. 8.4. A cio' va aggiunto, come sopra evidenziato, che la misura di cui all'art. 20 cit. risponde a finalita' e presupposti differenti rispetto a quella prevista dall'art. 301 TULD: la prima e' una sanzione amministrativa con una finalita' chiaramente punitiva-repressiva, in funzione retributiva della violazione commessa; la seconda, invece, e' una misura di sicurezza che assolve ad una finalita' special-preventiva volta a tutelare l'interesse dello Stato alla regolarita' delle importazioni e alla completa e tempestiva percezione del tributo di rilievo unionale, corredata, tra l'altro, anche di strumenti restitutori. Il cumulo sanzionatorio che deriverebbe dall'applicazione dell'art. 20 cit., senza i correttivi previsti dalla disciplina doganale, finirebbe dunque con l'introdurre un sicuro elemento di criticita' rispetto al principio di proporzionalita' delle sanzioni, non compensato dalla mera facoltativita' della misura, la cui concreta applicazione resta riservata alla valutazione operata di volta in volta. 8.5. Neppure rileva, in senso contrario, che la giurisprudenza di questa Corte abbia ritenuto, in alcuni casi di depenalizzazione, applicabile l'art. 20, legge n. 689 del 1981. Le condotte contestate, infatti, in svariate ipotesi, riguardavano condotte relative al mancato pagamento delle accise, la cui ratio e i cui presupposti sono differenti rispetto a quelli in materia di dazi e Iva all'importazione (v. Cassazione pen. sez. 3, n. 1537 del 28 marzo 1996; Cassazione sez. 3, n. 3133 del 6 febbraio 1995, entrambe in tema di contrassegno per gli apparecchi di accensione). Solamente la sentenza n. 30845 del 30 novembre 2017 riguardava una fattispecie di contrabbando di bottiglie pregiate; tuttavia, in questo caso, la Corte non era stata investita in ordine alla sussunzione della condotta nella previsione normativa ma la contestazione si limitava a lamentare l'asserita terzieta' del bene. 8.6. Per contro, l'irragionevolezza dell'interpretazione a favore della delineata abrogazione emerge pure in una prospettiva sistematica. In linea con una tale conclusione, infatti, risulterebbe un regime cosi' articolato: per le ipotesi di contrabbando «lieve» (inferiore a euro 4.000,00) trova applicazione, ex art. 295-bis TULD, l'art. 301 TULD; per le ipotesi di contrabbando «semplice» (tra euro 4.000,00 ed euro 49.999,00) non troverebbe applicazione alcuna misura ovvero, in alternativa, la misura di cui all'art. 20, legge n. 689 del 1981; per le ipotesi di contrabbando «aggravato» trova applicazione l'art. 301 TULD. Si tratta di un assetto, in lineare evidenza, del tutto incongruo e privo di una ragionevole giustificazione, accomunando le ipotesi piu' lievi a quelle piu' gravi (e tuttora di rilievo penale) e lasciando in un diverso regime - neppure correlato alle esigenze di tutela unionali - quelle intermedie, irragionevolezza suscettibile di risolversi, rispetto all'intero impianto normativo, anche in una violazione del principio di proporzionalita' delle sanzioni, sia alla luce dei principi costituzionali che del diritto unionale (da ultimo art. 42 CDU). Non giova rilevare, sul punto, che per le ipotesi «intermedie» sarebbe pur sempre possibile la confisca ex art. 20, legge n. 689 del 1981, esito inidoneo a colmare le aporie del sistema attese le differenze, sopra evidenziate, tra le misure ablative. 8.7. Infine, ad abundantiam, non si puo' non sottolineare che la legge delega del 9 agosto 2023, n. 111, nel fissare, all'art. 20, i principi e i criteri direttivi per la revisione del sistema sanzionatorio tributario, ha esplicitamente preso in considerazione la disciplina sanzionatoria del Titolo VII, Capo I, TULD, in cui e' compreso l'art. 301, indice di una valutazione da parte dello stesso legislatore di persistente vigenza della norma. 