Allegato 
 
 
                               Capo I 
 
 
                        DISPOSIZIONI GENERALI 
 
 
                               Art. 1. 
 
 
                               Oggetto 
 
    1. Il presente regolamento disciplina: 
      a) le attivita' di utilizzazione agronomica  dei  fertilizzanti
azotati nelle zone ordinarie, in attuazione  dell'articolo  20  della
legge regionale 5 dicembre 2008, n. 16 (Norme urgenti in  materia  di
ambiente, territorio,  edilizia,  urbanistica,  attivita'  venatoria,
ricostruzione, adeguamento antisismico, trasporti, demanio  marittimo
e turismo) e in conformita' all'articolo 112 del decreto  legislativo
3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale) e al decreto  del
Ministro delle politiche agricole e forestali 7 aprile 2006  (Criteri
e   norme   tecniche   generali   per   la    disciplina    regionale
dell'utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento, di  cui
all'articolo  38  del  D.Lgs.  11  maggio  1999,  n.  152);   nonche'
relativamente ai fanghi di depurazione, in  attuazione  dell'articolo
3, comma 28 della legge regionale 30  dicembre  2009,  n.  24  (Legge
finanziaria 2010) e in conformita' all'articolo 6 comma 1, numeri  2)
e 3) del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 99 (Attuazione della
direttiva 86/278/CEE  concernente  la  protezione  dell'ambiente,  in
particolare del suolo, nell'utilizzazione dei fanghi  di  depurazione
in agricoltura) , con particolare riguardo ai limiti di azoto; 
      b) il programma  d'azione  obbligatorio  per  la  tutela  e  il
risanamento delle  acque  dall'inquinamento  causato  da  nitrati  di
origine agricola nelle zone vulnerabili, in attuazione  dell'articolo
19 della legge regionale 25 agosto 2006, n. 17 (Interventi in materia
di risorse agricole, naturali, forestali e montagna e in  materia  di
ambiente,  pianificazione  territoriale,  caccia  e   pesca)   e   in
conformita' all'articolo 92 del decreto  legislativo  152/2006  e  al
decreto del Ministro delle politiche agricole e  forestali  7  aprile
2006. 
 
                               Art. 2. 
 
 
                             Definizioni 
 
    1. Ai fini del presente regolamento si intende per: 
      a) utilizzazione  agronomica:  la  gestione  dei  fertilizzanti
azotati, dalla loro  produzione  fino  all'applicazione  al  terreno,
finalizzata  all'utilizzo  delle  sostanze  nutritive  e   ammendanti
contenute nei medesimi; 
      b) fertilizzanti azotati: sostanze utilizzate in agricoltura in
ragione della loro azione concimante o ammendante sulle colture; 
      c) effluenti di allevamento: materiali palabili o non  palabili
costituiti da miscele di stallatico o residui alimentari o perdite di
abbeverata o  acque  di  veicolazione  delle  deiezioni  o  materiali
lignocellulosici  utilizzati  come  lettiera,  in  grado  o  meno  di
mantenere la forma geometrica se disposti in cumulo su platea; 
      d)  stallatico:  gli  escrementi  o  l'urina  di   animali   di
allevamento diversi dai pesci d'allevamento, con o senza lettiera  ai
sensi del Regolamento (CE) n. 1069/2009 del Parlamento europeo e  del
Consiglio, del 21 ottobre 2009, recante norme sanitarie  relative  ai
sottoprodotti di origine animale e ai prodotti derivati non destinati
al consumo umano e  che  abroga  il  regolamento  (CE)  n.  1774/2002
(Regolamento sui sottoprodotti di origine animale); 
      e) letami: effluenti di allevamento  palabili,  provenienti  da
allevamenti che impiegano la lettiera. Sono assimilati ai letami,  se
provenienti dall'attivita' di allevamento: 
        1) le lettiere esauste di allevamenti avicunicoli; 
        2) le deiezioni di avicunicoli anche non mescolate a lettiera
rese palabili da processi di disidratazione  naturali  o  artificiali
che hanno luogo sia all'interno, sia all'esterno dei ricoveri; 
        3)  le  frazioni  palabili,  da  destinare  all'utilizzazione
agronomica, risultanti da trattamenti di effluenti di allevamento  di
cui all'allegato A, tabelle 3 e 4; 
        4) i letami, i liquami o  i  materiali  ad  essi  assimilati,
sottoposti a trattamento di disidratazione o compostaggio; 
      f)  liquami:  effluenti  di  allevamento  non  palabili.   Sono
assimilati ai liquami, se provenienti dall'attivita' di allevamento: 
        1) i liquidi di sgrondo di  materiali  palabili  in  fase  di
stoccaggio; 
        2) i liquidi di sgrondo di accumuli di letame; 
        3) le  deiezioni  di  avicoli  e  cunicoli  non  mescolate  a
lettiera; 
        4) le frazioni non palabili, da  destinare  all'utilizzazione
agronomica, derivanti da trattamenti di effluenti di  allevamento  di
cui all'allegato A, tabelle 3 e 4; 
        5) i liquidi di sgrondo dei foraggi insilati; 
        6)  le  acque  di  lavaggio  di  strutture,  attrezzature  ed
impianti di allevamento  se  mescolate  ai  liquami  e  destinate  ad
utilizzo agronomico; se non mescolate ai liquami,  sono  assoggettate
alle disposizioni di cui alla sezione II; 
      g) acque reflue: 
        1) acque reflue provenienti dalle aziende di cui all'articolo
101, comma 7, lettere a), b) e c), del decreto legislativo 152/2006; 
        2) acque reflue provenienti da piccole aziende agroalimentari
appartenenti   ai   settori   lattiero-caseario,    vitivinicolo    e
ortofrutticolo  che  producono  quantitativi  di  acque  reflue   non
superiori a 4.000 metri  cubi  per  anno  e  quantitativi  di  azoto,
contenuti in tali  acque  a  monte  della  fase  di  stoccaggio,  non
superiori a 1.000 chilogrammi per anno; 
      h) fanghi di depurazione: fanghi derivanti  da  trattamenti  di
depurazione di cui al decreto legislativo 99/1992. 
      i) concimi azotati e ammendanti  organici:  concimi  azotati  e
ammendanti organici come definiti dal decreto legislativo  29  aprile
2010, n. 75 (Riordino e revisione  della  disciplina  in  materia  di
fertilizzanti, a norma dell'articolo 13 della legge 7 luglio 2009, n.
88); 
      j) fertirrigazione: l'applicazione al suolo effettuata mediante
l'abbinamento dell'adacquamento con  la  fertilizzazione,  attraverso
l'addizione controllata alle acque irrigue di quote di liquame; 
      k)  accumulo  temporaneo  di  letami:  deposito  temporaneo  di
letami,  effettuato  in   prossimita'   o   sui   terreni   destinati
all'utilizzazione; 
      l) stoccaggio: deposito di effluenti di allevamento e di  acque
reflue; 
      m) trattamento: qualsiasi operazione, compreso  lo  stoccaggio,
atta a modificare le caratteristiche degli effluenti di  allevamento,
al fine di migliorare la loro utilizzazione agronomica e  contribuire
a ridurre i rischi igienico-sanitari; 
      n) zone vulnerabili da nitrati di origine  agricola:  ai  sensi
dell'articolo 92 del decreto legislativo 152/2006, zone di territorio
che scaricano direttamente o indirettamente azoto di origine agricola
in acque gia' inquinate o che potrebbero esserlo  in  conseguenza  di
tali tipi di scarichi; 
      o) zone ordinarie: zone di territorio non ricadenti nelle  zone
vulnerabili; 
      p) area aziendale omogenea: 
        1) nelle zone ordinarie: porzione della superficie  aziendale
ricadente nella medesima zona pedoclimatica  e  caratterizzata  dalla
stessa coltura o gruppo di colture di cui alle tabelle 2a,  2b  e  2c
dell'allegato B; 
        2)  nelle  zone  vulnerabili  da  nitrati:   porzione   della
superficie aziendale ricadente  nella  medesima  zona  pedoclimatica,
nella medesima zona irrigua o  non  irrigua  e  caratterizzata  dalla
stessa coltura o gruppo di colture di cui alle tabelle  3a,  3b,  3c,
3d, 3e e 3f dell'allegato B e dalla stessa precessione colturale; 
      q) azienda: soggetto  che  svolge  attivita'  di  utilizzazione
agronomica di fertilizzanti azotati; 
      r)  allevamenti  di   piccole   dimensioni:   allevamenti   con
produzione di azoto al campo per anno inferiore a 3.000 chilogrammi; 
      s) allevamenti, aziende e contenitori di stoccaggio  esistenti:
ai fini dell'utilizzazione agronomica di cui al presente  regolamento
si intendono quelli in esercizio alla data di entrata in  vigore  del
medesimo; 
      t) consistenza dell'allevamento: il numero di  capi  mediamente
presenti nell'allevamento durante l'anno; 
      u) terreni in uso a terzi: i terreni concessi in uso a terzi ai
soli fini dell'applicazione al terreno degli effluenti di allevamento
e delle acque reflue; 
      v) scolina: fosso disposto  longitudinalmente  ad  appezzamenti
attigui per la raccolta dell'acqua in eccesso dei terreni; 
      w) capifosso: fossi di raccolta  delle  acque  di  scolo  delle
scoline o del drenaggio tubolare. 
 
                              Capo II  
 
 
                ATTIVITA' DI UTILIZZAZIONE AGRONOMICA 
                        NELLE ZONE ORDINARIE 
 
 
                              Sezione I 
 
 
Criteri  e  norme  tecniche  per  l'utilizzazione  agronomica   degli
                              effluenti 
     di allevamento, i trattamenti e i contenitori di stoccaggio 
 
 
                               Art. 3. 
 
 
            Criteri generali di utilizzazione agronomica 
                   degli effluenti di allevamento 
 
    1. L'utilizzazione agronomica degli effluenti di  allevamento  e'
finalizzata  al  recupero  delle  sostanze  nutritive  ed  ammendanti
contenute nei medesimi ed e' consentita purche' siano garantiti: 
      a) la  tutela  dei  corpi  idrici  e  il  non  pregiudizio  del
raggiungimento degli obiettivi di qualita' di cui agli articoli da 76
a 90 del decreto legislativo 152/2006; 
      b) la produzione di un  effetto  concimante  o  ammendante  sul
suolo e l'adeguatezza ai fabbisogni delle colture della quantita'  di
azoto efficiente applicata e dei tempi di distribuzione; 
      c)  il  rispetto  delle  norme  igienico-sanitarie,  di  tutela
ambientale ed urbanistiche; 
      d) il rispetto delle misure di  conservazione  dei  siti  della
Rete  Natura  2000  e  della  disciplina  di  tutela  degli   habitat
costituenti prati stabili ai sensi della legge  regionale  29  aprile
2005, n. 9 (Norme regionali per la tutela dei prati stabili). 
    2. Ai sensi dell'articolo 185, comma 1  del  decreto  legislativo
152/2006, l'utilizzazione agronomica degli effluenti  di  allevamento
non rientra nel campo di applicazione della parte quarta del medesimo
decreto legislativo recante norme in materia di gestione dei rifiuti. 
 
                               Art. 4. 
 
 
                 Divieti di utilizzazione dei letami 
 
    1. L'utilizzo agronomico dei letami e' vietato: 
      a) sulle superfici  non  interessate  dall'attivita'  agricola,
fatta eccezione per le aree a verde pubblico e privato e per le  aree
soggette a recupero e ripristino ambientale; 
      b) nei  boschi,  come  definiti  dall'articolo  6  della  legge
regionale  23  aprile  2007,  n.  9  (Norme  in  materia  di  risorse
forestali), ad esclusione delle deiezioni  rilasciate  dagli  animali
nell'allevamento brado; 
      c) entro 5 metri di distanza dalle sponde  dei  corsi  d'acqua;
tale divieto non si applica ai canali con argini artificiali rilevati
nonche' alle scoline e ai capifosso ad esclusivo utilizzo  di  una  o
piu' aziende, purche'  non  connessi  naturalmente  ai  corpi  idrici
naturali; 
      d) in golena entro gli argini;  tale  divieto  non  si  applica
quando i  letami  sono  distribuiti  nel  periodo  di  magra  e  sono
interrati entro il giorno successivo allo spandimento; 
      e) entro 5 metri di distanza dall'inizio  dell'arenile  per  le
acque lacustri, marino-costiere e di transizione lagunari; 
      f)  sui  terreni  gelati,   innevati,   con   falda   acquifera
affiorante, con frane in atto e sui  terreni  saturi  d'acqua,  fatta
eccezione  per  i  terreni  adibiti  a  colture  che  richiedono   la
sommersione; 
      g) in tutte  le  situazioni  in  cui  le  autorita'  competenti
emettono provvedimenti di divieto o di prescrizione  in  ordine  alla
prevenzione di malattie infettive,  infestive  e  diffusive  per  gli
animali, per l'uomo e per la difesa dei corpi  idrici;  le  autorita'
competenti comunicano alla Direzione centrale competente  in  materia
di agricoltura i provvedimenti adottati. 
 
