TRIBUNALE DI BARI Ufficio dei giudici per le indagini e l'udienza preliminare Il giudice, dott. Francesco Vittorio Rinaldi; Visti gli atti del procedimento di cui agli estremi in epigrafe indicati, nei confronti di A.G., nato a ... il ... a ..., residente a ... (...), in via ..., n. ..., ove ha dichiarato domicilio, iscritto per il delitto di cui all'art. 612-bis, commi 1 e 3, del codice penale, in relazione alla seguente incolpazione provvisoria: per i reati di cui agli: 1) art. 612-bis del codice penale, commi 1 e 3 del codice penale, poiche', molestava e minacciava gravemente e ripetutamente i coniugi M.S. e C.G., condomini e vicini di abitazione, e cio' in quanto, con cadenza quasi quotidiana all'interno del condominio proferiva all'indirizzo dei detti coniugi e dei familiari conviventi continue minacce e parole ingiuriose del tipo «... nano maledetto ti devo far andare via da questa casa, adesso che ci sono io la pace e' finita, famiglia Adams, ti devo fare una caricata, siete persone cattive ...»; accusandoli ingiustificatamente e continuamente di far rumore in orari notturni; producendo rumori molesti (colpi sul muro confinante e con un riproduttore acustico) che venivano avvertiti dalle vittime quando erano in casa; battendo violentemente al muro confinante tra le due abitazioni; producendo rumori molesti con un altoparlante al fine di infastidire l'intera famiglia fra cui la minore G.; pedinando, in un'occasione avvenuta nell'..., con la propria autovettura il M. mentre anche costui era in auto assieme a dei colleghi di lavoro, che seguiva sino alle porte di ..., il tutto imprecando al suo indirizzo; aggredendo verbalmente anche i figli dei coniugi M./C, S. e A., aggredendo verbalmente anche i figli dei coniugi M./C. durante una riunione condominiale del ... accusandoli di produrre rumori molesti; sicche', per effetto di tali condotte cagionava nelle persone offese un perdurante e grave stato d'ansia e paura ed un fondato timore per la propria incolumita' e per quelle dei tre figli (tra cui la minore G.), costringendoli ad alterare le proprie abitudini di vita e in particolare a muoversi silenziosamente ed a parlare sottovoce mentre erano in casa e a tenersi costantemente informati fra loro circa il rientro a casa per far trovare il portone aperto. Con l'aggravante di aver commesso i fatti anche in presenza di una minore. In ... (...), dal ... al ... (data delle sommarie informazioni rilasciate da M.S. e C.G. con querela del ... difeso di fiducia dall'avv. Vittorio Emanuele Iurino del foro di Bari; Persone offese: 1. M.S., nato a ... (...), il ... residente a ... alla via ..., n. ..., ove ha dichiarato domicilio; 2. C.G., nata a ... (...), il ... residente a ... alla via ..., n. ..., ove ha dichiarato domicilio, difesi di fiducia dall'avv. Rosaria Foggetti del foro di Bari; Visti gli articoli 282-ter, 275-bis, del codice di procedura penale, come modificati dall'art. 12, comma 1, lettere a) e d), legge 24 novembre 2023, n. 168, rubricato «Rafforzamento delle misure cautelari e dell'uso del braccialetto elettronico», con cui, per un verso, la previsione dell'accertamento della «disponibilita' da parte della polizia giudiziaria» delle procedure di controllo mediante mezzi elettronici o altri strumenti tecnici e' stata sostituita con quella del «previo accertamento della relativa fattibilita' tecnica da parte della polizia giudiziaria» delle procedure di controllo a distanza (accertamento preliminare previsto solo per l'applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari, anche in sostituzione di quella della custodia cautelare in carcere, salvo che tali modalita' tecniche di controllo siano ritenute non necessarie in relazione alla natura e al grado delle esigenze cautelari da soddisfare nel caso concreto) e, per altro verso, e' stata prevista, all'art. 282-ter, comma 1 del codice di procedura penale «nei casi di cui all'art. 286-bis, comma 6 del codice di procedura penale», e cioe', «quando si proceda per uno dei delitti previsti dagli articoli 570, 571, 572, 575, nell'ipotesi di delitto tentato, 582, limitatamente alle ipotesi procedibili d'ufficio o comunque aggravate, 583-quinquies, 600, 600-bis, 600-ter, 600-quater, 600-septies.1, 600-septies.2, 601, 602, 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies e 612, secondo comma, 612-bis, del codice penale, commesso in danno dei prossimi congiunti o del convivente», l'applicazione automatica delle particolari modalita' di controllo previste dall'art. 275-bis del codice di procedura penale, oltre che l'imposizione di una distanza «comunque non inferiore a cinquecento metri da tali luoghi o dalla persona offesa»; inoltre, al comma 1, dell'art. 282-ter del codice di procedura penale, e' stato previsto che, «con lo stesso provvedimento che dispone il divieto di avvicinamento il giudice prevede l'applicazione, anche congiunta, di una misura cautelare piu' grave» in due casi: a) qualora l'imputato neghi il consenso all'adozione delle modalita' di controllo previste dall'art. 275-bis; b) qualora l'organo delegato per l'esecuzione accerti la non fattibilita' tecnica delle predette modalita' di controllo: in tal caso e' «imposta» l'applicazione, «anche congiunta, di ulteriori misure cautelari, anche piu' gravi»; Vista la richiesta di applicazione della misura cautelare personale del divieto di avvicinamento alle persone offese, M.S. e C.G. avanzata nei confronti dell'indagato dal pubblico ministero in sede in data ..., con obbligo di mantenere dagli stessi una distanza non inferiore a 500 metri (quando si trova fuori dall'abitazione), con divieto di comunicare con i predetti con ogni mezzo di comunicazione (cellulari, internet, messaggistica social), con l'utilizzo di strumento elettronico di controllo; Considerato che con ordinanza del 4 luglio 2024, eseguita il 5 luglio 2024, ravvisandosi il pericolo di reiterazione delle condotte di reato, di cui alla lettera c), dell'art. 274 del codice di procedura penale, oltre che il rischio in ordine alla genuinita' dell'acquisizione delle fonti di prova di cui alla lettera a), dell'art. 274 del codice di procedura penale, nei confronti di A.G., in relazione al delitto ascritto (art. 612-bis commi 1 e 3 del codice penale), e' stata disposta l'applicazione: a) della misura cautelare personale coercitiva del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalle persone offese, M.S. e C.G., con le seguenti prescrizioni: di non avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dalle stesse quando A. si trova fuori dall'abitazione e, in particolare, all'abitazione di prossimi congiunti diversi da quelli con le vittime conviventi e pertinenze, ai luoghi di lavoro dalle stesse eventualmente frequentati; con obbligo di mantenere una distanza non inferiore a metri 500 da tali luoghi, quando A. si trova fuori dal suo appartamento e dalle persone offese; con divieto di comunicare, attraverso