(all. 1 - art. 1) (parte 2)
si  configura  sempre  di  piu'  come  una tematica ad alto contenuto
clinico,  che  comporta un supporto specialistico sia psicologico che
terapeutico.

Raccomandazioni specifiche sp; 1. Alimentazione

   Le  raccomandazioni  che  seguono  tengono conto delle esigenze di
attuazione pratica di attivita' di prevenzione nonche' delle esigenze
di ricerca ad esse legate:

   1.   Stesura   di   indicazioni   operative  alimentari  altamente
   specifiche    nelle    raccomandazioni,    che    considerino   la
   multidimensionalita'   del   problema   (politiche   dei   prezzi,
   pubblicita',   messaggi   educativi,   ecc.),   sulla  base  delle
   indicazioni   scientifiche   delle  linee-guida  gia'  disponibili
   (Commissione  Europea,  ovvero  le  linee-guida elaborate nel 1997
   dall'Istituto Nazionale della Nutrizione)
   2.  Definizione  di  messaggi  semplici,  focalizzati  e rivolti a
   diversi sottogruppi della popolazione.
   3.  Avvio  di  una  sperimentazione  nei luoghi della ristorazione
   collettiva  che  associ ai messaggi educativi la disponibilita' di
   piatti  che rispondano alle esigenze nutrizionali, e di ricette da
   utilizzare anche a casa.

Alcool

   Le  prove  scientifiche  relative agli effetti dannosi dell'alcool
sono  ditale  livello  da  non  richiedere una revisione sistematica.
Resta  tuttavia  irrisolto  il  problema  dei  rischi  e dei benefici
associati  con  il  consumo  di quantita' medio-basse. Numerosi studi
indicano,  infatti,  che  la  relazione  dose-risposta tra consumo di
alcool  e  mortalita'  generale  e da malattie cardiovascolari ha una
forma  ad  U;  la  mortalita'  e'  cioe' piu' bassa per i consumatori
moderati  rispetto  a chi non beve affatto. Non e' ancora chiaro come
questi dati scientifici debbano tradursi in linee-guida operative. E'
necessario   inoltre  valutare  l'efficacia  di  diversi  modelli  di
intervento  educativo,  e  progettare  un  intervento di lotta contro
l'abuso  di  alcool  (non  solo  l'etilismo,  ma consumi medio-alti),
tenendo  conto  delle  esperienze  gia'  in  corso  in Italia e delle
revisioni sistematiche della letteratura.

3) INFEZIONI

La rilevanza delle infezioni nella eziologia dei tumori.

   Si  stima che il 15% di tutti i tumori che sono diagnosticati ogni
anno  nel  mondo  siano  attribuibili ad agenti infettivi: tale quota
varia  dal  21%  per  i  paesi  in  via di sviluppo al 9% per i paesi
industrializzati  come l'Italia. Circa 1.500.000 nuovi casi di tumore
potrebbero  essere  teoricamente  evitati ogni anno in tutto il mondo
prevenendo le infezioni da agenti infettivi rilevanti.

Virus Epatite B (HBV)

   Il   ruolo   dell'infezione  cronica  da  HBV  nell'eziologia  del
carcinoma  epatocellulare  e'  ormai  ben definito, con una stima del
rischio  relativo  che  varia  da  3  a  150.  Nel  1994,  la Agenzia
Internazionale di Ricerche sul Cancro ha incluso l'HBV tra gli agenti
di  provata  cancerogenicita'. Complessivamente, all'infezione da HBV
e' attribuibile il 52% dei carcinomi epatocellulari al mondo.

Virus Epatite C (HCV)

   Anche   l'HCV   e'   stato  incluso  tra  gli  agenti  di  provata
cancerogenicita'  nel  1994  dalla  IARC  per il suo ruolo (in quanto
infezione  cronica)  nell'epatocarcinoma.  La  quota  di  tali tumori
attribuibile all'infezione da HCV e' stimata intorno al 25%.

   Helicobacter pylori (HP)

   Nove studi caso-controllo che hanno indagato la relazione tra HP e
carcinoma  gastrico  hanno evidenziato una associazione positiva, con
una  stima  del  rischio  relativo  compresa tra 1.8 e 6. Altri studi
hanno   evidenziato   aumenti   ristretti  a  sottogruppi  specifici.
Assumendo  un  rischio relativo di 2, e una prevalenza dell'infezione
da HP intorno al 50% nei paesi industrializzati, e' stato stimato che
nel  71%  dei  carcinomi  gastrici  l'infezione  da  HP  ha  un ruolo
determinante.

Human papillomavirus (HPV)

   La  IARC  ha indicato nel 1995 che i sottotipi 16 e 18 di HPV sono
agenti  sicuramente  cancerogeni,  anche  se  l'ipotesi che HPV fosse
coinvolto  nell'eziologia  del  carcinoma  della  cervice uterina era
stata  formulata  da  molti decenni. Ulteriori studi hanno dimostrato
che  anche  i sottotipi 31, 33, 35, 45, 51, 52, 58, 59 possono essere
considerati  cancerogeni.  Complessivamente, gli studi caso-controllo
indicano che le donne HPV positive hanno un rischio di circa 60 volte
piu'  alto di carcinoma cervicale delle donne negative per HPV. L'HPV
e'  responsabile  di  circa  l'80%  dei  tumori  cervicali  nei paesi
industrializzati  e  del  90%  di  tali  tumori  nei  paesi in via di
sviluppo.

HIV

   L'HIV  e'  stato  incluso  nel  1996  tra  gli  agenti sicuramente
cancerogeni  per l'uomo a causa della sua associazione causale con il
sarcoma   di  Kaposi  e  con  alcuni  tipi  di  linfoma  non-Hodgkin.
L'infezione  da  HIV e' associata anche con un aumento del rischio di
carcinoma   invasivo  della  cervice  (una  neoplasia  inclusa  nella
definizione d'AIDS) e del linfoma di Hodgkin.

Epstein-Barr virus (EBV)

   L'associazione  tra  EBV  e  alcuni  tipi di tumore acquisisce una
sempre maggiore consistenza, dovuta al crescere negli anni del numero
di  tumori  umani in cui e' dimostrata la presenza e l'espressione di
sequenze  di  EBV. E' stata riportata un'associazione con l'infezione
da EBV per il linfoma di Hodgkin, per i linfomi non-Hodgkin a cellule
B o a cellule T, per il linfoepitelioma timico, in aggiunta ad alcuni
carcinomi  come  il  carcinoma  gastrico,  i  tumori  delle ghiandole
salivari,  ed  i  tumori  del  tratto  uro-genitale. Nei pazienti che
presentano  una  compromissione del sistema immunitario, la frequenza
di tumori solidi in pazienti con infezione da EBV e' molto piu' rara.
La  maggior  parte  delle  neoplasie  EBV  associate  sono di origine
linfoide,   come   e'   ormai   ben   dimostrato   per   i  disordini
linfoproliferativi  che originano nei pazienti sottoposti a trapianto
d'organo,  o  per i linfomi immunoblastici ed i linfomi primitivi del
sistema nervoso centrale che si verificano nei pazienti con AIDS.

Le strategie per l'intervento

   Una   potenziale  campagna  di  prevenzione  primaria  dei  tumori
associati alle infezioni prevede interventi di tipo comportamentale e
vaccinale.  Per  gli  interventi  di  tipo comportamentale, le vie di
trasmissione  dei  virus  sopra  citati  sono  ben  conosciute  e  la
prevenzione  dell'infezione  e  quella neoplastica coincidono. Per la
riduzione  del  rischio da HBV, HCV, HTV, collegati alla trasmissione
per  via  ematica,  si  raccomanda  l'uso di siringhe sterili, per la
trasmissione  per  via  sessuale  si  raccomanda l'uso del condom con
partner  occasionali  o  con  partner  di  cui  non sia noto lo stato
anticorpale.  Analoga  raccomandazione  sull'uso  del condom vale per
l'HPV.
   Per  quanto  riguarda  la  possibilita'  di  prevenzione  primaria
vaccinale,  la  vaccinazione  contro HBV e' efficace nel prevenire la
morbosita'   da   epatite   ed   e'   plausibile  che  l'eliminazione
dell'infezione    possa    portare   all'annullamento   del   rischio
neoplastico.  La  vaccinazione  contro  HBV  e'  gia'  una realta' in
Italia,  mentre altri vaccini contro l'HPV e l'HP sono attualmente in
via di preparazione e valutazione.

Raccomandazioni specifiche

   In   connessione  con  il  Piano  Nazionale  AIDS,  devono  essere
proseguite  le campagne di informazione relative alla trasmissione di
infezioni durante i rapporti sessuali non protetti e per aumentare la
frequenza  dell'uso  del  condom.  Le numerose esperienze condotte in
questi  anni  per  la  prevenzione dell'AIDS (interventi nelle scuole
basate sugli insegnanti, interventi di educazione fra pari, unita' di
strada  ecc.)  dovrebbero  fungere  da riferimento per lo sviluppo di
attivita'   educative  volte  alla  prevenzione  di  altre  patologie
infettive associate allo sviluppo di neoplasie.
   E'  affidato  alle  Regioni  il  compito  di  programmare adeguati
interventi  di  educazione  alla salute, finalizzati alla prevenzione
delle  infezioni trasmesse per via sessuale ed ematica. L'inserimento
nelle  campagne  dei  contenuti relativi alla prevenzione dei tumori,
accanto  a  quella delle infezioni in quanto tali, puo' migliorare la
consapevolezza  dell'utenza  e  adeguare  il messaggio. E' fortemente
auspicato  inoltre  che tali programmi siano accompagnati da adeguate
attivita'  di  valutazione,  volte  a verificare la loro efficacia in
termini  di  aumento  della proporzione di soggetti con comportamenti
consapevoli e positivi.
   E'   fortemente   raccomandato   considerare   nei   programmi  la
possibilita' di distribuire gratuitamente siringhe e condom ai gruppi
a rischio. I programmi di educazione dovrebbero essere implementati a
livello  Aziendale  coinvolgendo nella loro realizzazione i m.m.g, in
primo  luogo,  tutte  le  strutture  sanitarie pubbliche con le quali
l'utenza  a  rischio puo' venire in contatto, il mondo della scuola e
l'associazionismo,  soprattutto  giovanile.  I  servizi di educazione
alla   salute  dovranno  essere  sistematicamente  coinvolti  per  la
progettazione  degli  interventi,  al  fine  di  garantire  l'uso  di
tecniche  comunicative  adeguate.  I Dipartimenti di Prevenzione sono
sistematicamente chiamati in causa:
   - per la progettazione degli interventi;
   - per la loro valutazione;
   -  per  il  controllo  della  copertura  vaccinale soprattutto per
quanto riguarda l'epatite B.
   Si  ritiene  inoltre opportuno, quando possibile, che le strutture
di   ricerca   italiane   partecipino   ai   progetti  internazionali
multicentrici  volti  ad  implementare e sperimentare i nuovi vaccini
con potenzialita' di prevenzione primaria dei tumori.

4) ESPOSIZIONI IN AMBIENTE DI LAVORO

   Il  PSN  fa  riferimento  all'ambiente  di lavoro nelle "azioni da
sviluppare  nei  piani  regionali  e  aziendali".  Alcune azioni sono
pertinenti alla prevenzione dei tumori, quali le seguenti:

   - potenziamento e razionalizzazione della formazione degli addetti
   alla vigilanza e controllo;
   - informazione ai lavoratori;
   - realizzazione di una rete di epidemiologia occupazionale;
   -  piena  realizzazione  della  recente  normativa  di  settore  e
   perseguimento  sanzionatorio e giudiziario delle inadempienze alla
   legge;
   - miglioramento delle rilevazioni sulle malattie professionali.

Le evidenze disponibili

   Sono    stati    identificati    come   cancerogeni   dall'Agenzia
Internazionale  per  la  Ricerca  sul  Cancro (LARC) numerosi agenti,
processi  produttivi  ed  esposizioni  lavorative.  Si ritiene che le
esposizioni  professionali  contribuiscano ad almeno il 3-4% di tutta
la  patologia  neoplastica,  con  una percentuale maggiore per alcune
sedi tumorali come il polmone (fino al 40%) o la vescica (fino al 25%
circa). Esiste, tuttavia, un divario notevole tra il numero di tumori
professionali  stimati sulla base delle indagini epidemiologiche e il
numero  molto  inferiore  dei  tumori  indennizzati.  Nel quinquennio
1993-97  sono stati riconosciuti e indennizzati in Italia 476 casi di
tumore  di  origine  professionale, a fronte di un numero (desumibile
dalle suddette stime della letteratura scientifica) dell'ordine delle
migliaia per anno. Si consideri che solo l'amianto causa ogni anno in
Italia  circa  1000  mesoteliomi  pleurici e un numero verosimilmente
analogo  di  tumori  polmonari.  Si  tratta  quindi  di  un  fenomeno
largamente   sommerso.  Tra  le  cause  di  tale  divario  vi  e'  la
difficolta'  nel  ricostruire  le  esposizioni lavorative lontane nel
tempo,   la   insorgenza   della   patologia   neoplastica   dopo  il
pensionamento,  quando  i  lavoratori  cessano  di essere seguiti dai
servizi   di  prevenzione  competenti,  nonche'  la  non  sufficiente
attenzione   e  preparazione  delle  strutture  di  diagnosi  e  cura
all'identificazione    delle   cause   lavorative   della   patologia
neoplastica.