9. A fronte di tutto cio', occorre tuttavia rilevare che, nella vicenda in giudizio, non viene in rilievo il mancato versamento dei dazi ma, trattandosi di importazione effettuata dalla Svizzera, come tale esente da dazi in base all'Accordo tra la CEE e la Confederazione elvetica del 19 dicembre 1972 (recepito nel reg. n. 2840/72/CEE), solo dell'Iva all'importazione. 9.1. Si pone, allora, l'esigenza di valutare il rapporto tra l'Iva all'importazione e i dazi doganali e l'applicabilita' degli esposti principi alla prima. 10. Costituisce giurisprudenza assolutamente consolidata (v. ex multis Cassazione n. 16109 del 29 luglio 2015; Cassazione n. 8473 del 6 aprile 2018; Cassazione n. 5962 del 28 febbraio 2019), sulla scorta di ripetute affermazioni della Corte di giustizia, che l'Iva all'importazione non e' un diritto di confine (riconducibile all'art. 34 TULD) al pari dei dazi doganali ma, quanto alle sue caratteristiche, e' la medesima imposta dell'Iva intraunionale. 10.1. Il sistema dell'Iva all'importazione e' per sua natura incardinato in quello generale dell'Iva poiche' non colpisce il prodotto importato in quanto tale, ma s'inserisce nel sistema fiscale uniforme dell'Iva, che colpisce sistematicamente e secondo criteri obiettivi sia le operazioni degli Stati membri, sia quelle all'importazione (Corte giustizia, 17 luglio 2014, causa C-272/13, ... ; 25 febbraio 1988, causa C-299/86, ... punto 9; 5 maggio 1982, causa C- 15/81, Schul, punto 21). 10.2. L'Iva all'importazione, come gia' evidenziato, condivide con i dazi la caratteristica di trarre origine dal fatto dell'importazione nell'Unione e della susseguente introduzione nel circuito economico degli Stati membri (Corte giustizia 11 luglio 2013, in causa C-272/12, Harry Winston SA, punto 41), sicche' il fatto generatore e l'esigibilita' dell'Iva all'importazione sono collegati a quelli dei dazi, pur rimanendo da questi distinti. 10.3. Tali principi sono stati da ultimo univocamente ribaditi dalla Corte di giustizia (7 aprile 2022, causa C-489/20, UB, punti 47 e 48) che ha affermato «l'IVA all'importazione e i dazi doganali presentano caratteristiche essenziali comparabili, in quanto essi traggono origine dal fatto dell'importazione nell'Unione e della susseguente introduzione delle merci nel circuito economico degli Stati membri. Questo parallelismo trova conferma nel fatto che l'art. 71, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva IVA autorizza gli Stati membri a collegare il fatto generatore dell'esigibilita' dell'IVA all'importazione a quelli dei dazi doganali [sentenza del 3 marzo 2021, Hauptzollamt Münster (Luogo di nascita dell'IVA), C-7/20, punto 29] ... Pertanto, un'obbligazione a titolo di IVA puo' aggiungersi all'obbligazione doganale qualora il comportamento illecito che ha generato quest'ultima permetta di presumere che le merci in questione sono entrate nel circuito economico dell'Unione e hanno potuto essere oggetto di consumo, determinando cosi' il realizzarsi del fatto generatore dell'IVA [sentenza del 3 marzo 2021, Hauptzollamt Münster (Luogo di nascita dell'IVA), C-7/20, punto 30 ...]». 11. L'Iva all'importazione, tuttavia, e' segnata da specificita' correlate al meccanismo dell'importazione, sicche', pur essendo estranea all'obbligazione doganale, rientra tra i tributi che vanno corrisposti in occasione delle operazioni doganali e, in virtu' del rinvio contenuto nell'art. 70 decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, e' soggetta alle disposizioni procedurali e sanzionatorie dettate per i diritti di confine («Si applicano per quanto concerne le controversie e le sanzioni, le disposizioni delle leggi doganali relative ai diritti di confine»). 