(all. 5 - art. 1)
ALLEGATO N°4



         ATTIVAZIONE DI PROGRAMMI OPERATIVI DI CONTROLLO DI
        QUALITA' DELLE ATTIVITA' DIAGNOSTICHE E TERAPEUTICHE:

1) ESAMI RADIODIAGNOSTICI.

Premessa

   Nel  settore della radiodiagnostica e' molto sentita la necessita'
di  accurati  controlli,  sia  per  quanto riguarda la qualita' delle
immagini radiologiche, sia per le dosi di radiazioni utilizzate. Tale
carenza  e'  particolarmente  avvertita  per  gli esami mammografici,
considerata  la  loro  larga  diffusione, che vede coinvolto anche un
elevato numero di donne asintomatiche.
   Attualmente  gli  esami  mammografici  possono essere eseguiti con
dosi  superiori  a quelle mediamente necessarie (con rischio di danno
indotto)  e produrre immagini di pessima qualita' e quindi non idonee
ad evidenziare tumori di piccole dimensioni (inefficacia dell'esame).
   La Commissione della Comunita' Europea ha promulgato direttive che
sono  riportate  nella  circolare  del  Ministero della Sanita' n. 62
dell'agosto  1984  e nella G.U. n. 265 del 5 ottobre 1984, al fine di
ottenere   sia   il   miglioramento  della  qualita'  delle  immagini
radiologiche sia la riduzione della dose.
   Il  controllo e l'assicurazione di qualita' in radiodiagnostica si
possono ottenere se e' applicato un protocollo esecutivo estremamente
dettagliato,  come  quello  proposto nel 1992 dalla Commissione delle
Comunita'  Europee  (pubblicazione  DGV  775/92)  e  che  prevede  il
coinvolgimento   interdisciplinare  di  varie  figure  professionali:
radiologi,   fisici,   esperti   qualificati,   tecnici  sanitari  di
radiologia medica.

Situazione attuale

   L'Italia  dispone  di  una  cospicua  normativa di riferimento. Il
Decreto  Legislativo  n.  230/95  (GU  136  del  13 giugno 1995) ed i
successivi  decreti applicativi, hanno ben recepito molte delle norme
di  sicurezza  relative  alla protezione sanitaria della popolazione,
dei  pazienti  e  dei  lavoratori  contro i pericoli delle radiazioni
ionizzanti, connesse ad esposizioni mediche (direttiva 97/43 EURATOM)
ed  hanno stabilito anche il tipo, le modalita' e la periodicita' dei
controlli  di  qualita'  e  la  necessita'  che i radiologi, i fisici
specialisti e gli esperti qualificati predispongano idonei protocolli
e i criteri minimi di accettabilita' delle apparecchiatura.
   Qualificate  pubblicazioni,  (  si  cita  a puro titolo di esempio
"ISTISAN  95/12 Controllo di qualita' in mammografia, aspetti tecnici
e clinici"; "Controlli di qualita' in Radiologia, basi tecnologiche e
riferimenti  normativi")  hanno  gia'  affrontato problemi specifici,
suggerendo idonei protocolli per gli esami piu' comuni.
   Nella   realta'   si   e'   ancora  in  fase  organizzativa  e  il
raggiungimento  della  fase  operativa si presenta ancora lontano sia
per  la carenza di figure professionali qualificate, sia per il costo
piuttosto  impegnativo per rendere operativi programmi di garanzia di
qualita'.

Proposta

Il  raggiungimento  di  una  situazione soddisfacente e possibilmente
ottimale su tutto il territorio nazionale, richiede:

  a) disponibilita', da parte di tutte le unita' di radiodiagnostica,
  di  un  set  minimo  di  apparecchiature  necessarie  per espletare
  giornalmente in sede ed in un modo autonomo i controlli di qualita'
  di primo livello;
  b)  potenziamento  dei  Servizi  di  Fisica  Sanitaria esistenti in
  rapporto al reale numero di apparecchiature presenti nel territorio
  di afferenza;
  c)   individuazione   di   Centri   di  Riferimento  Regionali  per
  l'assicurazione  di  Qualita'  (C.R.Q.).  Questi  centri,  dovranno
  essere   collocati   presso   qualificate   Unita'   Operative   di
  Radiodiagnostica  dove esistano competenze cliniche, indispensabili
  per un corretto controllo di qualita'.

