Art. 30.
                    (False comunicazioni sociali)
  1. L'articolo 2621 del codice civile e' sostituito dal seguente:
   "Art.  2621.  -  (False  comunicazioni  sociali).  -  Salvo quanto
previsto   dall'articolo   2622,   gli  amministratori,  i  direttori
generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili
societari,  i  sindaci  e i liquidatori, i quali, con l'intenzione di
ingannare  i soci o il pubblico e al fine di conseguire per se' o per
altri  un  ingiusto  profitto,  nei  bilanci, nelle relazioni o nelle
altre  comunicazioni  sociali previste dalla legge, dirette ai soci o
al  pubblico,  espongono  fatti  materiali  non  rispondenti  al vero
ancorche'  oggetto di valutazioni ovvero omettono informazioni la cui
comunicazione  e'  imposta  dalla  legge  sulla situazione economica,
patrimoniale  o finanziaria della societa' o del gruppo al quale essa
appartiene,  in  modo idoneo ad indurre in errore i destinatari sulla
predetta situazione, sono puniti con l'arresto fino a due anni.
   La  punibilita'  e'  estesa  anche  al caso in cui le informazioni
riguardino  beni posseduti o amministrati dalla societa' per conto di
terzi.
   La  punibilita'  e'  esclusa  se  le  falsita'  o le omissioni non
alterano  in  modo  sensibile  la  rappresentazione  della situazione
economica,  patrimoniale o finanziaria della societa' o del gruppo al
quale  essa  appartiene.  La  punibilita'  e'  comunque esclusa se le
falsita'  o  le  omissioni  determinano  una variazione del risultato
economico  di  esercizio,  al lordo delle imposte, non superiore al 5
per  cento  o una variazione del patrimonio netto non superiore all'1
per cento.
   In   ogni  caso  il  fatto  non  e'  punibile  se  conseguenza  di
valutazioni  estimative  che, singolarmente considerate, differiscono
in misura non superiore al 10 per cento da quella corretta.
   Nei  casi previsti dai commi terzo e quarto, ai soggetti di cui al
primo comma sono irrogate la sanzione amministrativa da dieci a cento
quote   e   l'interdizione   dagli  uffici  direttivi  delle  persone
giuridiche  e  delle  imprese  da sei mesi a tre anni, dall'esercizio
dell'ufficio   di  amministratore,  sindaco,  liquidatore,  direttore
generale  e dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili
societari, nonche' da ogni altro ufficio con potere di rappresentanza
della persona giuridica o dell'impresa".
  2. L'articolo 2622 del codice civile e' sostituito dal seguente:
   "Art.   2622.  -  (False  comunicazioni  sociali  in  danno  della
societa',  dei  soci  o  dei  creditori).  -  Gli  amministratori,  i
direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti
contabili  societari,  i  sindaci  e  i  liquidatori,  i  quali,  con
l'intenzione  di  ingannare  i  soci  o  il  pubblico  e  al  fine di
conseguire  per  se'  o  per altri un ingiusto profitto, nei bilanci,
nelle  relazioni  o  nelle altre comunicazioni sociali previste dalla
legge,  dirette  ai soci o al pubblico, esponendo fatti materiali non
rispondenti   al   vero  ancorche'  oggetto  di  valutazioni,  ovvero
omettendo  informazioni  la  cui comunicazione e' imposta dalla legge
sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della societa'
o  del  gruppo al quale essa appartiene, in modo idoneo ad indurre in
errore  i  destinatari  sulla predetta situazione, cagionano un danno
patrimoniale  alla  societa',  ai soci o ai creditori, sono puniti, a
querela  della  persona  offesa,  con la reclusione da sei mesi a tre
anni.
   Si  procede  a  querela  anche  se il fatto integra altro delitto,
ancorche'  aggravato,  a danno del patrimonio di soggetti diversi dai
soci e dai creditori, salvo che sia commesso in danno dello Stato, di
altri enti pubblici o delle Comunita' europee.