qualsiasi mezzo, ivi compresi i social network, con le stesse persone offese e con i prossimi congiunti; con l'applicazione delle particolari procedure di controllo ex art. 275-bis del codice di procedura penale, mediante mezzi elettronici e/o altri strumenti tecnici (c.d. braccialetto elettronico) solo a seguito dell'acquisizione del consenso dell'indagato e previa verifica della fattibilita' tecnica dell'operazione da parte degli operanti di PG; b) con lo stesso provvedimento, in caso di mancato consenso dell'indagato all'applicazione delle modalita' di controllo di cui all'art. 275-bis del codice di procedura penale o nel caso di accertata non fattibilita' tecnica della modalita' di controllo, e' stata disposta nei confronti dell'indagato la misura cautelare piu' grave del divieto di dimora dal Comune di ..., di cui all'art. 283 del codice di procedura penale; Considerato che a seguito dell'interrogatorio di garanzia, reso all'udienza dell'11 luglio 2024 il difensore dell'indagato ha avanzato istanza intesa: alla revoca della misura cautelare in corso; in subordine, alla revoca della disposizione relativa all'applicazione delle particolari modalita' di controllo di cui all'art. 275-bis del codice di procedura penale; Considerato che con provvedimento del 17 luglio 2024 sono state rigettate entrambe le richieste avanzate dalla difesa; segnatamente, e' stata rigettata la richiesta di revoca della disposizione relativa all'applicazione delle modalita' di controllo di cui all'art. 275-bis del codice di procedura penale: il che, a parere di questo giudice, rende rilevante la questione; Rilevato che con ordinanza n. 17/2024 del 5 dicembre 2023 il gip presso il Tribunale di Modena ha sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art. 282-ter, commi 1 e 2 del codice di procedura penale, cosi' come modificati dalla legge 24 novembre 2023, n. 168, nella parte in cui, in violazione degli articoli 3 e 13 della Costituzione, non consente al giudice, tenuto conto di tutte le specificita' del caso concreto e motivando sulle stesse, di stabilire una distanza inferiore a quella legalmente prevista di 500 metri e nella parte in cui prevede che, qualora l'organo delegato per l'esecuzione accerti la non fattibilita' tecnica delle modalita' di controllo, il giudice debba necessariamente imporre l'applicazione, anche congiunta, di ulteriori misure cautelari anche piu' gravi, senza, invece, possibilita' di valutare e motivare, pur garantendo le esigenze cautelari di cui all'art. 274 del codice di procedura penale, la non necessita' di applicazione del dispositivo elettronico di controllo nel caso concreto; Tanto premesso; Osserva e rileva 1. I fatti oggetto del procedimento: la vicenda cautelare. Il presente procedimento trae origine dalla querela sporta nei confronti dell'indagato - che abita stabilmente nell'appartamento confinante con quello dei querelanti, sullo stesso piano - dalle persone offese, i coniugi C.G. e M.S., vicini di casa di A., il quale, in modo reiterato nel periodo in contestazione, ha posto in essere in loro danno una serie di condotte moleste e minacciose, idonee a cagionare nelle vittime un grave stato di ansia o di paura, nonche' tali da ingenerare un fondato timore per la propria incolumita' o per quella dei loro tre figli e da costringerli ad alterare le proprie abitudini di vita; in specie, le vittime hanno descritto le condotte persecutorie e assillanti perpetrate dall'indagato nei loro confronti, consistenti in offese, ingiurie, minacce (anche di morte), azioni moleste reiterate ed atti emulativi (mostrando il dito medio e sporgendosi dal balcone in occasione dell'uscita dall'abitazione dei familiari dei denuncianti), pedinamenti (seguendoli anche fuori dall'abitazione), produzione di rumori molesti in qualsiasi ora (anche con l'utilizzo di dispositivi elettronici, oggetto di sequestro, ascoltando. musica ad alto volume, battendo sul muro con un martello), invettive e aggressioni verbali in occasione degli incontri con le persone offese. Nei confronti dell'indagato, come in premessa evidenziato, e' stata applicata la misura cautelare personale coercitiva del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalle persone offese, M.S. e C.G., con la prescrizione di non avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dalle stesse persone offese quando A. si trova fuori dall'abitazione e, in particolare, all'abitazione di prossimi congiunti diversi da quelli con le vittime conviventi e pertinenze, ai luoghi di lavoro dalle stesse eventualmente frequentati; con obbligo di mantenere una distanza non inferiore a metri 500 da tali luoghi, quando A. si trova fuori dal suo appartamento, e dalle persone offese; con divieto di comunicare, attraverso qualsiasi mezzo, ivi compresi i social network, con le stesse persone offese e con i prossimi congiunti; con l'applicazione delle particolari procedure di controllo ex art. 275-bis del codice di procedura penale, mediante mezzi elettronici e/o altri strumenti tecnici (c.d. braccialetto elettronico) solo a seguito dell'acquisizione del consenso dell'indagato e previa verifica della fattibilita' tecnica dell'operazione da parte degli operanti di PG. Senonche', essendo diffusa nella prassi applicativa di alcuni uffici giudiziari, per quanto consta, la non condivisibile - a parere di questo giudicante - esecuzione della misura cautelare personale coercitiva piu' grave nelle more della verifica (che dovrebbe essere effettuata dalla PG delegata per l'esecuzione gia' al momento dell'applicazione della misura cautelare in parola, secondo il chiaro tenore del combinato disposto delle norme di cui agli articoli 293, commi 2 e 3 e 282-ter, comma 1 del codice di procedura penale, essendo le misure cautelari personali coercitive diverse dalla custodia cautelare in carcere eseguite mediante notificazione dell'ordinanza) della fattibilita' tecnica delle procedure di controllo di cui all'art. 275-bis del codice di procedura penale da parte della PG delegata per l'esecuzione, e' stata disposta l'applicazione all'indagato dei dispositivi di controllo ex art. 275-bis del codice di procedura penale al momento dell'esecuzione, previo immediato accertamento della fattibilita' tecnica di tali modalita' di controllo da parte dell'organo di PG delegato per l'esecuzione; e' stato disposto, altresi', di dar corso all'esecuzione della misura cautelare applicata anche in caso di temporanea indisponibilita' dei dispositivi di controllo elettronici (da applicarsi non appena disponibili), oltre che nel caso di mancato accertamento da parte della PG, al momento dell'esecuzione, della fattibilita' tecnica, con specificazione che si sarebbe dovuto dar corso all'applicazione della misura cautelare del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalle persone offese con applicazione dei dispositivi di controllo previa acquisizione del consenso