TRIBUNALE DI BARI 
     Ufficio dei giudici per le indagini e l'udienza preliminare 
 
    Il giudice, dott. Francesco Vittorio Rinaldi; 
    Visti gli atti del procedimento di cui agli estremi  in  epigrafe
indicati, nei confronti di A.G., nato a ... il ... a ..., residente a
... (...), in via ..., n. ..., ove ha dichiarato domicilio,  iscritto
per il delitto di cui all'art. 612-bis,  commi  1  e  3,  del  codice
penale, in relazione alla seguente incolpazione provvisoria: 
        per i reati di cui agli: 
          1) art. 612-bis del codice penale, commi 1 e 3  del  codice
penale, poiche', molestava e minacciava gravemente e ripetutamente  i
coniugi M.S. e C.G., condomini e vicini  di  abitazione,  e  cio'  in
quanto, con  cadenza  quasi  quotidiana  all'interno  del  condominio
proferiva all'indirizzo dei detti coniugi e dei familiari  conviventi
continue minacce e parole ingiuriose del tipo «... nano maledetto  ti
devo far andare via da questa casa, adesso che ci sono io la pace  e'
finita, famiglia Adams, ti devo  fare  una  caricata,  siete  persone
cattive ...»; accusandoli ingiustificatamente e continuamente di  far
rumore in orari notturni; producendo rumori molesti (colpi  sul  muro
confinante e con un riproduttore  acustico)  che  venivano  avvertiti
dalle vittime quando erano in casa; battendo  violentemente  al  muro
confinante tra le due abitazioni; producendo rumori  molesti  con  un
altoparlante al fine di infastidire  l'intera  famiglia  fra  cui  la
minore G.; pedinando,  in  un'occasione  avvenuta  nell'...,  con  la
propria autovettura il M. mentre anche costui era in auto  assieme  a
dei colleghi di lavoro, che seguiva sino alle porte di ..., il  tutto
imprecando al suo indirizzo; aggredendo verbalmente anche i figli dei
coniugi M./C, S. e A.,  aggredendo  verbalmente  anche  i  figli  dei
coniugi M./C. durante una riunione condominiale del  ...  accusandoli
di produrre rumori molesti; sicche', per  effetto  di  tali  condotte
cagionava nelle persone offese un perdurante e grave stato d'ansia  e
paura ed un fondato timore per la propria incolumita'  e  per  quelle
dei tre figli (tra cui la minore G.), costringendoli ad  alterare  le
proprie abitudini di vita e in particolare a muoversi silenziosamente
ed a parlare sottovoce mentre erano in casa e a tenersi costantemente
informati fra loro circa il rientro a casa per far trovare il portone
aperto. 
    Con l'aggravante di aver commesso i fatti anche  in  presenza  di
una minore. 
    In ... (...), dal ... al ... (data  delle  sommarie  informazioni
rilasciate da M.S. e C.G. con  querela  del  ...  difeso  di  fiducia
dall'avv. Vittorio Emanuele Iurino del foro di Bari; 
    Persone offese: 
        1. M.S., nato a ... (...), il ... residente a  ...  alla  via
..., n. ..., ove ha dichiarato domicilio; 
        2. C.G., nata a ... (...), il ... residente a  ...  alla  via
..., n. ..., ove ha dichiarato domicilio, 
difesi di fiducia dall'avv. Rosaria Foggetti del foro di Bari; 
    Visti gli articoli 282-ter,  275-bis,  del  codice  di  procedura
penale, come modificati dall'art. 12, comma 1, lettere a) e d), legge
24 novembre 2023,  n.  168,  rubricato  «Rafforzamento  delle  misure
cautelari e dell'uso del braccialetto elettronico», con cui,  per  un
verso, la previsione dell'accertamento della «disponibilita' da parte
della polizia giudiziaria»  delle  procedure  di  controllo  mediante
mezzi elettronici o altri strumenti tecnici e' stata  sostituita  con
quella del «previo accertamento della relativa  fattibilita'  tecnica
da parte della polizia giudiziaria» delle procedure  di  controllo  a
distanza (accertamento preliminare previsto solo  per  l'applicazione
della  misura  cautelare  degli   arresti   domiciliari,   anche   in
sostituzione di quella della custodia cautelare in carcere, salvo che
tali modalita' tecniche di controllo siano ritenute non necessarie in
relazione  alla  natura  e  al  grado  delle  esigenze  cautelari  da
soddisfare nel caso concreto) e, per altro verso, e' stata  prevista,
all'art. 282-ter, comma 1 del codice di procedura penale «nei casi di
cui all'art. 286-bis, comma 6 del  codice  di  procedura  penale»,  e
cioe', «quando si proceda per uno dei delitti previsti dagli articoli
570,  571,  572,  575,  nell'ipotesi   di   delitto   tentato,   582,
limitatamente  alle  ipotesi   procedibili   d'ufficio   o   comunque
aggravate,  583-quinquies,   600,   600-bis,   600-ter,   600-quater,
600-septies.1, 600-septies.2, 601, 602, 609-bis, 609-ter, 609-quater,
609-quinquies, 609-octies e 612, secondo comma, 612-bis,  del  codice
penale, commesso in danno dei prossimi congiunti o  del  convivente»,
l'applicazione automatica delle particolari  modalita'  di  controllo
previste dall'art. 275-bis del codice di procedura penale, oltre  che
l'imposizione di una distanza «comunque non inferiore  a  cinquecento
metri da tali luoghi o dalla persona offesa»; inoltre,  al  comma  1,
dell'art. 282-ter del codice di procedura penale, e'  stato  previsto
che,  «con  lo  stesso  provvedimento  che  dispone  il  divieto   di
avvicinamento il giudice prevede l'applicazione, anche congiunta,  di
una misura cautelare piu' grave» in due casi: 
        a) qualora l'imputato neghi il  consenso  all'adozione  delle
modalita' di controllo previste dall'art. 275-bis; 
        b) qualora l'organo delegato per l'esecuzione accerti la  non
fattibilita' tecnica delle predette modalita' di  controllo:  in  tal
caso e' «imposta»  l'applicazione,  «anche  congiunta,  di  ulteriori
misure cautelari, anche piu' gravi»; 
    Vista  la  richiesta  di  applicazione  della  misura   cautelare
personale del divieto di avvicinamento alle persone  offese,  M.S.  e
C.G. avanzata nei confronti dell'indagato dal pubblico  ministero  in
sede in data ..., con obbligo di mantenere dagli stessi una  distanza
non inferiore a 500 metri (quando si  trova  fuori  dall'abitazione),
con  divieto  di  comunicare  con  i  predetti  con  ogni  mezzo   di
comunicazione  (cellulari,  internet,  messaggistica   social),   con
l'utilizzo di strumento elettronico di controllo; 
    Considerato che con ordinanza del 4 luglio 2024,  eseguita  il  5
luglio 2024, ravvisandosi il pericolo di reiterazione delle  condotte
di reato, di cui  alla  lettera  c),  dell'art.  274  del  codice  di
procedura penale, oltre che il  rischio  in  ordine  alla  genuinita'
dell'acquisizione delle fonti  di  prova  di  cui  alla  lettera  a),
dell'art. 274 del codice di procedura penale, nei confronti di  A.G.,
in relazione al delitto ascritto (art. 612-bis commi 1 e 3 del codice
penale), e' stata disposta l'applicazione: 
        a) della misura cautelare personale coercitiva del divieto di
avvicinamento ai luoghi frequentati  dalle  persone  offese,  M.S.  e
C.G., con le seguenti prescrizioni: 
          di non avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dalle
stesse quando A. si trova fuori dall'abitazione  e,  in  particolare,
all'abitazione di prossimi congiunti diversi da quelli con le vittime
conviventi  e  pertinenze,  ai  luoghi   di   lavoro   dalle   stesse
eventualmente frequentati; 
          con obbligo di mantenere una distanza non inferiore a metri
500 da tali luoghi, quando A. si trova fuori dal suo  appartamento  e
dalle persone offese; 
          con divieto di comunicare, attraverso qualsiasi mezzo,  ivi
compresi i social network, con le  stesse  persone  offese  e  con  i
prossimi congiunti; 
          con l'applicazione delle particolari procedure di controllo