Le strategie per l'intervento

   La  prevenzione  primaria  dei  tumori professionali si ottiene in
primo   luogo   attraverso   interventi   tecnologici   mirati   alla
modificazione  dei cicli lavorativi e degli agenti chimici impiegati,
nonche'  con  una  capillare  azione di formazione e informazione nei
confronti dei lavoratori, come prevede la normativa vigente.
   L'efficacia  di  questi  interventi  e'  valutabile indirettamente
attraverso  studi  epidemiologici,  che  confrontino  l'incidenza dei
tumori  nelle stesse coorti lavorative prima e dopo gli interventi di
prevenzione. Considerando i tempi di latenza delle neoplasie in esame
(20-30 anni), e' possibile oggi valutare l'efficacia degli interventi
di prevenzione dei primi anni Settanta.
   Appare    prioritario    attivare   azioni   che   permettano   la
identificazione  delle  popolazioni di lavoratori a rischio di cancro
nel  contesto  nazionale.  In Italia la normativa prevede due sistemi
nazionali   di  registrazione  dell'esposizione:  il  registro  degli
esposti  a cancerogeni previsto dal D.Lgs 626\94 ed il registro degli
esposti  ad  amianto  previsto dal D.Lgs 277\91. Ambedue i sistemi si
basano   sull'attivazione   di   flussi  informativi  tra  le  unita'
produttive,  l'organo  di  vigilanza  e  l'ISPESL, presso di cui sono
istituiti  i  registri  di  esposizione.  I modelli e le modalita' di
registrazione  sono stati predisposti dall'ISPESL. Tuttavia i decreti
attuativi,   cui   la  normativa  rimanda  per  l'applicazione  delle
disposizioni,  non  sono  ancora stati emanati. Appare necessario che
tali  strumenti ed i relativi flussi informativi siano al piu' presto
adottati,  al  fine  di  attivare  il  previsto  sistema nazionale di
registrazione.
   Sulla base delle considerazioni esposte, si rimanda all'iniziativa
regionale  l'elaborazione  di  piani  per  la  prevenzione dei tumori
professionali   e   si   raccomanda  il  perseguimento  dei  seguenti
obbiettivi:

  -  Identificazione  e classificazione delle aziende che impiegano e
  producono  cancerogeni,  ordinandole  per  comparto  e tipologia di
  lavorazione, e quantificare l'esposizione professionale.
  -  Indicazione e promozione di soluzioni tecnologiche concretamente
  attuabili  in grado di sostituire le sostanze cancerogene dai cicli
  lavorativi  o,  quanto  meno,  di  ridurre al minimo le esposizioni
  professionali conseguenti alla loro presenza.
  -  Definizione  di  archivi  di  esposti  a  cancerogeni di origine
  professionale e realizzazione della sorveglianza epidemiologica sui
  tumori  professionali  e lavoro-correlati, prioritariamente rivolta
  verso  quelli a piu' elevata frazione eziologica, finalizzata anche
  al loro riconoscimento in sede medico-legale.

   Un contributo importante alla prevenzione dei tumori professionali
puo'  venire da un maggior coinvolgimento e partecipazione, su questa
tematica,   delle  strutture  di  diagnosi  e  cura  dei  tumori.  In
particolare,  si  propone che per le due neoplasie professionali piu'
frequenti,  quelle  polmonari  e vescicali, le strutture del Servizio
Sanitario  Nazionale s'impegnino a raccogliere in modo standardizzato
un'adeguata   anamnesi  lavorativa  dei  casi,  utilizzando  apposita
modulistica  ben  sperimentata. Tali notizie dovranno far parte della
documentazione    clinica   individuale.   Dall'insieme   di   queste
segnalazioni  potra'  derivare  l'individuazione di eventuali focolai
epidemici  attualmente  non  riconosciuti,  con  la  possibilita'  di
attivare interventi di prevenzione mirati.

Raccomandazioni specifiche

   1. Attivare piani per la sorveglianza a livello regionale in grado
di  identificare  e  classificare  i  comparti  e  le lavorazioni con
impiego  e produzione di cancerogeni, registrare i soggetti esposti a
sostanze  cancerogene  come  espressamente  previsto dal DLgs 626/94,
riconoscere    la    patologia   tumorale   dovuta   ad   esposizioni
professionali.
   2.   Aumentare   la  sensibilita'  delle  strutture  del  Servizio
Sanitario   Nazionale   nel   riconoscimento  di  tumori  di  origine
professionale,   adeguando   le   procedure   attualmente  carenti  e
deficitarie nella raccolta dell'anamnesi professionale dei casi. Cio'
permettera'  di migliorare la qualita' delle informazioni relative ai
casi  di  neoplasia  di  origine  professionale,  che  devono  essere
trasmesse  all'ISPESL,  ai  fini  della  registrazione  nell'archivio
nazionale dei casi di tumore di sospetta origine professionale, cosi'
come  previsto  all'art.  71  del  d.Lgs  626\94.  A tal fine, appare
opportuno  che  le  Amministrazioni  Regionali predispongano apposite
schede  con  l'elenco  delle esposizioni e delle attivita' lavorative
per le quali esiste evidenza di associazione con i tumori del polmone
e della vescica.

5)RADON

   Il  problema  dei rischi sanitari connessi alla presenza del radon
negli  edifici  e'  affrontato  esplicitamente  nel  Piano  Sanitario
Nazionale  1998-2000.  Gli  obbiettivi  sono l'intensificazione della
ricerca  scientifica  nel settore e la riduzione della concentrazione
di  radon nelle abitazioni ed in altri luoghi chiusi. Dovranno essere
attivate  azioni  per  l'identificazione  delle  situazioni  con  una
concentrazione  di  radon  piu'  elevata, la predisposizione di norme
specifiche,  lo  studio  di adeguate azioni di rimedio, la formazione
professionale e l'informazione della popolazione.

Gli effetti sanitari del radon

   L'esposizione  al  radon  ed ai suoi prodotti di decadimento e' un
fattore  di  rischio  per  il  tumore  polmonare  ed  e' generalmente
considerata  come  una delle principali cause di tale neoplasia, dopo
il  fumo  di  sigaretta.  L'Agenzia Internazionale per la Ricerca sul
Cancro  ha classificato tali radionuclidi tra le sostanze cancerogene
di  gruppo  1.  Si  stima che il rischio individuale sull'intera vita
dovuto  all'esposizione  continua  a 100 Bq/m3 sia dell'ordine di 1%,
con un'incertezza stimabile in un fattore 3.
   A  tutt'oggi  le  incertezze  sulle stime quantitative del rischio
sono  rilevanti,  anche  se  minori  di quelle relative a molti altri
cancerogeni,  in  particolare  per quel che riguarda l'estrapolazione
alla   popolazione  esposta  in  ambienti  domestici,  l'entita'  del
sinergismo con il fumo di sigarette ed il rischio per i non fumatori.
.sp, La situazione in Italia

   L'esposizione  della  popolazione  in  Italia  e'  stata  valutata
tramite  un'indagine  nazionale,  promossa e coordinata dall'Istituto
Superiore  di Sanita' e dall'ANPA in collaborazione con le Regioni su
un  campione  di  5000  abitazioni. Tale indagine condotta negli anni
1989-96  ha permesso di stimare la distribuzione della concentrazione
di  radon  nelle  abitazioni,  il cui valore medio e' risultato di 75
Bq/m3,  cui  corrisponde,  secondo  una stima preliminare, un rischio
individuale sull'intera vita dell'ordine di 0.5%. Indagini effettuate
in  scuole  materne ed elementari di sei regioni italiane hanno messo
in  evidenza  che anche in questa tipologia di edifici si riscontrano
livelli equivalenti o superiori a quelli delle abitazioni. Sulla base
di  tali  dati, e' stato stimato che il 5-15% dei circa 30.000 tumori
polmonari  l'anno,  che si verificano in Italia, sono attribuibili al
radon.
   La  maggior  parte  dei  tumori  attribuibili  al  radon e' dovuta
all'interazione radon-fumo.
   In  Italia,  a  differenza  di  molti paesi Europei, non esiste al
momento  normativa  in  materia  di radon. A livello comunitario, una
raccomandazione  del  1990,  prevede  l'adozione  per  le  abitazioni
esistenti  di  un  livello  di riferimento di 400Bq\mc sopra il quale
effettuare  interventi  per ridurre la concentrazione di radon e, per
le  abitazioni future, l'adozione di un limite superiore di 200Bq\mc.
Inoltre  la  direttiva  96\29 Euratom, in materia di radioprotezione,
prevede  che  gli stati membri emanino una normativa per il radon nei
luoghi di lavoro entro il maggio del 2000.
   Con  l'indagine  nazionale  nelle  abitazioni si e' stimato che in
circa   l'1%   di   esse   (circa   200.000  abitazioni)  vi  e'  una
concentrazione  di  radon  superiore  ai 400Bq e in circa il 4% delle
abitazioni (circa 800.0000) si superano i 200 Bq.
   Una  situazione  non  molto  diversa  e'  prevedibile anche per le
scuole  ed  i  luoghi di lavoro. I livelli di riferimento citati sono
livelli  normativi  e non soglie di pericolo, in quanto il rischio di
tumore  polmonare  associato  all'esposizione  a radon e', allo stato
attuale delle conoscenze, un effetto senza soglia.

L'efficacia degli interventi.

   Dal  punto  di vista tecnico le azioni preventive piu' studiate si
riferiscono a sistemi per ridurre l'ingresso nelle case monofamiliari
del  radon  proveniente  dal suolo. Con tali sistemi si ottiene anche
una riduzione del 90% della concentrazione del radon. Per gli edifici
di  grandi dimensioni i risultati sono generalmente inferiori. Per le
situazioni  per le quali i materiali da costruzione contribuiscono in
maniera  rilevante,  non  sono ancora stati trovati rimedi efficaci e
duraturi  e  l'unico  approccio  si  basa  sull'uso  di materiali che
emanano poco radon.

Raccomandazioni specifiche

   Il  PSN  1998-2000 si pone come obiettivo la riduzione del rischio
di   tumore   polmonare  derivante  dall'esposizione  a  radon  nelle
abitazioni   ed   in   altri   luoghi   chiusi,   tramite   azioni  e
raccomandazioni  specifiche  che sono qui riprese e puntualizzate. Le
azioni  suggerite  costituiscono  i  primi  elementi  del  "Programma
nazionale  radon"  pluriennale - da effettuarsi in collaborazione con
altri  enti  ed  amministrazioni, in analogia a quanto fatto in altri
Paesi  Europei - la cui elaborazione complessiva e' promossa da parte
del Ministero della Sanita'.
   Emanazione  di linee guida per l'individuazione delle aree e degli
edifici con concentrazione di radon piu' elevata, sia per i luoghi di
lavoro   e   le  scuole  (oggetto  dell'imminente  recepimento  della
direttiva   europea  96/29)  sia  per  le  abitazioni.  Lo  strumento
principale  saranno  adeguate  campagne  di misura, da effettuarsi in
collaborazione  tra  il SSN e i laboratori regionali per il controllo
della  radioattivita'  ambientale.  Tali  laboratori,  realizzati dal
Ministero  della  Sanita'  dopo  l'incidente di Chemobyl generalmente
presso  i  Presidi  Multizonali  di Prevenzione, e in molti casi gia'
transitati  alle  Agenzie  Regionali  per  la  Protezione  Ambientale
partecipando all'indagine nazionale sul radon nelle abitazioni, hanno
acquisito una notevole esperienza, e sono dotati della strumentazione
necessaria.
   2.  Promozione  di un'indagine epidemiologica multicentrica per la
stima del rischio radon tra i soggetti non fumatori, che coinvolga le
Regioni  in  cui  sono  stati  riscontrati i valori medi piu' alti di
concentrazione  di  radon  nelle  abitazioni,  al fine di valutare il
numero  di  casi  di tumore polmonare attribuibili al radon tra i non
fumatori.
   3.  Predisposizione  di una normativa specifica per il radon nelle
abitazioni,  che  si armonizzi con quella per i luoghi di lavoro, che
sara' contenuta nel recepimento della direttiva europea 96/29.
   4.  Raccolta  sistematica  dei  dati  relativi alle misurazioni di
concentrazione  di radon ed alle azioni di rimedio o preventive sugli
edifici,  al fine di valutare l'efficacia degli interventi in termini
di numero di edifici individuati con alti valori di concentrazione di
radon,  di  percentuale  di  tali  edifici "risanati", e di entita' e
durata della riduzione della concentrazione di radon.
   5.  Emanazione  di linee guida per la formazione del personale del
SSN  e per una corretta informazione della popolazione. Cio' si rende
particolarmente utile anche in vista dell'imminente recepimento della
direttiva europea 96/29.