                               Art. 5. 
 
 
                Divieti di utilizzazione dei liquami 
 
    1.  L'utilizzo  dei  liquami  e'  vietato   nei   casi   previsti
dall'articolo 4, comma 1, lettere a), b), f) e g), nonche': 
      a) sulle aree aziendali omogenee con pendenza  media  superiore
al 10 per cento, fatto salvo quanto previsto al comma 2; 
      b) entro 10 metri di distanza dalle sponde dei  corsi  d'acqua;
tale divieto non si applica ai canali con argini artificiali rilevati
nonche' alle scoline e ai capifosso ad esclusivo utilizzo  di  una  o
piu' aziende, purche'  non  connessi  naturalmente  ai  corpi  idrici
naturali; 
      c) in golena entro gli argini;  tale  divieto  non  si  applica
quando i liquami  sono  distribuiti  nel  periodo  di  magra  e  sono
interrati entro il giorno successivo allo spandimento; 
      d) entro 10 metri di distanza dall'inizio dell'arenile  per  le
acque lacustri, marino-costiere e di transizione lagunari; 
      e) entro 5 metri di distanza dalle strade, 20 metri dalle  case
sparse e 50 metri dai centri abitati; tale  divieto  non  si  applica
quando i liquami vengono immediatamente interrati o sono  distribuiti
con tecniche atte a limitare l'emissione di odori sgradevoli; 
      f) nei casi in cui i liquami possono venire a diretto  contatto
con i prodotti destinati al consumo umano; 
      g) in orticoltura, a coltura presente, nonche'  su  colture  da
frutto;  tale  divieto  non  si  applica   quando   il   sistema   di
distribuzione consente di salvaguardare integralmente la parte  aerea
delle piante; 
      h) dopo l'impianto della coltura nelle aree adibite  a  parchi,
giardini  pubblici,  campi  da  gioco  o  utilizzate  per   attivita'
ricreative o destinate a uso pubblico; 
      i) su colture foraggiere  nelle  tre  settimane  precedenti  lo
sfalcio del foraggio o il pascolamento. 
    2. L'utilizzo dei liquami  e'  consentito  sulle  aree  aziendali
omogenee con pendenza media superiore al 10 per cento e  fino  al  20
per cento quando sono presenti sistemazioni idraulico-agrarie,  quali
ciglionamenti e terrazzamenti, o quando sono rispettate  le  seguenti
prescrizioni, volte ad evitare il ruscellamento e l'erosione: 
      a) l'applicazione non supera la dose massima di 170 chilogrammi
di azoto ad ettaro per anno; 
      b) sui terreni destinati a  seminativi  solamente  in  fase  di
prearatura e sulle colture  legnose  agrarie  l'applicazione  avviene
mediante iniezione diretta nel suolo  o  spandimento  superficiale  a
bassa  pressione  con  interramento  del  liquame  entro  il   giorno
successivo all'applicazione stessa; 
      c) sulle colture prative l'applicazione avviene, ove possibile,
mediante iniezione diretta o mediante spandimento a raso; 
      d)  sulle   colture   cerealicole   o   di   secondo   raccolto
l'applicazione  avviene  mediante  spandimento  a  raso  in  bande  o
superficiale a bassa pressione in copertura. 
 
                               Art. 6. 
 
 
          Criteri generali dei trattamenti degli effluenti 
           di allevamento e delle modalita' di stoccaggio 
 
    1. I trattamenti degli effluenti di allevamento e le modalita' di
stoccaggio sono finalizzati a contribuire  alla  messa  in  sicurezza
igienico-sanitaria, a garantire  la  protezione  dell'ambiente  e  la
corretta gestione agronomica degli effluenti, rendendoli  disponibili
all'utilizzo nei periodi piu' idonei sotto il  profilo  agronomico  e
nelle condizioni adatte all'utilizzazione. 
    2. Nelle tabelle 3, 4 e 5 dell'allegato A e'  riportato  l'elenco
dei  trattamenti  funzionali  alle  finalita'  di  cui  al  comma  1.
Trattamenti per diverse tipologie di liquami e rendimenti diversi  da
quelli riportati  nelle  tabelle  3,  4  e  5  dell'allegato  A  sono
giustificati  secondo  le  modalita'  di  cui   all'allegato   A.   I
trattamenti non comportano l'addizione  agli  effluenti  di  sostanze
potenzialmente dannose per il suolo, le colture, gli animali e l'uomo
per la loro natura o concentrazione. 
    3.  Gli  effluenti  di  allevamento  destinati  all'utilizzazione
agronomica  sono  raccolti   in   contenitori   per   lo   stoccaggio
dimensionati secondo le esigenze colturali e  caratterizzati  da  una
capacita' sufficiente a contenere gli effluenti prodotti nei  periodi
in cui l'impiego agricolo  e'  limitato  o  impedito  da  motivazioni
agronomiche, climatiche o normative. I  contenitori  garantiscono  le
capacita' minime di stoccaggio indicate all'articolo 7, commi 2,3 e 4
e all'articolo 8, commi 6 e 7. 
 
                               Art. 7. 
 
 
                 Caratteristiche dello stoccaggio e 
                 dell'accumulo temporaneo dei letami 
 
    1. Lo stoccaggio dei letami avviene su platea  impermeabilizzata,
avente una portanza sufficiente a reggere, senza cedimenti o lesioni,
il peso del materiale  accumulato  e  dei  mezzi  utilizzati  per  la
movimentazione. In  considerazione  della  consistenza  palabile  dei
materiali,  la  platea  e'  munita  di  idoneo  cordolo  o  di   muro
perimetrale, con almeno un'apertura per l'accesso dei mezzi meccanici
per la completa asportazione del materiale e e'  dotata  di  adeguata
pendenza per il convogliamento verso appositi sistemi di  raccolta  e
stoccaggio dei liquidi di sgrondo o delle eventuali acque di lavaggio
della platea. 
    2. Fatti salvi provvedimenti in  materia  igienico-sanitaria,  la
capacita' di  stoccaggio  non  e'  inferiore  al  volume  dei  letami
prodotti in novanta giorni. 
    3. Per gli allevamenti avicoli a  ciclo  produttivo  inferiore  a
novanta giorni, le lettiere possono essere stoccate  al  termine  del
ciclo produttivo sotto forma di cumuli in campo o essere  distribuite
a condizione che vengano interrate entro il  giorno  successivo  allo
spandimento. Sono fatte salve diverse  disposizioni  delle  autorita'
sanitarie. 
    4. La capacita' di  stoccaggio  e'  calcolata  in  rapporto  alla
consistenza dell'allevamento  stabulato  ed  al  periodo  in  cui  il
bestiame non e' al  pascolo:  a  tal  fine,  qualora  non  sussistano
esigenze particolari di una piu' analitica determinazione dei  volumi
stoccati, si fa riferimento al  volume  dei  letami  individuato  per
categoria di animale e tipo  di  stabulazione  alle  tabelle  1  e  2
dell'allegato A. 
    5. Il calcolo della superficie della platea e' funzionale al tipo
di materiale stoccato. Per ottenere la  superficie  in  metri  quadri
della platea, il volume di stoccaggio, individuato ai sensi del comma
4, e' diviso per i valori  di  altezza  media  riferiti  ai  seguenti
materiali: 
      a) 2 metri per il letame; 
      b) 2 metri per le lettiere esauste degli allevamenti avicoli  e
cunicoli; 
      c) 2,5 metri per le deiezioni di avicunicoli rese  palabili  da
processi di disidratazione; 
      d) 1,5 metri per le frazioni palabili risultanti da trattamento
termico o meccanico di liquami; 
      e) 1  metro  per  fanghi  palabili  di  supero  da  trattamento
aerobico  o  anaerobico  di   liquami   da   destinare   all'utilizzo
agronomico; 
      f) 1,5 metri per letami sottoposti a processi di compostaggio; 
      g) 3,5 metri per i prodotti palabili,  come  la  pollina  delle
galline ovaiole allevate in batterie con sistemi  di  preessiccazione
ottimizzati, aventi un contenuto di sostanza secca  superiore  al  65
per cento. 
    6. Per i materiali di cui al comma 5, lettere  da  a)  a  f),  lo
stoccaggio puo' avvenire anche in strutture di  contenimento  chiuse,
su due o piu' lati, con un limite di altezza eccedente le  spalle  di
contenimento pari a 1 metro. Per i  materiali  di  cui  al  comma  5,
lettera g),  lo  stoccaggio  puo'  avvenire  anche  in  strutture  di
contenimento coperte, aperte o chiuse senza limiti di altezza. 
    7. Sono considerate utili ai fini del calcolo della capacita'  di
stoccaggio: 
      a) le superfici della lettiera permanente,  purche'  alla  base
siano impermeabilizzate secondo le indicazioni di cui al comma 1; per
il calcolo del volume stoccato si fa riferimento ad  altezze  massime
della lettiera di 0,60 metri nel caso dei bovini, di 0,15  metri  per
gli avicoli e di 0,30 metri per le altre specie; 
      b) per gli allevamenti di galline ovaiole  e  riproduttori,  le
fosse profonde dei ricoveri a due piani  e  le  fosse  sottostanti  i
pavimenti fessurati, detti anche posatoi, degli allevamenti a  terra;
sono fatte salve diverse disposizioni delle autorita' sanitarie. 
    8. Fatta salva la  disposizione  di  cui  al  comma  3,  per  gli
allevamenti avicoli a ciclo produttivo inferiore  a  novanta  giorni,
l'accumulo su suolo agricolo di  letami  e  di  lettiere  esauste  di
allevamenti  avicunicoli,  esclusi  gli  altri  materiali  assimilati
definiti dall'articolo 2, comma 1, lettera e), e' ammesso  solo  dopo
uno stoccaggio di almeno novanta giorni; tale  accumulo  puo'  essere
praticato ai soli  fini  dell'utilizzazione  agronomica  sui  terreni
circostanti e in quantitativi non superiori al fabbisogno  di  letami
dei medesimi. 
    9. L'accumulo su suolo agricolo  di  cui  ai  commi  3  e  8,  e'
effettuato nel rispetto delle seguenti condizioni: 
      a) a distanza non inferiore a 5 metri dalle scoline; 
      b) a distanza non inferiore a 20 metri dai corpi idrici; 
      c) a distanza non inferiore a 25 metri dalle strade,  50  metri
dalle case sparse e 100 metri dai centri abitati; 
      d) non e' ripetuto nella stessa area prima  di  un  anno  dallo
spandimento del precedente cumulo; 
      e) non puo' avere durata superiore a novanta giorni; 
      f) l'altezza media del cumulo e' inferiore a 2 metri; 
      g) la dimensione del cumulo e' inferiore a 200 metri cubi; 
      h) e' garantita una buona aerazione della massa; 
      i)  sono  adottate  le  misure  necessarie  per  effettuare  il
drenaggio completo del percolato prima del trasferimento in campo per
l'accumulo temporaneo; 
      j) la superficie  del  terreno  su  cui  vengono  accumulati  i
letami, se presenta una granulometria  grossolana  con  contenuto  di
scheletro  superiore  al  35  per  cento  o  tessitura  sabbiosa,  e'
impermeabilizzata  con  l'impiego  di  una  copertura  di   materiale
impermeabile  con  uno  spessore  adeguato  ad  impedirne  rotture  o
fessurazioni durante tutta la durata dell'accumulo. 
    10. I liquidi di sgrondo dei letami vengono assimilati ai liquami
per quanto riguarda  il  periodo  di  stoccaggio,  come  disciplinato
dall'articolo 8, commi 6 e 8. 
    11. Negli allevamenti  di  piccole  dimensioni,  in  deroga  alle
disposizioni di cui ai commi da 2 a 6, i  letami  sono  stoccati  nel
rispetto dei limiti di volume previsti dalle disposizioni degli  enti
locali e comunque in modo da non costituire pericolo per la salute  e
l'incolumita' pubblica e da non provocare l'inquinamento delle  acque
superficiali e sotterranee. 
    12. Ai sensi dell'articolo 36, comma 4, lettera  b)  della  legge
regionale 11 novembre 2009, n. 19 (Codice  regionale  dell'edilizia),
nelle zone agricole, come  individuate  dagli  strumenti  urbanistici
generali comunali, e' ammessa la realizzazione, anche in deroga  agli
indici e ai parametri  previsti  dagli  strumenti  urbanistici  e  ai
regolamenti edilizi, di interventi di adeguamento delle strutture  di
stoccaggio dei letami in applicazione del presente regolamento. 
 
