si configura sempre di piu' come una tematica ad alto contenuto clinico, che comporta un supporto specialistico sia psicologico che terapeutico. Raccomandazioni specifiche sp; 1. Alimentazione Le raccomandazioni che seguono tengono conto delle esigenze di attuazione pratica di attivita' di prevenzione nonche' delle esigenze di ricerca ad esse legate: 1. Stesura di indicazioni operative alimentari altamente specifiche nelle raccomandazioni, che considerino la multidimensionalita' del problema (politiche dei prezzi, pubblicita', messaggi educativi, ecc.), sulla base delle indicazioni scientifiche delle linee-guida gia' disponibili (Commissione Europea, ovvero le linee-guida elaborate nel 1997 dall'Istituto Nazionale della Nutrizione) 2. Definizione di messaggi semplici, focalizzati e rivolti a diversi sottogruppi della popolazione. 3. Avvio di una sperimentazione nei luoghi della ristorazione collettiva che associ ai messaggi educativi la disponibilita' di piatti che rispondano alle esigenze nutrizionali, e di ricette da utilizzare anche a casa. Alcool Le prove scientifiche relative agli effetti dannosi dell'alcool sono ditale livello da non richiedere una revisione sistematica. Resta tuttavia irrisolto il problema dei rischi e dei benefici associati con il consumo di quantita' medio-basse. Numerosi studi indicano, infatti, che la relazione dose-risposta tra consumo di alcool e mortalita' generale e da malattie cardiovascolari ha una forma ad U; la mortalita' e' cioe' piu' bassa per i consumatori moderati rispetto a chi non beve affatto. Non e' ancora chiaro come questi dati scientifici debbano tradursi in linee-guida operative. E' necessario inoltre valutare l'efficacia di diversi modelli di intervento educativo, e progettare un intervento di lotta contro l'abuso di alcool (non solo l'etilismo, ma consumi medio-alti), tenendo conto delle esperienze gia' in corso in Italia e delle revisioni sistematiche della letteratura. 3) INFEZIONI La rilevanza delle infezioni nella eziologia dei tumori. Si stima che il 15% di tutti i tumori che sono diagnosticati ogni anno nel mondo siano attribuibili ad agenti infettivi: tale quota varia dal 21% per i paesi in via di sviluppo al 9% per i paesi industrializzati come l'Italia. Circa 1.500.000 nuovi casi di tumore potrebbero essere teoricamente evitati ogni anno in tutto il mondo prevenendo le infezioni da agenti infettivi rilevanti. Virus Epatite B (HBV) Il ruolo dell'infezione cronica da HBV nell'eziologia del carcinoma epatocellulare e' ormai ben definito, con una stima del rischio relativo che varia da 3 a 150. Nel 1994, la Agenzia Internazionale di Ricerche sul Cancro ha incluso l'HBV tra gli agenti di provata cancerogenicita'. Complessivamente, all'infezione da HBV e' attribuibile il 52% dei carcinomi epatocellulari al mondo. Virus Epatite C (HCV) Anche l'HCV e' stato incluso tra gli agenti di provata cancerogenicita' nel 1994 dalla IARC per il suo ruolo (in quanto infezione cronica) nell'epatocarcinoma. La quota di tali tumori attribuibile all'infezione da HCV e' stimata intorno al 25%. Helicobacter pylori (HP) Nove studi caso-controllo che hanno indagato la relazione tra HP e carcinoma gastrico hanno evidenziato una associazione positiva, con una stima del rischio relativo compresa tra 1.8 e 6. Altri studi hanno evidenziato aumenti ristretti a sottogruppi specifici. Assumendo un rischio relativo di 2, e una prevalenza dell'infezione da HP intorno al 50% nei paesi industrializzati, e' stato stimato che nel 71% dei carcinomi gastrici l'infezione da HP ha un ruolo determinante. Human papillomavirus (HPV) La IARC ha indicato nel 1995 che i sottotipi 16 e 18 di HPV sono agenti sicuramente cancerogeni, anche se l'ipotesi che HPV fosse coinvolto nell'eziologia del carcinoma della cervice uterina era stata formulata da molti decenni. Ulteriori studi hanno dimostrato che anche i sottotipi 31, 33, 35, 45, 51, 52, 58, 59 possono essere considerati cancerogeni. Complessivamente, gli studi caso-controllo indicano che le donne HPV positive hanno un rischio di circa 60 volte piu' alto di carcinoma cervicale delle donne negative per HPV. L'HPV e' responsabile di circa l'80% dei tumori cervicali nei paesi industrializzati e del 90% di tali tumori nei paesi in via di sviluppo. HIV L'HIV e' stato incluso nel 1996 tra gli agenti sicuramente cancerogeni per l'uomo a causa della sua associazione causale con il sarcoma di Kaposi e con alcuni tipi di linfoma non-Hodgkin. L'infezione da HIV e' associata anche con un aumento del rischio di carcinoma invasivo della cervice (una neoplasia inclusa nella definizione d'AIDS) e del linfoma di Hodgkin. Epstein-Barr virus (EBV) L'associazione tra EBV e alcuni tipi di tumore acquisisce una sempre maggiore consistenza, dovuta al crescere negli anni del numero di tumori umani in cui e' dimostrata la presenza e l'espressione di sequenze di EBV. E' stata riportata un'associazione con l'infezione da EBV per il linfoma di Hodgkin, per i linfomi non-Hodgkin a cellule B o a cellule T, per il linfoepitelioma timico, in aggiunta ad alcuni carcinomi come il carcinoma gastrico, i tumori delle ghiandole salivari, ed i tumori del tratto uro-genitale. Nei pazienti che presentano una compromissione del sistema immunitario, la frequenza di tumori solidi in pazienti con infezione da EBV e' molto piu' rara. La maggior parte delle neoplasie EBV associate sono di origine linfoide, come e' ormai ben dimostrato per i disordini linfoproliferativi che originano nei pazienti sottoposti a trapianto d'organo, o per i linfomi immunoblastici ed i linfomi primitivi del sistema nervoso centrale che si verificano nei pazienti con AIDS. Le strategie per l'intervento Una potenziale campagna di prevenzione primaria dei tumori associati alle infezioni prevede interventi di tipo comportamentale e vaccinale. Per gli interventi di tipo comportamentale, le vie di trasmissione dei virus sopra citati sono ben conosciute e la prevenzione dell'infezione e quella neoplastica coincidono. Per la riduzione del rischio da HBV, HCV, HTV, collegati alla trasmissione per via ematica, si raccomanda l'uso di siringhe sterili, per la trasmissione per via sessuale si raccomanda l'uso del condom con partner occasionali o con partner di cui non sia noto lo stato anticorpale. Analoga raccomandazione sull'uso del condom vale per l'HPV. Per quanto riguarda la possibilita' di prevenzione primaria vaccinale, la vaccinazione contro HBV e' efficace nel prevenire la morbosita' da epatite ed e' plausibile che l'eliminazione dell'infezione possa portare all'annullamento del rischio neoplastico. La vaccinazione contro HBV e' gia' una realta' in Italia, mentre altri vaccini contro l'HPV e l'HP sono attualmente in via di preparazione e valutazione. Raccomandazioni specifiche In connessione con il Piano Nazionale AIDS, devono essere proseguite le campagne di informazione relative alla trasmissione di infezioni durante i rapporti sessuali non protetti e per aumentare la frequenza dell'uso del condom. Le numerose esperienze condotte in questi anni per la prevenzione dell'AIDS (interventi nelle scuole basate sugli insegnanti, interventi di educazione fra pari, unita' di strada ecc.) dovrebbero fungere da riferimento per lo sviluppo di attivita' educative volte alla prevenzione di altre patologie infettive associate allo sviluppo di neoplasie. E' affidato alle Regioni il compito di programmare adeguati interventi di educazione alla salute, finalizzati alla prevenzione delle infezioni trasmesse per via sessuale ed ematica. L'inserimento nelle campagne dei contenuti relativi alla prevenzione dei tumori, accanto a quella delle infezioni in quanto tali, puo' migliorare la consapevolezza dell'utenza e adeguare il messaggio. E' fortemente auspicato inoltre che tali programmi siano accompagnati da adeguate attivita' di valutazione, volte a verificare la loro efficacia in termini di aumento della proporzione di soggetti con comportamenti consapevoli e positivi. E' fortemente raccomandato considerare nei programmi la possibilita' di distribuire gratuitamente siringhe e condom ai gruppi a rischio. I programmi di educazione dovrebbero essere implementati a livello Aziendale coinvolgendo nella loro realizzazione i m.m.g, in primo luogo, tutte le strutture sanitarie pubbliche con le quali l'utenza a rischio puo' venire in contatto, il mondo della scuola e l'associazionismo, soprattutto giovanile. I servizi di educazione alla salute dovranno essere sistematicamente coinvolti per la progettazione degli interventi, al fine di garantire l'uso di tecniche comunicative adeguate. I Dipartimenti di Prevenzione sono sistematicamente chiamati in causa: - per la progettazione degli interventi; - per la loro valutazione; - per il controllo della copertura vaccinale soprattutto per quanto riguarda l'epatite B. Si ritiene inoltre opportuno, quando possibile, che le strutture di ricerca italiane partecipino ai progetti internazionali multicentrici volti ad implementare e sperimentare i nuovi vaccini con potenzialita' di prevenzione primaria dei tumori. 4) ESPOSIZIONI IN AMBIENTE DI LAVORO Il PSN fa riferimento all'ambiente di lavoro nelle "azioni da sviluppare nei piani regionali e aziendali". Alcune azioni sono pertinenti alla prevenzione dei tumori, quali le seguenti: - potenziamento e razionalizzazione della formazione degli addetti alla vigilanza e controllo; - informazione ai lavoratori; - realizzazione di una rete di epidemiologia occupazionale; - piena realizzazione della recente normativa di settore e perseguimento sanzionatorio e giudiziario delle inadempienze alla legge; - miglioramento delle rilevazioni sulle malattie professionali. Le evidenze disponibili Sono stati identificati come cancerogeni dall'Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (LARC) numerosi agenti, processi produttivi ed esposizioni lavorative. Si ritiene che le esposizioni professionali contribuiscano ad almeno il 3-4% di tutta la patologia neoplastica, con una percentuale maggiore per alcune sedi tumorali come il polmone (fino al 40%) o la vescica (fino al 25% circa). Esiste, tuttavia, un divario notevole tra il numero di tumori professionali stimati sulla base delle indagini epidemiologiche e il numero molto inferiore dei tumori indennizzati. Nel quinquennio 1993-97 sono stati riconosciuti e indennizzati in Italia 476 casi di tumore di origine professionale, a fronte di un numero (desumibile dalle suddette stime della letteratura scientifica) dell'ordine delle migliaia per anno. Si consideri che solo l'amianto causa ogni anno in Italia circa 1000 mesoteliomi pleurici e un numero verosimilmente analogo di tumori polmonari. Si tratta quindi di un fenomeno largamente sommerso. Tra le cause di tale divario vi e' la difficolta' nel ricostruire le esposizioni lavorative lontane nel tempo, la insorgenza della patologia neoplastica dopo il pensionamento, quando i lavoratori cessano di essere