Art. 23. Divieti di utilizzo dei liquami e dei fanghi 1. L'utilizzazione agronomica dei liquami e dei materiali ad essi assimilati, nonche' dei fanghi e' vietata: a) sulle superfici non interessate dall'attivita' agricola, fatta eccezione per le aree a verde pubblico e privato nella fase di impianto della coltura e per le aree soggette a recupero e ripristino ambientale nella fase di impianto e successivo mantenimento; b) nei boschi; c) entro 10 metri di distanza dalle sponde dei corsi d'acqua naturali e artificiali non arginati, fatta eccezione per i canali artificiali ad esclusivo uso aziendale; d) entro 30 metri di distanza dall'inizio dell'arenile delle acque lacuali e dai corpi idrici ricadenti nelle zone umide individuate ai sensi della Convenzione di Ramsar del 2 febbraio 1971; e) in prossimita' di strade, fatta eccezione per quelle interpoderali e le piste agrosilvopastorali, sulla base dei seguenti limiti misurati dal ciglio della strada: 1) 50 metri, nel caso di distribuzione con sistemi a dispersione aerea in pressione; 2) 1 metro, nel caso di distribuzione con sistemi localizzati. f) in prossimita' di abitazioni, sulla base dei seguenti limiti misurati dal confine dell'insediamento abitativo: 1) 50 metri, nel caso di utilizzo di sistemi a dispersione aerea in pressione; 2) 10 metri, nel caso di distribuzione con sistemi localizzati e, fatta eccezione per i prati, il tempestivo o immediato interramento; g) sui terreni gelati, innevati, con falda acquifera affiorante, con frane in atto e terreni saturi d'acqua, fatta eccezione per i terreni adibiti a colture che richiedono la sommersione; h) nei casi in cui i liquami possano venire a diretto contatto con i prodotti destinati al consumo umano; i) in orticoltura, a coltura presente, nonche' su colture da frutto, a meno che il sistema di distribuzione non consenta di salvaguardare integralmente la parte aerea delle piante; j) dopo l'impianto, della coltura nelle aree adibite a parchi o giardini pubblici, campi da gioco, utilizzate per ricreazione o destinate in genere ad uso pubblico; k) su colture foraggiere nelle tre settimane precedenti lo sfalcio del foraggio o il pascolamento; l) in tutte le situazioni in cui l'autorita' competente provvede ad emettere specifici provvedimenti di divieto o di prescrizione in ordine alla prevenzione di malattie infettive, infestive e diffusive per gli animali, per l'uomo e per la difesa dei corpi idrici; m) sui terreni di cui non si ha titolo d'uso. 2. Nelle fasce di divieto di cui al comma 1, lettere c) e d), ove tecnicamente possibile, e' obbligatoria una copertura vegetale permanente, anche spontanea, di larghezza corrispondente a quelle indicate all'art. 22, comma 1, lettere c), d) ed e); e' altresi' raccomandata la costituzione di siepi o di altre superfici boscate. 3. L'utilizzo dei liquami e dei fanghi e' vietato su terreni con pendenza media, riferita ad un'area aziendale omogenea, superiore al 10 per cento; tale limite puo' essere incrementato, comunque non oltre il 20 per cento, in presenza di sistemazioni idraulico-agrarie, sulla base delle migliori tecniche di spandimento e almeno nel rispetto delle seguenti prescrizioni volte ad evitare il ruscellamento e l'erosione: a) dosi di liquami e di fanghi frazionate in piu' applicazioni; b) iniezione diretta nel suolo o spandimento superficiale a bassa pressione con interramento entro le dodici ore sui seminativi in prearatura; c) iniezione diretta, ove tecnicamente possibile, o spandimento a raso sulle colture prative; d) spandimento a raso in bande o superficiale a bassa pressione in copertura su colture cerealicole o di secondo raccolto. 4. Nel caso di aree caratterizzate da condizioni geomorfologiche e pedologiche sfavorevoli, le province possono individuare i territori per i quali i limiti di pendenza stabiliti al comma 3 possono essere superati, fino ad un massimo del 25 per cento; tale possibilita' e' ammessa solo in presenza di sistemazioni idraulico-agrarie, sulla base delle migliori tecniche di spandimento e purche' siano garantiti: a) il rispetto delle prescrizioni di cui al comma 3; b) il non superamento di un apporto complessivo di azoto di 210 chilogrammi per ettaro per anno, inteso come quantitativo medio aziendale ed ottenuto sommando i contributi da effluenti zootecnici, comunque non superiori a 170 di azoto, ed i contributi da concimi azotati e ammendanti organici.