6) RADIAZIONI IONIZZANTI PER SCOPI MEDICI

   Il PSN si pone come obiettivo la riduzione del rischio (di tumore)
associato  all'esposizione  a  radiazioni  ionizzanti  per le persone
sottoposte  ad  indagini  cliniche  di radiodiagnostica e di medicina
nucleare,  mediante la riduzione degli esami non necessari (anche con
campagne di educazione sanitaria) l'adozione di adeguati programmi di
assicurazione di qualita' e la sostituzione degli apparati obsoleti.

Strategie per l'intervento

   Anche  con  riferimento  ad una vasta esperienza internazionale si
puo'  ritenere  che il conseguimento degli obiettivi indicati dal PSN
in  materia di protezione dalle radiazioni ionizzanti in campo medico
debba  essere associato alla esigenza di poter far fronte all'aumento
considerevole   del   numero   di   pratiche   radiologiche,  e  piu'
recentemente di quelle ad alta dose come la Tomografia Computerizzata
ed  alle  indagini  su  soggetti  in eta' pediatrica. Si deve inoltre
tenere  conto  che le prestazioni radiologiche sono spesso ancora non
ottimizzate.  E'  stato,  infatti,  verificato che la stessa indagine
puo'  essere  effettuata  con  dosi estremamente diverse a parita' di
qualita'   o  produrre  immagini  di  qualita'  non  sufficiente  con
conseguente necessita' di ripetizione dell'esame.
   Pertanto,  mentre  da  una  parte  e' necessario intervenire sulla
riduzione  del  numero  di  esposizioni  attraverso la limitazione di
tutte le esposizioni non necessarie, si deve altresi' intervenire per
migliorare   il  rapporto  tra  la  qualita'  dell'immagine  o  della
prestazione   e   la   dose   associata  alla  singola  procedura,  e
standardizzare  al  livello delle prestazioni migliori le prestazioni
sull'intero territorio nazionale.
   Il    primo   obiettivo,   oltre   a   richiedere   una   maggiore
sensibilizzazione   della   popolazione   su  questo  tema,  richiede
soprattutto  un  aumento  di consapevolezza degli stessi, medici, che
puo' essere perseguito promuovendo la diffusione della conoscenza dei
problemi della radioprotezione del paziente.
   L'ottimizzazione  delle  prestazioni e' invece il risultato di una
operazione  piu'  complessa  che riguarda non solo l'efficienza delle
apparecchiature  ma  anche  un  loro uso ottimale e quindi prevede un
impegno   per  la  formazione  e  l'aggiornamento  del  personale  su
specifici temi di radioprotezione del paziente.
   Importante  e'  infine  un  impegno  di ricerca e di aggiornamento
continuo   per  la  individuazione  di  metodi  e  di  procedure  per
raggiungere  tale  obiettivo. Le recenti disposizioni legislative per
la  protezione  dalle  radiazioni  in  campo  medico  (D.Lgs 230/95 e
decreti  applicativi)  hanno  delineato  un  quadro  diversificato di
adempimenti  che  riguardano tra l'altro sia la giustificazione delle
indagini   con   radiazioni   ionizzanti   e   la  definizione  delle
responsabilita',  sia  l'obbligo di effettuare programmi di controllo
di qualita' sulla strumentazione.
   Non   risultano   dati  sulla  reale  applicazione  delle  attuali
disposizioni legislative. Si ricorda peraltro che e' stato pubblicato
il  D.Lgs. n. 187 del 26\5\2000 in attuazione della direttiva EURATOM
97/43  sulle  esposizioni  mediche,  Il  suddetto  D.Lgs. modifica ed
abroga la sezione II del capo IX del D.Lgs. 230\95, introduce dosi di
riferimento per gli esami di radiodiagnostica e di medicina nucleare,
indica  che  si ponga particolare attenzione agli esami ad alta dose,
agli  esami  effettuati per " screening", alle indagini effettuate su
pazienti  in  eta'  pediatrica,  e  che si predispongano programmi di
assicurazione della qualita'.

Raccomandazioni specifiche

Per  un'attuazione  piu'  efficace  delle disposizioni legislative si
raccomandano le seguenti azioni:

   1.   Emanazione  di  linee  guida,  in  via  prioritaria,  per  la
   definizione di programmi di garanzia della qualita', delle dosi di
   riferimento e dei criteri di accettabilita' della strumentazione;
   2.  Messa a punto di procedure di valutazione dell'efficacia degli
   interventi,  per le quali e' necessario e' sviluppare le attivita'
   conoscitive sotto elencate:

  -  sistematizzare ed organizzare l'inventario delle apparecchiature
  radiologiche,   anche  per  poter  consentire  il  controllo  della
  applicazione  della  normativa  vigente  da  parte  delle autorita'
  preposte alla vigilanza;
  -  organizzare una raccolta sistematica di dati su tipo e frequenza
  degli  esami radiologici (inclusa la medicina nucleare), allo scopo
  di individuare su quali settori intervenire in modo prioritario;

7) RADIAZIONI ULTRAVIOLETTE

   Il  PSN  affronta  il  problema  dei  rischi  cancerogeni connessi
all'esposizione  a radiazioni ultraviolette, ponendosi come obiettivo
la  riduzione di tali rischi mediante adeguate campagne di educazione
sanitaria.

L'evidenza disponibile

   La  radiazione  ultravioletta  (RUV)  e'  un  accertato fattore di
rischio   per  danni  a  breve  e  a  lungo  termine  sia  di  natura
deterministica  sia  di  natura  probabilistica. Fra essi particolare
rilievo  sanitario  riveste  la  fotoinduzione  dei  tumori  cutanei.
L'Agenzia  Internazionale  per  la  Ricerca  sul  Cancro  colloca  la
radiazione  solare,  in  particolare la componente ultravioletta, tra
gli  agenti  cancerogeni  per  l'uomo  (gruppo  1). La stessa Agenzia
analizza  i  problemi  connessi  con  l'esposizione  umana alla RUV e
raccomanda  piu' incisive ed idonee azioni di prevenzione primaria da
parte delle autorita' sanitarie nazionali. Nelle popolazioni di ceppo
caucasico  di  tutti  i  Paesi economicamente ricchi, nel corso degli
ultimi  decenni,  l'incremento dell'incidenza delle neoplasie cutanee
e'  stato tra i piu' elevati. E' stata osservata una associazione tra
la  probabilita'  che si manifesti il carcinoma della pelle e la dose
accumulata  da  ciascun  individuo  nel  corso della sua vita. Per il
melanoma  della  pelle  si  e' osservato che il rischio dipende anche
dalla  storia  personale  delle ustioni cutanee da esposizione acuta,
soprattutto se occorse durante l'infanzia e l'adolescenza.
   La    struttura    socio-economica    della   societa'   influisce
significativamente sul rischio sanitario da RUV, nel senso che quanto
maggiori sono le disponibilita' economiche, tanto piu' sono probabili
abitudini,  comportamenti e condizioni a rischio (viaggi in localita'
tropicali,   escursioni  ad  alta  quota,  trattamenti  estetici  con
sorgenti  artificiali,  cambio  repentino  dei livelli di esposizione
alla  radiazione  solare  per attivita' ricreative praticate nel fine
settimana, ecc.).

Nel  definire  le  priorita',  i  settori  di  intervento e le misure
concrete da adottare, bisogna considerare:

  - gli effetti benefici ed essenziali dell'esposizione alle RUV;
  -  le  peculiari  caratteristiche  della  sorgente che maggiormente
  contribuisce all'esposizione umana, il sole;
  -  le  attivita'  ricreative  ed il desiderio che induce la maggior
  parte della popolazione ad esporre il proprio corpo alle RUV solari
  o artificiali.

Raccomandazioni specifiche

  -  Promuovere l'informazione e educazione sanitaria volta a ridurre
  l'eccessiva  esposizione  alla RUV solare, soprattutto nei soggetti
  maggiormente a rischio;
  -  Regolamentare, con misure normative ed amministrative, l'impiego
  della RUV artificiale nei trattamenti estetici;
  - Aggiornare le norme di protezione che individuino livelli massimi
  di  esposizione  per  tutti  coloro  che  sono  esposti  per motivi
  professionali in ambiente di lavoro;
  -   Promuovere   l'applicazione   dei  principi  di  ottimizzazione
  nell'impiego terapeutico della RUV;

5. Valutare l'efficacia delle misure di protezione adottate.

8) CANCEROGENI AMBIENTALI

   Il  PSN,  pur ascrivendo al contesto ambientale e all'inquinamento
atmosferico  un ruolo importante per la salute dei cittadini, ha reso
esplicita  l'oggettiva  difficolta'  nella elaborazione di obbiettivi
specifici.   Tra   le   misure   indicate   nel  P.S.N.  per  ridurre
l'inquinamento  atmosferico, vengono qui sotto indicate quelle che si
prestano ad iniziative in contesti regionali o comunali.

  -  Regolamentazione  della  circolazione  e  riduzione del traffico
  veicolare  privato.  E'  da  sottolineare  che  nel  contesto della
  prevenzione   primaria   dei  tumori,  la  riduzione  del  traffico
  veicolare   avrebbe   il   duplice   risultato   del   contenimento
  dell'inquinamento  atmosferico  e l'incoraggiamento indiretto ad un
  maggiore ricorso all'esercizio fisico.
  - Politiche dei trasporti basate sull'utilizzo di fonti energetiche
  alternative  e  riorientamento  del  traffico  commerciale verso il
  trasporto su rotaia o per mare.
  - Sensibilizzazione della popolazione all'uso razionale delle fonti
  energetiche per il trasporto e il riscaldamento.
  -   Trasformazione   dei   sistemi  di  riscaldamento  domestico  e
  collettivo verso l'utilizzo di combustibili meno inquinanti.
  -  Controllo,  delle perdite di volatili organici in prossimita' di
  complessi industriali.