dell'indagato e previa accertamento della fattibilita' tecnica di tali modalita' di controllo, disponendo l'immediato accertamento da parte della PG, all'atto dell'esecuzione, della fattibilita' tecnica di tali modalita' di controllo. Al fine di scongiurare il rischio dell'applicazione della misura cautelare piu' grave, del divieto di dimora nel comune di residenza dell'indagato - disposta, come si vedra', con lo stesso provvedimento -, inoltre, e' stato disposto con l'ordinanza de qua di darsi corso alla misura cautelare del divieto di avvicinamento anche senza braccialetto elettronico, nelle more del compimento degli accertamenti relativi alla fattibilita' tecnica delle procedure di controllo di cui all'art. 275-bis del codice di procedura penale. Con lo stesso provvedimento, inoltre, e' stato disposto, in caso di mancato consenso dell'indagato all'applicazione delle modalita' di controllo di cui all'art. 275-bis del codice di procedura penale o nel caso di accertata non fattibilita' tecnica della modalita' di controllo, e' stata disposta nei confronti dell'indagato la misura cautelare piu' grave del divieto di dimora dal Comune di ..., di cui all'art. 283 del codice di procedura penale. In sede di esecuzione, oltre che in occasione dell'interrogatorio di garanzia, l'indagato ha prestato il consenso alle procedure di controllo di cui all'art. 275-bis, del codice di procedura penale. All'esito dell'interrogatorio di garanzia, poi, la difesa ha chiesto la revoca della misura cautelare del divieto di avvicinamento o, in subordine, la revoca della prescrizione relativa all'applicazione delle particolari modalita' di controllo ex art. 275-bis, del codice di procedura penale. Entrambe le richieste sono state rigettate. Quanto alla seconda richiesta, per quanto rileva nel caso di specie, si e' osservato che con la legge n. 168/2023 sono stati rafforzati gli strumenti di tutela delle vittime di c.d. «violenza di genere» e di violenza domestica, con la previsione, tra l'altro, dell'automatica applicazione del dispositivo di controllo a distanza di cui all'art. 275-bis del codice di procedura penale. Le novita' introdotte con la recente riforma attengono anzitutto alla disciplina generale delle procedure di controllo mediante mezzi elettronici o altri strumenti tecnici assimilabili, pensate tipicamente per la misura degli arresti domiciliari e oggi previste anche in caso di applicazione delle misure cautelari dell'allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento alla persona offesa o ai luoghi dalla stessa frequentati. E' stato evidenziato che l'applicazione delle procedure di controllo mediante mezzi elettronici (c.d. braccialetto elettronico), disposte gia' in sede di applicazione della misura cautelare, tuttavia, presuppone il consenso (a) del destinatario della misura cautelare personale coercitiva e l'accertamento della fattibilita' tecnica delle modalita' di controllo da parte degli organi delegati per l'esecuzione (b). Qualora, infatti, l'indagato neghi il consenso o qualora sia accertata dall'organo delegato per l'esecuzione (la Polizia giudiziaria) la non fattibilita' tecnica delle procedure di controllo, e' stata prevista l'applicazione obbligatoria («il giudice impone») anche congiunta di altre misure cautelari anche piu' gravi. Ebbene, si ritiene di dover sollevare questione di legittimita' costituzionale delle norme di cui agli articoli 282-ter, commi 1 e 2 e 275-bis del codice di procedura penale, cosi' come modificati dall'art. 12, comma 1, lettere a) e d) della legge 24 novembre 2023, n. 168, per contrasto con gli articoli 3, 13, 24, comma 2, 117, comma 1 della Costituzione, quest'ultimo in relazione agli articoli 2, 3, 7 e 8 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali (d'ora in avanti, «CEDU»), con particolare riferimento alle previsioni relative: a) all'applicazione automatica delle procedure di controllo a distanza di cui all'art. 275-bis del codice di procedura penale, tra gli altri, per il delitto di cui all'art. 612-bis del codice penale; b) all'imposizione di una distanza minima, «comunque non inferiore a cinquecento metri», dalla persona offesa o dai luoghi da essa frequentati in caso - tra l'altro - di applicazione della misura cautelare di cui all'art. 282-ter del codice di procedura penale, anche nell'ipotesi in cui l'indagato e la vittima dimorino all'interno del medesimo immobile; c) all'applicazione obbligatoria, anche congiunta, di misure cautelari (anche) piu' gravi, anche nell'ipotesi di accertata non fattibilita' tecnica, la quale non discende dalla volonta' dell'indagato, privandolo delle garanzie connesse all'espletamento del diritto di difesa nella fase cautelare, con particolare riferimento alla (im)possibilita' da parte del giudice che dispone misura cautelare personale coercitiva di modulare le scelte cautelari, dovendo il giudice applicare («applica»), anche congiuntamente, un'ulteriore misura cautelare, anche piu' grave in caso di accertata non fattibilita' tecnica delle procedure di controllo ex art. 275-bis del codice di procedura penale; d) alla necessaria verifica, al momento dell'applicazione della misura cautelare e, quindi, al momento dell'esecuzione mediante la notificazione dell'ordinanza, della fattibilita' tecnica delle procedure di controllo di cui all'art. 275-bis del codice di procedura penale da parte della PG delegata per l'esecuzione, la quale si pone in contrasto con il diritto alla vita, con il divieto di trattamenti inumani o degradanti, con il diritto al rispetto della vita privata e familiare e con il principio di legalita' e, dunque, con il «diritto vigente» della Corte EDU, con particolare riferimento agli obblighi procedurali sanciti con la sentenza del 2 marzo 2017, ... contro Italia, ricorso n. 41237/14 e, segnatamente, con il dovere per le autorita' pubbliche di instaurare un procedimento penale effettivo e tempestivo, da cui discende, a fortiori, il dovere di garantire l'incolumita' delle persone offese attraverso l'immediata applicazione della misura cautelare personale coercitiva nei confronti dell'indagato, laddove la PG non sia in materialmente in grado - per indisponibilita' del personale tecnico qualificato - di accertare immediatamente, al momento dell'esecuzione della misura cautelare, la fattibilita' tecnica delle procedure di controllo di cui all'art. 275-bis del codice di procedura penale. 