Art. 3.
                             Definizioni

  1. Ai fini del presente decreto si intende per:
    a)  rifiuto:  la  definizione  di  cui all'articolo 183, comma 1,
lettera a), del decreto legislativo n. 152 del 2006;
    b)  rifiuto  pericoloso:  la definizione di cui all'articolo 184,
comma 5, del decreto legislativo n. 152 del 2006;
    c)   rifiuto   inerte:   i   rifiuti  che  non  subiscono  alcuna
trasformazione  fisica,  chimica o biologica significativa. I rifiuti
inerti  non  si  dissolvono,  non bruciano ne' sono soggetti ad altre
reazioni  fisiche  o  chimiche, non sono biodegradabili e, in caso di
contatto  con  altre  materie,  non comportano effetti nocivi tali da
provocare  inquinamento  ambientale  o  danno  alla  salute umana. La
tendenza  a dar luogo a percolati e la percentuale inquinante globale
dei  rifiuti,  nonche'  l'ecotossicita'  dei  percolati devono essere
trascurabili  e,  in  particolare,  non danneggiare la qualita' delle
acque superficiali e sotterranee;
    d)  rifiuti  di  estrazione: rifiuti derivanti dalle attivita' di
prospezione  o di ricerca, di estrazione, di trattamento e di ammasso
di risorse minerali e dallo sfruttamento delle cave;
    e)   terra  non  inquinata:  terra  ricavata  dallo  strato  piu'
superficiale  del  terreno  durante  le attivita' di estrazione e non
inquinata,  ai  sensi  di  quanto  stabilito all'articolo 186 decreto
legislativo n. 152 del 2006;
    f) risorsa minerale o minerale: un deposito naturale nella crosta
terrestre  di  sostanze  organiche  o inorganiche, quali combustibili
energetici,  minerali  metallici, minerali industriali e minerali per
l'edilizia, esclusa l'acqua;
    g)  industrie  estrattive:  tutti  gli  stabilimenti e le imprese
impegnati  nell'estrazione,  superficiale  o  sotterranea, di risorse
minerali  a fini commerciali, compresa l'estrazione per trivellazione
o il trattamento del materiale estratto;
    h)  offshore:  la zona del mare e del fondo marino che si estende
dalla  linea  di  bassa  marea  delle  maree  ordinarie o medie verso
l'esterno;
    i)  trattamento:  il  processo  o  la  combinazione  di  processi
meccanici,  fisici, biologici, termici o chimici svolti sulle risorse
minerali, compreso lo sfruttamento delle cave, al fine di estrarre il
minerale,  compresa la modifica delle dimensioni, la classificazione,
la  separazione  e la lisciviazione, e il ritrattamento di rifiuti di
estrazione  precedentemente  scartati;  sono  esclusi  la  fusione, i
processi  di  lavorazione  termici  (diversi dalla calcinazione della
pietra calcarea) e le operazioni metallurgiche;
    l)  sterili: il materiale solido o i fanghi che rimangono dopo il
trattamento  dei minerali per separazione (ad esempio: frantumazione,
macinazione,     vagliatura,    flottazione    e    altre    tecniche
fisico-chimiche)  per  ricavare i minerali pregiati dalla roccia meno
pregiata;
    m)  cumulo:  una struttura attrezzata per il deposito dei rifiuti
di estrazione solidi in superficie;
    n)  diga:  una  struttura  attrezzata, progettata per contenere o
confinare  l'acqua  e/o  i  rifiuti  di  estrazione all'interno di un
bacino di decantazione;
    o)  bacino  di  decantazione: una struttura naturale o attrezzata
per  lo  smaltimento  di  rifiuti  di  estrazione fini, in genere gli
sterili,  nonche'  quantitativi  variabili di acqua allo stato libero
derivanti  dal trattamento delle risorse minerali e dalla depurazione
e dal riciclaggio dell'acqua di processo;
    p)  cianuro dissociabile con un acido debole: il cianuro e i suoi
composti che si dissociano con un acido debole ad un pH determinato;
    q)  percolato:  qualsiasi liquido che filtra attraverso i rifiuti
di  estrazione  depositati  e  che  viene  emesso  dalla struttura di
deposito  dei  rifiuti  di  estrazione o vi e' contenuto, compreso il
drenaggio  inquinato, che possa avere effetti negativi per l'ambiente
se non viene trattato adeguatamente;
    r)  struttura  di  deposito  dei rifiuti di estrazione: qualsiasi
area  adibita  all'accumulo  o  al deposito di rifiuti di estrazione,
