TRIBUNALE ORDINARIO DI VITERBO Il Giudice dott. Davide Palmieri, all'udienza del 17 luglio 2024, all'esito della camera di consiglio nella causa civile vertente tra M. D., c.f. ..., in proprio e quale titolare dell'esercizio commerciale denominato «S. B. di D. & L. S.n.c.» partita IVA ..., con sede in ..., rappresentato e difeso dall'avv. Marco Ripamonti e con questi elettivamente domiciliato in Viterbo, Piazza San Francesco n. 2, studio del difensore; ricorrente; Nei confronti di Agenzia delle dogane e dei monopoli - DT IV - Ufficio dei monopoli per il Lazio - S.O.T. di Viterbo, c.f. 97210890584, rappresentata e difesa dal direttore pro-tempore dott.ssa Francesca Torricelli, c.f. TRR FNC 62T53 F839B, nata a Napoli il 13 dicembr 1962, domiciliata ai fini della presente controversia in Viterbo, alla Via M. Romiti 54; resistente; Ritiene di sollevare la questione di legittimita' costituzionale dell'art l, comma 923, della legge n. 208/2015 laddove prevede la sanzione amministrativa di euro 20.000,00 in caso di violazione dell'art. 7, comma 3-quater del decreto-legge n. 158/2012 (Disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del Paese mediante un piu' alto livello di tutela della salute), convertito con modificazioni nella legge 8 novembre 2012, n. 189, per violazione dell'art. 3 Cost., in combinato disposto con gli articoli 41 e 42 Cost., nonche' dell'art. 117, comma l Cost., in relazione all'art. l, prot. addizionale CEDU. Fatti di causa 1. Con ricorso depositato il 25 luglio 2022 M. D. proponeva opposizione all'ordinanza ingiunzione prot. n. ... del ..., con la quale ADM aveva applicato la sanzione pecuniaria di euro 20.000,00 prevista dall'art 1, comma 923, della legge n. 208/2015, per non aver rispettato, nei locali aziendali (bar), il divieto, imposto dall'art. 7, comma 3-quater del decreto-legge n. 158/2012 (decreto Balduzzi), di mettere a disposizione dei clienti videoterminali idonei ad accedere, mediante connessione telematica, alle piattaforme di gioco gestite dai concessionari on-line (cd. totem o chioschi multimediali). A fondamento dell'impugnazione deduceva una molteplicita' di motivi che possono cosi compendiarsi: violazione dell'art. 2 della legge n. 241/90, avendo ADM notificato l'ordinanza impugnata dopo piu' di quattro anni dall'accertamento, senza rispettare il termine di 30 giorni previsto per la durata del procedimento amministrativo, essendo del tutto irragionevole non applicare un termine perentorio per la conclusione dell'iter procedimentale antecedente alla scadenza della prescrizione quinquennale prevista dall'art. 28 della legge n. 689/81; illegittimita' costituzionale della norma sanzionatoria contemplata dall'art. l, comma 923, della legge n. 208/2015, trattandosi di una sanzione pecuniaria fissa pari ad euro 20.000,00, non suscettibile di graduazione in base alle circostanze del caso concreto, potendo risultare sproporzionata rispetto al disvalore dei fatti materiali accertati. Per corroborare la denunciata illegittimita' invocava la sentenza della Corte costituzionale n. 185/2021, che si era espressa sulla fattispecie analoga prevista dall'art. 7, comma 6, del decreto-legge n. 158/2012 parimenti punita con una sanzione pecuniaria fissa, chiedendo la rimessione della questione al Giudice delle leggi per violazione degli articoli 3 e 117 Cost., in relazione agli articoli 16 e 17 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (CDFUE) ed all'art. 1 del protocollo addizionale alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali (CEDU), di cui lamentava l'inosservanza; mancanza di prova ed insussistenza della violazione contestata, poiche' la perizia eseguita dalla SOGEI non aveva dimostrato l'impiego del terminale come apparecchiatura volta a consentire ai clienti di scommettere sulle piattaforme di gioco. Infatti, il bene oggetto di contestazione costituiva esclusivamente una postazione messa a disposizione dei clienti per l'accesso ad intemet (c.d. internet point), senza alcuna intermediazione o indirizzamento da parte dell'esercente a scommettere su determinate piattaforme di gioco. Nessuna norma, per contro, consentiva o imponeva all'esercente una continua e costante vigilanza sull'operato dei propri clienti, ben