                               Art. 8. 
 
 
                Caratteristiche e dimensionamento dei 
              contenitori per lo stoccaggio dei liquami 
 
    1.  Gli  stoccaggi  dei  liquami  sono  realizzati  in  modo   da
raccogliere, nei casi previsti all'articolo 2, comma 1,  lettera  f),
numero 6,  anche  le  acque  destinate  all'utilizzazione  agronomica
derivanti dal  lavaggio  delle  strutture,  degli  impianti  e  delle
attrezzature zootecniche, fatta eccezione per le trattrici  agricole.
Alla produzione complessiva di liquami  da  stoccare  e'  sommato  il
volume delle acque  meteoriche,  convogliate  nei  contenitori  dello
stoccaggio da superfici scoperte impermeabilizzate interessate  dalla
presenza di effluenti di allevamento. Le acque meteoriche provenienti
da tetti e tettoie e da aree non connesse all'allevamento non possono
essere raccolte nei contenitori. Il dimensionamento  dei  contenitori
non dotati di copertura atta ad  allontanare  l'acqua  piovana  tiene
conto di un franco minimo di sicurezza di almeno 20 centimetri. 
    2. Il fondo  e  le  pareti  dei  contenitori  sono  adeguatamente
impermeabilizzati ed a tenuta stagna al fine di evitare  percolazioni
o dispersioni degli effluenti stessi all'esterno. 
    3. Nei contenitori in terra, detti anche lagoni, il  fondo  e  le
pareti sono impermeabilizzati con manto naturale o artificiale  posto
su un adeguato strato di argilla di riporto qualora i terreni su  cui
sono costruiti abbiano un coefficiente di permeabilita' (K) superiore
a 1*1-7 centimetri al secondo e sono dotati, attorno al piede esterno
dell'argine,  di  un  fosso  di  guardia  perimetrale   adeguatamente
dimensionato e isolato idraulicamente dalla normale rete scolante. 
    4. Nel caso di costruzione  di  nuovi  contenitori,  al  fine  di
indurre un piu' alto  livello  di  stabilizzazione  dei  liquami,  e'
previsto, per le aziende in cui viene prodotto un quantitativo  annuo
di azoto al campo superiore a 6.000 chilogrammi, il frazionamento del
loro volume di stoccaggio in almeno due contenitori, non comunicanti,
da riempire in successione. Il prelievo a fini agronomici avviene dal
bacino contenente liquame stoccato da piu' tempo. 
    5. Il dimensionamento dei contenitori e' tale da  evitare  rischi
di   cedimenti   strutturali   e   garantire   la   possibilita'   di
omogeneizzazione dei liquami. 
    6. La capacita' di stoccaggio  degli  allevamenti,  calcolata  in
rapporto alla consistenza dell'allevamento stabulato ed al periodo in
cui il bestiame non e' al pascolo, non  e'  inferiore  al  volume  di
liquami prodotti in: 
      a) novanta giorni per  gli  allevamenti  di  bovini  da  latte,
bufalini, equini e ovicaprini in aziende con  terreni  caratterizzati
da assetti colturali che prevedono la presenza di pascoli,  di  prati
di media o lunga durata o di cereali autunno-vernini; 
      b) centoventi giorni per tutti gli altri casi. 
    7. Per il dimensionamento dei contenitori, qualora non sussistano
esigenze particolari di una piu' analitica determinazione dei  volumi
stoccati, si fa riferimento al volume dei  liquami  individuato,  per
categoria di animale e tipo di stabulazione,  nelle  tabelle  1  e  2
dell'allegato A. 
    8.  In  deroga  alle  disposizioni  di  cui  al  comma  6,  negli
allevamenti di piccole dimensioni, la capacita' di  stoccaggio  degli
allevamenti, calcolata in rapporto alla consistenza  dell'allevamento
stabulato ed al periodo in cui il bestiame non e' al pascolo, non  e'
inferiore al volume di liquami prodotti in novanta giorni. 
    9. Per gli allevamenti  esistenti  il  volume  determinato  dalle
fosse sottostanti i pavimenti fessurati e grigliati al di sotto della
soglia di tracimazione, e' considerato utile  allo  stoccaggio  delle
deiezioni. 
    10. Per i nuovi allevamenti  e  per  gli  ampliamenti  di  quelli
esistenti non sono considerate utili ai fini del calcolo  dei  volumi
di stoccaggio le fosse sottostanti i pavimenti fessurati e grigliati. 
    11. E' vietata la nuova localizzazione dei contenitori nelle zone
ad alto rischio  di  esondazione,  come  individuate  negli  atti  di
programmazione e di governo del territorio. 
    12. Ai sensi dell'articolo 36, comma 4, lettera  b)  della  legge
regionale  19/2009,  nelle  zone  agricole,  come  individuate  dagli
strumenti urbanistici generali comunali, e' ammessa la realizzazione,
anche in deroga agli indici e ai parametri previsti  dagli  strumenti
urbanistici e ai regolamenti edilizi, di  interventi  di  adeguamento
delle  strutture  di  stoccaggio  dei  liquami  in  applicazione  del
presente regolamento. 
 
                             Sezione II 
 
 
    Criteri e norme tecniche per l'utilizzazione agronomica delle 
      acque reflue, i trattamenti e i contenitori di stoccaggio 
 
 
                               Art. 9. 
 
 
        Criteri generali di utilizzazione delle acque reflue 
 
    1. L'utilizzazione  agronomica  delle  acque  reflue,  contenenti
sostanze  naturali  non  pericolose,  e'  finalizzata   al   recupero
dell'acqua, delle sostanze nutritive  e  ammendanti  contenute  nelle
medesime. 
    2. L'utilizzazione agronomica delle acque  reflue  e'  consentita
purche' siano garantiti: 
      a) la  tutela  dei  corpi  idrici  e  il  non  pregiudizio  del
raggiungimento degli obiettivi di qualita' di cui agli articoli da 76
a 90 del decreto legislativo 152/2006; 
      b) la produzione  di  un  effetto  concimante  o  ammendante  o
irriguo sul suolo e l'adeguatezza ai fabbisogni delle  colture  della
quantita' di azoto efficiente e di acqua applicata nonche' dei  tempi
di distribuzione; 
      c)  il  rispetto  delle  norme  igienico-sanitarie,  di  tutela
ambientale ed urbanistiche; 
      d) l'esclusione delle acque derivanti dal lavaggio degli  spazi
esterni non connessi al ciclo produttivo e delle acque  comunque  non
connesse al ciclo produttivo; 
      e) l'esclusione,  per  il  settore  vitivinicolo,  delle  acque
derivanti da processi enologici speciali,  come  ferrocianurazione  e
desolforazione dei mosti muti, produzione di mosti concentrati  e  di
mosti concentrati rettificati; 
      f)  l'esclusione,  per  il  settore  lattiero-caseario,   nelle
aziende che trasformano un quantitativo di latte superiore a  100.000
litri all'anno, del siero di latte, del latticello,  della  scotta  e
delle acque di processo delle paste filate. 
 
                              Art. 10. 
 
 
       Divieti di utilizzazione agronomica delle acque reflue, 
             i trattamenti e i contenitori di stoccaggio 
 
    1. L'utilizzazione agronomica delle acque reflue e' vietata: 
      a) sulle superfici  non  interessate  dall'attivita'  agricola,
fatta eccezione per le aree a verde pubblico e privato e per le  aree
soggette a recupero e ripristino ambientale; 
      b) nei  boschi,  come  definiti  dall'articolo  6  della  legge
regionale 9/2007; 
      c)  sui  terreni  gelati,   innevati,   con   falda   acquifera
affiorante, con  frane  in  atto  e  terreni  saturi  d'acqua,  fatta
eccezione  per  i  terreni  adibiti  a  colture  che  richiedono   la
sommersione; 
      d) in tutte  le  situazioni  in  cui  le  autorita'  competenti
emettono provvedimenti di divieto o di prescrizione  in  ordine  alla
prevenzione di malattie infettive,  infestive  e  diffusive  per  gli
animali, per l'uomo e per la difesa dei corpi  idrici;  le  autorita'
competenti comunicano alla Direzione centrale competente  in  materia
di agricoltura i provvedimenti adottati; 
      e) sulle aree aziendali omogenee con pendenza  media  superiore
al 10 per cento, fatto salvo quanto previsto al comma 2; 
      f) entro 10 metri di distanza dalle sponde dei  corsi  d'acqua;
tale divieto non si applica ai canali con argini artificiali rilevati
nonche' alle scoline e ai capifosso ad esclusivo utilizzo  di  una  o
piu' aziende, purche'  non  connessi  naturalmente  ai  corpi  idrici
naturali; 
      g) in golena entro gli argini;  tale  divieto  non  si  applica
quando le acque reflue sono distribuite nel periodo di magra  e  sono
interrate entro il giorno successivo allo spandimento; 
      h) entro 10 metri di distanza dall'inizio dell'arenile  per  le
acque lacustri, marino-costiere e di transizione lagunari; 
      i) entro 5 metri di distanza dalle strade, 20 metri dalle  case
sparse e 50 metri dai centri abitati; tale  divieto  non  si  applica
quando le  acque  reflue  vengono  immediatamente  interrate  o  sono
distribuite  con  tecniche  atte  a  limitare  l'emissione  di  odori
sgradevoli; 
      j) nei casi in cui le acque reflue  possono  venire  a  diretto
contatto con i prodotti destinati al consumo umano; 
      k) in orticoltura, a coltura presente, nonche'  su  colture  da
frutto;  tale  divieto  non  si  applica   quando   il   sistema   di
distribuzione consente di salvaguardare integralmente la parte  aerea
delle piante; 
      l) dopo l'impianto della coltura nelle aree adibite a parchi  o
giardini  pubblici,  campi  da  gioco  o  utilizzate  per   attivita'
ricreative o destinate a uso pubblico; 
      m) su colture foraggiere  nelle  tre  settimane  precedenti  lo
sfalcio del foraggio o il pascolamento. 
    2.  L'utilizzo  delle  acque  reflue  e'  consentito  sulle  aree
aziendali omogenee con pendenza media superiore al  10  per  cento  e
fino  al   20   per   cento   quando   sono   presenti   sistemazioni
idraulico-agrarie, quali ciglionamenti e terrazzamenti, o quando sono
rispettate  le   seguenti   prescrizioni,   volte   ad   evitare   il
ruscellamento e l'erosione: 
      a) l'applicazione delle acque  reflue  e'  frazionata  in  piu'
dosi; 
      b) sui terreni destinati a  seminativi  solamente  in  fase  di
prearatura e sulle colture  legnose  agrarie  l'applicazione  avviene
mediante iniezione diretta nel suolo  o  spandimento  superficiale  a
bassa pressione con interramento delle acque reflue entro  il  giorno
successivo all'applicazione stessa; 
      c) sulle colture prative l'applicazione avviene, ove possibile,
mediante iniezione diretta o mediante spandimento a raso; 
      d)  sulle   colture   cerealicole   o   di   secondo   raccolto
l'applicazione  avviene  mediante  spandimento  a  raso  in  bande  o
superficiale a bassa pressione in copertura. 
 
                              Art. 11. 
 