ex art. 275-bis  del  codice  di  procedura  penale,  mediante  mezzi
elettronici  e/o   altri   strumenti   tecnici   (c.d.   braccialetto
elettronico)  solo   a   seguito   dell'acquisizione   del   consenso
dell'indagato  e   previa   verifica   della   fattibilita'   tecnica
dell'operazione da parte degli operanti di PG; 
        b) con lo stesso provvedimento, in caso di  mancato  consenso
dell'indagato all'applicazione delle modalita' di  controllo  di  cui
all'art. 275-bis del  codice  di  procedura  penale  o  nel  caso  di
accertata non fattibilita' tecnica della modalita' di  controllo,  e'
stata disposta nei confronti dell'indagato la misura  cautelare  piu'
grave del divieto di dimora dal Comune di ..., di  cui  all'art.  283
del codice di procedura penale; 
    Considerato che a seguito dell'interrogatorio di  garanzia,  reso
all'udienza  dell'11  luglio  2024  il  difensore  dell'indagato   ha
avanzato istanza intesa: 
        alla revoca della misura cautelare in corso; 
        in  subordine,  alla  revoca  della   disposizione   relativa
all'applicazione delle particolari  modalita'  di  controllo  di  cui
all'art. 275-bis del codice di procedura penale; 
    Considerato che con provvedimento del 17 luglio 2024  sono  state
rigettate entrambe le richieste avanzate dalla difesa;  segnatamente,
e' stata rigettata la richiesta di revoca della disposizione relativa
all'applicazione delle modalita' di controllo di cui all'art. 275-bis
del codice di procedura penale: il che, a parere di  questo  giudice,
rende rilevante la questione; 
    Rilevato che con ordinanza n. 17/2024 del 5 dicembre 2023 il  gip
presso il Tribunale di Modena ha sollevato questione di  legittimita'
costituzionale dell'art. 282-ter, commi 1 e 2 del codice di procedura
penale, cosi' come modificati dalla legge 24 novembre 2023,  n.  168,
nella parte in cui,  in  violazione  degli  articoli  3  e  13  della
Costituzione, non consente al  giudice,  tenuto  conto  di  tutte  le
specificita' del caso concreto e motivando sulle stesse, di stabilire
una distanza inferiore a quella legalmente prevista di  500  metri  e
nella parte  in  cui  prevede  che,  qualora  l'organo  delegato  per
l'esecuzione accerti la non fattibilita' tecnica delle  modalita'  di
controllo, il giudice debba necessariamente  imporre  l'applicazione,
anche congiunta, di ulteriori  misure  cautelari  anche  piu'  gravi,
senza, invece, possibilita' di valutare e motivare, pur garantendo le
esigenze cautelari di  cui  all'art.  274  del  codice  di  procedura
penale, la non necessita' di applicazione del dispositivo elettronico
di controllo nel caso concreto; 
    Tanto premesso; 
 
                          Osserva e rileva 
 
1. I fatti oggetto del procedimento: la vicenda cautelare. 
    Il presente procedimento trae origine dalla  querela  sporta  nei
confronti dell'indagato -  che  abita  stabilmente  nell'appartamento
confinante con quello dei querelanti,  sullo  stesso  piano  -  dalle
persone offese, i coniugi C.G. e M.S.,  vicini  di  casa  di  A.,  il
quale, in modo reiterato nel periodo in contestazione,  ha  posto  in
essere in loro danno una serie  di  condotte  moleste  e  minacciose,
idonee a cagionare nelle vittime un grave stato di ansia o di  paura,
nonche'  tali  da  ingenerare  un  fondato  timore  per  la   propria
incolumita' o per quella dei loro tre  figli  e  da  costringerli  ad
alterare le proprie abitudini di vita; in specie,  le  vittime  hanno
descritto  le   condotte   persecutorie   e   assillanti   perpetrate
dall'indagato nei loro confronti, consistenti  in  offese,  ingiurie,
minacce (anche di morte), azioni moleste reiterate ed atti  emulativi
(mostrando il dito medio  e  sporgendosi  dal  balcone  in  occasione
dell'uscita   dall'abitazione   dei   familiari   dei   denuncianti),
pedinamenti (seguendoli anche fuori dall'abitazione),  produzione  di
rumori molesti in qualsiasi ora (anche con l'utilizzo di  dispositivi
elettronici, oggetto di sequestro, ascoltando. musica ad alto volume,
battendo sul muro con un martello), invettive e  aggressioni  verbali
in occasione degli incontri con le persone offese. 
    Nei confronti dell'indagato, come  in  premessa  evidenziato,  e'
stata applicata la misura cautelare personale coercitiva del  divieto
di avvicinamento ai luoghi frequentati dalle persone offese,  M.S.  e
C.G., con la prescrizione di non avvicinarsi ai  luoghi  abitualmente
frequentati dalle stesse persone offese  quando  A.  si  trova  fuori
dall'abitazione  e,  in  particolare,  all'abitazione   di   prossimi
congiunti diversi da quelli con le vittime conviventi  e  pertinenze,
ai luoghi di  lavoro  dalle  stesse  eventualmente  frequentati;  con
obbligo di mantenere una distanza non inferiore a metri 500  da  tali
luoghi, quando A. si  trova  fuori  dal  suo  appartamento,  e  dalle
persone offese;  con  divieto  di  comunicare,  attraverso  qualsiasi
mezzo, ivi compresi i social network, con le stesse persone offese  e
con  i  prossimi  congiunti;  con  l'applicazione  delle  particolari
procedure di controllo  ex  art.  275-bis  del  codice  di  procedura
penale, mediante mezzi elettronici e/o altri strumenti tecnici  (c.d.
braccialetto  elettronico)  solo  a  seguito  dell'acquisizione   del
consenso dell'indagato e previa verifica della  fattibilita'  tecnica
dell'operazione da parte degli operanti di PG. 
    Senonche', essendo diffusa nella  prassi  applicativa  di  alcuni
uffici giudiziari, per quanto consta, la non condivisibile - a parere
di questo giudicante - esecuzione della  misura  cautelare  personale
coercitiva piu' grave nelle more della verifica (che dovrebbe  essere
effettuata  dalla  PG  delegata  per  l'esecuzione  gia'  al  momento
dell'applicazione della misura cautelare in parola, secondo il chiaro
tenore del combinato disposto delle norme di cui agli  articoli  293,
commi 2 e 3 e 282-ter,  comma  1  del  codice  di  procedura  penale,
essendo  le  misure  cautelari  personali  coercitive  diverse  dalla
custodia  cautelare  in  carcere  eseguite   mediante   notificazione
dell'ordinanza)  della  fattibilita'  tecnica  delle   procedure   di
controllo di cui all'art. 275-bis del codice di procedura  penale  da
parte  della  PG  delegata  per  l'esecuzione,  e'   stata   disposta
l'applicazione all'indagato dei  dispositivi  di  controllo  ex  art.
275-bis del codice di procedura penale  al  momento  dell'esecuzione,
previo immediato accertamento  della  fattibilita'  tecnica  di  tali
modalita' di controllo  da  parte  dell'organo  di  PG  delegato  per
l'esecuzione;   e'   stato   disposto,   altresi',   di   dar   corso
all'esecuzione della misura cautelare  applicata  anche  in  caso  di
temporanea indisponibilita' dei dispositivi di controllo  elettronici
(da applicarsi non appena disponibili), oltre che nel caso di mancato
accertamento da parte della PG,  al  momento  dell'esecuzione,  della
fattibilita' tecnica, con specificazione che si  sarebbe  dovuto  dar
corso  all'applicazione  della  misura  cautelare  del   divieto   di
avvicinamento  ai  luoghi  frequentati  dalle  persone   offese   con
applicazione dei dispositivi di  controllo  previa  acquisizione  del
consenso  dell'indagato  e  previa  accertamento  della  fattibilita'
tecnica  di  tali  modalita'  di  controllo,  disponendo  l'immediato
accertamento da  parte  della  PG,  all'atto  dell'esecuzione,  della
fattibilita' tecnica di tali modalita' di controllo. 