11.1. Sul piano procedurale, in particolare, l'Iva alle importazioni va versata per effetto ed in occasione di ciascuna importazione al momento della dichiarazione in dogana. Ne deriva che la competenza al recupero dell'Iva all'importazione e' dell'Agenzia delle dogane nel caso di coincidenza dell'immissione in libera pratica con quella in consumo o quando, pur mancando detta coincidenza, venga riscontrata un'irregolarita' nella gestione dei depositi Iva fino al momento della estrazione delle merci, mentre, nella fase successiva, nelle ipotesi di indebite detrazioni operate con il sistema dell'autofatturazione, la relativa competenza spetta all'Agenzia delle entrate (v. Cassazione n. 24276 del 4 ottobre 2018). Parimenti, ne deriva l'applicabilita' dell'art. 84 TULD quanto ai termini di riscossione se l'omesso pagamento dell'Iva all'importazione abbia causa in un reato (v. Cassazione n. 21659 del 29 luglio 2021). 12. Piu' complessa, invece, e' la valutazione con riguardo all'applicabilita' delle disposizioni sanzionatorie, qui specificamente rilevanti trattandosi di estensione di un regime - inclusivo della confisca ex art. 301 TULD atteso l'ampio richiamo della norma - piu' severo rispetto a quello previsto in caso di violazioni per evasione dell'Iva interna. L'esplicito e puntuale rinvio comporta che l'applicazione delle disposizioni all'Iva all'importazione non possa ritenersi operata in violazione del principio di legalita' o in via analogica ma in via diretta. Il rinvio, inoltre, si riferisce al trattamento sanzionatorio e non al novero dei soggetti sanzionabili; in tal senso, pertanto, del mancato pagamento dell'Iva all'importazione risponde solo l'importatore e non il rappresentante indiretto (ex multis Cassazione n. 23526 del 27 luglio 2022; Corte di giustizia, sentenza 12 maggio 2022, causa C-714/20, U.I. srl). La diversita' tra dazi e Iva all'importazione comporta altresi' che, ai fini della determinazione delle sanzioni, non puo' essere cumulato il rispettivo ammontare dei diritti di confine evasi (v. Cassazione n. 24788 del 18 agosto 2023, principio affermato in relazione alla sanzione di cui all'art. 303 TULD ma di pari rilevanza ai fini dell'art. 282 TULD). 13. Cio' detto, va rilevato che in materia di Iva interna nei soli casi di condotta di rilevanza penale - per il superamento della soglia individuata in relazione alle diverse ipotesi delittuose contemplate dal decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74 - e' prevista la confisca obbligatoria ex art. 12-bis decreto legislativo n. 74 del 2000, mentre per le altre ipotesi, sanzionate solo in via amministrativa e che rinvengono la loro disciplina nel decreto legislativo n. 472 del 1997, non e' prevista nessuna misura ablatoria, potendo l'erario solo chiedere le misure cautelari del sequestro e dell'ipoteca. 14. In linea generale, invero, l'applicabilita' all'Iva all'importazione delle piu' severe sanzioni previste dalle leggi doganali per i dazi puo' essere giustificata, anche in forza della competenza e autonomia degli Stati membri nella determinazione del regime sanzionatorio, per la diversita' dei presupposti e degli elementi costitutivi e di accertamento che presiedono, rispettivamente, l'Iva interna e l'Iva all'importazione, piu' complessi e suscettibili di piu' difficile rilevazione per quest'ultima (v. Corte di giustizia, sentenza 25 febbraio 1988, causa C-299/86, Rainer Drexl, che ha precisato, al punto 22, «le due categorie di infrazioni di cui trattasi si distinguono per diverse circostanze che attengono tanto gli elementi costitutivi dell'infrazione quanto alla difficolta' maggiore o minore di scoprirla. Infatti, l'IVA all'importazione e' riscossa all'atto del semplice ingresso fisico del bene nel territorio dello Stato membro interessato, piuttosto che in occasione di uno scambio. Dette differenze implicano che gli Stati membri non sono obbligati ad istituire un regime identico per le due categorie di infrazioni.»). 