seguiti dai servizi di prevenzione competenti, nonche' la non sufficiente attenzione e preparazione delle strutture di diagnosi e cura all'identificazione delle cause lavorative della patologia neoplastica. Le strategie per l'intervento La prevenzione primaria dei tumori professionali si ottiene in primo luogo attraverso interventi tecnologici mirati alla modificazione dei cicli lavorativi e degli agenti chimici impiegati, nonche' con una capillare azione di formazione e informazione nei confronti dei lavoratori, come prevede la normativa vigente. L'efficacia di questi interventi e' valutabile indirettamente attraverso studi epidemiologici, che confrontino l'incidenza dei tumori nelle stesse coorti lavorative prima e dopo gli interventi di prevenzione. Considerando i tempi di latenza delle neoplasie in esame (20-30 anni), e' possibile oggi valutare l'efficacia degli interventi di prevenzione dei primi anni Settanta. Appare prioritario attivare azioni che permettano la identificazione delle popolazioni di lavoratori a rischio di cancro nel contesto nazionale. In Italia la normativa prevede due sistemi nazionali di registrazione dell'esposizione: il registro degli esposti a cancerogeni previsto dal D.Lgs 626\94 ed il registro degli esposti ad amianto previsto dal D.Lgs 277\91. Ambedue i sistemi si basano sull'attivazione di flussi informativi tra le unita' produttive, l'organo di vigilanza e l'ISPESL, presso di cui sono istituiti i registri di esposizione. I modelli e le modalita' di registrazione sono stati predisposti dall'ISPESL. Tuttavia i decreti attuativi, cui la normativa rimanda per l'applicazione delle disposizioni, non sono ancora stati emanati. Appare necessario che tali strumenti ed i relativi flussi informativi siano al piu' presto adottati, al fine di attivare il previsto sistema nazionale di registrazione. Sulla base delle considerazioni esposte, si rimanda all'iniziativa regionale l'elaborazione di piani per la prevenzione dei tumori professionali e si raccomanda il perseguimento dei seguenti obbiettivi: - Identificazione e classificazione delle aziende che impiegano e producono cancerogeni, ordinandole per comparto e tipologia di lavorazione, e quantificare l'esposizione professionale. - Indicazione e promozione di soluzioni tecnologiche concretamente attuabili in grado di sostituire le sostanze cancerogene dai cicli lavorativi o, quanto meno, di ridurre al minimo le esposizioni professionali conseguenti alla loro presenza. - Definizione di archivi di esposti a cancerogeni di origine professionale e realizzazione della sorveglianza epidemiologica sui tumori professionali e lavoro-correlati, prioritariamente rivolta verso quelli a piu' elevata frazione eziologica, finalizzata anche al loro riconoscimento in sede medico-legale. Un contributo importante alla prevenzione dei tumori professionali puo' venire da un maggior coinvolgimento e partecipazione, su questa tematica, delle strutture di diagnosi e cura dei tumori. In particolare, si propone che per le due neoplasie professionali piu' frequenti, quelle polmonari e vescicali, le strutture del Servizio Sanitario Nazionale s'impegnino a raccogliere in modo standardizzato un'adeguata anamnesi lavorativa dei casi, utilizzando apposita modulistica ben sperimentata. Tali notizie dovranno far parte della documentazione clinica individuale. Dall'insieme di queste segnalazioni potra' derivare l'individuazione di eventuali focolai epidemici attualmente non riconosciuti, con la possibilita' di attivare interventi di prevenzione mirati. Raccomandazioni specifiche 1. Attivare piani per la sorveglianza a livello regionale in grado di identificare e classificare i comparti e le lavorazioni con impiego e produzione di cancerogeni, registrare i soggetti esposti a sostanze cancerogene come espressamente previsto dal DLgs 626/94, riconoscere la patologia tumorale dovuta ad esposizioni professionali. 2. Aumentare la sensibilita' delle strutture del Servizio Sanitario Nazionale nel riconoscimento di tumori di origine professionale, adeguando le procedure attualmente carenti e deficitarie nella raccolta dell'anamnesi professionale dei casi. Cio' permettera' di migliorare la qualita' delle informazioni relative ai casi di neoplasia di origine professionale, che devono essere trasmesse all'ISPESL, ai fini della registrazione nell'archivio nazionale dei casi di tumore di sospetta origine professionale, cosi' come previsto all'art. 71 del d.Lgs 626\94. A tal fine, appare opportuno che le Amministrazioni Regionali predispongano apposite schede con l'elenco delle esposizioni e delle attivita' lavorative per le quali esiste evidenza di associazione con i tumori del polmone e della vescica. 5)RADON Il problema dei rischi sanitari connessi alla presenza del radon negli edifici e' affrontato esplicitamente nel Piano Sanitario Nazionale 1998-2000. Gli obbiettivi sono l'intensificazione della ricerca scientifica nel settore e la riduzione della concentrazione di radon nelle abitazioni ed in altri luoghi chiusi. Dovranno essere attivate azioni per l'identificazione delle situazioni con una concentrazione di radon piu' elevata, la predisposizione di norme specifiche, lo studio di adeguate azioni di rimedio, la formazione professionale e l'informazione della popolazione. Gli effetti sanitari del radon L'esposizione al radon ed ai suoi prodotti di decadimento e' un fattore di rischio per il tumore polmonare ed e' generalmente considerata come una delle principali cause di tale neoplasia, dopo il fumo di sigaretta. L'Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro ha classificato tali radionuclidi tra le sostanze cancerogene di gruppo 1. Si stima che il rischio individuale sull'intera vita dovuto all'esposizione continua a 100 Bq/m3 sia dell'ordine di 1%, con un'incertezza stimabile in un fattore 3. A tutt'oggi le incertezze sulle stime quantitative del rischio sono rilevanti, anche se minori di quelle relative a molti altri cancerogeni, in particolare per quel che riguarda l'estrapolazione alla popolazione esposta in ambienti domestici, l'entita' del sinergismo con il fumo di sigarette ed il rischio per i non fumatori. .sp, La situazione in Italia L'esposizione della popolazione in Italia e' stata valutata tramite un'indagine nazionale, promossa e coordinata dall'Istituto Superiore di Sanita' e dall'ANPA in collaborazione con le Regioni su un campione di 5000 abitazioni. Tale indagine condotta negli anni 1989-96 ha permesso di stimare la distribuzione della concentrazione di radon nelle abitazioni, il cui valore medio e' risultato di 75 Bq/m3, cui corrisponde, secondo una stima preliminare, un rischio individuale sull'intera vita dell'ordine di 0.5%. Indagini effettuate in scuole materne ed elementari di sei regioni italiane hanno messo in evidenza che anche in questa tipologia di edifici si riscontrano livelli equivalenti o superiori a quelli delle abitazioni. Sulla base di tali dati, e' stato stimato che il 5-15% dei circa 30.000 tumori polmonari l'anno, che si verificano in Italia, sono attribuibili al radon. La maggior parte dei tumori attribuibili al radon e' dovuta all'interazione radon-fumo. In Italia, a differenza di molti paesi Europei, non esiste al momento normativa in materia di radon. A livello comunitario, una raccomandazione del 1990, prevede l'adozione per le abitazioni esistenti di un livello di riferimento di 400Bq\mc sopra il quale effettuare interventi per ridurre la concentrazione di radon e, per le abitazioni future, l'adozione di un limite superiore di 200Bq\mc. Inoltre la direttiva 96\29 Euratom, in materia di radioprotezione, prevede che gli stati membri emanino una normativa per il radon nei luoghi di lavoro entro il maggio del 2000. Con l'indagine nazionale nelle abitazioni si e' stimato che in circa l'1% di esse (circa 200.000 abitazioni) vi e' una concentrazione di radon superiore ai 400Bq e in circa il 4% delle abitazioni (circa 800.0000) si superano i 200 Bq. Una situazione non molto diversa e' prevedibile anche per le scuole ed i luoghi di lavoro. I livelli di riferimento citati sono livelli normativi e non soglie di pericolo, in quanto il rischio di tumore polmonare associato all'esposizione a radon e', allo stato attuale delle conoscenze, un effetto senza soglia. L'efficacia degli interventi. Dal punto di vista tecnico le azioni preventive piu' studiate si riferiscono a sistemi per ridurre l'ingresso nelle case monofamiliari del radon proveniente dal suolo. Con tali sistemi si ottiene anche una riduzione del 90% della concentrazione del radon. Per gli edifici di grandi dimensioni i risultati sono generalmente inferiori. Per le situazioni per le quali i materiali da costruzione contribuiscono in maniera rilevante, non sono ancora stati trovati rimedi efficaci e duraturi e l'unico approccio si basa sull'uso di materiali che emanano poco radon. Raccomandazioni specifiche Il PSN 1998-2000 si pone come obiettivo la riduzione del rischio di tumore polmonare derivante dall'esposizione a radon nelle abitazioni ed in altri luoghi chiusi, tramite azioni e raccomandazioni specifiche che sono qui riprese e puntualizzate. Le azioni suggerite costituiscono i primi elementi del "Programma nazionale radon" pluriennale - da effettuarsi in collaborazione con altri enti ed amministrazioni, in analogia a quanto fatto in altri Paesi Europei - la cui elaborazione complessiva e' promossa da parte del Ministero della Sanita'. Emanazione di linee guida per l'individuazione delle aree e degli edifici con concentrazione di radon piu' elevata, sia per i luoghi di lavoro e le scuole (oggetto dell'imminente recepimento della direttiva europea 96/29) sia per le abitazioni. Lo strumento principale saranno adeguate campagne di misura, da effettuarsi in collaborazione tra il SSN e i laboratori regionali per il controllo della radioattivita' ambientale. Tali laboratori, realizzati dal Ministero della Sanita' dopo l'incidente di Chemobyl generalmente presso i Presidi Multizonali di Prevenzione, e in molti casi gia' transitati alle Agenzie Regionali per la Protezione Ambientale partecipando all'indagine nazionale sul radon nelle abitazioni, hanno acquisito una notevole esperienza, e sono dotati della strumentazione necessaria. 2. Promozione di un'indagine epidemiologica multicentrica per la stima del rischio radon tra i soggetti non fumatori, che coinvolga le Regioni in cui sono stati riscontrati i valori medi piu' alti di concentrazione di radon nelle abitazioni, al fine di valutare il numero di casi di tumore polmonare attribuibili al radon tra i non fumatori. 3. Predisposizione di una normativa specifica per il radon nelle abitazioni, che si armonizzi con quella per i luoghi di lavoro, che sara' contenuta nel recepimento della direttiva europea 96/29. 