allo  stato  solido  o  liquido,  in soluzione o in sospensione. Tali
strutture  comprendono  una  diga  o  un'altra  struttura destinata a
contenere,  racchiudere, confinare i rifiuti di estrazione o svolgere
altre  funzioni per la struttura, inclusi, in particolare, i cumuli e
i  bacini di decantazione; sono esclusi i vuoti e volumetrie prodotti
dall'attivita'  estrattiva  dove  vengono  risistemati  i  rifiuti di
estrazione,  dopo  l'estrazione  del minerale, a fini di ripristino e
ricostruzione. In particolare, ricadono nella definizione:
      1)  le  strutture  di  deposito  dei  rifiuti  di estrazione di
categoria A e le strutture per i rifiuti di estrazione caratterizzati
come pericolosi nel piano di gestione dei rifiuti di estrazione;
      2) le strutture per i rifiuti di estrazione pericolosi generati
in  modo  imprevisto,  dopo  un  periodo di accumulo o di deposito di
rifiuti di estrazione superiore a sei mesi;
      3)  le  strutture  per  i  rifiuti di estrazione non inerti non
pericolosi,  dopo  un periodo di accumulo o di deposito di rifiuti di
estrazione superiore a un anno;
      4)  le  strutture  per  la  terra  non  inquinata, i rifiuti di
estrazione   non  pericolosi  derivanti  dalla  prospezione  o  dalla
ricerca,  i  rifiuti  derivanti  dalle  operazioni  di estrazione, di
trattamento  e  di  stoccaggio  della  torba  nonche'  i  rifiuti  di
estrazione  inerti,  dopo  un  periodo  di  accumulo o di deposito di
rifiuti di estrazione superiore a tre anni;
    s)  incidente rilevante: un evento avvenuto nel sito nel corso di
un'operazione  concernente  la  gestione dei rifiuti di estrazione in
uno stabilimento contemplato dal presente decreto che dia luogo ad un
pericolo  grave,  immediato  o  differito,  per  la  salute  umana  o
l'ambiente all'interno o all'esterno del sito;
    t)  sostanza pericolosa: una sostanza, una miscela o un preparato
pericoloso ai sensi della legge 29 maggio 1974, n. 256, o del decreto
legislativo 14 marzo 2003, n. 65, e successive modificazioni;
    u)   migliori   tecniche   disponibili:   le   tecniche  definite
all'articolo  2,  comma  1,  lettera  o),  del decreto legislativo 18
febbraio 2005, n. 59;
    v)   corpo   idrico   recettore:  le  acque  costiere,  le  acque
sotterranee,  le  acque  di superficie, le acque di transizione, come
definite nella parte terza del decreto n. 152 del 2006;
    z)  ripristino:  il  trattamento  del terreno che abbia subito un
impatto  dalla  struttura  di  deposito dei rifiuti di estrazione, al
fine   di  ripristinare  uno  stato  soddisfacente  del  terreno,  in
particolare riguardo alla qualita' del suolo, alla flora e alla fauna
selvatiche,  agli  habitat naturali, ai sistemi delle acque dolci, al
paesaggio e agli opportuni utilizzi benefici;
    aa)  prospezione  o  ricerca:  la ricerca di depositi minerali di
valore  economico, compreso il prelievo di campioni, il campionamento
di  massa,  le  perforazioni  e  lo  scavo di fosse, esclusi i lavori
necessari  allo sviluppo di tali depositi e le attivita' direttamente
connesse con un'operazione estrattiva esistente;
    bb) pubblico: una o piu' persone fisiche o giuridiche e, ai sensi
della  legislazione  o  della  prassi  nazionale, le associazioni, le
organizzazioni o i gruppi costituiti da tali persone;
    cc)  pubblico  interessato: il pubblico che subisce o puo' subire
gli  effetti  dei  processi  decisionali in materia ambientale di cui
agli  articoli  6  e  7  o  che ha un interesse da far valere in tali
processi; ai fini della presente definizione, si considerano titolari
di tali interessi le organizzazioni non governative che promuovono la
tutela  dell'ambiente  e  che soddisfano i requisiti prescritti dalle
norme vigenti;
    dd)  operatore:  il  titolare  di  cui all'articolo 2 del decreto
legislativo  25 novembre 1996, n. 624, e successive modificazioni, di
seguito  denominato:  "decreto  legislativo  n.  624  del 1996", o la
diversa  persona  fisica  o  giuridica  incaricata della gestione dei
rifiuti di estrazione, compresi il deposito temporaneo dei rifiuti di
estrazione e le fasi operative e quelle successive alla chiusura;