potendo questi autonomamente accedere a piattaforme di gioco di cui si erano in precedenza procurate le credenziali personali, senza che ii gestore dell'internet point potesse impedirlo; incompatibilita' comunitaria dell'art. 7, comma 3-quater, del decreto-legge n. 158/2012, laddove interpretato nel senso di ritenere che le postazioni telematiche sono sempre vietate negli esercizi pubblici, perche' in contrasto con la direttiva 31/2000 sui servizi della societa' dell'informazione ed il commercio elettronico, in quanto limitativo della liberta' di impresa in modo manifestamente illogico ed abnorme, considerato, peraltro, che e' lo stesso Stato a promuovere i giochi e le scommesse per finalita' erariali. Pertanto, l'interpretazione posta a fondamento dell'ordinanza impugnata si sarebbe dovuta ritenere inconciliabile con le liberta' garantite dall'ordinamento unionale perche' sproporzionata rispetto alla finalita' perseguita di tutela della salute. Infine, precisava che la norma del decreto Balduzzi, in quanto regola tecnica, non essendo stata previamente notificata alla Commissione europea, doveva essere disapplicata. Per tutte le ragioni indicate, il ricorrente chiedeva di sollevare la questione di legittimita' costituzionale, la questione di pregiudizialita' comunitaria e, nel merito, previa sospensione dell'esecutorieta', di annullare l'ordinanza impugnata. 2. Si costituiva con memoria difensiva l'Agenzia delle dogane e dei monopoli chiedendo il rigetto di tutti i motivi di impugnazione e di non sollevare la questione di legittimita' costituzionale e la questione di pregiudizialita' comunitaria perche' manifestamente infondate. Segnatamente ADM affermava che gli operanti, in sede di accertamento, avevano riscontrato la presenza nel bar gestito dall'opponente di un'apparecchiatura telematica collegata ad internet, dotata di gettoniera e lettore banconote priva dei titoli autorizzatori. In seguito, la perizia eseguita da ... aveva evidenziato la presenza di tutti i componenti tipici di un personal computer, accertando che numerosi file erano stati cancellati fra la data del sequestro (...) e la data di esecuzione della copia forense (...), nonche' l'esistenza di file eseguibili con l'applicativo «zuela.net», piattaforma che offre giochi di diversa tipologia. Pertanto, secondo il resistente, l'apparecchio aveva tutte le caratteristiche dei c.d. totem, ovvero chioschi multimediali dotati di collegamento alla rete internet per consentire la raccolta di scommesse a distanza, installato in assenza delle prescritte autorizzazioni. Inoltre, l'amministrazione resistente escludeva che la sanzione pecuniaria determinata in misura fissa potesse considerarsi incostituzionale e che alla materia dei giochi e scommesse potesse applicarsi la direttiva 2000/31/CE sul commercio elettronico. Sulla rilevanza della questione. La questione di legittimita' costituzionale deve ritenersi rilevante ai sensi dell'art. 23, comma 2, della legge n. 87 del 1953. Infatti, l'illecito amministrativo contestato con l'ordinanza impugnata e' quello previsto dall'art. 7, comma 3-quater, decreto-legge n. 158/2012 secondo cui «Fatte salve le sanzioni previste nei confronti di chiunque eserciti illecitamente attivita' di offerta di giochi con vincita in denaro, e' vietata la messa a disposizione, presso qualsiasi pubblico esercizio, di apparecchiature che, attraverso la connessione telematica, consentano ai clienti di giocare sulle piattaforme di gioco messe a disposizione dai concessionari on-line, da soggetti autorizzati all'esercizio dei giochi a distanza, ovvero da soggetti privi di qualsiasi titolo concessorio o autorizzatorio rilasciato dalle competenti autorita'». Ai fini della decisione della controversia sull'illecito contestato non si puo' prescindere dalla norma sanzionatoria dettata dall'art. 1, comma 923, della legge n. 208/2015 in base alla quale «Ferma restando l'applicazione dell'art. 1, comma 646, lettera b), della legge 23 dicembre 2014, n. 190, in caso di violazione dell'art. 7, comma 3-quater, del decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2012, n. 189, il titolare dell'esercizio e' punito con la sanzione amministrativa di euro 20.000; la stessa sanzione si applica al