    Al fine di scongiurare il rischio dell'applicazione della  misura
cautelare piu' grave, del divieto di dimora nel comune  di  residenza
dell'indagato - disposta, come si vedra', con lo stesso provvedimento
-, inoltre, e' stato disposto con l'ordinanza de qua di  darsi  corso
alla misura  cautelare  del  divieto  di  avvicinamento  anche  senza
braccialetto   elettronico,   nelle   more   del   compimento   degli
accertamenti relativi alla fattibilita' tecnica  delle  procedure  di
controllo di cui all'art. 275-bis del codice di procedura penale. 
    Con lo stesso provvedimento, inoltre, e' stato disposto, in  caso
di mancato consenso dell'indagato all'applicazione delle modalita' di
controllo di cui all'art. 275-bis del codice di  procedura  penale  o
nel caso di accertata non fattibilita'  tecnica  della  modalita'  di
controllo, e' stata disposta nei confronti  dell'indagato  la  misura
cautelare piu' grave del divieto di dimora dal Comune di ..., di  cui
all'art. 283 del codice di procedura penale. 
    In sede di esecuzione, oltre che in occasione dell'interrogatorio
di garanzia, l'indagato ha prestato il  consenso  alle  procedure  di
controllo di cui all'art. 275-bis, del codice di procedura penale. 
    All'esito dell'interrogatorio di  garanzia,  poi,  la  difesa  ha
chiesto la revoca della misura cautelare del divieto di avvicinamento
o,   in   subordine,   la   revoca   della   prescrizione    relativa
all'applicazione delle particolari modalita'  di  controllo  ex  art.
275-bis, del codice di procedura penale. 
    Entrambe le richieste sono state rigettate. 
    Quanto alla seconda richiesta, per  quanto  rileva  nel  caso  di
specie, si e' osservato che con  la  legge  n.  168/2023  sono  stati
rafforzati gli strumenti di tutela delle vittime di c.d. «violenza di
genere» e di violenza domestica,  con  la  previsione,  tra  l'altro,
dell'automatica applicazione del dispositivo di controllo a  distanza
di cui all'art. 275-bis del codice di procedura  penale.  Le  novita'
introdotte con la recente riforma attengono anzitutto alla disciplina
generale delle procedure di controllo mediante  mezzi  elettronici  o
altri strumenti tecnici  assimilabili,  pensate  tipicamente  per  la
misura degli arresti domiciliari e oggi previste  anche  in  caso  di
applicazione delle misure cautelari  dell'allontanamento  dalla  casa
familiare e del divieto di avvicinamento alla  persona  offesa  o  ai
luoghi dalla stessa frequentati. 
    E'  stato  evidenziato  che  l'applicazione  delle  procedure  di
controllo mediante mezzi elettronici (c.d. braccialetto elettronico),
disposte  gia'  in  sede  di  applicazione  della  misura  cautelare,
tuttavia, presuppone il consenso (a) del  destinatario  della  misura
cautelare personale coercitiva e  l'accertamento  della  fattibilita'
tecnica delle modalita' di controllo da parte degli  organi  delegati
per l'esecuzione (b). 
    Qualora, infatti, l'indagato neghi  il  consenso  o  qualora  sia
accertata  dall'organo  delegato   per   l'esecuzione   (la   Polizia
giudiziaria)  la  non  fattibilita'  tecnica   delle   procedure   di
controllo, e' stata prevista l'applicazione obbligatoria («il giudice
impone») anche congiunta di altre misure cautelari anche piu' gravi. 
    Ebbene, si ritiene di dover sollevare questione  di  legittimita'
costituzionale delle norme di cui agli articoli 282-ter, commi 1 e  2
e 275-bis del codice  di  procedura  penale,  cosi'  come  modificati
dall'art. 12, comma 1, lettere a) e d) della legge 24 novembre  2023,
n. 168, per contrasto con gli articoli 3, 13, 24, comma 2, 117, comma
1 della Costituzione, quest'ultimo in relazione agli articoli 2, 3, 7
e 8  della  Convenzione  europea  per  la  salvaguardia  dei  diritti
dell'uomo e delle liberta' fondamentali (d'ora  in  avanti,  «CEDU»),
con particolare riferimento alle previsioni relative: 
        a) all'applicazione automatica delle procedure di controllo a
distanza di cui all'art. 275-bis del codice di procedura penale,  tra
gli altri, per il delitto di cui all'art. 612-bis del codice penale; 
        b) all'imposizione di  una  distanza  minima,  «comunque  non
inferiore a cinquecento metri», dalla persona offesa o dai luoghi  da
essa frequentati in caso - tra l'altro - di applicazione della misura
cautelare di cui all'art. 282-ter del  codice  di  procedura  penale,
anche  nell'ipotesi  in  cui  l'indagato  e   la   vittima   dimorino
all'interno del medesimo immobile; 
        c) all'applicazione obbligatoria, anche congiunta, di  misure
cautelari (anche) piu' gravi, anche  nell'ipotesi  di  accertata  non
fattibilita'  tecnica,  la  quale   non   discende   dalla   volonta'
dell'indagato, privandolo delle  garanzie  connesse  all'espletamento
del  diritto  di  difesa  nella  fase  cautelare,   con   particolare
riferimento alla (im)possibilita' da parte del  giudice  che  dispone
misura  cautelare  personale  coercitiva  di   modulare   le   scelte
cautelari,  dovendo   il   giudice   applicare   («applica»),   anche
congiuntamente, un'ulteriore misura cautelare, anche  piu'  grave  in
caso  di  accertata  non  fattibilita'  tecnica  delle  procedure  di
controllo ex art. 275-bis del codice di procedura penale; 
        d) alla necessaria  verifica,  al  momento  dell'applicazione
della misura cautelare e, quindi, al momento dell'esecuzione mediante
la notificazione dell'ordinanza,  della  fattibilita'  tecnica  delle
procedure  di  controllo  di  cui  all'art.  275-bis  del  codice  di
procedura penale da parte della  PG  delegata  per  l'esecuzione,  la
quale si pone in contrasto con il diritto alla vita, con  il  divieto
di trattamenti inumani o degradanti, con il diritto al rispetto della
vita privata e familiare e con il principio di legalita'  e,  dunque,
con il «diritto vigente» della Corte EDU, con particolare riferimento
agli obblighi procedurali sanciti con la sentenza del 2  marzo  2017,
... contro Italia, ricorso n. 41237/14 e, segnatamente, con il dovere
per le autorita'  pubbliche  di  instaurare  un  procedimento  penale
effettivo e tempestivo, da cui discende, a  fortiori,  il  dovere  di
garantire l'incolumita' delle persone offese  attraverso  l'immediata
applicazione  della  misura  cautelare   personale   coercitiva   nei
confronti dell'indagato, laddove la PG non sia  in  materialmente  in
grado - per indisponibilita' del personale tecnico qualificato  -  di
accertare immediatamente, al  momento  dell'esecuzione  della  misura
cautelare, la fattibilita' tecnica delle procedure  di  controllo  di
cui all'art. 275-bis del codice di procedura penale. 