    ee)  detentore dei rifiuti: chi produce i rifiuti di estrazione o
la persona fisica o giuridica che ne e' in possesso;
    ff)   persona   competente:  il  direttore  responsabile  di  cui
all'articolo  6  del decreto del Presidente della Repubblica 9 aprile
1959,   n.   128,   come  modificato  dall'articolo  20  del  decreto
legislativo n. 624 del 1996, o altra persona fisica che dispone delle
conoscenze  tecniche  e  della  necessaria  esperienza incaricata dal
direttore responsabile;
    gg)  autorita' competente: l'autorita' definita dal regio decreto
29  luglio  1927,  n.  1443,  e  dagli articoli 4 e 5 del decreto del
Presidente  della  Repubblica  9  aprile  1959,  n. 128, e secondo il
conferimento  di  funzioni  e compiti amministrativi dello Stato alle
regioni  ed  agli  enti locali di cui al decreto del Presidente della
Repubblica  24 luglio 1977, n. 616, e al decreto legislativo 31 marzo
1998,  n.  112, nonche' dalle singole leggi regionali sulle attivita'
estrattive;
    hh)  sito:  l'area  del  cantiere  o dei cantieri estrattivi come
individuata  e  perimetrata  nell'atto  autorizzativo e gestita da un
operatore.  Nel  caso  di  miniere,  il  sito  comprende  le relative
pertinenze di cui all'articolo 23 del regio decreto n. 1443 del 1927,
all'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica n. 128 del
1959 e all'articolo 1 del decreto legislativo n. 624 del 1996;
    ii)  modifiche  sostanziali:  modifiche  strutturali o operative,
comprese  le  variazioni  del  tipo  di  rifiuto  depositato,  di una
struttura   di  deposito  dei  rifiuti  di  estrazione  che,  secondo
l'autorita'    competente,    potrebbero   avere   effetti   negativi
significativi per la salute umana o per l'ambiente.
 
          Note all'art. 3:
              - L'art. 183, comma 1, del decreto legislativo 3 aprile
          2006, n. 152, cosi' recita:
              «Art.  183  (Definizioni).  -  1.  Ai  fini della parte
          quarta  del  presente  decreto  e  fatte salve le ulteriori
          definizioni   contenute  nelle  disposizioni  speciali,  si
          intende per:
                a) rifiuto: qualsiasi sostanza od oggetto che rientra
          nelle categorie riportate nell'Allegato A alla parte quarta
          del presente decreto e di cui il detentore si disfi o abbia
          deciso o abbia l'obbligo di disfarsi;
                b) produttore:   la   persona  la  cui  attivita'  ha
          prodotto  rifiuti cioe' il produttore iniziale e la persona
          che   ha   effettuato   operazioni  di  pretrattamento,  di
          miscuglio  o  altre operazioni che hanno mutato la natura o
          la composizione di detti rifiuti;
                c) detentore: il produttore dei rifiuti o il soggetto
          che li detiene;
                d) gestione: la raccolta, il trasporto, il recupero e
          lo smaltimento dei rifiuti, compreso il controllo di queste
          operazioni,  nonche'  il controllo delle discariche dopo la
          chiusura;
                e) raccolta:  l'operazione  di prelievo, di cernita o
          di raggruppamento dei rifiuti per il loro trasporto;
                f) raccolta   differenziata:   la   raccolta  idonea,
          secondo  criteri di economicita', efficacia, trasparenza ed
          efficienza,  a  raggruppare  i  rifiuti  urbani in frazioni
          merceologiche omogenee, al momento della raccolta o, per la
          frazione  organica umida, anche al momento del trattamento,
          nonche'    a   raggruppare   i   rifiuti   di   imballaggio
          separatamente  dagli altri rifiuti urbani, a condizione che
          tutti   i   rifiuti  sopra  indicati  siano  effettivamente
          destinati al recupero;
                g) smaltimento:   ogni   operazione   finalizzata   a
          sottrarre  definitivamente  una sostanza, un materiale o un
          oggetto  dal  circuito  economico  e/o  di  raccolta  e, in
          particolare,  le  operazioni  previste nell'Allegato B alla
          parte quarta del presente decreto;