4. Raccolta sistematica dei dati relativi alle misurazioni di concentrazione di radon ed alle azioni di rimedio o preventive sugli edifici, al fine di valutare l'efficacia degli interventi in termini di numero di edifici individuati con alti valori di concentrazione di radon, di percentuale di tali edifici "risanati", e di entita' e durata della riduzione della concentrazione di radon. 5. Emanazione di linee guida per la formazione del personale del SSN e per una corretta informazione della popolazione. Cio' si rende particolarmente utile anche in vista dell'imminente recepimento della direttiva europea 96/29. 6) RADIAZIONI IONIZZANTI PER SCOPI MEDICI Il PSN si pone come obiettivo la riduzione del rischio (di tumore) associato all'esposizione a radiazioni ionizzanti per le persone sottoposte ad indagini cliniche di radiodiagnostica e di medicina nucleare, mediante la riduzione degli esami non necessari (anche con campagne di educazione sanitaria) l'adozione di adeguati programmi di assicurazione di qualita' e la sostituzione degli apparati obsoleti. Strategie per l'intervento Anche con riferimento ad una vasta esperienza internazionale si puo' ritenere che il conseguimento degli obiettivi indicati dal PSN in materia di protezione dalle radiazioni ionizzanti in campo medico debba essere associato alla esigenza di poter far fronte all'aumento considerevole del numero di pratiche radiologiche, e piu' recentemente di quelle ad alta dose come la Tomografia Computerizzata ed alle indagini su soggetti in eta' pediatrica. Si deve inoltre tenere conto che le prestazioni radiologiche sono spesso ancora non ottimizzate. E' stato, infatti, verificato che la stessa indagine puo' essere effettuata con dosi estremamente diverse a parita' di qualita' o produrre immagini di qualita' non sufficiente con conseguente necessita' di ripetizione dell'esame. Pertanto, mentre da una parte e' necessario intervenire sulla riduzione del numero di esposizioni attraverso la limitazione di tutte le esposizioni non necessarie, si deve altresi' intervenire per migliorare il rapporto tra la qualita' dell'immagine o della prestazione e la dose associata alla singola procedura, e standardizzare al livello delle prestazioni migliori le prestazioni sull'intero territorio nazionale. Il primo obiettivo, oltre a richiedere una maggiore sensibilizzazione della popolazione su questo tema, richiede soprattutto un aumento di consapevolezza degli stessi, medici, che puo' essere perseguito promuovendo la diffusione della conoscenza dei problemi della radioprotezione del paziente. L'ottimizzazione delle prestazioni e' invece il risultato di una operazione piu' complessa che riguarda non solo l'efficienza delle apparecchiature ma anche un loro uso ottimale e quindi prevede un impegno per la formazione e l'aggiornamento del personale su specifici temi di radioprotezione del paziente. Importante e' infine un impegno di ricerca e di aggiornamento continuo per la individuazione di metodi e di procedure per raggiungere tale obiettivo. Le recenti disposizioni legislative per la protezione dalle radiazioni in campo medico (D.Lgs 230/95 e decreti applicativi) hanno delineato un quadro diversificato di adempimenti che riguardano tra l'altro sia la giustificazione delle indagini con radiazioni ionizzanti e la definizione delle responsabilita', sia l'obbligo di effettuare programmi di controllo di qualita' sulla strumentazione. Non risultano dati sulla reale applicazione delle attuali disposizioni legislative. Si ricorda peraltro che e' stato pubblicato il D.Lgs. n. 187 del 26\5\2000 in attuazione della direttiva EURATOM 97/43 sulle esposizioni mediche, Il suddetto D.Lgs. modifica ed abroga la sezione II del capo IX del D.Lgs. 230\95, introduce dosi di riferimento per gli esami di radiodiagnostica e di medicina nucleare, indica che si ponga particolare attenzione agli esami ad alta dose, agli esami effettuati per " screening", alle indagini effettuate su pazienti in eta' pediatrica, e che si predispongano programmi di assicurazione della qualita'. Raccomandazioni specifiche Per un'attuazione piu' efficace delle disposizioni legislative si raccomandano le seguenti azioni: 1. Emanazione di linee guida, in via prioritaria, per la definizione di programmi di garanzia della qualita', delle dosi di riferimento e dei criteri di accettabilita' della strumentazione; 2. Messa a punto di procedure di valutazione dell'efficacia degli interventi, per le quali e' necessario e' sviluppare le attivita' conoscitive sotto elencate: - sistematizzare ed organizzare l'inventario delle apparecchiature radiologiche, anche per poter consentire il controllo della applicazione della normativa vigente da parte delle autorita' preposte alla vigilanza; - organizzare una raccolta sistematica di dati su tipo e frequenza degli esami radiologici (inclusa la medicina nucleare), allo scopo di individuare su quali settori intervenire in modo prioritario; 7) RADIAZIONI ULTRAVIOLETTE Il PSN affronta il problema dei rischi cancerogeni connessi all'esposizione a radiazioni ultraviolette, ponendosi come obiettivo la riduzione di tali rischi mediante adeguate campagne di educazione sanitaria. L'evidenza disponibile La radiazione ultravioletta (RUV) e' un accertato fattore di rischio per danni a breve e a lungo termine sia di natura deterministica sia di natura probabilistica. Fra essi particolare rilievo sanitario riveste la fotoinduzione dei tumori cutanei. L'Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro colloca la radiazione solare, in particolare la componente ultravioletta, tra gli agenti cancerogeni per l'uomo (gruppo 1). La stessa Agenzia analizza i problemi connessi con l'esposizione umana alla RUV e raccomanda piu' incisive ed idonee azioni di prevenzione primaria da parte delle autorita' sanitarie nazionali. Nelle popolazioni di ceppo caucasico di tutti i Paesi economicamente ricchi, nel corso degli ultimi decenni, l'incremento dell'incidenza delle neoplasie cutanee e' stato tra i piu' elevati. E' stata osservata una associazione tra la probabilita' che si manifesti il carcinoma della pelle e la dose accumulata da ciascun individuo nel corso della sua vita. Per il melanoma della pelle si e' osservato che il rischio dipende anche dalla storia personale delle ustioni cutanee da esposizione acuta, soprattutto se occorse durante l'infanzia e l'adolescenza. La struttura socio-economica della societa' influisce significativamente sul rischio sanitario da RUV, nel senso che quanto maggiori sono le disponibilita' economiche, tanto piu' sono probabili abitudini, comportamenti e condizioni a rischio (viaggi in localita' tropicali, escursioni ad alta quota, trattamenti estetici con sorgenti artificiali, cambio repentino dei livelli di esposizione alla radiazione solare per attivita' ricreative praticate nel fine settimana, ecc.). Nel definire le priorita', i settori di intervento e le misure concrete da adottare, bisogna considerare: - gli effetti benefici ed essenziali dell'esposizione alle RUV; - le peculiari caratteristiche della sorgente che maggiormente contribuisce all'esposizione umana, il sole; - le attivita' ricreative ed il desiderio che induce la maggior parte della popolazione ad esporre il proprio corpo alle RUV solari o artificiali. Raccomandazioni specifiche - Promuovere l'informazione e educazione sanitaria volta a ridurre l'eccessiva esposizione alla RUV solare, soprattutto nei soggetti maggiormente a rischio; - Regolamentare, con misure normative ed amministrative, l'impiego della RUV artificiale nei trattamenti estetici; - Aggiornare le norme di protezione che individuino livelli massimi di esposizione per tutti coloro che sono esposti per motivi professionali in ambiente di lavoro; - Promuovere l'applicazione dei principi di ottimizzazione nell'impiego terapeutico della RUV; 5. Valutare l'efficacia delle misure di protezione adottate. 8) CANCEROGENI AMBIENTALI Il PSN, pur ascrivendo al contesto ambientale e all'inquinamento atmosferico un ruolo importante per la salute dei cittadini, ha reso esplicita l'oggettiva difficolta' nella elaborazione di obbiettivi specifici. Tra le misure indicate nel P.S.N. per ridurre l'inquinamento atmosferico, vengono qui sotto indicate quelle che si prestano ad iniziative in contesti regionali o comunali. - Regolamentazione della circolazione e riduzione del traffico veicolare privato. E' da sottolineare che nel contesto della prevenzione primaria dei tumori, la riduzione del traffico veicolare avrebbe il duplice risultato del contenimento dell'inquinamento atmosferico e l'incoraggiamento indiretto ad un maggiore ricorso all'esercizio fisico. - Politiche dei trasporti basate sull'utilizzo di fonti energetiche alternative e riorientamento del traffico commerciale verso il trasporto su rotaia o per mare. - Sensibilizzazione della popolazione all'uso razionale delle fonti energetiche per il trasporto e il riscaldamento. - Trasformazione dei sistemi di riscaldamento domestico e collettivo verso l'utilizzo di combustibili meno inquinanti. - Controllo, delle perdite di volatili organici in prossimita' di complessi industriali. Le evidenze disponibili 1. Inquinamento atmosferico L'inquinamento atmosferico e' un fenomeno complesso che coinvolge un largo numero di inquinanti, che vanno incontro a continue trasformazioni chimiche e fisiche. Fra gli agenti inquinanti numerose sono le sostanze considerate cancerogene per l'uomo come gli idrocarburi policiclici aromatici, il benzene, l'amianto, l'arsenico ed alcune nitrosamine. A questi si aggiungono sostanze irritanti come l'anidride solforica, l'ossido di azoto, l'ozono, il particolato fine, etc. La relazione fra agenti inquinanti tossici, quali compaiono nell'aria ambiente in complesse miscele ed effetti sulla salute e' stato l'oggetto di un grande numero di indagini epidemiologiche. Dall'insieme di questi dati e dall'evidenza epidemiologica disponibile, si ritiene giustificata la preoccupazione che l'esposizione mista a sostanze con proprieta' cancerogene aumenti il rischio di tumore, ed in particolare dell'apparato respiratorio. Tuttavia, la valutazione della dimensione del rischio legato all'esposizione a concentrazioni basse per periodi prolungati e con inizio talora nelle prime eta' della vita, e' tuttora oggetto di studio, anche a causa delle difficolta' esistenti nella definizione dell'esposizione e di fattori confondenti come il fumo. Va inoltre sottolineata, seppur sulla base di una evidenza epidemiologica piu' limitata, la possibilita' di un eccesso di neoplasie per altre sedi specifiche, ed in particolare per i tumori e le leucemie infantili. In relazione ad altre patologie, numerosi sono gli studi che hanno evidenziato un'associazione tra livelli elevati d'inquinamento e mortalita' generale, ricoveri ospedalieri per cause cardiovascolari e respiratorie e prevalenza di malattie respiratorie in eta' pediatrica. Tutti questi elementi concorrono a confermare che l'inquinamento atmosferico e' una fonte di danno alla salute, per le popolazioni esposte, che esige l'elaborazione