A tutti i Capi Uffici legislativi - LORO SEDI 
 
  Facendo seguito alla circolare del  Presidente  del  Consiglio  dei
Ministri del 20 aprile 2001, n.  11.26/10888/9.92,  pubblicata  nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana  n.  97  del  27  aprile
2001, si trasmette il testo della "Guida  alla  redazione  dei  testi
normativi" elaborata da questo Dipartimento in esecuzione  di  quanto
previsto dalla circolare medesima. 
  La Guida indica le regole, di carattere formale e sostanziale,  cui
si attengono le amministrazioni nella redazione dei testi  normativi,
legislativi o di altra natura. Dette regole sono tratte,  per  quanto
riguarda le fonti legislative, dalla citata circolare del  Presidente
del Consiglio dei Ministri; esse sono completate  ed  estese,  con  i
dovuti  accorgimenti,  alle  altre  fonti  ed   in   particolare   ai
regolamenti.  La  Guida,  inoltre,  fornisce  elementi  di  redazione
sostanziale,   cioe'   requisiti   e   contenuti   da   prendere   in
considerazione nella redazione di testi normativi. 
  Le indicazioni della Guida costituiscono, pertanto, da un lato,  un
ausilio alla corretta o comunque  omogenea  redazione  dei  testi  e,
dall'altro, la preventiva indicazione dei parametri cui si atterranno
gli uffici della Presidenza del Consiglio dei Ministri per  valutarne
il grado di maturazione ai fini della presentazione al Consiglio  dei
Ministri e per gli eventuali successivi interventi  di  coordinamento
formale. 
  Le SS.LL. sono invitate  ad  assicurarne  l'applicazione  da  parte
degli uffici di rispettiva competenza. 
 
    Roma, 2 maggio 2001 
 
    

                                     Il capo del Dipartimento
                              per gli affari giuridici e legislativi
                                           MALINCONICO

    
 
 
                            PRESENTAZIONE 
 
  L'attenzione verso la  qualita'  della  regolazione  si  e'  andata
accentuando in questi ultimi anni. Alla base di tale attenzione  v'e'
la constatazione che la  norma  giuridica  non  e'  neutra,  ma  anzi
orienta la dislocazione di risorse materiali ed umane. Essa e' quindi
parametro di efficienza o  d'inefficienza  del  sistema  economico  e
sociale. Le regole non sono di per se'  troppe  o  poche  in  termini
assoluti. Sono troppe le regole  cattive,  e  sono  tali  quelle  che
costituiscono onere ingiustificato per  cittadini  ed  imprese.  Come
quei rimedi che, nell'intento di curare  un  male,  ne  provocano  di
nuovi e maggiori o comunque generano gravi effetti collaterali. 
  In Italia si e' recentemente provveduto, anche su sollecitazione di
organismi internazionali, ad introdurre uno strumento di  valutazione
degli effetti diretti ed indiretti  delle  regole  con  la  legge  di
semplificazione 8 marzo 1999, n. 50, con la direttiva del  Presidente
del Consiglio dei ministri 27 marzo 20001 e con la conseguente  Guida
alla sperimentazione dell'analisi di impatto  della  regolamentazione
(AIR) del 16 gennaio 20012 
  Si tratta di un importante passo  in  avanti.  Nondimeno  non  deve
essere  tralasciato  l'altro,  e  piu'  tradizionale,  aspetto  della
qualita'  della  regolazione.  Quello  del   linguaggio   usato   dal
regolatore, della sua comprensibilita' da parte del destinatario  dei
precetti, del carattere sistematico ed organico delle disposizioni. 
  Anche rispetto  a  questi  profili  e'  aumentata  la  sensibilita'
nazionale  e  internazionale.  Basti  considerare  la  recente  Guide
Pratique Commun della Comunita' europea, la  legge  27  luglio  2000,
n.2l2, sullo statuto del contribuente, la  circolare  del  Presidente
del Consiglio  dei  ministri  in  materia  di  redazione  degli  atti
legislativi, elaborata d'intesa con i  Presidenti  della  Camera  dei
deputati  e  del  Senato  della  Repubblica,  che  ha  aggiornato  la
precedente analoga circolare datata 24 febbraio 1986. 
  La presente Guida alla redazione dei testi normativi si propone  di
raccogliere, da  un  lato,  in  forma  piu'  analitica  le  regole  e
raccomandazioni in tema di redazione dei testi legislativi risultanti
dalla suddetta circolare del Presidente del Consiglio dei ministri e,
dall'altro, quelle che riguardano piu'  specificamente  l'istruttoria
normativa del Governo nonche' le fonti tipiche  dell'amministrazione,
e cioe' i regolamenti. Essa tenta quindi di riassumere  in  un  unico
contesto regole formali  e  sostanziali.  Le  prime,  riguardanti  il
linguaggio normativo e la ricerca di moduli omogenei di redazione dei
testi. Le seconde, rivolte a richiamare l'esigenza di  tenere  conto,
al momento della redazione dei testi, dei limiti della varie fonti  e
della necessita' di programmare  la  ripartizione  tra  queste  della
disciplina della  materia,  nonche'  di  impostare  correttamente  il
processo di produzione delle  norme,  in  modo  da  evitare  che  una
cattiva  o  perplessa  impostazione  iniziale  comprometta  la   fase
attuativa. 
  In questo compito, la Guida vuole essere anche  la  ricognizione  e
l'ideale trasmissione  delle  esperienze  maturate  nel  corso  della
legislatura  in  via  di  conclusione,  specialmente  nelle  riunioni
preparatorie del  Consiglio  dei  Ministri.  Ai  colleghi  di  queste
ultime, che ritroveranno spesso in questa Guida  l'eco  di  argomenti
trattati insieme nel "preconsiglio", il ringraziamento per il  lavoro
svolto in comune. 
    

                                     Il Capo del Dipartimento
                              per gli affari giuridici e legislativi
                                           MALINCONICO

    
 
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     1 Pubblicata nella Gazzetta ufficiale del  23  maggio  2000,  n.
118. 
     2 Pubblicata nella Gazzetta ufficiale  del  7  marzo  2001,  55,
supplemento ordinario n. 46. 
 
 
    

REGOLE DI REDAZIONE DEI TESTI NORMATIVI                     7


1 REGOLE FORMALI - IL LINGUAGGIO NORMATIVO                  7

  1.1 STILE DELLE DISPOSIZIONI                              7
  1.2 ABBREVIAZIONI E SIGLE                                 8
  1.3 CONGIUNZIONI                                          9
  1.4 MAIUSCOLE                                            10
  1.5 NEOLOGISMI                                           10
  1.6 TERMINI GIURIDICI, TECNICI E STRANIERI               11
  1.7 OMOGENEITA' TERMINOLOGICA                            11
  1.8 VERBI                                                11
  1.9 RIFERIMENTI NORMATIVI                                14
      1.9.1 Riferimenti interni                            14
      1.9.2 Riferimenti esterni                            14

2 LA STRUTTURA DELL'ATTO NORMATIVO                         18

  2.1 IL TITOLO DELL'ATTO NORMATIVO                        18
  2.2 LE PREMESSE DELL'ATTO NORMATIVO                      18
      2.2.1 Premesse in generale                           18
      2.2.2 Premesse dei decreti legislativi               20
      2.2.3 Premesse dei decreti-legge                     21
      2.2.4 Premesse dei regolamenti                       21
      2.2.5 Regolamenti di delegificazione                 22
      2.2.6 Concerti e intese                              23

2.3 LE PARTIZIONI DEL TESTO                                24

    2.3.1 L'articolo                                       24
    2.3.2 Numerazione e rubriche degli articoli            24
    2.3.3 Il comma                                         24
    2.3.4 Partizioni di livello superiore
          all'articolo                                     26
    2.3.5 Gli allegati                                     27

3 RAPPORTI FRA ATTI NORMATIVI                              28

  3.1 ABROGAZIONE                                          28
  3.2 DEROGA                                               28
  3.3 NOVELLA                                              29
      3.3.1 Numerazione e rubricazione degli
            articoli aggiunti con novella                  31
      3.3.2 Numerazione dei commi nella novella            32
  3.4 PROROGA E SOSPENSIONE                                33
  3.5 REVIVISCENZA                                         34

4 ASPETTI SOSTANZIALI DI REDAZIONE E
  CONTENUTO TIPO DELL'ATTO                                 35

  4.1  FINALITA' E OGGETTO DELL'INTERVENTO NORMATIVO       35
  4.2  AMBITO DI EFFICACIA DELL'ATTO                       36
  4.3  DEFINIZIONI NORMATIVE                               36
  4.4  CONTENUTO DISPOSITIVO: DISPOSIZIONI SOSTANZIALI
       O PROCEDURALI                                       36
  4.5  DIVIETO DI NORME INTRUSE                            37
  4.6  DISPOSIZIONI CHE RINVIANO A REGOLAMENTI             37
  4.7  MODALITA' DI ADOZIONE DI SUCCESSIVI ATTI
       APPLICATIVI                                         37
  4.8  DISPOSIZIONI CONCERNENTI REGOLE TECNICHE
       ED AIUTI DI STATO                                   38
  4.9  COPERTURA AMMINISTRATIVA                            38
  4.10 DISPOSIZIONI CHE PREVEDONO COMPETENZE DI
       REGIONI ED ENTI LOCALI                              40
  4.11 DISPOSIZIONI TRIBUTARIE                             40
  4.12 DISPOSIZIONI INTERPRETATIVE                         42
  4.13 DISPOSIZIONI CONTENENTI TERMINI                     42
  4.14 DISPOSIZIONI SANZIONATORIE                          43
  4.15 DISPOSIZIONI DI COPERTURA FINANZIARIA               45
  4.16 DISPOSIZIONI ABROGATIVE                             48
  4.17 DISPOSIZIONI TRANSITORIE                            48
  4.18 ENTRATA IN VIGORE E DECORRENZA DI EFFICACIA         49
  4.19 CLAUSOLA DI INSERZIONE NELLA RACCOLTA
       DEGLI ATTI NORMATIVI                                49

5 REGOLE SPECIALI PER PARTICOLARI ATTI                     51

  5.1 REGOLE PERI DECRETI-LEGGE E I DISEGNI DI LEGGE
      DI CONVERSIONE                                       51
  5.2 REGOLE PER I DISEGNI DI LEGGE DI DELEGAZIONE
      ED I DECRETI LEGISLATIVI                             52
      5.2.1 Termine per l'esercizio della delega           53
      5.2.2 Oggetto della delega                           54
      5.2.3 Principi e criteri direttivi                   54
      5.2.4 Altre disposizioni da inserire nella delega    54
      5.2.5 Aspetti formali del decreto legislativo        54
      5.2.6 Aspetti sostanziali del decreto legislativo    55
      5.2.7 Decreti legislativi correttivi                 55
  5.3 REGOLE PER IL DISEGNO DI LEGGE COMUNITARIA           55
  5.4 REGOLE PER I DISEGNI DI LEGGE SULLE INTESE CON
      LE CONFESSIONI RELIGIOSE                             56
  5.5 REGOLE PER I DECRETI LEGISLATIVI DI ATTUAZIONE
      DI STATUTI SPECIALI                                  57
  5.6 REGOLE PER LE DISPOSIZIONI REGOLAMENTARI             57
      5.6.1 - Regolamenti governativi                      57
      5.6.2 - Regolamenti di delegificazione               58
      5.6.3 - Regolamenti ministeriali                     58
  5.7 - REGOLE PER I TESTI UNICI                           59


ALL. 1                                                     61
ALL. 2                                                     63
ALL. 3                                                     65
ALL. 4                                                     67
ALL. 5                                                     69
ALL. 6                                                     71
ALL. 7                                                     73

    
 
 
               REGOLE DI REDAZIONE DEI TESTI NORMATIVI 
 
1 REGOLE FORMALI - IL LINGUAGGIO NORMATIVO 
 
1.1 Stile delle disposizioni 
  Il precetto normativo ha la valenza di un ordine. Esso, dunque,  e'
efficace ed autorevole solo se e' preciso, sintetico e chiaro per  il
destinatario. 
  Ottengono  tale  risultato  le  disposizioni  brevi,  chiare,   non
involute, caratterizzate dalla forma precettiva e prive  di  premesse
che si propongano di darne una motivazione. La corretta  formulazione
della disposizione normativa evita qualsiasi ambiguita'  semantica  e
sintattica, e persegue gli obiettivi della semplicita'  espositiva  e
della precisione di contenuto. 
  Quanto alla brevita', il periodo non contiene incisi complessi, che
rendono difficile la lettura e la comprensione  generale  del  testo.
Piuttosto  che  ricorrere  ad   incisi   involuti,   e'   preferibile
interrompere il periodo con il punto e ricominciare la frase, in modo
che ciascuna disposizione abbia un contenuto preciso. 
  La previsione normativa procede rapidamente alla definizione  degli
elementi principali della fattispecie, con la precisa indicazione  di
soggetto, predicato verbale e oggetto. Seguono ulteriori periodi  che
meglio delimitano la fattispecie, quanto a presupposti, condizioni  o
deroghe alla stessa. 
  Quanto alla chiarezza, e'  necessario  ricordare  che  in  sede  di
attuazione le disposizioni dovranno essere  interpretate,  anzitutto,
nel  senso  reso  "palese  dal  significato  proprio  delle   parole"
(articolo 12 delle disposizioni sulla legge in generale). 
  L'esigenza di chiarezza per il legislatore e'  maggiore  quando  ad
una disposizione si  attribuiscono  effetti  derogatori  rispetto  ad
altre  disposizioni  o  a  principi  generali.  In  caso   contrario,
l'interpretazione non potra'  che  penalizzare  l'asserzione  di  chi
invoca l'ampliamento dei propri poteri o diritti. 
  Quanto alla sinteticita', il  linguaggio  della  disposizione  deve
essere  asciutto  e  non  contenere  aggettivi  o  avverbi  che   non
aggiungono nulla all'imperativita' della disposizione medesima. 
  Ad esempio, non v'e'  ragione  di  utilizzare  l'aggettivo  "tutti"
quando la disposizione di  per  se'  non  esclude  alcun  soggetto  o
elemento della fattispecie. Cosi, non e' corretto usare l'espressione
"Il  Ministro  convoca  periodicamente  una  riunione  di  tutte   le
organizzazioni non governative", perche' e' di per se' sufficiente il
riferimento alle organizzazioni non governative. 
  Quanto  alla  precisione,  le  disposizioni  individuano,  in  modo
chiaro, i fatti giuridici oggetto di regolazione, gli effetti che  ad
essi  si  connettono,  definiscono  in  modo  univoco  le  situazioni
giuridiche soggettive, attive o passive,  che  ne  derivano,  evitano
formulazioni dal significato  incerto  o  non  pienamente  capaci  di
garantire la corrispondenza dell'elemento disciplinato al nomen iuris
utilizzato. 
  Quanto all'univocita', la redazione delle disposizioni  e'  rivolta
ad assicurare la coerenza, la non contraddittorieta' e  l'omogeneita'
terminologica delle disposizioni, sia all'interno dello  stesso  atto
normativo,  sia  tra  atti  normativi  diversi.  Assicura,  altresi',
l'aderenza  del  precetto  all'ambito  oggettivo  e   soggettivo   di
applicazione dell'atto. 
  Naturalmente, il  carattere  di  generalita'  o  di  dettaglio  del
precetto e' relazionato al tipo di fonte  cui  l'atto  afferisce.  In
generale, alla legge e' riservata la previsione delle regole generali
e di inquadramento della materia,  regole  generalmente  destinate  a
durare  nel  tempo.  Ai  regolamenti  ed  alle  fonti   ulteriormente
subordinate e' affidata la normativa  di  dettaglio  e  di  carattere
organizzativo,   suscettibile   di   piu'   frequenti   mutamenti   o
adattamenti. 
 
