Articolo 52 
Esercizio del commercio in aree di  valore  culturale  e  nei  locali
                      storici tradizionali (25) 
 
  1. Con le deliberazioni previste  dalla  normativa  in  materia  di
riforma della disciplina relativa al settore del commercio, i comuni,
sentito il  soprintendente,  individuano  le  aree  pubbliche  aventi
valore archeologico, storico, artistico e paesaggistico  nelle  quali
vietare  o  sottoporre  a  condizioni  particolari  l'esercizio   del
commercio. 
  1-bis.  Fermo  restando  quanto  previsto  dall'articolo  7-bis,  i
comuni, sentito il soprintendente, individuano altresi' i  locali,  a
chiunque appartenenti, nei quali si svolgono attivita' di artigianato
tradizionale e altre attivita' commerciali tradizionali, riconosciute
quali espressione dell'identita' culturale collettiva ai sensi  delle
convenzioni UNESCO di cui al medesimo  articolo  7-bis,  al  fine  di
assicurarne apposite forme di promozione e salvaguardia, nel rispetto
della liberta' di iniziativa economica di cui all'articolo  41  della
Costituzione. (25) 
  1-ter. Al fine di assicurare il decoro dei complessi monumentali  e
degli altri immobili del  demanio  culturale  interessati  da  flussi
turistici  particolarmente  rilevanti,  nonche'  delle  aree  a  essi
contermini, i competenti uffici territoriali del Ministero,  d'intesa
con ((la regione e)) i Comuni, adottano apposite determinazioni volte
a vietare gli usi da  ritenere  non  compatibili  con  le  specifiche
esigenze di tutela e di valorizzazione,  comprese  le  forme  di  uso
pubblico non soggette a concessione  di  uso  individuale,  quali  le
attivita' ambulanti senza posteggio, nonche', ove se ne riscontri  la
necessita', l'uso  individuale  delle  aree  pubbliche  di  pregio  a
seguito del rilascio di concessioni di posteggio o di occupazione  di
suolo pubblico. In particolare, i competenti uffici territoriali  del
Ministero ((, la regione)) e i Comuni avviano, d'intesa, procedimenti
di riesame, ai sensi dell'articolo 21-quinquies della legge 7  agosto
1990, n. 241, delle  autorizzazioni  e  delle  concessioni  di  suolo
pubblico, anche a rotazione, che risultino non piu'  compatibili  con
le esigenze di cui al presente comma, anche  in  deroga  a  eventuali
disposizioni regionali adottate in base all'articolo 28, commi 12, 13
e 14, del decreto legislativo 31 marzo 1998,  n.  114,  e  successive
modificazioni, nonche' in deroga ai criteri  per  il  rilascio  e  il
rinnovo della concessione dei posteggi per l'esercizio del  commercio
su  aree  pubbliche  e  alle   disposizioni   transitorie   stabilite
nell'intesa in sede di Conferenza unificata, ai  sensi  dell'articolo
8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, prevista dall'articolo
70, comma 5, del decreto legislativo 26 marzo  2010,  n.  59  recante
attuazione della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo  e  del
Consiglio del 12  dicembre  2006  relativa  ai  servizi  nel  mercato
interno. In caso di revoca del titolo, ove non risulti  possibile  il
trasferimento  dell'attivita'   commerciale   in   una   collocazione
alternativa potenzialmente equivalente, al titolare e' corrisposto da
parte   dell'amministrazione   procedente   l'indennizzo    di    cui
all'articolo 21-quinquies, comma 1,  terzo  periodo,  della  legge  7
agosto 1990, n. 241, nel limite massimo della media dei ricavi  annui
dichiarati negli ultimi cinque anni di attivita', aumentabile del  50
per cento in caso di comprovati investimenti effettuati nello  stesso
periodo per adeguarsi alle  nuove  prescrizioni  in  materia  emanate
dagli enti locali. (25) 
 
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AGGIORNAMENTO (25) 
  Successivamente la Corte Costituzionale, con sentenza 9 giugno -  9
luglio 2015, n. 140 (in G.U. 1ยช s.s. 15/7/2015, n. 28), ha dichiarato
l'illegittimita' costituzionale: 
  - dell'art. 2-bis del D.L. 8 agosto 2013,  n.  91,  convertito  con
modificazioni dalla L. 7 ottobre 2013, n. 112 (che con la lettera  a)
ha introdotto il comma 1-bis al presente articolo e con la lettera b)
ne ha modificato la rubrica), nella parte in cui non prevede l'intesa
fra Stato e Regioni; 
  - dell'art. 4-bis del D.L. 8 agosto 2013,  n.  91,  convertito  con
modificazioni dalla L. 7 ottobre 2013, n. 112 (che ha  introdotto  un
ulteriore comma 1-bis al presente articolo), nella parte in  cui  non
prevede l'intesa fra Stato e Regioni; 
  - dell'art. 4, comma 1 del D.L. 31 maggio 2014, n.  83,  convertito
con modificazioni dalla L. 29 luglio 2014, n. 106 (che ha  rinominato
e modificato il comma 1-ter del presente articolo),  nella  parte  in
cui non  prevede  alcuno  strumento  idoneo  a  garantire  una  leale
collaborazione fra Stato e Regioni.