14.1. Tale discrezionalita' nella scelta del regime sanzionatorio, tuttavia, incontra i limiti che derivano, da un lato, dal rispetto del diritto dell'Unione e, dunque, dal principio di proporzionalita', posto che le misure repressive «consentite da una normativa nazionale non devono eccedere i limiti di cio' che e' necessario al conseguimento degli scopi legittimamente perseguiti da tale normativa ne' essere sproporzionate rispetto ai medesimi scopi» (ex multis Corte di giustizia, 4 marzo 2020, Teritorialna direktsia «Severna morska» kam Agentsia Mitnitsi, C- 655/18, punto 42; Corte di giustizia, 22 marzo 2017, Euro-Team e Spiral-Gep, C-497/15 e C-498/15, punti 40 e 58) e, dall'altro, dalla conformita' della disciplina ai principi costituzionali di proporzionalita' e ragionevolezza ex art. 3 Cost., che pure permeano la disciplina sanzionatoria (v., recentemente, Corte costituzionale, sentenza n. 46 del 2023). 15. La specificita' dell'Iva, imposta armonizzata, impone, in primo luogo, di approfondire la valutazione sulla congruita' del regime sanzionatorio in rapporto al principio di proporzionalita' di matrice unionale. In caso di doppia pregiudizialita', infatti, come affermato anche recentemente dalla Corte costituzionale (sent. n. 67 del 2022), ove risulti con certezza l'esistenza di un diritto UE direttamente applicabile (in ipotesi, derivante da una sentenza della Corte di giustizia), il giudice e' tenuto a riscontrare la possibilita' di una interpretazione conforme al diritto unionale ovvero la sussistenza dei presupposti per la non applicazione della fonte interna (gia' Corte costituzionale sentenza n. 170 del 1984). 15.1. Tale verifica, tuttavia, presuppone l'individuazione dello specifico contesto normativo di riferimento. 15.2. La vicenda qui in giudizio, infatti, riguarda l'importazione di un bene dalla Svizzera in Italia, sicche' l'ambito normativo e' costituito dall'Accordo tra la CEE e la Confederazione elvetica del 19 dicembre 1972 e, in ispecie, dall'art. 18, primo comma, che prevede: «Le Parti contraenti si astengono da ogni misura o pratica di carattere fiscale interna che stabilisca, direttamente o indirettamente, una discriminazione tra i prodotti di una Parte contraente ed i prodotti similari originari dell'altra Parte contraente». 15.3. Orbene, tale specifica connotazione - diversamente da quanto prospettato dal contribuente con la memoria - pare escludere la rilevanza di una valutazione di proporzionalita' ai fini unionali e, dunque, esclude la possibilita' di un rinvio alla Corte di giustizia ovvero una disapplicazione della norma interna. 16. La Corte di giustizia, invero, con due pronunce (sentenza 25 febbraio 1988, ..., causa C-299/86; sentenza 2 agosto 1993, Commissione c/Repubblica Francese, causa C-276/91), la prima riferita specificamente alla disciplina nazionale dell'Italia, ha gia' stigmatizzato come «divario manifestamente sproporzionato nella severita' delle sanzioni comminate per le due categorie di infrazioni ... quando la sanzione comminata per il caso dell'importazione comporta, di norma, pene detentive e la confisca della merce in forza delle norme intese a reprimere il contrabbando, mentre sanzioni comparabili non sono contemplate o non sono applicate in modo generale, nel caso di infrazione all'IVA negli scambi interni», si' da concludere «nel senso che una disciplina nazionale che sanzioni le infrazioni concernenti l'IVA all'importazione piu' severamente di quelle concernenti l'IVA sulle cessioni di beni all'interno del paese e' incompatibile con l'art. 95 del trattato» ove detta differenza sia sproporzionata rispetto alla diversita' delle due categorie di sanzioni. 