1.2 Abbreviazioni e sigle 
  Le abbreviazioni, consistenti nel troncamento  della  parte  finale
della parola o di altre parti che compongono la parola, sono escluse,
con  la  sola  eccezione  dell'abbreviazione  "ART"  per  la   parola
articolo, ma limitatamente all'intestazione di ciascun articolo. 
  Le sigle, costituite dalle iniziali di piu' parole, sono utili solo
se esplicitate nel testo medesimo. Percio', se un ente, un  organo  o
un qualunque istituto  (ad  esempio,  imposta  sul  valore  aggiunto,
valutazione di impatto  ambientale)  sono  citati  ripetutamente  nel
medesimo atto normativo, e' ammesso  che,  dopo  la  prima  citazione
fatta per esteso e seguita dalla sigla tra parentesi,  le  successive
citazioni siano effettuate con la sola sigla. 
  Le lettere che compongono la sigla sono scritte in maiuscolo e,  al
fine di agevolare la ricerca  con  strumenti  informatici,  non  sono
separate da punti. 
  E' opportuno che, ove si ricorra a denominazioni abbreviate, queste
contengano  almeno   una   parola   che   specifichi   il   contenuto
relativamente alla materia trattata, al fine di agevolare la  ricerca
elettronica. Nello  stesso  caso,  nella  prima  citazione  va  posta
l'espressione per esteso, seguita dalla denominazione abbreviata  che
sara'  usata  al  suo  posto,  preceduta  dalle  parole  "di  seguito
denominato(a)" 
 
1.3 Congiunzioni 
  L'uso delle congiunzioni tiene conto dell'effetto che  ne  consegue
sul piano precettivo. 
  La congiunzione "e" implica che, in una enumerazione di requisiti o
presupposti o  condizioni,  tutti  tali  elementi  devono  concorrere
perche' l'effetto della disposizione si verifichi. 
  La congiunzione disgiuntiva "o" ha significati  diversi  a  seconda
che implichi previsioni alternative tra loro, l'una escludente altra,
o invece previsioni non alternative tra loro, che  possono  ricorrere
insieme o disgiuntamente. Nel primo caso  si  parla  di  formulazione
disgiuntiva  assoluta  ("aut...aut"),  nell'altro   di   formulazione
disgiuntiva relativa ("vel...vel"). 
  Quando dal contesto della disposizione non risulta evidente l'una o
l'altra opzione il dubbio va sciolto come segue: 
  a)  per  specificare  la  disgiuntiva   assoluta   si   ripete   la
disgiunzione "o" due volte; 
  b) per esprimere la congiunzione disgiuntiva relativa, va  comunque
evitato l'impiego dell'espressione "e/o", e si utilizzano formule che
con chiarezza esprimono  il  carattere  additivo  della  elencazione,
quali "ovvero" o "congiuntamente o disgiuntamente" e simili. 
  Quando la disposizione e' articolata in una serie di lettere  o  di
numeri, e' necessario tenere conto del vincolo che si intende o  meno
istituire tra  le  diverse  previsioni.  A  tale  fine,  per  evitare
equivoci e  sempre  che  il  contesto  non  renda  palese  la  scelta
perseguita, si specifica  nell'alinea  del  comma  se  le  previsioni
contenute nelle lettere o nei numeri sono richieste  alternativamente
o congiuntamente. 
  Per evitare cacofonie, davanti a parole che iniziano con la  stessa
vocale, le congiunzioni assumono la "d" "ed", "od" 
  Va evitata la doppia negazione. 
 
1.4 Maiuscole 
  Per evitare forme enfatiche di redazione  del  testo,  l'uso  delle
lettere iniziali maiuscole e' limitato ai soli casi di uso  corrente,
strettamente  necessari,  come  i  nomi  propri,   le   denominazioni
geografiche, o quelli che, con iniziale maiuscola, hanno  un  effetto
indicativo puntuale (ad esempio, Stato, Repubblica, ecc.). 
  Inoltre, anche quando l'uso della maiuscola  e'  consentito,  esso,
nel caso di espressioni composite,  e'  limitato  alla  prima  parola
soltanto.   Ad   esempio,   Ministro   dell'interno,   non   Ministro
dell'Interno; Consiglio dei ministri,  non  Consiglio  dei  Ministri,
ecc. 
  In ogni  caso,  all'interno  di  uno  stesso  testo  normativo,  il
criterio seguito deve essere rigorosamente uniforme. 
 
1.5 Neologismi 
  Il ricorso a neologismi e' consentito solo  se  essi  sono  entrati
nell'uso corrente della lingua italiana. 
  Negli altri casi, quando e' comunque necessario per  la  precisione
del testo ricorrere a neologismi, il testo medesimo  ne  fornisce  la
definizione rilevante per la sua applicazione (v. § 4.3). 
 
1.6 Termini giuridici, tecnici e stranieri 
  I termini attinti dal linguaggio giuridico o dal linguaggio tecnico
sono impiegati in  modo  appropriato,  secondo  il  significato  loro
assegnato dalla scienza o  dalla  tecnica  che  li  concerne.  Se  un
termine ha, nella sua  accezione  tecnico-giuridica,  un  significato
diverso da quello che lo stesso termine ha nel linguaggio comune, dal
contesto deve risultare con chiarezza, eventualmente attraverso l'uso
di definizioni, quale significato e' attribuito al termine nel  testo
in questione. 
  Sono evitati i termini stranieri, salvo che siano entrati  nell'uso
della lingua italiana e non abbiano sinonimi di uso corrente in  tale
lingua. La parola straniera assunta nella lingua  italiana  e'  usata
esclusivamente al singolare, salvo i casi gia' entrati nell'uso. 
 
1.7 Omogeneita' terminologica 
  Per evitare equivoci o dubbi  interpretativi  e  per  agevolare  la
ricerca con strumenti informatici dei testi normativi, ad un medesimo
concetto od istituto corrisponde nel testo una identica denominazione
in tutte le parti del testo stesso  (titolo,  articoli  e  allegati),
senza fare ricorso a sinonimi.  E'  necessario,  altresi',  mantenere
fermi i termini nel loro impiego tradizionale. 
  Per indicare  il  provvedimento  di  un'autorita',  e'  preferibile
adottare la formulazione "Con decreto del Ministro.... e' fissato  il
canone di concessione....", invece che "Il Ministro....  con  proprio
decreto fissa il canone di concessione...." 
 
1.8 Verbi 
  Nella  formulazione  dei  precetti   e'   essenziale   la   massima
uniformita' nell'uso dei modi verbali. 
  Il modo verbale  proprio  della  norma  giuridica  e'  l'indicativo
presente, modo idoneo ad esprimere il comando. Il modo congiuntivo ed
il  tempo  futuro  non  raggiungono  lo  stesso  effetto,  in  quanto
esprimono l'ipoteticita' o la non immediatezza del precetto. In  ogni
caso, il ricorso a tempi  o  modi  diversi  dall'indicativo  presente
accentua la disomogeneita' del testo ed e', percio', evitato. 
  Anche le congiunzioni si adeguano naturalmente  a  tale  regola:  i
presupposti di una disposizione, invece che  con  l'inciso  "qualora"
seguito dal congiuntivo, si esprimono  con  il  "se"  e  l'indicativo
presente. 
  E' opportuno evitare: 
    -  incisi  con  il  gerundio.  Tali  incisi  non  consentono   di
individuare con chiarezza il soggetto della previsione ne'  il  grado
di imperativita' della stessa, inoltre rendono involuto  il  periodo.
Quest'ultimo e', preferibilmente, interrotto alla  fine  della  frase
principale, mentre il gerundio e' sostituito  con  una  frase  a  se'
stante; 
    - la forma passiva, ed in particolare il "si" passivante,  quando
con il suo impiego non risulta chiaro l'agente o il destinatario  cui
la disposizione si riferisce. 
  Quanto ai verbi servili, l'uso degli stessi e' soggetto a  puntuale
verifica del significato che detti verbi sono in grado di  attribuire
alla frase, anche al di la' della volonta' del redattore. 
  In  particolare  i  verbi  servili   sono   usati   per   esprimere
l'obbligatorieta' o la possibilita' di una certa condotta. 
  Peraltro,  l'uso  del  verbo   servile   diretto   a   sottolineare
l'obbligatorieta' del comportamento richiesto al  destinatario  della
disposizione  ("deve";  "ha  l'obbligo  di";  "e'  tenuto  a")  nulla
aggiunge all'imperativita' della norma. Un ordine,  cui  il  precetto
giuridico  e'  assimilabile,  non  si  esprime  con  le  parole  "sei
obbligato a fare", bensi' con l'imperativo "fai". 
  L'imperativita' si trae dalle conseguenze che l'atto o  il  sistema
ricollegano all'inottemperanza, non dall'uso  del  verbo  "dovere"  o
simili espressioni. Anzi, l'uso di queste ultime in certe  parti  del
testo e' idoneo ad ingenerare nell'interprete il dubbio  che  analoga
obbligatorieta' non sussista nelle altre parti del testo nelle  quali
il verbo servile "dovere" non e' usato. 
  La forma imperativa, senza ausiliari, ha l'effetto di escludere che
la norma tolleri comportamenti diversi da quello  descritto,  con  la
conseguenza che detti comportamenti incorrono in  tutte  le  sanzioni
tipiche dell'ordinamento, non solo in quelle che  reprimono  condotte
contrarie alla norma, ma anche in quelle che colpiscono l'atto in se'
e la sua stessa capacita' di produrre effetti (nullita', inefficacia,
invalidita', ecc.). 
  Ancora piu' insidioso e' l'uso del verbo servile "potere" e simili.
Contrariamente all'apparenza, talora l'uso del verbo  servile  "puo'"
non  introduce  realmente  una   mera   facolta',   ma   esprime   un
comportamento doveroso in presenza di determinate  circostanze.  Cio'
vale sia per i soggetti pubblici, sia per i soggetti privati.  Per  i
primi,   la   possibilita'   implica   il   potere   di    apprezzare
discrezionalmente i presupposti di fatto, con la precisazione che  in
presenza di determinati presupposti l'esercizio  del  potere  non  e'
libero, bensi' doveroso. Per i secondi, la possibilita'  di  adottare
certi comportamenti non implica liberta' assoluta, bensi' scelta  cui
consegue un effetto giuridico. 
  In conclusione, il verbo servile va  evitato  e  va  utilizzata  la
formula diretta del presente indicativo.  Nei  casi,  residuali,  nei
quali non e' dato descrivere puntualmente il  significato  voluto  se
non ricorrendo al verbo servile, e' necessario che l'estensore  tenga
conto  delle  implicazioni  sopra  richiamate.  In   ogni   caso   e'
assolutamente da  evitare  l'uso  del  verbo  "venire"  in  luogo  di
"essere" 
  Un esempio puo' chiarire i possibili effetti dell'uso non  corretto
del verbo servile. L'articolo 19, comma 3, del decreto del Presidente
della Repubblica 31 dicembre 1992, n. 546, recita: "Gli atti  diversi
da quelli indicati non sono impugnabili autonomamente.  Ognuno  degli
atti autonomamente impugnabili puo' essere impugnato  solo  per  vizi
propri. La mancata notificazione di atti  autonomamente  impugnabili,
adottati   precedentemente   all'atto   notificato,    ne    consente
l'impugnazione unitamente a quest'ultimo". 
  Le due espressioni sopra evidenziate sono rivolte ad attribuire una
facolta'  al  ricorrente,  nel  senso  che,  ovviamente,  nessuno  e'
obbligato ad impugnare alcunche'.  Ma  e'  altrettanto  evidente  che
l'impugnazione e' doverosa se  si  vuole  evitare  il  consolidamento
dell'atto  lesivo  e  soprattutto,  con  riferimento   alla   seconda
espressione, che non e' dato al  ricorrente  scegliere  se  impugnare
solo l'atto successivo o anche l'atto presupposto.  Contrariamente  a
quanto sostenuto  talora  davanti  alle  Commissioni  tributarie,  il
ricorrente che intende impugnare l'atto  conseguente  deve  impugnare
l'atto  presupposto,  a  pena  di  decadenza  delle  censure   contro
quest'ultimo. 
  Piu' corretta sarebbe  stata  la  seguente  formazione:  "Gli  atti
diversi da quelli indicati non sono  impugnabili  autonomamente.  Con
l'impugnazione  sono  dedotti  soltanto  i  vizi   propri   dell'atto
impugnato o di atto presupposto di  quest'ultimo,  non  autonomamente
impugnabile.  La  contestuale  impugnazione   di   precedente   atto,
autonomamente  impugnabile,  e'  ammessa  solo  in  caso  di  mancata
notificazione dell'atto precedente. In quest'ultimo caso, il  termine
per l'impugnazione, a pena di decadenza, dell'atto precedente decorre
dalla data di notificazione dell'atto successivo o,  comunque,  dalla
piena conoscenza del primo" 
 
1.9 Riferimenti normativi. 
 
1.9.1 Riferimenti interni. 
  Per riferimenti interni, si intendono i riferimenti  agli  articoli
ed ai commi del medesimo atto normativo che opera il riferimento.  In
detti riferimenti si applicano le seguenti regole: 
    a) la citazione degli articoli e' seguita dall'espressione "della
presente legge" solo quando,  e  in  questo  caso  l'integrazione  e'
obbligatoria, nello stesso testo sono presenti riferimenti  anche  ad
altre  fonti  normative  e  si  puo'  quindi  verificare   incertezza
interpretativa; 
    b) la medesima regola di cui alla  lettera  a)  si  applica  alla
citazione di un comma all'interno di uno stesso articolo;  in  questo
caso, cioe', l'espressione  "del  presente  articolo"  e'  utilizzata
soltanto se ulteriori riferimenti ad altre fonti normative o ad altri
articoli producono incertezza; 
    c) nei testi recanti la numerazione dei commi,  la  citazione  di
questi ultimi e' fatta sempre con il numero cardinale e  non  con  il
numero ordinale; 
    d)  va   evitato   l'uso   delle   espressioni   "precedente"   e
"successivo". Tali espressioni sono superflue, stante  la  necessita'
di citare sempre il numero degli articoli  e  dei  commi,  e  d'altra
parte possono  determinare  problemi  di  coordinamento  e  dubbi  di
individuazione in caso di modifiche successive al testo. 
 
1.9.2 Riferimenti esterni 
  Per riferimenti esterni, si intendono i riferimenti ad atti diversi
da quello che opera il richiamo. A tali riferimenti si  applicano  le
seguenti regole: 
    a) la citazione e' fatta con l'indicazione  della  data  (giorno,
mese, anno) di promulgazione o emanazione della legge o  del  decreto
citato e del numero. Nelle premesse e' ammessa anche la citazione del
titolo dell'atto. In caso di ripetute citazioni di una stessa legge o
decreto, e' ammessa - ma solo per le citazioni successive alla  prima
- la semplice indicazione del numero e dell'anno, omettendo il giorno
e il mese; 
    b) per i riferimenti ad un atto che ha subito  modificazioni,  si
usa la formula "e successive modificazioni", omettendo le  parole  "e
integrazioni", che possono essere fonte di  equivoci  interpretativi,
solo quando tali modificazioni riguardano la disposizione  richiamata
e  non  altre  dello  stesso  atto.  Per  evitare   possibili   dubbi
interpretativi o questioni di  legittimita'  costituzionale,  ove  il
riferimento  si  intenda  operato  al  testo  vigente  ad  una   data
determinata,  tale  intento  deve  risultare  in  maniera  chiara  ed
inequivoca; in caso  contrario  il  riferimento  si  interpreta  come
rinvio "mobile". Ove si tratti della Costituzione o  dei  codici,  la
indicazione "e successive  modificazioni"  va  omessa  in  quanto  il
riferimento si intende sempre fatto al testo vigente; 
    c) vanno evitati i riferimenti a catena (si rinvia all'articolo x
che a sua volta rinvia all'articolo y),  effettuando  il  riferimento
sempre alla disposizione base; 
    d) quando si intende  riferirsi  a  disposizioni  modificate,  il
riferimento va fatto sempre all'atto che ha subito le modifiche e non
all'atto modificante (§ 3.3); 
    e)  nei  riferimenti  a  testi  recanti  commi  non  numerati  la
citazione dei commi stessi va fatta sempre con riferimento al  numero
ordinale. Nel caso in cui l'articolo sia costituito da un unico comma
non numerato, il riferimento va fatto all'articolo. Nei riferimenti a
testi recanti la numerazione dei commi, la citazione dei commi stessi
va fatta sempre con riferimento al numero cardinale e non  con  l'uso
del numero ordinale; 
    f) vanno evitate le espressioni "ultimo" o  "penultimo  comma"  o
"ultimi due commi" e simili, quando  ci  si  riferisce  a  commi  non
numerati; 
    g) va evitato l'uso delle espressioni: " articoli... o commi... e
seguenti" Occorre sempre indicare  con  precisione  il  numero  degli
articoli o dei commi cui si intende fare riferimento; 
    h) per i decreti convertiti in legge, il riferimento e' fatto con
la formula: "decreto-legge x,  convertito  (,  con  modificazioni  ,)
dalla legge y"; 
    i) i testi unici o i complessi di disposizioni sono citati con la
formula: "testo unico... (o disposizioni...) di cui  al  decreto  del
Presidente della Repubblica (o altro atto)" (§ 5.7); 
    l) il riferimento ai testi unici "misti" previsti dall'articolo 7
della legge n. 50 del 1999  e'  operato  unicamente  al  decreto  del
Presidente della Repubblica (cosiddetto testo A)  contenente  sia  le
disposizioni legislative sia quelle  regolamentari.  Nella  citazione
vanno omesse le indicazioni (L o R) poste in calce a ciascun comma  o
a fianco della intestazione di ciascun articolo (§ 1.9.2); 
    m) per i  decreti  e  gli  altri  atti,  non  numerati,  comunque
pubblicati nella Gazzetta ufficiale, sono indicati, oltre  all'organo
emanante ed alla data (giorno, mese, anno) di  emanazione  dell'atto,
anche il numero  e  la  data  (giorno,  mese,  anno)  della  Gazzetta
ufficiale in cui l'atto e' stato pubblicato; 
    n) i regolamenti  governativi  e  ministeriali  sono  citati  con
l'esplicita menzione  del  termine  "regolamento"  che  individua  la
natura dell'atto e con la formula: "regolamento di cui al..."; 
    o)  i  decreti  ministeriali  o   interministeriali   non   vanno
richiamati in modo innominato, ma con la  indicazione  specifica  del
Ministro o dei Ministri che li hanno emanati, omettendo gli eventuali
Ministri "concertati"; 
    p) i riferimenti agli atti comunitari sono  effettuati  indicando
nell'ordine, per le direttive comunitarie, l'anno,  il  numero  e  la
sigla comunitaria; per i regolamenti comunitari, la sigla, il  numero
e l'anno. Per le decisioni il riferimento e' effettuato come  per  le
direttive. Esemplificando:  "direttiva  95/337/CE  del  Consiglio  (o
altro organo emanante), del 27 luglio 1995",  "regolamento  (CE)  n.,
737/95 del Consiglio (o altro organo emanante), del 26 aprile  1995".
La sigla CEE e' sostituita da CE per gli atti adottati dopo l'entrata
in vigore del trattato di Maastricht  (1  novembre  1993).  Dal  1999
l'indicazione dell'anno (prima del numero per direttive e decisioni e
dopo il numero per i regolamenti) figura su 4 cifre. Vi  sono  infine
atti comunitari atipici i quali' sfuggendo alle  suddette  regole  di
nomenclatura,  rendono  necessaria  la  citazione   della   data   di
emanazione dell'atto ovvero, in assenza  di  ogni  altro  riferimento
utile, della data di pubblicazione  nella  Gazzetta  ufficiale  delle
Comunita' europee. In caso di ripetute citazioni di uno  stesso  atto
comunitario, limitatamente a quelle successive alla prima, nonche' ai
fini della sua indicazione  nel  titolo  del  testo  legislativo,  e'
ammessa l'omissione dell'organo emanante e della data  dell'atto.  In
tali casi si ricorre alle  seguenti  formule:  direttiva  68/193/CEE;
decisione 78/884/CEE; regolamento (CE) n. 1859/95; 
    q) i riferimenti ad accordi internazionali  vanno  fatti  con  la
seguente formula: "Accordo    firmato a     il   "  integrata,  sulla
base dei dati a disposizione,  da  una  delle  seguenti  formule:  1)
"ratificato ai sensi della legge..."; 2) "la cui  ratifica  e'  stata
autorizzata dalla  legge...";  3)  "reso  esecutivo  ai  sensi  della
(oppure "di cui alla") legge..."; 
    r) quando e' necessario citare partizioni di  atti  comunitari  o
internazionali va seguita la terminologia adoperata in tali testi (ad
esempio,  la  partizione  degli  articoli  nelle  fonti   comunitarie
utilizza il termine "paragrafo" invece di "comma"); 
    s)   le   partizioni   dell'atto    normativo    vanno    citate,
preferibilmente,  in  ordine  decrescente  e  separate   da   virgole
(esempio: "articolo 1,  comma  2,  lettera  b)").  Le  partizioni  di
livello superiore all'articolo nella  loro  interezza  vanno  citate,
preferibilmente, in ordine decrescente, a partire dalla partizione di
livello piu' alto (esempio: titolo I, capo II, sezione I); 
    t) va evitato, nei riferimenti, il rinvio ad  altre  disposizioni
operato con l'espressione: " in quanto compatibili " 
 