2. Sulla rilevanza della questione. A parere di questo giudice, anche in ragione dell'applicazione della misura cautelare personale coercitiva nei confronti dell'indagato nelle more della verifica della fattibilita' tecnica delle modalita' di controllo di cui all'art. 275-bis del codice di procedura penale da parte della PG delegata per l'esecuzione - non ancora eseguita dalla PG, non essendo documentato l'intervento del personale tecnico che si occupa della verifica della presenza del segnale internet e della geolocalizzazione - e del rigetto della richiesta della difesa con riferimento alla prescrizione relativa all'applicazione delle modalita' di controllo di cui all'art. 275-bis del codice di procedura penale, la questione di legittimita' costituzionale e' rilevante nell'ambito di questo procedimento, iscritto per un reato abituale (art. 612-bis del codice penale), con condotte commesse (anche) in epoca successiva all'entrata in vigore della legge 24 novembre 2023, n. 168, nell'ambito del quale sono state applicate misure cautelari secondo la disciplina processuale modificata dal recente intervento legislativo. Ebbene, si ritiene che, ove venisse dichiarata l'illegittimita' costituzionale delle previsioni di cui agli articoli 282-ter, commi 1 e 2 e 275-bis del codice di procedura penale, per contrasto con gli articoli della Costituzione innanzi indicati, in primo luogo, anche nei casi di applicazione della misura cautelare di cui all'art. 282-ter del codice di procedura penale per il delitto di cui all'art. 612-bis del codice penale, il giudice potrebbe, per un verso, modulare le prescrizioni correlate a tale misura cautelare, nel rispetto del canone della proporzionalita', tenendo conto delle specifiche necessita' - anche abitative, come nel caso di specie - dell'indagato, prescrivendo una distanza inferiore a quella di «cinquecento metri» dalle persone offese e dai luoghi da esse frequentati e consentendogli di esercitare un potere discrezionale sulla necessita' o meno dell'applicazione delle procedure di controllo di cui all'art. 275-bis del codice di procedura penale - discrezionalita' prevista proprio dalla disposizione citata nelle ipotesi di irrogazione della misura cautelare degli arresti domiciliari, anche in sostituzione di quella custodiale massima, ipotesi nella quale, peraltro, e' previsto il preventivo accertamento della fattibilita' tecnica delle procedure elettroniche di controllo: il che determina una irragionevole disparita' di trattamento - in relazione alla natura e al grado delle esigenze cautelari da soddisfare nel caso concreto, oltre che alle specificita' e peculiarita' del caso concreto, garantendo al contempo in modo efficace le (preminenti) esigenze di tutela delle persone offese, con il minimo sacrificio della liberta' personale e dei diritti personali del destinatario della misura cautelare; per altro verso, la dichiarazione di illegittimita' costituzionale delle norme innanzi indicate consentirebbe al giudice di esercitare il proprio potere discrezionale anche con riguardo alla necessita' dell'applicazione congiunta di ulteriore misura cautelare, tenendo conto della natura, del grado e delle concrete esigenze cautelare da soddisfare nel caso concreto, senza pregiudizio per il diritto di difesa dell'indagato, che si concretizzerebbe nelle ipotesi di applicazione di ulteriori misure cautelari a seguito dell'accertamento, da parte della PG delegata per l'esecuzione, della non fattibilita' tecnica delle procedure di controllo di cui all'art. 275-bis del codice di procedura penale. La questione di legittimita' costituzionale, inoltre, appare rilevante nel caso di specie anche con riguardo alla norma di cui all'art. 117, comma 1 della Costituzione, in relazione agli articoli 2, 3, 7 e 8 della CEDU, quali parametri interposti di legittimita' costituzionale delle citate norme di cui agli articoli 282-ter e 275-bis del codice di procedura penale, poiche', prevedendo l'obbligatorieta' dell'applicazione dei dispositivi di controllo elettronico di cui all'art. 275-bis del codice di procedura penale nei casi di irrogazione della misura cautelare del divieto di avvicinamento alla persona offesa e ai luoghi dalla stessa frequentati per taluni reati, tra cui, per quanto rileva nel caso di specie, quello di cui all'art. 612-bis del codice penale, potrebbe determinare in concreto la violazione degli obblighi procedurali sanciti con la sentenza del 2 marzo 2017, ... contro Italia, ricorso n. 41237/14 e, dunque, la violazione del principio di legalita' cosi' come interpretato dalla Corte EDU. In altri termini, poiche', a norma dell'art. 293, commi 2 e 3 del codice di procedura penale, la misura cautelare del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa viene eseguita con la notifica del provvedimento al destinatario, tale misura cautelare non potrebbe essere applicata nelle ipotesi in cui la PG delegata per l'esecuzione non sia in grado in concreto di accertare la fattibilita' tecnica delle procedure di controllo, da intendersi (com'e' stato chiarito dalla relazione dell'Ufficio del massimario della Corte di cassazione sulla legge n. 168/2023) quale verifica delle condizioni di funzionalita' tecnica del dispositivo - ad esempio, per indisponibilita' dei personale tecnico qualificato preposto all'accertamento della fattibilita' tecnica -, giacche' l'utilizzo da parte del legislatore del modo indicativo («applica») con riferimento all'applicazione dei dispositivi di controllo a distanza al destinatario della misura cautelare non lascia alcun margine discrezionale al giudice in ordine alla scelta «se» applicare o meno tali dispositivi elettronici: ebbene, la concreta impossibilita' di applicare la misura cautelare da parte della PG per l'impossibilita' di accertare la fattibilita' tecnica delle procedure di controllo si porrebbe in contrasto con il dovere per le autorita' pubbliche di instaurare un procedimento penale effettivo e tempestivo sancito con la citata sentenza «...» e, a fortiori, con il dovere di garantire l'incolumita' delle persone offese attraverso l'immediata applicazione della misura cautelare personale coercitiva nei confronti dell'indagato, con conseguente violazione del principio di legalita', sotto il profilo del «diritto» (giurisprudenziale) vigente, come interpretato dalla Corte EDU, nelle ipotesi, cioe', in cui addirittura l'instaurazione del procedimento penale abbia condotto alla richiesta da parte del pubblico ministero e all'applicazione da parte del gip di misure cautelari personali a scopo di tutela della vittima, frustrando cosi' con maggiore pregnanza le concrete ed effettive esigenze di tutela delle vittime di violenza domestica, specie in quei contesti caratterizzati da situazioni di convivenza o da contesti di particolare vicinanza affettiva o di prossimita' abitativa, come nel caso di specie. 