 
                    Stoccaggio delle acque reflue 
 
    1. Gli stoccaggi delle acque reflue sono realizzati  in  modo  da
raccogliere le acque destinate all'utilizzazione agronomica derivanti
dal lavaggio delle strutture, degli  impianti  e  delle  attrezzature
zootecniche, ad esclusione delle trattrici agricole. Alla  produzione
complessiva di acque reflue da stoccare e' sommato  il  volume  delle
acque meteoriche, convogliate nei  contenitori  dello  stoccaggio  da
superfici scoperte impermeabilizzate interessate dalla presenza degli
impianti. Le acque meteoriche provenienti da tetti  e  tettoie  e  da
aree non connesse agli  impianti  sono  escluse  dalla  raccolta  nei
contenitori per lo stoccaggio delle acque reflue. Il  dimensionamento
dei contenitori non dotati di copertura atta ad  allontanare  l'acqua
piovana tiene conto di un franco minimo di  sicurezza  di  almeno  20
centimetri. 
    2. Il fondo  e  le  pareti  dei  contenitori  sono  adeguatamente
impermeabilizzati ed a tenuta stagna al fine di evitare  percolazioni
o dispersioni all'esterno. 
    3. Nei contenitori in terra, detti anche lagoni, il  fondo  e  le
pareti sono impermeabilizzati con manto naturale o artificiale  posto
su un adeguato strato di argilla di riporto qualora i terreni su  cui
sono costruiti abbiano un coefficiente di permeabilita' (K) superiore
a 1*1-7 centimetri al secondo e sono dotati, attorno al piede esterno
dell'argine,  di  un  fosso  di  guardia  perimetrale   adeguatamente
dimensionato e isolato idraulicamente dalla normale rete scolante. 
    4. Il dimensionamento dei contenitori e' tale da  evitare  rischi
di   cedimenti   strutturali   e   garantire   la   possibilita'   di
omogeneizzazione delle acque reflue. 
    5. La durata dello stoccaggio e' commisurata ai volumi prodotti e
al fabbisogno nutritivo e idrico delle colture,  definito  secondo  i
criteri indicati negli allegati B e C. In ogni caso la  durata  dello
stoccaggio non puo' essere inferiore a novanta giorni. 
    6. Per  l'ubicazione  dei  contenitori  le  autorita'  competenti
tengono conto dei seguenti parametri: 
      a) distanza dai centri abitati; 
      b) fascia di rispetto da strade, autostrade, ferrovie e confini
di proprieta'. 
    7. I  contenitori  possono  essere  ubicati  anche  al  di  fuori
dell'azienda che utilizza le acque reflue a fini agronomici,  purche'
non vengano miscelate  con  altre  tipologie  di  acque  reflue,  con
effluenti di allevamento o rifiuti. 
    8. E' vietata la nuova localizzazione di contenitori  nelle  zone
ad alto rischio  di  esondazione,  come  individuate  negli  atti  di
programmazione e di governo del territorio. 
 
                             Sezione III 
 
 
     Modalita' e dosi di applicazione dei fertilizzanti azotati 
 
 
                              Art. 12. 
 
 
              Tecniche di distribuzione degli effluenti 
                 di allevamento e delle acque reflue 
 
    1. Al fine di prevenire la percolazione di  nutrienti  nei  corpi
idrici, la scelta delle tecniche di distribuzione degli effluenti  di
allevamento e delle acque reflue tiene conto: 
      a) delle caratteristiche idrogeologiche e  geomorfologiche  del
sito; 
      b) delle caratteristiche pedologiche  e  delle  condizioni  del
suolo; 
      c) del tipo di effluente di allevamento o di acque reflue; 
      d) delle colture praticate e della loro fase vegetativa. 
    2. Le tecniche di distribuzione assicurano: 
      a) l'uniformita' di applicazione; 
      b)   un'elevata   utilizzazione   degli   elementi    nutritivi
attraverso: 
        1)  la  somministrazione  nel  momento   piu'   idoneo   alla
massimizzazione  dell'efficienza  di  utilizzazione  degli   elementi
nutritivi,   compatibilmente   con   le   condizioni   pedoclimatiche
contingenti e con  le  forme  di  azoto  presenti  nei  fertilizzanti
impiegati; 
        2)  l'effettiva  incorporazione   nel   suolo   dei   liquami
contemporaneamente allo spandimento ovvero entro un periodo di  tempo
idoneo a ridurre le perdite di  ammoniaca  per  volatilizzazione,  il
rischio di ruscellamento, la lisciviazione e la formazione  di  odori
sgradevoli, fatti salvi i casi di distribuzione in copertura; 
      c) il contenimento della formazione e diffusione,  per  deriva,
di aerosol verso aree non interessate da attivita' agricola, comprese
le abitazioni isolate e le vie pubbliche di traffico veicolare. 
    3. La fertirrigazione e' realizzata secondo le modalita' previste
dall'allegato C, al fine di contenere la lisciviazione dei nitrati al
di sotto delle radici e il rischio di ruscellamento dei fertilizzanti
azotati. 
    4.  In  caso  di  utilizzazione  agronomica  degli  effluenti  di
allevamento e delle acque reflue al di fuori del  periodo  di  durata
della coltura principale, nei suoli soggetti  a  forte  erosione,  e'
garantita  una  copertura  tramite  vegetazione  spontanea,   colture
intercalari o colture di copertura o, in alternativa, altre  pratiche
colturali atte a ridurre la lisciviazione dei nitrati, come  previsto
dal codice di buona pratica agricola (CBPA) di  cui  al  decreto  del
Ministro per le politiche agricole 19 aprile 1999. 
    5.  Le  modalita'  di  distribuzione  delle  acque  reflue   sono
finalizzate a massimizzare l'efficienza dell'acqua  e  dell'azoto  in
funzione del  fabbisogno  delle  colture,  in  conformita'  a  quanto
previsto dall'articolo 9, comma 2, lettera b). 
 
                              Art. 13. 
 
 
           Dosi di applicazione dei fertilizzanti azotati 
 
    1. Le dosi di fertilizzanti  azotati  non  superano  gli  apporti
massimi di azoto per coltura  riportati  nelle  tabelle  2a,  2b,  2c
dell'allegato B  e  sono  giustificate  dal  piano  di  utilizzazione
agronomica di cui all'articolo 15, ove previsto. 
    2. Il quantitativo medio  aziendale  di  azoto  totale  al  campo
apportato  con  effluenti  di  allevamento,  compresi  le   deiezioni
depositate dagli animali quando sono  tenuti  al  pascolo  nonche'  i
fanghi di depurazione, non supera il valore di  340  chilogrammi  per
ettaro e per anno; tale quantitativo  e'  calcolato  sulla  base  dei
valori  indicati  nelle  tabelle  1  e  2  dell'allegato  A   o,   in
alternativa, secondo le modalita' individuate nell'allegato A. Per le
aziende ricadenti in parte anche nelle zone vulnerabili  da  nitrati,
il quantitativo medio aziendale si  intende  riferito  esclusivamente
alla superficie aziendale compresa nelle zone ordinarie. 
    3. Le dosi di applicazione delle acque reflue non possono  essere
superiori ad un terzo del fabbisogno irriguo totale delle colture. 
    4. La quantita' di azoto totale al campo apportato con  effluenti
di allevamento, acque reflue,  fanghi  di  depurazione  e  ammendanti
organici non supera il valore di 450 chilogrammi  per  ettaro  e  per
anno nell'area aziendale omogenea. 
    5. Le  modalita'  di  concimazione  dei  prati  stabili  naturali
previste nell'allegato C della legge regionale  9/2005  si  applicano
agli habitat del gruppo 6 e del codice 5130  di  cui  all'allegato  I
della direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa
alla conservazione degli habitat  naturali  e  seminaturali  e  della
flora e  della  fauna  selvatiche,  presenti  nei  siti  Natura  2000
previsti all'articolo 6 della legge regionale 21  luglio  2008  n.  7
(Legge comunitaria 2007). 
 
                             Sezione IV 
 
 
 Criteri per la comunicazione, il piano di utilizzazione agronomica 
 e il trasporto degli effluenti di allevamento e delle acque reflue 
 
 
                              Art. 14. 
 
 
    Disciplina della comunicazione dell'utilizzazione agronomica 
         degli effluenti di allevamento e delle acque reflue 
 
    1.  Ai  fini  di  una  corretta  utilizzazione  agronomica  degli
effluenti  di  allevamento  e  delle  acque  reflue   presentano   la
comunicazione dell'inizio dell'attivita' di spandimento: 
      a) gli allevamenti di cui al punto 6.6 dell'allegato VIII  alla
parte II del decreto legislativo 152/2006; 
      b) gli allevamenti bovini con piu' di 500  unita'  di  bestiame
adulto (UBA), determinati conformemente alla tabella 6  dell'allegato
A; 
      c) le aziende che effettuano l'utilizzazione agronomica per  un
quantitativo annuo superiore a 3.000 chilogrammi di azoto al campo da
effluenti di  allevamento  calcolati  sulla  base  dei  valori  delle
tabelle 1 e 2 dell'allegato A; 
      d) le aziende  che  effettuano  l'utilizzazione  agronomica  di
acque reflue. 
    2. Sono  esonerate  dalla  presentazione  della  comunicazione  o
presentano la comunicazione  semplificata  le  aziende  di  cui  alla
tabella 1 dell'allegato D, sulla  base  dell'utilizzo  agronomico  di
azoto al campo e della zona interessata. 
    3. La comunicazione e'  redatta  nel  rispetto  dei  contenuti  e
secondo le modalita' di cui all'allegato D  ed  e'  sottoscritta  dal
legale rappresentante dell'azienda. 
    4.  Se  le  fasi  di  produzione,   trattamento,   stoccaggio   e
applicazione al terreno sono  suddivise  tra  piu'  soggetti,  questi
presentano singolarmente la  comunicazione  relativa  alla  specifica
attivita' svolta. 
    5. Le aziende che producono  o  effettuano  lo  stoccaggio  degli
effluenti di allevamento o delle acque reflue in sedi  ricadenti  sia
in  zona  ordinaria  sia  in  zona  vulnerabile  da   nitrati,   sono
considerate come ricadenti in zone vulnerabili  da  nitrati  ai  fini
della presentazione della comunicazione, come previsto nella  tabella
1 dell'allegato D. 
    6. Le aziende che effettuano lo spandimento  degli  effluenti  di
allevamento o delle acque reflue in terreni  ricadenti  sia  in  zona
ordinaria sia in zona vulnerabile da nitrati, sono  considerate  come
ricadenti in zone vulnerabili da nitrati ai fini della  presentazione
della comunicazione come previsto nella tabella 1 dell'allegato D. 
    7. La comunicazione: 
      a) e' compilata e stampata utilizzando il  Sistema  informativo
agricolo della Regione Friuli Venezia Giulia  (S.I.AGRI.FVG)  di  cui
all'articolo 7, comma 24 della legge regionale 26 febbraio 2001, n. 4
(Legge finanziaria 2001), attraverso il sito  della  Regione;  a  tal
fine,  all'atto  della  compilazione,  l'azienda  ha  costituito   il
fascicolo aziendale informatizzato; 
      b) e' presentata su supporto cartaceo alla  Direzione  centrale
competente in materia  di  agricoltura  almeno  trenta  giorni  prima
dell'inizio  dell'attivita'  di  utilizzazione  agronomica  o  trenta
giorni prima della scadenza della precedente comunicazione. 
    8. La comunicazione ha validita' di cinque  anni  dalla  data  di
presentazione. 
    9. Le aziende presentano  un  aggiornamento  della  comunicazione
tempestivamente o comunque entro il 31 dicembre dell'anno in  cui  e'
avvenuta  la  variazione,  in  caso   di   variazioni   significative
concernenti: 
      a) variazioni nei quantitativi di azoto prodotti  o  utilizzati
tali da richiedere la comunicazione completa, di  cui  alla  parte  B
dell'allegato D, in luogo di quella semplificata; 
      b) variazioni tali da comportare il potenziale superamento  del
valore di: 
        1) 340 kg di  azoto  per  ettaro  e  per  anno,  inteso  come
quantitativo medio aziendale, proveniente dai  fertilizzanti  azotati
definito all'articolo  13,  comma  2  del  regolamento  per  le  zone
ordinarie; 
        2) 170 kg di  azoto  per  ettaro  e  per  anno,  inteso  come
quantitativo medio aziendale, proveniente dai  fertilizzanti  azotati
definito all'articolo  23,  comma  6  del  regolamento  per  le  zone
vulnerabili da nitrati; 
      c) variazioni tali da  comportare  il  mancato  rispetto  delle
autonomie minime di stoccaggio, specifiche per  categoria  animale  e
ordinamento colturale, nelle zone ordinarie e nelle zone  vulnerabili
da nitrati; 
      d) variazione delle aree aziendali omogenee per tipologia o per
aumento della superficie oltre il 20 per cento; 
      e) variazioni dei rapporti di uso a  terzi  di  terreni  o  dei
soggetti nei rapporti di cessione  o  acquisizione  di  effluenti  di
allevamento o di acque reflue. 
    10. Per i terreni in uso a terzi, i rapporti tra le aziende  sono
formalizzati, prima della presentazione della comunicazione,  tramite
un documento contenente almeno le seguenti informazioni: 
      a)  gli  estremi  identificativi  dell'azienda   che   effettua
l'utilizzazione agronomica; 
      b)  gli  estremi  identificativi  dell'azienda  che   mette   a
disposizione i terreni; 
      c) la natura degli  effluenti  di  allevamento  o  delle  acque
reflue utilizzati; 
      d) gli estremi identificativi e  la  superficie  catastale  dei
terreni messi a disposizione; 
      e) la data di inizio e fine del rapporto di uso a terzi; 
      f) l'autorizzazione del soggetto che concede i  propri  terreni
all'azienda che effettua l'utilizzazione  agronomica  all'accesso  al
proprio fascicolo aziendale sul S.I.AGRI.FVG; 
      g) l'impegno reciproco delle parti a comunicare entro  quindici
giorni dall'applicazione al suolo, la natura  e  i  quantitativi  dei
fertilizzanti azotati effettivamente impiegati. 
    11. Lo stesso terreno non puo' essere concesso in uso a  terzi  a
piu' soggetti nel corso dello stesso anno solare. 
    12. In deroga a quanto  previsto  dal  comma  1,  l'utilizzazione
agronomica degli  effluenti  di  allevamento  e  delle  acque  reflue
prodotti in alpeggi situati nelle zone C o D delle aree rurali di cui
all'allegato 1 del  Programma  di  sviluppo  rurale  2007-2013  della
Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, non e'  soggetta  all'obbligo
di comunicazione. 
 