  Nei richiami a testi complessi  ed  eterogenei  e'  valutata  anche
l'opportunita' di  menzionare,  oltre  che  il  numero  dell'articolo
richiamato, anche la rubrica, se esistente. 
 
 
2 LA STRUTTURA DELL'ATTO NORMATIVO 
 
2.1 Il titolo dell'atto normativo 
  Il titolo dell'atto normativo assolve a due fondamentali  funzioni:
da un lato rende esplicito e conoscibile, sia pure in modo sintetico,
il contenuto del provvedimento  normativo,  dall'altro  consente  una
piu' agevole  ricerca,  anche  con  gli  strumenti  informatici,  del
provvedimento medesimo. Per i testi che  contengono  disposizioni  di
carattere tributario, v. § 4.11, lettera b). 
  Nel titolo dell'atto normativo e' esplicitato, a tali fini,  almeno
l'oggetto principale della  disciplina  normativa.  Occorre  evitare,
invece, le espressioni generiche o le semplici citazioni per  data  e
numero di promulgazione o emanazione di leggi e decreti (c.d.  titoli
"muti"). 
  Se, nel corso dell'iter, sono introdotte  rilevanti  modifiche,  e'
necessario adeguare il titolo a queste ultime. 
  Con riferimento al  contenuto  specifico  dell'atto  normativo,  il
titolo contiene i seguenti riferimenti: 
    a)  la  presenza  di  delega  legislativa,  quando   quest'ultima
costituisce il contenuto esclusivo o riveste  particolare  importanza
nell'economia del disegno di legge; 
    b) l'atto modificato, nel caso  di  atto  emanato  con  lo  scopo
esclusivo o prevalente di modificare un precedente atto normativo; 
    c) l'eventuale  carattere  derogatorio  dell'atto  rispetto  alla
normativa vigente; 
    d) la normativa comunitaria recepita con l'atto normativo. 
 
2.2 Le premesse dell'atto normativo 
 
2.2.1 Premesse in generale 
  Le premesse  degli  atti  normativi  diversi  dalle  leggi  formali
contengono,  innanzitutto,  l'indicazione  delle   norme   di   rango
superiore che attribuiscono il potere esercitato con il provvedimento
normativo. Quindi, per i decreti legislativi ed i decreti-legge  sono
indicati, rispettivamente, gli articoli 76 e 77  della  Costituzione.
Per i regolamenti statali  sono  indicati  gli  articoli  87,  quinto
comma, della Costituzione e 17 della legge 23 agosto  1988,  n.  400,
con la specificazione del comma dello stesso articolo. Per gli stessi
regolamenti statali ed in generale per  gli  altri  regolamenti  sono
menzionate  le  norme  di  legge  speciale  sulle  quali   si   fonda
l'esercizio del potere regolamentare. 
  Successivamente sono indicate, in ordine cronologico crescente,  le
disposizioni che comunque interferiscono nella regolamentazione della
materia. 
  Vanno poi indicati gli adempimenti  dell'istruttoria  prevista  per
l'emanazione dell'atto. In generale le citazioni delle norme e  degli
adempimenti istruttori sono precedute da "Visto" 
  Gli atti istruttori, in particolare i pareri, sono indicati secondo
l'ordine cronologico. Per gli atti aventi  natura  regolamentare,  il
parere del Consiglio di Stato  e',  di  regola,  l'ultimo  in  ordine
cronologico, essendo rivolto a garantire  la  legittimita'  dell'atto
stesso anche con riferimento all'iter procedurale. 
  L'eccezione a tale principio e' data dai pareri  parlamentari.  Per
la richiesta di questi ultimi e' necessaria  la  previa  acquisizione
degli  altri  pareri  richiesti  dall'istruttoria,  salve   eccezioni
connesse a reali ragioni d'urgenza, come l'eventuale  scadenza  della
delega legislativa. 
  Tale principio, naturalmente, prima  ancora  che  regola  attinente
all'ordine di citazione degli atti istruttori, e' regola  sostanziale
di acquisizione degli stessi. 
  Sempre con riguardo all'istruttoria,  mentre  per  gli  adempimenti
specificamente previsti dalla norma base per quel determinato atto si
tratta di riprendere tali prescrizioni, e' necessario  ricordare  che
altri incombenti sono previsti da disposizioni di carattere generale,
non necessariamente  richiamati  dalle  disposizioni  specifiche.  Si
ricordano, a questo proposito, il parere del Consiglio di  Stato,  il
parere della Corte dei conti nei provvedimenti di natura contabile  o
finanziaria,  il  parere  della  Conferenza  Stato  regioni  o  Stato
autonomie locali o unificata  ed  il  parere  del  Garante  dei  dati
personali. 
  Dopo le citazioni di  norme  e  degli  adempimenti  istruttori,  si
menzionano i presupposti che sono assunti a base dell'atto, preceduti
da "considerato che" e le valutazioni ditali  presupposti,  preceduti
da "ritenuto che". Tali indicazioni non  ricorrono  in  generale  nei
decreti  legislativi;   nei   regolamenti   esse   sono   utilizzate,
generalmente, per motivare la mancata adesione a pareri degli  organi
consultivi. 
  Infine, nelle premesse vanno indicati la determinazione  conclusiva
(in genere la deliberazione del Consiglio dei Ministri) e la  formula
che introduce l'articolato. Quest'ultima formula varia a seconda  del
tipo di atto normativo, come risulta dalle regole che seguono. 
  La regola generale e'  che  si  usa  l'espressione  "emana"  quando
l'atto e' di autorita' diversa da quella che ha  predisposto  l'atto,
"adotta" quando l'autorita' e' la stessa. Quindi il Presidente  della
Repubblica  "emana",  il  Presidente  del  Consiglio  o  il  Ministro
"adotta" 
  La formula tipo e' riportata all'All. 1 
 
2.2.2 Premesse dei decreti legislativi 
 
  L'articolo 14, comma 1, della legge n.400 del 1988 prevede che:  "i
decreti legislativi adottati dal Governo ai  sensi  dell'articolo  76
della Costituzione sono emanati dal Presidente della  Repubblica  con
la denominazione di "decreto legislativo" e  con  l'indicazione,  nel
preambolo (premessa), della legge di delegazione, della deliberazione
del Consiglio dei Ministri e degli altri adempimenti del procedimento
prescritti dalla legge di delegazione" 
  Costituiscono "eventuali altri adempimenti prescritti  dalla  legge
di  delegazione"  le  procedure  particolari  per  l'emanazione   dei
relativi decreti legislativi, quali ad esempio: 
    - la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri; 
    -  il  parere  reso  delle  competenti  Commissioni  parlamentari
previste dalle stesse leggi di delega; 
    - il parere delle Conferenze previste dal decreto legislativo  n.
281 del 1997 (Stato - regioni, Stato - autonomie locali, unificata); 
    -  il  parere   delle   organizzazioni   sindacali   maggiormente
rappresentative. 
  Dei suddetti  adempimenti  e'  specificata  la  data  di  adozione,
specificando, altresi', l'organo che ha emesso il  parere  e  le  sue
eventuali articolazioni (ad esempio, la Commissione  parlamentare  di
merito che ha reso il parere). 
  Le premesse si concludono con la formula "emana il seguente decreto
legislativo" (v. § 5.2). 
  Sulla base dello schema dettato dal decreto  del  Presidente  della
Repubblica n. 1092 del 1985  e  dalla  legge  n.  400  del  1988,  le
premesse dei decreti legislativi sono formulate secondo il modello di
cui all'All. 1 
 
2.2.3 Premesse dei decreti-legge 
  L'articolo 15, comma 1, della legge n. 400 del 1988 prevede  che  i
provvedimenti adottati ai sensi dell'articolo 77  della  Costituzione
sono presentati per l'emanazione al Presidente della  Repubblica  con
la  denominazione  di   "decreto-legge",   con   l'indicazione,   nel
preambolo, delle motivazioni di straordinaria necessita'  ed  urgenza
che  ne   hanno   determinato   l'adozione,   nonche'   dell'avvenuta
deliberazione del Consiglio dei Ministri. 
  Si  sottolinea   l'importanza   delle   motivazioni,   che   devono
individuare sinteticamente le ragioni che determinano l'adozione  del
provvedimento, connotate delle  caratteristiche  dell'imprescindibile
necessita' ed urgenza. 
  Le premesse  si  concludono  con  la  formula  "emana  il  seguente
decreto-legge" (v. § 5.1). 
  Secondo quanto previsto dal decreto del Presidente della Repubblica
n. 1092 del 1985 e dalla legge n.  400  del  1988,  le  premesse  dei
decreti-legge assumono la forma di cui all'All. 2. 
 
2.2.4 Premesse dei regolamenti 
  La formulazione delle premesse degli  atti  normativi  emanati  dal
Presidente della Repubblica e' prevista dall'articolo 3  del  decreto
del Presidente della Repubblica n. 1092 del 1985 e  dall'articolo  17
della legge n. 400 del 1988. 
  L'articolo 17, comma 4, della legge n. 400 del 1988 prevede che: "I
regolamenti di cui  al  comma  1  (governativi).........  che  devono
recare la denominazione di "regolamento", sono adottati previo parere
del Consiglio di Stato.... " (vedi, anche,  articolo  17,  comma  25,
della legge 15 maggio 1997, n. 127). 
  A norma del comma 27 dello stesso articolo, "Fatti salvi i  termini
piu' brevi previsti per legge, il parere del Consiglio  di  Stato  e'
reso nel termine  di  quarantacinque  giorni  dal  ricevimento  della
richiesta;  decorso  il  termine,  l'amministrazione  puo'  procedere
indipendentemente dall'acquisizione del parere. Qualora, per esigenze
istruttorie, non  possa  essere  rispettato  il  termine  di  cui  al
presente comma, tale termine puo'  essere  interrotto  per  una  sola
volta e il parere deve essere reso definitivamente entro venti giorni
dal  ricevimento   degli   elementi   istruttori   da   parte   delle
amministrazioni interessate". 
  Ove  l'amministrazione  si  avvalga  della  facolta'  di  procedere
nell'adozione del regolamento in mancanza del parere  reso  entro  il
predetto termine, nelle premesse e' indicata la mancata pronuncia del
parere da parte del Consiglio di Stato. 
  L'articolo 3, comma 1, del decreto del Presidente della  Repubblica
n. 1092 del 1985  dispone  che  l'emanazione  degli  atti  normativi,
adottati con decreto del Presidente della Repubblica  e  da  inserire
nella Raccolta ufficiale, reca  nella  premessa  la  citazione  delle
disposizioni in base alle quali l'atto e' emanato  e  la  indicazione
del Ministro o dei Ministri proponenti. 
  Quanto alla citazione della norma attributiva del potere (v.  supra
§  2.2.1),  si  richiama  l'attenzione  sulla  necessita'  che  nelle
premesse sia specificato il richiamo puntuale all'articolo  17  della
legge n.  400  del  1988,  con  indicazione  del  relativo  comma  in
relazione allo specifico potere attribuito dalla singola legge. 
  Quando per legge e' richiesto il parere del Consiglio di Stato o e'
intervenuta apposita deliberazione del Consiglio dei  Ministri,  deve
farsi menzione di tali adempimenti. 
  Se l'amministrazione si discosta dal parere del Consiglio di  Stato
o, quando  espressamente  previsto,  della  Corte  dei  conti,  nelle
premesse e' indicata, a pena di illegittimita' del provvedimento,  la
motivazione di tale scostamento 
  Le premesse si concludono, a  seconda  dei  casi,  con  la  formula
"emana il seguente regolamento" o "adotta  il  seguente  regolamento"
(v. § 5.6). 
  Sulla base delle citate disposizioni, le premesse  dei  regolamenti
assumono la forma dello schema base di cui all'All. 3. 
 
2.2.5 Regolamenti di delegificazione 
  Costituiscono condizioni  essenziali  per  l'esercizio  del  potere
delegificante la puntuale  ed  espressa  individuazione  delle  norme
primarie da abrogare (specie se non prevista dalla legge  abilitante)
con il connesso divieto di abrogazione innominata,  il  rispetto  dei
principi e  criteri  di  delegificazione  nonche'  della  materia  od
oggetto delegificato. Tali regolamenti sono previsti dai  commi  2  e
4-bis dell'articolo 17 della legge n. 400 del 1988 (v. § 5.6.2). 
  Talora in detti  regolamenti  sono  previste  formalita'  ulteriori
rispetto a quelle previste per la  generalita'  dei  regolamenti,  ad
esempio il parere delle Commissioni  parlamentari  (All.  4).  Questo
adempimento e'  richiesto  in  via  generale  per  i  regolamenti  di
organizzazione di cui al citato comma 4-bis  dell'articolo  17  della
legge n. 400 del 1988 (All. 5). 
  Altra  ipotesi  di  formalita'  particolari  per  l'emanazione  dei
regolamenti  di  delegificazione  e'  costituita   dalla   previsione
dell'articolo 20 della legge n. 59 del 1997 e dalle successive  leggi
annuali  di   semplificazione.   Si   tratta   dei   regolamenti   di
semplificazione di  norme  concernenti  procedimenti  amministrativi,
emanati su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri  e  del
Ministro per la  funzione  pubblica,  di  concerto  con  il  Ministro
competente,  previa  acquisizione   del   parere   delle   competenti
Commissioni  parlamentari,  delle(a)  Conferenze(a)  previste(a)  dal
decreto legislativo n. 281 del 1997 (ove occorra) e del Consiglio  di
Stato, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri (§ All. 7). 
  Infine  vanno  ricordati  nella  categoria   dei   regolamenti   di
delegificazione i regolamenti  di  autorizzazione  all'attuazione  di
direttive comunitarie (legge 9 marzo 1989, n. 86, articolo 4, commi 1
e 5), emanati su proposta del Presidente del Consiglio dei  Ministri,
o del Ministro per le politiche comunitarie da lui delegato. 
  Le  premesse  dei  regolamenti  di   attuazione   delle   direttive
comunitarie sono quelle di cui all'All. 6. 
 
