Art. 2 Definizioni 1. Ai fini del presente regolamento si intende per: a) rifiuti sanitari: i rifiuti elencati a titolo esemplificativo, negli allegati I e II del presente regolamento, che derivano da strutture pubbliche e private, individuate ai sensi del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, che svolgono attivita' medica e veterinaria di prevenzione, di diagnosi, di cura, di riabilitazione e di ricerca ed erogano le prestazioni di cui alla legge 23 dicembre 1978, n. 833; b) rifiuti sanitari non pericolosi: i rifiuti sanitari che non sono compresi tra i rifiuti elencati nell'allegato D al decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, e successive modificazioni ed integrazioni; c) rifiuti sanitari pericolosi non a rischio infettivo: i rifiuti sanitari elencati a titolo esemplificativo nell'allegato II, compresi tra i rifiuti pericolosi dell'allegato D al decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, e successive modificazioni, che presentano almeno una delle caratteristiche di pericolo individuate dall'allegato I al decreto medesimo, con esclusione di quella individuata dalla voce "H9" dello stesso allegato I; d) rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo: i seguenti rifiuti sanitari individuati dalle voci 18.01.03 e 18.02.02 dell'allegato D al decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, che presentano la caratteristica di pericolo di cui alla voce "H9" dell'allegato I al predetto decreto: 1) tutti i rifiuti che provengono da ambienti di isolamento infettivo nei quali sussiste un rischio di trasmissione biologica aerea nonche' da ambienti ove soggiornano pazienti in isolamento infettivo affetti da patologie causate da agenti biologici di gruppo IV di cui all'allegato XI del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modifiche ed integrazioni; 2) i rifiuti elencati a titolo esemplificativo nell'allegato I del presente regolamento che presentano almeno una delle seguenti caratteristiche: 2a) provengano da ambienti di isolamento infettivo e siano venuti a contatto con qualsiasi liquido biologico secreto od escreto dei pazienti isolati; 2b) siano contaminati da: 2b1) sangue o altri liquidi biologici che contengono sangue in quantita' tale da renderlo visibile; 2b2) feci o urine, nel caso in cui sia ravvisata clinicamente dal medico che ha in cura il paziente una patologia trasmissibile attraverso tali escreti; 2b3) liquido seminale, secrezioni vaginali, liquido cerebro-spinale, liquido sinoviale, liquido pleurico, liquido peritoneale, liquido pericardico o liquido amniotico; 3) i rifiuti provenienti da attivita' veterinaria, esclusi i rifiuti disciplinati dal decreto legislativo 14 dicembre 1992, n. 508, che: 3a) siano contaminati da agenti patogeni per l'uomo o per gli animali; 3b) siano venuti a contatto con qualsiasi liquido biologico secreto od escreto per i quali sia ravvisato, dal medico veterinario competente, un rischio di patologia trasmissibile attraverso tali liquidi; e) rifiuti da esumazione ed estumulazione: i seguenti rifiuti costituiti da parti, componenti, accessori e residui contenuti nelle casse utilizzate per inumazione o tumulazione: 1) assi e resti lignei delle casse utilizzate per la sepoltura; 2) simboli religiosi, piedini, ornamenti e mezzi di movimentazione della cassa (ad es. maniglie); 3) avanzi di indumenti, imbottiture e similari; 4) resti non mortali di elementi biodegradabili inseriti nel cofano; 5) resti metallici di casse (ad es. zinco, piombo); f) rifiuti derivanti da altre attivita' cimiteriali: i seguenti rifiuti derivanti da attivita' cimiteriali: 1) materiali lapidei, inerti provenienti da lavori di edilizia cimiteriale, smurature e similari; 2) altri oggetti metallici o non metallici asportati prima della cremazione, tumulazione od inumazione; g) rifiuti sanitari assimilati ai rifiuti urbani: i seguenti rifiuti sanitari, qualora non rientrino tra quelli di cui alle lettere c) e d) del presente articolo, assoggettati al regime giuridico e alle modalita' di gestione dei rifiuti urbani: 1) i rifiuti derivanti dalla preparazione dei pasti provenienti dalle cucine delle strutture sanitarie; 2) i rifiuti derivanti dall'attivita' di ristorazione e i residui dei pasti provenienti dai reparti di degenza delle strutture sanitarie, esclusi quelli che provengono da pazienti affetti da malattie infettive per i quali sia ravvisata clinicamente, dal medico che li ha in cura, una patologia trasmissibile attraverso tali residui; 3) vetro, carta, cartone, plastica, metalli, imballaggi in genere, materiali ingombranti da conferire negli ordinari circuiti di raccolta differenziata, nonche' altri rifiuti non pericolosi che per qualita' e per quantita' siano assimilati agli urbani ai sensi dell'articolo 21, comma 2, lettera g), del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22; 4) la