16.1. Tuttavia, la stessa Corte di giustizia ha successivamente escluso (sentenza 1° luglio 1993, ... causa C-312/91) che tali principi fossero estensibili all'applicazione dell'Accordo di libero scambio tra CEE e la Repubblica d'Austria del 22 luglio 1972, il cui contenuto era del tutto sovrapponibile a quello qui in rilievo e, anzi, con riguardo all'art. 18, di identica formulazione e portata. La Corte, in particolare, ha escluso che ricorressero i presupposti che avevano dato origine alla decisione ... posto che lo scopo dell'accordo non e' mirato «all'instaurazione di un mercato comune nel quale sia eliminato ogni intralcio per gli scambi al fine di fondere i mercati nazionali in un mercato unico il piu' possibile simile ad un vero e proprio mercato interno», ma al solo obbiettivo «di consolidare e di estendere le relazioni economiche esistenti». Da cio' la conclusione che, con riferimento al suddetto Accordo, «una normativa nazionale la quale punisca le infrazioni concernenti l'IVA all'importazione piu' severamente delle infrazioni concernenti l'IVA sulle cessioni di beni all'interno del paese non e' incompatibile con la detta disposizione dell'accordo, anche se tale differenza e' sproporzionata rispetto alla diversita' delle due categorie di infrazioni». 17. Non sussistono, pertanto, i presupposti per operare un rinvio ex art. 267 TFUE, ne' per la disapplicazione della norma interna. 18. Il collegio ritiene, tuttavia, che il combinato disposto dell'art. 70 decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 in relazione agli articoli 282 e 301 TULD non si sottragga a dubbi di costituzionalita' rispetto ai principi di proporzionalita' e ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost., oltre che dell'art. 49 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. 18.1. La Corte costituzionale in plurime occasioni ha ritenuto (sentenze n. 5 del 1977, n. 114 del 1974 e n. 157 del 1972) che il contrabbando doganale presenta peculiari caratteristiche collegate con la lesione di primari interessi finanziari dello Stato tali da giustificare l'imposizione di un trattamento sanzionatorio particolarmente rigoroso e severo nei confronti degli autori del reato stesso (disciplina della recidiva, equiparazione tra reato tentato e reato consumato, dichiarazione di abitualita'). Tali principi sono stati poi nuovamente affermati con la piu' recente sentenza n. 3 del 1997 che, nel dichiarare (in continuita' con le sentenze n. 229 e 259 del 1976) l'illegittimita' della norma rispetto alla sua piena applicazione al terzo estraneo, ha ribadito la non irragionevolezza della maggior severita' di trattamento nei confronti dell'autore dell'illecito. 18.2. Il profilo qui in rilievo, nondimeno, appare significativamente differente, concernendo l'ampiezza del cumulo sanzionatorio e l'eccessivita' di una misura, la confisca, applicata in via fissa - mai prevista per l'Iva interna per le condotte sanzionate solo in via amministrativa e con una articolata disciplina per le condotte di rilevanza penale - a prescindere dalla condotta tenuta dal contribuente. Va evidenziato, sul punto, che costituisce dato pacifico del giudizio - affermato dal ricorrente, non contestato dall'Ufficio e accertato nella sentenza impugnata - che il contribuente ha integralmente versato l'imposta evasa e le sanzioni amministrative pecuniarie irrogate. 19. Cio' detto, sotto il profilo della rilevanza, va sottolineato che la valutata persistenza nell'ordinamento dell'art. 301 TULD e il richiamo operato dall'art. 70 decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 per l'Iva all'importazione al regime sanzionatorio doganale e' idonea a determinare, nella vicenda in giudizio, l'applicazione della confisca doganale per la condotta contestata, non venendo neppure in rilievo l'evasione di dazi, non previsti e non contestati. 20. Quanto al versante della non manifesta infondatezza vengono in rilievo una pluralita' di considerazioni. 21. Va evidenziato, in primo luogo, che la Corte di giustizia, con la sentenza ... ha gia' ritenuto, per l'ordinamento nazionale, sussistere «un divario manifestamente sproporzionato nella severita' delle sanzioni comminate per le due categorie di infrazioni», sicche', in via generale, per l'Iva all'importazione per gli scambi intraunionali non e' compatibile la contestuale applicazione della confisca. 