2.2.6 Concerti e intese 
  Nel  caso  di  procedure  volte  a  consentire  una  manifestazione
concorde di volonta' da parte di piu' soggetti pubblici, si usano,  a
seconda dei casi, le seguenti espressioni: 
    a) "intesa", per le procedure tra soggetti  appartenenti  a  enti
diversi (ad esempio, tra Stato, regioni ed altri enti territoriali); 
    b) "concerto", per le procedure tra  piu'  soggetti  appartenenti
allo stesso ente(ad esempio, tra diversi Ministri). 
 
  Con specifico riferimento ad organi dei quali il Governo e'  parte,
come  la  Conferenza  Stato-regioni  o  Stato-citta',   la   menzione
dell'intesa tiene conto di tale profilo di composizione  dell'organo.
Conseguentemente,  in  luogo  dell'espressione   "d'intesa   con   la
Conferenza...",   e'   utilizzata   l'espressione   "Vista   l'intesa
intervenuta in sede di Conferenza.... nella riunione del...." 
  Con riferimento ai rapporti tra pubbliche amministrazioni e privati
e', invece, preferibile fare ricorso al termine "accordo" 
 
2.3 Le partizioni del testo 
 
2.3.1 L'articolo 
  L'unita' base dell'atto normativo e'  l'articolo.  Le  disposizioni
contenute  nell'articolo   devono   avere   una   propria   autonomia
concettuale, secondo il criterio di  una  progressione  logica  degli
argomenti trattati. 
 
2.3.2 Numerazione e rubriche degli articoli 
  Gli articoli degli atti normativi  recano,  nell'intestazione,  una
numerazione  progressiva,  secondo  la  serie  naturale  dei   numeri
cardinali. La regola e' applicata anche nel caso di atti  consistenti
di un articolo unico. In quest'ultimo caso, dunque, detto articolo va
contrassegnato come "ART. 1" 
  Oltre alla numerazione progressiva, e' opportuno che  gli  articoli
abbiano  anche  una  rubrica.  L'articolo  unico,  peraltro,  non  va
corredato di rubrica. 
  In uno stesso testo normativo, per la rubricazione degli  articoli,
si segue il criterio dell'uniformita', nel senso che  o  di  rubriche
sono corredati tutti gli articoli o nessun articolo va  corredato  di
rubrica. Recano sempre una rubrica gli articoli dei disegni di  legge
finanziaria, comunitaria, dei disegni di legge collegati alla manovra
finanziaria, nonche' degli  atti  contenenti  deleghe  legislative  e
disposizioni di delegificazione. 
 
2.3.3 Il comma. 
  Ogni articolo si divide soltanto in commi. Il  comma  ha  contenuto
omogeneo e termina con il punto a capo. 
  E' opportuno evitare un  numero  eccessivo  di  commi  per  ciascun
articolo. Orientativamente, e' eccessivo un numero di commi eccedente
10. 
  I commi  sono  contrassegnati  con  numeri  cardinali  progressivi,
seguiti dal punto (ad esempio: 1., 2., 3., ecc.). 
  Il comma unico di un  articolo  va  contrassegnato  con  il  numero
cardinale "1" 
  Ogni  comma  puo'  suddividersi  in   periodi,   cioe'   in   frasi
sintatticamente complete che terminano con il punto e  si  susseguono
senza andare a capo. Si va a  capo  soltanto  alla  fine  del  comma.
Conseguentemente, nei riferimenti normativi, l'espressione  "periodo"
va impiegata esclusivamente con riferimento a frasi che terminano con
il punto. 
  Le uniche eccezioni ammissibili alla continuita' del comma fino  al
punto  conclusivo  sono  la  suddivisione  in  lettere,  anziche'  in
periodi, e l'andata a capo per formulare un  articolo  aggiuntivo  da
inserire in testo previgente col metodo della novella. 
  La ripartizione in lettere  di  un  comma  tende  ad  agevolare  la
lettura di  piu'  periodi  organicamente  inseriti,  per  ragioni  di
omogeneita' di contenuto, nello stesso comma. Le lettere utilizzabili
sono quelle dell'alfabeto italiano (non, quindi, le lettere J, K,  W,
X, Y). 
  Quando il comma si suddivide in lettere, il comma stesso si compone
di una parte introduttiva, denominata alinea, che termina con  i  due
punti. Si prosegue a capo, con le lettere, seguite da parentesi, e la
disposizione di ciascuna  lettera.  Alla  fine  di  ogni  lettera  la
disposizione termina con il punto e virgola. La  lettera  finale  del
comma termina con il punto. 
  Se le  lettere  dell'alfabeto  non  sono  sufficienti  ad  esaurire
l'elencazione, si prosegue a lettere raddoppiate (aa), bb),  cc))  e,
se occorre,  triplicate  (aaa),  bbb),  ccc))  e  cosi'  via.  Ma  va
ricordato  che  il  protrarsi  della  numerazione   e'   sintomo   di
appesantimento e di possibile eterogeneita' dell'articolo. 
  Ogni lettera prosegue in modo  continuo  senza  ulteriori  invii  a
capo, a meno che la lettera stessa sia, a  sua  volta,  suddivisa  in
numeri, nel qual caso si va a capo sia dopo l'alinea  della  lettera,
sia  alla  fine  di  ogni  numero.  Se   e'   necessario   introdurre
un'ulteriore ripartizione all'interno del numero, si fa ricorso  alla
suddivisione in numeri progressivi composti: 1.1, 1.2, 1.3, ecc. 
  L'impiego  dei  numeri  cardinali  seguiti  dalla  parentesi,   per
contrassegnare le suddivisioni interne ad  un  comma,  e'  consentito
soltanto  all'interno  di  una  suddivisione  in  lettere,   non   in
alternativa a questa. 
  Al termine di una partizione in lettere o  numeri  non  e'  ammesso
l'inserimento di un periodo  autonomo  rispetto  alla  lettera  o  al
numero prima di passare al comma o alla lettera successivi. L'impiego
di trattini  o  di  altri  segni  per  contraddistinguere  partizioni
interne di un comma diverse dai periodi, dalle lettere e  dai  numeri
non e' consentito. 
  Si ricorda che a norma dell'articolo 10, comma 3-bis,  del  decreto
del Presidente della Repubblica 28 dicembre 1985, n. 1092,  "Al  fine
di agevolare la lettura di una legge, decreto o altro atto normativo,
i cui articoli  risultino  di  particolare  complessita'  in  ragione
dell'elevato  numero  di  commi,  la  Presidenza  del  Consiglio  dei
ministri  ne  predispone,  per  la   pubblicazione   nella   Gazzetta
Ufficiale, un testo corredato da sintetiche note a margine,  stampate
in modo caratteristico, che indichino in modo sommario  il  contenuto
di singoli commi o di gruppi di essi. Tale testo e' pubblicato in una
data  indicata  contestualmente  alla  pubblicazione  della  legge  o
dell'atto normativo e, comunque,  non  oltre  quindici  giorni  dalla
pubblicazione stessa." 
 
2.3.4 Partizioni di livello superiore all'articolo 
  Il testo normativo puo' essere suddiviso  in  partizioni  superiori
all'articolo e che comprendono un articolo singolo o piu' articoli. 
  Tali partizioni sono  denominate,  in  ordine  crescente:  sezione,
capo, titolo, parte, libro. E' escluso l'impiego di una partizione di
livello  superiore  quando  non  e'  stato  utilizzato   il   livello
inferiore. Fa eccezione la sezione, che puo' essere  utilizzata  solo
come eventuale partizione interna di un capo. 
  In particolare, si adotta la sequenza: 
  1. partizione  di  primo  livello:  capo.  Esso  reca  uno  o  piu'
articoli, ed e' eventualmente suddiviso in sezioni; 
  2. partizione di secondo livello: titolo, comprendente uno  o  piu'
capi; 
  3. partizione di terzo livello:  parte,  comprendente  uno  o  piu'
titoli; 
  4. partizione di quarto livello: libro,  comprendente  una  o  piu'
parti. 
  Le partizioni di  livello  superiore  all'articolo  possono  essere
corredate  di  rubriche,  purche'   sia   rispettato   il   principio
dell'uniformita'. 
  Tali partizioni, ove utilizzate,  comprendono  tutti  gli  articoli
dell'atto. 
  Le  partizioni  di  livello  superiore  all'articolo   recano   una
numerazione continua all'interno di  ogni  partizione  immediatamente
superiore.  Ogni  partizione  va   contrassegnata   con   un   numero
progressivo in cifre romane. 
 
2.3.5 Gli allegati 
  Le tabelle, i quadri, i prospetti e gli elenchi non vanno  inseriti
nel testo degli articoli ne' in allegato ad essi, ma in  allegato  al
testo  normativo,  dopo  l'ultimo  articolo.  All'inizio  di  ciascun
allegato deve essere citato l'articolo,  o  il  primo  articolo,  che
rinvia all'allegato stesso. Tale citazione non e' richiesta nel  caso
di  allegato  contenente  le  modificazioni  apportate  in  sede   di
conversione a decreti-legge. 
  Gli  allegati  non  contengono  nelle  note  esplicative  ulteriori
disposizioni  sostanziali.   Queste   ultime   trovano   collocazione
esclusivamente nell'articolato. 
 
 
3 RAPPORTI FRA ATTI NORMATIVI 
 
3.1 Abrogazione 
  Il verbo "abrogare" va utilizzato con riferimento a disposizioni di
atti normativi di livello non inferiore al comma (o alla  lettera  se
il comma e' diviso in lettere; oppure  al  numero  o  alla  ulteriore
unita' minima in cui e'  ripartito  il  numero).  Quando  si  intenda
invece  riferirsi  a  periodi  (frasi  sintatticamente  complete  che
terminano con il punto)  o  a  singole  parole  va  usato  il  verbo"
sopprimere" (ad esempio: "Il comma... e' abrogato";" Il terzo periodo
del  comma...  e'  soppresso";  "Al  comma...  le  parole:....   sono
soppresse"). 
  La cosiddetta formula abrogativa esplicita innominata (del  genere:
"tutte le disposizioni  incompatibili  con  la  presente  legge  sono
abrogate") non va utilizzata. Essa e' superflua, essendo una  inutile
e, al limite, equivoca ripetizione del principio  stabilito,  in  via
generale,  sulla  abrogazione  implicita   dall'articolo   15   delle
disposizioni sulla legge in generale. 
  E' opportuno che ogni atto normativo contenga una disposizione  che
indichi   espressamente   le   disposizioni   abrogate   in    quanto
incompatibili con la nuova disciplina recata. 
  Analoga previsione e' contenuta nelle disposizioni  legislative  di
delegificazione, nel quale caso l'abrogazione ha effetto  dalla  data
di entrata in vigore delle norme regolamentari. 
  Nell'incertezza circa la completezza dell'elenco delle disposizioni
abrogate,  per  mettere  in  evidenza  che  tale   elenco   (comunque
preferibile a formule generiche o implicite di abrogazione) puo'  non
essere esaustivo,  occorre  utilizzare  la  seguente  formula:  "Sono
abrogate, in particolare, le seguenti disposizioni:" 
  La  data  da  cui  decorre  la   cessazione   dell'applicazione   o
l'abrogazione  di  determinate  disposizioni  deve  essere   definita
ricorrendo a riferimenti temporali individuabili con certezza. 
 
3.2 Deroga 
  La deroga interviene quando si prevede, con una nuova disposizione,
una eccezione alla disposizione gia' in vigore sulla stessa  materia.
Qualora  la  deroga  sia  successivamente  eliminata,  la  originaria
disposizione riespande la sua efficacia. 
 
3.3 Novella 
  Le modifiche implicite o indirette ad atti normativi vigenti  vanno
evitate, privilegiando la modifica testuale ("novella") 
  Le norme recanti "novelle" si compongono di  due  parti:  la  parte
introduttiva (denominata  "alinea")  e  la  parte  consistente  nella
"novella" in senso  stretto.  Questa  puo'  comprendere  uno  o  piu'
capoversi. 
  L'alinea della norma  recante  "novella"  contiene  il  dispositivo
volto a precisare il rapporto, di sostituzione o di integrazione, tra
la norma previgente e quella recata dalla "novella": esso termina con
i due punti, ai quali fa seguito la parte novellistica, inscritta fra
virgolette, in apertura e in chiusura. 
  La nuova disposizione non si  limita  a  stabilire,  genericamente,
l'inserimento o l'aggiunta della "novella" nel testo  previgente,  ma
indica sempre l'esatta collocazione della parte novellistica in detto
testo e precisa quindi, dopo quali parole o dopo quale comma  o  dopo
quale articolo, la "novella" vada inserita. 
  La "novella" redatta in termini di  sostituzione  integrale  di  un
articolo, di un comma numerato, di una lettera o di  un  numero  deve
ripetere, all'inizio del virgolettato,  l'indicazione  del  numero  o
della lettera (ad es.: L'articolo 86 della legge... e' sostituito dal
seguente: (a capo) "ART. 86 (eventuale rubrica se presente nel  testo
novellato) 1. .."). 
  Se la parte novellistica consiste di uno o piu'  commi,  lettere  o
numeri, essa e' riportata, fra virgolette, a capo, dopo i  due  punti
con cui si conclude l'alinea. 
  Se, viceversa, la" novella"  consiste  di  un  periodo  o  di  piu'
periodi o di semplici  parole  da  inserire,  in  sostituzione  o  in
aggiunta  ,  nella  norma  previgente,  la  "  novella  "  stessa  va
riportata, tra virgolette, di seguito all'alinea  (e,  quindi,  senza
andare a capo). Se un atto ha subito modifiche,  eventuali  "novelle"
sono riferite all'atto modificato e  non  agli  atti  modificanti  (§
1.9.2). 
  I riferimenti a disposizioni  recanti  "novelle"  vanno  effettuati
come segue: 
    a) quando la nuova disposizione sostituisce o introduce un intero
comma nel testo previgente, il riferimento e' effettuato all'articolo
che  innova,  seguito  dalla   indicazione   "capoverso"   per   fare
riferimento alla parte della "novella" in senso stretto; 
    b) quando la  nuova  disposizione  sostituisce  o  introduce  una
pluralita'  di  commi  nel  testo  previgente,  il   riferimento   e'
effettuato all'articolo che innova, seguito dalla indicazione: 
      1. "primo capoverso", "secondo capoverso", "terzo capoverso", e
via dicendo, nel caso di commi non numerati; 
      2. capoverso 1, capoverso 2, capoverso 3, ecc., quando i  commi
introdotti dalla novella sono numerati. 
    c) i riferimenti a partizioni di un articolo non  rispondenti  ai
casi di cui alle  precedenti  lettere,  non  sono  effettuati  usando
espressioni diverse  da  quelle  sopra  indicate  ne'  impiegando  le
medesime ("alinea", "capoverso") con significati  diversi  da  quelli
sopra richiamati. Tali casi vanno risolti altrimenti, ad esempio  con
citazioni testuali, quali: le parole "..." oppure le parole da  "..."
a "..." sono sostituite dalle seguenti: "..."). 
 
  A questo riguardo va, tuttavia,  precisato  che,  anche  quando  la
"novella" riguarda partizioni della  norma  modificata  inferiori  al
comma, ad esempio quando si tratti di modificare una singola parola o
un insieme di parole, e' preferibile riprodurre l'intero  comma  come
modificato, con l'introduzione della nuova parte o la lettera  di  un
comma o comunque almeno un numero contenuto in una  lettera.  Per  le
citazioni e le "novelle" relative ai  codici  penali  si  utilizzano,
anche nel virgolettato, la denominazione "comma" o "periodo" Non sono
pertanto utilizzate le denominazioni originariamente in uso  in  tali
testi ("prima parte" e "capoverso"). 
  La sostituzione di un insieme di articoli o di commi  numerati  con
un numero minore di articoli o di commi e' effettuata con  l'espressa
sostituzione degli articoli e dei commi per i quali se ne introducano
di nuovi, identificati con i medesimi numeri, e  l'abrogazione  degli
articoli e dei commi cui non corrispondano nuovi articoli o commi con
il medesimo numero. 
  Anche  quando  un'intera  partizione  superiore   all'articolo   e'
sostituita da una nuova partizione, contenente un  numero  minore  di
articoli, gli  articoli  per  i  quali  non  sia  previsto  un  nuovo
contenuto testuale devono essere espressamente abrogati. 
  Quando i commi di un articolo modificato non sono numerati, occorre
evitare di sostituire un comma con piu' commi, ovvero  di  sostituire
piu' commi adiacenti con un comma solo.  Cio'  per  non  alterare  la
sequenza dei commi eventualmente richiamati nello stesso  atto  o  in
altri atti. 
  Quando si apportano diverse novelle, si procede come segue: 
    a) se le novelle riguardano distinti atti legislativi, ogni norma
recante una "novella" ad  un  determinato  atto  e'  inserita  in  un
articolo a se' stante. Non si  procede,  quindi,  con  commi  di  uno
stesso articolo recante piu' "novelle" a diversi atti legislativi; 
    b) se le novelle riguardano modificazioni a  piu'  commi  di  uno
stesso articolo, la disposizione e' formulata come segue: 
    "All'articolo...  della  legge...  sono  apportate  le   seguenti
modificazioni:", cui seguono piu' lettere  nell'ambito  dello  stesso
comma, ciascuna delle quali indica le  modificazioni  a  uno  o  piu'
commi del testo previgente. 
  Se vi e' la necessita' di apportare modifiche testuali dello stesso
tenore ad uno stesso atto si ricorre ad una formula  riassuntiva  del
tipo:  "l'espressione  y,  ovunque  ricorra,  e'   sostituita   dalla
seguente: z" 
  Occorre fare attenzione, in presenza di  una  disposizione  recante
novella ad altra  previgente,  ad  inserire  correttamente  eventuali
termini  per  l'adozione  di  atti  previsti  dalla  novella  stessa.
Infatti,  l'espressione  "dalla  data  di  entrata  in  vigore  della
presente legge (o del presente decreto)", inserita  nella  "novella",
comporta la decorrenza dalla data  di  entrata  in  vigore  dell'atto
modificato. 
  Pertanto, ove si intenda far  decorrere  il  termine  di  efficacia
della norma inserita con novella dalla  data  di  entrata  in  vigore
dell'atto  modificante,  occorre  a  cio'  provvedere  con   autonoma
disposizione posta fuori della "novella" (§ 4.18). 
 