   Nel  caso  di  societa' soggette alle disposizioni della parte IV,
titolo III, capo II, del testo unico di cui al decreto legislativo 24
febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, la pena per i fatti
previsti  al  primo  comma  e'  da uno a quattro anni e il delitto e'
procedibile d'ufficio.
   La  pena  e'  da  due a sei anni se, nelle ipotesi di cui al terzo
comma, il fatto cagiona un grave nocumento ai risparmiatori.
   Il  nocumento si considera grave quando abbia riguardato un numero
di  risparmiatori  superiore  allo  0,1  per  mille della popolazione
risultante  dall'ultimo  censimento  ISTAT  ovvero  se sia consistito
nella  distruzione  o  riduzione  del  valore  di  titoli  di entita'
complessiva superiore allo 0,1 per mille del prodotto interno lordo.
   La  punibilita'  per  i  fatti previsti dal primo e terzo comma e'
estesa anche al caso in cui le informazioni riguardino beni posseduti
o amministrati dalla societa' per conto di terzi.
   La  punibilita'  per  i  fatti previsti dal primo e terzo comma e'
esclusa  se le falsita' o le omissioni non alterano in modo sensibile
la   rappresentazione  della  situazione  economica,  patrimoniale  o
finanziaria  della societa' o del gruppo al quale essa appartiene. La
punibilita'  e'  comunque  esclusa  se  le  falsita'  o  le omissioni
determinano  una  variazione del risultato economico di esercizio, al
lordo  delle  imposte,  non superiore al 5 per cento o una variazione
del patrimonio netto non superiore all'1 per cento.
   In   ogni  caso  il  fatto  non  e'  punibile  se  conseguenza  di
valutazioni  estimative  che, singolarmente considerate, differiscono
in misura non superiore al 10 per cento da quella corretta.
   Nei  casi  previsti dai commi settimo e ottavo, ai soggetti di cui
al  primo  comma  sono irrogate la sanzione amministrativa da dieci a
cento  quote  e  l'interdizione  dagli uffici direttivi delle persone
giuridiche  e  delle  imprese  da sei mesi a tre anni, dall'esercizio
dell'ufficio   di  amministratore,  sindaco,  liquidatore,  direttore
generale  e dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili
societari, nonche' da ogni altro ufficio con potere di rappresentanza
della persona giuridica o dell'impresa".
   3.  E'  istituita,  senza  nuovi  o maggiori oneri per il bilancio
dello  Stato,  la Commissione per la tutela del risparmio, di seguito
denominata  "Commissione",  alle  dirette  dipendenze  funzionali del
Presidente del Consiglio dei ministri.
   4.  La Commissione e' organo collegiale, composta da un presidente
e  due  commissari, nominati con decreto del Presidente del Consiglio
dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze,
di concerto con il Ministro per la funzione pubblica.
   5. Il Governo adotta, su proposta del Presidente del Consiglio dei
ministri,  di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze,
un  regolamento  ai  sensi  dell'articolo 17, comma 1, della legge 23
agosto  1988, n. 400, e successive modificazioni, volto a determinare
i requisiti di nomina del presidente e dei membri della Commissione e
le  funzioni  della  Commissione, al fine di garantirne l'autonomia e
l'efficacia operativa.
   6. La Commissione:
   a)   svolge  le  proprie  funzioni  d'ufficio  o  su  istanza  dei
risparmiatori;
   b)  relaziona  con  cadenza  semestrale sulla propria attivita' al
Presidente  del  Consiglio dei ministri, che riferisce periodicamente
ai Presidenti delle Camere;
   c)  si  avvale  del  supporto di un ufficio composto da dipendenti
delle  amministrazioni  pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del
decreto  legislativo  30  marzo 2001, n. 165, in posizione di comando
secondo  i rispettivi ordinamenti, il cui servizio presso il medesimo
ufficio  e'  equiparato  ad  ogni effetto a quello prestato presso le
amministrazioni di appartenenza;
   d)  ha l'obbligo di rendere rapporto all'autorita' giudiziaria nei
casi previsti dalla legge.