   Per  quanto  riguarda  i  controlli  di  qualita'  di  I livellava
precisato  che,  per  garantire  in  radiologia  una  buona qualita',
costante  nel  tempo,  e' necessario eseguire quotidianamente su ogni
unita'  di  radiodiagnostica  almeno  la  valutazione  della qualita'
dell'immagine  e della dose in ingresso e un controllo del sistema di
trattamento   (sensitometria)   Queste  semplici  procedure  di  test
dovranno  essere  eseguite  in  sede ed in maniera autonoma quindi le
amministrazioni  sanitarie  o  i datori di lavoro dovranno fornire le
attrezzature   necessarie   (esposimetro   e/o  dosimetro,  fantoccio
dedicato, sensitometro, densitometro automatico e manuale) e adeguate
iniziative  di  formazione  del  personale.  Per  quanto  riguarda la
funzionalita'  dei  C.R.Q.  vanno  considerati  e  ottemperati alcuni
aspetti fondamentali.
   Per  quanto riguarda il personale, l'istituzione del Centro presso
Unita'  Operative  assicura  la  presenza  delle  competenze cliniche
(radiologo);  e'  indispensabile  assicurare la presenza di almeno un
fisico  sanitario  e  di  un  operatore  tecnico.  Il CRQ operera' in
stretta  collaborazione con i servizi di Fisica Sanitaria esistenti e
attuera'  le  procedure di certificazione ai fini dell'accreditamento
delle strutture sanitarie.
   Oltre  alle  attrezzature  summenzionate  il  Centro dovra' essere
dotato  di  termometro, misuratore dei kV e del tempo di esposizione,
fotometro,  lastre di plexiglas, filtri di alluminio, dispositivo per
la  misurazione  della  macchia  focale  e del contatto schermo-film,
personal-computer. In conclusione e come per tutti gli altri esami e'
necessario garantire un programma di controllo di qualita' periodico.

2) ESAMI DI MEDICINA NUCLEARE

Premessa

   In medicina nucleare valgono, in linea di massima, le premesse sia
concettuali  sia  normativa trattate nel capitolo relativo agli esami
di radiodiagnostica.
   Schematicamente,   il  controllo  di  qualita'  delle  prestazioni
medico-nucleari  deve  partire proprio da un approccio clinico, cosi'
come prescritto dal Decreto Legislativo n. 230\95, per poi continuare
con verifiche sulla qualita' e tipo di radionuclide da somministrare,
sulla  strumentazione  e  sui  protocolli  da  seguire.  Ogni singola
prestazione  diagnostica  o terapeutica di medicina nucleare richiede
una attenta valutazione clinica sulla base:


- dell'età, sesso, grado di autonomia o dipendenza, spettanza
  di vita;
- diagnosi di accesso e quesito clinico;
- situazioni metabolico-funzionali che possono modificare la
  risposta della prestazione.

   Per  quanto  riguarda  la  scelta della molecola di supporto e del
radionuclide,  questa  deve  essere  orientata ad ottenere il miglior
risultato  clinico con la minor dose per il paziente. La scelta della
molecola  di  supporto e' legata al tipo di informazioni diagnostiche
che   si  vogliono  avere,  tenendo  in  conto  la  necessita'  della
rispondenza  della  qualita'  del  radiofarmaco  agli  standard della
Farmacopea  Ufficiale,  quali  la  purezza radionuclinica, la resa di
marcatura, la stabilita' del prodotto, ecc.
   Un  altro  aspetto importante e' il controllo della strumentazione
previsto  dal D.M. attuativo dell'art. 113 del Decreto Legislativo n.
230\95.  E'  pertanto  necessario,  cosi'  come  recita  la normativa
vigente,  che  il  responsabile  delle  apparecchiature  di  medicina
nucleare  provveda  affinche'  esse  siano  sottoposte a controllo di
qualita' da parte del fisico specialista o dell'esperto qualificato e
che   il   giudizio  della  qualita'  tecnica  sia  dato  dal  medico
specialista.
   Le  linee  guida proposte dal Gruppo di Studio A.I.M.N. propongono
controlli  sperimentali, mensili ed annuali, tali da rendere omogenei
i test di verifica su tutto il territorio nazionale.
   E'  auspicabile  che i parametri ottenuti possano essere riportati
in  un apposito programma in modo da poter effettuare una valutazione
statistica della costanza di risposta dei sistemi sotto controllo.

Situazione attuale

   Al  momento, non e' stato predisposto un sistema di verifica dello
stato  di  attuazione  della  normativa  predetta  ne'  tanto meno un
sistema  di  monitoraggio della qualita' della strumentazione e delle
prestazioni.

Proposta

   Nel  campo  specifico  oncologico  appare  ancora piu' evidente la
necessita'  di  un  controllo  anche delle metodologie applicate. Per
tale   motivo   si   potrebbe   ipotizzare,   come  proposto  per  la
radiodiagnostica,   l'individuazione   di   Centri   di   Riferimento
regionali,  o interregionali, per la verifica globale della qualita'.
Compito  di  queste  strutture sarebbe quello di verificare nel tempo
tutti i parametri strumentali e metodologici, imposti dalla normativa
vigente  e  definiti  anche  tramite  il  contributo delle Societa' e
Associazioni Scientifiche, con verifiche almeno annuali.

