(all. 1 - art. 1)
                                                             Allegato

                   Al Presidente della Repubblica

    Il   consiglio  comunale  di  Ciro'  (Crotone),  rinnovato  nelle
consultazioni  amministrative  del  27 aprile 1997, presenta forme di
condizionamento   da   parte   della   criminalita'  organizzata  che
compromettono la libera determinazione e l'imparzialita' degli organi
elettivi,  il buon andamento dell'amministrazione ed il funzionamento
dei  servizi,  con grave pregiudizio per lo stato dell'ordine e della
sicurezza pubblica.
    L'area  geografica  in  cui e' collocato il predetto ente risulta
caratterizzata  dalla  presenza di una nota organizzazione criminale,
della   quale   le   autorita'  investigative  hanno  evidenziato  la
pericolosita'  e  la  potenza  sia in quanto componente storica della
`ndrangheta  calabrese,  strettamente  collegata alle cosche reggine,
sia per le ramificazioni sul territorio.
    In   conseguenza  delle  interferenze  nella  gestione  dell'ente
operate   dalla  criminalita'  organizzata,  massicciamente  presente
nell'area  del cirotano, il prefetto di Crotone ha disposto l'accesso
presso  la  suddetta  amministrazione,  ai  sensi dell'art. 1, quarto
comma,  del  decreto  legge 6 settembre 1982, n. 629, convertito, con
modificazioni,  dalla  legge  12 ottobre  1982,  n. 726, e successive
modificazioni e integrazioni.
    Gli   accertamenti   svolti   tanto  dalle  competenti  autorita'
investigative  quanto dalla commissione d'accesso, nell'avvalorare la
sussistenza  delle  ipotesi  di infiltrazioni e condizionamento della
criminalita'    organizzata    nell'azione    amministrativa,   hanno
particolarmente  evidenziato  come  la  principale cosca locale abbia
posto   in   essere  forti  azioni  di  penetrazione,  funzionali  al
perseguimento  di  fini  contrari  al  pubblico  interesse, con grave
pregiudizio per l'istituzione locale.
    La  stretta ed intricata rete di parentele, affinita', amicizie e
frequentazioni,  che  vincola  la maggior  parte degli amministratori
comunali  cosi' come numerosi dipendenti ad esponenti della dominante
cosca  locale,  costituisce il principale strumento attraverso cui la
criminalita'  organizzata  si  e'  ingerita nell'ente condizionandone
l'apparato gestionale e compromettendo la libera determinazione degli
organi.
  Il  livello  di  assoggettamento dell'ente alle scelte della locale
organizzazione  criminale  e'  emerso  principalmente nel settore dei
lavori  e  servizi  pubblici,  in  cui le imprese aggiudicatarie sono
risultate per la maggior parte riconducibili a soggetti facenti parte
della  locale  malavita  organizzata.  Nella  relazione  d'accesso e'
stato,  infatti, evidenziato come esponenti delle consorterie locali,
a   mezzo   di  prestanomi,  abbiano  costituito  imprese  capaci  di
aggiudicarsi  appalti  di  lavori  pubblici, in via esclusiva e senza
timore di concorrenza.
    Emblematica  risulta la vicenda relativa alla gestione di un'area
attrezzata  con  annessi  impianti sportivi, inizialmente affidata ad
una  cooperativa di giovani disoccupati che, dopo anni di difficolta'
riscontrate  sia  sul piano gestionale che contabile, era costretta a
chiedere  nel maggio  2000,  quindi in stretta prossimita' all'inizio
della  stagione  estiva,  prima la sospensione poi la rescissione del
contratto   adducendo   non  specificati  problemi  sopravvenuti.  La
gestione  dell'area  e'  stata  pertanto affidata ad una societa' per
azioni  gia'  costituita  per  la  ristrutturazione e la gestione del
castello  di  Ciro'  e di attivita' turistico-ricettive in genere. La
predetta  societa',  di  cui  il comune detiene il 75% delle azioni e
nella quale il sindaco ricopre l'incarico di presidente del consiglio
d'amministrazione,   ancorche'   scelta   dal   comune   per  le  sue
caratteristiche  di  prevalente  composizione  pubblica  e per la sua
attivita'  nel  settore turistico, con delibera del proprio consiglio
di  amministrazione in data 19 giugno 2000, ha affidato, a sua volta,
a   terzi   la   gestione   dell'impianto  in  assenza  di  qualsiasi
autorizzazione da parte dell'ente committente.
    A  seguito  di gara a tal fine esperita, la gestione del suddetto
impianto  e'  stata affidata ad una ditta individuale il cui titolare
e'  risultato  contiguo  all'ambiente  della  malavita  locale. Dagli
accertamenti  esperiti  e'  emerso  altresi'  che, a differenza delle
altre  ditte  partecipanti,  quella prescelta, pur priva di specifica
esperienza  nel  settore,  ha  procurato  alla  societa' un vantaggio
patrimoniale offrendo per l'affitto della struttura turisticosportiva
un  importo  superiore  a  quello  che  la stessa aveva in precedenza
concordato con l'amministrazione comunale.