 
          Note all'art. 30:
              -   Si  riporta  il  testo  dell'art.  17  della  legge
          23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, recante
          «Disciplina  dell'attivita'  di Governo e ordinamento della
          Presidenza del Consiglio dei Ministri»:
              «Art. 17 (Regolamenti). - 1. Con decreto del Presidente
          della  Repubblica,  previa  deliberazione del Consiglio dei
          Ministri, sentito il parere del Consiglio di Stato che deve
          pronunziarsi  entro novanta giorni dalla richiesta, possono
          essere emanati regolamenti per disciplinare:
                a) l'esecuzione    delle    leggi   e   dei   decreti
          legislativi, nonche' dei regolamenti comunitari;
                b) l'attuazione  e  l'integrazione  delle leggi e dei
          decreti  legislativi  recanti  norme  di principio, esclusi
          quelli   relativi   a  materie  riservate  alla  competenza
          regionale;
                c) le materie in cui manchi la disciplina da parte di
          leggi  o  di  atti aventi forza di legge, sempre che non si
          tratti di materie comunque riservate alla legge;
                d) l'organizzazione   ed   il   funzionamento   delle
          amministrazioni  pubbliche  secondo le disposizioni dettate
          dalla legge;
                e) [l'organizzazione  del  lavoro  ed  i  rapporti di
          lavoro   dei  pubblici  dipendenti  in  base  agli  accordi
          sindacali].
              2.  Con decreto del Presidente della Repubblica, previa
          deliberazione   del  Consiglio  dei  Ministri,  sentito  il
          Consiglio  di  Stato,  sono  emanati  i  regolamenti per la
          disciplina  delle  materie, non coperte da riserva assoluta
          di legge prevista dalla Costituzione, per le quali le leggi
          della  Repubblica,  autorizzando l'esercizio della potesta'
          regolamentare  del  Governo,  determinano le norme generali
          regolatrici  della materia e dispongono l'abrogazione delle
          norme  vigenti,  con  effetto  dall'entrata in vigore delle
          norme regolamentari.
              3.  Con  decreto  ministeriale  possono essere adottati
          regolamenti  nelle  materie di competenza del Ministro o di
          autorita'   sottordinate   al  Ministro,  quando  la  legge
          espressamente conferisca tale potere. Tali regolamenti, per
          materie  di  competenza  di  piu'  Ministri, possono essere
          adottati  con  decreti interministeriali, ferma restando la
          necessita' di apposita autorizzazione da parte della legge.
          I regolamenti ministeriali ed interministeriali non possono
          dettare  norme  contrarie  a quelle dei regolamenti emanati
          dal  Governo.  Essi debbono essere comunicati al Presidente
          del Consiglio dei Ministri prima della loro emanazione.
              4.  I  regolamenti  di  cui al comma 1 ed i regolamenti
          ministeriali  ed  interministeriali,  che  devono recare la
          denominazione di «regolamento», sono adottati previo parere
          del  Consiglio  di  Stato,  sottoposti  al  visto  ed  alla
          registrazione  della  Corte  dei  conti  e pubblicati nella
          Gazzetta Ufficiale.
              4-bis.  L'organizzazione  e  la disciplina degli uffici
          dei  Ministeri sono determinate, con regolamenti emanati ai
          sensi  del  comma  2,  su  proposta del Ministro competente
          d'intesa con il Presidente del Consiglio dei ministri e con
          il Ministro del tesoro, nel rispetto dei principi posti dal
          decreto  legislativo  3 febbraio  1993, n. 29, e successive
          modificazioni,  con  i  contenuti  e  con  l'osservanza dei
          criteri che seguono:
                a) riordino  degli  uffici  di diretta collaborazione
          con i Ministri ed i Sottosegretari di Stato, stabilendo che
          tali   uffici   hanno   esclusive  competenze  di  supporto
          dell'organo  di direzione politica e di raccordo tra questo
          e l'amministrazione;
                b) individuazione    degli    uffici    di    livello
          dirigenziale  generale,  centrali  e  periferici,  mediante
          diversificazione  tra  strutture  con funzioni finali e con
          funzioni  strumentali  e  loro  organizzazione per funzioni
          omogenee  e  secondo criteri di flessibilita' eliminando le
          duplicazioni funzionali;
                c) previsione  di  strumenti  di  verifica  periodica
          dell'organizzazione e dei risultati;
                d) indicazione    e    revisione    periodica   della
          consistenza delle piante organiche;
                e) previsione  di  decreti ministeriali di natura non
          regolamentare  per  la definizione dei compiti delle unita'
          dirigenziali    nell'ambito   degli   uffici   dirigenziali
          generali.».