3) ESAMI DI LABORATORIO

3.1 I marcatori serici

Premessa

   La  comparsa  del  fenotipo  maligno  comporta un incremento della
produzione e/o del rilascio da parte della cellula trasformata di una
serie  di  sostanze,  la  cui  determinazione  a  livello  serico  e'
utilizzata a fini diagnostico-prognostici.
   La  rilevanza  clinica  di  detti  Marcatori  Tumorali  Serici  e'
essenzialmente proporzionale alla precocita' con la quale sono capaci
di  descrivere  un  determinato  fenomeno  clinico.  L'alto contenuto
tecnologico,   la   grossa   valenza   economica,   ed   il  continuo
aggiornamento  delle  conoscenze scientifiche, particolarmente rapido
nell'ultimo periodo, ha fatto si che il settore sia caratterizzato da
una   crescente   disponibilita'  di  indicatori  biologici  per  uso
routinario.  A  fronte  di  una  crescente  e  duttile  potenzialita'
diagnostica,  fa riscontro una eterogeneita' di utilizzo da parte dei
medici e pertanto un alto tasso di utilizzo improprio. A questo stato
di  cose  ha  sicuramente  contribuito  la mancanza in letteratura di
studi   prospettici,  controllati  e  randomizzati,  che  definiscano
inequivocabilmente la valenza clinica dei marcatori tumorali serici.
   L'utilizzo  clinico  di  detti  marcatori  e'  guidato  da  alcuni
fattori,  quali  il  livello  di evidenza scientifica della validita'
diagnostica,  la  specificita'  tissutale (d'organo, tipo cellulare o
istologico) e l'obiettivo clinico da perseguire.

Situazione attuale

   Alla  luce delle considerazioni di cui sopra, esistono indicazioni
specifiche per l'utilizzo di marcatori tumorali serici , basati sulle
evidenze  scientifiche  in funzione del tipo di tumore e dell'uso che
se ne vuole fare (Tab. 1).


Tabella I
Tipo Neoplasia     Obiettivo Clinico       Marker Elettivo

Ca. Tiroide        Diagnosi, Stadio,       Calcitonina (ca.midoli.)
                   Prognosi,               Tireoglobulina (ca.diff.)

                   Monitoraggio dopo
                   terapia radicale
                   Monitoraggio della
                   Terapia

Ca. Polmone        Stadio, Prognosi,       NSE (microcitoma)
                   Monitoraggio dopo
                   terapia radicale
                   Monitoraggio risposta
                   terapia

Ca. Colon-retto    Monitoraggio dopo       CEA
                   terapia radicale

Ca. Fegato         Stadio,                 AFP
                   Monitoraggio risposta
                   terapia

Ca. Ovaio          Stadio, Prognosi,       Ca125AFP, HCG
                   Monitoraggio risposta
                   terapia

Ca. Utero          Stadio, Prognosi,       HCG(mola vescicolare)
                   Monitoraggio
                   Risposta terapia

Tumori Germinali   Diagnosi, Stadio,       AFP, HCG
Testicolo          Prognosi
                   Monitoraggio risposta
                   terapia

Ca. prostata       Diagnosi, Stadio        PSA Totale
                   Prognosi,          rapporto PSA totale/PSA
                   Monitoraggio risposta   libero
                   terapia

Ca. Mammella       Monitoraggio risposta   Ca 15.3
                   Terapia

Importante  sottolineare  come  la  determinazione di molti di questi
markers sia inclusa nel tariffario nazionale.

Proposta

   Analogamente  a quanto avviene per la maggior parte degli esami di
laboratorio  ad  uso clinico, anche per i markers tumorali circolanti
esiste   la   necessita'  di  una  valutazione  e  validazione  della
accuratezza  dei  metodi  di  analisi adottati per la valutazione dei
singoli marcatori e della appropriatezza clinica di utilizzo.
   La  soluzione  di  detti problemi rimanda ad iniziative di diverso
tipo  e  a diversi livelli. (Tab. 2) riassumibili nella necessita' di
attivare  1)  una  continua  revisione  della letteratura scientifica
sugli  argomenti  in questione, 2) programmi di Controllo di Qualita'
Analitici  e  Pre-analitici  relativi  ai  singoli  marcatori e 3) un
programma di aggiornamento continuo degli operatori.

Tabella 2


===================================================================
Problema              Soluzione        Livello di       Ref
                                       approccio
===================================================================
Appropriatezza        Revisione        Nazionale        Comitato
utilizzo              letteratura                       Esperti
-------------------------------------------------------------------
Criteri               Univocità        Nazionale        Comitato
interpretazione       Revisione                         Esperti
                      Educazione
-------------------------------------------------------------------
Valutazione Errore    Controllo        Regionale        Centro
Analitico             qualità                           Riferimento
-------------------------------------------------------------------
Valutazione Errore    Certificazione   Nazionale        Centro
Preanalitico          Laboratorio      Nazionale        Riferimento
-------------------------------------------------------------------

Delle  iniziative  indicate,  attualmente  risulta  attivato  solo un
programma  di  controllo  di  qualita'  della fase analitica (analisi
variabilita' intra ed interlaboratorio) relativa solo ad una serie di
marcatori tumorali circolanti.