di strategie preventive. In questo senso va migliorato e reso piu' efficiente il monitoraggio delle caratteristiche e dei livelli dell'inquinamento. Non va dimenticato, infatti, che le tre maggiori componenti dell'inquinamento atmosferico: industria, combustione domestica e traffico veicolare, hanno tendenze temporali e dimensioni molto diverse nelle diverse aree italiane. Pur tenendo conto della limitata disponibilita' dei dati, le prime due componenti sono tendenzialmente in diminuzione a partire dagli anni '70, mentre, a partire dallo stesso periodo, si fa sempre piu' importante nei centri urbani italiani il contributo dato all'inquinamento dell'aria dal traffico veicolare, che e' oggi la maggior fonte di inquinamento atmosferico. Di conseguenza, le emissioni veicolari costituiscono l'esposizione che puo' maggiormente contribuire nell'immediato e medio futuro ad un aumento del rischio per tumori, soprattutto respiratori, nelle popolazioni esposte. Una particolare attenzione va dedicata alla pericolosita' delle emissioni derivanti dai motori a combustione diesel per i quali esistono consolidate evidenze di tipo sperimentale ed epidemiologico che indicano un ruolo specifico di questa esposizione nella eziologia del tumore polmonare. Queste osservazioni impongono l'adozione di politiche di contenimento delle emissioni nel rispetto delle normative nazionali e comunitarie con il coinvolgimento di diversi attori: industria, autorita' locali, associazioni di consumatori, organismi di controllo, mezzi di informazione, ecc.. E', infatti, del tutto evidente che nessuna politica ambientale in questo settore potra' essere coronata da successo senza il coinvolgimento dei cittadini e delle loro abitudini che si affianchi a un comportamento coerente e coraggioso delle amministrazioni e dei produttori. Inoltre, in considerazione dei lunghi tempi di latenza tra esposizione e insorgere di patologie tumorali, nonche' degli effetti dell'inquinamento sulle patologie respiratorie in eta' pediatrica, ogni ulteriore ritardo nell'adozione di politiche di controllo portera' inevitabilmente a un aggravamento ulteriore dell'impatto sulla salute nei prossimi decenni con un conseguente aggravio dei costi sanitari ed economici per gli individui e la societa' nel suo complesso. 2. Esposizione ambientale ad amianto E' noto dalla letteratura scientifica internazionale che l'esposizione a fibre di amianto di tipo ambientale, non professionale, ma associata alla residenza in prossimita' di luoghi nei quali l'amianto e' lavorato, e' in grado di causare il mesotelioma pleurico. In Italia, come in generale in Europa, la frequenza del mesotelioma pleurico e' in aumento. Dei circa 1000 nuovi casi l'anno, si stima che la maggior parte riguardi i lavoratori esposti per motivi professionali, ma un certo numero di casi si sviluppa in soggetti che sono stati esposti all'amianto nell'ambiente generale in assenza di documentate esposizioni professionali. Le segnalazioni sinora disponibili riguardano soggetti residenti presso gli stabilimenti per la produzione di manufatti in cemento-amianto, presso i cantieri navali e inoltre in situazioni isolate dove si e' fatto uso di materiale da costruzione contaminato con tremolite. Non esistono al momento attuale stime quantitative del numero di mesoteliomi pleurici associati ad esposizione ambientale ad amianto nel nostro paese. Il quadro normativo sull'amianto e' in Italia definito dalla legge n. 257 del 1992, che ha sancito la dismissione dell'uso dell'amianto nel nostro paese. I complessi problemi tecnologici, ambientali, sanitari e giuridici connessi con l'attuazione della legge 257 sono stati oggetto nel marzo 1999 della Conferenza Nazionale sull'Amianto, organizzata dalla Presidenza del Consiglio. Il documento conclusivo della Conferenza contiene un articolato elenco di raccomandazioni alle quali si rinvia per una trattazione piu' esaustiva. Si raccomanda che, a livello regionale, siano sviluppate azioni volte al monitoraggio sistematico della applicazione della normativa relativa all'abbandono dell'amianto e per la riduzione della esposizione nei gruppi a rischio e nella popolazione generale, comprensivo delle problematiche legate alle azioni di decoibentazione e stoccaggio e di quelle derivanti dalla diffusione dell'amianto attraverso il traffico veicolare. Particolare rilevanza riveste inoltre la verifica di assenza o il grado di pericolosita' degli eventuali sostituti dell'amianto, onde garantire che la sostituzione dell'amianto, con altri materiali, non sia all'origine di nuovi rischi per la salute dei lavoratori. Inoltre, si raccomanda che gli aspetti relativi alla esposizione delle popolazione ed all'eventuale rischio per la salute siano sistematicamente compresi nelle relazioni di valutazione ambientale, realizzando in tal senso una integrazione di competenze ambientali e sanitarie finalizzate ad un piu' completo controllo del rischio cancerogeno. Tale integrazione puo' essere realizzata a livello locale tramite azioni concertate fra Agenzie per la protezione ambientale ed istituzioni sanitarie (in particolare gli Istituti a carattere scientifico, le Agenzie Sanitarie Regionali, i Dipartimenti di prevenzione delle aziende USL, e le altre eventuali competenze epidemiologiche), coordinate e promosse dai Governi Regionali. Si raccomanda inoltre che nell'ambito di tali azioni sia compresa la identificazione e la sorveglianza epidemiologica delle popolazioni a rischio e degli ex-esposti, anche al fine della adeguata identificazione dei casi di neoplasia asbestocorrelata, come previsto dalla attuale normativa. Le strategie per l'intervento E' indispensabile sottolineare la rilevanza delle problematiche del traffico, e nello specifico dell'inquinamento atmosferico, nel definire le politiche nazionali del trasporto e dell'ambiente. Ogni scelta programmatica di carattere nazionale e locale dovrebbe tener conto della componente salute. (Piani per la Salute zonali) E' evidente che gli interventi di natura complessiva dovrebbero interessare l'intera organizzazione urbanistica delle citta', come ad esempio la separazione drastica dei flussi veicolari dalle aree di permanenza della popolazione e la creazione di una rete efficiente di trasporto urbano non inquinante. In tale ottica dovrebbero essere facilitate le iniziative volte a limitare il traffico privato nell'ambito urbano, al potenziamento del trasporto pubblico, all'esclusivo uso di auto catalizzate, alla limitazione della circolazione nell'ambito urbano dei ciclomotori a due tempi, al posizionamento dei distributori di carburante lontano dalle abitazioni e dai presidi scolastici. L'orientamento verso politiche piu' restrittive sulla circolazione di auto private, d'altra parte, e' stato anche sancito dalla recente Conferenza Interministeriale di Londra, dove i ministri di Sanita', Ambiente e Trasporti di 54 paesi hanno sottoscritto un documento con precisi impegni programmatici. Tutte le azioni indicate dovrebbero essere accompagnate da un progetto strategico italiano, fortemente caratterizzato dal punto di vista epidemiologico, sulle caratteristiche degli inquinanti urbani, sull'impatto di questi sulla salute della popolazione, sulle efficacia delle politiche e delle strategie preventive proposte ed adottate. E' da ricordare la necessita' di una attenta sorveglianza degli effetti sanitari delle emissioni derivanti dai grandi complessi industriali e per la produzione di energia elettrica e dagli impianti' di incenerimento. Raccomandazioni specifiche 1. Adozione di misure che favoriscano il potenziamento del trasporto pubblico, in particolare quello non su gomma e ad energia pulita, scoraggiando la diffusione tuttora in crescita dell'uso privato dell'automobile, e favoriscano il trasporto merci per ferrovia e per nave. 2. Programmazione di interventi strutturali a carattere interdisciplinare (urbanistica, ingegneria, igiene, etc.) miranti ad una sempre maggiore separazione fra traffico veicolare ed attivita' residenziali della popolazione. 3. Protezione della popolazione infantile con la creazione di aree pubbliche (scuole, asili, parchi) esenti dal rischio di inquinamento atmosferico. 4. Potenziamento nelle aree urbane del monitoraggio delle singole componenti dell'inquinamento atmosferico con particolare attenzione per le componenti cancerogene. 5. Monitoraggio degli effetti sulla salute della popolazione esposta all'inquinamento da traffico veicolare e di provenienza industriale, anche in relazione agli interventi di prevenzione adottati, con particolare attenzione agli effetti nella fascia di eta' infantile. 6. Introduzione di corsi di educazione ambientale nelle scuole primarie e secondarie. Coerentemente con gli impegni presi a livello Europeo, si raccomanda la introduzione nei PSR di azioni concertate con gli altri soggetti pubblici e privati competenti, volte a salvaguardare la salute della popolazione residente rispetto a fonti inquinanti ambientali ed in particolare al traffico veicolare. Tali azioni dovranno tenere conto delle particolarita' delle problematiche locali, con particolare riferimento ai centri urbani ed alle grandi direttrici di traffico. In particolare, si raccomanda che gli aspetti relativi alla esposizione delle popolazioni ed all'eventuale rischio per la salute siano sistematicamente compresi nelle relazioni di valutazione ambientale, realizzando in tal senso una integrazione di competenze ambientali e sanitarie finalizzate ad un piu' completo controllo del rischio cancerogeno. Tale integrazione puo' essere realizzata a livello locale tramite azioni concertate fra Agenzie per la protezione ambientale ed Istituzioni sanitarie (in particolare gli IRCCS, le Agenzie Sanitarie Regionali, i Dipartimenti di prevenzione delle aziende USL, e le altre eventuali competenze epidemiologiche), coordinate e promosse dai Governi Regionali. Si raccomanda l'elaborazione di un progetto integrato di respiro nazionale per la valutazione dell'impatto dell'inquinamento ambientale sullo stato di salute della popolazione, anche in rapporto alle strategie di contenimento delle emissioni nell'ambiente urbano. Si raccomanda, infine, la ricerca e lo sviluppo di metodi efficaci per l'informazione corretta alla popolazione sui rischi da esposizione ambientale anche in relazione al livello di percezione del rischio. Obiettivo specifico intermedio n°5 POTENZIAMENTO DELLA RICERCA CLINICA IN ONCOLOGIA, DA REALIZZARE TRAMITE L'ALLOCAZIONE DI ADEGUATE RISORSE E LA PREDISPOSIZIONE DI UN PIANO NAZIONALE DI SETTORE. La ricerca biomedica, clinica e sanitaria in genere risponde al fabbisogno conoscitivo ed operativo del Sistema sanitario nazionale. Il Piano sanitario nazionale e il D.leg. 229/99 definiscono le finalita' generali ed i settori principali della ricerca biomedica e sanitaria. La ricerca oncologica rappresenta un settore prioritario nell'ambito della ricerca biomedica, clinica e