    La commissione d'accesso ha in proposito evidenziato la celerita'
con  cui  in  ordine alla descritta vicenda il competente ufficio del
comune   ha   rilasciato   la  necessaria  documentazione,  adottando
procedure anomalamente celeri.
    Sintomatico   della  tendenza  alla  gestione  clientelare  degli
appalti   pubblici  in  un'area  dove,  peraltro,  la  disoccupazione
raggiunge   livelli   allarmanti   e'   la  ricorrente  attribuzione,
riscontrata  nel  corso degli anni, di appalti a ditte i cui titolari
risultano  essere  vicini  ad  esponenti  di  organizzazioni  mafiose
locali.  La  circostanza che alcune ditte abbiano partecipato da sole
alle  gare  d'appalto  in  assenza  di  altri  concorrenti  e'  stata
riscontrata  dalla  commissione  tanto  in  ordine all'appalto per la
privatizzazione  e manutenzione di aree verdi nel centro, quanto alla
fornitura  di inerti e di prestazioni lavorative con mezzi meccanici,
quanto,  ancora,  in  relazione  ai servizi di refezione delle scuole
elementari  e  materna,  la  cui  gestione  risulta  affidata a ditte
collegate  a  soggetti pluripregiudicati, incardinati nelle compagini
malavitose.
    Un  ulteriore  segnale  della soggezione dell'apparato politico e
gestionale  a  scelte  rispondenti  ad  interessi  estranei  a quelli
dell'ente  e' dato dalla vicenda relativa alla mancata destinazione a
fini  sociali  o istituzionali degli immobili confiscati a personaggi
di  spicco  della  principale  cosca  locale,  ai  sensi  della legge
31 maggio  1965,  n.  575, e successive modifiche. L'amministrazione,
infatti,  ha  assunto  al  riguardo  un atteggiamento rinunciatario e
contrastante   con  i  principi  ordinamentali  della  tempestivita',
dell'efficacia e della trasparenza amministrativa.
    L'influenza  dell'azione  di  pressione e penetrazione esercitata
dalle    organizzazioni   malavitose   sull'ente   ha   favorito   il
consolidamento  di  un  sistema  di  connivenze  e collusioni che, di
fatto,  priva la comunita' delle fondamentali garanzie democratiche e
pone in pericolo lo stato generale della sicurezza pubblica.
    Il  delineato  clima  di  grave  condizionamento e degrado in cui
versa  il comune di Ciro', la cui capacita' di determinazione risulta
assoggettata  alle scelte delle locali organizzazioni criminali, e la
palese   inosservanza  del  principio  di  legalita'  nella  gestione
dell'ente  e  l'uso  distorto  della cosa pubblica, utilizzata per il
perseguimento  di  fini  contrari al pubblico interesse, hanno minato
ogni  principio  di  salvaguardia  della  sicurezza pubblica ed hanno
compromesso  le  legittime  aspettative  della  popolazione ad essere
garantita  nella  fruizione  dei  diritti  fondamentali,  ingenerando
sfiducia nella legge e nelle istituzioni da parte dei cittadini.
    La  degradata  complessiva  situazione  del  comune  di  Ciro' e'
altresi'  emersa nel corso della riunione di coordinamento interforze
svoltasi  il  3 novembre  2000,  a  conclusione  della quale, dopo un
analitico  esame,  e'  stato  concordemente ritenuto che la dominante
cosca  mafiosa  esplica  a  livello  territoriale locale un potere di
intimidazione   tale   da   rendere  inevitabile  il  condizionamento
dell'amministrazione comunale.
    La  descritta  condizione esige un intervento risolutore da parte
dello Stato, finalizzato a rimuovere i legami tra esponenti dell'ente
locale  e  la  criminalita' organizzata, a tutela dell'ordine e della
sicurezza  pubblica  e  a  garanzia  dei  valori  costituzionali  che
risultano   in  larga  misura  compromessi  dal  diffuso  sistema  di
illegalita'.
    Per le suesposte considerazioni si ritiene necessario provvedere,
con   urgenza,   ad   eliminare   ogni  ulteriore  deterioramento  ed
inquinamento  della  vita  amministrativa  e  democratica  dell'ente,
mediante   provvedimenti   incisivi   dello   Stato   nei   confronti
dell'amministrazione comunale di Ciro'.
    A  tal  fine il prefetto di Crotone con relazione del 13 novembre
2000, che qui si intende integralmente richiamata, ha dato avvio alla
procedura  di  scioglimento  del consiglio comunale di Ciro' ai sensi
dell'art. 143 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
    La  valutazione  della  situazione  in  concreto  riscontrata, in
relazione  alla  presenza  e all'estensione dell'influenza criminale,
rende  necessario  che  la  durata  della  gestione commissariale sia
determinata in dodici mesi.
    Ritenuto,   per  quanto  esposto,  che  ricorrano  le  condizioni
indicate  nell'art.  143  del  decreto legislativo 18 agosto 2000, n.
267,  che legittimano lo scioglimento del consiglio comunale di Ciro'
(Crotone), si formula rituale proposta per l'adozione della misura di
rigore.
      Roma, 15 febbraio 2001
                                     Il Ministro dell'interno: Bianco