Art. 2. Modifiche alla legge 10 aprile 1991, n. 125, in materia di azioni positive per la realizzazione della parita' uomo-donna nel lavoro 1. All'articolo 4 della legge 10 aprile 1991, n. 125, sono apportate le seguenti modificazioni: a) il comma 1 e' sostituito dal seguente: «1. Costituisce discriminazione diretta, ai sensi della legge 9 dicembre 1977, n. 903, e della presente legge, qualsiasi atto, patto o comportamento che produca un effetto pregiudizievole discriminando le lavoratrici o i lavoratori in ragione del loro sesso e comunque il trattamento meno favorevole rispetto a quello di un'altra lavoratrice o di un altro lavoratore in situazione analoga.»; b) il comma 2 e' sostituito dal seguente: «2. Si ha discriminazione indiretta, ai sensi della legge 9 dicembre 1977, n. 903, e della presente legge, quando una disposizione, un criterio, una prassi, un atto, un patto o un comportamento apparentemente neutri mettono o possono mettere i lavoratori di un determinato sesso in una posizione di particolare svantaggio rispetto a lavoratori dell'altro sesso, salvo che riguardino requisiti essenziali allo svolgimento dell'attivita' lavorativa, purche' l'obiettivo sia legittimo e i mezzi impiegati per il suo conseguimento siano appropriati e necessari.»; c) dopo il comma 2 sono inseriti i seguenti: «2-bis. Sono considerate come discriminazioni anche le molestie, ovvero quei comportamenti indesiderati, posti in essere per ragioni connesse al sesso, aventi lo scopo o l'effetto di violare la dignita' di una lavoratrice o di un lavoratore e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo. 2-ter. Sono, altresi', considerate come discriminazioni le molestie sessuali, ovvero quei comportamenti indesiderati a connotazione sessuale, espressi in forma fisica, verbale o non verbale, aventi lo scopo o l'effetto di violare la dignita' di una lavoratrice o di un lavoratore e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo. 2-quater. Gli atti, i patti o i provvedimenti concernenti il rapporto di lavoro dei lavoratori o delle lavoratrici vittime dei comportamenti di cui ai commi 2-bis e 2-ter sono nulli se adottati in conseguenza del rifiuto o della sottomissione ai comportamenti medesimi. Sono considerati, altresi', discriminazioni quei trattamenti sfavorevoli da parte del datore di lavoro che costituiscono una reazione ad un reclamo o ad una azione volta ad ottenere il rispetto del principio di parita' di trattamento tra uomini e donne.»; d) al comma 9 dopo le parole: «comma 8,» sono inserite le seguenti: «oltre a provvedere, se richiesto, al risarcimento del danno anche non patrimoniale,»; e) al comma 10 dopo le parole: «immediatamente esecutivo», sono inserite le seguenti: «, oltre a provvedere, se richiesto, al risarcimento del danno anche non patrimoniale, nei limiti della prova fornita,»; f) al comma 12, le parole: «dei commi 1 e 2» sono sostituite dalle seguenti: «del presente articolo».
Nota all'art. 2: - Per la legge 10 aprile 1991, n. 125, vedi note alle premesse. Il testo dell'art. 4, cosi' come modificato dal decreto qui pubblicato, e' il seguente: «Art. 4 (Azioni in giudizio). - 1. Costituisce discriminazione diretta, ai sensi della legge 9 dicembre 1977, n. 903, e della presente legge, qualsiasi atto, patto o comportamento che produca un effetto pregiudizievole discriminando le lavoratrici o i lavoratori in ragione del loro sesso e comunque il trattamento meno favorevole rispetto a quello di un'altra lavoratrice o di un altro lavoratore in situazione analoga. 2. Si ha discriminazione indiretta, ai sensi della legge 9 dicembre 1977, n. 903, e della presente legge, quando una disposizione, un criterio, una prassi, un atto, un patto o un comportamento apparentemente neutri mettono o possono mettere i lavoratori di un determinato sesso in una posizione di particolare svantaggio rispetto a lavoratori dell'altro sesso, salvo che riguardino requisiti essenziali allo svolgimento dell'attivita' lavorativa, purche' l'obiettivo sia legittimo e i mezzi impiegati per il suo conseguimento siano appropriati e necessari. 