              -  Si  riporta  il  testo  del  comma 2 dell'art. 1 del
          decreto  legislativo  30 marzo  2001, n. 165 recante «Norme
          generali  sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle
          amministrazioni pubbliche»:
              «Art. 1 (Finalita' ed ambito di applicazione).
              (Art.  1  del  decreto legislativo n. 29 del 1993, come
          modificato  dall'art.  1  del decreto legislativo n. 80 del
          1998).
              1.  Le  disposizioni  del presente decreto disciplinano
          l'organizzazione  degli  uffici e i rapporti di lavoro e di
          impiego  alle  dipendenze  delle amministrazioni pubbliche,
          tenuto  conto  delle  autonomie  locali  e  di quelle delle
          regioni  e  delle province autonome, nel rispetto dell'art.
          97, comma primo, della Costituzione, al fine di:
                a) accrescere  l'efficienza  delle amministrazioni in
          relazione  a quella dei corrispondenti uffici e servizi dei
          Paesi  dell'Unione  europea,  anche  mediante il coordinato
          sviluppo di sistemi informativi pubblici;
                b) razionalizzare   il  costo  del  lavoro  pubblico,
          contenendo la spesa complessiva per il personale, diretta e
          indiretta, entro i vincoli di finanza pubblica;
                c) realizzare la migliore utilizzazione delle risorse
          umane   nelle   pubbliche   amministrazioni,   curando   la
          formazione  e  lo  sviluppo  professionale  dei dipendenti,
          garantendo   pari   opportunita'  alle  lavoratrici  ed  ai
          lavoratori  e  applicando  condizioni  uniformi  rispetto a
          quello del lavoro privato.
              2.  Per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le
          amministrazioni  dello  Stato,  ivi compresi gli istituti e
          scuole  di  ogni ordine e grado e le istituzioni educative,
          le  aziende  ed  amministrazioni dello Stato ad ordinamento
          autonomo,  le  Regioni, le Province, i Comuni, le Comunita'
          montane,  e  loro  consorzi  e associazioni, le istituzioni
          universitarie,  gli  Istituti  autonomi  case  popolari, le
          Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e
          loro  associazioni,  tutti  gli enti pubblici non economici
          nazionali,  regionali  e  locali,  le  amministrazioni,  le
          aziende  e  gli  enti  del  Servizio  sanitario  nazionale,
          l'Agenzia  per  la rappresentanza negoziale delle pubbliche
          amministrazioni  (ARAN)  e  le  Agenzie  di  cui al decreto
          legislativo 30 luglio 1999, n. 300.
              3.  Le  disposizioni del presente decreto costituiscono
          principi   fondamentali   ai   sensi  dell'art.  117  della
          Costituzione.  Le  Regioni a statuto ordinario si attengono
          ad  esse  tenendo  conto  delle peculiarita' dei rispettivi
          ordinamenti.  I principi desumibili dall'art. 2 della legge
          23 ottobre  1992,  n.  421,  e  successive modificazioni, e
          dall'art.  11, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59, e
          successive  modificazioni  ed  integrazioni,  costituiscono
          altresi',  per  le  Regioni  a  statuto  speciale  e per le
          provincie   autonome   di   Trento   e  di  Bolzano,  norme
          fondamentali    di    riforma    economico-sociale    della
          Repubblica.».