                              Art. 15. 
 
 
 Piano di utilizzazione agronomica delle pratiche di fertilizzazione 
 
    1. Il piano di utilizzazione agronomica (PUA) delle  pratiche  di
fertilizzazione e' presentato da: 
      a) gli allevamenti di cui al punto 6.6 dell'allegato VIII  alla
parte II del decreto legislativo 152/2006; 
      b) gli allevamenti bovini con  piu'  di  500  UBA,  determinati
conformemente alla tabella 6 dell'allegato A. 
    2. Il PUA, sottoscritto dal  legale  rappresentante  dell'azienda
che effettua lo spandimento degli effluenti di allevamento,  contiene
le seguenti informazioni suddivise per ogni area aziendale omogenea: 
      a) modalita' di utilizzazione degli effluenti di allevamento; 
      b) dosi  di  fertilizzanti  azotati  in  conformita'  a  quanto
definito all'articolo  13  del  regolamento  per  le  aree  aziendali
omogenee ricadenti nelle zone ordinarie e all'articolo 23 per le aree
aziendali omogenee ricadenti nelle zone vulnerabili da nitrati. 
    3. Il PUA: 
      a)  e'  compilato  e  stampato  utilizzando   il   S.I.AGRI.FVG
attraverso il sito www.siagri.regione.fvg. it; a tal  fine,  all'atto
della compilazione, l'azienda ha costituito  il  fascicolo  aziendale
informatizzato; 
      b) e' presentato, su supporto  cartaceo,  contestualmente  alla
comunicazione e con le modalita' di cui all'articolo 14. 
    4. Il PUA ha validita' di cinque anni e comunque fino  alla  data
di presentazione di una nuova comunicazione. 
    5.  Fermo  restando  quanto  previsto  al  comma  4,  le  aziende
presentano un aggiornamento del PUA tempestivamente o comunque  entro
il 31 dicembre dell'anno in cui e' avvenuta la variazione, in caso di
variazioni significative concernenti: 
      a) la presentazione di un aggiornamento della comunicazione  ai
sensi dell'articolo 14, comma 9 del regolamento; 
      b) un incremento, superiore al 10 per cento delle quantita'  di
azoto  provenienti  dai  fertilizzanti  azotati  rispetto  a   quelle
indicate nel documento precedente. 
    6. Salvi i casi in cui l'utilizzatore intenda derogare ai  limiti
previsti nell'articolo 13, comma  5,  il  PUA  non  e'  sottoposto  a
valutazione di incidenza  di  cui  all'articolo  5  del  decreto  del
Presidente della Repubblica 8 settembre  1997,  n.  357  (Regolamento
recante  attuazione   della   direttiva   92/43/CEE   relativa   alla
conservazione degli habitat naturali e  seminaturali,  nonche'  della
flora e della fauna selvatiche). 
 
                              Art. 16. 
 
 
    Trasporto degli effluenti di allevamento e delle acque reflue 
 
    1. Per il trasporto degli effluenti di allevamento o delle  acque
reflue e'  compilato  un  documento  di  trasporto  che  contiene  le
seguenti informazioni: 
      a) gli estremi identificativi dell'azienda da cui ha origine il
materiale trasportato con l'indicazione del legale rappresentante; 
      b) la natura e la quantita' del materiale trasportato; 
      c)  l'identificazione  del  trasportatore  e   del   mezzo   di
trasporto; 
      d) gli estremi  identificativi  dell'azienda  destinataria  con
l'indicazione del legale rappresentante; 
      e) gli estremi  della  comunicazione  di  cui  all'articolo  14
presentata dall'azienda da cui ha origine il  materiale  trasportato,
se tenuta alla compilazione della medesima. 
    2. Il documento  previsto  al  comma  1  viene  compilato,  prima
dell'inizio  del  trasporto,  dall'azienda  da  cui  ha  origine   il
materiale  in  duplice  copia,  di  cui  una  consegnata  o   spedita
all'azienda destinataria. 
    3. Il documento di cui al comma 1 e' conservato per cinque anni. 
    4. Ai  fini  del  controllo  del  trasporto  degli  effluenti  di
allevamento o delle  acque  reflue  nei  terreni  utilizzati  per  lo
spandimento  dalla  medesima  azienda  che  li  ha  prodotti,  si  fa
riferimento alla comunicazione  di  cui  all'articolo  14  conservata
presso  la  sede  aziendale  o,  per  le  aziende  non  tenute   alla
presentazione della comunicazione, al fascicolo aziendale. 
 
                              Capo III 
 
 
                ATTIVITA' DI UTILIZZAZIONE AGRONOMICA 
                  NELLE ZONE VULNERABILI DA NITRATI 
 
 
                              Sezione I 
 
 
        Programma d'azione nelle zone vulnerabili da nitrati 
 
 
                              Art. 17. 
 
 
      Disposizioni generali per le zone vulnerabili da nitrati 
 
    1. Il presente capo disciplina il programma d'azione obbligatorio
per la tutela e il risanamento delle  acque  dall'inquinamento  nelle
zone individuate ai sensi dell'articolo 92  del  decreto  legislativo
152/2006 come vulnerabili dai nitrati di origine  agricola,  al  fine
di: 
      a) proteggere e risanare le zone vulnerabili  dall'inquinamento
provocato da nitrati; 
      b) limitare l'applicazione al suolo dei  fertilizzanti  azotati
sulla base dell'equilibrio tra il  fabbisogno  prevedibile  di  azoto
delle colture e l'apporto alle colture di azoto proveniente dal suolo
e dalla fertilizzazione; 
      c) promuovere strategie di gestione integrata  degli  effluenti
di allevamento per il riequilibrio del rapporto  agricoltura-ambiente
tra cui l'adozione di modalita' di  allevamento  e  di  alimentazione
degli animali finalizzate a contenere, gia' nella fase di produzione,
le escrezioni di azoto. 
    2. Per tutto quanto non previsto nel presente capo  si  applicano
le disposizioni previste nel capo II in quanto compatibili. 
    3. Nelle zone vulnerabili da nitrati si applica il CBPA. 
    4. Nelle zone vulnerabili da nitrati si rispettano le  misure  di
conservazione sitospecifiche o i piani di gestione  dei  siti  Natura
2000 e la disciplina di tutela dei prati stabili naturali di cui alla
legge regionale 9/2005. Sino all'adozione  di  specifiche  misure  di
conservazione dei siti Natura 2000,  si  applicano  le  modalita'  di
concimazione dei prati stabili naturali. 
 
                              Art. 18. 
 
 
  Divieti di utilizzazione dei letami, dei concimi azotati e degli 
        ammendanti organici nelle zone vulnerabili da nitrati 
 
    1. L'utilizzazione agronomica dei letami, dei concimi  azotati  e
degli ammendanti  organici  nelle  zone  vulnerabili  da  nitrati  e'
vietata: 
      a) entro 10 metri di distanza dalle sponde  dei  corsi  d'acqua
superficiali significativi individuati dall'allegato E; 
      b) entro 5 metri di distanza dalle sponde  dei  restanti  corsi
d'acqua superficiali; 
      c) entro 25 metri di distanza dall'inizio dell'arenile  per  le
acque lacustri, marino-costiere e di transizione lagunari; 
      d) in golena, entro gli argini; tale  divieto  non  si  applica
quando i letami, i concimi azotati o  gli  ammendanti  organici  sono
distribuiti nel periodo di magra e sono  interrati  entro  il  giorno
successivo allo spandimento; 
      e) sulle superfici  non  interessate  dall'attivita'  agricola,
fatta eccezione per le aree a verde pubblico e privato e per le  aree
soggette a recupero e ripristino ambientale; 
      f) nei  boschi,  come  definiti  dall'articolo  6  della  legge
regionale 9/2007, ad  esclusione  degli  effluenti  rilasciati  dagli
animali nell'allevamento brado; 
      g)  sui  terreni  gelati,   innevati,   con   falda   acquifera
affiorante, con  frane  in  atto  e  terreni  saturi  d'acqua,  fatta
eccezione  per  i  terreni  adibiti  a  colture  che  richiedono   la
sommersione; 
      h) in tutte  le  situazioni  in  cui  le  autorita'  competenti
emettono provvedimenti di divieto o di prescrizione  in  ordine  alla
prevenzione di malattie infettive,  infestive  e  diffusive  per  gli
animali, per l'uomo e per la difesa dei corpi  idrici;  le  autorita'
competenti comunicano alla Direzione centrale competente  in  materia
di agricoltura i provvedimenti adottati; 
      i) sui terreni con pendenza superiore al 15 per cento  e  privi
di copertura erbacea permanente; tale divieto non si applica quando i
letami, i concimi azotati o gli ammendanti organici sono  incorporati
entro il giorno successivo alla distribuzione; 
      j) nei giorni di pioggia e  nel  giorno  successivo  ad  eventi
piovosi caratterizzati da una precipitazione complessiva superiore  a
10 millimetri. 
    2. Le disposizioni di cui al comma 1, lettere a)  e  b),  non  si
applicano ai canali con  argini  artificiali  rilevati  nonche'  alle
scoline e ai capifosso ad esclusivo utilizzo di una o  piu'  aziende,
purche' non connessi naturalmente ai corpi idrici naturali. 
    3. Nelle fasce di divieto di cui al comma 1, lettere a), b) e c),
e' obbligatoria, ove tecnicamente possibile, una  copertura  vegetale
permanente anche spontanea ed  e'  raccomandata  la  costituzione  di
siepi o di altre superfici boscate. 
    4. L'utilizzo dei concimi azotati  e  ammendanti  organici  nelle
zone  vulnerabili  da  nitrati  e'  vietato  a  partire  dal   giorno
precedente  l'intervento  irriguo,  nel   caso   di   irrigazione   a
scorrimento per i concimi non interrati. 
 
                              Art. 19. 
 