3. Sulla non manifesta infondatezza delle questioni. Allo scopo di illustrare le motivazioni a sostegno della non manifesta infondatezza delle questioni di legittimita' costituzionale, e' necessario prendere le mosse da una breve disamina delle novita' normative introdotte con la legge n. 168/2023, nonche' dell'iter normativo e giurisprudenziale che ha condotto al rafforzamento degli strumenti di tutela delle vittime di c.d. «violenza di genere» e di violenza domestica. La dir. 2012/29/UE del Parlamento e del Consiglio del 25 ottobre 2012, recante «Norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato», riconosce a tutte le vittime il «diritto alla protezione» e, pur facendo salvi i diritti della difesa, «richiede agli Stati membri di assicurare che sussistano misure per proteggere la vittima e i suoi familiari da vittimizzazione secondaria e ripetuta, intimidazioni e ritorsioni, compreso il rischio di danni emotivi o psicologici». In tema di protezione delle vittime di reato la Convenzione di Istanbul del 2011, sottoscritta dall'Italia nel 2012 e ratificata con legge 27 giugno 2013, n. 77 (Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica), dopo aver affermato all'art. 2 che le parti «presteranno particolare attenzione alla protezione delle donne vittime di violenza di genere», precisa, al successivo art. 18, che occorre «proteggere tutte le vittime da nuovi atti di violenza»; e, in relazione allo svolgimento dell'azione giudiziaria, non solo richiede espressamente una cooperazione «tra le autorita' giudiziarie e di pubblici ministeri», ma sottolinea che le misure devono «essere basate su una comprensione della violenza di genere, e concentrarsi sulla sicurezza della vittima». Allo scopo di adeguare la normativa Interna alle previsioni europee ed internazionali e di rafforzare la risposta ad un fenomeno diffuso, il legislatore interno e' intervenuto con legge 19 luglio 2019, n. 69 - c.d. «Codice rosso» -, apportando modifiche ad alcune norme del codice penale e di procedura penale al fine di reprimere in modo piu' efficace i reati di violenza di genere e domestica e di offrire una tutela piu' incisiva alle vittime di tali violenze. In particolare, e' stata stabilita l'obbligatoria tempestivita' dell'intervento sia della polizia giudiziaria sia dell'autorita' inquirente, anche mediante l'audizione della persona offesa o denunciante, nel termine di tre giorni dalla data di iscrizione della notizia di reato al fine di prevenire situazioni di stallo nell'avvio delle indagini dopo la denuncia della violenza e considerato che proprio in ragione di tali ritardi, e della connessa sottovalutazione del rischio e della mancata adozione di misure di protezione, il nostro Paese e' stato condannato da parte della CEDU, 2 marzo 2017, sentenza ... contro Italia, ricorso n. 41237/14. Per quanto rileva nel caso di specie, con tale pronuncia la Corte EDU ha evidenziato che fra gli obblighi positivi rientrano altresi' i cosiddetti obblighi procedurali, dai quali discende il dovere per le autorita' pubbliche di instaurare un procedimento penale effettivo e tempestivo. Alla luce della pronuncia della Corte EDU, dunque, la tempestivita' nell'instaurazione del procedimento penale e nell'intervento dell'autorita' giudiziaria costituisce un principio fondamentale nell'interpretazione del diritto convenzionale - e dunque, per effetto del richiamo al rispetto degli obblighi internazionali contenuto nell'art. 117, comma 1 della Costituzione, un principio riconosciuto a livello costituzionale, fungendo il diritto CEDU quale parametro interposto di legittimita' costituzionale della normativa interna -, funzionale a garantire il dovere da parte degli Stati membri all'effettiva tutela delle vittime di violenza domestica o, comunque, nei contesti contraddistinti da particolare vicinanza, tra cui rientrano indubbiamente quelle ipotesi di «vicinanza abitativa», ricorrente nel caso di specie. La Corte EDU ha evidenziato, in particolare, come, allo scopo di assicurare il rispetto del diritto alla vita, nonche' della privata e familiare, sia richiesta agli Stati membri una «diligenza particolare che richiede il trattamento delle denunce per violenze domestiche» e come «nell'ambito dei procedimenti interni, si debba tenere conto delle specificita' dei fatti di violenza domestica, riconosciute nel preambolo della Convenzione di Istanbul», la quale impone agli Stati parti di adottare «le misure legislative o di altro tipo necessarie per garantire che le indagini e i procedimenti penali relativi a tutte le forme di violenza che rientrano nel campo di applicazione della (...) Convenzione siano avviati senza indugio ingiustificato». Al fine di illustrare le argomentazioni a sostegno delle questioni di legittimita' costituzionale, infine, e' necessario passare in rassegna sinteticamente le principali modifiche apportate al codice di procedura penale con la legge 24 novembre 2023, n. 168, recante «Disposizioni per il contrasto della violenza sulle donne e della violenza domestica», con particolare riguardo alle modifiche apportate agli articoli 275-bis e 282-ter del codice di procedura penale. Le modifiche sono contenute nell'art. 12, lettere a) e d), della legge 24 novembre 2023, n. 168. Di seguito si riporta il testo della norma citata. 1. Al codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni: a) all'art. 275-bis, comma 1, primo periodo, le parole: «, quando ne abbia accertato la disponibilita' da parte della polizia giudiziaria» sono sostituite dalle seguenti: «, previo accertamento della relativa fattibilita' tecnica da parte della polizia giudiziaria»; [...] d) all'art. 282-ter: 1) il comma 1 e' sostituito dal seguente: «1. Con il provvedimento che dispone il divieto di avvicinamento il giudice prescrive all'imputato di non avvicinarsi a luoghi determinati abitualmente frequentati dalla persona offesa ovvero di mantenere una determinata distanza, comunque non inferiore a cinquecento metri, da tali luoghi o dalla persona offesa, disponendo l'applicazione delle particolari modalita' di controllo previste dall'art. 275-bis. Nei casi di cui all'art. 282-bis, comma 6, la misura puo' essere disposta anche al di fuori dei limiti di pena previsti dall'art. 280. Con lo stesso provvedimento che dispone il divieto di avvicinamento il giudice prevede l'applicazione, anche congiunta, di una misura piu' grave qualora l'imputato neghi il consenso all'adozione delle modalita' di controllo previste dall'art. 275-bis. Qualora l'organo delegato per l'esecuzione accerti la non fattibilita' tecnica delle predette modalita' di controllo, il giudice impone l'applicazione, anche congiunta, di ulteriori misure cautelari anche piu' gravi»; 2) al comma 2, le parole: «una determinata distanza da tali luoghi o da tali persone» sono sostituite dalle seguenti: «una determinata distanza, comunque non inferiore a cinquecento metri, da tali luoghi o da tali persone, disponendo l'applicazione delle particolari modalita' di controllo previste dall'art. 275-bis». Per effetto del recente intervento normativo, dunque, l'attuale testo dell'art. 282-ter del codice di procedura penale contiene la seguente formulazione: «Art. 282-ter (Divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa). - 1. Con il provvedimento che dispone il divieto di avvicinamento il giudice prescrive all'imputato di non avvicinarsi a luoghi determinati abitualmente frequentati dalla persona offesa ovvero di mantenere una determinata distanza, comunque non inferiore a cinquecento metri, da tali luoghi o dalla persona offesa, disponendo l'applicazione delle particolari modalita' di controllo previste dall'art. 275-bis. Nei casi di cui all'art. 282-bis, comma 6, la misura puo' essere disposta anche al di fuori dei limiti di pena previsti dall'art. 280. Con lo stesso provvedimento che dispone il divieto di avvicinamento il giudice prevede l'applicazione, anche congiunta, di una misura piu' grave qualora l'imputato neghi consenso all'adozione delle modalita' di controllo previste dall'art. 275-bis. Qualora l'organo delegato per l'esecuzione accerti la non fattibilita' tecnica delle predette modalita' di controllo, il giudice impone l'applicazione, anche congiunta, di ulteriori misure cautelari anche piu' gravi. 