spazzatura; 5) i rifiuti costituiti da indumenti monouso; 6) i rifiuti provenienti da attivita' di giardinaggio effettuata nell'ambito delle strutture sanitarie; 7) i gessi ortopedici, gli assorbenti igienici, i pannolini pediatrici e i pannoloni; 8) i rifiuti sanitari a solo rischio infettivo assoggettati a procedimento di sterilizzazione effettuato ai sensi della lettera l), a condizione che sia in esercizio nell'ambito territoriale ottimale di cui all'articolo 23 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, almeno un impianto di incenerimento per rifiuti urbani, oppure sia intervenuta autorizzazione regionale allo smaltimento in discarica, secondo quanto previsto all'articolo 45, comma 3, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22; h) rifiuti sanitari che richiedono particolari sistemi di gestione: le seguenti categorie di rifiuti sanitari: 1) farmaci scaduti o inutilizzabili compresi i farmaci ed i materiali antiblastici per uso umano o veterinario; 2) organi e parti anatomiche non riconoscibili di cui al punto 3 dell'allegato I al presente regolamento; 3) animali da esperimento di cui al punto 3 dell'allegato I al presente regolamento; 4) sostanze stupefacenti e altre sostanze psicotrope; i) disinfezione: drastica riduzione della carica microbica effettuata con l'impiego di sostanze disinfettanti; l) sterilizzazione di cui all'articolo 45 del decreto legislativo n. 22/1997: abbattimento della carica microbica tale da garantire un S.A.L. (Sterility Assurance Level) non inferiore a 10-6. La sterilizzazione e' effettuata secondo le norme UNI 10384/94, parte prima, mediante procedimento che comprenda anche la triturazione e l'essiccamento ai fini della non riconoscibilita' e maggiore efficacia del trattamento nonche' la diminuzione di volume dei rifiuti stessi. L'efficacia viene verificata secondo quanto indicato nell'allegato III del presente regolamento. La sterilizzazione dei rifiuti sanitari a rischio infettivo e' una facolta' esercitabile ai fini della semplificazione delle modalita' di gestione dei rifiuti stessi; m) sterilizzatrici: apparecchiature dedicate esclusivamente alla sterilizzazione dei rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo. L'efficacia del procedimento di sterilizzazione ed i metodi per dimostrarla, sono stabiliti dalla norma UNI 10384/94, parte prima sulla base delle prove di convalida in essa stabilite.
Note all'art. 2: - Il decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, reca: "Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'art. 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421". - La legge 23 dicembre 1978, n. 833, reca: "Istituzione del servizio sanitario nazionale". - Il decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, reca: "Attuzione delle direttive 89/391/CEE, 89/654/CEE, 89/655/CEE, 89/656/CEE, 90/269/CEE, 90/270/CEE, 90/394/CEE e 90/679/CEE riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori sul luogo di lavoro". - Il decreto legislativo 14 dicembre 1992, n. 508, reca: "Attuazione della direttiva 90/667/CEE del Consiglio del 27 novembre 1990, che stabilisce le norme sanitarie per l'eliminazione, la trasformazione e l'immissione sul mercato di rifiuti di orgine animale e la protezione dagli agenti patogeni degli alimenti per animali di origine animale o a base di pesce e che modifica la direttiva 90/425/CEE". - Il comma 2 dell'art. 21 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, e' il seguente: "2. I comuni disciplinano la gestione dei rifiuti urbani con appositi regolamenti che, nel rispetto dei principi di efficienza, efficacia ed economicita', stabiliscono in particolare: a) le disposizioni per assicurare la tutela igienico-sanitaria in tutte le fasi della gestione dei rifiuti urbani; b) le modalita' del servizio di raccolta e trasporto dei rifiuti urbani; c) le modalita' del conferimento, della raccolta differenziata e del trasporto dei rifiuti urbani al fine di garantire una distinta gestione delle diverse frazioni di rifiuti e promuovere il recupero degli stessi; d) le norme atte a garantire una distinta ed adeguata gestione dei rifiuti urbani pericolosi, e dei rifiuti da esumazione ed estumulazione di cui all'art. 7, comma 2, lettera f); e) le disposizioni necessarie a ottimizzare le forme di conferimento, raccolta e trasporto dei rifiuti primari di imballaggio in sinergia con altre frazioni merceologiche, fissando standard minimi da rispettare; f) le modalita' di esecuzione della pesata dei rifiuti urbani prima di inviarli al recupero e allo smaltimento; g) l'assimilazione per qualita' e quantita' dei rifiuti speciali non pericolosi ai rifiuti urbani ai fini della raccolta e dello smaltimento sulla base dei criteri fissati ai sensi dell'art. 18, comma 2, lettera d). Sono comunque considerati rifiuti urbani, ai fini della raccolta, del trasporto e dello stoccaggio, tutti