2. Sulla rilevanza della questione. 
    A parere di questo giudice, anche  in  ragione  dell'applicazione
della   misura   cautelare   personale   coercitiva   nei   confronti
dell'indagato nelle more della verifica  della  fattibilita'  tecnica
delle modalita' di controllo di cui all'art. 275-bis  del  codice  di
procedura penale da parte della PG delegata per  l'esecuzione  -  non
ancora eseguita dalla PG, non essendo  documentato  l'intervento  del
personale tecnico che si occupa della  verifica  della  presenza  del
segnale internet e della geolocalizzazione  -  e  del  rigetto  della
richiesta della difesa con  riferimento  alla  prescrizione  relativa
all'applicazione delle modalita' di controllo di cui all'art. 275-bis
del  codice  di  procedura  penale,  la  questione  di   legittimita'
costituzionale  e'  rilevante  nell'ambito  di  questo  procedimento,
iscritto per un reato abituale (art. 612-bis del codice penale),  con
condotte commesse (anche) in epoca successiva all'entrata  in  vigore
della legge 24 novembre 2023, n.  168,  nell'ambito  del  quale  sono
state applicate misure cautelari secondo  la  disciplina  processuale
modificata dal recente intervento legislativo. 
    Ebbene, si ritiene che, ove venisse  dichiarata  l'illegittimita'
costituzionale delle previsioni di cui agli articoli 282-ter, commi 1
e 2 e 275-bis del codice di procedura penale, per contrasto  con  gli
articoli della Costituzione innanzi indicati, in primo  luogo,  anche
nei casi di applicazione  della  misura  cautelare  di  cui  all'art.
282-ter del codice di procedura penale per il delitto di cui all'art.
612-bis del  codice  penale,  il  giudice  potrebbe,  per  un  verso,
modulare le prescrizioni  correlate  a  tale  misura  cautelare,  nel
rispetto del  canone  della  proporzionalita',  tenendo  conto  delle
specifiche necessita' - anche abitative, come nel caso  di  specie  -
dell'indagato,  prescrivendo  una  distanza  inferiore  a  quella  di
«cinquecento metri»  dalle  persone  offese  e  dai  luoghi  da  esse
frequentati e consentendogli di esercitare  un  potere  discrezionale
sulla  necessita'  o  meno  dell'applicazione  delle   procedure   di
controllo di cui all'art. 275-bis del codice di  procedura  penale  -
discrezionalita' prevista proprio  dalla  disposizione  citata  nelle
ipotesi  di  irrogazione  della  misura   cautelare   degli   arresti
domiciliari, anche in  sostituzione  di  quella  custodiale  massima,
ipotesi nella quale, peraltro, e' previsto il preventivo accertamento
della fattibilita' tecnica delle procedure elettroniche di controllo:
il che determina una irragionevole disparita'  di  trattamento  -  in
relazione  alla  natura  e  al  grado  delle  esigenze  cautelari  da
soddisfare  nel  caso  concreto,  oltre  che  alle   specificita'   e
peculiarita' del  caso  concreto,  garantendo  al  contempo  in  modo
efficace le (preminenti) esigenze di tutela delle persone offese, con
il minimo sacrificio della liberta' personale e dei diritti personali
del  destinatario  della  misura  cautelare;  per  altro  verso,   la
dichiarazione di illegittimita' costituzionale  delle  norme  innanzi
indicate consentirebbe al giudice di  esercitare  il  proprio  potere
discrezionale anche con riguardo  alla  necessita'  dell'applicazione
congiunta di ulteriore misura cautelare, tenendo conto della  natura,
del grado e delle concrete esigenze cautelare da soddisfare nel  caso
concreto, senza pregiudizio per il diritto di  difesa  dell'indagato,
che si concretizzerebbe nelle ipotesi di  applicazione  di  ulteriori
misure cautelari a  seguito  dell'accertamento,  da  parte  della  PG
delegata per  l'esecuzione,  della  non  fattibilita'  tecnica  delle
procedure  di  controllo  di  cui  all'art.  275-bis  del  codice  di
procedura penale. 
    La questione  di  legittimita'  costituzionale,  inoltre,  appare
rilevante nel caso di specie anche con riguardo  alla  norma  di  cui
all'art. 117, comma 1 della Costituzione, in relazione agli  articoli
2, 3, 7 e 8 della CEDU, quali parametri  interposti  di  legittimita'
costituzionale delle citate norme di  cui  agli  articoli  282-ter  e
275-bis  del  codice  di  procedura   penale,   poiche',   prevedendo
l'obbligatorieta'  dell'applicazione  dei  dispositivi  di  controllo
elettronico di cui all'art. 275-bis del codice  di  procedura  penale
nei casi  di  irrogazione  della  misura  cautelare  del  divieto  di
avvicinamento  alla  persona  offesa  e  ai   luoghi   dalla   stessa
frequentati per taluni reati, tra cui, per quanto rileva nel caso  di
specie, quello di cui all'art. 612-bis del  codice  penale,  potrebbe
determinare in concreto  la  violazione  degli  obblighi  procedurali
sanciti con la sentenza del 2 marzo 2017, ... contro Italia,  ricorso
n. 41237/14 e, dunque, la violazione del principio di legalita' cosi'
come interpretato dalla Corte EDU. 
    In altri termini, poiche', a norma dell'art. 293, commi 2 e 3 del
codice di procedura  penale,  la  misura  cautelare  del  divieto  di
avvicinamento  ai  luoghi  frequentati  dalla  persona  offesa  viene
eseguita con la notifica  del  provvedimento  al  destinatario,  tale
misura cautelare non potrebbe essere applicata nelle ipotesi  in  cui
la PG delegata per l'esecuzione non  sia  in  grado  in  concreto  di
accertare la fattibilita' tecnica delle procedure  di  controllo,  da
intendersi (com'e' stato chiarito dalla  relazione  dell'Ufficio  del
massimario della Corte di cassazione sulla legge n.  168/2023)  quale
verifica delle condizioni di funzionalita' tecnica del dispositivo  -
ad esempio, per indisponibilita' dei  personale  tecnico  qualificato
preposto all'accertamento  della  fattibilita'  tecnica  -,  giacche'
l'utilizzo da parte del legislatore del modo  indicativo  («applica»)
con riferimento  all'applicazione  dei  dispositivi  di  controllo  a
distanza al destinatario della  misura  cautelare  non  lascia  alcun
margine discrezionale al giudice in ordine alla scelta «se» applicare
o  meno   tali   dispositivi   elettronici:   ebbene,   la   concreta
impossibilita' di applicare la misura cautelare da parte della PG per
l'impossibilita' di accertare la fattibilita' tecnica delle procedure
di controllo si porrebbe in contrasto con il dovere per le  autorita'
pubbliche di instaurare un procedimento penale effettivo e tempestivo
sancito con la citata sentenza «...» e, a fortiori, con il dovere  di
garantire l'incolumita' delle persone offese  attraverso  l'immediata
applicazione  della  misura  cautelare   personale   coercitiva   nei
confronti dell'indagato, con conseguente violazione del principio  di
legalita',  sotto  il  profilo  del   «diritto»   (giurisprudenziale)
vigente, come interpretato dalla Corte EDU, nelle ipotesi, cioe',  in
cui  addirittura  l'instaurazione  del  procedimento   penale   abbia
condotto  alla  richiesta  da  parte   del   pubblico   ministero   e
all'applicazione da parte del gip di  misure  cautelari  personali  a
scopo  di  tutela  della  vittima,  frustrando  cosi'  con   maggiore
pregnanza le concrete ed effettive esigenze di tutela  delle  vittime
di violenza domestica, specie  in  quei  contesti  caratterizzati  da
situazioni di convivenza  o  da  contesti  di  particolare  vicinanza
affettiva o di prossimita' abitativa, come nel caso di specie. 
3. Sulla non manifesta infondatezza delle questioni. 
    Allo scopo di illustrare le  motivazioni  a  sostegno  della  non
manifesta    infondatezza    delle    questioni    di    legittimita'
costituzionale, e' necessario prendere le mosse da una breve disamina
delle novita' normative introdotte con la legge n. 168/2023,  nonche'
dell'iter  normativo  e  giurisprudenziale   che   ha   condotto   al
rafforzamento  degli  strumenti  di  tutela  delle  vittime  di  c.d.
«violenza di genere» e di violenza domestica. 