2-bis. Sono considerate come discriminazioni anche le molestie, ovvero quei comportamenti indesiderati, posti in essere per ragioni connesse al sesso, aventi lo scopo o l'effetto di violare la dignita' di una lavoratrice o di un lavoratore e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo. 2-ter. Sono, altresi', considerate come discriminazioni le molestie sessuali, ovvero quei comportamenti indesiderati a connotazione sessuale, espressi in forma fisica, verbale o non verbale, aventi lo scopo o l'effetto di violare la dignita' di una lavoratrice o di un lavoratore e di creare un clima intimidatorio ostile, degradante, umiliante o offensivo 2-quater. Gli atti, i patti o i provvedimenti concernenti il rapporto di lavoro dei lavoratori o delle lavoratrici vittime dei comportamenti di cui ai commi 2-bis e 2-ter sono nulli se adottati in conseguenza del rifiuto o della sottomissione ai comportamenti medesimi. Sono considerati, altresi', discriminazioni quei trattamenti sfavorevoli da parte del datore di lavoro che costituiscono una reazione ad un reclamo o ad una azione volta ad ottenere il rispetto del principio di parita' di trattamento tra uomini e donne. 3. Nei concorsi pubblici e nelle forme di selezione attuate, anche a mezzo di terzi, da datori di lavoro privati e pubbliche amministrazioni la prestazione richiesta dev'essere accompagnata dalle parole «dell'uno o dell'altro sesso», fatta eccezione per i casi in cui il riferimento al sesso costituisca requisito essenziale per la natura del lavoro o della prestazione. 4. Chi intende agire in giudizio per la dichiarazione delle discriminazioni ai sensi dei commi 1 e 2 e non ritiene di avvalersi delle procedure di conciliazione previste dai contratti collettivi, puo' promuovere il tentativo di conciliazione ai sensi dell'art. 410 del codice di procedura civile o, rispettivamente, dell'art. 69-bis del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, anche tramite la consigliera o il consigliere di parita' provinciale o regionale territorialmente competente. 5. Le consigliere o i consiglieri di parita' provinciali e regionali competenti per territorio, ferme restando le azioni in giudizio di cui ai commi 8 e 10, hanno facolta' di ricorrere innanzi al tribunale in funzione di giudice del lavoro o, per i rapporti sottoposti alla sua giurisdizione, al tribunale amministrativo regionale territorialmente competenti, su delega della persona che vi ha interesse, ovvero di intervenire nei giudizi promossi dalla medesima. 6. Quando il ricorrente fornisce elementi di fatto, desunti anche da dati di carattere statistico relativi alle assunzioni, ai regimi retributivi, all'assegnazione di mansioni e qualifiche, ai trasferimenti, alla progressione in carriera ed ai licenziamenti, idonei a fondare, in termini precisi e concordanti, la presunzione dell'esistenza di atti, patti o comportamenti discriminatori in ragione del sesso, spetta al convenuto l'onere della prova sull'insussistenza della discriminazione. 7. Qualora le consigliere o i consiglieri di parita' regionali e, nei casi di rilevanza nazionale, il consigliere o la consigliera nazionale, rilevino l'esistenza di atti, patti o comportamenti discriminatori diretti o indiretti di carattere collettivo, anche quando non siano individuabili in modo immediato e diretto le lavoratrici o i lavoratori lesi dalle discriminazioni, prima di promuovere l'azione in giudizio ai sensi dei commi 8 e 10, possono chiedere all'autore della discriminazione di predisporre, un piano di rimozione delle discriminazioni accertate entro un termine non superiore a centoventi giorni, sentite, nel caso di discriminazione posta in essere da un datore di lavoro, le rappresentanze sindacali aziendali ovvero, in loro mancanza, le associazioni locali aderenti alle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative sul piano nazionale. Se il piano e' considerato idoneo alla rimozione delle discriminazioni, la consigliera o il consigliere di parita' promuove il tentativo di conciliazione ed il relativo verbale, in copia autenticata, acquista forza di titolo esecutivo con decreto del tribunale in funzione di giudice del lavoro. 8. Con riguardo alle discriminazioni di carattere collettivo di cui al comma 7 le consigliere o i consiglieri di parita', qualora non ritengano di avvalersi della procedura di conciliazione di cui al medesimo comma o in caso di esito negativo della stessa, possono proporre ricorso davanti al tribunale in funzione di giudice del lavoro o al tribunale amministrativo regionale territorialmente competenti. 