Le evidenze disponibili

1. Inquinamento atmosferico

   L'inquinamento  atmosferico e' un fenomeno complesso che coinvolge
un  largo  numero  di  inquinanti,  che  vanno  incontro  a  continue
trasformazioni chimiche e fisiche. Fra gli agenti inquinanti numerose
sono   le  sostanze  considerate  cancerogene  per  l'uomo  come  gli
idrocarburi  policiclici aromatici, il benzene, l'amianto, l'arsenico
ed alcune nitrosamine. A questi si aggiungono sostanze irritanti come
l'anidride  solforica,  l'ossido  di  azoto,  l'ozono, il particolato
fine,   etc.  La  relazione  fra  agenti  inquinanti  tossici,  quali
compaiono  nell'aria  ambiente  in complesse miscele ed effetti sulla
salute   e'   stato   l'oggetto  di  un  grande  numero  di  indagini
epidemiologiche.
   Dall'insieme   di   questi  dati  e  dall'evidenza  epidemiologica
disponibile,   si   ritiene   giustificata   la   preoccupazione  che
l'esposizione  mista a sostanze con proprieta' cancerogene aumenti il
rischio  di  tumore,  ed  in  particolare dell'apparato respiratorio.
Tuttavia,   la   valutazione  della  dimensione  del  rischio  legato
all'esposizione  a  concentrazioni basse per periodi prolungati e con
inizio  talora  nelle  prime  eta'  della vita, e' tuttora oggetto di
studio,  anche  a causa delle difficolta' esistenti nella definizione
dell'esposizione e di fattori confondenti come il fumo.
   Va  inoltre  sottolineata,  seppur  sulla  base  di  una  evidenza
epidemiologica  piu'  limitata,  la  possibilita'  di  un  eccesso di
neoplasie per altre sedi specifiche, ed in particolare per i tumori e
le leucemie infantili. In relazione ad altre patologie, numerosi sono
gli  studi  che hanno evidenziato un'associazione tra livelli elevati
d'inquinamento  e mortalita' generale, ricoveri ospedalieri per cause
cardiovascolari  e respiratorie e prevalenza di malattie respiratorie
in eta' pediatrica.
   Tutti  questi  elementi concorrono a confermare che l'inquinamento
atmosferico  e'  una  fonte  di danno alla salute, per le popolazioni
esposte,  che esige l'elaborazione di strategie preventive. In questo
senso  va  migliorato  e  reso  piu' efficiente il monitoraggio delle
caratteristiche  e dei livelli dell'inquinamento. Non va dimenticato,
infatti,   che   le   tre   maggiori   componenti   dell'inquinamento
atmosferico:  industria,  combustione domestica e traffico veicolare,
hanno  tendenze  temporali  e  dimensioni molto diverse nelle diverse
aree  italiane.  Pur  tenendo conto della limitata disponibilita' dei
dati,  le  prime due componenti sono tendenzialmente in diminuzione a
partire dagli anni '70, mentre, a partire dallo stesso periodo, si fa
sempre  piu' importante nei centri urbani italiani il contributo dato
all'inquinamento  dell'aria  dal  traffico  veicolare, che e' oggi la
maggior   fonte  di  inquinamento  atmosferico.  Di  conseguenza,  le
emissioni veicolari costituiscono l'esposizione che puo' maggiormente
contribuire  nell'immediato  e medio futuro ad un aumento del rischio
per tumori, soprattutto respiratori, nelle popolazioni esposte.
   Una  particolare  attenzione  va dedicata alla pericolosita' delle
emissioni  derivanti  dai  motori  a  combustione  diesel per i quali
esistono  consolidate evidenze di tipo sperimentale ed epidemiologico
che indicano un ruolo specifico di questa esposizione nella eziologia
del tumore polmonare.
   Queste   osservazioni   impongono   l'adozione   di  politiche  di
contenimento delle emissioni nel rispetto delle normative nazionali e
comunitarie  con  il  coinvolgimento  di  diversi  attori: industria,
autorita'   locali,   associazioni   di   consumatori,  organismi  di
controllo,  mezzi  di  informazione,  ecc..  E',  infatti,  del tutto
evidente  che  nessuna  politica  ambientale in questo settore potra'
essere  coronata  da successo senza il coinvolgimento dei cittadini e
delle  loro  abitudini che si affianchi a un comportamento coerente e
coraggioso  delle  amministrazioni  e  dei  produttori.  Inoltre,  in
considerazione   dei  lunghi  tempi  di  latenza  tra  esposizione  e
insorgere    di    patologie    tumorali,   nonche'   degli   effetti
dell'inquinamento  sulle  patologie  respiratorie in eta' pediatrica,
ogni  ulteriore  ritardo  nell'adozione  di  politiche  di  controllo
portera'  inevitabilmente  a  un  aggravamento ulteriore dell'impatto
sulla  salute  nei  prossimi  decenni con un conseguente aggravio dei
costi  sanitari  ed economici per gli individui e la societa' nel suo
complesso.

2. Esposizione ambientale ad amianto

   E'   noto   dalla   letteratura   scientifica  internazionale  che
l'esposizione   a   fibre   di   amianto   di  tipo  ambientale,  non
professionale,  ma  associata alla residenza in prossimita' di luoghi
nei   quali  l'amianto  e'  lavorato,  e'  in  grado  di  causare  il
mesotelioma pleurico.
   In   Italia,   come  in  generale  in  Europa,  la  frequenza  del
mesotelioma pleurico e' in aumento. Dei circa 1000 nuovi casi l'anno,
si  stima  che  la  maggior  parte  riguardi i lavoratori esposti per
motivi  professionali,  ma  un  certo  numero  di casi si sviluppa in
soggetti che sono stati esposti all'amianto nell'ambiente generale in
assenza  di  documentate  esposizioni  professionali. Le segnalazioni
sinora   disponibili   riguardano   soggetti   residenti  presso  gli
stabilimenti  per  la  produzione  di  manufatti  in cemento-amianto,
presso  i  cantieri navali e inoltre in situazioni isolate dove si e'
fatto  uso di materiale da costruzione contaminato con tremolite. Non
esistono   al  momento  attuale  stime  quantitative  del  numero  di
mesoteliomi  pleurici  associati ad esposizione ambientale ad amianto
nel nostro paese.
   Il quadro normativo sull'amianto e' in Italia definito dalla legge
n.  257 del 1992, che ha sancito la dismissione dell'uso dell'amianto
nel  nostro  paese.  I  complessi  problemi  tecnologici, ambientali,
sanitari  e  giuridici connessi con l'attuazione della legge 257 sono
stati oggetto nel marzo 1999 della Conferenza Nazionale sull'Amianto,
organizzata  dalla  Presidenza del Consiglio. Il documento conclusivo
della  Conferenza  contiene  un  articolato elenco di raccomandazioni
alle quali si rinvia per una trattazione piu' esaustiva.
   Si  raccomanda  che,  a livello regionale, siano sviluppate azioni
volte  al monitoraggio sistematico della applicazione della normativa
relativa   all'abbandono   dell'amianto  e  per  la  riduzione  della
esposizione  nei  gruppi  a  rischio  e  nella  popolazione generale,
comprensivo delle problematiche legate alle azioni di decoibentazione
e  stoccaggio  e  di  quelle  derivanti dalla diffusione dell'amianto
attraverso  il  traffico  veicolare.  Particolare  rilevanza  riveste
inoltre  la  verifica  di  assenza  o il grado di pericolosita' degli
eventuali  sostituti dell'amianto, onde garantire che la sostituzione
dell'amianto,  con  altri  materiali,  non  sia  all'origine di nuovi
rischi  per  la salute dei lavoratori. Inoltre, si raccomanda che gli
aspetti  relativi alla esposizione delle popolazione ed all'eventuale
rischio per la salute siano sistematicamente compresi nelle relazioni
di  valutazione ambientale, realizzando in tal senso una integrazione
di  competenze ambientali e sanitarie finalizzate ad un piu' completo
controllo  del  rischio  cancerogeno.  Tale  integrazione puo' essere
realizzata a livello locale tramite azioni concertate fra Agenzie per
la protezione ambientale ed istituzioni sanitarie (in particolare gli
Istituti  a  carattere scientifico, le Agenzie Sanitarie Regionali, i
Dipartimenti  di  prevenzione delle aziende USL, e le altre eventuali
competenze   epidemiologiche),  coordinate  e  promosse  dai  Governi
Regionali.  Si  raccomanda inoltre che nell'ambito di tali azioni sia
compresa  la  identificazione  e la sorveglianza epidemiologica delle
popolazioni  a  rischio  e  degli  ex-esposti,  anche  al  fine della
adeguata identificazione dei casi di neoplasia asbestocorrelata, come
previsto dalla attuale normativa.

Le strategie per l'intervento

   E'  indispensabile  sottolineare  la rilevanza delle problematiche
del  traffico,  e  nello specifico dell'inquinamento atmosferico, nel
definire  le  politiche nazionali del trasporto e dell'ambiente. Ogni
scelta  programmatica  di carattere nazionale e locale dovrebbe tener
conto  della  componente  salute.  (Piani  per  la  Salute zonali) E'
evidente   che   gli  interventi  di  natura  complessiva  dovrebbero
interessare l'intera organizzazione urbanistica delle citta', come ad
esempio  la  separazione  drastica dei flussi veicolari dalle aree di
permanenza della popolazione e la creazione di una rete efficiente di
trasporto  urbano  non  inquinante.  In tale ottica dovrebbero essere
facilitate  le  iniziative  volte  a  limitare  il  traffico  privato
nell'ambito   urbano,   al   potenziamento  del  trasporto  pubblico,
all'esclusivo   uso  di  auto  catalizzate,  alla  limitazione  della
circolazione  nell'ambito  urbano  dei  ciclomotori  a  due tempi, al
posizionamento   dei   distributori   di   carburante  lontano  dalle
abitazioni  e  dai presidi scolastici. L'orientamento verso politiche
piu'  restrittive  sulla circolazione di auto private, d'altra parte,
e'  stato anche sancito dalla recente Conferenza Interministeriale di
Londra,  dove i ministri di Sanita', Ambiente e Trasporti di 54 paesi
hanno sottoscritto un documento con precisi impegni programmatici.
   Tutte  le  azioni  indicate  dovrebbero  essere accompagnate da un
progetto  strategico italiano, fortemente caratterizzato dal punto di
vista  epidemiologico, sulle caratteristiche degli inquinanti urbani,
sull'impatto   di   questi  sulla  salute  della  popolazione,  sulle
efficacia  delle  politiche  e delle strategie preventive proposte ed
adottate.  E'  da ricordare la necessita' di una attenta sorveglianza
degli effetti sanitari delle emissioni derivanti dai grandi complessi
industriali  e  per  la  produzione  di  energia  elettrica  e  dagli
impianti' di incenerimento.

Raccomandazioni specifiche

   1.  Adozione  di  misure  che  favoriscano  il  potenziamento  del
trasporto  pubblico,  in particolare quello non su gomma e ad energia
pulita,  scoraggiando  la  diffusione  tuttora  in  crescita dell'uso
privato   dell'automobile,  e  favoriscano  il  trasporto  merci  per
ferrovia e per nave.
   2.   Programmazione   di   interventi   strutturali   a  carattere
interdisciplinare  (urbanistica, ingegneria, igiene, etc.) miranti ad
una  sempre  maggiore separazione fra traffico veicolare ed attivita'
residenziali della popolazione.
   3. Protezione della popolazione infantile con la creazione di aree
pubbliche  (scuole, asili, parchi) esenti dal rischio di inquinamento
atmosferico.
   4.  Potenziamento nelle aree urbane del monitoraggio delle singole
componenti  dell'inquinamento  atmosferico con particolare attenzione
per le componenti cancerogene.
   5.  Monitoraggio  degli  effetti  sulla  salute  della popolazione
esposta  all'inquinamento  da  traffico  veicolare  e  di provenienza
industriale,  anche  in  relazione  agli  interventi  di  prevenzione
adottati,  con  particolare  attenzione  agli effetti nella fascia di
eta' infantile.
   6.  Introduzione  di  corsi  di educazione ambientale nelle scuole
primarie e secondarie.
   Coerentemente   con  gli  impegni  presi  a  livello  Europeo,  si
raccomanda la introduzione nei PSR di azioni concertate con gli altri
soggetti  pubblici  e  privati  competenti,  volte a salvaguardare la
salute  della  popolazione  residente  rispetto  a  fonti  inquinanti
ambientali  ed  in  particolare  al  traffico  veicolare. Tali azioni
dovranno   tenere  conto  delle  particolarita'  delle  problematiche
locali,  con  particolare riferimento ai centri urbani ed alle grandi
direttrici di traffico. In particolare, si raccomanda che gli aspetti
relativi  alla esposizione delle popolazioni ed all'eventuale rischio
per  la  salute  siano  sistematicamente  compresi nelle relazioni di
valutazione  ambientale, realizzando in tal senso una integrazione di
competenze  ambientali  e  sanitarie  finalizzate ad un piu' completo
controllo  del  rischio  cancerogeno.  Tale  integrazione puo' essere
realizzata a livello locale tramite azioni concertate fra Agenzie per
la protezione ambientale ed Istituzioni sanitarie (in particolare gli
IRCCS,  le Agenzie Sanitarie Regionali, i Dipartimenti di prevenzione
delle  aziende USL, e le altre eventuali competenze epidemiologiche),
coordinate   e   promosse   dai   Governi  Regionali.  Si  raccomanda
l'elaborazione  di  un progetto integrato di respiro nazionale per la
valutazione  dell'impatto dell'inquinamento ambientale sullo stato di
salute  della  popolazione,  anche  in  rapporto  alle  strategie  di
contenimento delle emissioni nell'ambiente urbano.
   Si raccomanda, infine, la ricerca e lo sviluppo di metodi efficaci
per   l'informazione   corretta   alla   popolazione  sui  rischi  da
esposizione  ambientale  anche  in relazione al livello di percezione
del rischio.


Obiettivo specifico intermedio n°5


POTENZIAMENTO DELLA RICERCA CLINICA IN ONCOLOGIA, DA REALIZZARE
TRAMITE L'ALLOCAZIONE DI ADEGUATE RISORSE E LA PREDISPOSIZIONE
DI UN PIANO NAZIONALE DI SETTORE.