3.3.1 Numerazione e rubricazione degli articoli aggiunti con novella 
  Alla numerazione  e  rubricazione  degli  articoli  aggiuntivi,  da
inserire con il metodo della novella in testi  normativi  previgenti,
si procede come segue: 
    a) gli articoli aggiuntivi  sono  contrassegnati  con  il  numero
cardinale  dell'articolo  dopo  il  quale  devono  essere  collocati,
integrato con l'avverbio numerale latino (bis, ter, quater, ecc.); 
    b) il tipo di numerazione di cui  alla  lettera  a)  va  adottato
anche per gli articoli aggiuntivi inseriti dopo l'ultimo articolo del
testo previgente; 
    c) anche in caso di articolo unico, non  recante  la  numerazione
cardinale, gli articoli aggiuntivi vanno denominati come  segue:  ART
1-bis, ART 1-ter, e via dicendo; 
    d) gli articoli aggiuntivi, da inserire prima dell'articolo  1  o
dell'articolo  unico  non  recante  la  numerazione  cardinale,  sono
contrassegnati con il numero "01", "02", "03 ", ecc.; 
    e) gli articoli da collocare in posizione intermedia tra articoli
aggiunti successivamente al testo originario, sono contrassegnati con
il numero dell'articolo dopo il quale sono inseriti, integrato da  un
numero  cardinale.  L'articolo  inserito  tra  1-bis   e   1-ter   e'
contrassegnato, quindi, come 1-bis.1. Quello inserito tra 1  e  1-bis
come 1.1; 
    f)  la  rubricazione  degli  articoli  aggiuntivi   si   uniforma
all'impostazione del testo nel quale si inseriscono.  Tali  articoli,
pertanto, sono dotati di rubrica solo nel caso in  cui  gli  articoli
del testo  precedente  ne  siano  dotati,  salvo  che,  con  espressa
previsione, non si stabilisca di apporre rubriche anche ai  rimanenti
articoli dell'atto normativo. 
 
3.3.2 Numerazione dei commi nella novella 
  Nella "novella" recante sostituzione integrale di un articolo di un
atto normativo previgente, nel quale i commi sono numerati,  i  commi
del nuovo testo vanno ugualmente contrassegnati con numeri cardinali. 
  Se invece la "novella" sostituisce singoli commi dell'articolo  del
testo  previgente  con  un  pari  numero  di  commi,  i   commi   che
costituiscono la novella vanno contrassegnati con  lo  stesso  numero
cardinale dei commi sostituiti. 
  Se la novella, anche mediante la sostituzione di singoli commi  con
un numero maggiore di commi,  introduce  nuovi  commi,  questi  vanno
contrassegnati con lo stesso numero cardinale del comma dopo il quale
sono collocati, integrato con l'avverbio numerale latino bis , ter  ,
quater, e via dicendo. Tale criterio va seguito  anche  per  i  commi
aggiuntivi inseriti dopo l'ultimo comma  o  ,  rispetto  all'articolo
previgente composto di un comma unico,  quando  il  comma  aggiuntivo
debba essere inserito dopo detto comma unico. 
  Va evitata, comunque, l'utilizzazione di numeri  corrispondenti  ad
articoli o commi abrogati in precedenza. 
  I commi aggiuntivi, inseriti in un testo previgente,  nel  quale  i
comuni non  sono  numerati,  non  vanno  numerati  neppure  essi.  La
numerazione invece si appone quando la  nuova  formulazione  riguardi
non  singoli  commi  soltanto,  ma  un  intero  articolo  del   testo
previgente.   Tuttavia   articoli   aggiunti   o   sostituiti   nella
Costituzione e nei codici che recano commi non  numerati  non  devono
recare i commi numerati. 
  Per gli atti normativi i cui articoli recano commi non numerati,  i
commi aggiuntivi inseriti da successive "novelle" vanno citati con il
numero  ordinale  risultante  dalla  loro  collocazione  nella  nuova
sequenza dei commi; in altri termini la  numerazione  della  sequenza
originale dei commi si intende modificata in dipendenza dell'aggiunta
dei nuovi commi. Uguale criterio  deve  essere  seguito  in  caso  di
abrogazione di commi. Pertanto nella citazione dei commi  deve  farsi
riferimento alla sequenza di essi vigente alla  data  di  entrata  in
vigore dell'atto normativo che rinvia ai medesimi. 
  I commi aggiuntivi, inseriti in un testo normativo  previgente  nel
quale i commi sono numerati e che sono collocati prima del  comma  1,
vanno contrassegnati con il numero "01" , "02", "03", e via dicendo. 
  I  commi   da   inserire   tra   due   commi   numerati,   aggiunti
successivamente ad un testo previgente, vanno contrassegnati  con  il
numero del comma dopo il quale sono inseriti, integrato da un  numero
cardinale. Il comma inserito tra l'1-bis  e  l'1-ter  diviene  quindi
1-bis.1. Il comma inserito tra l'1 e l'1-bis va denominato 1.1. 
  Se si devono operare ulteriori modifiche, che  non  possono  essere
apportate  seguendo  i  criteri   sopra   indicati,   l'articolo   va
integralmente sostituito, applicando la regola generale della novella
di un intero articolo. 
 
3.4 Proroga e sospensione 
  La  proroga  di  una  norma  interviene  sui  limiti  temporali  di
applicazione di una disposizione ovvero quando i termini  di  vigenza
della  disposizione  stessa  non  sono  ancora  scaduti;  interviene,
invece,  il  differimento  quando  i   termini   di   vigenza   della
disposizione sono gia' scaduti. 
  La sospensione prescrive che per un periodo determinato e'  sospesa
l'applicazione della disposizione contenuta nell'atto normativo. 
  Sia per quel  che  concerne  le  proroghe  che  le  sospensioni  e'
necessario indicare specificamente la  disposizione  che  si  intende
prorogare o sospendere. 
 
3.5 Reviviscenza 
  Se si intende  fare  rivivere  una  disposizione  abrogata  non  e'
sufficiente  abrogare  la   disposizione   abrogativa,   ma   occorre
specificare  espressamente   tale   intento,   abrogando   la   norma
abrogatrice e richiamando esplicitamente la norma  abrogata;  ovvero,
piu' semplicemente, abrogando la norma abrogatrice e riproponendo  ex
novo la disposizione gia' oggetto di abrogazione. In  ogni  caso,  la
reviviscenza ha effetto ex nunc. 
 
 
4 ASPETTI SOSTANZIALI DI REDAZIONE E CONTENUTO TIPO DELL'ATTO 
  La redazione dei testi normativi presenta caratteristiche non  solo
formali, ma anche di carattere piu'  propriamente  sostanziale.  Alla
definizione di tali  aspetti  sono  dedicati  i  seguenti  paragrafi,
secondo  un  ordine  che  tiene  conto  della   sequenza-tipo   delle
disposizioni di un testo normativo. 
 
4.1 Finalita' e oggetto dell'intervento normativo 
  Nella tradizione italiana i  testi  normativi  non  sono  motivati,
anche per evitare che  sia  legificato  lo  strumento  interpretativo
della  voluntas  legis  nella  forma  della  volonta'   storica   del
legislatore. Tale legificazione potrebbe portare anche  all'eventuale
superamento  degli  ulteriori  mezzi  interpretativi,   come   quello
letterale e  sistematico  (articolo  12  delle  preleggi)  e  non  va
incoraggiata.  D'altra  parte  la  ratio   della   disposizione,   se
l'articolato  e'  chiaro,  emerge  dalla  formulazione  stessa  delle
disposizioni e dal loro rapporto sistematico. 
  Tuttavia  puo',  in  determinati  casi  e   tenendo   conto   delle
implicazioni sopra richiamate, essere utile indicare l'oggetto  e  le
finalita' generali del testo normativo, per  inquadrarne,  meglio  di
quanto possa fare  il  solo  titolo,  l'obiettivo  e  facilitarne  la
lettura e la  conoscibilita'.  In  tale  caso  finalita'  ed  oggetto
dell'intervento possono  essere  riportati  in  una  disposizione  di
apertura. 
  Sono, comunque, da escludersi disposizioni meramente programmatiche
o semplici  dichiarazioni  d'intenti  non  attinenti  alle  finalita'
dell'atto. 
  Nelle  singole  disposizioni  e',  invece,  opportuno  evitare   il
riferimento  alla  finalita'  delle  disposizioni   medesime.   Detto
riferimento comporta un inutile appesantimento del periodo,  cui  non
si ricollega, peraltro, alcun effetto dispositivo. Talora, poi,  cio'
che e' indicata come finalita'  della  disposizione  e',  invece,  un
elemento  della  fattispecie,  cui  conseguono   effetti   ben   piu'
stringenti. 
  Ad esempio, una disposizione cosi'  formulata:  "Al  fine  di  dare
continuita' e compiutezza  all'opera  di  adeguamento  tecnologico  e
strutturale del settore  agroindustriale,  puo'  essere  concesso  un
contributo alle  iniziative  di  miglioramento  delle  condizioni  di
trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli", realizza
piu' correttamente l'obiettivo  voluto  se  riformulata  come  segue:
"Puo' essere concesso un contributo alle iniziative che realizzano il
miglioramento    delle     condizioni     di     trasformazione     e
commercializzazione dei prodotti agricoli,  attraverso  l'adeguamento
tecnologico e strutturale del settore agroindustriale" 
  La seconda formulazione, lungi dal determinare  la  sola  finalita'
della disposizione, contiene un precetto puntuale: saranno  prese  in
considerazione ai fini  della  concessione  del  contributo  solo  le
iniziative che siano caratterizzate da precisi  contenuti  innovativi
nell'ambito tecnologico o strutturale delle aziende  interessate.  La
finalita'  puo'  incidere  sull'interpretazione   della   norma;   la
descrizione  del  contenuto  dell'  innovazione  condiziona,  invece,
direttamente  i  presupposti  della  concessione  del  contributo  al
possesso del requisito voluto dal legislatore. 
 
4.2 Ambito di efficacia dell'atto 
  Un'ulteriore  disposizione  puo',  con  formulazione  di  carattere
generale, chiara e sufficientemente elastica, definire  il  campo  di
applicazione dell'atto normativo, sia oggettivo (con riferimento alle
categorie di rapporti giuridici su cui l'atto incide) sia  soggettivo
(con riferimento ai soggetti destinatari dell'atto medesimo). 
 
4.3 Definizioni normative 
  Nei testi di una certa complessita' puo' essere opportuno precisare
i termini ricorrenti nell'atto normativo, quando tali termini abbiano
una valenza tecnica specifica o quando  i  termini  utilizzati  nella
redazione abbiano significati polivalenti nel linguaggio  comune,  in
quello tecnico-scientifico o in quello giuridico, nonche' in caso  di
termini  particolarmente  complessi,  per  i  quali  la   definizione
normativa costituisce espressione  sintetica,  senza  rinunciare,  in
forza del rinvio alla definizione iniziale, alla chiarezza. 
  Le definizioni sono, tuttavia, ammesse solo se necessarie  ai  fini
di un'interpretazione chiara ed univoca  dell'atto  e  devono  essere
collocate all'inizio dell'atto normativo, in un unico articolo. 
  In ogni caso il ricorso a nuove definizioni normative e'  preceduto
dalla verifica che  nell'ordinamento  non  ne  esistano  gia'  altre,
riferite al medesimo istituto o ad altro analogo. 
 
4.4 Contenuto dispositivo: disposizioni sostanziali o procedurali 
  Segue, poi, il contenuto dispositivo dell'atto,  che  attiene  alla
disciplina   oggetto   di   intervento.   A   questo   proposito   la
vincolativita' delle disposizioni del testo normativo  e'  assicurata
dal connesso sistema sanzionatorio, la  cui  previsione  e',  dunque,
funzionale all'efficacia stessa dei precetti. 
 
4.5 Divieto di norme intruse 
  La materia oggetto di disciplina normativa deve essere omogenea. 
  E' vietata l'introduzione di disposizioni del tutto  estranee  alla
materia. Deroghe a tale principio sono ammesse solo quando si  tratta
di  un  intervento  normativo  necessitato  ed  esiste  comunque   un
collegamento logico almeno con il contenuto della disciplina nel  suo
complesso. in tale caso la disposizione in questione e' collocata  in
un apposito articolo e del contenuto  relativo  si  fa  menzione  nel
titolo dell'atto. 
  La suddivisione delle disposizioni nelle varie ripartizioni,  dalla
piu' piccola (comma) alla piu' grande  (libro),  deve  informarsi  ai
criteri della omogeneita' ed uniformita'. 
 
4.6 Disposizioni che rinviano a regolamenti 
  Le  disposizioni   che   attribuiscono   al   Governo   un   potere
regolamentare specificano sempre  se  si  tratta  di  regolamenti  di
esecuzione, di attuazione, di delegificazione,  di  organizzazione  o
ministeriali. A tal fine sono espressamente richiamati, a seconda dei
casi, i commi 1, 2, 3 o 4-bis dell'articolo 17 della legge n. 400 del
1988. 
  Nel  caso  di  regolamenti  di'  delegificazione  sono,   altresi',
indicate le norme generali regolatrici della materia e la  previsione
dell'abrogazione delle norme vigenti. 
 
4.7 Modalita' di adozione di successivi atti applicativi 
  Spesso i testi normativi, ed  in  particolare  quelli  legislativi,
prevedono l'adozione di successivi atti  per  la  loro  attuazione  e
definiscono le modalita' istruttorie di adozione degli atti stessi. 
  Con  riferimento  a  tale  eventualita',  va  tenuto  presente,  in
particolare,  che  quando  le  relative   disposizioni   stabiliscono
adempimenti, in genere di carattere  consultivo,  del  Parlamento  su
atti o schemi di atti, le disposizioni stesse sono formulate in  modo
da non individuare  direttamente  l'organo  parlamentare  competente,
evitando cosi' l'indebita  ingerenza  nell'organizzazione  di  organi
costituzionali, che e' invece riservata ai regolamenti  parlamentari.
In tal caso, la previsione si  limita  a  stabilire  la  trasmissione
dell'atto al Parlamento, salvo che sia gia' individuato a  tale  fine
un organismo bicamerale. 
 
4.8 Disposizioni concernenti regole tecniche ed aiuti di Stato 
  A norma della direttiva 83/189/CEE,  gli  schemi  di  provvedimenti
contenenti nome  e  regolamentazioni  tecniche  sono  preventivamente
comunicati,  prima   della   loro   definitiva   approvazione,   alla
Commissione europea, che ne verifica la compatibilita' con i principi
di  liberta'  circolazione  nell'ambito  del  mercato   interno.   La
comunicazione e' effettuata a  cura  dell'amministrazione  competente
per materia e per il tramite del Dipartimento  per  il  coordinamento
delle  politiche  comunitarie  della  Presidenza  del  Consiglio  dei
ministri, che cura i rapporti con le istituzioni europee. 
  In difetto della predetta comunicazione, secondo la  giurisprudenza
della Corte di giustizia delle Comunita'  europee  (30  aprile  1996,
C-194/94) i giudici nazionali sono tenuti a disapplicare dette  norme
e regole. 
  Una  preventiva  comunicazione,  con  le  medesime  modalita',   e'
necessaria anche per le disposizioni che  istituiscono  o  modificano
aiuti  di  Stato  (articolo  88.3  del  Trattato   istitutivo   della
Comunita', nella versione consolidata). Va sottolineato che gli aiuti
di  Stato  sottostanno  a  requisiti  sostanziali  di  compatibilita'
comunitaria e di  adempimenti  procedimentali,  quali  la  preventiva
comunicazione alla Commissione. 
  Il mancato rispetto dell'onere  di  preventiva  comunicazione  alla
Commissione europea costituisce di per se' ragione di  illegittimita'
insanabile dell'aiuto previsto, quand'anche l'aiuto fosse compatibile
con la disciplina comunitaria (Corte  di  giustizia  delle  Comunita'
europee, 21 novembre 1991, C-354/90). 
 