sanitaria per i seguenti motivi: - la rilevanza sociale della patologia oncologica; - i risultati ancora insoddisfacenti dei trattamenti codificati in molte neoplasie avanzate; - il rapido avanzamento delle conoscenze scientifiche, che rende impossibile separare nettamente i protocolli diagnostico-terapeutici codificati da procedure innovative, che contengono tematiche di ricerca clinica. - la necessita' di sviluppare specifici progetti di ricerca relativamente alle prestazioni assistenziali infermieristiche. L'assunto su cui si basa il presente documento, che propone interventi di razionalizzazione delle risorse disponibili, e' che la ricerca clinica di buona qualita' scientifica si traduce inevitabilmente in un miglioramento della qualita' dell'assistenza. Pertanto, per la realizzazione degli obiettivi indicati nel Piano sanitario nazionale, occorre potenziare e sviluppare la ricerca biomedica, clinica e sanitaria in genere, indirizzando le risorse verso programmi in grado di: - promuovere un miglioramento delle conoscenze scientifiche per tutte le professionalita' coinvolte; - individuare le scelte piu' opportune per situazioni complesse e controverse, al fine di migliorare la qualita' dei servizi e delle prestazioni sanitarie e per indicare corretti percorsi diagnostico- terapeutici. Il Piano oncologico conferma l'importanza della ricerca scientifica, ribadendo l'esigenza di un collegamento tra gli obiettivi individuati dalla programmazione sanitaria. In questa direzione va coordinata l'attivita' di ricerca facente capo al Ministero della sanita', il cui indirizzo e la cui valutazione devono risultare intimamente coerenti con le linee di azione indicate per il triennio l998\2000. Per il Piano oncologico sara' predisposto dalla C.O.N. un rapporto annuale per la ricerca oncologica, che riunira' le attivita' scientifiche realizzate in questo settore dagli organismi nazionali e regionali, pubblici e privati, anche se non facenti riferimento al Ministero della sanita'. Sara' possibile in tal modo monitorizzare i progetti di ricerca attivati, le risorse destinate a tale scopo e consequenzialmente formulare le indicazioni operative per il successivo anno, sottoponendo tali risultanze alla Commissione per la Ricerca Sanitaria, istituita presso il Ministero della sanita'. E', infatti, sempre piu' indispensabile garantire alcuni aspetti, fondamentali per una ricerca scientifica oncologica finalizzata al raggiungimento di obiettivi utili per il miglioramento delle conoscenze in tema di prevenzione, diagnosi e cura delle patologie neoplastiche. A tale proposito si raccomanda fortemente di porre in essere iniziative atte a garantire: - il coordinamento dei programmi e delle iniziative di ricerca nell'ambito delle strutture del SSN; - la cooperazione tra le maggiori organizzazioni o i programmi internazionali impegnati nel settore della ricerca, con particolare riferimento alle iniziative assunte in sede di Unione Europea; - il trasferimento dei risultati della ricerca alla pratica clinica corrente, al fine di ottenere elevati standard qualitativi di attivita'; - la metodologia piu' idonea per la conduzione delle sperimentazioni cliniche; - l'uso corretto dei test genetici in oncologia; - l'utilizzazione di infrastrutture comuni; - l'allocazione delle risorse in centri di eccellenza, che potranno essere costituiti anche in seguito ad accordi istituiti fra centri diversi, purche' tra loro formalmente coordinati, al fine di trasformare l'eccellenza scientifica in eccellenza applicativa; - la partecipazione delle istituzioni private riconosciute ai programmi stabiliti dal Ministero della sanita'; - il coordinamento delle attivita' delle associazioni private impegnate nella raccolta di fondi per la ricerca biomedica con il Ministero della sanita', al fine di una razionale allocazione delle risorse; - la partecipazione delle strutture del SSN ai programmi di ricerca comunitari attraverso un'adeguata informazione ed assistenza. Fortemente raccomandata e' inoltre la cooperazione di istituzioni scientifiche su obiettivi specifici. Si rammenta, a tal proposito, che l'Unione Europea con il rapporto "Inventare il domani: la ricerca europea al servizio del cittadino" , ha sottolineato nel 5o Programma Quadro il ruolo sempre piu' centrale della ricerca scientifica nei riguardi di temi sociali quali crescita, occupazione, salute, ambiente, il cui miglioramento e' strettamente connesso agli stati di avanzamento in campo scientifico e tecnologico. La ricerca sanitaria e' indubbiamente elemento essenziale per una migliore utilizzazione delle risorse, per una migliore qualita' delle prestazioni e dei servizi e per la formazione di operatori sanitari nel rispetto del rigore metodologico nell'espletamento delle specifiche attivita' professionali. L'Italia deve quindi promuovere le iniziative piu' idonee a potenziare tali attivita', tenuto conto che esistono nel nostro paese competenze e strutture altamente qualificate. La formazione permanente in oncologia deve inoltre garantire competenze di tipo specialistico, ma deve essere inoltre in grado di preparare in modo adeguato gli operatori sanitari ad un lavoro multidisciplinare e di equipe, coerentemente con quanto sottolineato in precedenti capitolo del presente Piano oncologico nazionale. In tal senso la Commissione oncologica nazionale, dovra' formulare, alle istituzioni competenti, raccomandazioni per la realizzazione di programmi per un'adeguata formazione in questo settore. indicazioni Disposizioni legislative che regolano la sperimentazione clinica Per quanto attiene, in maniera specifica il problema relativo alla necessita' di ridurre i tempi necessari per il trasferimento dei risultati dalla ricerca alla pratica clinica corrente e' auspicata l'accelerazione ed esemplificazione delle procedure autorizzative per la conduzione di studi clinici innovativi in oncologia. La sperimentazione di trattamenti oncologici pone problemi specifici rispetto alle altre sperimentazioni farmacologiche ed in particolare: esiste la necessita' di disporre con rapidita' di farmaci potenzialmente efficaci in malattie ad alta letalita'; - l'indice terapeutico e' spesso ridotto e pertanto le Fasi I delle sperimentazioni non sono condotte su volontari sani, ma su portatori di neoplasie non suscettibili di terapie efficaci; - gli studi preclinici non utilizzano di norma modelli animali, ma linee cellulari tumorali umane in vitro o trapiantate in topi nudi; - accanto ad end-point tradizionali occorre valutare end-point alternativi. In considerazione di cio', in aggiunta alle disposizioni normative vigenti, sono state introdotte e rese operative specifiche linee guida per la sperimentazione dei prodotti Antitumorali, che rappresentano lo strumento di tutela del soggetto della sperimentazione e di garanzia degli studi scientifici. Accreditamento dei centri per la ricerca. L'accreditamento per la ricerca e' importante sia sotto il profilo scientifico, (sperimentazioni complesse possono dare risultati molto diversi secondo la tipologia delle istituzioni coinvolte) che sotto il profilo della ricaduta assistenziale. (le istituzioni che devono applicare i protocolli diagnosticoterapeutici, validati da sperimentazioni cliniche, devono assicurare lo stesso standard qualitativo delle istituzioni ove si e' svolta la sperimentazione clinica. Per svolgere attivita' di sperimentazione clinica le strutture dovrebbero essere in possesso dei seguenti requisiti: - esistenza di un Comitato Etico Locale, secondo quanto previsto dalla normativa vigente; - modello organizzativo che garantisca l'approccio interdisciplinare ed integrato al paziente oncologico (IRCCS, Poli oncologici, Dipartimenti oncologici); - attivita' di ricerca clinica del personale operante nella struttura, documentata dai curricula e dalla partecipazione a studi clinici nazionali ed internazionali; - partecipazione ad attivita' formative sulla ricerca clinica; - collegamenti con analoghe istituzioni nazionale ed internazionali; Al fine del raggiungimento degli obiettivi avanzati nel presente capitolo del piano si auspica inoltre l'istituzione di un'Anagrafe nazionale delle ricerche cliniche in oncologia. Un registro prospettico delle sperimentazioni ha lo scopo di: - fornire una descrizione della distribuzione e dell'evoluzione temporale della ricerca clinica per quanto riguarda le condizioni cliniche studiare, i tipi di trattamento, i centri partecipanti, il numero dei pazienti arruolati, lo sponsor etcc; - promuovere un miglioramento complessivo della qualita' delle sperimentazioni cliniche oncologiche; - fornire a medici e pazienti un centro di consultazione per l'eventuale partecipazione ad una delle sperimentazioni in corso. Per raggiungere questi scopi, il Registro delle sperimentazioni dovrebbe garantire che il censimento delle sperimentazioni sia completo, che l'acquisizione delle informazioni sia accurata ed esaustiva, che la gestione e diffusione delle informazioni sia tempestiva. Le disposizioni legislative sulla sperimentazione clinica garantiscono la qualita' dei dati sperimentali prodotti ai fini registrativi. Spesso la sperimentazione con finalita' registrativa non permette di individuare lo scenario clinico o la modalita' ottimale di utilizzazione del nuovo farmaco. Di fatto, quindi l'utilizzazione clinica dei nuovi farmaci e' in gran parte influenzata dai protocolli sperimentali che sono attivati dopo la registrazione. La maggior parte di questi protocolli di fase III e IV sono condotti nell'ambito di Gruppi Cooperatori di cui e' talora difficile individuare le modalita' organizzative, le fonti di finanziamento e gli eventuali controlli di qualita' sui prodotti. Sarebbe pertanto opportuno attivare un Albo dei Gruppi Cooperatori con il compito di: - verificare la modalita' di conduzione e monitoraggio degli studi clinici multicentrici; - definire criteri di accreditamento per il coordinamento e la partecipazione a studi multicentrici; - incentivare la ricerca clinica multicentrica su tematiche di interesse nazionale. Tale Albo potrebbe essere costituito presso il Ministero della sanita' e contenere gli elementi identificativi essenziali: finalita', modello organizzativo, fonti di finanziamento, rappresentante legale, centro elaborazione dati, ufficio operativo etc. Parte III ATTIVAZIONE DI SISTEMI DI MONITORAGGIO E CONTROLLO IN ONCOLOGIA. A) CONSOLIDAMENTO E SVILUPPO DELLA RETE DI MONITORAGGIO EPIDEMIOLOGICO BASATA SUI REGISTRI TUMORI DI POPOLAZIONE. Nel Piano Sanitario Nazionale 1998-2000 (PSN) sono indicati specifici obiettivi di salute e modalita' di intervento finalizzate alla loro realizzazione. Nel Piano e' inoltre espressa l'esigenza di attivare meccanismi di sorveglianza dei parametri di salute, per valutare 'lo stato di realizzazione degli obiettivi previsti. Si afferma in tal modo con chiarezza la necessita' di disporre di ulteriori e puntuali indicatori di