    La dir. 2012/29/UE del Parlamento e del Consiglio del 25  ottobre
2012, recante «Norme minime  in  materia  di  diritti,  assistenza  e
protezione delle vittime di reato», riconosce a tutte le  vittime  il
«diritto alla protezione»  e,  pur  facendo  salvi  i  diritti  della
difesa, «richiede agli Stati  membri  di  assicurare  che  sussistano
misure  per  proteggere  la   vittima   e   i   suoi   familiari   da
vittimizzazione secondaria e ripetuta,  intimidazioni  e  ritorsioni,
compreso il rischio di danni emotivi o psicologici». 
    In tema di protezione delle vittime di reato  la  Convenzione  di
Istanbul del 2011, sottoscritta dall'Italia nel 2012 e ratificata con
legge 27 giugno 2013, n. 77 (Convenzione del Consiglio d'Europa sulla
prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne  e  la  violenza
domestica), dopo aver affermato all'art. 2 che le parti  «presteranno
particolare  attenzione  alla  protezione  delle  donne  vittime   di
violenza di genere», precisa, al  successivo  art.  18,  che  occorre
«proteggere tutte le vittime  da  nuovi  atti  di  violenza»;  e,  in
relazione allo svolgimento dell'azione giudiziaria, non solo richiede
espressamente una cooperazione «tra le  autorita'  giudiziarie  e  di
pubblici ministeri», ma  sottolinea  che  le  misure  devono  «essere
basate su una comprensione della violenza di genere,  e  concentrarsi
sulla sicurezza della vittima». 
    Allo scopo di  adeguare  la  normativa  Interna  alle  previsioni
europee ed internazionali e di rafforzare la risposta ad un  fenomeno
diffuso, il legislatore interno e' intervenuto con  legge  19  luglio
2019, n. 69 - c.d. «Codice rosso» -, apportando modifiche  ad  alcune
norme del codice penale e di procedura penale al fine di reprimere in
modo piu' efficace i reati di violenza di genere  e  domestica  e  di
offrire una tutela piu' incisiva alle vittime di tali violenze. 
    In particolare, e' stata stabilita  l'obbligatoria  tempestivita'
dell'intervento sia  della  polizia  giudiziaria  sia  dell'autorita'
inquirente,  anche  mediante  l'audizione  della  persona  offesa   o
denunciante, nel termine di tre giorni dalla data di iscrizione della
notizia di reato al fine di prevenire situazioni di stallo nell'avvio
delle indagini dopo la denuncia  della  violenza  e  considerato  che
proprio in ragione di tali ritardi, e della connessa sottovalutazione
del rischio e della mancata adozione  di  misure  di  protezione,  il
nostro Paese e' stato condannato da parte della CEDU, 2  marzo  2017,
sentenza ... contro Italia, ricorso n. 41237/14. 
    Per quanto rileva nel caso di specie, con tale pronuncia la Corte
EDU ha evidenziato che fra gli obblighi positivi rientrano altresi' i
cosiddetti obblighi procedurali, dai quali discende il dovere per  le
autorita' pubbliche di instaurare un procedimento penale effettivo  e
tempestivo. 
    Alla  luce  della  pronuncia  della   Corte   EDU,   dunque,   la
tempestivita'   nell'instaurazione   del   procedimento   penale    e
nell'intervento dell'autorita' giudiziaria costituisce  un  principio
fondamentale  nell'interpretazione  del  diritto  convenzionale  -  e
dunque,  per  effetto  del  richiamo  al  rispetto   degli   obblighi
internazionali contenuto nell'art. 117, comma 1  della  Costituzione,
un principio  riconosciuto  a  livello  costituzionale,  fungendo  il
diritto   CEDU   quale   parametro   interposto    di    legittimita'
costituzionale della normativa interna -, funzionale a  garantire  il
dovere da parte degli Stati membri all'effettiva tutela delle vittime
di violenza domestica o, comunque, nei  contesti  contraddistinti  da
particolare vicinanza, tra cui rientrano indubbiamente quelle ipotesi
di «vicinanza abitativa», ricorrente nel caso di specie. 
    La Corte EDU ha evidenziato, in particolare, come, allo scopo  di
assicurare il rispetto del diritto alla vita, nonche' della privata e
familiare, sia richiesta agli Stati membri una «diligenza particolare
che richiede il trattamento delle denunce per violenze domestiche»  e
come «nell'ambito dei procedimenti interni,  si  debba  tenere  conto
delle specificita' dei fatti di violenza domestica, riconosciute  nel
preambolo della Convenzione di Istanbul», la quale impone agli  Stati
parti di adottare «le misure legislative o di altro  tipo  necessarie
per garantire che le indagini e  i  procedimenti  penali  relativi  a
tutte le forme di violenza che rientrano nel  campo  di  applicazione
della (...) Convenzione siano avviati senza indugio ingiustificato». 
    Al  fine  di  illustrare  le  argomentazioni  a  sostegno   delle
questioni  di  legittimita'  costituzionale,  infine,  e'  necessario
passare in rassegna sinteticamente le principali modifiche  apportate
al codice di procedura penale con la legge 24 novembre 2023, n.  168,
recante «Disposizioni per il contrasto della violenza sulle  donne  e
della violenza domestica», con particolare  riguardo  alle  modifiche
apportate agli articoli 275-bis e 282-ter  del  codice  di  procedura
penale. 
    Le modifiche sono contenute nell'art. 12, lettere a) e d),  della
legge 24 novembre 2023, n. 168. Di seguito si riporta il testo  della
norma citata. 
    1. Al codice di  procedura  penale  sono  apportate  le  seguenti
modificazioni: 
        a) all'art. 275-bis, comma 1, primo periodo,  le  parole:  «,
quando ne abbia accertato la disponibilita' da  parte  della  polizia
giudiziaria» sono sostituite dalle seguenti: «,  previo  accertamento
della  relativa  fattibilita'  tecnica   da   parte   della   polizia
giudiziaria»; 
    [...] 
        d) all'art. 282-ter: 
          1) il comma 1 e' sostituito dal seguente: 
«1. Con il provvedimento che dispone il divieto di  avvicinamento  il
giudice  prescrive  all'imputato  di   non   avvicinarsi   a   luoghi
determinati abitualmente frequentati dalla persona offesa  ovvero  di
mantenere  una  determinata  distanza,  comunque  non   inferiore   a
cinquecento metri, da tali luoghi o dalla persona offesa,  disponendo
l'applicazione delle  particolari  modalita'  di  controllo  previste
dall'art. 275-bis. Nei casi di cui  all'art.  282-bis,  comma  6,  la
misura puo' essere disposta anche al di  fuori  dei  limiti  di  pena
previsti dall'art. 280. Con lo stesso provvedimento  che  dispone  il
divieto di avvicinamento il  giudice  prevede  l'applicazione,  anche
congiunta, di una misura  piu'  grave  qualora  l'imputato  neghi  il
consenso all'adozione delle modalita' di controllo previste dall'art.
275-bis. Qualora l'organo delegato per l'esecuzione  accerti  la  non
fattibilita'  tecnica  delle  predette  modalita'  di  controllo,  il
giudice impone l'applicazione, anche congiunta, di  ulteriori  misure
cautelari anche piu' gravi»; 
          2) al comma 2, le parole: «una determinata distanza da tali
luoghi o da  tali  persone»  sono  sostituite  dalle  seguenti:  «una
determinata distanza, comunque non inferiore a cinquecento metri,  da
tali luoghi  o  da  tali  persone,  disponendo  l'applicazione  delle
particolari modalita' di controllo previste dall'art. 275-bis». 