2. Qualora sussistano ulteriori esigenze di tutela, il giudice puo' prescrivere all'imputato di non avvicinarsi a luoghi determinati abitualmente frequentati da prossimi congiunti della persona offesa o da persone con questa conviventi o comunque legate da relazione affettiva ovvero di mantenere una determinata distanza, comunque non inferiore a cinquecento metri, da tali luoghi o da tali persone, disponendo l'applicazione delle particolari modalita' di controllo previste dall'art. 275-bis. 3. Il giudice puo', inoltre, vietare all'imputato di comunicare, attraverso qualsiasi mezzo, con le persone di cui ai commi 1 e 2. 4. Quando la frequentazione dei luoghi di cui ai commi 1 e 2 sia necessaria per motivi di lavoro ovvero per esigenze abitative, il giudice prescrive le relative modalita' e puo' imporre limitazioni.». Le novita', dunque, attengono anzitutto alla disciplina generale delle procedure di controllo mediante mezzi elettronici o altri strumenti tecnici assimilabili, pensate tipicamente per la misura degli arresti domiciliari e oggi previste anche in caso di applicazione delle misure cautelari dell'allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento alla persona offesa o ai luoghi dalla stessa frequentati. Come in premessa evidenziato, l'applicazione delle procedure di controllo mediante mezzi elettronici (c.d. braccialetto elettronico), disposte gia' in sede di applicazione della misura cautelare, tuttavia, presuppone il consenso (a) del destinatario della misura cautelare personale coercitiva e l'accertamento della fattibilita' tecnica delle modalita' di controllo da parte degli organi delegati per l'esecuzione (b). Qualora infatti l'indagato neghi il consenso o qualora sia accertata dall'organo delegato per l'esecuzione (la Polizia giudiziaria) la non fattibilita' tecnica delle procedure di controllo, e' stata prevista l'applicazione obbligatoria («il giudice impone») anche congiunta di altre misure cautelari anche piu' gravi. Nella relazione dell'Ufficio del massimario della Corte di cassazione e' stato chiarito che il sintagma «fattibilita' tecnica» evoca unquid pluris rispetta alla mera disponibilita' dello strumento da parte della polizia giudiziaria, implicando una verifica delle condizioni di funzionalita' tecnica del dispositivo di geolocalizzazione, il cui obiettivo e' di rendere effettivo il rispetto delle prescrizioni imposte con misure alternative alla custodia intramuraria; e' stato chiarito anche che, in ragione dell'uso della congiunzione «anche» in funzione concessiva, in tali casi, e specialmente nella evenienza di non fattibilita' tecnica - la quale prescinde dalla volonta' del soggetto - l'applicazione cumulativa debba uniformarsi al canone aureo della proporzionalita', che regola la materia della cautela, sia personale che reale, e in particolare al dettato dell'art. 277 del codice di procedura penale, li' dove dispone che le modalita' di esecuzione delle misure devono salvaguardare i diritti della persona ad esse sottoposta, il cui esercizio non sia incompatibile con le esigenze cautelari del caso concreto; sicche' non potra' essere disposta l'applicazione congiunta di misure inessenziali rispetto alle esigenze di contenimento del pericolo di condotte reiterative. Dal confronto della formulazione testuale degli articoli 282-bis, comma 6, 282-ter, comma 1 e 275-bis («particolari modalita' di controllo») del codice di procedura penale emerge come la «previa verifica» da parte del giudice delle modalita' tecniche di controllo sia prevista unicamente per la misura cautelare degli arresti domiciliari e non anche per le misure cautelari dell'allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, per le quali pure e' prevista l'applicazione delle particolari modalita' di controllo gia' al momento dell'applicazione delle suddette misure cautelari. Il testo dell'art. 275-bis, comma 1 del codice di procedura penale reca, infatti, la seguente disciplina: «Nel disporre la misura degli arresti domiciliari anche in sostituzione della custodia cautelare in carcere, il giudice, salvo che le ritenga non necessarie in relazione alla natura e al grado delle esigenze cautelari da soddisfare nel caso concreto, prescrive procedure di controllo mediante mezzi elettronici o altri strumenti tecnici, previo accertamento della relativa fattibilita' tecnica da parte della polizia giudiziaria. Con lo stesso provvedimento il giudice prevede l'applicazione della misura della custodia cautelare in carcere qualora l'imputato neghi il consenso all'adozione dei mezzi e strumenti anzidetti»; laddove l'art. 282 bis, comma 6 del codice di procedura penale prevede: «Con lo stesso provvedimento che dispone l'allontanamento, il giudice prevede l'applicazione, anche congiunta, di una misura piu' grave qualora l'imputata neghi il consenso all'adozione delle modalita' di controllo anzidette. Qualora l'organo delegato per l'esecuzione accerti la non fattibilita' tecnica delle predette modalita' di controllo, il giudice impone l'applicazione, anche congiunta, di ulteriori misure cautelari anche piu' gravi»; allo stesso modo l'art. 282-ter, comma primo del codice di procedura penale prevede «Con lo stesso provvedimento che dispone il divieto di avvicinamento il giudice prevede l'applicazione, anche congiunta, di una misura piu' grave qualora l'imputato neghi il consenso all'adozione delle modalita' di controllo previste dall'art. 275-bis. Qualora l'organo delegato per l'esecuzione accerti la non fattibilita' tecnica delle predette modalita' di controllo, il giudice impone l'applicazione, anche congiunta, di ulteriori misure cautelari anche piu' gravi». Gli automatismi innanzi evocati, relativi alla previsione di una distanza non inferiore a 500 metri, oltre che all'applicazione automatica («il giudice impone») di una misura cautelare (anche congiunta), anche piu' grave, dunque, a parere di questo giudice, sono suscettibili di integrare una violazione delle norme di cui agli articoli 3 e 13 della Costituzione, sotto il profilo della violazione dei principi di ragionevolezza e di proporzionalita'; in