salute, in quanto di primaria importanza per la programmazione e la valutazione degli interventi in campo sanitario. Sino ad oggi si e' fatto prevalente ricorso ad indici di mortalita', che pur presentando il vantaggio derivato da una statistica completezza, periodica e stabilizzata, assicurata dall' ISTAT, rappresentano solo parzialmente lo stato di salute della popolazione italiana. A livello di alcune Regioni, adeguati sistemi informativi permettono di articolare ulteriori e piu' perfezionate "famiglie" di indicatori di salute. Tuttavia tali informazioni, non essendo disponibili in modo sistematico a livello nazionale, permettono una valutazione solo parziale degli indicatori e delle loro modifiche nel tempo, e quindi rivestono un valore prevalentemente locale. In considerazione dei limiti riscontrati, il P.S.N. stesso indica la necessita' di un coerente progetto di ampliamento della base di dati disponibili sulla salute e sui suoi determinanti, che permetta la costituzione di un valido set di indicatori nazionali a carattere socio-sanitario da applicare periodicamente, adeguato alle rinnovate esigenze, espresse a livello nazionale ed internazionale, di dati epidemiologici per la programmazione. Tale progetto deve porsi l'obiettivo di realizzare un nuovo sistema informativo nazionale sullo stato di salute, coerente con le esigenze ed adeguato alle scadenze della programmazione. Lo sviluppo di tale sistema appare peraltro improrogabile a fronte delle attuali richieste informative a livello europeo ed internazionale. Esso deve prevedere l'integrazione, all'interno delle statistiche correnti nazionali, dei dati prodotti dai Registri di Patologia opportunamente estesi e validati (Registri Tumori, AIDS, malattie cardiovascolari, patologia rare). Deve inoltre prevedere il contributo della Medicina Generale, all'interno di studi a hoc, volti al dimensionamento dei bisogni sanitari ed alla valutazione della qualita' dell'assistenza e della vita, e la realizzazione di studi campionari nazionali sullo stato di salute della popolazione, basati su misure obiettive e strumentali. In campo oncologico e' essenziale la stabilizzazione e riorganizzazione della rete dei Registri Tumori che, per il suo carattere di sistematicita' e di qualita', costituisce una fondamentale fonte informativa nazionale sulla patologia neoplastica. Tale rete deve integrarsi a pieno titolo nella nuova strategia informativa sullo stato di salute. La registrazione dei tumori in Italia Definizione. I Registri Tumori (RT) sono strutture che raccolgono, valutano, organizzano ed archiviano, in modo continuativo e sistematico, le piu' importanti informazioni su tutti i casi di neoplasia che insorgono nella popolazione interessata. La maggioranza dei R.T. identifica le neoplasie maligne di tutti i tipi e insorte a qualsiasi eta'. Per alcune neoplasie, soprattutto se rare, vi sono inoltre R.T. specializzati. La situazione Italiana. In Italia e' attualmente operante una Rete di Registri Tumori di Popolazione che ha in osservazione circa il 15% dei residenti sul territorio nazionale, oltre ad alcuni Registri specializzati (tumori infantili, dell'osso, del colon-retto, dei mesoteliomi). Analogamente a quanto accaduto nella maggior parte dei Paesi europei, l'orientamento e' stato quello di realizzare un certo numero di registri a carattere locale o regionale che permettessero, attraverso l'uso integrato dei propri dati, di rappresentare adeguatamente la situazione dei tumori a livello nazionale. Tutti i Registri italiani aderiscono alla Associazione Italiana Registri Tumori (AIRT). Essi contribuiscono alla pubblicazione periodica internazionale a cura dell'OMS (Cancer Incidence in Five Continents) e al network dei RT Europei (European Network of Cancer Registries-EuroCIM). L'inserimento dei Registri Italiani e' stato possibile in quanto questi seguono metodiche rilevazione e trattamento dei dati di qualita' adeguata sulla base delle indicazioni internazionali. In aggiunta alle pubblicazioni internazionali, l'AIRT pubblica periodicamente con maggior dettaglio e con elaborazioni a hoc i dati relativi ai RT italiani (v. successive edizioni di "Il cancro in Italia".) .il, Funzioni - La prima funzione dei RT e' quella di descrivere il fenomeno neoplastico e le sue variazioni territoriali e temporali Cio' avviene attraverso la produzione sistematica, e con metodologie di raccolta, trattamento ed analisi confrontabili, di misure di incidenza e mortalita'. - I RT producono dati di sopravvivenza per le diverse sedi neoplastiche, fornendo cosi' un indicatore fondamentale della qualita' dei servizi diagnostici e terapeutici nei diversi territori e del suo evolversi nel tempo. Tale informazione offre un valore aggiunto importante rispetto ai dati di sopravvivenza basati su serie cliniche. Infatti, i RT utilizzano serie non selezionate di pazienti, e quindi forniscono una rappresentazione del quadro legato alle attivita' cliniche a livello dell'intera popolazione. - I RT producono dati di prevalenza a livello locale e stime di prevalenza a livello nazionale. La prevalenza e' l'indicatore piu' diretto del carico sanitario dovuto ai tumori in una popolazione ed e' particolarmente utile per valutare i bisogni sanitari. - Per le tre funzioni sopraddette, i RT rappresentano il sistema informativo di riferimento sulla patologia neoplastica per i Governi nazionale e regionali, nonche' l'unica fonte sistematica di incidenza disponibile in Italia che riguardi una patologia di tale importanza sociale ed economica. Il Piano Sanitario Nazionale 1998-2000, infatti, indica la necessita' di promuovere "la rilevazione della incidenza dei tumori tramite la rete dei Registri Tumori e la realizzazione di stime di incidenza, prevalenza e sopravvivenza per l'intera popolazione italiana". - Essi sono strumento indispensabile per l'organizzazione e valutazione dell'efficacia di interventi di prevenzione primaria in aree e/o popolazioni ad alto rischio. La situazione italiana e', infatti, caratterizzata da una notevole variabilita' delle frequenze della malattia neoplastica. - Nell'ambito degli studi valutativi, i RT Italiani sono indispensabili per la valutazione degli screening oncologici tramite indicatori di efficacia. Tale attivita' si inserisce nella valutazione di qualita' dei numerosi programmi di screening recentemente avviati o in fase di avvio, concordemente con quanto previsto dal Piano Sanitario Nazionale 1998-2000. - Ulteriore importante funzione e' rappresentata dalla partecipazione a ricerche di epidemiologia clinica ed eziologica. Cio' e' reso possibile dalla presenza presso i RT di casistiche molto vaste, rappresentative di tutte le sedi tumorali e ben documentate sia sul piano diagnostico, che per quanto riguarda lo stato in vita. Cio' li rende strumenti particolarmente validi soprattutto per grandi studi su base di popolazione, per studi multicentrici e per studi sulla qualita' della assistenza oncologica e sulla qualita' di vita del paziente neoplastico, anche in collaborazione con i medici di medicina generale. Rappresentativita' territoriale. I R.T. italiani sono nati in periodi diversi ed in assenza di un quadro programmatorio nazionale. Dei 13 Registri di popolazione consolidati, 3 sono collocati nel Nord- Ovest, 2 nel Nord-Est, 4 in Emilia Romagna, 3 nel Centro ed 1 nel Sud Italia. Alcuni Registri Tumori sono di dimensioni medio-piccole (popolazioni inferiori a 500.000 abitanti). Due aspetti sono legati a questo profilo territoriale: - la ridotta presenza del Sud Italia nella rete informativa. Cio' rappresenta una fonte di imprecisione per le stime di incidenza, prevalenza e sopravvivenza per il territorio nazionale. Inoltre, sfuggono alla valutazione le diversita' fra aree all'interno del Sud. A parziale correzione di questa situazione, e' da segnalare la esistenza a Sud di alcune nuove iniziative di registrazione, per le quali e' in corso di valutazione l'adesione alle norme di qualita' internazionali. - la forte necessita' di coordinamento fra Registri, mirato alla confrontabilita' delle rilevazioni, al miglioramento della rappresentativita' regionale e nazionale, alla realizzazione di pubblicazioni congiunte ed alla collaborazione a studi multicentrici. Di particolare rilevanza e' l'individuazione di una strategia di sviluppo della registrazione che, nei prossimi anni, permetta il raggiungimento di una migliore rappresentativita' nazionale. NECESSITA' ORGANIZZATIVE E CONDIZIONI ATTUALI DI FUNZIONAMENTO DEI REGISTRI I problemi. Data l'assenza di programmazione nazionale, ed in mancanza di una normativa comune, fino ad oggi i RT italiani sono stati fortemente penalizzati da condizioni di precarieta' economica ed amministrativa legata a disomogeneita' di comportamento e ritardi nella presa in carico da parte delle Regioni. I registri del Sud, che e' anche il territorio meno rappresentato nella rete nazionale, sono i maggiormente penalizzati. La precarieta' organizzativa e' incompatibile con le caratteristiche insite nel sistema di registrazione, che ha valore in quanto sistema informativo a funzionamento costante, con qualita' confrontabile nel tempo e senza soluzioni di continuita'. Appare pertanto opportuno superare la fase "spontaneistica" della registrazione dei tumori in Italia, intervenendo per stabilizzare le strutture gia' funzionanti, per programmare con criteri rigorosi le eventuali nuove iniziative, per valorizzare le iniziative periodiche di produzione di dati di interesse Nazionale. Il ruolo delle Regioni. E' fortemente raccomandato che le Regioni, aderendo ad una concordata strategia di registrazione in Italia, promuovano iniziative atte a stabilizzare i Registri esistenti e a favorire la crescita di nuovi Registri, di adeguata qualita', nelle aree considerate strategiche, ai fini del raggiungimento di una adeguata rappresentativita' della situazione nazionale. La qualita' della registrazione e dei sistemi informativi. Affinche' la rete dei Registri italiani dia garanzie di adeguatezza vi e' una assoluta necessita' di alta qualita' e confrontabilita' delle rilevazioni. A livello di singolo Registro tali esigenze si realizzano solo se a livello locale vi e' un adeguato investimento sulla qualita' dei sistemi informativi, che sono alla base delle attivita' di registrazione (Schede di Dimissioni Ospedaliere, Mortalita' e Anatomie Patologiche). Il coordinamento nazionale fra Registri. Al fine di assicurare la produzione di dati adeguati a livello Nazionale, e' necessario un coordinamento, che garantisca l'uniformita' delle tecniche di registrazione, dei sistemi di classificazione, della qualita' della completezza. A livello nazionale, tali esigenze sono garantite dal coordinamento dei Registri ad opera dell'AIRT, che promuove l'uso di tecniche omogenee di buona qualita' ed assicura ai singoli R.T. l'assistenza tecnica e la valutazione. L'uso integrato dei dati e' assicurato dalla "Banca Dati Nazionale dei RT" (contenente dati individuali non nominativi), alla quale aderiscono tutti i Registri italiani di adeguata qualita', e che rappresenta l'interlocutore per l'utenza scientifica e per gli organismi nazionali ed internazionali, nonche' una fonte unificata ad aggiornamento periodico per le pubblicazioni di dati a livello nazionale. La rappresentativita' nazionale. Al fine di perseguire appieno il proprio ruolo nell' ambito del nuovo sistema informativo sanitario italiano, e' necessario che le nuove iniziative di registrazione si inquadrino in una strategia di adeguata rappresentativita' del territorio nazionale. PROMOZIONE DI NUOVE TECNICHE DI REGISTRAZiONE, TEMPESTIVITA' E COSTI. La informatizzazione delle principali fonti informative utilizzate dai RT offre l'opportunita' di migliorare la tempestivita' di pubblicazione dei dati e di ridurre i costi. In particolare, il linkage dei dati individuali nominativi derivanti dagli archivi delle Schede di Dimissione Ospedaliere (SDO), di mortalita' e delle Anatomie Patologiche si e' dimostrato efficiente per ridurre i costi (presumibilmente alla meta) ed accelerare la produzione dei dati (di circa 2 anni), cosi' da renderli piu' adeguati, soprattutto per le attivita' di valutazione. Tale metodo e' gia' in uso presso alcuni Registri italiani, ed e' all'attenzione degli Organismi internazionali (IARC, 1998). L'uso diffuso di tale tecnica di registrazione permetterebbe, a parita' di risorse, di interessare aree piu' vaste del territorio nazionale e di superare cosi' i problemi di rappresentativita' a parita' di costi. E' tuttavia da notare che le tecniche di record linkage sono possibili e compatibili con una buona qualita' della registrazione solo se la qualita' delle fonti informative essenziali, a livello locale, e' risultata adeguata sulla base di una attenta valutazione preliminare e di un sistema di controllo continuativo. RAPPORTO CON UN NUOVO SISTEMA INFORMATIVO NAZIONALE SULLO STATO DI SALUTE. Il carattere di continuita', di sistematicita' e di integrazione delle informazioni da piu' fonti, colloca a pieno titolo la Rete dei RT all'interno del progetto di un nuovo sistema informativo sullo stato di salute, secondo i criteri espressi nel Piano Sanitario Nazionale. Utilizzando la Banca Dati Nazionale saranno prodotti periodicamente Rapporti descrittivi relativi alla situazione nazionale e delle regioni, in relazione anche con le scadenze dei prossimi Piani sanitari nazionali e delle esigenze informative nazionali e internazionali. Per quanto riguarda i tumori, il debito informativo e' quindi pienamente assolto dalle attivita' della rete dei RT, in collaborazione con le Istituzioni Nazionali di raccolta ed analisi dei dati. Particolare importanza assume in tal senso il rapporto con l'ISTAT e con l'Istituto Superiore di Sanita'. Inoltre i RT, in stretta collaborazione con l'ISPESL, costituiscono la base informativa sui tumori di origine professionale, come previsto dalla normativa nazionale. Infatti, e' da notare come e' affidata all'ISPESL la costituzione di un Registro Nazionale dei Mesoteliomi da Amianto (Dlgs 277/91, art. 36) e di un Registro dei tumori legali ad esposizioni lavorative (DLgs. 626/94, art.71 -Registrazione dei tumori). I RT E LA LEGGE SULLA RISERVATEZZA. Il fatto che i RT usino piu' fonti informative per costruire la serie dei propri casi, a livello cartaceo o informatizzato, comporta obbligatoriamente l'uso di dati individuali nominativi. Inoltre le casistiche individuali e nominative presenti nei Registri sono comunemente utilizzate per studi clinici finalizzati alla tutela della salute individuale. L'enorme mole di dati obbligatoriamente nominativi (sono attualmente registrati in Italia ogni anno circa 40.000 casi incidenti ed individuati altrettanti casi prevalenti), spesso relativi a soggetti deceduti o in gravi condizioni, rende impossibile l'ottenimento del consenso informato a livello di RT. Tale problema e' peraltro tenuto in debito conto nella normativa vigente. Tutti i Registri aderenti al AIRT utilizzano correntemente un Codice di Autoregolamentazione, che garantisce la Tutela della Riservatezza dei dati sensibili. I NUOVI RT ED I CRITERI DI AMMISSIBILITA'. La fase di crescita spontanea dei RT italiani ha comunque permesso di maturare know-how di ottimo livello e di produrre dati unici nel panorama dei monitoraggio dei fenomeni oncologici. Ne e' emerso un forte interesse per le attivita' di registrazione, che ha portato, negli ultimi anni, alla nascita di nuove iniziative in territori precedentemente non coperti. Attualmente, oltre ai 13 Registri generali, i cui dati sono gia' presenti nelle pubblicazioni internazionali, vi sono nuovi Registri in fasi diverse di realizzazione, che presumibilmente porteranno la proporzione della popolazione interessata dalla registrazione dal 15% ad almeno il 20%. Al momento attuale, e' opportuno un intervento programmatorio, che regoli la nascita di nuovi R.T. sulla base di criteri adeguati. Questi sono: - miglioramento della rappresentativita' nazionale. Devono essere valorizzate le iniziative di registrazione nelle Regioni attualmente non rappresentate o scarsamente rappresentate. - verifica delle precondizioni del sistema informativo locale, tali da permettere la raccolta di dati di buona qualita', con particolare riferimento alle fonti informatizzate; - adesione ai criteri internazionali di qualita' richiesti dall'OMS. - disponibilita' al controllo di qualita' ed alla partecipazione al network nazionale ed internazionale dei RT (condizione indispensabile per partecipare alla Banca dati Nazionale; - dimensione sufficiente; - garanzia di continuita'. Infine, deve essere valorizzato un processo di ulteriore informatizzazione dei RT esistenti, e stimolato l'eventuale processo di accorpamento di aree limitrofe, al fine di ridurre il numero delle strutture di registrazione ed aumentarne la dimensione. La nascita di un nuovo RT deve essere preceduta dalla realizzazione di uno studio pilota che affronti il tema della qualita' delle fonti informative e permetta la costruzione di un adeguato archivio dei casi prevalenti. CONCLUSIONI ED INDICAZIONI OPERATIVE I Registri Tumori Italiani (R.T.) rappresentano una fonte informativa essenziale per il governo nazionale e per le amministrazioni regionali relativamente ad incidenza, mortalita', prevalenza e sopravvivenza per tumori in Italia, come peraltro rilevato dal Piano Sanitario Nazionale 1998-2000. I R.T. rappresentano inoltre strumenti fondamentali, per la valutazione delle attivita' diagnostiche e terapeutiche in campo oncologico, per la valutazione di qualita' degli screening, per la ricerca eziologica e clinica nazionale ed internazionale. Costituiscono inoltre la base informativa altamente qualificata per la programmazione e la valutazione di efficacia degli interventi di prevenzione primaria. Si ritiene pertanto opportuno sensibilizzare le amministrazioni regionali nei confronti di iniziative finalizzate al consolidamento dei R.T. esistenti ed al raggiungimento di una piu' adeguata rappresentativita' nazionale delle attivita' di registrazione. Considerato quanto espresso si raccomanda fortemente che: - I R.T. siano inseriti nell'ambito del progetto di nuovo sistema informativo sullo stato di salute della popolazione, necessario per assolvere al debito informativo nazionale ed internazionale ai fini della programmazione. Per quanto riguarda i tumori, infatti, il debito informativo e' assolto dalle attivita' della rete dei R.T. svolta in collaborazione con le istituzioni nazionali di raccolta ed analisi dei dati ed in particolare con l'ISTAT, con l'Istituto Superiore di Sanita' e con l'ISPESL, per quanto concerne, i tumori di origine professionale. - L'Associazione Italiana Registri Tumori, attraverso la Banca Dati Nazionale, garantisca la produzione di dati, a carattere nazionale, di epidemiologia descrittiva dei tumori e ne curi la pubblicazione con periodicita' adeguata alle scadenze di programmazione nazionale. Si raccomanda che la associazione medesima risponda, per la Rete dei R.T., al Ministero della Sanita' ed alla Commissione Oncologica Nazionale. - Attraverso adeguate risorse umane e materiali ed opportuna attenzione nei confronti della qualita' dei sistemi informativi locali, le amministrazioni regionali garantiscano la continuita' delle attivita' di registrazione, tramite il sostegno ai R.T. gia' operanti sul territorio di competenza e promuovano e valorizzino le iniziative di registrazione nelle aree rappresentate o adeguatamente rappresentate. Relativamente a cio', si raccomanda che l'individuazione di nuovi Registri avvenga coerentemente con criteri di programmazione nazionale, tenendo conto della rappresentativita' territoriale della registrazione, valorizzando e promuovendo la registrazione nelle aree attualmente non coperte. - L'inserimento di nuovi RT nella rete nazionale preveda un sistema di accreditamento, secondo standard di qualita' internazionale, attualmente gia' garantito dalla AIRT. - Ai fini della operativita', che i RT possano trattare dati sensibili in assenza di consenso informato, come peraltro previsto dalla attuale normativa. Al fine di produrre dati aggiornati ed a basso costo, i RT devono, infatti, poter avere accesso alle fonti informatizzate nominative sui casi di neoplasia, con particolare riferimento alle schede di dimissione ospedaliera, ai certificati di morte, agli archivi dei referti istologici e citologici, delle quali peraltro deve essere opportunamente valutata la qualita' in ciascun territorio. B) LE MIGRAZIONI SANITARIE PER CURE DEI PAZIENTI ONCOLOGICI. 1b) Premessa L'analisi su cui si basa il presente documento e' stato elaborata, per quanto attiene le migrazioni sanitarie interregionali, utilizzando i dati relativi alle schede di dimissione ospedaliera, provenienti dalle singole regioni italiane, in possesso del Dipartimento della Programmazione del Ministero della sanita'. Le SDO relative l'anno 1997, riguardano tutti i ricoveri avvenuti negli ospedali pubblici (presidi ospedalieri, ed aziende ospedaliere), negli I.R.C.C.S. nelle case di cura convenzionate e nelle case di cura non convenzionate. Per queste ultime, permangono dei dubbi sulla completezza dei dati. I dati si riferiscono ai ricoveri in regime ordinario ed attengono al numero dei ricoveri, non al numero di soggetti ricoverati e si riferiscono esclusivamente alle patologie neoplastiche dell'adulto. Le neoplasie da monitorizzare, sono state scelte in base a due criteri: - La rilevanza numerica; - La rarita' della patologia, con conseguente possibile necessita' di alta specializzazione e concentrazione territoriale. 