   La  ricerca  biomedica,  clinica e sanitaria in genere risponde al
fabbisogno  conoscitivo ed operativo del Sistema sanitario nazionale.
Il  Piano  sanitario  nazionale  e  il  D.leg.  229/99 definiscono le
finalita'  generali ed i settori principali della ricerca biomedica e
sanitaria.  La  ricerca oncologica rappresenta un settore prioritario
nell'ambito  della  ricerca  biomedica,  clinica  e  sanitaria  per i
seguenti motivi:

  - la rilevanza sociale della patologia oncologica;
  -  i risultati ancora insoddisfacenti dei trattamenti codificati in
  molte neoplasie avanzate;
  -  il  rapido  avanzamento delle conoscenze scientifiche, che rende
  impossibile       separare       nettamente       i      protocolli
  diagnostico-terapeutici  codificati  da  procedure  innovative, che
  contengono tematiche di ricerca clinica.
  -  la  necessita'  di  sviluppare  specifici  progetti  di  ricerca
  relativamente alle prestazioni assistenziali infermieristiche.

   L'assunto  su  cui  si  basa  il  presente  documento, che propone
interventi  di razionalizzazione delle risorse disponibili, e' che la
ricerca   clinica   di   buona   qualita'   scientifica   si  traduce
inevitabilmente in un miglioramento della qualita' dell'assistenza.
   Pertanto,  per la realizzazione degli obiettivi indicati nel Piano
sanitario  nazionale,  occorre  potenziare  e  sviluppare  la ricerca
biomedica,  clinica  e  sanitaria  in genere, indirizzando le risorse
verso programmi in grado di:

  -  promuovere  un  miglioramento  delle conoscenze scientifiche per
  tutte le professionalita' coinvolte;
  -  individuare  le scelte piu' opportune per situazioni complesse e
  controverse,  al fine di migliorare la qualita' dei servizi e delle
  prestazioni sanitarie e per indicare corretti percorsi diagnostico-
  terapeutici.

   Il   Piano   oncologico   conferma   l'importanza   della  ricerca
scientifica,   ribadendo   l'esigenza  di  un  collegamento  tra  gli
obiettivi  individuati  dalla  programmazione  sanitaria.  In  questa
direzione  va  coordinata  l'attivita'  di  ricerca  facente  capo al
Ministero della sanita', il cui indirizzo e la cui valutazione devono
risultare intimamente coerenti con le linee di azione indicate per il
triennio l998\2000.
   Per il Piano oncologico sara' predisposto dalla C.O.N. un rapporto
annuale   per  la  ricerca  oncologica,  che  riunira'  le  attivita'
scientifiche realizzate in questo settore dagli organismi nazionali e
regionali,  pubblici  e  privati, anche se non facenti riferimento al
Ministero della sanita'.
   Sara'  possibile  in  tal modo monitorizzare i progetti di ricerca
attivati,  le  risorse  destinate  a  tale scopo e consequenzialmente
formulare   le   indicazioni   operative   per  il  successivo  anno,
sottoponendo   tali   risultanze  alla  Commissione  per  la  Ricerca
Sanitaria, istituita presso il Ministero della sanita'.
   E',  infatti, sempre piu' indispensabile garantire alcuni aspetti,
fondamentali  per  una  ricerca scientifica oncologica finalizzata al
raggiungimento   di   obiettivi  utili  per  il  miglioramento  delle
conoscenze  in  tema  di prevenzione, diagnosi e cura delle patologie
neoplastiche.  A  tale proposito si raccomanda fortemente di porre in
essere iniziative atte a garantire:

  -  il  coordinamento  dei  programmi  e delle iniziative di ricerca
  nell'ambito delle strutture del SSN;
  -  la  cooperazione  tra  le  maggiori organizzazioni o i programmi
  internazionali impegnati nel settore della ricerca, con particolare
  riferimento alle iniziative assunte in sede di Unione Europea;
  - il trasferimento dei risultati della ricerca alla pratica clinica
  corrente,  al  fine  di  ottenere  elevati  standard qualitativi di
  attivita';
  -   la   metodologia   piu'   idonea   per   la   conduzione  delle
  sperimentazioni cliniche;
  - l'uso corretto dei test genetici in oncologia;
  - l'utilizzazione di infrastrutture comuni;
  - l'allocazione delle risorse in centri di eccellenza, che potranno
  essere  costituiti anche in seguito ad accordi istituiti fra centri
  diversi,  purche'  tra  loro  formalmente  coordinati,  al  fine di
  trasformare l'eccellenza scientifica in eccellenza applicativa;
  -  la  partecipazione  delle  istituzioni  private  riconosciute ai
  programmi stabiliti dal Ministero della sanita';
  -  il  coordinamento  delle  attivita'  delle  associazioni private
  impegnate  nella  raccolta di fondi per la ricerca biomedica con il
  Ministero della sanita', al fine di una razionale allocazione delle
  risorse;
  - la partecipazione delle strutture del SSN ai programmi di ricerca
  comunitari attraverso un'adeguata informazione ed assistenza.

   Fortemente  raccomandata e' inoltre la cooperazione di istituzioni
scientifiche  su  obiettivi  specifici. Si rammenta, a tal proposito,
che l'Unione Europea con il rapporto "Inventare il domani: la ricerca
europea al servizio del cittadino" , ha sottolineato nel 5o Programma
Quadro  il  ruolo  sempre piu' centrale della ricerca scientifica nei
riguardi   di  temi  sociali  quali  crescita,  occupazione,  salute,
ambiente, il cui miglioramento e' strettamente connesso agli stati di
avanzamento in campo scientifico e tecnologico.
   La  ricerca sanitaria e' indubbiamente elemento essenziale per una
migliore utilizzazione delle risorse, per una migliore qualita' delle
prestazioni  e  dei servizi e per la formazione di operatori sanitari
nel   rispetto   del   rigore  metodologico  nell'espletamento  delle
specifiche attivita' professionali.
   L'Italia  deve  quindi  promuovere  le  iniziative  piu'  idonee a
potenziare tali attivita', tenuto conto che esistono nel nostro paese
competenze e strutture altamente qualificate.
   La  formazione  permanente  in  oncologia  deve  inoltre garantire
competenze  di tipo specialistico, ma deve essere inoltre in grado di
preparare  in  modo  adeguato  gli  operatori  sanitari  ad un lavoro
multidisciplinare  e di equipe, coerentemente con quanto sottolineato
in precedenti capitolo del presente Piano oncologico nazionale.
   In   tal   senso   la  Commissione  oncologica  nazionale,  dovra'
formulare,   alle  istituzioni  competenti,  raccomandazioni  per  la
realizzazione  di  programmi  per  un'adeguata  formazione  in questo
settore. indicazioni
   Disposizioni legislative che regolano la sperimentazione clinica
   Per quanto attiene, in maniera specifica il problema relativo alla
necessita'  di  ridurre  i  tempi  necessari per il trasferimento dei
risultati  dalla  ricerca  alla pratica clinica corrente e' auspicata
l'accelerazione ed esemplificazione delle procedure autorizzative per
la conduzione di studi clinici innovativi in oncologia.
   La   sperimentazione   di  trattamenti  oncologici  pone  problemi
specifici  rispetto  alle  altre sperimentazioni farmacologiche ed in
particolare:  esiste  la  necessita'  di  disporre  con  rapidita' di
farmaci potenzialmente efficaci in malattie ad alta letalita';

  - l'indice terapeutico e' spesso ridotto e pertanto le Fasi I delle
  sperimentazioni   non  sono  condotte  su  volontari  sani,  ma  su
  portatori di neoplasie non suscettibili di terapie efficaci;
  -  gli studi preclinici non utilizzano di norma modelli animali, ma
  linee cellulari tumorali umane in vitro o trapiantate in topi nudi;
  -  accanto  ad  end-point  tradizionali  occorre valutare end-point
  alternativi.

   In considerazione di cio', in aggiunta alle disposizioni normative
vigenti,  sono  state  introdotte  e  rese operative specifiche linee
guida   per   la   sperimentazione  dei  prodotti  Antitumorali,  che
rappresentano   lo   strumento   di   tutela   del   soggetto   della
sperimentazione e di garanzia degli studi scientifici.

Accreditamento dei centri per la ricerca.

   L'accreditamento per la ricerca e' importante sia sotto il profilo
scientifico,  (sperimentazioni complesse possono dare risultati molto
diversi  secondo  la tipologia delle istituzioni coinvolte) che sotto
il  profilo  della ricaduta assistenziale. (le istituzioni che devono
applicare    i   protocolli   diagnosticoterapeutici,   validati   da
sperimentazioni   cliniche,  devono  assicurare  lo  stesso  standard
qualitativo  delle  istituzioni  ove  si e' svolta la sperimentazione
clinica.   Per  svolgere  attivita'  di  sperimentazione  clinica  le
strutture dovrebbero essere in possesso dei seguenti requisiti:

  -  esistenza  di  un Comitato Etico Locale, secondo quanto previsto
  dalla normativa vigente;
  -     modello     organizzativo    che    garantisca    l'approccio
  interdisciplinare  ed integrato al paziente oncologico (IRCCS, Poli
  oncologici, Dipartimenti oncologici);
  -  attivita'  di  ricerca  clinica  del  personale  operante  nella
  struttura, documentata dai curricula e dalla partecipazione a studi
  clinici nazionali ed internazionali;
  - partecipazione ad attivita' formative sulla ricerca clinica;
  -    collegamenti    con    analoghe   istituzioni   nazionale   ed
  internazionali;

   Al  fine  del raggiungimento degli obiettivi avanzati nel presente
capitolo  del  piano  si auspica inoltre l'istituzione di un'Anagrafe
nazionale delle ricerche cliniche in oncologia.

Un registro prospettico delle sperimentazioni ha lo scopo di:

  -  fornire  una  descrizione  della distribuzione e dell'evoluzione
  temporale  della  ricerca clinica per quanto riguarda le condizioni
  cliniche studiare, i tipi di trattamento, i centri partecipanti, il
  numero dei pazienti arruolati, lo sponsor etcc;
  -  promuovere  un  miglioramento  complessivo  della qualita' delle
  sperimentazioni cliniche oncologiche;
  -  fornire  a  medici  e  pazienti  un  centro di consultazione per
  l'eventuale partecipazione ad una delle sperimentazioni in corso.

   Per  raggiungere  questi  scopi, il Registro delle sperimentazioni
dovrebbe  garantire  che  il  censimento  delle  sperimentazioni  sia
completo,  che  l'acquisizione  delle  informazioni  sia  accurata ed
esaustiva,  che  la  gestione  e  diffusione  delle  informazioni sia
tempestiva.
   Le   disposizioni   legislative   sulla   sperimentazione  clinica
garantiscono  la  qualita'  dei  dati  sperimentali  prodotti ai fini
registrativi.  Spesso  la  sperimentazione con finalita' registrativa
non  permette  di  individuare  lo  scenario  clinico  o la modalita'
ottimale  di  utilizzazione  del  nuovo  farmaco.  Di  fatto,  quindi
l'utilizzazione   clinica   dei   nuovi  farmaci  e'  in  gran  parte
influenzata  dai  protocolli  sperimentali  che sono attivati dopo la
registrazione. La maggior parte di questi protocolli di fase III e IV
sono  condotti  nell'ambito  di  Gruppi  Cooperatori di cui e' talora
difficile   individuare  le  modalita'  organizzative,  le  fonti  di
finanziamento  e  gli  eventuali  controlli di qualita' sui prodotti.
Sarebbe  pertanto  opportuno  attivare un Albo dei Gruppi Cooperatori
con il compito di:

  -  verificare la modalita' di conduzione e monitoraggio degli studi
  clinici multicentrici;
  -  definire  criteri  di  accreditamento  per il coordinamento e la
  partecipazione a studi multicentrici;
  -  incentivare  la  ricerca  clinica  multicentrica su tematiche di
  interesse nazionale.

   Tale  Albo  potrebbe  essere  costituito presso il Ministero della
sanita'   e   contenere   gli   elementi  identificativi  essenziali:
finalita',    modello    organizzativo,   fonti   di   finanziamento,
rappresentante  legale,  centro  elaborazione dati, ufficio operativo
etc.

                              Parte III

  ATTIVAZIONE DI SISTEMI DI MONITORAGGIO E CONTROLLO IN ONCOLOGIA.

A)   CONSOLIDAMENTO   E   SVILUPPO   DELLA   RETE   DI   MONITORAGGIO
      EPIDEMIOLOGICO BASATA SUI REGISTRI TUMORI DI POPOLAZIONE.