altri termini, si dubita della legittimita' costituzionale dell'art. 282-ter, commi 1 e 2 del codice di procedura penale, cosi' come modificato dalla legge 24 novembre 2023, n. 186, in vigore dal 9 dicembre 2023, nella parte in cui non consente al giudice, tenuto conto di tutte le specificita' del caso concreto e motivando sulle stesse, di stabilire una distanza inferiore a quella legalmente prevista di 500 metri e nella parte in cui prevede che, qualora l'organo delegato per l'esecuzione accerti la non fattibilita' tecnica delle modalita' di controllo, il giudice debba necessariamente imporre l'applicazione, anche congiunta, di ulteriori misure cautelari anche piu' gravi, obliterando qualsivoglia margine discrezionale di apprezzamento del giudice in ordine alla possibilita' di valutare l'adeguatezza della misura cautelare applicata e la sua idoneita' in relazione alla natura e al grado delle esigenze cautelari di cui all'art. 274 del codice di procedura penale, oltre che la non necessarieta' dell'applicazione di una misura cautelare piu' grave in caso di accertata non fattibilita' tecnica delle procedure elettroniche di controllo. Si dubita, inoltre, della legittimita' costituzionale della norma citata nella parte in cui non consente al giudice di poter esercitare un potere discrezionale - come previsto dall'art. 275-bis del codice di procedura penale con riguardo alla misura cautelare degli arresti domiciliari - in ordine alla non necessarieta' dell'applicazione delle procedure di controllo mediante mezzi elettronici, motivandone le ragioni nel caso concreto. Quanto ai profili di violazione dell'art. 3 della Costituzione, si rileva che la nuova formulazione normativa, laddove prevede il doppio automatismo travalica i limiti della ragionevolezza e della proporzione, quali corollari del principio di eguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione. E' stato osservato come la violazione dell'art. 3 della Costituzione si manifesta non soltanto quando vengano trattate in modo irragionevolmente differente situazioni tra loro uguali, ma anche quando - come nel caso di specie - sia previsto il medesimo trattamento per situazioni che possono essere dissimili, senza che tale diversita' sia giustificata da ragioni obiettive. E' meritevole di censura proprio questo secondo profilo di irragionevolezza della previsione di cui all'art. 282-ter, comma primo, del codice di procedura penale, laddove, per un verso, prevede l'imposizione automatica della distanza minima di 500 metri (a), e, per altro verso, l'applicazione automatica delle procedure tecniche di controllo di cui all'art. 275-bis del codice di procedura penale - anche in caso di problematiche tecniche inerenti al dispositivo di controllo - (b), senza tenere conto della gravita' del fatto, della personalita' dell'indagato e di altre specificita' che possono presentarsi nel caso sottoposto al giudice (quali, come nel caso di specie, la stretta vicinanza abitativa). Tale irragionevolezza risulta evidente, secondo questo giudice, tanto in astratto, quanto in concreto: a) in astratto, in quanto e' prevista una misura unica e con modalita' di controllo analoghe per situazioni che potrebbero non essere concretamente tali (anche in ragione delle diverse modalita' della condotta di atti persecutori, della personalita' del soggetto o della consistenza temporale degli episodi); b) in concreto, poiche' la distanza minima di 500 metri potrebbe precludere persino l'accesso ai fondamentali servizi al cittadino, alcuni dei quali posti a tutela della sua salute e della sua incolumita' fisica (quali, la farmacia, l'ospedale, la caserma dei Carabinieri) ovvero al luogo di culto o di studio, oltre che alla propria abitazione (con astratta violazione dell'art. 14 della Costituzione). In tali casi non potrebbe nemmeno venire in soccorso il disposto di cui all'art. 282-ter, comma quarto del codice di procedura penale, che consente al giudice di poter autorizzare la frequentazione di determinati luoghi per ragioni lavorative o per esigenze abitative. Cio', alla luce delle preminenti ragioni di tutela dell'incolumita' della persona offesa. Con riguardo ai profili di illegittimita' costituzionale dell'art. 282-ter del codice di procedura penale relativi alla violazione dell'art. 13 della Costituzione, in specie, questo giudice dubita della legittimita' costituzionale della norma in questione sotto il profilo del rispetto della riserva di giurisdizione, con particolare riferimento all'adeguatezza della motivazione del provvedimento restrittivo della liberta' personale sulle modalita' di applicazione della misura cautelare (essendo al contempo previste in via automatica ed indiscriminata una distanza minima, non inferiore a 500 metri e l'applicazione delle modalita' tecniche di controllo) e alle ragioni per le quali, in caso di problematiche di natura tecnica (peraltro, in caso di consenso all'utilizzo del braccialetto elettronico, non assolutamente riferibili alla volonta' del destinatario della misura cautelare) si debba ricorrere necessariamente all'applicazione «anche» di altre misure cautelari, «anche» piu' gravi (il che, sarebbe in contrasto con il principio del minimo sacrificio della liberta' personale). Gia' in questo senso si era espressa la Corte di cassazione, con la sentenza Cassazione, sezione unica, 28 ottobre 2021, sentenza n. 39005, con la quale i giudici di legittimita' hanno osservato come «la disposizione, seguendo e completando il sistema gia' adottato con l'art. 282-bis del codice di procedura penale, introduce una misura che ha la caratteristica di essere espressamente mirata alla tutela della singola persona offesa, in favore della quale intende creare un vero e proprio schermo di protezione rispetto a condotte dell'indagato mirate all'aggressione fisica o psicologica. Secondo le necessita' del caso concreto, la persona offesa deve potere godere di tranquillita' e liberta' di frequentazione dei propri luoghi abituali e deve potersi muovere liberamente anche al di fuori di un contesto predeterminato con la certezza che il soggetto che minaccia la sua liberta' fisica o morale si terra' a debita distanza, essendo obbligato all'allontanamento anche in caso di incontro fortuito» e che «non vi e' ragione di dubitare della piena conformita' della misura del divieto di avvicinamento alla persona offesa, alla pari delle altre misure diverse dagli arresti domiciliari e dalla custodia cautelare in carcere, ai principi fondamentali. Sono situazioni che trovano disciplina nell'art. 13 della Costituzione, per cui si e' in presenza di liberta' che, nella cornice della rigida disciplina legale, possono essere limitate nel rispetto di una esigenza costituzionale di proporzione e gradualita' che deve trovare riscontro nella "scelta" fatta con il provvedimento del giudice e nella sua motivazione». Dunque, l'automatismo in peius previsto per il caso in