9. Il giudice, nella sentenza che accerta le discriminazioni sulla base del ricorso presentato ai sensi del comma 8, oltre a provvedere, se richiesto, al risarcimento del danno anche non patrimoniale ordina all'autore della discriminazione di definire un piano di rimozione delle discriminazioni accertate, sentite, nel caso si tratti di datore di lavoro, le rappresentanze sindacali aziendali ovvero, in loro mancanza, gli organismi locali aderenti alle organizzazioni sindacali di categoria maggiormente rappresentative sul piano nazionale, nonche' la consigliera o il consigliere di parita' regionale competente per territorio o il consigliere o la consigliera nazionale. Nella sentenza il giudice fissa i criteri, anche temporali, da osservarsi ai fini della definizione ed attuazione del piano. 10. Ferma restando l'azione di cui al comma 8, la consigliera o il consigliere regionale e nazionale di parita' possono proporre ricorso in via d'urgenza davanti al tribunale in funzione di giudice del lavoro o al tribunale amministrativo regionale territorialmente competenti. Il giudice adito, nei due giorni successivi, convocate le parti e assunte sommarie informazioni, ove ritenga sussistente la violazione di cui al ricorso con decreto motivato e immediatamente esecutivo oltre a provvedere, se richiesto, al risarcimento del danno anche non patrimoniale, nei limiti della prova fornita, ordina all'autore della discriminazione la cessazione del comportamento pregiudizievole e adotta ogni altro provvedimento idoneo a rimuovere gli effetti delle discriminazioni accertate, ivi compreso l'ordine di definizione ed attuazione da parte del responsabile di un piano di rimozione delle medesime. Si applicano in tal caso le disposizioni del comma 9. Contro il decreto e' ammessa entro quindici giorni dalla comunicazione alle parti opposizione avanti alla medesima autorita' giudiziaria territorialmente competente, che decide con sentenza immediatamente esecutiva. 11. L'inottemperanza alla sentenza di cui al comma 9, al decreto di cui al comma 10 o alla sentenza pronunciata nel relativo giudizio di opposizione e' punita ai sensi dell'art. 650 del codice penale e comporta altresi' la revoca dei benefici di cui al comma 12 ed il pagamento di una somma di lire centomila per ogni giorno di ritardo da versarsi al Fondo di cui all'art. 9. 12. Ogni accertamento di atti, patti o comportamenti discriminatori ai sensi del presente articolo posti in essere da soggetti ai quali siano stati accordati benefici ai sensi delle vigenti leggi dello Stato, ovvero che abbiano stipulato contratti di appalto attinenti all'esecuzione di opere pubbliche, di servizi o forniture, viene comunicato immediatamente dalla direzione provinciale del lavoro territorialmente competente ai Ministri nelle cui amministrazioni sia stata disposta la concessione del beneficio o dell'appalto. Questi adottano le opportune determinazioni, ivi compresa, se necessario, la revoca del beneficio e, nei casi piu' gravi o nel caso di recidiva, possono decidere l'esclusione del responsabile per un periodo di tempo fino a due anni da qualsiasi ulteriore concessione di agevolazioni finanziarie o creditizie ovvero da qualsiasi appalto. Tale disposizione si applica anche quando si tratti di agevolazioni finanziarie o creditizie ovvero di appalti concessi da enti pubblici, ai quali la direzione provinciale del lavoro comunica direttamente la discriminazione accertata per l'adozione delle sanzioni previste. Le disposizioni del presente comma non si applicano nel caso sia raggiunta una conciliazione ai sensi dei commi 4 e 7. 13. Ferma restando l'azione ordinaria, le disposizioni dell'art. 15 della legge 9 dicembre 1977, n. 903, si applicano in tutti i casi di azione individuale in giudizio promossa dalla persona che vi abbia interesse o su sua delega da un'organizzazione sindacale o dalla consigliera o dal consigliere provinciale o regionale di parita'. 14. Qualora venga presentato un ricorso in via di urgenza ai sensi del comma 10 o ai sensi dell'art. 15 della legge 9 dicembre 1977, n. 903, come modificato dal comma 13, non trova applicazione l'art. 410 del codice di procedura civile.».