4.9 Copertura amministrativa 
  La cosiddetta copertura amministrativa e'  costituita  dai  profili
organizzativi necessari ad assicurare che le nuove previsioni abbiano
corretta e completa applicazione e  costituisce  elemento  essenziale
per la valutazione di fattibilita' dello stesso  atto  normativo.  La
metodologia  di  analisi   e   progettazione   e'   gia'   ampiamente
disciplinata  dalla  direttiva  del  Presidente  del  consiglio   dei
ministri 27 marzo 2000 recante "Analisi tecnico normativa  e  analisi
dell'impatto  della  regolamentazione",  pubblicata  nella   Gazzetta
Ufficiale n.118 del 23 maggio  2000,  ed  illustrata  nella  relativa
guida, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 55 del  7  marzo  2001,
supplemento ordinario n. 46. 
  In  questa  sede  e'  opportuno  ribadire   che   nella   redazione
dell'articolato diviene  elemento  necessario  la  definizione  degli
strumenti organizzativi o  procedurali  eventualmente  necessari  per
dare attuazione alle nuove previsioni, anche con la specificazione di
eventuali   modifiche   alla    consistenza    degli    organici    o
all'organizzazione esistente. 
  E' essenziale un uso razionale e  corretto  delle  fonti  che  deve
essere esplicitato nell'analisi tecnico normativa  (ATN),  secondo  i
criteri delineati dall'attuale assetto,  che  affida  alla  legge  la
disciplina della funzione dell'organo e dell'apparato  amministrativo
e la copertura finanziaria necessaria a sostenere i nuovi o  maggiori
oneri che ne conseguono; al regolamento  di  organizzazione  previsto
dall'articolo 17, comma 4-bis, della legge 23 agosto  1988,  n.  400,
resta,  invece,  affidata  la  disciplina  dell'organizzazione  degli
uffici  ad  eccezione  dei  dipartimenti.  Su  detto  regolamento  e'
opportuno prevedere il concerto del Ministro delegato per la funzione
pubblica  e  del  Ministro  del  tesoro,   del   bilancio   e   della
programmazione economica. 
  Va, altresi' ricordato che, a norma del citato articolo  17,  comma
4-bis, della legge 23 agosto 1988,  n.  400,  l'organizzazione  e  la
disciplina  degli  uffici  dei  Ministeri   sono   determinate,   con
regolamenti emanati ai sensi del comma 2 dello  stesso  articolo,  su
proposta del Ministro  competente  d'intesa  con  il  Presidente  del
Consiglio dei ministri e con il Ministro del tesoro, del  bilancio  e
della programmazione economica, nel rispetto dei principi  posti  dal
decreto  legislativo  3  febbraio   1993,   n.   29,   e   successive
modificazioni, con i contenuti e con  l'osservanza  dei  criteri  che
seguono: 
    a) riordino degli uffici di diretta collaborazione dei Ministri e
dei Sottosegretari di Stato; tali uffici hanno  esclusive  competenze
di supporto dell'organo di  direzione  politica  e  di  raccordo  tra
questo e l'amministrazione; 
    b) individuazione degli uffici di livello dirigenziale  generale,
centrali   e   periferici;    tale    organizzazione    tende    alla
diversificazione tra strutture con funzioni  finali  e  con  funzioni
strumentali,  al  perseguimento   dell'omogeneita'   delle   funzioni
esercitate,  della  flessibilita'  nonche'   all'eliminazione   delle
duplicazioni funzionali; 
    c)   previsione    di    strumenti    di    verifica    periodica
dell'organizzazione e dei risultati; 
    d) indicazione e  revisione  periodica  della  consistenza  delle
piante organiche; 
    e) previsione di decreti ministeriali di natura non regolamentare
per la definizione dei compiti delle unita' dirigenziali  nell'ambito
degli uffici dirigenziali generali. 
  Tale impostazione consente di mantenere una maggiore elasticita' al
sistema normativo ed alla sua futura evoluzione. 
 
4.10 Disposizioni che prevedono competenze di regioni ed enti locali 
  Le disposizioni che prevedono adempimenti a carico delle regioni  o
di enti locali, o che conferiscono, delegano o trasferiscono  compiti
e funzioni,  sono  formulate  in  modo  da  evitare  l'individuazione
diretta degli organi competenti o del tipo di atti da emanare. 
  In tal modo si assicura l'elasticita' della  previsione  normativa,
potendo l'organizzazione e le competenze degli organi di  detti  enti
mutare nel tempo, e contestualmente si evita l'invasione della  sfera
di autonomia degli enti stessi, disciplinata dai rispettivi statuti. 
  Sempre  con  riferimento  a  tali  disposizioni,  va  ricordata  la
previsione dell'articolo 27  della  legge  5  agosto  1978,  n.  468,
recante "Riforma di alcune  norme  di'  contabilita'  generale  dello
Stato in materia di bilancio"; detta disposizione  prevede  che:  "Le
leggi che comportano oneri, anche sotto forma di  minori  entrate,  a
carico  dei  bilanci  degli  enti  locali       devono  contenere  la
previsione dell'onere stesso nonche'  l'indicazione  della  copertura
finanziaria riferita ai relativi bilanci, annuali e pluriennali" 
 
4.11 Disposizioni tributarie 
  La legge 27 luglio 2000, n. 212, recante "Disposizioni  in  materia
di statuto dei diritti del  contribuente",  detta  alcune  specifiche
disposizioni in materia di redazione di disposizioni  tributarie.  In
particolare: 
    a) l'articolo 1, comma 2, stabilisce che:  "L'adozione  di  norme
interpretative in materia tributaria puo' essere disposta soltanto in
casi eccezionali e con legge ordinaria,  qualificando  come  tali  le
disposizioni di interpretazione autentica"; 
    b) l'articolo 2, comma 1, stabilisce che: "Le leggi e  gli  altri
atti aventi forza di legge  che  contengono  disposizioni  tributarie
devono menzionarne l'oggetto  nel  titolo",  nonche'  "nella  rubrica
delle partizioni interne  e  dei  singoli  articoli  l'oggetto  delle
disposizioni ivi contenute" (v. § 2.1); 
    c) l'articolo 2, comma 2, stabilisce che: "Le leggi  e  gli  atti
aventi forza di legge che non hanno un oggetto tributario non possono
contenere disposizioni di carattere tributario,  fatte  salve  quelle
strettamente inerenti all'oggetto della legge medesima"; 
    d) l'articolo 2, comma  3,  fissa  il  principio  secondo  cui  i
richiami contenuti in  disposizioni  tributarie  si  fanno  indicando
anche il contenuto sintetico della disposizione alla quale si intende
fare rinvio; 
    e)  l'articolo  2,  comma  4,  esplicita  che  "Le   disposizioni
modificative di leggi tributarie debbono essere introdotte riportando
il  testo   conseguentemente   modificato";   trovano   al   riguardo
applicazione i principi generali in materia di novella di  cui  al  §
3.3; 
    f)  rilevanti  disposizioni  in  materia  di   decorrenza   delle
disposizioni tributarie sono dettate dall'articolo 3; 
    g) l'articolo 4 dispone che, in materia tributaria, non  si  puo'
disporre  con  decreto-legge  l'istituzione  di  nuovi  tributi   ne'
prevedere l'applicazione di tributi esistenti ad altre  categorie  di
soggetti; 
    h)  l'articolo  6,  comma  3,  fa   obbligo   all'amministrazione
finanziaria  che,  in  generale,  ogni  proprio  atto  sia  messo   a
disposizione del contribuente in tempi utili, sia comprensibile anche
ai contribuenti sforniti di conoscenze in materia tributaria e che il
contribuente possa adempiere le obbligazioni tributarie con il  minor
numero di adempimenti e nelle forme meno costose e piu' agevoli; 
    i) l'articolo 6, comma 4, stabilisce che:  "Al  contribuente  non
possono, in ogni caso, essere  richiesti  documenti  ed  informazioni
gia'  in  possesso  dell'amministrazione  finanziaria  o   di   altre
amministrazioni pubbliche indicate dal contribuente.  Tali  documenti
ed informazioni sono acquisiti ai sensi dell'articolo 18, commi  2  e
3,  della  legge  7  agosto  1990,  n.  241,  relativi  ai  casi   di
accertamento d'ufficio  di  fatti,  stati  e  qualita'  del  soggetto
interessato dalla azione amministrativa"; 
    l)  l'articolo  8,  comma  3,  prevede  che:   "Le   disposizioni
tributarie  non  possono   stabilire   ne'   prorogare   termini   di
prescrizione oltre il limite ordinario stabilito dal codice civile" 
 
4.12 Disposizioni interpretative 
  Le disposizioni di interpretazione  autentica  devono  limitarsi  a
chiarire il significato delle norme richiamate, ovvero ad individuare
una fra la varie  interpretazioni  possibili,  senza  modificarne  il
tenore testuale. Esse, infatti, sono ammissibili solo in presenza  di
un dubbio interpretativo e sono  volte  ad  enucleare  uno  specifico
significato normativo. 
  Per il  carattere  prettamente  strumentale  ed  ausiliario,  dette
disposizioni non possono avere un contenuto  precettivo  distinto  da
quello  delle  norme  interpretate  e  non   sono   suscettibili   di
un'autonoma  applicazione.  Ad  esse  non  puo'  attribuirsi  portata
innovativa3 
  Per le disposizioni in questione si utilizza, quindi,  la  seguente
formula: 
  "Il comma... dell'articolo...  della  legge...  si  interpreta  nel
senso che..." 
 
----------------- 
     3 Sui limiti  delle  norme  interpretative  cfr.  da  ultimo  la
sentenza della Corte costituzionale del 15 novembre 2000, n. 525. 
 
 
4.13 Disposizioni contenenti termini 
  La  previsione  di  termini  nelle  disposizioni  di  legge  o   di
regolamento non e' operazione di carattere semplice  ne'  subordinata
alla sola stima del tempo  necessario  per  provvedere  ad  un  certo
adempimento. 
  La previsione di un termine deve essere motivata e accompagnata  da
meccanismi che fin dall'inizio consentano di superare  la  situazione
che si verifica in caso di mancato rispetto del termine, o prevedendo
la decadenza, se consentita dal tipo di fonte utilizzata, dal diritto
o dal potere oppure  gli  strumenti  alternativi  o  sostitutivi  del
mancato adempimento. 
  In particolare, tale previsione e': 
    a) motivata dall'effettiva  esigenza,  espressa  nella  relazione
illustrativa, tecnico-normativa, e nell'AIR. Va  ricordato,  infatti,
che solo in determinati casi,  il  termine  ha  un  effettivo  valore
tassativo con la conseguenza di un effetto preclusivo  dell'esercizio
di un diritto o di un potere in data successiva. Cio' non si verifica
in  caso  di  termine  per  l'adozione  di  atti   amministrativi   o
regolamenti,  per  i  quali  il  termine  ha   una   mera   efficacia
sollecitatoria. In tali casi, il termine non comporta  alcun  effetto
preclusivo,  anzi  la  sua  scadenza  rende  ancora  piu'  necessaria
l'adozione dell'atto, che resta  comunque  un  obbligo  salvo  quanto
previsto dalla lettera b); 
    b) accompagnata dalla previsione della modalita'  di  superamento
della situazione che si determina a seguito del mancato rispetto  del
termine. In caso contrario, sara' poi  fortissima  la  sollecitazione
all'ulteriore intervento normativo per regolare dette conseguenze  e,
come  l'esperienza  insegna,  tale  sollecitazione  sara'  fatalmente
rivolta all'emanazione di un decreto-legge per  il  quale,  tuttavia,
non sussisteranno a rigore i presupposti, essendo per lo piu'  dovuto
a inadempienza dello stesso organo che doveva provvedere. 
 
  E', poi, opportuno che l'unita'  di  misura  del  tempo,  impiegata
dalla disposizione semplifichi al massimo l'opera dell'interprete. Si
procede, dunque, secondo i seguenti principi. 
  Il riferimento ai giorni e' utilizzato quando il periodo  preso  in
considerazione e' inferiore al mese o nel caso in cui la disposizione
non fissi una data determinata. Altrimenti il riferimento e' al mese.
Tali ultimi riferimenti evitano che l'interprete debba effettuare  il
conto dei giorni per individuare la scadenza del termine e consentono
invece l'individuazione del termine finale con la sola corrispondenza
al termine di partenza: sei  mesi  dal  12  febbraio  scadono  il  12
agosto, a prescindere dal carattere bisestile o meno dell'anno e  dal
numero effettivo dei giorni di ciascun mese intermedio. 
 
4.14 Disposizioni sanzionatorie 
  Le sanzioni sono coperte da riserva di legge. Cio' significa che e'
riservata alla legge la previsione della fattispecie illecita e della
sanzione. Tuttavia, mentre  per  la  sanzione  in  senso  stretto  la
riserva di legge e' assoluta, e quindi la legge prevede  la  sanzione
applicabile, la fattispecie illecita puo' essere dalla legge definita
con rinvio ad un regolamento o ad un atto amministrativo, purche' con
un'indicazione sufficientemente specifica dei criteri cui questi atti
si devono attenere. 
  Per le sanzioni penali, e' necessario  attenersi  ai  principi  del
codice penale. 
  Per le sanzioni amministrative e' necessario attenersi  alla  legge
sulla depenalizzazione (legge 24 novembre 1981, n.  689),  quanto  al
tipo di sanzione ed al rapporto tra minimo e massimo e utilizzare  al
posto  dell'espressione  "e'  punito",  terminologia  riservata  alla
descrizione dei reati, la seguente formulazione "chi commette....  e'
soggetto a...." 
  La riserva di legge impone che in sede di legge delega o  di  legge
che prevede il rinvio al potere regolamentare  si  preveda  anche  la
possibilita': 
    a) per il  decreto  legislativo,  di  punire  le  violazioni  con
sanzioni, sulla base degli ordinari principi e criteri direttivi; 
    b) per  i  regolamenti,  di  prevedere  le  condotte  alle  quali
consegue la sanzione prevista dalla legge. 
 
  E' raccomandabile la formulazione delle disposizioni che descrivono
la fattispecie illecita  in  termini  generali  e  non  con  il  mero
riferimento  all'articolo  del  testo  normativo   che   prevede   il
comportamento obbligatorio.  In  tal  modo,  infatti,  i  cambiamenti
intervenuti in altri  testi  normativi,  contenenti  le  prescrizioni
tutelate  dalla  previsione  della  sanzione,   non   comportano   la
necessita' di modificare  la  legge  che  prevede  la  sanzione,  cui
consegue  l'aggravio   del   procedimento   di   elaborazione   delle
disposizioni. 
  Cosi', ad esempio, e' preferibile prevedere la sanzione nella legge
come segue: 
    "Chiunque senza autorizzazione (o indebitamente, o in  violazione
delle disposizioni che ne fissano la disciplina)  svolge  l'attivita'
di.... e' punito con la sanzione amministrativa del pagamento di  una
somma di denaro da lire....  a  lire....",  piuttosto  che  "Chiunque
viola le  disposizioni  di  cui  agli  articoli....  del  regolamento
emanato con decreto del Presidente della Repubblica........ , n......
, e' punito con la sanzione....." 
  Va comunque tenuto presente l'articolo 20-bis della legge 15  marzo
1997, n.59, come modificata dalla legge 8 marzo 1999, n. 50 (legge di
semplificazione 1998) e dalla legge 24 novembre 2000, n.  340  (legge
di  semplificazione  1999),  che  consente  il  raccordo  tra   norme
regolamentari di delegificazione e sanzioni riferite alle  precedenti
disposizioni di legge. 
 