i rifiuti provenienti dallo spazzamento delle strade ovvero, di qualunque natura e provenienza, giacenti sulle strade ed aree pubbliche o sulle strade ed aree private comunque soggette ad uso pubblico o sulle strade marittime e lacuali e sulle rive dei corsi d'acqua. - L'art. 23 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, e' il seguente: "Art. 23 (Gestione dei rifiuti urbani in ambiti territoriali ottimali). - 1. Salvo diversa disposizione stabilita con legge regionale, gli ambiti territoriali ottimali per la gestione dei rifiuti urbani sono le province. In tali ambiti territoriali ottimali le province assicurano una gestione unitaria dei rifiuti urbani e predispongono piani di gestione dei rifiuti, sentiti i comuni, in applicazione degli indirizzi e delle prescrizioni del presente decreto. 2. Per esigenze tecniche o di efficienza nella gestione dei rifiuti urbani, le province possono autorizzare gestioni anche a livello subprovinciale purche', anche in tali ambiti territoriali sia superata la frammentazione della gestione. 3. I comuni di ciascun ambito territoriale ottimale di cui al comma 1, entro il termine perentorio di sei mesi dalla delimitazione dell'ambito medesimo, organizzano la gestione dei rifiuti urbani secondo criteri di efficienza, di efficacia e di economicita'. 4. I comuni provvedono alla gestione dei rifiuti urbani mediante le forme, anche obbligatorie, previste dalla legge 8 giugno 1990, n. 142, come integrata dall'art. 12 della legge 23 dicembre 1992, n. 498. 5. Per le finalita' di cui ai commi 1, 2 e 3, le province, entro il termine di dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, coordinano, sulla base della legge regionale adottata ai sensi della legge 8 giugno 1990, n. 142, e successive modificazioni, le forme ed i modi della cooperazione tra gli enti locali ricadenti nel medesimo ambito ottimale. Nei casi in cui la forma di cooperazione sia attuata per gli effetti dell'art. 24 della legge 8 giugno 1990, n. 142, le province individuano gli enti locali partecipanti, l'ente locale responsabile del coordinamento, gli adempimenti ed i termini previsti per l'assicurazione delle convenzioni di cui all'art. 24, comma 1, della legge 8 giugno 1990, n. 142. Dette convenzioni determinano in particolare le procedure che dovranno essere adottate per l'assegnazione del servizio di gestione dei rifiuti, le forme di vigilanza e di controllo, nonche' gli altri elementi indicati all'art. 24, comma 2, della legge 8 giugno 1990, n. 142. Decorso inutilmente il predetto termine le regioni e le province autonome provvedono in sostituzione degli enti inadempienti. - L'art. 45 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, e' il seguente: "Art. 45 (Rifiuti sanitari). - 1. Il deposito temporaneo presso il luogo di produzione di rifiuti sanitari pericolosi deve essere effettuato in condizioni tali da non causare alterazioni che comportino rischi per la salute e puo' avere una durata massima di cinque giorni. Per quantitativi non superiori a duecento litri detto deposito temporaneo puo' raggiungere i trenta giorni, alle predette condizioni. 2. Al direttore o responsabile sanitario della struttura pubblica o privata compete la sorveglianza ed il rispetto della disposizione di cui al comma 1, fino al conferimento dei rifiuti all'operatore autorizzato al trasporto verso l'impianto di smaltimento. 3. I rifiuti di cui al comma 1 devono essere smaltiti mediante termodistruzione presso impianti autorizzati ai sensi del presente decreto. Qualora il numero degli impianti per lo smaltimento mediante termodistruzione non risulti adeguato al fabbisogno, il presidente della regione, d'intesa con il Ministro della sanita' ed il Ministro dell'ambiente, puo' autorizzare lo smaltimento dei rifiuti di cui al comma 1 anche in discarica controllata previa sterilizzazione. Ai fini dell'acquisizione dell'intesa, i Ministri competenti si pronunciano entro novanta giorni. 4. Con decreto del Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro della sanita', sentita la Conferenza tra lo Stato le regioni e le province autonome, sono: a) definite le norme tecniche di raccolta, disinfezione, sterilizzazione, trasporto, recupero e smaltimento dei rifiuti sanitari pericolosi; b) individuati i rifiuti di cui all'art. 7, comma 2, lettera f) e definite le norme tecniche per assicurare una corretta gestione degli stessi; c) individuate le frazioni di rifiuti sanitari assimilati agli urbani nonche' le eventuali ulteriori categorie di rifiuti sanitari che richiedono particolari sistemi di smaltimento. 5. La sterilizzazione dei rifiuti sanitari pericolosi effettuata al di fuori della struttura sanitaria che li ha prodotti e' sottoposta alle procedure autorizzative di cui agli articoli 27 e 28. In tal caso al responsabile dell'impianto compete la certificazione di avvenuta sterilizzazione.