22. In secondo luogo, il medesimo giudizio di disvalore e di sproporzionalita' e' stato operato, sempre dalla Corte di giustizia, con riguardo all'Iva all'importazione derivante dall'accordo tra la CEE e la Repubblica Austriaca, fattispecie questa del tutto omogenea a quella qui in giudizio (Accordo con la Svizzera del 1972). Sotto questo profilo non sembra assumere rilievo la circostanza che, nonostante la valutata sproporzione, non ne sia derivata una affermazione di incompatibilita', discendendo l'esito dalla valutazione del perimetro della disciplina di rilievo unionale. 23. In terzo luogo, la disciplina sanzionatoria per le condotte di rilievo non penale nel contesto in esame presenta le seguenti caratteristiche: per l'Iva all'importazione rispetto alle importazioni dalla Svizzera e' prevista l'irrogazione, cumulativa, della sanzione amministrativa e della confisca; per l'Iva interna, a parita' di disvalore della condotta, consegue solamente l'applicazione delle sanzioni amministrative ai sensi del decreto legislativo n. 472 del 1997; per l'Iva all'importazione per gli scambi intraunionali, parimenti, deve conseguire, a parita' di disvalore della condotta, solamente l'irrogazione della sanzione amministrativa in conseguenza della sentenza ... sopra citata. 23.1. L'assetto sanzionatorio risulta ulteriormente divaricato ove poi si considerino condotte di rilevanza penale. Infatti: per l'Iva all'importazione rispetto alle importazioni dalla Svizzera l'irrogazione, cumulativa, della sanzione penale (multa e, per i casi piu' gravi, anche pena detentiva) e della confisca, non essendovi, per tale profilo, differenze di regime; per l'Iva interna, a parita' di disvalore della condotta, consegue la sanzione penale applicabile alla fattispecie contestata (d.lgs. n. 74 del 2000), nonche' la confisca ex art. 12-bis decreto legislativo n. 74/2000 introdotta con il decreto legislativo n. 158 del 2015 (in precedenza la confisca era disposta in applicazione dell'art. 322-ter codice penale, ex art. 1, comma 143, della legge 24 dicembre 2007, n. 244); per l'Iva all'importazione per gli scambi unionali, sempre per effetto delle richiamate decisioni della Corte di giustizia, non puo' conseguire l'applicazione della confisca ex art. 301 TULD (v. in tal senso Cassazione Sez. 3, sentenza n. 9696 del 7 giugno 1990 Ud. (dep. 4 luglio 1990), che, peraltro, in termini radicali, ha concluso per l'incompatibilita' tout court dell'art. 70 decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972). In linea con tali conclusioni, del resto, questa Corte, con le sentenze Cassazione Sez. 3, sentenza n. 404 del 25 settembre 2018 Cc. (dep. 8 gennaio 2019) e, in termini diffusi e articolati, Cassazione Sez. 3, sentenza n. 17835 del 3 marzo 2005 Ud. (dep. 13 maggio 2005), ha confermato l'applicabilita' dell'art. 301 TULD in relazione all'art. 70 decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 proprio in relazione ad importazioni avvenute dalla Svizzera. 23.2. A fronte di questo variegato assetto sanzionatorio non risultano sussistere differenze procedurali e di accertamento di significativo impatto tra le diverse fattispecie. Tra l'Iva all'importazione derivante dagli scambi intraunionali e quella per le importazioni dalla Svizzera la situazione e' omogenea: appare difficile ipotizzare che l'accertamento sia di differente complessita' posto che la riscossione avviene, in entrambi i casi, al momento dell'ingresso nel territorio e le difficolta' nell'accertamento appaiono sostanzialmente similari. Rispetto all'Iva interna, la circostanza che l'Iva sia riscossa al momento dello scambio e che, in concreto, possa risultare piu' agevole l'accertamento delle condotte evasive rispetto all'Iva all'importazione non pare circostanza tale da giustificare, nel secondo caso, la definitiva ablazione della titolarita' del bene. 24. In questa prospettiva, un utile termine di raffronto si ricava dalla parallela disciplina della confisca prevista dall'art. 12-bis del decreto legislativo n. 74 del 2000 per le condotte di rilevanza penale in materia di Iva interna. 