4.15 Disposizioni di copertura finanziaria 
  La disposizione di copertura  finanziaria  attiene  al  reperimento
delle  risorse  finanziarie   necessarie   per   l'attuazione   della
disposizione, sia con riferimento ai nuovi o maggiori oneri  sia  con
riferimento alle minori entrate. 
  La  copertura  finanziaria   e'   propria   della   legge   e   del
decreto-legge. 
  Per quanto riguarda gli altri atti normativi, va ricordato  che  il
decreto legislativo (§ 5.2)  non  puo'  porre  problemi  autonomi  di
copertura  finanziaria,  atteso  che  la  previsione  e  la  relativa
copertura dei nuovi o maggiori oneri devono trovare espressione nella
legge di delega. 
  Neppure il regolamento puo' prevedere  nuovi  o  maggiori  oneri  o
minori entrate, se non coperti dalla legge che attribuisce il  potere
regolamentare. 
  Peraltro, anche quando l'atto di per se' non contiene la previsione
di nuovi o maggiori oneri, e' utile l'inserimento di una disposizione
che escluda tale aggravio finanziario, quale strumento  di  chiarezza
nei rapporti con i terzi. 
  Le  disposizioni  concernenti   la   copertura   finanziaria   sono
preferibilmente accorpate in un unico  articolo,  invece  che  essere
frazionate in una serie di commi relativi alle varie disposizioni che
comportano la necessita' di copertura. 
  La clausola della copertura finanziaria delle leggi e  dei  decreti
legge e' riferita generalmente a tutto il provvedimento legislativo e
non a singole disposizioni. 
  Essa ha i seguenti contenuti tipici4. 
    a) in caso di utilizzazione di fondo speciale del Tesoro: 
    "All'onere  derivante  dall'attuazione  della   presente   legge,
determinato in lire.... per l'anno ... ed in lire ...  per  gli  anni
...   (o   a   decorrere   dall'anno....),   si   provvede   mediante
corrispondente riduzione dello stanziamento  iscritto,  ai  fini  del
bilancio triennale...., nell'ambito dell'unita' previsionale di  base
di parte corrente (o di conto capitale) "Fondo speciale" dello  stato
di  previsione  del  Ministero.....  per  l'anno....,  (parzialmente)
utilizzando,   per   lire.....,    l'accantonamento    relativo    al
Ministero.....  e,  per  lire....,   l'accantonamento   relativo   al
Ministero.... 
    b) in caso  di  copertura  attraverso  definanziamento  di  altra
iniziativa, ai sensi dell'articolo 11-ter, comma 1, lettera b), della
legge 5 agosto 1978, n. 468, la clausola e' la seguente: 
    "All'onere derivante  dall'attuazione  della  presente  legge  si
provvede con le risorse di cui all'articolo....  della  legge....  Si
intende corrispondentemente ridotta  la  relativa  autorizzazione  di
spesa" 
    c) in nessuna caso e' consentita  la  copertura  su  capitoli  di
spesa. 
  La formula di copertura finanziaria e' completata dalla  previsione
del seguente ulteriore comma: 
  "Con  decreto  del  Ministro  del  tesoro,  del  bilancio  e  della
programmazione economica sono apportate le occorrenti  variazioni  di
bilancio". 
  In ogni  caso  e'  corretto  fare  riferimento,  per  la  copertura
finanziaria,  solo  agli  stanziamenti  previsti,  per  gli  anni  di
riferimento, dalla legge finanziaria in  vigore,  tenendo  conto  del
mantenimento  dei  residui  di  stanziamento  il  cui   utilizzo   e'
espressamente contemplato dalla legge. 
  La pratica del cosiddetto "trascinamento  dei  fondi"  da  un  anno
all'altro e', invece,  scorretta  e  comporta  un  ampliamento  delle
risorse impegnabili non previsto dalle leggi di spesa. Sui principi e
modalita' di attuazione delle disposizioni in materia  di  formazione
dei residui di stanziamento si veda anche la direttiva del Presidente
del consiglio dei ministri in  data  16  gennaio  1998,  in  G.U.  27
gennaio 1998, n. 21 
  I decreti legislativi  non  portano  vere  e  proprie  clausole  di
copertura finanziaria. Con riferimento a detti decreti  la  copertura
si rinviene nella legge delega (§ 5.2). Solo  a  titolo  ricognitivo,
quindi, e' consentito l'uso della seguente disposizione: 
    "All'onere derivante dall'applicazione del  presente  decreto  si
provvede con le risorse finanziarie previste dall'articolo....  della
legge.... (delega)" 
  Allo stesso modo, una clausola  di  copertura  finanziaria  non  e'
ammissibile per i regolamenti, neppure per quelli "autorizzati" o  di
delegificazione. La copertura e' prevista dalla legge che rinvia alle
norme regolamentari. 
 
---------------- 
     4 Si veda in proposito l'articolo 11-ter della legge L. 5 agosto
1978, n. 468,  recante  "Riforma  di  alcune  norme  di  contabilita'
generale  dello  Stato  in  materia   di   bilancio"   e   successive
modificazioni, che cosi' recita: "Copertura finanziaria delle leggi. 
    1.  In  attuazione  dell'articolo   81,   quarto   comma,   della
Costituzione, la copertura  finanziaria  delle  leggi  che  importino
nuove  o  maggiori  spese,  ovvero  minori  entrate,  e'  determinata
esclusivamente attraverso le seguenti modalita': 
    a) mediante utilizzo  degli  accantonamenti  iscritti  nei  fondi
speciali  previsti  dall'articolo  11-bis,  restando   precluso   sia
l'utilizzo di accantonamenti del conto  capitale  per  iniziative  di
parte  corrente,   sia   l'utilizzo   per   finalita'   difformi   di
accantonamenti per  regolazioni  contabili  e  per  provvedimenti  in
adempimento di obblighi internazionali; 
    b) mediante riduzione di precedenti autorizzazioni legislative di
spesa; ove dette autorizzazioni fossero affluite in conti correnti  o
in contabilita' speciali presso la Tesoreria statale, si procede alla
contestuale iscrizione nello stato di previsione della entrata  delle
risorse da utilizzare come copertura; 
    c) .... (abrogato); 
    d) mediante modificazioni  legislative  che  comportino  nuove  o
maggiori entrate; resta in ogni caso esclusa la copertura di nuove  e
maggiori spese correnti con entrate in conto capitale. 
    2. I disegni di legge, gli schemi di decreto  legislativo  e  gli
emendamenti di  iniziativa  governativa  che  comportino  conseguenze
finanziarie  devono  essere  corredati  da  una  relazione   tecnica,
predisposta  dalle  amministrazioni  competenti  e   verificata   dal
Ministero del tesoro, del bilancio e della  programmazione  economica
sulla quantificazione delle entrate e degli oneri recati da  ciascuna
disposizione,   nonche'   delle   relative    coperture,    con    la
specificazione, per la spesa corrente e per le minori entrate,  degli
oneri annuali fino alla completa attuazione delle  norme  e,  per  le
spese  in  conto  capitale,  della  modulazione  relativa  agli  anni
compresi  nel  bilancio  pluriennale  e  dell'onere  complessivo   in
relazione  agli  obiettivi  fisici  previsti.  Nella  relazione  sono
indicati i dati e i metodi utilizzati per la quantificazione, le loro
fonti  e  ogni  elemento  utile  per  la  verifica  tecnica  in  sede
parlamentare  secondo  le  norme  da  adottare  con   i   regolamenti
parlamentari (20/a). 
    3. Le Commissioni parlamentari competenti possono  richiedere  al
Governo la relazione  di  cui  al  comma  2  per  tutte  le  proposte
legislative e gli emendamenti al loro esame ai  fini  della  verifica
tecnica della quantificazione degli oneri da essi recati. 
    4. I disegni di legge di iniziativa regionale e del  CNEL  devono
essere corredati, a cura dei proponenti,  da  una  relazione  tecnica
formulata nei modi previsti dal comma 2. 
    5. Per le disposizioni legislative in  materia  pensionistica  la
relazione di cui ai commi 2 e  3  contiene  un  quadro  analitico  di
proiezioni finanziarie almeno decennali, riferite all'andamento delle
variabili collegate ai  soggetti  beneficiari.  Per  le  disposizioni
legislative in materia di pubblico impiego la  relazione  contiene  i
dati  sul  numero  dei  destinatari,  sul   costo   unitario,   sugli
automatismi diretti e indiretti che  ne  conseguono  fino  alla  loro
completa attuazione, nonche' sulle loro  correlazioni  con  lo  stato
giuridico ed economico di categorie o fasce  di  dipendenti  pubblici
omologabili. Per le disposizioni legislative recanti oneri  a  carico
dei bilanci di enti appartenenti al  settore  pubblico  allargato  la
relazione riporta la valutazione espressa dagli enti interessati. 
    6. Ogni quattro mesi la Corte dei conti trasmette  al  Parlamento
una relazione sulla tipologia delle coperture  adottate  nelle  leggi
approvate nel periodo considerato e sulle tecniche di quantificazione
degli oneri. 
    7. Qualora nel corso  dell'attuazione  di  leggi  si  verifichino
scostamenti rispetto alla previsioni di spesa o di  entrate  indicate
dalle medesime leggi al fine della copertura finanziaria, il Ministro
competente ne da' notizia tempestivamente al Ministro del tesoro  che
riferisce al Parlamento con propria relazione e assume le conseguenti
iniziative legislative. La stessa procedura e' applicata in  caso  di
sentenze  definitive  di  organi  giurisdizionali   e   della   Corte
costituzionale  recanti  interpretazioni  della   normativa   vigente
suscettibili di determinare maggiori oneri. 
 
 
4.16 Disposizioni abrogative 
  La parte finale dell'atto e' rivolta a stabilire  il  rapporto  con
gli altri atti normativi, o in funzione di raccordo o in funzione  di
abrogazione. 
  Per  quanto  l'abrogazione,  oltre  che  espressa,   possa   essere
implicita, per contrasto  oggettivo  tra  precetti  contrastanti,  e'
buona regola  che  l'atto  normativo  contenga  la  previsione  delle
disposizioni  abrogate,  in   modo   da   assicurare   una   continua
"manutenzione"  dell'ordinamento  e  la  periodica   verifica   della
necessita' delle norme formalmente esistenti. 
 
4.17 Disposizioni transitorie 
  Tra le disposizioni finali si pongono anche le norme transitorie, e
cioe' le norme disciplinanti il passaggio  dal  regime  previgente  a
quello nuovo. 
  A questo proposito, vanno evitate  espressioni  come  "In  sede  di
prima applicazione della presente disposizione ...",  atteso  che  in
sede  applicativa  tali  espressioni,  non  riferite  ad  un  preciso
elemento temporale, hanno creato contenzioso  per  il  dubbio  insito
nell'individuazione   delle   fattispecie   nelle   quali    si    e'
effettivamente in sede di prima applicazione di una disposizione. 
  Le disposizioni transitorie, collocate in articolo  a  se'  stante,
pongono in essere la disciplina intertemporale  resasi  necessaria  a
seguito  della   modifica   dell'assetto   normativo.   Esse   devono
individuare  chiaramente  gli  aspetti  problematici  di  transizione
relativi al passaggio  dal  regime  previgente  a  quello  successivo
all'entrata in vigore dell'atto, regolando i rapporti giuridici sorti
in vigenza della normativa anteriore ed ancora pendenti. 
  Il regime transitorio puo'  fondarsi  o  sulla  applicazione  della
normativa anteriore ai rapporti giuridici sorti prima dell'entrata in
vigore dell'atto (principio  di  ultrattivita')  o  sull'applicazione
della  nuova   normativa   ai   rapporti   pendenti   (principio   di
retroattivita') o su una regolamentazione autonoma provvisoria. 
  Dette disposizioni devono indicare un ambito di validita' temporale
nettamente definito, ponendo un  riferimento  chiaro  e  specifico  a
momenti di tempo univoci ed oggettivamente determinabili. 
 
4.18 Entrata in vigore e decorrenza di efficacia. 
  Occorre  distinguere  fra  data  di  entrata  in  vigore  dell'atto
normativo nel  suo  complesso  e  decorrenza  dell'efficacia  di  sue
singole disposizioni. 
  Nel primo caso si usa l'espressione "La  presente  legge  entra  in
vigore il..." Nel secondo caso si usa la seguente diversa espressione
"Le disposizioni dell'articolo x hanno effetto a decorrere da ..." 
  Il termine iniziale per le ipotesi di diversa decorrenza di singole
disposizioni va  individuato  in  date  certe  (la  pubblicazione  e,
preferibilmente,  l'entrata  in  vigore)   e   non   in   date   piu'
difficilmente note alla generalita' (l'approvazione, la promulgazione
o l'emanazione). 
  Gli emendamenti modificativi  o  soppressivi  al  decreto-legge  ed
approvati  nella  legge  di  conversione  hanno  effetto  dal  giorno
successivo a quello di  pubblicazione  della  legge  di  conversione,
salvo sia diversamente disposto dalla legge stessa (§ 5.1). 
  Con  riferimento  all'entrata  in  vigore  o  alla  decorrenza   di
efficacia  di  una  disposizione  introdotta  con  il  sistema  della
novella, occorre evitare che il momento di decorrenza sia falsato per
effetto dell'introduzione in un testo normativo  gia'  in  vigore.  A
tale fine la decorrenza non va inserita nel testo  novellato,  bensi'
in autonoma disposizione ad esso estranea (v. § 3.3). 
 
4.19 Clausola di inserzione nella raccolta degli atti normativi 
  Tale clausola ha un contenuto fisso. Per la legge la clausola e' la
seguente: 
    "La  presente  legge,  munita  del  sigillo  dello  Stato,  sara'
inserita  nella  Raccolta  ufficiale  degli  atti   normativi   della
Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla
e di farla osservare come legge dello Stato" 
  Per i decreti legge, i decreti  legislativi  ed  i  regolamenti  la
formula e' la seguente: 
    "Il presente decreto,  munito  del  sigillo  dello  Stato,  sara'
inserito  nella  Raccolta  ufficiale  degli  atti   normativi   della
Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo
e di' farlo osservare " 
  Essa non appartiene al contenuto dispositivo  dell'atto  e  non  va
quindi inserita nell'articolato ne' contrassegnata da  un  numero  di
comma. 
 
5 REGOLE SPECIALI PER PARTICOLARI ATTI 
 
5.1 Regole per i decreti-legge e i disegni di legge di conversione 
  Il titolo del  decreto-legge  si  caratterizza  con  l'espressione:
"Misure urgenti in materia di..." Di seguito  e'  indicato  l'oggetto
del decreto. 
  Le premesse ed il contenuto dell'atto si attengono alle  previsioni
dell'articolo 15 della legge 23 agosto 1988, n. 400. 
  Pertanto, nelle premesse sono richiamati  gli  articoli  77  ed  87
della  Costituzione  ed  esposti  i   motivi   della   necessita'   e
dell'urgenza. 
  Quanto al contenuto, il Governo non puo', mediante decreto-legge: 
    a) conferire deleghe legislative ai sensi dell'articolo 76  della
Costituzione; 
    b) provvedere nelle materie  indicate  nell'articolo  72,  quarto
comma, della Costituzione; 
    c) rinnovare le disposizioni  di  decreti-legge,  dei  quali  sia
stata negata la conversione in legge con il voto  di  una  delle  due
Camere  o  comunque  non  convertiti  nel  termine   previsto   dalla
Costituzione; 
    d) regolare i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non
convertiti; 
    e)   ripristinare   l'efficacia   di   disposizioni    dichiarate
illegittime dalla Corte costituzionale  per  vizi  non  attinenti  al
procedimento. 
  I decreti devono contenere misure di immediata  applicazione  e  il
loro contenuto deve essere specifico, omogeneo  e  corrispondente  al
titolo.  Ne  consegue  che  nel  decreto-legge  non  e'   ammissibile
subordinare l'efficacia o l'attuazione  delle  disposizioni  in  esso
contenute all'adozione di regolamenti attuativi. La dilazione che  ne
deriverebbe   e'   la    dimostrazione    dell'insussistenza    della
straordinaria necessita' e urgenza. 
  Il decreto-legge e' pubblicato, senza ulteriori adempimenti,  nella
Gazzetta ufficiale immediatamente dopo la sua emanazione  e  contiene
la clausola di presentazione al  Parlamento  per  la  conversione  in
legge. 
  Le modifiche eventualmente apportate al decreto-legge  in  sede  di
conversione hanno efficacia dal  giorno  successivo  a  quello  della
pubblicazione della legge di conversione, salvo che quest'ultima  non
disponga diversamente. Esse sono elencate in allegato alla legge. 
  Nelle relazioni di accompagnamento sono descritti i presupposti  di
necessita'   ed   urgenza   nonche'   gli   effetti    delle    norme
sull'ordinamento  e  deve  essere  predisposta,  sia  pure  in  forma
semplificata, l'AIR. 
  Secondo quanto previsto dall'articolo 17, comma 30, della legge  15
maggio 1997, n. 127, sono  allegati,  altresi',  gli  atti  normativi
eventualmente abrogati o modificati dal decreto-legge. 
  Benche' la Costituzione non preveda  espressamente  limitazioni  di
materia, le situazioni di straordinaria  necessita'  ed  urgenza,  in
presenza delle quali e' legittimo il ricorso al  decreto-legge,  sono
piu' facilmente enucleate con riferimento alle materie nelle quali il
decreto-legge e' emanato. Come ausilio alla  verifica  dei  requisiti
costituzionali,  va  ricordato  che  le  materie  nelle  quali   piu'
frequentemente realmente ricorrono i presupposti della  straordinaria
necessita' e urgenza sono: 
    a)  emergenze   internazionali   ed   adempimento   di   obblighi
internazionali; 
    b) emergenze di ordine pubblico interno e repressione dei reati; 
    c) protezione civile; 
    d)  emergenze  valutarie   e   tributarie   (cosiddetti   decreti
"catenaccio"), con la precisazione che, a norma dell'articolo 4 della
legge 27 luglio 2000, n. 212, "non si puo' disporre con decreto-legge
l'istituzione  di  nuovi  tributi  ne'  prevedere  l'applicazione  di
tributi esistenti ad altre categorie di soggetti"; 
    e) emergenze sanitarie e ambientali. 
  E'  bene  ancorare  la  verifica  dei  requisiti  di  straordinaria
necessita' e urgenza dei decreti-legge anche alla materia, oltre  che
alla situazione concretamente  dedotta,  atteso  che  quei  requisiti
vanno intesi in senso  oggettivo  e  non  riconducibile,  in  via  di
principio, a scadenze prevedibili. 
 