   Nel  Piano  Sanitario  Nazionale  1998-2000  (PSN)  sono  indicati
specifici  obiettivi  di salute e modalita' di intervento finalizzate
alla  loro realizzazione. Nel Piano e' inoltre espressa l'esigenza di
attivare  meccanismi  di  sorveglianza  dei  parametri di salute, per
valutare  'lo  stato  di  realizzazione  degli obiettivi previsti. Si
afferma  in  tal  modo  con  chiarezza  la  necessita' di disporre di
ulteriori  e  puntuali  indicatori  di  salute, in quanto di primaria
importanza per la programmazione e la valutazione degli interventi in
campo  sanitario.  Sino  ad  oggi  si  e' fatto prevalente ricorso ad
indici  di  mortalita',  che pur presentando il vantaggio derivato da
una  statistica  completezza,  periodica  e  stabilizzata, assicurata
dall' ISTAT, rappresentano solo parzialmente lo stato di salute della
popolazione italiana.
   A   livello   di  alcune  Regioni,  adeguati  sistemi  informativi
permettono  di articolare ulteriori e piu' perfezionate "famiglie" di
indicatori   di  salute.  Tuttavia  tali  informazioni,  non  essendo
disponibili  in  modo sistematico a livello nazionale, permettono una
valutazione solo parziale degli indicatori e delle loro modifiche nel
tempo, e quindi rivestono un valore prevalentemente locale.
   In  considerazione dei limiti riscontrati, il P.S.N. stesso indica
la  necessita'  di  un coerente progetto di ampliamento della base di
dati  disponibili  sulla salute e sui suoi determinanti, che permetta
la  costituzione di un valido set di indicatori nazionali a carattere
socio-sanitario  da applicare periodicamente, adeguato alle rinnovate
esigenze,  espresse  a  livello  nazionale ed internazionale, di dati
epidemiologici  per  la  programmazione.  Tale  progetto  deve  porsi
l'obiettivo  di  realizzare  un  nuovo  sistema informativo nazionale
sullo  stato  di  salute,  coerente  con le esigenze ed adeguato alle
scadenze  della  programmazione.  Lo  sviluppo di tale sistema appare
peraltro improrogabile a fronte delle attuali richieste informative a
livello europeo ed internazionale.
   Esso  deve prevedere l'integrazione, all'interno delle statistiche
correnti  nazionali,  dei  dati  prodotti  dai  Registri di Patologia
opportunamente  estesi  e  validati  (Registri Tumori, AIDS, malattie
cardiovascolari,   patologia   rare).   Deve   inoltre  prevedere  il
contributo della Medicina Generale, all'interno di studi a hoc, volti
al  dimensionamento  dei  bisogni  sanitari ed alla valutazione della
qualita'  dell'assistenza  e  della vita, e la realizzazione di studi
campionari  nazionali sullo stato di salute della popolazione, basati
su misure obiettive e strumentali.
   In   campo   oncologico   e'   essenziale   la  stabilizzazione  e
riorganizzazione  della  rete  dei  Registri  Tumori  che, per il suo
carattere   di   sistematicita'   e   di  qualita',  costituisce  una
fondamentale fonte informativa nazionale sulla patologia neoplastica.
Tale  rete  deve  integrarsi  a  pieno  titolo  nella nuova strategia
informativa sullo stato di salute.

La registrazione dei tumori in Italia

Definizione.

   I  Registri  Tumori  (RT) sono strutture che raccolgono, valutano,
organizzano  ed  archiviano,  in  modo continuativo e sistematico, le
piu'  importanti  informazioni  su  tutti  i  casi  di  neoplasia che
insorgono  nella  popolazione  interessata.  La  maggioranza dei R.T.
identifica le neoplasie maligne di tutti i tipi e insorte a qualsiasi
eta'. Per alcune neoplasie, soprattutto se rare, vi sono inoltre R.T.
specializzati.

La situazione Italiana.

   In  Italia  e' attualmente operante una Rete di Registri Tumori di
Popolazione  che  ha  in  osservazione circa il 15% dei residenti sul
territorio  nazionale, oltre ad alcuni Registri specializzati (tumori
infantili, dell'osso, del colon-retto, dei mesoteliomi). Analogamente
a   quanto   accaduto   nella   maggior   parte  dei  Paesi  europei,
l'orientamento  e'  stato  quello  di  realizzare  un certo numero di
registri a carattere locale o regionale che permettessero, attraverso
l'uso  integrato  dei  propri dati, di rappresentare adeguatamente la
situazione dei tumori a livello nazionale.
   Tutti  i  Registri  italiani aderiscono alla Associazione Italiana
Registri   Tumori  (AIRT).  Essi  contribuiscono  alla  pubblicazione
periodica  internazionale  a  cura dell'OMS (Cancer Incidence in Five
Continents)  e  al network dei RT Europei (European Network of Cancer
Registries-EuroCIM).  L'inserimento  dei  Registri  Italiani e' stato
possibile   in   quanto   questi   seguono  metodiche  rilevazione  e
trattamento   dei   dati   di  qualita'  adeguata  sulla  base  delle
indicazioni internazionali.
   In  aggiunta  alle  pubblicazioni  internazionali, l'AIRT pubblica
periodicamente  con maggior dettaglio e con elaborazioni a hoc i dati
relativi  ai  RT  italiani  (v.  successive edizioni di "Il cancro in
Italia".) .il,

   Funzioni

     -  La  prima funzione dei RT e' quella di descrivere il fenomeno
  neoplastico  e  le  sue  variazioni  territoriali  e temporali Cio'
  avviene  attraverso la produzione sistematica, e con metodologie di
  raccolta,  trattamento  ed  analisi  confrontabili,  di  misure  di
  incidenza e mortalita'.
     -  I  RT  producono  dati  di  sopravvivenza per le diverse sedi
  neoplastiche,  fornendo  cosi'  un  indicatore  fondamentale  della
  qualita'   dei   servizi  diagnostici  e  terapeutici  nei  diversi
  territori e del suo evolversi nel tempo. Tale informazione offre un
  valore aggiunto importante rispetto ai dati di sopravvivenza basati
  su  serie  cliniche. Infatti, i RT utilizzano serie non selezionate
  di  pazienti,  e  quindi forniscono una rappresentazione del quadro
  legato alle attivita' cliniche a livello dell'intera popolazione.
     -  I RT producono dati di prevalenza a livello locale e stime di
  prevalenza  a livello nazionale. La prevalenza e' l'indicatore piu'
  diretto del carico sanitario dovuto ai tumori in una popolazione ed
  e' particolarmente utile per valutare i bisogni sanitari.
     - Per le tre funzioni sopraddette, i RT rappresentano il sistema
  informativo  di  riferimento  sulla  patologia  neoplastica  per  i
  Governi nazionale e regionali, nonche' l'unica fonte sistematica di
  incidenza  disponibile in Italia che riguardi una patologia di tale
  importanza  sociale  ed  economica.  Il  Piano  Sanitario Nazionale
  1998-2000,   infatti,   indica  la  necessita'  di  promuovere  "la
  rilevazione della incidenza dei tumori tramite la rete dei Registri
  Tumori  e  la  realizzazione  di  stime  di incidenza, prevalenza e
  sopravvivenza per l'intera popolazione italiana".
     -  Essi  sono  strumento  indispensabile  per l'organizzazione e
  valutazione dell'efficacia di interventi di prevenzione primaria in
  aree  e/o  popolazioni  ad alto rischio. La situazione italiana e',
  infatti,   caratterizzata   da   una  notevole  variabilita'  delle
  frequenze della malattia neoplastica.
     -  Nell'ambito  degli  studi  valutativi,  i  RT  Italiani  sono
  indispensabili   per  la  valutazione  degli  screening  oncologici
  tramite  indicatori di efficacia. Tale attivita' si inserisce nella
  valutazione   di  qualita'  dei  numerosi  programmi  di  screening
  recentemente  avviati  o in fase di avvio, concordemente con quanto
  previsto dal Piano Sanitario Nazionale 1998-2000.
     -   Ulteriore   importante   funzione   e'  rappresentata  dalla
  partecipazione  a  ricerche di epidemiologia clinica ed eziologica.
  Cio'  e'  reso  possibile  dalla presenza presso i RT di casistiche
  molto  vaste,  rappresentative  di  tutte  le  sedi  tumorali e ben
  documentate  sia  sul piano diagnostico, che per quanto riguarda lo
  stato  in  vita.  Cio'  li  rende  strumenti particolarmente validi
  soprattutto  per  grandi  studi  su  base di popolazione, per studi
  multicentrici   e   per   studi  sulla  qualita'  della  assistenza
  oncologica e sulla qualita' di vita del paziente neoplastico, anche
  in collaborazione con i medici di medicina generale.

  Rappresentativita' territoriale.

     I R.T. italiani sono nati in periodi diversi ed in assenza di un
  quadro  programmatorio  nazionale.  Dei  13 Registri di popolazione
  consolidati, 3 sono collocati nel Nord- Ovest, 2 nel Nord-Est, 4 in
  Emilia  Romagna,  3 nel Centro ed 1 nel Sud Italia. Alcuni Registri
  Tumori  sono  di  dimensioni medio-piccole (popolazioni inferiori a
  500.000  abitanti).  Due  aspetti  sono  legati  a  questo  profilo
  territoriale:

  -  la  ridotta presenza del Sud Italia nella rete informativa. Cio'
  rappresenta  una  fonte  di imprecisione per le stime di incidenza,
  prevalenza  e  sopravvivenza  per il territorio nazionale. Inoltre,
  sfuggono  alla  valutazione  le diversita' fra aree all'interno del
  Sud. A parziale correzione di questa situazione, e' da segnalare la
  esistenza a Sud di alcune nuove iniziative di registrazione, per le
  quali  e' in corso di valutazione l'adesione alle norme di qualita'
  internazionali.
  -  la  forte  necessita' di coordinamento fra Registri, mirato alla
  confrontabilita'   delle   rilevazioni,   al   miglioramento  della
  rappresentativita'  regionale  e  nazionale,  alla realizzazione di
  pubblicazioni    congiunte   ed   alla   collaborazione   a   studi
  multicentrici.  Di particolare rilevanza e' l'individuazione di una
  strategia  di  sviluppo della registrazione che, nei prossimi anni,
  permetta  il  raggiungimento  di  una  migliore  rappresentativita'
  nazionale.

NECESSITA'  ORGANIZZATIVE  E  CONDIZIONI ATTUALI DI FUNZIONAMENTO DEI
REGISTRI

I problemi.

   Data  l'assenza di programmazione nazionale, ed in mancanza di una
normativa  comune,  fino  ad oggi i RT italiani sono stati fortemente
penalizzati  da condizioni di precarieta' economica ed amministrativa
legata  a  disomogeneita'  di  comportamento e ritardi nella presa in
carico  da  parte  delle Regioni. I registri del Sud, che e' anche il
territorio   meno   rappresentato   nella   rete  nazionale,  sono  i
maggiormente    penalizzati.    La   precarieta'   organizzativa   e'
incompatibile   con   le   caratteristiche   insite  nel  sistema  di
registrazione,   che  ha  valore  in  quanto  sistema  informativo  a
funzionamento  costante, con qualita' confrontabile nel tempo e senza
soluzioni di continuita'.
   Appare  pertanto opportuno superare la fase "spontaneistica" della
registrazione  dei tumori in Italia, intervenendo per stabilizzare le
strutture  gia'  funzionanti, per programmare con criteri rigorosi le
eventuali  nuove iniziative, per valorizzare le iniziative periodiche
di produzione di dati di interesse Nazionale.

Il ruolo delle Regioni.

   E'  fortemente  raccomandato  che  le  Regioni,  aderendo  ad  una
concordata   strategia   di   registrazione   in  Italia,  promuovano
iniziative  atte  a stabilizzare i Registri esistenti e a favorire la
crescita   di  nuovi  Registri,  di  adeguata  qualita',  nelle  aree
considerate  strategiche,  ai fini del raggiungimento di una adeguata
rappresentativita' della situazione nazionale.

La  qualita' della registrazione e dei sistemi informativi. Affinche'
la  rete  dei Registri italiani dia garanzie di adeguatezza vi e' una
assoluta   necessita'  di  alta  qualita'  e  confrontabilita'  delle
rilevazioni.   A   livello  di  singolo  Registro  tali  esigenze  si
realizzano  solo  se  a livello locale vi e' un adeguato investimento
sulla  qualita'  dei  sistemi  informativi,  che sono alla base delle
attivita'   di   registrazione  (Schede  di  Dimissioni  Ospedaliere,
Mortalita' e Anatomie Patologiche).

Il coordinamento nazionale fra Registri.

   Al  fine  di  assicurare  la produzione di dati adeguati a livello
Nazionale,   e'   necessario   un   coordinamento,   che   garantisca
l'uniformita'   delle  tecniche  di  registrazione,  dei  sistemi  di
classificazione,   della   qualita'   della  completezza.  A  livello
nazionale,   tali  esigenze  sono  garantite  dal  coordinamento  dei
Registri  ad opera dell'AIRT, che promuove l'uso di tecniche omogenee
di  buona qualita' ed assicura ai singoli R.T. l'assistenza tecnica e
la  valutazione.  L'uso integrato dei dati e' assicurato dalla "Banca
Dati  Nazionale dei RT" (contenente dati individuali non nominativi),
alla quale aderiscono tutti i Registri italiani di adeguata qualita',
e  che rappresenta l'interlocutore per l'utenza scientifica e per gli
organismi nazionali ed internazionali, nonche' una fonte unificata ad
aggiornamento  periodico  per  le  pubblicazioni  di  dati  a livello
nazionale.