 
Divieti di  utilizzazione  dei  liquami  nelle  zone  vulnerabili  da
                               nitrati 
 
    1. L'utilizzo dei liquami nelle zone vulnerabili  da  nitrati  e'
vietato: 
      a) entro 10 metri di distanza dalle sponde  dei  corsi  d'acqua
superficiali; 
      b) entro 30 metri di distanza dall'inizio dell'arenile  per  le
acque lacustri, marino-costiere e di transizione lagunari; 
      c) in golena, entro gli argini; tale  divieto  non  si  applica
quando i liquami  sono  distribuiti  nel  periodo  di  magra  e  sono
interrati entro il giorno successivo allo spandimento; 
      d) sulle superfici  non  interessate  dall'attivita'  agricola,
fatta eccezione per le aree a verde pubblico e privato e per le  aree
soggette a recupero e ripristino ambientale; 
      e) nei  boschi,  come  definiti  dall'articolo  6  della  legge
9/2007,  ad  esclusione  degli  effluenti  rilasciati  dagli  animali
nell'allevamento brado; 
      f)  sui  terreni  gelati,   innevati,   con   falda   acquifera
affiorante, con  frane  in  atto  e  terreni  saturi  d'acqua,  fatta
eccezione  per  i  terreni  adibiti  a  colture  che  richiedono   la
sommersione; 
      g) in tutte  le  situazioni  in  cui  le  autorita'  competenti
emettono provvedimenti di divieto o di prescrizione  in  ordine  alla
prevenzione di malattie infettive,  infestive  e  diffusive  per  gli
animali, per l'uomo e per la difesa dei corpi  idrici;  le  autorita'
competenti comunicano alla Direzione centrale competente  in  materia
di agricoltura i provvedimenti adottati; 
      h) entro 5 metri di distanza dalle strade, 20 metri dalle  case
sparse e 50 metri dai centri abitati; tale  divieto  non  si  applica
quando i liquami vengono immediatamente interrati o sono  distribuiti
con tecniche atte a limitare l'emissione di odori sgradevoli; 
      i) nei casi in cui i liquami possono venire a diretto  contatto
con i prodotti destinati al consumo umano; 
      j) in orticoltura, a coltura presente, nonche'  su  colture  da
frutto;  tale  divieto  non  si  applica   quando   il   sistema   di
distribuzione consente di salvaguardare integralmente la parte  aerea
delle piante; 
      k) dopo l'impianto della coltura nelle aree adibite a parchi  o
giardini pubblici,  campi  da  gioco,  utilizzate  per  le  attivita'
ricreative o destinate a uso pubblico; 
      l) su colture foraggiere  nelle  tre  settimane  precedenti  lo
sfalcio del foraggio o il pascolamento; 
      m) sui terreni con pendenza media superiore  al  10  per  cento
riferita ad un'area aziendale omogenea, fatto salvo  quanto  previsto
al comma 2; 
      n) nei giorni di pioggia e  nel  giorno  successivo  ad  eventi
piovosi caratterizzati da una precipitazione complessiva superiore  a
10 millimetri. 
    2. L'utilizzo dei liquami  e'  consentito  sulle  aree  aziendali
omogenee con pendenza media superiore al 10 per cento e  fino  al  20
per cento quando sono presenti sistemazioni idraulico-agrarie,  quali
ciglionamenti e terrazzamenti, o quando sono rispettate  le  seguenti
prescrizioni, volte ad evitare il ruscellamento e l'erosione: 
      a) l'applicazione dei liquami e' frazionata in piu' dosi; 
      b) sui terreni destinati a  seminativi  solamente  in  fase  di
prearatura e sulle colture  legnose  agrarie  l'applicazione  avviene
mediante iniezione diretta nel suolo  o  spandimento  superficiale  a
bassa  pressione  con  interramento  del  liquame  entro  il   giorno
successivo all'applicazione stessa; 
      c) sulle colture prative l'applicazione avviene, ove possibile,
mediante iniezione diretta o mediante spandimento a raso; 
      d)  sulle   colture   cerealicole   o   di   secondo   raccolto
l'applicazione  avviene  mediante  spandimento  a  raso  in  bande  o
superficiale a bassa pressione in copertura. 
    3. Le disposizioni di cui al comma 1, lettere a)  e  b),  non  si
applicano ai canali con  argini  artificiali  rilevati  nonche'  alle
scoline e ai capifosso ad esclusivo utilizzo di una o  piu'  aziende,
purche' non connessi naturalmente ai corpi idrici naturali. 
    4. Nelle fasce di divieto di cui al comma 1, lettere a) e b),  e'
obbligatoria, ove  tecnicamente  possibile,  una  copertura  vegetale
permanente anche spontanea ed  e'  raccomandata  la  costituzione  di
siepi o di altre superfici boscate. 
 
                              Art. 20. 
 
 
          Caratteristiche dello stoccaggio degli effluenti 
          di allevamento nelle zone vulnerabili da nitrati 
 
    1. Per le caratteristiche e il  dimensionamento  dei  contenitori
per lo stoccaggio dei letami e dei liquami nelle zone vulnerabili  da
nitrati si applicano le disposizioni di cui all'articolo 6, comma  1,
all'articolo 7 commi da 1 a 7 e all'articolo 8, commi 2, 3,  4,  5  e
11. 
    2. La  capacita'  di  stoccaggio  degli  allevamenti  nelle  zone
vulnerabili da nitrati  non  e'  inferiore  ai  volumi  di  effluenti
prodotti in : 
      a)  centoventi  giorni  per  le  deiezioni  degli   avicunicoli
essiccate con processo rapido a tenori di sostanza secca superiori al
65 per cento; 
      b)  centoventi  giorni  per  i  liquami  degli  allevamenti  in
stabulazione di bovini da latte, bufalini,  equini  e  ovicaprini  in
aziende con terreni caratterizzati da assetti colturali che prevedono
la presenza di pascoli o prati di media  o  lunga  durata  e  cereali
autunno-vernini; 
      c) centottanta giorni per i liquami degli  allevamenti  diversi
da quelli della lettera b) o in assenza degli assetti colturali della
medesima lettera b). 
    3. Gli stoccaggi dei liquami nelle zone  vulnerabili  da  nitrati
sono realizzati in  modo  da  poter  accogliere  anche  le  acque  di
lavaggio, destinate all'utilizzazione  agronomica,  delle  strutture,
degli impianti e delle attrezzature zootecniche, fatta eccezione  per
le trattrici agricole. Alla  produzione  complessiva  di  liquami  da
stoccare e' sommato il volume delle  acque  meteoriche,  pari  a  0,5
metri cubi  per  metro  quadro,  convogliate  nei  contenitori  dello
stoccaggio  da  superfici  scoperte  interessate  dalla  presenza  di
effluenti di allevamento. Le acque meteoriche provenienti da tetti  e
tettoie e da aree non connesse  all'allevamento  non  possono  essere
raccolte nei contenitori.  Il  dimensionamento  dei  contenitori  non
dotati di copertura atta ad allontanare l'acqua piovana  tiene  conto
di un franco minimo di sicurezza di almeno 50 centimetri. 
    4. Negli allevamenti di piccole dimensioni delle zone vulnerabili
da nitrati la capacita' di stoccaggio non e' inferiore ai  volumi  di
effluenti prodotti in: 
      a) novanta giorni nei casi di cui al comma 2, lettere a) e b); 
      b) centoventi giorni nei casi di cui al comma 2, lettera c). 
    5. Per  gli  allevamenti  esistenti  nelle  zone  vulnerabili  da
nitrati il volume determinato dalle  fosse  sottostanti  i  pavimenti
fessurati e grigliati al di sotto della soglia  di  tracimazione,  e'
considerato utile allo stoccaggio delle deiezioni. 
    6. Per i nuovi  allevamenti  e  per  gli  ampliamenti  di  quelli
esistenti nelle zone vulnerabili  da  nitrati  non  sono  considerate
utili  di  fini  del  calcolo  dei  volumi  di  stoccaggio  le  fosse
sottostanti i pavimenti fessurati e grigliati. 
    7. I liquidi di sgrondo dei letami vengono assimilati ai liquami,
per quanto riguarda il periodo di stoccaggio, come  disciplinato  dal
comma 2, lettere b) e c). 
    8. Ai sensi dell'articolo 36, comma 4,  lettera  b)  della  legge
regionale  19/2009,  nelle  zone  agricole,  come  individuate  dagli
strumenti urbanistici generali comunali, e' ammessa la realizzazione,
anche in deroga agli indici e ai parametri previsti  dagli  strumenti
urbanistici e ai regolamenti edilizi, di  interventi  di  adeguamento
delle strutture di  stoccaggio  degli  effluenti  di  allevamento  in
applicazione del presente regolamento. 
    9. Fermi restando i tempi di adeguamento dei contenitori  per  lo
stoccaggio dei letami e dei liquami  gia'  previsti  dai  regolamenti
vigenti, per i  contenitori  esistenti  l'adeguamento  avviene  entro
cinque anni dalla delimitazione di nuove zone vulnerabili da nitrati. 
 
                              Art. 21. 
 
 
   Accumulo temporaneo di letami nelle zone vulnerabili da nitrati 
 
    1.  L'accumulo  temporaneo  di  letami  e  lettiere  esauste   di
allevamenti avicunicoli, esclusi gli altri  materiali  assimilati  di
cui all'articolo 2, comma 1, lettera e),  e'  possibile,  nelle  zone
vulnerabili da nitrati, ai soli fini dello  spandimento  sui  terreni
utilizzati per tale pratica, dopo uno stoccaggio  di  almeno  novanta
giorni. La quantita' di letame accumulato e' funzionale alle esigenze
colturali. 
    2. Nelle zone vulnerabili da nitrati,  l'accumulo  e'  consentito
nel rispetto delle seguenti distanze: 
      a) 5 metri dalle scoline; 
      b) 30 metri dai corsi d'acqua superficiali; 
      c) 40 metri dall'arenile per le acque lacustri, marino-costiere
e di transizione lagunari; 
      d) 25 metri dalle strade, 50 metri  dalle  case  sparse  e  100
metri dai centri abitati. 
    3. Nelle zone  vulnerabili  da  nitrati  l'accumulo  puo'  essere
effettuato nel rispetto delle seguenti condizioni: 
      a) non e' ripetuto nella stessa area prima  di  un  anno  dallo
spandimento del precedente cumulo; 
      b) non puo' avere durata superiore a novanta giorni; 
      c) l'altezza media del cumulo e' inferiore a 2 metri; 
      d) la dimensione del cumulo non e' superiore a 200 metri cubi; 
      e) e' garantita una buona aerazione della massa e sono  evitate
infiltrazioni di acque meteoriche; 
      f)  sono  adottate  le  misure  necessarie  per  effettuare  il
drenaggio completo del percolato prima del trasferimento in campo; 
      g) la superficie  del  terreno  su  cui  vengono  depositati  i
letami, se presenta una granulometria  grossolana  con  contenuto  di
scheletro  superiore  al  35  per  cento  o  tessitura  sabbiosa,  e'
impermeabilizzata con l'impiego  di  una  copertura  di  materiale  e
spessore adeguato ad impedirne rotture o fessurazioni  durante  tutta
la durata dell'accumulo. 
    4. Nelle zone vulnerabili da nitrati per gli allevamenti  avicoli
a ciclo produttivo inferiore a novanta giorni,  le  lettiere  possono
essere stoccate al termine del ciclo produttivo sotto forma di cumuli
in campo o essere distribuite  a  condizione  che  vengano  interrate
entro il giorno successivo allo spandimento. Sono fatte salve diverse
disposizioni delle autorita' sanitarie. 
 
                              Art. 22. 
 
 
 Utilizzazione delle acque reflue nelle zone vulnerabili da nitrati 
 
    1. Per quanto attiene i  criteri  generali  di  utilizzazione,  i
divieti e le modalita' di stoccaggio delle acque  reflue  nelle  zone
vulnerabili da nitrati si osservano le disposizioni di  cui  al  capo
II, sezione II. 
 
                              Art. 23. 
 
 
    Modalita' di utilizzazione agronomica e dosi di applicazione 
     dei fertilizzanti azotati nelle zone vulnerabili da nitrati 
 