proprietario dell'apparecchio». Questa essendo la disciplina espressamente richiamata dall'ordinanza ingiunzione di ADM, il giudice investito dell'opposizione, nell'ipotesi di accoglimento del ricorso, non potra' fare altro che applicare la sanzione nella misura fissa prevista dalla legge. La norma sanzionatoria non contempla, infatti, un intervallo edittale e, pertanto, non si potra' procedere alla riduzione consentita dall'art. l della legge n. 689/81. Al riguardo si osserva che, prima facie e senza anticipare la definizione del giudizio, dalla documentazione fotografica presente nel fascicolo di causa risulta che il videoterminale per il quale e' stata irrogata la sanzione pecuniaria presenta tutte le caratteristiche dei c.d. totem, ovvero chioschi multimediali collegati alla rete internet per consentire la raccolta di scommesse a distanza, essendo dotato di gettoniera e lettore banconote. Inoltre, appare verosimilmente infondato il motivo di opposizione secondo cui l'ordinanza ingiunzione sarebbe invalida a causa del mancato rispetto del termine di trenta giorni stabilito dall'art. 2, della legge n. 241/90 per la conclusione del procedimento amministrativo. In proposito non vi e' ragione per discostarsi dal consolidato orientamento nomofilattico secondo cui il termine stabilito dall'art. 2 della legge n. 241/90 non si applica ni procedimenti di irrogazione di sanzioni amministrative, avuto riguardo alla natura speciale del sistema normativo delineato dalla legge n. 689/81 (SS.UU 9591/06). Da ultimo, si rileva che la rigidita' del precetto sanzionatorio non lascia alcun margine per elaborare l'interpretazione conforme, essendo il giudice vincolato al testo letterale della disposizione, che impone una sanzione fissa per tutte le condotte ricadenti nell'alveo dell'illecito amministrativo, senza effettuare distinzioni in base al disvalore della condotta e senza ammettere alcuna dosimetria. Sulla non manifesta infondatezza. Il dubbio di legittimita' si fonda sulla compatibilita' fra la norma di legge che prevede una sanzione pecuniaria di importo fisso ed i principi dettati dalla Costituzione. Segnatamente il principio proporzionalita' della sanzione amministrativa e' stato oggetto della riflessione del Giudice delle leggi con le sentenze n. 112/2019 e n. 185/2021; il pensiero motivazionale merita di essere brevemente ripercorso. ln buona sostanza la giurisprudenza costituzionale afferma che il principio di proporzionalita', pacificamente operante in materia penale, vale anche per le sanzioni amministrative in quanto fondate sulla medesima causa giuridica delle sanzioni penali, consistente nella reazione dell'ordinamento ad un fatto illecito. Per le sanzioni amministrative il rapporto di congruita', che deve sussistere fra l'illecito e la sanzione, trova fondamento costituzionale nell'art. 3 Cost., applicato in combinato disposto con le norme della Carta che tutelano i diritti incisi dalla sanzione; tali diritti, nel caso in esame, sono la libera iniziativa economica (art. 41) ed il diritto di proprieta' (art. 42), essendo l'apparecchio installato in un esercizio commerciale (bar). Inoltre, viene in considerazione anche l'art. 1 del protocollo addizionale n. 1 alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali quale norma di diritto internazionale pattizio, che costituisce parametro interposto della valutazione di legittimita' costituzionale, in virtu' del rinvio agli obblighi internazionali previsto dall'art. 117. comma 1 Cost. Infatti, la norma internazionale riconosce ad ogni persona fisica o giuridica il diritto al rispetto dei propri beni stabilendo che: «Nessuno puo' essere privato della sua proprieta' se non per causa di utilita' pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale». Anche la Corte europea dei diritti dell'uomo ha riconosciuto che le misure limitative della proprieta' privata, disposte per ragioni di interesse pubblico, possono considerarsi legittime solo se proporzionate rispetto alla finalita' perseguita (Papachelas c. Grecia). Nel caso in scrutinio, invece, la sanzione amministrativa quantificata in misura fissa, incide sul diritto di proprieta' in modo sempre uguale, precludendo la commisurazione secondo un parametro di