                h) recupero: le operazioni che utilizzano rifiuti per
          generare materie prime secondarie, combustibili o prodotti,
          attraverso   trattamenti   meccanici,  termici,  chimici  o
          biologici,  incluse  la  cernita  o  la  selezione,  e,  in
          particolare,  le  operazioni  previste nell'Allegato C alla
          parte quarta del presente decreto;
                i) luogo  di  produzione  dei  rifiuti:  uno  o  piu'
          edifici  o  stabilimenti  o siti infrastrutturali collegati
          tra  loro  all'interno  di  un'area  delimitata  in  cui si
          svolgono  le  attivita'  di  produzione  dalle  quali  sono
          originati i rifiuti;
                l) stoccaggio:    le    attivita'    di   smaltimento
          consistenti  nelle  operazioni  di  deposito preliminare di
          rifiuti  di  cui  al  punto  D15 dell'Allegato B alla parte
          quarta  del  presente  decreto,  nonche'  le  attivita'  di
          recupero  consistenti  nelle operazioni di messa in riserva
          di  materiali  di  cui  al  punto  R13 dell'Allegato C alla
          medesima parte quarta;
                m) deposito temporaneo: il raggruppamento dei rifiuti
          effettuato,  prima  della  raccolta,  nel  luogo in cui gli
          stessi sono prodotti, alle seguenti condizioni:
                  1)   i  rifiuti  depositati  non  devono  contenere
          policlorodibenzodiossine,           policlorodibenzofurani,
          policlorodibenzofenoli  in  quantita' superiore a 2,5 parti
          per     milione     (ppm),    ne'    policlorobifenile    e
          policlorotrifenili  in  quantita'  superiore a 25 parti per
          milione (ppm);
                  2) i rifiuti devono essere raccolti ed avviati alle
          operazioni  di  recupero o di smaltimento secondo una delle
          seguenti  modalita'  alternative,  a scelta del produttore,
          con  cadenza  almeno  trimestrale,  indipendentemente dalle
          quantita' in deposito; quando il quantitativo di rifiuti in
          deposito  raggiunga  complessivamente  i  10 metri cubi nel
          caso  di  rifiuti  pericolosi o i 20 metri cubi nel caso di
          rifiuti   non   pericolosi.  In  ogni  caso,  allorche'  il
          quantitativo  di  rifiuti  pericolosi non superi i 10 metri
          cubi l'anno e il quantitativo di rifiuti non pericolosi non
          superi  i  20 metri cubi l'anno, il deposito temporaneo non
          puo' avere durata superiore ad un anno;
                  3)  il  deposito  temporaneo deve essere effettuato
          per  categorie  omogenee  di  rifiuti  e nel rispetto delle
          relative norme tecniche, nonche', per i rifiuti pericolosi,
          nel rispetto delle norme che disciplinano il deposito delle
          sostanze pericolose in essi contenute;
                  4)   devono   essere   rispettate   le   norme  che
          disciplinano l'imballaggio e l'etichettatura delle sostanze
          pericolose;
                  5) per alcune categorie di rifiuto, individuate con
          decreto  del  Ministero  dell'ambiente  e  della tutela del
          territorio  e  del mare di concerto con il Ministero per lo
          sviluppo  economico,  sono fissate le modalita' di gestione
          del deposito temporaneo;
                n) frazione  umida:  rifiuto organico putrescibile ad
          alto   tenore   di   umidita',   proveniente   da  raccolta
          differenziata o selezione o trattamento dei rifiuti urbani;
                o) frazione  secca: rifiuto a bassa putrescibilita' e
          a   basso   tenore  di  umidita'  proveniente  da  raccolta
          differenziata o selezione o trattamento dei rifiuti urbani,
          avente un rilevante contenuto energetico;
                p) sottoprodotto: sono sottoprodotti le sostanze ed i
          materiali  dei  quali il produttore non intende disfarsi ai
          sensi  dell'art.  183,  comma 1, lettera a), che soddisfino
          tutti  i seguenti criteri, requisiti e condizioni: 1) siano
          originati  da  un  processo non direttamente destinato alla
