Art. 4.
Riformulazione  delle  norme  sui  reati  fallimentari che richiamano
                           reati societari

  1.  All'articolo  223,  secondo  comma,  del regio decreto 16 marzo
1942, n. 267, il numero 1 e' sostituito dal seguente:
  "1.  Hanno  cagionato,  o  concorso  a cagionare, il dissesto della
societa',  commettendo alcuno dei fatti previsti dagli articoli 2621,
2622, 2626, 2627, 2628, 2629, 2632, 2633 e 2634 del codice civile.".
 
          Note all'art. 4:
              - Il  testo  dell'art.  223  del regio decreto 16 marzo
          1942,  n.  267  (Disciplina  del fallimento, del concordato
          preventivo,   dell'amministrazione   controllata   e  della
          liquidazione  coatta  amministrativa),  come modificato dal
          decreto legislativo qui pubblicato, e' il seguente:
              "Art.  223  (Fatti  di  bancarotta  fraudolenta).  - Si
          applicano    le   pene   stabilite   nell'art.   216   agli
          amministratori,  ai  direttori  generali,  ai  sindaci e ai
          liquidatori  di  societa' dichiarate fallite, i quali hanno
          commesso alcuno dei fatti preveduti nel suddetto articolo.
              Si  applica  alle persone suddette la pena prevista dal
          primo comma dell'art. 216, se:
                1)  hanno  cagionato,  o  concorso  a  cagionare,  il
          dissesto  della  societa',  commettendo  alcuno  dei  fatti
          previsti dagli articoli 2621, 2622, 2626, 2627, 2628, 2629,
          2632, 2633 e 2634 del codice civile;
                2)   hanno  cagionato  con  dolo  o  per  effetto  di
          operazioni dolose il fallimento della societa'.".
              -   Si   riporta  per  opportuna  conoscenza  il  testo
          dell'art. 216 del riportato regio decreto 16 marzo 1942, n.
          267:
              "Art.  216 (Bancarotta fraudolenta). - E' punito con la
          reclusione  da  tre a dieci anni, se e' dichiarato fallito,
          l'imprenditore, che:
                1)  ha distratto, occultato, dissimulato, distrutto o
          dissipato  in  tutto  o  in  parte i suoi beni ovvero, allo
          scopo  di  recare  pregiudizio  ai  creditori, ha esposto o
          riconosciuto passivita' inesistenti;
                2)  ha sottratto, distrutto o falsificato, in tutto o
          in  parte,  con  lo  scopo di procurare a se' o ad altri un
          ingiusto  profitto  o  di recare pregiudizi ai creditori, i
          libri  o  le  altre  scritture  contabili o li ha tenuti in
          guisa   da  non  rendere  possibile  la  ricostruzione  del
          patrimonio o del movimento degli affari.
              La  stessa pena si applica all'imprenditore, dichiarato
          fallito,  che,  durante la procedura fallimentare, commette
          alcuno  dei  fatti  preveduti dal n. 1 del comma precedente
          ovvero  sottrae,  distrugge  o falsifica i libri o le altre
          scritture contabili.
              E'  punito  con  la  reclusione da uno a cinque anni il
          fallito,  che, prima o durante la procedura fallimentare, a
          scopo  di  favorire, a danno dei creditori, taluno di essi,
          esegue pagamenti o simula titoli di prelazione.
              Salve  le  altre  pene  accessorie, di cui al capo III,
          titolo  II, libro I, del codice penale, la condanna per uno
          dei  fatti  previsti  nel  presente articolo importa per la
          durata  di dieci anni l'inabilitazione all'esercizio di una
          impresa commerciale e l'incapacita' per la stessa durata ad
          esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa.".
              - Per il testo vigente degli articoli 2621, 2622, 2626,
          2627,  2628,  2629, 2632, 2633 e 2634 del codice civile, si
          veda l'art. 1 del decreto legislativo qui pubblicato.