5.2 Regole per i  disegni  di  legge  di  delegazione  ed  i  decreti
legislativi 
  I limiti del potere di delega al Governo della funzione legislativa
sono: il termine di esercizio della delega, l'oggetto, i  principi  e
criteri direttivi. 
  La legge di delegazione contiene, dunque, la  distinta  indicazione
di termini, oggetto, principi e criteri direttivi. 
 
5.2.1 Termine per l'esercizio della delega 
  Detto termine e' commisurato non solo alla complessita' sostanziale
dell'esercizio della delega, ma anche al procedimento  richiesto  per
l'emanazione del decreto legislativo. Sempre piu' spesso  si  prevede
l'acquisizione dei pareri delle competenti  Commissioni  parlamentari
ed e' richiesto il passaggio alla Conferenza Stato - regioni o  Stato
- autonomie locali o unificata. 
  Tali termini dell'istruttoria si sommano. Questo effetto  si  evita
solo se la legge di delegazione delega prevede espressamente in senso
contrario. 
  Entro il termine fissato dalla legge  di  delegazione,  il  decreto
legislativo  e'  emanato,  cioe'  e'  firmato  dal  Presidente  della
Repubblica. Il testo del decreto legislativo, adottato  dal  Governo,
e', a tale fine, trasmesso al Presidente  della  Repubblica,  per  la
emanazione, almeno venti giorni prima della scadenza. 
  In ogni caso, qualora il termine  previsto  per  l'esercizio  della
delega ecceda i due anni, il Governo e' tenuto a richiedere il parere
delle Camere sugli schemi  dei  decreti  legislativi.  Il  parere  e'
espresso dalle Commissioni permanenti delle due Camere competenti per
materia entro sessanta giorni, indicando specificamente le  eventuali
disposizioni non ritenute corrispondenti alle direttive  della  legge
di delegazione. Il Governo, nei trenta giorni  successivi,  esaminato
il parere, ritrasmette, con  le  sue  osservazioni  e  con  eventuali
modificazioni, i testi alle Commissioni per il parere definitivo  che
deve essere espresso entro trenta giorni. E' comunque  opportuno  che
nella legge di delega  ultrabiennale  si  richiami  espressamente  la
procedura dell'articolo 14, comma 4, della legge n.400 del 1988. 
  Si ritiene comunemente che l'esercizio della delega  da  parte  del
Governo sia istantaneo, che cioe' esso si esaurisca con  l'emanazione
del primo decreto legislativo e che, neppure  rimanendo  nel  termine
dell'esercizio della delega, il Governo possa ritornarci, abrogando o
modificando il precedente decreto legislativo. 
  Tale principio non vale, tuttavia, in caso di pluralita' di oggetti
della delega e di pluralita' di decreti emanati per la disciplina  di
distinti oggetti:  da  cio'  l'importanza  della  chiara  definizione
dell'oggetto della delega (§ 5.2.2). 
 
5.2.2 Oggetto della delega 
  La definizione dell'oggetto della  delega  e'  elemento  di  grande
importanza. 
  Se la delega legislativa si riferisce ad una pluralita' di  oggetti
distinti  suscettibili  di  separata  disciplina,  il  Governo   puo'
esercitarla mediante piu'  atti  successivi  per  uno  o  piu'  degli
oggetti predetti. 
  In  relazione  al  termine  finale   stabilito   dalla   legge   di
delegazione, il Governo informa periodicamente le Camere sui  criteri
che segue  nell'organizzazione  dell'esercizio  della  delega.  Nella
redazione delle disposizioni di delega, e' necessario distinguere  la
definizione  dell'oggetto  della  delega  dai  principi   e   criteri
direttivi  per  l'esercizio  della  medesima,  nonche'  prevedere  la
copertura finanziaria di tutti gli oneri  discendenti  dal  complesso
legge di delegazione - decreto legislativo. 
 
5.2.3 Principi e criteri direttivi 
  I principi sono,  propriamente,  le  disposizioni  della  legge  di
delegazione che contengono norme giuridiche di carattere generale. 
  I  criteri  direttivi  sono,  propriamente,   l'indicazione   delle
specifiche finalita' fissate al legislatore delegato. 
  Peraltro, nell'applicazione concreta, principi e criteri  direttivi
costituiscono un'endiadi e non sono differenziati. 
 
5.2.4 Altre disposizioni da inserire nella delega 
  Sono inserite nella delega, oltre alle disposizioni  contenenti  la
copertura finanziaria (§  5.2.2),  quelle  che  prevedono  un  potere
regolamentare diverso dal generale potere regolamentare  del  Governo
(§ 5.6). 
 
5.2.5 Aspetti formali del decreto legislativo 
  A norma dell'articolo 14 della legge 23  agosto  1988,  n.  400,  i
decreti legislativi adottati dal Governo ai  sensi  dell'articolo  76
della Costituzione sono emanati dal Presidente della  Repubblica  con
la denominazione di "decreto legislativo" e  con  l'indicazione,  nel
preambolo,  della  legge  di  delegazione,  della  deliberazione  del
Consiglio dei ministri e degli  altri  adempimenti  del  procedimento
prescritti dalla legge di delegazione. 
 
5.2.6 Aspetti sostanziali del decreto legislativo 
  Il decreto legislativo  disciplina  la  materia  nel  rispetto  dei
principi e criteri direttivi fissati dal legislatore delegante. 
  Il decreto legislativo, pertanto,  non  contiene  sub-deleghe,  ne'
attribuisce il  potere  regolamentare,  diverso  da  quello  generale
spettante al Governo ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della  legge
23 agosto 1988, n. 400 (v, anche § 4.15). 
 
5.2.7 Decreti legislativi correttivi 
  Il decreto legislativo correttivo deve essere adottato nei  termini
e nel rispetto dei vincoli derivanti dalla legge di delegazione. 
  Nel titolo e' menzionato  il  decreto  legislativo  modificato  dal
decreto correttivo. 
  Nelle premesse e' menzionata la norma di delega di riferimento,  in
base alla quale si effettua l'intervento correttivo. 
 
5.3 Regole per il disegno di legge comunitaria 
  Il  titolo  del  disegno   di   legge   reca:   "Disposizioni   per
l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza  dell'Italia
alle   Comunita'   europee"   e   tale   dicitura    e'    completata
dall'indicazione   "legge   comunitaria",   seguita   dall'anno    di
riferimento. 
  A norma della legge 9 marzo 1989, n. 86 (legge "La  Pergola"),  gli
allegati alla legge comunitaria comprendono: 
    a) l'elenco delle direttive da attuare  con  decreti  legislativi
senza  la  necessaria  acquisizione  del  parere  delle   Commissioni
parlamentari (Allegato A); 
    b) l'elenco delle direttive da attuare  con  decreti  legislativi
per i quali e' previsto  il  parere  delle  Commissioni  parlamentari
(Allegato B); 
    c)  l'elenco  delle  direttive  da  attuare  con  regolamenti  di
delegificazione (Allegato C) (All. 6). 
  E'  necessario  che  la  legge  comunitaria   preveda   la   delega
legislativa in caso  di  istituzione  di  nuovi  organi  o  strutture
amministrative e nelle ipotesi di previsioni  di  nuove  spese  o  di
minori entrate. 
  Nella  previsione  delle  direttive  da  comprendere  nella   legge
comunitaria sono incluse tutte le direttive  in  vigore  e  non  solo
quelle il cui termine di recepimento scade nell'anno  di  riferimento
della legge comunitaria. Considerato, infatti,  il  tempo  necessario
per la redazione dei  decreti  legislativi,  l'autolimitazione  della
legge comunitaria alle  sole  direttive  con  scadenza  nell'anno  di
riferimento della legge comunitaria medesima condannerebbe  lo  Stato
italiano al ritardo nel recepimento ed  alla  conseguente  infrazione
comunitaria. 
  Con riferimento al contenuto della relazione illustrativa, e'  bene
ricordare che in detta relazione va fatta  menzione  delle  direttive
che possono essere recepite con  regolamento  o  atto  amministrativo
senza necessita' di  apposita  previsione  nella  legge  comunitaria,
dello  stato  di  conformita'  dell'ordinamento  interno  al  diritto
comunitario e dello stato delle eventuali procedure di infrazione. Si
deve dare conto, in particolare, della giurisprudenza della Corte  di
giustizia   delle   Comunita'   europee   relativa   alle   eventuali
inadempienze e violazioni degli obblighi comunitari  da  parte  della
Repubblica italiana, nonche'  delle  ragioni  dell'eventuale  mancata
menzione delle direttive, il  cui  termine  di  recepimento  e'  gia'
scaduto o scada nel periodo di riferimento,  in  relazione  ai  tempi
previsti per l'esercizio della  delega  legislativa.  Si  da'  conto,
altresi',  della  legislazione  regionale  attuativa   di   direttive
comunitarie. 
 
5.4 Regole per i disegni di legge sulle  intese  con  le  confessioni
religiose 
  Nel  titolo  e'  inserita  la  seguente  formula  "Norme   per   la
regolazione dei rapporti tra lo Stato e... (la Confessione...). 
  Nella   relazione   illustrativa   e'   menzionata   la   data   di
sottoscrizione dell'intesa ed e' descritta la  procedura  seguita,  a
tale fine, dalla Commissione interministeriale per le intese  con  le
confessioni religiose. 
  Quanto al contenuto, l'articolo 1 ha la seguente formulazione: 
    "Art. 1 (Rapporti tra lo Stato e la Confessione...) 1. I rapporti
tra lo Stato e la Confessione.... sono  regolati  dalle  disposizioni
della presente legge, sulla base dell'intesa, stipulata il....  Detta
intesa e'  allegata  alla  presente  legge  e  ne  costituisce  parte
integrante" 
  Seguono gli articoli dell'intesa. 
  Infine e' prevista la norma di copertura. 
 
5.5 Regole per i decreti legislativi di attuazione di statuti 
speciali 
  I decreti legislativi attuativi di statuti speciali  devono  essere
redatti nel rispetto delle regole previste nel § 2.2.2. 
  Detti decreti sono emanati in seguito ad un  procedimento  atipico,
nel quale possono intervenire, secondo i rispettivi  statuti,  organi
regionali   nonche'   una   commissione   paritetica   composta    di
rappresentanti statali e regionali. 
  La particolarita' del procedimento di emanazione incide anche sulla
pronuncia  del  Consiglio  dei  ministri,  nel  quale  interviene  il
presidente della regione o della provincia autonoma. Il Consiglio dei
ministri, infatti,  approva  o  non  approva  il  testo,  cosi'  come
propostogli,  salve  le  modifiche  non   incidenti   sul   contenuto
sostanziale  dell'atto,  rispetto   alle   quali   l'intervento   dei
richiamati presidenti e' sufficiente garanzia. 
  Salve le specifiche previsioni degli statuti di autonomia,  quindi,
in caso di non condivisione totale o parziale del testo da parte  del
Consiglio  dei  ministri,  lo  schema  di  decreto  e'  riportato  in
istruttoria, con le garanzie procedimentali per esso previste. 
  Lo schema di decreto e' sottoposto al Consiglio dei ministri ed  e'
eventualmente modificabile limitatamente agli aspetti formali. 
 
5.6 Regole per le disposizioni regolamentari 
 
5.6.1 - Regolamenti governativi 
  I regolamenti governativi, di cui all'articolo 17, comma  1,  della
legge 23 agosto 1988, n. 400, sono caratterizzati  dall'inerenza  del
potere di loro emanazione al Governo. Non  e'  quindi  necessaria  la
previsione  di  legge  specifica  per  attribuire  detto  potere.   I
regolamenti governativi attuano e integrano le previsioni  di  leggi.
In particolare, a norma dell'articolo 17, comma 1, della legge n. 400
del  1988,  con  decreto  del  Presidente  della  Repubblica,  previa
deliberazione del Consiglio  dei  ministri,  sentito  il  parere  del
Consiglio di Stato che deve pronunziarsi entro quarantacinque  giorni
dalla richiesta, possono essere emanati regolamenti per disciplinare: 
    a) l'esecuzione delle leggi e dei  decreti  legislativi,  nonche'
dei regolamenti comunitari; 
    b) l'attuazione  e  l'integrazione  delle  leggi  e  dei  decreti
legislativi recanti norme di principio,  esclusi  quelli  relativi  a
materie riservate alla competenza regionale; 
    c) le materie in cui manchi la disciplina da parte di leggi o  di
atti aventi forza di legge, sempre  che  non  si  tratti  di  materie
comunque riservate alla legge; 
    d) l'organizzazione ed  il  funzionamento  delle  amministrazioni
pubbliche secondo le disposizioni dettate dalla legge. 
 
5.6.2 - Regolamenti di delegificazione 
  A norma dell'articolo 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988, con
decreto del Presidente della  Repubblica,  previa  deliberazione  del
Consiglio dei ministri, sentito il Consiglio di Stato,  sono  emanati
regolamenti  autorizzati  a  disciplinare   materie   precedentemente
regolate da leggi, previa abrogazione delle medesime,  o  a  derogare
precedenti disposizioni di legge o comunque ad innovare a livello  di
legislazione ordinaria. 
  La legge dello Stato che attribuisce  al  Governo  tale  potere  di
delegificazione si attiene ai seguenti principi: 
    a) limitazione alle materie non coperte da  riserva  assoluta  di
legge prevista dalla Costituzione; 
    b) determinazione delle norme generali regolatrici della materia; 
    c) previsione dell'abrogazione delle norme vigenti,  con  effetto
dalla data di entrata in vigore delle norme regolamentari. 
 
5.6.3 - Regolamenti ministeriali 
  A norma dell'articolo 17, comma 3, della legge n. 400 del 1988, con
decreto  ministeriale  possono  essere  adottati  regolamenti   nelle
materie di competenza del ministro o  di  autorita'  sottordinate  al
ministro, quando la legge espressamente conferisca tale potere.  Tali
regolamenti, per materie di  competenza  di  piu'  ministri,  possono
essere adottati con  decreti  interministeriali,  ferma  restando  la
necessita' di apposita autorizzazione da parte della legge. 
  I regolamenti ministeriali ed interministeriali non possono dettare
norme contrarie a quelle dei regolamenti emanati dal Governo. 
  Essi debbono essere comunicati  al  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri prima della loro emanazione. 
 
5.7 - Regole per i testi unici. 
  Le disposizioni  che  prevedono  l'emanazione  di  un  testo  unico
indicano  sempre  se  il  predetto  testo  e'  retto  da  una  delega
legislativa o da una mera  autorizzazione  alla  raccolta  di  norme,
nonche' se il testo unico deve essere redatto ai sensi  dell'articolo
7 della legge n. 50 del 1999, come modificato dalla legge 24 novembre
2000, n. 340, ovvero secondo un'autonoma disciplina. 
  Con riferimento alla citazione di un testo unico, o di complessi di
disposizioni, la citazione  e'  effettuata  con  la  formula:  "testo
unico... (o disposizioni...) di cui al decreto del  Presidente  della
Repubblica (o altro atto)(§ 1.9.2). 
  Il riferimento ai testi  unici  "misti"  previsti  dall'articolo  7
della legge n.50 del 1999 e' operato con le modalita'  di  cui  al  §
1.9.2, lettera l. 
  La  modificazione  a  norme  dei  testi  unici   "misti"   previsti
dall'articolo 7 della legge n. 50 del 1999  e'  fatta  unicamente  al
decreto  del  Presidente  della  Repubblica  (cosiddetto  testo   A),
contenente sia le disposizioni legislative che quelle  regolamentari.
In caso di sostituzione o aggiunta di articoli o commi e'  necessario
precisare, apponendo le lettere L o R, il  rango  della  disposizione
oggetto di modifica. Ove la modifica sostituisca un intero  articolo,
o introduca un articolo aggiuntivo, la novella reca, dopo  la  parola
ART, la lettera (L o  R)  corrispondente  alla  fonte  che  opera  la
modifica. Se la modifica comporta la sostituzione o l'aggiunta di  un
comma all'interno di un articolo a contenuto "misto", la lettera (L o
R) e' posta in calce al comma stesso.  Se  la  sostituzione  riguarda
singole parole, tale indicazione va invece omessa, fermo restando che
modifiche a parti di testo di  livello  inferiore  al  comma  possono
essere apportate solo da atti di fonte pariordinata.