24.1. L'art. 12-bis, decreto legislativo n. 74 del 2000, inserito dall'art. 10, comma 1, decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 158, prevede che: «1. Nel caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell'art. 444 del codice di procedura penale per uno dei delitti previsti dal presente decreto, e' sempre ordinata la confisca dei beni che ne costituiscono il profitto o il prezzo, salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero, quando essa non e' possibile, la confisca di beni, di cui il reo ha la disponibilita', per un valore corrispondente a tale prezzo o profitto. 2. La confisca non opera per la parte che il contribuente si impegna a versare all'erario anche in presenza di sequestro. Nel caso di mancato versamento la confisca e' sempre disposta.». Ne deriva che la confisca va obbligatoriamente irrogata in caso di condanna (o applicazione della pena); tuttavia se l'imposta evasa e' restituita il provvedimento ablatorio non ha piu' ragione d'essere. 24.2. La finalita' evidentemente perseguita con la disposizione e' quella di favorire il recupero del debito impositivo, sicche', qualora questo venga estinto con la restituzione all'Erario del profitto derivante dal reato, viene meno lo scopo perseguito con la confisca. 24.3. Orbene, al di la' del rilievo che la fattispecie qui in giudizio concerne una condotta sanzionata solo in via amministrativa, per la quale si verrebbe ad assistere ad un cumulo sanzionatorio piu' severo rispetto a condotte di rilevanza penale, si potrebbe comunque sottolineare che la confisca doganale persegue una finalita' special-preventiva finalizzata, da un lato, a neutralizzare l'attrattiva alla realizzazione dell'illecito ove lo stesso fosse lasciato nella disponibilita' del contravventore e, dall'altro, a recuperare all'erario, nella misura piu' celere e massima, il tributo dovuto, scopi entrambi assolti con l'ablazione del bene. 24.4. La persistenza della misura per l'Iva all'importazione, dunque, si potrebbe comunque ritenere giustificata nonostante la restituzione dell'imposta, non essendo venuta meno la parallela esigenza di neutralizzare l'attrattiva dell'illecito in funzione dissuasiva. Cio' non considera, tuttavia, che il regime complessivo che ne resta delineato verrebbe ad essere il piu' gravoso e cio' anche in raffronto - quale parametro di comparazione esterno - alla disciplina prevista per i dazi, rispetto ai quali la confisca assolve alle medesime finalita' special-preventive. L'art. 124, par. 1, lettera e) del codice doganale dell'Unione, infatti, prevede che l'obbligazione doganale si estingue «quando le merci soggette a dazi all'importazione o all'esportazione vengono confiscate o sequestrate e contemporaneamente o successivamente confiscate». In tale ipotesi, dunque, l'omogeneita' del regime sanzionatorio sarebbe comunque temperata in relazione al complessivo assetto dei rapporti incidenti sul contribuente, per l'estinzione dell'obbligazione tributaria. 25. Tutte le considerazioni che precedono portano a ritenere che il cumulo sanzionatorio, costituito dall'applicazione della confisca in aggiunta alle sanzioni amministrative pecuniarie, per la condotta di evasione dell'Iva all'importazione per le operazioni compiute con la Svizzera, risulti, in se', di particolare severita' e, in ogni caso, maggiore rispetto a quanto previsto per le omologhe condotte sia in tema di Iva interna, sia in tema di Iva all'importazione negli scambi intraunionali. Tale dicotomia persiste anche ove si considerino le fattispecie di rilievo penale, oggettivamente piu' gravi rispetto