La rappresentativita' nazionale.

   Al  fine  di  perseguire appieno il proprio ruolo nell' ambito del
nuovo  sistema  informativo  sanitario italiano, e' necessario che le
nuove  iniziative  di registrazione si inquadrino in una strategia di
adeguata rappresentativita' del territorio nazionale.

PROMOZIONE DI NUOVE TECNICHE DI REGISTRAZiONE, TEMPESTIVITA' E COSTI.

   La informatizzazione delle principali fonti informative utilizzate
dai  RT  offre  l'opportunita'  di  migliorare  la  tempestivita'  di
pubblicazione  dei  dati  e  di  ridurre  i costi. In particolare, il
linkage dei dati individuali nominativi derivanti dagli archivi delle
Schede  di  Dimissione  Ospedaliere  (SDO),  di  mortalita'  e  delle
Anatomie  Patologiche si e' dimostrato efficiente per ridurre i costi
(presumibilmente  alla meta) ed accelerare la produzione dei dati (di
circa  2  anni),  cosi' da renderli piu' adeguati, soprattutto per le
attivita' di valutazione.
   Tale  metodo e' gia' in uso presso alcuni Registri italiani, ed e'
all'attenzione  degli  Organismi  internazionali  (IARC, 1998). L'uso
diffuso  di tale tecnica di registrazione permetterebbe, a parita' di
risorse, di interessare aree piu' vaste del territorio nazionale e di
superare  cosi'  i problemi di rappresentativita' a parita' di costi.
E'  tuttavia  da  notare  che  le  tecniche  di  record  linkage sono
possibili  e  compatibili  con una buona qualita' della registrazione
solo  se  la  qualita'  delle fonti informative essenziali, a livello
locale,  e'  risultata adeguata sulla base di una attenta valutazione
preliminare e di un sistema di controllo continuativo.

RAPPORTO  CON  UN  NUOVO SISTEMA INFORMATIVO NAZIONALE SULLO STATO DI
SALUTE.

   Il  carattere  di continuita', di sistematicita' e di integrazione
delle  informazioni da piu' fonti, colloca a pieno titolo la Rete dei
RT  all'interno  del  progetto  di un nuovo sistema informativo sullo
stato  di  salute,  secondo  i  criteri  espressi nel Piano Sanitario
Nazionale.  Utilizzando  la  Banca  Dati  Nazionale  saranno prodotti
periodicamente   Rapporti   descrittivi   relativi   alla  situazione
nazionale  e  delle  regioni,  in relazione anche con le scadenze dei
prossimi  Piani  sanitari  nazionali  e  delle  esigenze  informative
nazionali e internazionali.
   Per  quanto  riguarda  i  tumori,  il debito informativo e' quindi
pienamente   assolto   dalle   attivita'   della   rete  dei  RT,  in
collaborazione  con  le  Istituzioni Nazionali di raccolta ed analisi
dei  dati. Particolare importanza assume in tal senso il rapporto con
l'ISTAT e con l'Istituto Superiore di Sanita'.
   Inoltre   i   RT,   in   stretta   collaborazione   con  l'ISPESL,
costituiscono   la   base   informativa   sui   tumori   di   origine
professionale,  come  previsto dalla normativa nazionale. Infatti, e'
da  notare come e' affidata all'ISPESL la costituzione di un Registro
Nazionale  dei  Mesoteliomi da Amianto (Dlgs 277/91, art. 36) e di un
Registro  dei  tumori legali ad esposizioni lavorative (DLgs. 626/94,
art.71 -Registrazione dei tumori).

I RT E LA LEGGE SULLA RISERVATEZZA.

   Il  fatto  che  i RT usino piu' fonti informative per costruire la
serie  dei propri casi, a livello cartaceo o informatizzato, comporta
obbligatoriamente  l'uso  di  dati individuali nominativi. Inoltre le
casistiche  individuali  e  nominative  presenti  nei  Registri  sono
comunemente  utilizzate  per  studi  clinici  finalizzati alla tutela
della  salute  individuale.  L'enorme  mole di dati obbligatoriamente
nominativi  (sono  attualmente  registrati  in Italia ogni anno circa
40.000  casi  incidenti  ed individuati altrettanti casi prevalenti),
spesso  relativi  a  soggetti  deceduti  o in gravi condizioni, rende
impossibile  l'ottenimento  del  consenso  informato a livello di RT.
Tale  problema  e'  peraltro  tenuto  in debito conto nella normativa
vigente.  Tutti  i Registri aderenti al AIRT utilizzano correntemente
un  Codice  di  Autoregolamentazione,  che garantisce la Tutela della
Riservatezza dei dati sensibili.

I NUOVI RT ED I CRITERI DI AMMISSIBILITA'.

   La fase di crescita spontanea dei RT italiani ha comunque permesso
di  maturare  know-how di ottimo livello e di produrre dati unici nel
panorama dei monitoraggio dei fenomeni oncologici.
   Ne e' emerso un forte interesse per le attivita' di registrazione,
che  ha  portato, negli ultimi anni, alla nascita di nuove iniziative
in  territori  precedentemente  non coperti. Attualmente, oltre ai 13
Registri  generali, i cui dati sono gia' presenti nelle pubblicazioni
internazionali,   vi   sono   nuovi   Registri  in  fasi  diverse  di
realizzazione,  che  presumibilmente  porteranno la proporzione della
popolazione interessata dalla registrazione dal 15% ad almeno il 20%.
   Al momento attuale, e' opportuno un intervento programmatorio, che
regoli  la  nascita  di  nuovi  R.T.  sulla base di criteri adeguati.
Questi sono:

  -  miglioramento  della rappresentativita' nazionale. Devono essere
  valorizzate   le   iniziative   di   registrazione   nelle  Regioni
  attualmente non rappresentate o scarsamente rappresentate.
  - verifica delle precondizioni del sistema informativo locale, tali
  da   permettere   la  raccolta  di  dati  di  buona  qualita',  con
  particolare riferimento alle fonti informatizzate;
  -   adesione   ai  criteri  internazionali  di  qualita'  richiesti
  dall'OMS.
  - disponibilita' al controllo di qualita' ed alla partecipazione al
  network    nazionale   ed   internazionale   dei   RT   (condizione
  indispensabile per partecipare alla Banca dati Nazionale;
  - dimensione sufficiente;
  - garanzia di continuita'.

   Infine,   deve   essere   valorizzato  un  processo  di  ulteriore
informatizzazione  dei RT esistenti, e stimolato l'eventuale processo
di accorpamento di aree limitrofe, al fine di ridurre il numero delle
strutture di registrazione ed aumentarne la dimensione.
   La   nascita   di   un   nuovo  RT  deve  essere  preceduta  dalla
realizzazione  di  uno  studio  pilota  che  affronti  il  tema della
qualita'  delle  fonti  informative  e  permetta la costruzione di un
adeguato archivio dei casi prevalenti.

CONCLUSIONI ED INDICAZIONI OPERATIVE

   I   Registri   Tumori  Italiani  (R.T.)  rappresentano  una  fonte
informativa   essenziale   per   il   governo   nazionale  e  per  le
amministrazioni  regionali  relativamente  ad  incidenza, mortalita',
prevalenza  e  sopravvivenza  per  tumori  in  Italia,  come peraltro
rilevato dal Piano Sanitario Nazionale 1998-2000.
   I  R.T.  rappresentano  inoltre  strumenti  fondamentali,  per  la
valutazione  delle  attivita'  diagnostiche  e  terapeutiche in campo
oncologico,  per  la  valutazione di qualita' degli screening, per la
ricerca   eziologica   e   clinica   nazionale   ed   internazionale.
Costituiscono  inoltre  la base informativa altamente qualificata per
la  programmazione  e la valutazione di efficacia degli interventi di
prevenzione primaria.
   Si  ritiene  pertanto  opportuno sensibilizzare le amministrazioni
regionali  nei  confronti di iniziative finalizzate al consolidamento
dei  R.T.  esistenti  ed  al  raggiungimento  di  una  piu'  adeguata
rappresentativita' nazionale delle attivita' di registrazione.

Considerato quanto espresso si raccomanda fortemente che:

  -  I  R.T. siano inseriti nell'ambito del progetto di nuovo sistema
  informativo sullo stato di salute della popolazione, necessario per
  assolvere al debito informativo nazionale ed internazionale ai fini
  della  programmazione.  Per  quanto  riguarda i tumori, infatti, il
  debito  informativo  e' assolto dalle attivita' della rete dei R.T.
  svolta  in  collaborazione con le istituzioni nazionali di raccolta
  ed  analisi  dei dati ed in particolare con l'ISTAT, con l'Istituto
  Superiore  di Sanita' e con l'ISPESL, per quanto concerne, i tumori
  di origine professionale.
  - L'Associazione Italiana Registri Tumori, attraverso la Banca Dati
  Nazionale, garantisca la produzione di dati, a carattere nazionale,
  di  epidemiologia descrittiva dei tumori e ne curi la pubblicazione
  con   periodicita'   adeguata   alle   scadenze  di  programmazione
  nazionale. Si raccomanda che la associazione medesima risponda, per
  la  Rete  dei  R.T., al Ministero della Sanita' ed alla Commissione
  Oncologica Nazionale.
  -  Attraverso  adeguate  risorse  umane  e  materiali  ed opportuna
  attenzione  nei  confronti  della  qualita' dei sistemi informativi
  locali,  le  amministrazioni  regionali garantiscano la continuita'
  delle  attivita' di registrazione, tramite il sostegno ai R.T. gia'
  operanti sul territorio di competenza e promuovano e valorizzino le
  iniziative    di   registrazione   nelle   aree   rappresentate   o
  adeguatamente  rappresentate.  Relativamente  a cio', si raccomanda
  che  l'individuazione  di  nuovi Registri avvenga coerentemente con
  criteri   di   programmazione   nazionale,   tenendo   conto  della
  rappresentativita' territoriale della registrazione, valorizzando e
  promuovendo la registrazione nelle aree attualmente non coperte.
  - L'inserimento di nuovi RT nella rete nazionale preveda un sistema
  di  accreditamento,  secondo  standard  di qualita' internazionale,
  attualmente gia' garantito dalla AIRT.
  -  Ai  fini  della  operativita',  che  i  RT possano trattare dati
  sensibili  in assenza di consenso informato, come peraltro previsto
  dalla  attuale  normativa. Al fine di produrre dati aggiornati ed a
  basso  costo,  i RT devono, infatti, poter avere accesso alle fonti
  informatizzate  nominative  sui  casi di neoplasia, con particolare
  riferimento  alle  schede di dimissione ospedaliera, ai certificati
  di  morte,  agli archivi dei referti istologici e citologici, delle
  quali  peraltro  deve essere opportunamente valutata la qualita' in
  ciascun territorio.

B) LE MIGRAZIONI SANITARIE PER CURE DEI PAZIENTI ONCOLOGICI.

1b) Premessa

   L'analisi su cui si basa il presente documento e' stato elaborata,
per   quanto   attiene   le   migrazioni   sanitarie  interregionali,
utilizzando  i  dati  relativi alle schede di dimissione ospedaliera,
provenienti   dalle   singole   regioni  italiane,  in  possesso  del
Dipartimento della Programmazione del Ministero della sanita'.
   Le  SDO relative l'anno 1997, riguardano tutti i ricoveri avvenuti
negli    ospedali   pubblici   (presidi   ospedalieri,   ed   aziende
ospedaliere),  negli  I.R.C.C.S.  nelle  case di cura convenzionate e
nelle  case  di cura non convenzionate. Per queste ultime, permangono
dei dubbi sulla completezza dei dati.
   I dati si riferiscono ai ricoveri in regime ordinario ed attengono
al  numero  dei  ricoveri,  non al numero di soggetti ricoverati e si
riferiscono esclusivamente alle patologie neoplastiche dell'adulto.

Le  neoplasie  da  monitorizzare,  sono  state  scelte  in base a due
criteri:

  - La rilevanza numerica;
  -  La rarita' della patologia, con conseguente possibile necessita'
  di alta specializzazione e concentrazione territoriale.