          loro  produzione;  2)  il loro impiego sia certo, sin dalla
          fase della produzione, integrale e avvenga direttamente nel
          corso   del  processo  di  produzione  o  di  utilizzazione
          preventivamente   individuato  e  definito;  3)  soddisfino
          requisiti  merceologici  e  di qualita' ambientale idonei a
          garantire  che il loro impiego non dia luogo ad emissioni e
          ad  impatti ambientali qualitativamente e quantitativamente
          diversi  da  quelli  autorizzati  per  l'impianto dove sono
          destinati  ad  essere  utilizzati;  4)  non  debbano essere
          sottoposti  a  trattamenti  preventivi  o  a trasformazioni
          preliminari  per  soddisfare  i requisiti merceologici e di
          qualita'  ambientale di cui al punto 3), ma posseggano tali
          requisiti  sin  dalla  fase della produzione; 5) abbiano un
          valore economico di mercato;
                q) materia   prima  secondaria:  sostanza  o  materia
          avente  le  caratteristiche  stabilite  ai  sensi dell'art.
          181-bis;
                r) combustibile  da  rifiuti  (CDR):  il combustibile
          classificabile,  sulla base delle norme tecniche UNI 9903-1
          e   successive  modifiche  ed  integrazioni,  come  RDF  di
          qualita'  normale,  che  e'  ottenuto  dai rifiuti urbani e
          speciali  non pericolosi mediante trattamenti finalizzati a
          garantire  un  potere  calorifico adeguato al suo utilizzo,
          nonche' a ridurre e controllare: 1) il rischio ambientale e
          sanitario;  2)  la  presenza di materiale metallico, vetri,
          inerti,  materiale putrescibile e il contenuto di umidita';
          3)  la  presenza  di sostanze pericolose, in particolare ai
          fini della combustione;
                s) combustibile   da   rifiuti  di  qualita'  elevata
          (CDR-Q):  il  combustibile classificabile, sulla base delle
          norme   tecniche  UNI  9903-1  e  successive  modifiche  ed
          integrazioni, come RDF di qualita' elevata;
                t) compost   da   rifiuti:   prodotto   ottenuto  dal
          compostaggio della frazione organica dei rifiuti urbani nel
          rispetto di apposite norme tecniche finalizzate a definirne
          contenuti  e  usi  compatibili  con  la tutela ambientale e
          sanitaria  e,  in  particolare,  a  definirne  i  gradi  di
          qualita';
                u) compost   di   qualita':  prodotto,  ottenuto  dal
          compostaggio  di  rifiuti  organici raccolti separatamente,
          che  rispetti  i  requisiti  e le caratteristiche stabilite
          dall'allegato  2  del decreto legislativo n. 217 del 2006 e
          successive modifiche e integrazioni;
                z) scarichi  idrici: le immissioni di acque reflue di
          cui all'art. 74, comma 1, lettera ff);
                aa)     inquinamento   atmosferico:   ogni   modifica
          atmosferica di cui all'art. 268, lettera a);
                bb) gestione  integrata  dei  rifiuti:  il  complesso
          delle  attivita'  volte  ad  ottimizzare  la  gestione  dei
          rifiuti,   come  definita  alla  lettera d),  ivi  compresa
          l'attivita' di spazzamento delle strade;
                cc) centro di raccolta: area presidiata ed allestita,
          senza  ulteriori oneri a carico della finanza pubblica, per
          l'attivita'    di    raccolta    mediante    raggruppamento
          differenziato  dei  rifiuti per frazioni omogenee conferiti
          dai  detentori per il trasporto agli impianti di recupero e
          trattamento.  La  disciplina dei centri di raccolta e' data
          con  decreto  del Ministro dell'ambiente e della tutela del
          territorio  e  del  mare,  sentita  la Conferenza unificata
          Stato-Regioni, citta' e autonomie locali, di cui al decreto
          legislativo 28 agosto 1997, n. 281.
                dd) spazzamento  delle  strade: modalita' di raccolta
          dei rifiuti su strada.».