    1.  Dal  1°  novembre  al  29  gennaio  e'  vietato  nelle   zone
vulnerabili da nitrati lo spandimento: 
      a) dei letami ad esclusione delle deiezioni  degli  avicunicoli
di cui al comma 2, lettera b); 
      b) dei concimi azotati e ammendanti organici; 
      c) dei liquami e delle acque  reflue  in  terreni  destinati  a
prati, cereali autunno-vernini, colture ortive e legnose agrarie  con
inerbimento permanente. 
    2. Dal 1° novembre al  28  febbraio  nelle  zone  vulnerabili  da
nitrati e' altresi' vietato lo spandimento: 
      a) dei liquami e delle acque  reflue  in  terreni  destinati  a
colture diverse da quelle di cui al comma 1, lettera c); 
      b) delle deiezioni degli  avicunicoli  essiccate  con  processo
rapido a tenori di sostanza secca superiori al 65 per cento. 
    3. Per le aziende esistenti il divieto  di  cui  al  comma  2  si
applica a decorrere dalla data di adeguamento dei contenitori di  cui
all'articolo 20, comma 9. 
    4.  Nelle  zone  vulnerabili  da  nitrati,  in   relazione   alle
specifiche condizioni pedoclimatiche locali, la Giunta regionale puo'
definire decorrenze di divieto diverse da quelle previste ai commi  1
e 2, fermi restando rispettivamente i  novanta  e  centoventi  giorni
complessivi, e puo' prevedere, altresi', la sospensione del  divieto.
La sospensione puo' essere disposta su richiesta motivata  e  in  via
eccezionale dalla Giunta regionale,  che  provvede  ad  informare  il
Ministero  competente.  E'  comunque  fatto  salvo  il   divieto   di
spandimento dei liquami e materiali assimilati  nel  periodo  dal  1°
novembre al 29 gennaio. 
    5. Sono escluse dai divieti di cui ai commi 1 e 2 le  colture  in
serra, le colture vivaistiche protette anche da tunnel e  le  colture
primaticce,  per  le  quali  e'  possibile  utilizzare  fino   a   50
chilogrammi per ettaro di azoto nel periodo di divieto,  fatto  salvo
quanto stabilito dai commi 7, 8 e 9. 
    6. Nelle zone vulnerabili da nitrati, le  dosi  di  fertilizzanti
azotati non superano gli apporti massimi  di  azoto  riportati  nelle
tabelle 3a, 3b, 3c, 3d, 3e, 3f dell'allegato B, calcolati in base  al
fabbisogno complessivo di azoto delle colture,  e  sono  giustificate
dal PUA di cui all'articolo 15 ove previsto. 
    7. Nelle zone vulnerabili da nitrati sui terreni  utilizzati  per
gli spandimenti sono prioritariamente impiegati, ove disponibili, gli
effluenti di allevamento le cui  quantita'  di  applicazione  tengono
conto, ai fini  del  rispetto  del  bilancio  dell'azoto,  del  reale
fabbisogno delle colture, della mineralizzazione netta  dei  suoli  e
degli apporti degli organismi azoto-fissatori. Il quantitativo  medio
aziendale di azoto al campo apportato con effluenti  di  allevamento,
comprese le deiezioni depositate dagli animali quando sono tenuti  al
pascolo,  con  ammendanti  organici  derivanti  dagli  effluenti   di
allevamento di cui al decreto legislativo 75/2010, con acque reflue e
con fanghi di depurazione non supera i 170 chilogrammi per  ettaro  e
per anno. Sono fatte salve diverse quantita' di  azoto  concesse  con
deroga della Commissione Europea con propria decisione ai  sensi  del
paragrafo 2 lettera b dell'allegato III  della  direttiva  91/676/CEE
del Consiglio, del 12 dicembre 1991, relativa alla  protezione  delle
acque dall'inquinamento provocato dai nitrati  provenienti  da  fonti
agricole alle condizioni  e  secondo  le  modalita'  stabilite  nella
medesima decisione. Il calcolo dell'azoto apportato con gli effluenti
di allevamento e' effettuato sulla base dei valori della tabelle 1  e
2 dell'allegato A o, in alternativa, secondo le modalita' individuate
nell'allegato A. Per le aziende ricadenti  in  parte  anche  in  zone
ordinarie,  il  quantitativo  medio  aziendale  si  intende  riferito
esclusivamente  alla  superficie  aziendale   compresa   nelle   zone
vulnerabili. 
    8. Nelle zone vulnerabili  da  nitrati,  la  quantita'  di  azoto
totale al campo apportato nell'area aziendale omogenea con  effluenti
di allevamento, comprese le deiezioni depositate dagli animali quando
sono tenuti al pascolo, con acque reflue,  fanghi  di  depurazione  e
ammendanti organici non supera  il  valore  di  280  chilogrammi  per
ettaro e per anno. Il calcolo dell'azoto apportato con gli  effluenti
di allevamento e' effettuato sulla base dei valori della tabelle 1  e
2 dell'allegato A o, in alternativa, secondo le modalita' individuate
nell'allegato A. Per le aziende ricadenti  in  parte  anche  in  zone
ordinarie,  il  quantitativo  medio  aziendale  si  intende  riferito
esclusivamente  alla  superficie  aziendale   compresa   nelle   zone
vulnerabili. 
    9. La scelta delle tecniche di  distribuzione  dei  fertilizzanti
azotati nelle zone vulnerabili da nitrati tiene conto: 
      a) delle caratteristiche idrogeologiche e  geomorfologiche  del
sito; 
      b) delle caratteristiche pedologiche  e  delle  condizioni  del
suolo; 
      c) del tipo di effluente di allevamento o di acque reflue; 
      d) delle colture praticate e della loro fase vegetativa. 
    10. Le tecniche di distribuzione dei fertilizzanti azotati  nelle
zone vulnerabili da nitrati assicurano: 
      a) l'uniformita' di applicazione dei fertilizzanti azotati; 
      b)  una  elevata   utilizzazione   degli   elementi   nutritivi
attraverso: 
        1)  la  somministrazione  nel  momento   piu'   idoneo   alla
massimizzazione  dell'efficienza  di  utilizzazione  degli   elementi
nutritivi,   compatibilmente   con   le   condizioni   pedoclimatiche
contingenti e con  le  forme  di  azoto  presenti  nei  fertilizzanti
impiegati; 
        2) l'effettiva incorporazione  nel  suolo  dei  fertilizzanti
azotati contemporaneamente alla distribuzione ovvero entro un periodo
di  tempo  idoneo   a   ridurre   le   perdite   di   ammoniaca   per
volatilizzazione, il rischio di ruscellamento, la lisciviazione e  la
formazione di odori sgradevoli, nello strato  di  suolo  maggiormente
esplorato dagli apparati radicali, compatibilmente con le  condizioni
pedoclimatiche contingenti, fatti salvi i casi  di  distribuzione  in
copertura; 
        3) il ricorso a mezzi di spandimento atti  a  minimizzare  le
emissioni di azoto in atmosfera ed il compattamento del suolo; 
        4)  il  frazionamento  della  dose  con  il  ricorso  a  piu'
applicazioni ripetute nell'anno; 
      c) il contenimento della formazione e diffusione,  per  deriva,
di aerosol verso aree non interessate da attivita' agricola, comprese
le abitazioni isolate e le vie pubbliche di traffico veicolare; 
      d) lo spandimento di liquami con sistemi di erogazione a  bassa
pressione tali da non determinare la polverizzazione del getto. 
    11. Nelle zone vulnerabili da nitrati vanno adottate le  seguenti
misure: 
      a) adozione di sistemi di avvicendamento  delle  colture  nella
gestione dell'uso del suolo conformi al CBPA; 
      b) adozione di pratiche irrigue e di fertirrigazione secondo le
modalita'  previste  dall'allegato  C  al  fine   di   contenere   la
lisciviazione dei nitrati al di sotto delle radici e  il  rischio  di
ruscellamento di fertilizzanti azotati. 
    12. Nelle zone vulnerabili da nitrati l'uso di concimi azotati e'
consentito al momento della semina o in presenza della coltura. Prima
della semina l'uso di concimi azotati e' consentito: 
      a) sulle colture annuali a  ciclo  primaverile-estivo,  purche'
vengano limitati al massimo i quantitativi  apportati  e  il  periodo
intercorrente tra fertilizzazione e semina; 
      b)  sulle  altre  colture,  purche'  siano  impiegati   concimi
contenenti piu' elementi nutritivi e il  quantitativo  apportato  non
superi i 30 chilogrammi per ettaro. 
    13. Per ridurre al minimo le perdite di azoto  per  lisciviazione
ed ottimizzare l'efficienza della concimazione nelle zone vulnerabili
da nitrati e' necessario distribuire l'azoto nelle fasi  di  maggiore
assorbimento  delle   colture,   favorendo   il   frazionamento   del
quantitativo in piu'  distribuzioni.  Non  sono  ammessi  apporti  di
concimi azotati in un'unica soluzione superiori  ai  100  chilogrammi
per ettaro di azoto per  le  colture  erbacee  ed  orticole  e  a  60
chilogrammi per ettaro per le colture legnose  agrarie,  fatto  salvo
l'uso di concimi azotati a lenta cessione o addizionati con inibitori
della nitrificazione o dell'ureasi. 
    14. Nelle zone vulnerabili da nitrati, ai fini dell'utilizzazione
agronomica degli effluenti di allevamento, al di fuori del periodo di
durata  del  ciclo  della  coltura  principale  sono  garantite   una
copertura  dei  suoli  tramite  colture  intercalari  o  colture   di
copertura, secondo le disposizioni contenute nel CBPA,  ovvero  altre
pratiche colturali atte a ridurre la lisciviazione dei nitrati. 
 
                              Art. 24. 
 
Comunicazione  dell'utilizzazione  agronomica  degli   effluenti   di
  allevamento  e  delle  acque  reflue,   PUA   delle   pratiche   di
  fertilizzazione e trasporto degli effluenti di allevamento e  delle
  acque reflue nelle zone vulnerabili da nitrati 
    1.  Presentano  la  comunicazione  dell'utilizzazione  agronomica
degli effluenti di  allevamento  e  delle  acque  reflue  nelle  zone
vulnerabili da nitrati  nel  rispetto  dei  contenuti  e  secondo  le
modalita' di cui all'articolo 14: 
      a) gli allevamenti di cui al punto 6.6 dell'allegato VIII  alla
parte II del decreto legislativo 152/2006; 
      b) gli allevamenti bovini con  piu'  di  500  UBA,  determinati
conformemente alla tabella 6 dell'allegato A; 
      c) le  aziende  che  producono  o  utilizzano  in  un  anno  un
quantitativo superiore a 1.000  chilogrammi  di  azoto  al  campo  da
effluenti di  allevamento  calcolati  sulla  base  dei  valori  delle
tabelle 1 e 2 dell'allegato A; 
      d) le aziende  che  effettuano  l'utilizzazione  agronomica  di
acque reflue. 
    2. Nelle  zone  vulnerabili  da  nitrati,  sono  esonerate  dalla
presentazione  della  comunicazione  o  presentano  la  comunicazione
semplificata le aziende di cui alla tabella 1 dell'allegato D,  sulla
base  dell'utilizzo  agronomico  di  azoto  al  campo  e  della  zona
interessata. 
    3. Presentano il PUA delle pratiche di fertilizzazione nelle zone
vulnerabili da nitrati  nel  rispetto  dei  contenuti  e  secondo  le
modalita' di cui all'articolo 15: 
      a) gli allevamenti di cui al punto 6.6 dell'allegato VIII  alla
parte II del decreto legislativo 152/2006; 
      b) gli allevamenti bovini  con  piu'  di  500  UBA  determinati
conformemente alla tabella 6 dell'allegato A; 
      c) le  aziende  che  producono  o  utilizzano  in  un  anno  un
quantitativo superiore a 3.000  chilogrammi  di  azoto  al  campo  da
effluenti di allevamento. 
    4.  Nelle  zone   vulnerabili   da   nitrati,   ai   fini   della
predisposizione  del  PUA,  per  minimizzare  le  perdite  di   azoto
nell'ambiente, l'utilizzo dei fertilizzanti azotati e' effettuato, ai
sensi della parte A-IV dell'allegato 7 alla  parte  III  del  decreto
legislativo 152/2006, nel rispetto dell'equilibrio tra il  fabbisogno
prevedibile di azoto delle colture e l'apporto alle colture di  azoto
proveniente  dal  suolo,  dall'atmosfera  e  dalla   fertilizzazione,
corrispondente: 
      a) alla quantita' di azoto presente nel suolo  nel  momento  in
cui la coltura comincia ad assorbirlo in maniera significativa; 
      b) all'apporto di composti di azoto tramite la mineralizzazione
netta delle riserve di azoto organico nel suolo; 
      c) all'azoto da deposizione atmosferica; 
      d)  all'aggiunta  di  azoto   proveniente   da   effluenti   di
allevamento; 
      e) all'aggiunta di azoto proveniente da acque reflue; 
      f) all'aggiunta di azoto proveniente dal riutilizzo irriguo  di
acque depurate di cui al decreto del Ministro dell'ambiente  e  della
tutela del territorio 12 giugno 2003,  n.  185  (Regolamento  recante
norme tecniche per il riutilizzo delle  acque  reflue  in  attuazione
dell'articolo 26, comma 2, del decreto legislativo 11 maggio 1999, n.
152); 
      g) all'aggiunta di  azoto  proveniente  da  concimi  azotati  e
ammendanti organici; 
      h) all'aggiunta di azoto proveniente da fanghi di depurazione. 
    5. Nelle zone vulnerabili da nitrati il trasporto degli effluenti
di allevamento e delle acque reflue e' soggetto alle disposizioni  di
cui all'articolo 16. 
 
                              Art. 25. 
 
 
Registro delle fertilizzazioni  azotate  nelle  zone  vulnerabili  da
                               nitrati 
 
    1. Nelle zone vulnerabili  da  nitrati  i  soggetti  tenuti  alla
presentazione della comunicazione di cui all'articolo 14,  curano  la
registrazione  delle  operazioni  di  applicazione   al   suolo   dei
fertilizzanti azotati. Sono esonerati i  soggetti  che  compilano  il
registro previsto dall'articolo 15 del decreto legislativo 99/1992. 
    2. Le operazioni di cui al comma 1 sono registrate entro quindici
giorni dalla loro effettuazione. 
    3. Il registro delle fertilizzazioni azotate e'  scaricabile  dal
SIAGRI.FVG  in  formato  cartaceo   o   digitale,   dopo   l'avvenuta
comunicazione di cui all'articolo 24 e viene  conservato  in  azienda
per almeno tre anni dall'ultima registrazione. 
    4. Il registro delle fertilizzazioni azotate contiene: 
      a) la data dell'operazione; 
      b) l'indicazione  dei  terreni  oggetto  della  fertilizzazione
distinti tra aziendali e in uso a terzi; 
      c) la superficie utilizzata per la fertilizzazione; 
      d) il tipo di fertilizzante utilizzato; 
      e) il titolo in azoto, fosforo e potassio, in caso di  utilizzo
di concimi azotati e ammendanti organici; 
      f) la quantita' di fertilizzante apportato. 
    5. In caso di fertilizzazioni azotate su terreni in uso  a  terzi
nelle  zone  vulnerabili  da  nitrati,  l'utilizzatore  comunica   le
informazioni di cui al comma 4 all'azienda che mette a disposizione i
terreni affinche', se tenuta, registri l'operazione anche sul proprio
registro. 
 