3.2 MARCATORI TISSUTALI

3.2.1 Test genetici per la diagnosi di predisposizione ereditaria

Premessa

   Sulla  base  delle attuali evidenze scientifiche, i tumori possono
essere  definiti  malattie  multifattoriali  in  cui  lo  sviluppo di
cellule  neoplastiche e' dovuto all'accumularsi di mutazioni multiple
in   geni   cruciali   per   il   controllo   della   proliferazione,
differenziazione e apoptosi cellulare, per la riparazione del DNA.
   Una  storia  oncologica, in familiari di primo o di secondo grado,
e'  riscontrata  in  oltre  il 20% dei pazienti affetti da neoplasie.
Secondo  i  dati  attualmente  disponibili, l'1,5% di tutti i casi di
tumore  e'  associato  a  sindromi  specifiche  di natura ereditaria.
L'identificazione   dei   portatori   di   forme  di  suscettibilita'
ereditaria  allo  sviluppo  delle  neoplasie rappresenta, quindi, una
parte  integrante  dell'opera  di  prevenzione in campo oncologico in
quanto, in casi selezionati, il riconoscimento del rischio ereditario
di sviluppare tumori specifici si puo' accompagnare all'attuazione di
interventi   mirati,  in  grado  di  ridurre  la  morbilita'  e/o  la
mortalita' per tali neoplasie.
   Tenuto  conto  delle  molteplici  determinazioni  genetiche,  gia'
condotte   nei  laboratori  di  numerose  istituzioni,  della  rapida
evoluzione delle conoscenze di genetica molecolare in questo settore,
si  rende  indispensabile l'attivazione di programmi nazionali per il
controllo di qualita' dei test genetici e delle procedure di raccolta
e  restituzione  di  informazioni  genetiche  a famiglie e soggetti a
rischio.

Situazione attuale

   Al  momento  attuale, i test genetici ritenuti in grado di fornire
informazioni  clinicamente  utili e sulla base della quale sono prese
decisioni  mediche  di provata efficacia, riguardano diverse sindromi
ereditarie.

Un primo gruppo di sindromi comprende:

- Retinoblastoma Familiare (gene RB),
- Poliposi Familiare del Colon (gene APC),
- Sindrome di von Hippel-Lindau (gene VHL),
- Neoplasie Endocrine Multiple tipo 2 (gene RET).

   L'esecuzione  di  test genetici per l'identificazione di portatori
asintomatici,  all'interno delle famiglie in cui si e' manifestata in
precedenza  una  delle  condizioni  di  cui  sopra,  e', pertanto, da
considerarsi  parte  integrante  di una corretta prassi di assistenza
clinica e di conseguenza si raccomanda di valutare l'opportunita' che
questi  test siano riconosciuti dal Servizio Sanitario Nazionale come
analisi di tipo diagnostico.
   Un  secondo  gruppo comprende sindromi ereditarie predisponenti al
cancro  di  cui  sono stati identificati alcuni dei geni responsabili
quali:

Carcinoma  Familiare del colon-retto non-associato a Poliposi o HNPCC
- geni hMSH2, hMLH1, hPMS1, hPMS2, hMSH6;
Carcinoma Familiare della mammella e ovaio - geni BRCA1, BRCA2;
Sindrome di Li-Fraumeni - gene TP53;
Atassia-Telangiectasia - gene ATM;
Xeroderma Pigmentoso - geni.XP;
Neurofibromatosi tipo 1 - gene NF1;
Melanoma Familiare - gene p16.

   I  relativi  test  genetici devono essere utilizzati, attualmente,
solo  nell'ambito  di  programmi  di  ricerca  genetica e clinica, in
quanto i protocolli di follow-up oggi proposti a livello nazionale ed
internazionale sono ancora in via di definizione (es. HNPCC) o non e'
ancora  stata  dimostrata  una  provata  efficacia  (es.  sindrome di
Li-Fraumeni).
   In  particolare, relativamente a questo secondo gruppo di sindromi
ereditarie   predisponenti  al  cancro,  va  segnalato  il  carcinoma
familiare  della  mammella  e  dell'ovaio  per  il  notevole  impatto
sociale,  psicologico ed assistenziale insito in tale forma tumorale.
La  presenza di una documentata alterazione dei geni BRCA1 o BRCA2 in
una   paziente  consente  l'individuazione  dei  soggetti  a  rischio
nell'ambito della famiglia.
   Allo  stato attuale, e' ancora in corso di valutazione l'efficacia
dei protocolli di follow-up adottati da vari Centri.