proporzionalita' rispetto al disvalore. Le decisioni della Corte costituzionale riguardanti norme penali hanno sempre censurato le previsioni sanzionatorie rigide, ritenute non in linea con il volto costituzionale del sistema penale (sentenze 222/2018 e 50/1980). In seguito, il sindacato di proporzionalita' e' stato esteso alle sanzioni amministrative a carattere punitivo. Anche in tali fattispecie, infatti, la mancanza di un intervallo edittale all'interno del quale commisurare l'importo pecuniario implica che l'applicazione della sanzione determini sempre la medesima incisione dei diritti dell'autore della violazione, senza la possibilita' di calibrare la risposta punitiva in misura proporzionata alla gravita' della condotta concretamente attuata. Nell'ipotesi in scrutinio la fissita' della sanzione comporta l'impossibilita' per il giudice di effettuare una dosimetria che tenga conto, ad esempio, del numero di apparecchi detenuti, dell'ubicazione dell'esercizio commerciale, del tasso di affluenza, degli incassi derivanti dalle scommesse, della quantita' delle giocate eseguite dagli avventori e del reddito ricavato dall'esercente. La non graduabilita' della sanzione rende la stessa inconciliabile con il principio di proporzionalita', proprio perche' i diritti di proprieta' e di libera iniziativa economica vengono incisi secondo una costante predeterminata, che impone un trattamento sanzionatorio paritetico per condotte che, in concreto, possono presentare significativi differenziali di disvalore. Il che non e' coerente con i principi costituzionali in materia sanzionatoria, atteso che il bene giudico tutelato, ovvero la salute ed il contrasto alla ludopatia, ben puo' essere preservato con una sanzione amministrativa graduabile in rapporto alla gravita' della fattispecie concreta. D'altra parte, non sfugge che la richiesta pronuncia ablatoria potrebbe determinare un possibile vuoto sanzionatorio rispetto alla condotta illecita punita consistente nella messa a disposizione «presso qualsiasi pubblico esercizio, di apparecchiature che, attraverso la connessione telematica, consentano ai clienti di giocare sulle piattaforme di gioco». Cionondimeno si rammenta che la Corte ha affermato che non esistono «zone franche» intangibili dal controllo di legittimita' costituzionale e che essa puo' ricorrere a precisi «punti di riferimento» offerti dal sistema normativa vigente, anche fuori dal tradizionale schema delle «rime obbligate» (sentenze n. 40/2019, 222/2018 e 236/2016) per preservare la tutela di diritti fondamentali dell'individuo rispetto a gravi forme di aggressione, allorquando vi sia la necessita' di rimuovere la disposizione sanzionatoria incostituzionale. Nel caso esaminato, al fine di non lasciare scoperta la tutela dell'interesse protetto e fatto salvo un intervento legislativo di segno differente, si puo' manipolare la cornice edittale applicando quale sanzione alternativa, costituzionalmente adeguata alla tutela del bene giuridico, quella dettata per la fattispecie contigua che punisce la violazione del divieto di partecipazione dei minori di anni diciotto ai giochi on-line ed alle scommesse. La norma, contemplata dall'art. 24, comma 21, decreto-legge n. 98 del 2011 (convertito nella legge n. 111 del 2011), nell'affermare il divieto di partecipazione ai giochi pubblici con vincita in denaro ai minori di diciotto anni, ha fissato le sanzioni pecuniarie applicate agli esercenti, individuando la cornice edittale nell'importo compreso tra gli euro 5.000,00 e gli euro 20.000,00. La menzionata norma sanzionatoria, avuto riguardo all'affinita' della condotta punita ed alla finalita' di tutela di beni giuridici prossimi (la salute, cori specifico riferimento alle ludopatie minorili), ben potra' essere applicata alla condotta oggetto di giudizio, in attesa di un auspicabile intervento legislativo. Tale applicazione consentirebbe di assicurare, al contempo, il rispetto del principio di proporzionalita' violato dalla norma censurata e la continuita' della tutela della salute e del contrasto alla ludopatia. In conclusione, alla luce delle compendiate considerazioni, la questione deve essere sottoposta al sindacato della Corte costituzionale, con conseguente sospensione del processo.