    Per effetto del recente intervento normativo,  dunque,  l'attuale
testo dell'art. 282-ter del codice di procedura  penale  contiene  la
seguente formulazione: 
        «Art. 282-ter (Divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati
dalla persona offesa). - 1.  Con  il  provvedimento  che  dispone  il
divieto di avvicinamento il giudice  prescrive  all'imputato  di  non
avvicinarsi  a  luoghi  determinati  abitualmente  frequentati  dalla
persona offesa ovvero di mantenere una determinata distanza, comunque
non inferiore a cinquecento metri, da tali  luoghi  o  dalla  persona
offesa, disponendo  l'applicazione  delle  particolari  modalita'  di
controllo previste  dall'art.  275-bis.  Nei  casi  di  cui  all'art.
282-bis, comma 6, la misura puo' essere disposta anche  al  di  fuori
dei  limiti  di  pena  previsti  dall'art.   280.   Con   lo   stesso
provvedimento che dispone il  divieto  di  avvicinamento  il  giudice
prevede l'applicazione, anche congiunta, di  una  misura  piu'  grave
qualora l'imputato neghi consenso  all'adozione  delle  modalita'  di
controllo previste dall'art. 275-bis. 
        Qualora l'organo delegato per  l'esecuzione  accerti  la  non
fattibilita'  tecnica  delle  predette  modalita'  di  controllo,  il
giudice impone l'applicazione, anche congiunta, di  ulteriori  misure
cautelari anche piu' gravi. 
        2.  Qualora  sussistano  ulteriori  esigenze  di  tutela,  il
giudice puo' prescrivere all'imputato di  non  avvicinarsi  a  luoghi
determinati abitualmente  frequentati  da  prossimi  congiunti  della
persona offesa o da persone con questa conviventi o  comunque  legate
da relazione affettiva ovvero di mantenere una determinata  distanza,
comunque non inferiore a cinquecento metri, da tali luoghi o da  tali
persone, disponendo l'applicazione  delle  particolari  modalita'  di
controllo previste dall'art. 275-bis. 
        3.  Il  giudice  puo',  inoltre,  vietare   all'imputato   di
comunicare, attraverso qualsiasi mezzo, con  le  persone  di  cui  ai
commi 1 e 2. 
        4. Quando la frequentazione dei luoghi di cui ai commi 1 e  2
sia necessaria per motivi di lavoro ovvero per esigenze abitative, il
giudice prescrive le relative modalita' e puo' imporre limitazioni.». 
    Le novita', dunque, attengono anzitutto alla disciplina  generale
delle procedure di  controllo  mediante  mezzi  elettronici  o  altri
strumenti tecnici assimilabili, pensate  tipicamente  per  la  misura
degli  arresti  domiciliari  e  oggi  previste  anche  in   caso   di
applicazione delle misure cautelari  dell'allontanamento  dalla  casa
familiare e del divieto di avvicinamento alla  persona  offesa  o  ai
luoghi dalla stessa frequentati. 
    Come in premessa evidenziato, l'applicazione delle  procedure  di
controllo mediante mezzi elettronici (c.d. braccialetto elettronico),
disposte  gia'  in  sede  di  applicazione  della  misura  cautelare,
tuttavia, presuppone il consenso (a) del  destinatario  della  misura
cautelare personale coercitiva e  l'accertamento  della  fattibilita'
tecnica delle modalita' di controllo da parte degli  organi  delegati
per l'esecuzione (b). 
    Qualora infatti  l'indagato  neghi  il  consenso  o  qualora  sia
accertata  dall'organo  delegato   per   l'esecuzione   (la   Polizia
giudiziaria)  la  non  fattibilita'  tecnica   delle   procedure   di
controllo, e' stata prevista l'applicazione obbligatoria («il giudice
impone») anche congiunta di altre misure cautelari anche piu' gravi. 
    Nella  relazione  dell'Ufficio  del  massimario  della  Corte  di
cassazione e' stato chiarito che il sintagma  «fattibilita'  tecnica»
evoca unquid pluris rispetta alla mera disponibilita' dello strumento
da parte della polizia giudiziaria,  implicando  una  verifica  delle
condizioni   di   funzionalita'   tecnica    del    dispositivo    di
geolocalizzazione, il  cui  obiettivo  e'  di  rendere  effettivo  il
rispetto delle  prescrizioni  imposte  con  misure  alternative  alla
custodia intramuraria;  e'  stato  chiarito  anche  che,  in  ragione
dell'uso della congiunzione «anche» in funzione concessiva,  in  tali
casi, e specialmente nella evenienza di non fattibilita' tecnica - la
quale  prescinde  dalla  volonta'  del  soggetto   -   l'applicazione
cumulativa debba uniformarsi al canone aureo della  proporzionalita',
che regola la materia della cautela, sia personale che  reale,  e  in
particolare al dettato dell'art. 277 del codice di procedura  penale,
li' dove dispone che le modalita' di esecuzione delle  misure  devono
salvaguardare i diritti della persona  ad  esse  sottoposta,  il  cui
esercizio non sia incompatibile con le esigenze  cautelari  del  caso
concreto; sicche' non potra' essere disposta l'applicazione congiunta
di misure inessenziali rispetto alle  esigenze  di  contenimento  del
pericolo di condotte reiterative. 
    Dal confronto della formulazione testuale degli articoli 282-bis,
comma 6, 282-ter,  comma  1  e  275-bis  («particolari  modalita'  di
controllo») del codice di procedura penale  emerge  come  la  «previa
verifica» da parte del giudice delle modalita' tecniche di  controllo
sia  prevista  unicamente  per  la  misura  cautelare  degli  arresti
domiciliari e non anche per le misure  cautelari  dell'allontanamento
dalla casa  familiare  e  del  divieto  di  avvicinamento  ai  luoghi
frequentati dalla persona offesa,  per  le  quali  pure  e'  prevista
l'applicazione delle  particolari  modalita'  di  controllo  gia'  al
momento dell'applicazione delle suddette misure cautelari. 
    Il testo dell'art. 275-bis,  comma  1  del  codice  di  procedura
penale reca, infatti, la seguente disciplina: «Nel disporre la misura
degli  arresti  domiciliari  anche  in  sostituzione  della  custodia
cautelare in carcere, il giudice, salvo che le ritenga non necessarie
in relazione alla natura e  al  grado  delle  esigenze  cautelari  da
soddisfare  nel  caso  concreto,  prescrive  procedure  di  controllo
mediante  mezzi  elettronici  o  altri  strumenti   tecnici,   previo
accertamento della  relativa  fattibilita'  tecnica  da  parte  della
polizia giudiziaria. Con lo stesso provvedimento il  giudice  prevede
l'applicazione della  misura  della  custodia  cautelare  in  carcere
qualora  l'imputato  neghi  il  consenso  all'adozione  dei  mezzi  e
strumenti anzidetti»; laddove l'art. 282 bis, comma 6 del  codice  di
procedura penale prevede: «Con lo stesso  provvedimento  che  dispone
l'allontanamento, il giudice prevede l'applicazione, anche congiunta,
di una  misura  piu'  grave  qualora  l'imputata  neghi  il  consenso
all'adozione delle modalita' di controllo anzidette. Qualora l'organo
delegato per l'esecuzione accerti la non fattibilita'  tecnica  delle
predette modalita' di controllo, il  giudice  impone  l'applicazione,
anche congiunta, di ulteriori misure  cautelari  anche  piu'  gravi»;
allo stesso modo l'art. 282-ter, comma primo del codice di  procedura
penale prevede «Con lo stesso provvedimento che dispone il divieto di
avvicinamento il giudice prevede l'applicazione, anche congiunta,  di
una  misura  piu'  grave  qualora  l'imputato   neghi   il   consenso
all'adozione delle modalita' di controllo previste dall'art. 275-bis.
Qualora  l'organo  delegato   per   l'esecuzione   accerti   la   non
fattibilita'  tecnica  delle  predette  modalita'  di  controllo,  il
giudice impone l'applicazione, anche congiunta, di  ulteriori  misure
cautelari anche piu' gravi». 