cui sia accertata la non fattibilita' tecnica delle procedure di controllo a distanza (c.d. braccialetto elettronico) si porrebbe in contrasto con i principi di proporzionalita', adeguatezza e congrua motivazione dei provvedimenti restrittivi della liberta' personale e, dunque, con l'art. 13 della Costituzione. Cio', inoltre, determina una irragionevole disparita' di trattamento a fronte di ipotesi del tutto differenti tra loro, essendo previsto, in specie, un trattamento cautelare analogo per condotte di differente gravita', senza possibilita' alcuna per il giudice che emette l'ordinanza in materia cautelare di tenere conto delle specificita' del caso concreto. La norma di cui all'art. 282-ter del codice di procedura penale, cosi' come modificata, sarebbe in astratto suscettibile di comprimere in modo irragionevole altri diritti fondamentali, quali il diritto alla salute (art. 32 della Costituzione), il diritto all'istruzione scolastica (articoli 9, 33 e 34 della Costituzione), il diritto al culto (articoli 7, 8 della Costituzione). Ulteriore profilo di illegittimita' costituzionale delle norme di cui agli articoli 275-bis, 282-ter, commi 1 e 2 del codice di procedura penale, a parere di questo giudice, si pone con riferimento alla norma di cui all'art. 117, comma 1 della Costituzione, in relazione agli articoli 2, 3, 7 e 8 della CEDU, quali parametri interposti di legittimita' costituzionale delle citate norme, poiche', essendo prevista l'obbligatorieta' dell'applicazione dei dispositivi di controllo elettronico di cui all'art. 275-bis del codice di procedura penale nei casi di irrogazione della misura cautelare del divieto di avvicinamento alla persona offesa e ai luoghi dalla stessa frequentati, tra gli altri, nelle ipotesi di cui all'art. 612-bis del codice penale, tale automatismo determinerebbe in concreto la violazione degli obblighi procedurali sanciti con la sentenza del 2 marzo 2017, ... contro Italia, ricorso n. 41237/14 e, dunque, la violazione del principio di legalita' cosi' come interpretato dalla Corte EDU. In altri termini, poiche', l'applicazione automatica delle modalita' di controllo di cui all'art. 275-bis del codice di procedura penale gia' al momento dell'esecuzione della misura cautelare del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa (la quale, ai sensi dell'art. 293, commi 2 e 3 del codice di procedura penale viene eseguita con la notifica dei provvedimento al destinatario) si pone in contrasto con l'art. 117, comma 1 della Costituzione, in relazione all'art. 7 CEDU (oltre che in relazione agli articoli 2, 3 e 8 CEDU), con riferimento ai principi sanciti dalla sentenza «...» della Corte EDU, con particolare riguardo al dovere di instaurare un procedimento penale effettivo e tempestivo nelle ipotesi, maggiormente rilevanti, in cui addirittura l'instaurazione del procedimento penale abbia condotto all'irrogazione di misure cautelari personali a scopo di tutela della vittima (frustrando cosi' le concrete ed effettive esigenze di tutela delle vittime di violenza domestica, specie in quei contesti caratterizzati dalla convivenza o da contesti di particolare vicinanza affettiva o, come nel caso di specie, di stretta vicinanza abitativa), nella parte in cui non consente la concreta ed effettiva applicazione della misura cautelare di cui all'art. 282-ter del codice di procedura penale anche senza l'immediato accertamento della fattibilita' tecnica (da intendersi quale verifica delle condizioni di funzionalita' tecnica del dispositivo) delle procedure di controllo da parte della PG delegata per l'esecuzione nei casi di concreta indisponibilita' del personale tecnico qualificato preposto all'accertamento della fattibilita' tecnica. In altri termini, poiche' la norma di cui all'art. 282-ter, comma 1 del codice di procedura penale prevede l'applicazione automatica delle procedure di controllo di cui all'art. 275-bis del codice di procedura penale, cio' presuppone l'immediato accertamento, gia' al momento dell'applicazione della misura cautelare, id est, al momento dell'esecuzione mediante notifica dell'ordinanza, della fattibilita' tecnica di tali procedure elettroniche di controllo da parte della PG; con la conseguenza per cui, nei casi in cui sia materialmente impossibile da parte della PG accertare la fattibilita' tecnica delle procedure di controllo, ad esempio, nelle ipotesi, non infrequenti nella prassi, di materiale indisponibilita' del personale tecnico addetto alla verifica delle condizioni di funzionalita' tecnica del dispositivo elettronico di controllo a distanza, la misura cautelare non potrebbe e non dovrebbe essere applicata, con conseguente violazione costituzionale dell'art. 117, comma 1 della Costituzione, in relazione all'art. 7 CEDU, con riferimento alla violazione del dovere di instaurare un procedimento penale effettivo e tempestivo; Ritenuto di dover trasmettere gli atti alla Corte costituzionale; Visto l'art. 23, comma 2, legge n. 87/1953; Ritenuto di dover sospendere il procedimento ma non anche l'efficacia della misura cautelare in atto (sul punto, tra le altre, sezione unica, sentenza n. 8 del 17 aprile 1996 Cc. (dep. 03/07/1996) Rv. 205258 - 01, secondo cui «La pregiudiziale costituzionale, per espressa previsione normativa (legge 11 marzo 1953, n. 87, art. 23, secondo comma), determina la sospensione obbligatoria del procedimento che priva il giudice della «potestas decidendi» fino alla definizione della pregiudiziale medesima, ne' alle parti e' attribuito alcun potere di rimuovere tale stasi processuale, essendo immodificabili ed insindacabili sia l'ordinanza di rimessione degli atti alla Corte costituzionale sia il pedissequo provvedimento di sospensione; tuttavia, nell'ipotesi in cui venga obbligatoriamente sospeso un procedimento in cui sia in corso di applicazione una misura cautelare, il soggetto ad essa sottoposto che ritenga di aver maturato il diritto a riacquistare lo status libertatis» per il verificarsi di una delle cause estintive del provvedimento coercitivo di cui all'art. 306 del codice di procedura penale, non incontra alcun ostacolo a far valere la sua pretesa in giudizio e puo' quindi promuovere davanti al giudice per le indagini preliminari, o ad uno dei giudici competenti per i vari gradi ai sensi dell'art. 279 del codice di procedura penale, un'azione di accertamento finalizzata alla declaratoria della sopravvenuta caducazione della misura ed all'ottenimento dell'ordinanza di immediata liberazione o di cessazione della misura estinta, secondo quanto dispongono, rispettivamente, il primo e il secondo comma del predetto art. 306 del codice di procedura penale; trattasi, invero, di azione di natura dichiarativa, rivolta alla tutela di un diritto assoluto ed inviolabile, esperibile in ogni tempo salvo il limite della preclusione ove la questione abbia gia' formato oggetto di giudicato cautelare nelle sedi proprie»).