a quella in giudizio, sanzionata in via amministrativa. E questa eccessiva afflittivita' pare emergere anche in relazione al regime dei dazi posto che, a parita' di trattamento sanzionatorio, per i dazi doganali, oggetto della massima tutela in quanto specifiche risorse proprie dell'Unione europea, il provvedimento ablatorio e' comunque suscettibile di ricadute sulla posizione del contribuente quale centro di imputazione del complesso dei rapporti obbligatori. Appare significativo ribadire, sul punto, che nella vicenda in giudizio il contribuente ha si' importato illegalmente un'opera d'arte, ma ha anche, anteriormente alla stessa adozione del provvedimento di confisca, integralmente versato sia l'imposta evasa sia le sanzioni amministrative irrogate. 26. Non sembra possibile ricondurre questo assetto sanzionatorio nell'ambito dei principi di ragionevolezza e di proporzionalita': la natura della sanzione, che si cumula alla sanzione pecuniaria, osta ad una sua possibile graduazione, come invece sarebbe praticabile per le sanzioni pecuniarie anche con il ricorso ai meccanismi di adeguamento previsti dall'art. 7 del decreto legislativo n. 472 del 1997, come recentemente affermato con la sentenza n. 46 del 2023 della Corte costituzionale, la quale, in piu' occasioni, ha precisato che «il principio di proporzionalita' della sanzione rispetto alla gravita' dell'illecito» e' «applicabile anche alla generalita' delle sanzioni amministrative» (sentenza n. 112 del 2019) e che anche per le sanzioni amministrative si prospetta «l'esigenza che non venga manifestamente meno un rapporto di congruita' tra la sanzione e la gravita' dell'illecito sanzionato» (sentenza n. 185 del 2021; sentenza n. 95 del 2022). La natura fissa e automatica della misura, inoltre, finisce per colpire in egual modo fatti tra loro complessivamente differenti avuto riguardo anche alla condotta tenuta dal contravventore (seppure in un momento successivo: l'avvenuto o meno integrale versamento dell'imposta evasa oltre che delle sanzioni pecuniarie), mentre, per contro, per condotte analoghe (l'Iva all'importazione per gli scambi intraunionali) o anche di maggiore disvalore (l'Iva interna per fattispecie di rilievo penale) la misura ablativa non sussiste od e' suscettibile di recedere. Il dettato dell'art. 70 decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, infine, non pare consentire una interpretazione sistematica e costituzionalmente orientata, neppure potendosi ipotizzare una estensione, in via interpretativa, dei principi dettati dall'art. 12-bis, decreto legislativo n. 74 del 2000, comunque collocati nell'alveo di una disciplina autonoma e distinta, da cui il rischio di generare una distonia di sistema. 27. In conclusione, non essendo percorribile, data l'insuperabilita' della lettera dell'art. 70, decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, la strada di una interpretazione della disposizione qui in esame conforme alla Costituzione ed alla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, il collegio ritiene che l'art. 70, primo comma, decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, in relazione agli articoli 282 e 301 decreto del Presidente della Repubblica n. 43 del 1973 e all'Accordo tra la CEE e la Confederazione elvetica del 19 dicembre 1972 (recepito nel reg. n. 2840/72/CEE), nella parte in cui, nel prevedere «Si applicano per quanto concerne le controversie e le sanzioni, le disposizioni delle leggi doganali relative ai diritti di confine», non esclude l'applicabilita' dell'art. 301 TULD, ponga concreti dubbi di costituzionalita' per violazione dell'art. 3 Cost., nonche' dell'art. 49 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. 28. Il giudizio deve essere pertanto sospeso e gli atti rinviati alla Corte costituzionale affinche' verifichi la fondatezza dei dubbi di costituzionalita' in questa sede esposti.