                              Art. 26. 
 
 
               Informazioni sullo stato di attuazione 
        delle disposizioni nelle zone vulnerabili da nitrati 
 
    1. La  Regione,  tramite  la  Direzione  centrale  competente  in
materia  di  ambiente  trasmette  le  informazioni  sullo  stato   di
attuazione del presente regolamento  all'Istituto  superiore  per  la
protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), secondo le modalita' e le
scadenze di cui alle schede 27, 27bis, 28 29, 30 e 31 del  settore  3
dell'allegato al decreto del Ministro dell'ambiente  e  della  tutela
del territorio 18 settembre 2002  (Modalita'  di  informazione  sullo
stato di qualita' delle acque, ai sensi dell'art.  3,  comma  7,  del
decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152). 
 
                               Capo IV 
 
 
              DISPOSIZIONI COMUNI PER LE ZONE ORDINARIE 
                  E LE ZONE VULNERABILI DA NITRATI 
 
 
                              Art. 27. 
 
 
             Formazione e informazione degli agricoltori 
 
    1. La Regione attua, ai sensi dell'articolo 92, comma 8,  lettera
b), del decreto legislativo  152/2006,  interventi  di  formazione  e
informazione sul presente regolamento e sul CBPA, al fine di: 
      a) far conoscere alle aziende situate nelle zone vulnerabili da
nitrati le norme in materia di effluenti  di  allevamento,  di  acque
reflue e di altri  fertilizzanti  azotati,  attraverso  un'azione  di
carattere divulgativo; 
      b)  formare  il   personale   aziendale   sulle   tecniche   di
autocontrollo  al  fine  di  mantenere  aggiornato  il   livello   di
conformita' aziendale alle normative ambientali; 
      c)  mettere  a  punto  un  sistema  permanente  di   consulenza
ambientale rivolto alle aziende; 
      d)  promuovere  la  graduale  penetrazione  nelle  aziende  dei
sistemi di gestione ambientale. 
    2. Gli interventi di cui al comma 1 sono attuati dalla  Direzione
centrale competente  in  materia  di  agricoltura  anche  avvalendosi
dell'Agenzia regionale per lo sviluppo  rurale  (ERSA)  di  cui  alla
legge regionale 24  marzo  2004,  n.  8  (Agenzia  regionale  per  lo
sviluppo rurale -  ERSA),  dell'Associazione  allevatori  del  Friuli
Venezia Giulia e dei soggetti erogatori dei servizi di  promozione  e
conoscenza di cui  alla  legge  regionale  23  febbraio  2006,  n.  5
(Sistema  integrato  dei  servizi  di  sviluppo  agricolo  e   rurale
(SISSAR)). 
 
                              Art. 28. 
 
 
             Impianti aziendali o interaziendali per la 
               gestione degli effluenti di allevamento 
 
    1. La gestione degli effluenti di allevamento attraverso impianti
aziendali o interaziendali  e'  basata  su  tecniche  finalizzate  al
ripristino  di  un  corretto  equilibrio   agricoltura-ambiente,   in
conformita' alle linee guida di cui all'allegato F. 
 
                               Capo V 
 
 
                        CONTROLLI E SANZIONI 
 
 
                              Art. 29. 
 
 
              Controlli in zone vulnerabili da nitrati 
 
    1. Per i controlli nelle zone vulnerabili da nitrati  la  Regione
si avvale dell'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente  del
Friuli Venezia Giulia (ARPA) di cui  alla  legge  regionale  3  marzo
1998, n. 6 (Istituzione  dell'Agenzia  regionale  per  la  protezione
dell'ambiente - ARPA) per: 
      a) la verifica della concentrazione  dei  nitrati  nelle  acque
superficiali e sotterranee; 
      b) la valutazione dello stato trofico delle acque superficiali. 
    2. L'ARPA, sulla base di un programma di monitoraggio, effettua i
controlli ambientali per la verifica e valutazione di quanto previsto
al comma 1, utilizzando  stazioni  di  campionamento  rappresentative
delle acque superficiali interne, delle  acque  sotterranee  e  delle
acque estuarine e costiere. 
    3. La frequenza dei  controlli  di  cui  al  comma  2  garantisce
l'acquisizione di dati sufficienti ad evidenziare la  tendenza  della
concentrazione dei nitrati per i seguenti fini: 
      a) valutazione dell'efficacia del programma d'azione; 
      b) revisione delle zone vulnerabili; 
      c) designazione di nuove zone vulnerabili. 
    4. La Regione  si  avvale  dell'ERSA  per  la  predisposizione  e
l'attuazione, anche in collaborazione con gli Ispettorati agricoltura
e foreste e con il Servizio del  corpo  forestale  regionale,  di  un
piano di controllo sulle modalita' di utilizzazione agronomica  nelle
aziende in zone vulnerabili da nitrati per la verifica  del  rispetto
degli obblighi di cui al presente regolamento. 
    5. Nell'ambito delle verifiche di cui al comma 4, l'ERSA effettua
periodicamente, anche in collaborazione con  l'ARPA,  un'analisi  dei
suoli interessati dallo spandimento degli  effluenti  di  allevamento
per la determinazione della concentrazione di rame,  zinco  in  forma
totale, fosforo in forma assimilabile e sodio scambiabile  secondo  i
metodi di analisi chimica del suolo di cui al  decreto  del  Ministro
per le politiche agricole e forestali 13 settembre 1999 (Approvazione
dei «Metodi ufficiali di analisi chimica del suolo»). 
    6. La Regione, avvalendosi dell'ERSA e sulla base delle verifiche
di cui al comma 5, definisce con il regolamento di  cui  all'articolo
3, comma 28 della legge regionale 24/2009 i limiti di  accettabilita'
delle concentrazioni nel suolo di rame, zinco e  fosforo  sulla  base
delle specifiche condizioni locali. 
    7.  La  Regione  si  avvale  dell'ERSA  per  svolgere,  anche  in
collaborazione con gli Ispettorati agricoltura e  foreste  e  con  il
Servizio del corpo forestale regionale, i  sopralluoghi  sui  terreni
delle aziende che effettuano l'utilizzazione agronomica indicati  nel
PUA di cui all'articolo 15 per la verifica della: 
      a)  effettiva  utilizzazione   di   tutta   la   superficie   a
disposizione; 
      b)  presenza  delle  colture  indicate  nella  comunicazione  e
relativo PUA; 
      c) rispondenza dei mezzi e delle modalita' di  applicazione  al
terreno. 
    8. Ai fini delle verifiche di cui al presente  articolo  l'organo
di controllo tiene anche conto delle procedure  di  cui  all'articolo
30. 
    9. L'ERSA nell'ambito delle attivita' di controllo aziendale e in
caso di inosservanza alle disposizioni del regolamento puo', ai sensi
dell'articolo  20,  comma  4  bis,  della  legge  regionale  16/2008,
impartire specifiche prescrizioni. 
 
                              Art. 30. 
 
 
                     Controlli in zone ordinarie 
 
    1. Nelle zone  ordinarie  la  Regione  si  avvale  dell'ERSA  per
organizzare ed effettuare, sulla base delle comunicazioni ricevute  e
delle altre conoscenze a disposizione, anche  in  collaborazione  con
gli Ispettorati agricoltura e foreste e con  il  Servizio  del  corpo
forestale regionale, controlli  cartolari  con  incrocio  di  dati  e
controlli  nelle  aziende   per   la   verifica   della   conformita'
dell'utilizzazione  agronomica  alle   prescrizioni   contenute   nel
presente regolamento. 
    2. I controlli cartolari si effettuano per almeno il 10 per cento
delle comunicazioni ricevute nell'anno e i  controlli  aziendali  per
almeno il 4 per cento delle stesse comunicazioni con inclusione delle
analisi dei suoli dei comprensori piu' intensamente coltivati al fine
di valutare la presenza di eccessi di azoto e  fosforo  applicati  al
terreno. 
    3. Al fine di programmare i controlli di cui al comma  1,  l'ERSA
predispone annualmente una relazione che evidenzia il  diverso  grado
di rischio ambientale e igienico-sanitario sul territorio regionale. 
    4. Si applica l'articolo 29, comma 9. 
 
                              Art. 31. 
 
 
                              Sanzioni 
 
    1. In caso di inosservanza delle norme tecniche del regolamento o
delle prescrizioni di cui  all'articolo  29,  comma  9,  l'ERSA  puo'
disporre, previa diffida, la sospensione a  tempo  determinato  o  il
divieto di esercizio dell'attivita' di utilizzazione  agronomica,  ai
sensi dell'articolo 20, comma 4 ter, della legge regionale 16/2008. 
    2. Ai sensi dell'articolo 20,  comma  5,  della  legge  regionale
16/2008, salvo che il fatto costituisca reato,  le  violazioni  degli
obblighi previsti dal regolamento relativi alla  comunicazione  e  al
PUA di cui agli articoli 14, 15 e 24, comportano  l'applicazione,  da
parte dell'ERSA, di una sanzione  amministrativa  pecuniaria  da  600
euro a 6000 euro. 
    3. Sono fatti salvi i casi di riduzione, esclusione  e  decadenza
degli aiuti concessi nell'ambito del  Programma  di  sviluppo  rurale
2007  -  2013  della  Regione  autonoma  Friuli  Venezia  Giulia  per
violazione degli obblighi connessi al regime di condizionalita'. 
 
                               Capo VI 
 
 
                         DISPOSIZIONI FINALI 
 
 
                              Art. 32. 
 
 
                      Disposizioni transitorie 
 
    1.  Le  comunicazioni  e  i  PUA  presentati   ai   sensi   della
deliberazione della Giunta regionale 16 marzo 2007, n. 536 recante la
disciplina  della  comunicazione  di   avvio   della   attivita'   di
spandimento degli effluenti di  allevamento,  prima  dell'entrata  in
vigore  del  presente  regolamento  conservano  efficacia  fino  alla
scadenza. 
    2. La comunicazione e il PUA di cui agli articoli 14,15 e 24 sono
compilati e stampati utilizzando il S.I.AGRI.FVG, a  decorrere  dalla
data stabilita con decreto  del  Direttore  del  Servizio  competente
della  Direzione  centrale  competente  in  materia  di   agricoltura
pubblicato  sul  Bollettino  ufficiale  e  sul  sito  internet  della
Regione. 
    3. Nelle more dell'adozione della  procedura  di  compilazione  e
stampa  attraverso  il  sistema  informativo  di  cui  al  comma   2,
comunicazione  e  PUA  sono  presentati   alla   Direzione   centrale
competente in materia di agricoltura  in  formato  cartaceo,  con  le
modalita' di cui agli articoli 14  e  15,  secondo  quanto  stabilito
nell'allegato D. 
    4. Il registro delle fertilizzazioni di cui  all'articolo  25  e'
scaricabile dal SIAGRI.FVG  a  decorrere  dalla  data  stabilita  dal
decreto di cui al comma 2. 
 
                              Art. 33. 
 
 
                             Abrogazioni 
 
    1. E' abrogato il decreto del Presidente della Regione 25  maggio
2010, n. 108 (Regolamento di attuazione dell'articolo 19 della  legge
regionale 25 agosto 2006, n. 17 (Interventi  in  materia  di  risorse
agricole, naturali, forestali e montagna e in  materia  di  ambiente,
pianificazione territoriale, caccia e  pesca)  recante  il  Programma
d'azione della Regione Friuli Venezia Giulia  per  la  tutela  ed  il
risanamento delle  acque  dall'inquinamento  causato  da  nitrati  di
origine agricola per le aziende localizzate in zone vulnerabili). 
 
                              Art. 34. 
 
 
                          Entrata in vigore 
 
    1. Il presente regolamento entra in vigore il giorno successivo a
quello  della  sua  pubblicazione  sul  Bollettino  ufficiale   della
Regione. 
(Omissis).