    Gli automatismi innanzi evocati, relativi alla previsione di  una
distanza non  inferiore  a  500  metri,  oltre  che  all'applicazione
automatica («il giudice  impone»)  di  una  misura  cautelare  (anche
congiunta), anche piu' grave, dunque, a  parere  di  questo  giudice,
sono suscettibili di integrare una violazione delle norme di cui agli
articoli 3 e 13 della Costituzione, sotto il profilo della violazione
dei principi  di  ragionevolezza  e  di  proporzionalita';  in  altri
termini,  si  dubita  della  legittimita'  costituzionale   dell'art.
282-ter, commi 1 e 2 del  codice  di  procedura  penale,  cosi'  come
modificato dalla legge 24 novembre 2023, n.  186,  in  vigore  dal  9
dicembre 2023, nella parte in cui non  consente  al  giudice,  tenuto
conto di tutte le specificita' del caso concreto  e  motivando  sulle
stesse, di stabilire  una  distanza  inferiore  a  quella  legalmente
prevista di 500 metri e nella  parte  in  cui  prevede  che,  qualora
l'organo  delegato  per  l'esecuzione  accerti  la  non  fattibilita'
tecnica   delle   modalita'   di   controllo,   il   giudice    debba
necessariamente imporre l'applicazione, anche congiunta, di ulteriori
misure cautelari anche piu' gravi, obliterando  qualsivoglia  margine
discrezionale  di  apprezzamento   del   giudice   in   ordine   alla
possibilita'  di  valutare  l'adeguatezza  della   misura   cautelare
applicata e la sua idoneita' in relazione  alla  natura  e  al  grado
delle esigenze cautelari di cui all'art. 274 del codice di  procedura
penale, oltre che  la  non  necessarieta'  dell'applicazione  di  una
misura cautelare piu' grave in caso  di  accertata  non  fattibilita'
tecnica delle procedure elettroniche di controllo. 
    Si dubita, inoltre, della legittimita' costituzionale della norma
citata nella parte in cui non consente al giudice di poter esercitare
un potere discrezionale - come previsto dall'art. 275-bis del  codice
di procedura penale con riguardo alla misura cautelare degli  arresti
domiciliari - in  ordine  alla  non  necessarieta'  dell'applicazione
delle procedure di controllo mediante mezzi elettronici,  motivandone
le ragioni nel caso concreto. 
    Quanto ai profili di violazione dell'art. 3  della  Costituzione,
si rileva che la nuova formulazione  normativa,  laddove  prevede  il
doppio automatismo travalica i limiti della  ragionevolezza  e  della
proporzione, quali corollari del  principio  di  eguaglianza  di  cui
all'art. 3 della Costituzione. 
    E'  stato  osservato  come  la  violazione  dell'art.   3   della
Costituzione si manifesta non soltanto  quando  vengano  trattate  in
modo irragionevolmente differente  situazioni  tra  loro  uguali,  ma
anche quando - come nel caso di specie -  sia  previsto  il  medesimo
trattamento per situazioni che possono essere  dissimili,  senza  che
tale diversita' sia giustificata da ragioni obiettive. 
    E' meritevole  di  censura  proprio  questo  secondo  profilo  di
irragionevolezza della previsione  di  cui  all'art.  282-ter,  comma
primo, del codice di procedura penale, laddove, per un verso, prevede
l'imposizione automatica della distanza minima di 500 metri  (a),  e,
per altro verso, l'applicazione automatica delle  procedure  tecniche
di controllo di cui all'art. 275-bis del codice di procedura penale -
anche in caso di problematiche tecniche inerenti  al  dispositivo  di
controllo - (b), senza tenere conto della gravita' del  fatto,  della
personalita'  dell'indagato  e  di  altre  specificita'  che  possono
presentarsi nel caso sottoposto al giudice (quali, come nel  caso  di
specie,  la  stretta  vicinanza  abitativa).  Tale   irragionevolezza
risulta evidente, secondo questo giudice, tanto in  astratto,  quanto
in concreto: a) in astratto, in quanto e' prevista una misura unica e
con modalita' di controllo analoghe per situazioni che potrebbero non
essere concretamente tali (anche in ragione delle  diverse  modalita'
della condotta di atti persecutori, della personalita' del soggetto o
della consistenza temporale degli episodi); b) in  concreto,  poiche'
la distanza minima di 500 metri potrebbe precludere persino l'accesso
ai fondamentali servizi al cittadino, alcuni dei quali posti a tutela
della sua salute e della sua incolumita' fisica (quali, la  farmacia,
l'ospedale, la caserma dei Carabinieri) ovvero al luogo di culto o di
studio, oltre che alla propria abitazione  (con  astratta  violazione
dell'art. 14 della Costituzione). 
    In tali casi non potrebbe nemmeno venire in soccorso il  disposto
di cui all'art. 282-ter, comma quarto del codice di procedura penale,
che consente al giudice di poter  autorizzare  la  frequentazione  di
determinati luoghi per ragioni lavorative o per esigenze abitative. 
    Cio',   alla   luce   delle   preminenti   ragioni   di    tutela
dell'incolumita' della persona offesa. 
    Con  riguardo  ai  profili   di   illegittimita'   costituzionale
dell'art. 282-ter  del  codice  di  procedura  penale  relativi  alla
violazione dell'art. 13 della Costituzione, in specie, questo giudice
dubita della legittimita' costituzionale  della  norma  in  questione
sotto il profilo del rispetto della  riserva  di  giurisdizione,  con
particolare  riferimento  all'adeguatezza   della   motivazione   del
provvedimento restrittivo della liberta' personale sulle modalita' di
applicazione della misura cautelare (essendo al contempo previste  in
via automatica ed indiscriminata una distanza minima, non inferiore a
500 metri e l'applicazione delle modalita' tecniche di  controllo)  e
alle ragioni per le quali, in caso di problematiche di natura tecnica
(peraltro,  in  caso  di  consenso  all'utilizzo   del   braccialetto
elettronico,  non  assolutamente   riferibili   alla   volonta'   del
destinatario   della   misura   cautelare)   si    debba    ricorrere
necessariamente all'applicazione «anche» di altre  misure  cautelari,
«anche» piu' gravi (il che, sarebbe in contrasto con il principio del
minimo sacrificio della liberta' personale). 
    Gia' in questo senso si era espressa la Corte di cassazione,  con
la sentenza Cassazione, sezione unica, 28 ottobre 2021,  sentenza  n.
39005, con la quale i giudici di legittimita'  hanno  osservato  come
«la disposizione, seguendo e completando il sistema gia' adottato con
l'art. 282-bis del codice di procedura penale, introduce  una  misura
che ha la caratteristica di essere espressamente mirata  alla  tutela
della singola persona offesa, in favore della quale intende creare un
vero  e  proprio  schermo   di   protezione   rispetto   a   condotte
dell'indagato mirate all'aggressione fisica o psicologica. Secondo le
necessita' del caso concreto, la persona offesa deve potere godere di
tranquillita' e liberta' di frequentazione dei propri luoghi abituali
e deve potersi muovere liberamente anche al di fuori di  un  contesto
predeterminato con la certezza che il soggetto che  minaccia  la  sua
liberta' fisica  o  morale  si  terra'  a  debita  distanza,  essendo
obbligato all'allontanamento anche in caso di  incontro  fortuito»  e
che «non vi e' ragione di  dubitare  della  piena  conformita'  della
misura del divieto di avvicinamento alla persona  offesa,  alla  pari
delle altre misure diverse dagli arresti domiciliari e dalla custodia
cautelare in carcere, ai principi fondamentali. Sono  situazioni  che
trovano disciplina nell'art. 13 della Costituzione, per cui si e'  in
presenza di liberta'  che,  nella  cornice  della  rigida  disciplina
legale,  possono  essere  limitate  nel  rispetto  di  una   esigenza
costituzionale  di  proporzione  e  gradualita'  che   deve   trovare
riscontro nella "scelta" fatta con il  provvedimento  del  giudice  e
nella sua motivazione». 