Proposta

   La  moltiplicazione  incontrollata  dei  laboratori che forniscono
informazioni  sui  test genetici impone l'attivazione di controlli di
qualita'  per  la  certificazione della qualita' delle determinazioni
genetiche  condotte,  quale premessa indispensabile per l'istituzione
di  una  rete  di  laboratori  accreditati  in  cui  questi test sono
condotti  e nella prospettiva di un loro utilizzo clinico. Va inoltre
sottolineato che l'attivazione di tale rete rappresenta solo il primo
segmento   di   tutta   la   complessa   problematica  relativa  alla
predisposizione ereditaria allo sviluppo dei tumori e che un corretto
utilizzo  di  queste  informazioni  genetiche potra' essere garantito
solo   dalla   istituzione   di   Centri   di   riferimento  multi  e
interdisciplinari per la consulenza genetico-oncologica.
   Tali Centri si possono configurare come unita' funzionali composte
da  genetisti,  biologi  molecolari,  patologi,  oncologi  clinici  e
psicologi,  che,  mediante  un  lavoro  di  equipe, siano in grado di
assicurare  una  adeguata  integrazione  nella  pratica clinica delle
nuove  conoscenze  scientifiche  via  via  disponibili. E' opportuno,
pertanto,  che  tali  Centri si realizzino in istituzioni oncologiche
(IRCCS,  Dipartimenti Oncologici Universitari ed Ospedalieri) attive,
per  quanto  attiene  la  ricerca,  nel  campo  della genetica medica
oncologica.
   La  determinazione  del  rischio  genetico  di  cancro deve sempre
avvenire  nell'ambito  di  una  consulenza  genetica  i  cui elementi
principali   sono:   la  ricostruzione  della  storia  familiare,  la
valutazione  di  quest'ultima alla luce delle conoscenze attuali, una
corretta  trasmissione  al  paziente  e/o  ai  suoi  familiari  delle
informazioni  relative  alle varie opzioni disponibili (diagnostiche,
terapeutiche e profilattiche).
   L'offerta  a  pazienti  e  a  loro  familiari asintomatici di test
genetici,  volti  ad  individuare una predisposizione ereditaria allo
sviluppo  di  neoplasie,  deve avvenire esclusivamente nell'ambito di
tre  situazioni:  a) consulenza genetica per sindromi ereditarie note
predisponenti  al  cancro; b) programmi di ricerca genetica e clinica
approvati  da  istituzioni nazionali e/o internazionali; c) eventuali
programmi  di screening, che in futuro dovessero rivelarsi efficaci e
vantaggiosi sul piano del rapporto costi/benefici.
   Inoltre,  la  raccolta  di un consenso informato all'esecuzione di
analisi  genetiche  da  parte  dei  pazienti  e  dei  loro familiari,
rappresenta  un  elemento  centrale  del  processo  interattivo della
consulenza  genetica e richiede da un lato la piena consapevolezza da
parte  di  chi  si  sottopone  all'analisi  delle potenzialita' e dei
limiti della stessa, e dall'altro una garanzia di totale riservatezza
circa i risultati del test.
   Da   quanto   esposto   si   evince   la  necessita'  di  proporre
l'attivazione  di  fasi  successive per la verifica dell'utilita' dei
test  e  il  riconoscimento  dei  laboratori  coinvolti  in  tutta la
complessa problematica della predisposizione genetica.
   E'  inoltre  opportuno  che  tali  informazioni  genetiche, per la
complessita'  delle  problematiche  cliniche ed etico-sociali da esse
suscitate,   siano   gestite  da  Centri  di  riferimento  multi-  ed
interdisciplinari    per    la    consulenza    genetica   oncologica
opportunamente individuati.
   L'offerta di test genetici deve essere proposta solo da Laboratori
altamente  qualificati,  in  stretta  connessione  con  i  servizi di
genetica afferenti o collaboranti con i Poli oncologici, dotati delle
figure  professionali  necessarie  a  garantire  elevati  standard di
qualita'  e  attivamente  impegnati in una ricerca migliorativa delle
prestazioni   stesse,   come   certificato   dalla   loro  produzione
scientifica e/o dalla loro partecipazione a progetti pilota in ambito
nazionale  e  internazionale. E' auspicabile che tali laboratori ed i
servizi  di  genetica  operino  in  modo  sinergico  e siano tra loro
collegati in rete.

3.2.2 Test Virali

Premessa

   Indagini   epidemiologiche   e  osservazioni  clinico-sperimentali
indicano  che  circa  il  15%  di tutte le neoplasie umane e' causato
direttamente  o  indirettamente  da  infezioni  virali.  I meccanismi
attraverso i quali alcuni virus producono la trasformazione cellulare
sono  stati  in  gran  parte  chiariti  e, in alcuni casi, sono state
definite  le interazioni con altri fattori cancerogeni ambientali. La
caratterizzazione  delle  varianti  virali coinvolte e dei livelli di
espressione   del   genoma  virale  potrebbe  consentire  un  miglior
inquadramento  prognostico  e  l'adozione  di piu' appropriati schemi
terapeutici. Infine, la concreta possibilita' di attuare strategie di
prevenzione e di terapia basate su interventi di immunoterapia attiva
specifica  (vaccini  profilattici  e  terapeutici) rende estremamente
importante   l'accuratezza   diagnostica  delle  infezioni  virali  e
l'individuazione delle neoplasie associate.