2b) Considerazioni sul bilancio migratorio delle diverse regioni e la mobilita' dei pazienti oncologici per regione I ricoveri dei cittadini italiani ammalati di tumore maligno, che avvengono in regioni diverse da quella di residenza rappresentano un fenomeno imponente. Infatti, nel 1997 essi sono stati oltre 73.000, a fronte di un totale di ricoveri per neoplasia che sono stati 726.000. Alle evidenti implicazioni di carattere economico correlate al fenomeno migratorio, si associano i disagi ed i problemi che i pazienti oncologici e le loro famiglie devono affrontare, nell'allontanarsi dal consueto luogo di residenza. Il fenomeno migratorio per cure oncologiche, divide le regioni italiane in tre gruppi: - Le regioni con un bilancio positivo, intendendo in tal senso quelle regioni in cui gli ingressi da altre regioni sono superiori alle migrazioni; - Le regioni con un bilancio sostanzialmente in pareggio; - Le regioni con un bilancio negativo. La maggior parte delle regioni del Sud appartiene a quest'ultimo gruppo. Per l'anno 1997, la regione che attrae il maggior numero di pazienti residenti fuori del proprio territorio e' la Lombardia, con circa 19.500 ricoveri, pari al 12,3% di tutti i ricoveri avvenuti nelle strutture territoriali. Ad essa seguono il Lazio, con circa 9.900. ricoveri, pari ai 10.4 di tutti i ricoveri e l'Emilia e Romagna, con quasi 9.000. ricoveri, pari all'11.8% del totale dei ricoveri. Al contrario, la regione che perde il maggior numero di pazienti oncologici e' la Sicilia, con circa 8.700 ricoveri fuori regione. Tale dato e' comunque da considerare con cautela, per la possibile incompletezza delle informazioni. Alla Sicilia seguono la Campania, con circa 8.300 ricoveri fuori regione e la Calabria, con circa 7.000 ricoveri extraregione. Piu' in generale si osserva che la mobilita' interregionale dei residenti nel Centro-Nord riguarda prevalentemente spostamenti in regioni limitrofe, nelle regioni del Sud si nota una tendenza agli spostamenti di lunga distanza. Infatti, per quanto attiene la Lombardia, piu' di 10.000. sui 19.000. ricoveri suddetti, riguardano pazienti provenienti da regioni meridionali. 3b) La mobilita' per patologia Le patologie oncologiche che piu' frequentemente comportano una migrazione sanitaria sono: i tumori della mammella, con 6726 ricoveri fuori regione; i linfomi, con 5395 ricoveri fuori regione; i tumori del polmone, con 5340 ricoveri fuori regione. La percentuale maggiore di migrazioni sanitarie si riscontra nelle neoplasie del connettivo e dei tessuti molli (23%), seguiti dai linfomi (22.1%), dai tumori dell'encefalo (17%) e da quelli dello stomaco (14.8%) Sempre in termini proporzionali i tumori del colon (6.4 %9, della prostata (7.2%) comportano meno frequentemente migrazioni interregionali. L'analisi dei dati evidenzia che il fenomeno migratorio per patologia oncologica avviene sia per alcune patologie considerate piuttosto rare, (i tumori del connettivo, i tumori dei tessuti molli i tumori dell'encefalo) sia per alcune tra le patologie oncologiche maggiormente incidenti, quali le neoplasie mammarie, le neoplasie polmonari o i linfomi. Pertanto la mobilita' per patologia oncologica riguarda sia le neoplasie per le quali e' prevedibile il coinvolgimento di strutture altamente specializzate, che le neoplasie per le quali le tecniche terapeutiche sono piu' facilmente disponibili ed ampiamente standardizzate. Le neoplasie maligne della mammella rappresentano un chiaro esempio di quanto anzidetto. Basti dire che in termini percentuali l'11.3% dei ricoveri extraregionali e' attribuibile a questa patologia. Inoltre la migrazione non si limita a spostamenti in regioni limitrofe, ma presenta linee di attrazione a lunga distanza. La regione che di gran lunga ricovera, per ca. della mammella e' la Lombardia, seguita, a notevole distanza dal Lazio e dall'Emilia Romagna. Anche per questa patologia le regioni del Sud mostrano un elevato livello di non autosufficienza. I tumori dell'encefalo rappresentano un esempio di patologia relativamente rara, il cui trattamento in pochi centri di riferimento ad alta specializzazione potrebbe meglio garantire un adeguato livello terapeutico. Anche questa patologia e' caratterizzata da forti fenomeni migratori. Infatti, a fronte di un totale di circa 11.000 ricoveri avvenuti nel 1997, 2250 sono avvenuti fuori della regione di residenza. Anche per questa patologia sono soprattutto le regioni del sud a determinare i maggiori flussi migratori, diretti, verso la Lombardia e moderatamente verso il Veneto l'Emilia Romagna ed il Lazio. 4b) Le Migrazioni sanitarie all'estero L'esame dei dati, relativi alle migrazioni sanitarie all'estero per cure dei pazienti oncologici, forniti dal Dipartimento delle professioni sanitarie del Ministero, relativi l'anno 1997, conferma l'importanza in termini numerici del fenomeno. La migrazione all'estero dei cittadini Italiani costituisce per dimensioni un fenomeno unico in Europa, estremamente rilevante pertanto sia dal punto di vista economico che sociale. Le motivazioni sottese a tale fenomeno sono legate a richieste autorizzative per prestazioni chemioterapiche, radioterapiche, diagnostiche e neurochirurgiche. Dall'analisi dei modelli autorizzativi rilasciati dai centri regionali di riferimento emergere una certa disomogeneita' nelle prassi autorizzative regionali, nella completezza del flusso informativo, della congruita' della autorizzazione rispetto al trattamento che sara' effettuato all'estero. 5b) Conclusioni Per quanto attiene le migrazioni sanitarie all'interno del territorio nazionale, le schede di dimissione ospedaliera, nel loro complesso e per le patologie osservate, hanno messo in evidenza un forte flusso migratorio dal sud verso il Nord. Come gia' espresso, il fenomeno non e' esclusivamente legato all'insorgenza di forme neoplastiche rare che potrebbero essere motivate dalla necessita' di afferire in strutture e competenze di alta specialita', ma anche patologie per le quali sono ampiamente diffusi, standardizzati e condivisi i protocolli diagnostico-terapeutici. In questi ultimi casi quindi il trattamento dei pazienti oncologici dovrebbe poter avvenire all'interno della regione di provenienza. Risulta pertanto urgente procedere ad un'analisi, che tenda ad individuare le specifiche prestazioni per le quali avviene la migrazione. Tale studio deve essere finalizzato anche a distinguere le migrazioni cosi' dette di comodo, cioe' legate alla vicinanza geografica ad un centro di diagnosi e cura delle malattie oncologiche, dalle migrazioni legate ad una effettiva carenza di offerta di servizi in loco. L'analisi di tali informazioni potra' consentire il perseguimento di obiettivi di programmazione sanitaria, che tendano: - ad assicurare le prestazioni essenziali nelle regioni di residenza, per quanto attiene le patologie a maggiore incidenza e per le quali esistono protocolli terapeutici standardizzati; - a valorizzare la concentrazione di del trattamento delle patologie rare e di tecniche complesse in centri di eccellenza; - a ridurre il fenomeno delle migrazioni all'estero, assicurando la razionalizzazione dei percorsi diagnostico-terapeutici. Per quanto attiene il fenomeno migratorio extranazionale, appare opportuno - migliorare i flussi informativi, relativi ai modelli TSR.01 ed E1 12; - attivare, da parte delle regioni, il flusso informatizzato dei dati individuali relativi alle migrazioni all'estero; - modificare la scheda informatizzata, al fine di ottenere piu' dettagliate informazioni; - omogeneizzare, per quanto possibile, la prassi autorizzativa regionale. C) ATTIVAZIONE DI PROGRAMMI OPERATIVI DI CONTROLLO DI QUALITA' DELLE ATTIVITA' DIAGNOSTICHE E TERAPEUTICHE. Introduzione Le numerose iniziative in corso e le procedure di accreditamento delle strutture assistenziali fanno riferimento a criteri gestionali, organizzativi e strutturali, atti a garantire efficienza e qualita' delle prestazioni erogate, due livelli che richiedono approcci e controlli ovviamente diversificati. Infatti, l'efficienza e' un requisito necessario, ma non sufficiente, a garantire la qualita' delle prestazioni. Gli esami eseguiti nel paziente oncologico possono essere grossolanamente suddivisi in esami strumentali o di laboratorio e sono eseguiti e utilizzati durante tutto l'iter diagnostico-terapeutico del paziente oncologico, dalla prevenzione primaria e secondaria (screening), alla diagnosi, alla formulazione della prognosi, alla pianificazione terapeutica, al monitoraggio della evoluzione della malattia e degli effetti collaterali nel paziente trattato. Attualmente, a livello nazionale, non sono state assunte iniziative finalizzate a verificare l'attendibilita' degli, esami forniti dalle strutture sanitarie al momento del loro accreditamento, ne' alcun sistema di monitoraggio della qualita' delle prestazioni per le strutture accreditate, che costituiscono la rete del Sistema Sanitario Nazionale. L'eterogeneita' della qualita' e del tipo di prestazioni fornite dalle diverse strutture, in funzione di diversi fattori quali, non ultimo, l'ubicazione topografica, ha rappresentato e tuttora rappresenta un problema per la qualita' dell'assistenza sanitaria fornita al Paese. Nel settore dell'oncologia, l'evoluzione tecnologica delle procedure di laboratorio e delle apparecchiatura medicali ha portato all'acquisizione di rilevanti informazioni e aperto importanti prospettive per la gestione del paziente affetto da patologia oncologica. I diversi esami, anche per la successione cronologica con cui sono stati proposti ed utilizzati, sono attualmente a diversi stadi dell'iter del controllo di qualita' previsto per garantire la riproducibilita' intra- ed inter-laboratorio. Si rimanda all'allegato no4 al presente documento per un approfondimento della tematica in oggetto. CONCLUSIONI Al fine della realizzazione di quanto previsto nel presente Piano oncologico nazionale, si auspica fortemente che in ogni regione si provveda a garantire il coordinamento delle attivita' oncologiche. A tale scopo, si raccomanda fortemente la costituzione di una Commissione oncologica regionale, che includa al suo interno le diverse competenze coinvolte in materia. La suddetta Commissione avra' il compito di supportare tecnicamente le amministrazioni regionali nella formulazione di linee guida comportamentali e per il monitoraggio delle attivita' poste in essere, al fine della programmazione e implementazione del Piano oncologico regionale. L'attuazione delle indicazioni inerenti il Piano oncologico nazionale, nei suoi diversi aspetti, sara' oggetto di periodico monitoraggio da parte del Ministero della sanita', tramite la Commissione oncologica nazionale. A tale scopo si procedera' all'attivazione di un sistema di rilevazione periodica dei dati inerenti gli obiettivi specifici intermedi indicati nel presente Piano. Tali rilevazioni, da effettuare con cadenza annuale presso le Amministrazioni regionali, forniranno il materiale per la stesura di un report annuale al Ministro della sanita' sullo stato d'avanzamento e di implementazione delle strategie sottese all'implementazione del Piano Tumori.