2b) Considerazioni sul bilancio migratorio delle diverse regioni e la
mobilita' dei pazienti oncologici per regione

   I  ricoveri dei cittadini italiani ammalati di tumore maligno, che
avvengono  in regioni diverse da quella di residenza rappresentano un
fenomeno imponente.
   Infatti,  nel  1997  essi  sono stati oltre 73.000, a fronte di un
totale di ricoveri per neoplasia che sono stati 726.000.
   Alle  evidenti  implicazioni  di  carattere economico correlate al
fenomeno  migratorio,  si  associano  i  disagi  ed  i problemi che i
pazienti   oncologici   e   le   loro   famiglie  devono  affrontare,
nell'allontanarsi  dal  consueto  luogo  di  residenza.  Il  fenomeno
migratorio  per  cure  oncologiche, divide le regioni italiane in tre
gruppi:


- Le regioni con un bilancio positivo, intendendo in tal senso
  quelle regioni in cui gli ingressi da altre regioni sono superiori
  alle migrazioni;
- Le regioni con un bilancio sostanzialmente in pareggio;
- Le regioni con un bilancio negativo.

   La  maggior  parte delle regioni del Sud appartiene a quest'ultimo
gruppo.
   Per  l'anno  1997,  la  regione  che  attrae  il maggior numero di
pazienti  residenti fuori del proprio territorio e' la Lombardia, con
circa  19.500  ricoveri,  pari  al 12,3% di tutti i ricoveri avvenuti
nelle  strutture  territoriali.  Ad  essa seguono il Lazio, con circa
9.900.  ricoveri,  pari  ai  10.4  di  tutti  i ricoveri e l'Emilia e
Romagna,  con  quasi  9.000.  ricoveri, pari all'11.8% del totale dei
ricoveri.
   Al  contrario,  la regione che perde il maggior numero di pazienti
oncologici  e'  la  Sicilia,  con circa 8.700 ricoveri fuori regione.
Tale  dato  e'  comunque da considerare con cautela, per la possibile
incompletezza  delle  informazioni. Alla Sicilia seguono la Campania,
con circa 8.300 ricoveri fuori regione e la Calabria, con circa 7.000
ricoveri extraregione.
   Piu'  in  generale  si osserva che la mobilita' interregionale dei
residenti  nel  Centro-Nord  riguarda  prevalentemente spostamenti in
regioni  limitrofe,  nelle  regioni del Sud si nota una tendenza agli
spostamenti di lunga distanza.
   Infatti,  per  quanto  attiene  la  Lombardia, piu' di 10.000. sui
19.000. ricoveri suddetti, riguardano pazienti provenienti da regioni
meridionali.

3b) La mobilita' per patologia

   Le  patologie  oncologiche  che piu' frequentemente comportano una
migrazione sanitaria sono:
   i tumori della mammella, con 6726 ricoveri fuori regione;
   i linfomi, con 5395 ricoveri fuori regione;
   i tumori del polmone, con 5340 ricoveri fuori regione.
   La percentuale maggiore di migrazioni sanitarie si riscontra nelle
neoplasie  del  connettivo  e  dei  tessuti  molli (23%), seguiti dai
linfomi  (22.1%),  dai  tumori  dell'encefalo (17%) e da quelli dello
stomaco (14.8%)
   Sempre  in termini proporzionali i tumori del colon (6.4 %9, della
prostata    (7.2%)    comportano   meno   frequentemente   migrazioni
interregionali.
   L'analisi  dei  dati  evidenzia  che  il  fenomeno  migratorio per
patologia  oncologica  avviene  sia  per alcune patologie considerate
piuttosto  rare, (i tumori del connettivo, i tumori dei tessuti molli
i  tumori  dell'encefalo) sia per alcune tra le patologie oncologiche
maggiormente  incidenti,  quali  le  neoplasie mammarie, le neoplasie
polmonari o i linfomi.
   Pertanto  la  mobilita'  per  patologia oncologica riguarda sia le
neoplasie  per le quali e' prevedibile il coinvolgimento di strutture
altamente  specializzate,  che  le neoplasie per le quali le tecniche
terapeutiche   sono   piu'   facilmente   disponibili  ed  ampiamente
standardizzate.  Le neoplasie maligne della mammella rappresentano un
chiaro  esempio  di  quanto  anzidetto.  Basti  dire  che  in termini
percentuali  l'11.3%  dei  ricoveri  extraregionali e' attribuibile a
questa  patologia.  Inoltre la migrazione non si limita a spostamenti
in  regioni  limitrofe,  ma  presenta  linee  di  attrazione  a lunga
distanza.  La  regione  che  di  gran  lunga  ricovera, per ca. della
mammella  e'  la  Lombardia, seguita, a notevole distanza dal Lazio e
dall'Emilia Romagna.
   Anche  per questa patologia le regioni del Sud mostrano un elevato
livello di non autosufficienza.
   I  tumori  dell'encefalo  rappresentano  un  esempio  di patologia
relativamente rara, il cui trattamento in pochi centri di riferimento
ad  alta  specializzazione  potrebbe  meglio  garantire  un  adeguato
livello  terapeutico.  Anche  questa  patologia  e' caratterizzata da
forti  fenomeni  migratori.  Infatti,  a fronte di un totale di circa
11.000  ricoveri  avvenuti  nel  1997, 2250 sono avvenuti fuori della
regione  di residenza. Anche per questa patologia sono soprattutto le
regioni  del  sud a determinare i maggiori flussi migratori, diretti,
verso  la  Lombardia e moderatamente verso il Veneto l'Emilia Romagna
ed il Lazio.

4b) Le Migrazioni sanitarie all'estero

   L'esame  dei  dati,  relativi alle migrazioni sanitarie all'estero
per  cure  dei  pazienti  oncologici,  forniti dal Dipartimento delle
professioni  sanitarie  del Ministero, relativi l'anno 1997, conferma
l'importanza in termini numerici del fenomeno.
   La  migrazione  all'estero  dei cittadini Italiani costituisce per
dimensioni  un  fenomeno  unico  in  Europa,  estremamente  rilevante
pertanto sia dal punto di vista economico che sociale. Le motivazioni
sottese  a  tale  fenomeno  sono legate a richieste autorizzative per
prestazioni    chemioterapiche,    radioterapiche,   diagnostiche   e
neurochirurgiche.  Dall'analisi  dei modelli autorizzativi rilasciati
dai centri regionali di riferimento emergere una certa disomogeneita'
nelle  prassi  autorizzative  regionali, nella completezza del flusso
informativo,   della  congruita'  della  autorizzazione  rispetto  al
trattamento che sara' effettuato all'estero.

5b) Conclusioni

   Per   quanto  attiene  le  migrazioni  sanitarie  all'interno  del
territorio  nazionale,  le schede di dimissione ospedaliera, nel loro
complesso  e  per  le patologie osservate, hanno messo in evidenza un
forte flusso migratorio dal sud verso il Nord. Come gia' espresso, il
fenomeno   non  e'  esclusivamente  legato  all'insorgenza  di  forme
neoplastiche  rare che potrebbero essere motivate dalla necessita' di
afferire  in  strutture  e  competenze  di alta specialita', ma anche
patologie  per  le  quali  sono  ampiamente diffusi, standardizzati e
condivisi i protocolli diagnostico-terapeutici. In questi ultimi casi
quindi il trattamento dei pazienti oncologici dovrebbe poter avvenire
all'interno  della  regione  di provenienza. Risulta pertanto urgente
procedere  ad  un'analisi,  che  tenda  ad  individuare le specifiche
prestazioni  per  le  quali  avviene  la migrazione. Tale studio deve
essere  finalizzato  anche a distinguere le migrazioni cosi' dette di
comodo,  cioe'  legate  alla  vicinanza  geografica  ad  un centro di
diagnosi  e  cura delle malattie oncologiche, dalle migrazioni legate
ad una effettiva carenza di offerta di servizi in loco.
   L'analisi  di tali informazioni potra' consentire il perseguimento
di obiettivi di programmazione sanitaria, che tendano:

  -   ad  assicurare  le  prestazioni  essenziali  nelle  regioni  di
  residenza,  per  quanto attiene le patologie a maggiore incidenza e
  per le quali esistono protocolli terapeutici standardizzati;
  -   a  valorizzare  la  concentrazione  di  del  trattamento  delle
  patologie rare e di tecniche complesse in centri di eccellenza;
  - a ridurre il fenomeno delle migrazioni all'estero, assicurando la
  razionalizzazione dei percorsi diagnostico-terapeutici.

  Per  quanto  attiene  il fenomeno migratorio extranazionale, appare
  opportuno

  - migliorare i flussi informativi, relativi ai modelli TSR.01 ed E1
  12;
  -  attivare,  da  parte delle regioni, il flusso informatizzato dei
  dati individuali relativi alle migrazioni all'estero;
  -  modificare  la  scheda  informatizzata, al fine di ottenere piu'
  dettagliate informazioni;
  -  omogeneizzare,  per  quanto  possibile,  la prassi autorizzativa
  regionale.

C)  ATTIVAZIONE DI PROGRAMMI OPERATIVI DI CONTROLLO DI QUALITA' DELLE
ATTIVITA' DIAGNOSTICHE E TERAPEUTICHE.

Introduzione

   Le  numerose  iniziative in corso e le procedure di accreditamento
delle strutture assistenziali fanno riferimento a criteri gestionali,
organizzativi  e  strutturali, atti a garantire efficienza e qualita'
delle  prestazioni  erogate,  due  livelli  che richiedono approcci e
controlli  ovviamente  diversificati.  Infatti,  l'efficienza  e'  un
requisito  necessario,  ma  non  sufficiente, a garantire la qualita'
delle prestazioni.
   Gli   esami   eseguiti  nel  paziente  oncologico  possono  essere
grossolanamente  suddivisi  in  esami  strumentali o di laboratorio e
sono     eseguiti     e     utilizzati     durante    tutto    l'iter
diagnostico-terapeutico  del  paziente  oncologico, dalla prevenzione
primaria  e  secondaria (screening), alla diagnosi, alla formulazione
della  prognosi,  alla  pianificazione  terapeutica,  al monitoraggio
della  evoluzione  della  malattia  e  degli  effetti collaterali nel
paziente trattato.
   Attualmente,   a   livello   nazionale,  non  sono  state  assunte
iniziative  finalizzate  a  verificare  l'attendibilita' degli, esami
forniti dalle strutture sanitarie al momento del loro accreditamento,
ne'  alcun  sistema  di monitoraggio della qualita' delle prestazioni
per  le  strutture accreditate, che costituiscono la rete del Sistema
Sanitario  Nazionale.  L'eterogeneita'  della  qualita' e del tipo di
prestazioni  fornite  dalle diverse strutture, in funzione di diversi
fattori quali, non ultimo, l'ubicazione topografica, ha rappresentato
e  tuttora  rappresenta  un  problema per la qualita' dell'assistenza
sanitaria fornita al Paese.
   Nel   settore   dell'oncologia,   l'evoluzione  tecnologica  delle
procedure  di laboratorio e delle apparecchiatura medicali ha portato
all'acquisizione   di  rilevanti  informazioni  e  aperto  importanti
prospettive  per  la  gestione  del  paziente  affetto  da  patologia
oncologica. I diversi esami, anche per la successione cronologica con
cui  sono  stati  proposti  ed utilizzati, sono attualmente a diversi
stadi  dell'iter  del controllo di qualita' previsto per garantire la
riproducibilita' intra- ed inter-laboratorio. Si rimanda all'allegato
no4  al  presente  documento per un approfondimento della tematica in
oggetto.

                             CONCLUSIONI

   Al  fine della realizzazione di quanto previsto nel presente Piano
oncologico  nazionale,  si  auspica fortemente che in ogni regione si
provveda  a garantire il coordinamento delle attivita' oncologiche. A
tale   scopo,   si  raccomanda  fortemente  la  costituzione  di  una
Commissione  oncologica  regionale,  che  includa  al  suo interno le
diverse competenze coinvolte in materia.
   La   suddetta   Commissione   avra'   il   compito  di  supportare
tecnicamente le amministrazioni regionali nella formulazione di linee
guida  comportamentali e per il monitoraggio delle attivita' poste in
essere,  al  fine  della  programmazione  e implementazione del Piano
oncologico regionale.
   L'attuazione   delle  indicazioni  inerenti  il  Piano  oncologico
nazionale,  nei  suoi  diversi  aspetti,  sara'  oggetto di periodico
monitoraggio  da  parte  del  Ministero  della  sanita',  tramite  la
Commissione oncologica nazionale.
   A  tale  scopo  si  procedera'  all'attivazione  di  un sistema di
rilevazione  periodica  dei  dati  inerenti  gli  obiettivi specifici
intermedi indicati nel presente Piano.
   Tali  rilevazioni,  da  effettuare  con  cadenza annuale presso le
Amministrazioni  regionali, forniranno il materiale per la stesura di
un report annuale al Ministro della sanita' sullo stato d'avanzamento
e  di implementazione delle strategie sottese all'implementazione del
Piano Tumori.