Situazione attuale

   Per  la  patologia epatica, conseguente ad infezioni con virus B e
C,  le  relative  tecniche di analisi e l'interpretazione diagnostica
sono  ormai  standardizzate  ai  fini  della  valutazione  clinica  e
terapeutica.  Lesioni preneoplastiche e neoplastiche sono associate a
diversi tipi di infezioni virali.
   Papilloma virus (HPV): e' responsabile delle lesioni proliferative
del  tratto genitourinario, delle prime vie aeree e digestive e della
cute. Sono stati identificati finora piu' di 80 diversi tipi di HPV.
   La  ricerca  di  sequenze  HPV  puo'  essere effettuata con metodi
diversi, caratterizzati da una diversa sensibilita' e applicabilita':
metodi   di   ibridizzazione   diretta   (dot  blot,  Southern  biot,
ibridizzazione  in  situ  (ISH,  "Hybrid  Capture"  (HC)  e metodi di
amplificazione (PCR).
   Virus  di  Epstein-Barr  (EBV): e' un virus DNA ed appartiene alla
famiglia dei virus herpetici gamma. La sua infezione e' correlata con
lo  sviluppo  della  mononucleosi infettiva, dei linfomi di Burkitt e
simil-Burkitt,    del    linfoma    immunoblastico    in    individui
immunocompromessi,  del  carcinoma  rinofaringeo. Meno frequentemente
l'EBV  e'  coinvolto  nel  linfoma  di  Hodgkin,  in alcuni linfomi a
cellule  T,  nel  carcinoma  gastrico  e  nella  sindrome  di  Duncan
(sindrome linfoproliferativa legata al cromosoma X).
   Le   tecniche  diagnostiche  dell'infezione  da  EBV  sono  basate
essenzialmente   sulla   dimostrazione   sierologica   di   anticorpi
virus-specifici   svelati   attraverso   immunofluorescenza,   ELISA,
fissazione  del  complemento, immunoblotting etc. Per quanto concerne
la  dimostrazione  dell'EBV  nei tessuti, sono utilizzate le tecniche
molecolari   di   Southern   e   la   PCR;  molto  usate  sono  anche
l'ibridizzazione in situ per evidenziare gli EBER.
   Virus   herpetico  umano  tipo  8  (HHV-8/KSHV):  appartiene  alla
famiglia  dei  virus  herpetici  gamma  ed e' associato al sarcoma di
Kaposi.   E'  presente  nelle  varianti  di  KS  classico,  endemico,
iatrogeno,  epidemico (AIDS-associato); inoltre e' stato rinvenuto in
alcuni  rari  linfomi  caratterizzati  da  versamenti  sierosi  (body
cavity,  based  lymphoma o BCBL, primary effusion lymphoma o PEL). Da
indagini  preliminari  sieroepidemiologiche risulta una prevalenza di
infezione  nella  popolazione  adulta  sana  italiana del 10-25%, con
elevata prevalenza nel sud e in Sardegna.
   La  diagnosi di infezione si basa sulla ricerca di anticorpi verso
antigeni  virali  (proteine  del  ciclo  litico, proteine di latenza)
eseguite con metodi ELISA e di immunofluorescenza.
   Virus  umano T-Iinfotropico (HTLV-1): e' un retrovirus complesso e
la  sua  infezione  e'  legata allo sviluppo della leucemia/linfoma a
cellule   T   dell'adulto   (ATLL).  Questa  neoplasia  e'  osservata
endemicamente   in  alcune  aree  geografiche.  L'HTLV-1  e'  inoltre
correlato  eziologicamente  con  una  neuropatia cronica degenerativa
nota  come paraparesi spastica tropicale (TSP) e con alcune patologie
su  sfondo  immunitario (artropatia, uveite, miosite etc..). E' stato
isolato   anche  un  HTLV-2,  diffuso  in  Italia  soprattutto  nella
popolazione HIV-1 positiva tossicodipendente, la cui infezione non e'
ancora stata correlata con condizioni patologiche definite.
   La  diagnostica di queste infezioni si basa sulla dimostrazione di
anticorpi  (test  ELISA,  immunoblot)  e  sulla  ricerca  di sequenze
nucleotidiche  mediante  Southern  blot  e  PCR. La definizione della
clonalita'  del  sito  di integrazione dei DNA provirale e' oltremodo
utile  nella  diagnostica  differenziale dell'ATLL e nel monitoraggio
della  malattia  minima  residua.  In  ragione  della  relativa bassa
prevalenza  dall'infezione  da  HTLV,  la  relativa  diagnostica  nei
laboratori   non   e'   tuttavia   molto   sviluppata;   inoltre,  la
differenziazione tra HTLV-1 e HTLV-2 e' frequentemente trascurata.

Proposta

   Molti  dei  test  virali,  soprattutto  quelli  molecolari, basati
essenzialmente  su PCR, e utilizzati per l'evidenziazione di sequenze
nucleotidiche   virali   non   sono   attualmente   standardizzati  e
necessitano di opportuni controlli.