    Dunque, l'automatismo in peius previsto per il caso  in  cui  sia
accertata la non fattibilita' tecnica delle procedure di controllo  a
distanza (c.d. braccialetto elettronico) si porrebbe in contrasto con
i principi di proporzionalita', adeguatezza e congrua motivazione dei
provvedimenti restrittivi della liberta'  personale  e,  dunque,  con
l'art.  13  della  Costituzione.   Cio',   inoltre,   determina   una
irragionevole disparita' di trattamento a fronte di ipotesi del tutto
differenti tra loro, essendo  previsto,  in  specie,  un  trattamento
cautelare  analogo  per  condotte  di  differente   gravita',   senza
possibilita' alcuna per il giudice che emette l'ordinanza in  materia
cautelare di tenere conto delle specificita' del caso concreto. 
    La norma di cui all'art. 282-ter del codice di procedura  penale,
cosi' come modificata, sarebbe in astratto suscettibile di comprimere
in modo irragionevole altri diritti fondamentali,  quali  il  diritto
alla salute (art. 32 della Costituzione), il  diritto  all'istruzione
scolastica (articoli 9, 33 e 34 della Costituzione),  il  diritto  al
culto (articoli 7, 8 della Costituzione). 
    Ulteriore profilo di illegittimita' costituzionale delle norme di
cui agli articoli 275-bis,  282-ter,  commi  1  e  2  del  codice  di
procedura penale, a parere di questo giudice, si pone con riferimento
alla norma di cui  all'art.  117,  comma  1  della  Costituzione,  in
relazione agli articoli 2, 3, 7  e  8  della  CEDU,  quali  parametri
interposti  di  legittimita'  costituzionale  delle   citate   norme,
poiche', essendo  prevista  l'obbligatorieta'  dell'applicazione  dei
dispositivi di controllo elettronico  di  cui  all'art.  275-bis  del
codice di procedura penale  nei  casi  di  irrogazione  della  misura
cautelare del divieto di  avvicinamento  alla  persona  offesa  e  ai
luoghi dalla stessa frequentati, tra gli altri, nelle ipotesi di  cui
all'art. 612-bis del codice penale, tale  automatismo  determinerebbe
in concreto la violazione degli obblighi procedurali sanciti  con  la
sentenza del 2 marzo 2017, ... contro Italia, ricorso n. 41237/14  e,
dunque,  la  violazione  del  principio  di  legalita'   cosi'   come
interpretato dalla Corte EDU. 
    In  altri  termini,  poiche',  l'applicazione  automatica   delle
modalita'  di  controllo  di  cui  all'art.  275-bis  del  codice  di
procedura  penale  gia'  al  momento  dell'esecuzione  della   misura
cautelare del divieto di avvicinamento ai  luoghi  frequentati  dalla
persona offesa (la quale, ai sensi dell'art. 293, commi  2  e  3  del
codice di  procedura  penale  viene  eseguita  con  la  notifica  dei
provvedimento al destinatario) si pone in contrasto con  l'art.  117,
comma 1 della Costituzione, in relazione all'art. 7 CEDU  (oltre  che
in relazione agli articoli  2,  3  e  8  CEDU),  con  riferimento  ai
principi  sanciti  dalla  sentenza  «...»  della   Corte   EDU,   con
particolare riguardo al dovere di instaurare un  procedimento  penale
effettivo e tempestivo nelle ipotesi, maggiormente rilevanti, in  cui
addirittura l'instaurazione del procedimento  penale  abbia  condotto
all'irrogazione di misure cautelari personali a scopo di tutela della
vittima (frustrando cosi' le concrete ed effettive esigenze di tutela
delle  vittime  di  violenza  domestica,  specie  in  quei   contesti
caratterizzati  dalla  convivenza  o  da  contesti   di   particolare
vicinanza affettiva o, come nel caso di specie, di stretta  vicinanza
abitativa), nella parte in cui non consente la concreta ed  effettiva
applicazione della misura  cautelare  di  cui  all'art.  282-ter  del
codice di procedura penale anche senza l'immediato accertamento della
fattibilita' tecnica (da intendersi quale verifica  delle  condizioni
di  funzionalita'  tecnica  del  dispositivo)  delle   procedure   di
controllo da parte della PG delegata per  l'esecuzione  nei  casi  di
concreta indisponibilita' del personale tecnico qualificato  preposto
all'accertamento della fattibilita' tecnica. 
    In altri termini, poiche' la norma di cui all'art. 282-ter, comma
1 del codice di procedura penale  prevede  l'applicazione  automatica
delle procedure di controllo di cui all'art. 275-bis  del  codice  di
procedura penale, cio' presuppone l'immediato accertamento,  gia'  al
momento dell'applicazione della misura cautelare, id est, al  momento
dell'esecuzione mediante notifica dell'ordinanza, della  fattibilita'
tecnica di tali procedure elettroniche di controllo  da  parte  della
PG; con la conseguenza per cui, nei casi  in  cui  sia  materialmente
impossibile da parte della PG accertare la fattibilita' tecnica delle
procedure di controllo, ad esempio, nelle  ipotesi,  non  infrequenti
nella prassi, di materiale  indisponibilita'  del  personale  tecnico
addetto alla verifica delle condizioni di funzionalita'  tecnica  del
dispositivo elettronico di controllo a distanza, la misura  cautelare
non  potrebbe  e  non  dovrebbe  essere  applicata,  con  conseguente
violazione costituzionale dell'art. 117, comma 1 della  Costituzione,
in relazione all'art. 7 CEDU, con  riferimento  alla  violazione  del
dovere di instaurare un procedimento penale effettivo e tempestivo; 
    Ritenuto di dover trasmettere gli atti alla Corte costituzionale; 
    Visto l'art. 23, comma 2, legge n. 87/1953; 
    Ritenuto  di  dover  sospendere  il  procedimento  ma  non  anche
l'efficacia della misura cautelare in atto (sul punto, tra le  altre,
sezione unica, sentenza n. 8 del 17 aprile 1996 Cc. (dep. 03/07/1996)
Rv. 205258 - 01, secondo cui «La  pregiudiziale  costituzionale,  per
espressa previsione normativa (legge 11 marzo 1953, n. 87,  art.  23,
secondo   comma),   determina   la   sospensione   obbligatoria   del
procedimento che priva il giudice  della  «potestas  decidendi»  fino
alla definizione della pregiudiziale  medesima,  ne'  alle  parti  e'
attribuito alcun potere di rimuovere tale stasi processuale,  essendo
immodificabili ed insindacabili sia l'ordinanza di  rimessione  degli
atti alla Corte costituzionale sia  il  pedissequo  provvedimento  di
sospensione; tuttavia, nell'ipotesi in  cui  venga  obbligatoriamente
sospeso un procedimento in cui  sia  in  corso  di  applicazione  una
misura cautelare, il soggetto ad essa sottoposto che ritenga di  aver
maturato il diritto a  riacquistare  lo  status  libertatis»  per  il
verificarsi di una delle cause estintive del provvedimento coercitivo
di cui all'art. 306 del codice  di  procedura  penale,  non  incontra
alcun ostacolo a far valere la sua pretesa in giudizio e puo'  quindi
promuovere davanti al giudice per le indagini preliminari, o  ad  uno
dei giudici competenti per i vari gradi ai sensi  dell'art.  279  del
codice di procedura penale,  un'azione  di  accertamento  finalizzata
alla declaratoria della  sopravvenuta  caducazione  della  misura  ed
all'ottenimento  dell'ordinanza  di  immediata   liberazione   o   di
cessazione  della  misura   estinta,   secondo   quanto   dispongono,
rispettivamente, il primo e il secondo comma del  predetto  art.  306
del codice di procedura penale; trattasi, invero, di azione di natura
dichiarativa,  rivolta  alla  tutela  di  un  diritto   assoluto   ed
inviolabile,  esperibile  in  ogni  tempo  salvo  il   limite   della
preclusione ove la questione abbia gia' formato oggetto di  giudicato
cautelare nelle sedi proprie»).