3.2.3 TEST BIOLOGICI

Premessa

   Negli   ultimissimi   decenni,   la   crescente   acquisizione  di
informazioni   sulla   biologia  del  tumore  e  l'affinamento  delle
metodologie  di  laboratorio  hanno  portato  ad  una  vera e propria
rivoluzione   culturale   e   alla   introduzione,   nella  attivita'
routinaria,  di  esami  sempre  piu' sofisticati. In particolare, nel
settore degli esami di laboratorio, si e' assistito ad una evoluzione
dagli  esami  morfologici  e  biochimici  a  quelli cellulari e, piu'
recentemente, molecolari.
   La  grande  svolta culturale si e' concretizzata nell'integrazione
della   tradizionale   stadiazione  patologica  con  una  stadiazione
biofunzionale.  Tale  integrazione ha comportato la transizione da un
approccio  deterministico,  basato  sul  modello  tradizionale  della
diffusione  progressiva  e  ordinata  della  malattia  oncologica  da
locale,  a  regionale,  a  sistemica,  ad un approccio nel quale sono
considerati  anche  fattori  biologici,  legati  in parte all'entita'
della  trasformazione  cellulare  e  in  parte  alle  caratteristiche
immunologiche  dell'ospite. La caratterizzazione biologica del tumore
primitivo,  infatti,  si  e'  dimostrata  in  grado  di  fornire  sia
informazioni  prognostiche  ad  un  buon  livello di accuratezza, sia
informazioni   utili   per   pianificare   il  tipo  di  trattamento,
loco-regionale e/o sistemico.
   Questa  innovativita'  concettuale  e' gia' stata trasferita nella
pratica clinica in alcune istituzioni e lascia intravedere importanti
ripercussioni    in   termini   di   efficacia   terapeutica   e   di
costo-beneficio sia economico che di tossicita' per il paziente.

Situazione attuale

   L'interesse    suscitato   dai   risultati   ottenuti   da   studi
biologico-clinici condotti in istituzioni di eccellenza ha portato ad
un'ampia diffusione delle varie determinazioni biologiche sul tumore,
alcune delle quali incluse nel tariffario nazionale delle prestazioni
rimborsate  dal  SSN,  in  laboratori  di  anatomia  patologica  o di
ricerca.
   Queste  determinazioni  sono  attualmente  utilizzate non solo per
analisi  retrospettive, a scopo di ricerca per definire e convalidare
le   potenzialita'   dei   marcatori   biologici,   quali  indicatori
prognostici o predittori di risposta ai diversi trattamenti, ma anche
prospetticamente per la pianificazione del trattamento clinico.
   Questa  auspicata svolta nell'atteggiamento della gestione clinica
del  paziente  non  e'  stata preceduta o accompagnata da un adeguato
controllo   di  qualita'  intra  ed  interlaboratorio  delle  diverse
determinazioni morfologiche, biochimiche, cellulari o molecolari.
   L'esigenza  e  l'attivazione di controlli di qualita' e' stata per
la  prima  volta  avvertita  per  i recettori per ormoni steroidei in
occasione  del  loro utilizzo per la definizione prognostica e per la
programmazione di ormonoterapie nelle pazienti con carcinoma mammario
e per i diversi marcatori serici.
   Successivamente  ulteriori  iniziative scientifiche hanno promosso
l'attivazione  di  un  controllo  di  qualita'  sulle caratteristiche
proliferativi   del   tumore,  utilizzando  diversi  approcci,  quale
indicatore prognostico e predittore di risposta alla chemioterapia.
   Successivamente,  sempre  in ambito scientifico e' stato esteso il
controllo   di  qualita'  ad  altri  aspetti  e  variabili  cellulari
coinvolti  nella  trasformazione  e  progressione  tumorale e percio'
determinanti per la diagnosi e prognosi della malattia tumorale.
   Questi  controlli,  scaturiti  da  iniziative di piccoli gruppi ed
estesi   a   poche   istituzioni,   hanno  evidenziato  un'allarmante
eterogeneita'  dei risultati tra i diversi laboratori, che si traduce
in   una  errata  gestione  terapeutica  dei  pazienti.  Inoltre,  il
progressivo  accumularsi  delle conoscenze sulla biologia cellulare e
molecolare  dei  tumori  ha  portato alla identificazione di numerosi
eventi  correlati alla predisposizione, trasformazione e progressione
tumorale,  anch'essi  tutti  determinati  e utilizzati al di fuori di
controlli di qualita'.

Proposta

   Si  raccomanda  fortemente  l'assunzione  di  iniziative  atte  ad
istituzionalizzare  controlli  di  qualita',  per  le  determinazioni
morfologiche  e  biologiche  del  tumore, per le quali la rilevanza a
fini  diagnostici, prognostici e nella pianificazione del trattamento
e'  ormai convalidata, come requisito essenziale per l'accreditamento
dei laboratori di oncologia.

SUPPORTO BIOSTATISTICO AGLI ESAMI DI LABORATORIO.

   L'ottimizzazione delle risorse impiegate nei laboratori oncologici
deve  essere  basata  su  un  adeguata  valutazione  statistica della
qualita'  delle  informazioni  provenienti dalle misure in studio. In
particolare  devono  essere  evidenziate  le  proprieta' quantitative
delle  misure  in  atto  in  relazione  al  tipo  di utilizzo clinico
previsto.
   La  ricerca  di  base permette di caratterizzare biologicamente il
marcatore  e quindi l'informazione derivante dallo stesso. Le fasi di
ricerca  successive  prevedono  la  messa  a  punto  del  saggio,  la
validazione  del  saggio,  il  controllo  di  qualita'  entro  e  tra
laboratori.
   Il  controllo  di  qualita' tra laboratori Dopo la messa a punto e
validazione  del  saggio,  la  ricerca  e'  focalizzata  sull'impatto
clinico   della   misura  del  biomarcatore  stesso.  In  particolare
l'interesse riguarda la possibilita' di definire specifici protocolli
terapeutici  e  piu'  generalmente di identificare pazienti a diversa
probabilita'   di   ricaduta  e/o  morte  nel  periodo  di  follow-up
successivo all'intervento terapeutico primario.
   La  competenza  biostatistica offre la possibilita' di strutturare
la  ricerca  susseguente  a  quella  di base in modo quantitativo. La
ricerca  puo'  articolarsi nelle attivita' schematizzate nei seguenti
punti,    con    l'indicazione   delle   corrispondenti   metodologie
biostatistiche di riferimento:

   1)  Messa  a  punto  del saggio: disegno dell'esperimento, analisi
   della varianza ed analisi delle scale di misura;
   2)  Validazione  del  saggio:  analisi della regressione lineare e
   non-lineare  per  problemi  di  calibrazione  e  di  confronto tra
   metodi.
   3)   Controllo   di   qualita'   entro   laboratorio:   metodi  di
   campionamento, analisi della varianza ed analisi della concordanza
   tra misure.
   4)  Controllo  di qualita' tra laboratori: analisi della varianza,
   analisi della regressione ed analisi della concordanza tra misure.

   Se  i  punti  3  e  4  di  controllo  di  qualita'  vero e proprio
presuppongono  l'esecuzione  del  saggio  nell'ambito  della routine,
l'esecuzione  dei  punti  1  e  2  deve comunque precedere la ricerca
clinica  sulle  proprieta'  dei saggio stesso. Lo studio dell'impatto
diagnostico  o prognostico di un saggio comporta la valutazione della
dipendenza  delle  variabili,  che  esprimono lo stato patologico del
paziente  od il tempo di sopravvivenza libero da malattia, dai valori
misurati  nel  saggio  stesso  considerando  congiuntamente  le altre
variabili  note  come  fattori  di  diagnosi o prognosi. La ricerca a
questo  livello  e'  organizzata  secondo  quanto  previsto dai punti
successivi.

      5)  Disegno  e  realizzazione  dello  studio clinico, metodi di
   campionamento e disegno sperimentale.
      6)  Analisi  dei  dati dello studio: tecniche di costruzione di
   modelli   di   regressione   flessibile   per  la  discriminazione
   diagnostica o per l'analisi dei tempi di sopravvivenza in presenza
   di variabili continue e/o discrete.
      7)  Validazione  dei modelli. Questa operazione e' fondamentale
   per   l'utilizzo  clinico  del  modello  statistico.  Permette  la
   verifica  della capacita' discriminatoria e predittiva in generale
   del   modello   statistico   realizzato   nella  fase  precedente,
   possibilmente   sulla   base   di   dati   provenienti   da  studi
   indipendenti.
      1)  Sintesi  dei  risultati  e  definizione  di  criteri per la
   decisione  clinica.  Presentazione  del  risultato  di  un modello
   statistico possibilmente complesso in termini di informazioni piu'
   facilmente interpretabili dal punto di vista clinico-biologico. Il
   lavoro  congiunto  di  medici, biologi e biostatistici permette la
   derivazione delle regole decisionali cliniche.

   Tale attivita' deve prevedere:

   Raccolta,  valutazione  e  selezione della letteratura scientifica
per biomarcatori; Valutazione delle modalita' di esecuzione, utilizzo
e  richiesta di biomarcatori; Progettazione e pianificazione di studi
per la valutazione di biomarcatori.
   Il   supporto   biostatistico   integrato  e'  uno  degli  aspetti
fondamentali   prelusivi   alla  fase  di  accreditamento  dei  saggi
nell'ottica  della  garanzia  di  qualita'  del  servizio  erogato  e
dell'ottimizzazione dei rapporto costi/benefici.

CONCLUSIONI

   Da  quanto espresso emerge l'opportunita' di attivare controlli di
qualita'  per gli esami strumentali e di laboratorio, eseguiti per la
gestione  del  paziente  oncologico, dal momento diagnostico a quello
terapeutico.
   L'obiettivo  e'  quello  di  controllare la riproducibilita' degli
esami,    ossia    della   loro   qualita',   quale   requisito   per
l'accreditamento dei laboratori deputati all'esecuzione di questi.
   Al   contempo   appare   utile   sottolineare  l'importanza  della
attivazione  di  studi mono o multicentrici pilota e confirmatori per
la   validazione   del  valore  biologico  e  clinico  dei  risultati
ottenibili dai diversi esami.
   L'ottemperanza  di  questi  due  punti,  potrebbe  determinare una
migliore   allocazione   delle   risorse  del  SSN,  derivante  dalla
conoscenza  dell'effettivo  valore clinico di alcuni test diagnostici
utilizzati  in  oncologia,  e  dalla  migliore  gestione del paziente
oncologico.
   Alla  luce di quanto considerato si potrebbe inoltre provvedere ad
una   revisione  ed  aggiornamento  del  tariffario  nazionale  delle
prestazioni  a carico del SSN, escludendo test diagnostici obsoleti o
ancora  oggetto  di  studio  e  ricerca per la definizione della loro
utilita'  clinica e ricomprendere test ed esami di rilevanza validata
e correntemente utilizzati a scopo diagnostico terapeutico.