              - L'art. 184, comma 5, del decreto legislativo 3 aprile
          2006, n. 152, cosi' recita:
              «5.  Sono  pericolosi  i rifiuti non domestici indicati
          espressamente    come   tali,   con   apposito   asterisco,
          nell'elenco  di  cui  all'Allegato  D alla parte quarta del
          presente  decreto,  sulla base degli Allegati G, H e I alla
          medesima parte quarta.».
              - L'art.  186 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.
          152, cosi' recita:
              «Art.  186  (Terre  e  rocce da scavo). - 1. Le terre e
          rocce  da  scavo,  anche  di  gallerie,  ed i residui della
          lavorazione  della  pietra destinate all'effettivo utilizzo
          per   reinterri,   riempimenti,  rilevati  e  macinati  non
          costituiscono  rifiuti e sono, percio', esclusi dall'ambito
          di  applicazione  della  parte  quarta del presente decreto
          solo  nel caso in cui, anche quando contaminati, durante il
          ciclo  produttivo,  da  sostanze inquinanti derivanti dalle
          attivita'  di escavazione, perforazione e costruzione siano
          utilizzati,  senza  trasformazioni  preliminari, secondo le
          modalita' previste nel progetto sottoposto a valutazione di
          impatto  ambientale  ovvero,  qualora  il  progetto non sia
          sottoposto  a valutazione di impatto ambientale, secondo le
          modalita'  previste  nel  progetto approvato dall'autorita'
          amministrativa   competente,  ove  cio'  sia  espressamente
          previsto,  previo  parere  delle  Agenzie regionali e delle
          province   autonome   per   la   protezione  dell'ambiente,
          sempreche'  la  composizione  media  dell'intera  massa non
          presenti  una  concentrazione  di  inquinanti  superiore ai
          limiti  massimi  previsti dalle norme vigenti e dal decreto
          di cui al comma 3.
              2.  Ai  fini  del  presente  articolo,  le opere il cui
          progetto  e' sottoposto a valutazione di impatto ambientale
          costituiscono  unico  ciclo  produttivo,  anche  qualora  i
          materiali  di  cui  al comma 1 siano destinati a differenti
          utilizzi,  a  condizione  che  tali  utilizzi  siano  tutti
          progettualmente previsti.
              3. Il rispetto dei limiti di cui al comma 1 puo' essere
          verificato,  in  alternativa  agli accertamenti sul sito di
          produzione,   anche   mediante  accertamenti  sui  siti  di
          deposito,  in caso di impossibilita' di immediato utilizzo.
          I  limiti  massimi  accettabili  nonche'  le  modalita'  di
          analisi dei materiali ai fini della loro caratterizzazione,
          da  eseguire  secondo  i  criteri di cui all'Allegato 2 del
          titolo  V  della  parte  quarta  del presente decreto, sono
          determinati  con decreto del Ministro dell'ambiente e della
          tutela  del  territorio  da  emanarsi  entro novanta giorni
          dall'entrata  in  vigore  della  parte  quarta del presente
          decreto,  salvo  limiti  inferiori previsti da disposizioni
          speciali.   Sino   all'emanazione   del   predetto  decreto
          continuano  ad applicarsi i valori di concentrazione limite
          accettabili  di  cui  all'Allegato 1, tabella 1, colonna B,
          del  decreto del Ministro dell'ambiente 25 ottobre 1999, n.
          471.
              4.  Il rispetto dei limiti massimi di concentrazione di
          inquinanti   di  cui  al  comma 3  deve  essere  verificato
          mediante  attivita'  di  caratterizzazione dei materiali di
          cui al comma 1, da ripetersi ogni qual volta si verifichino
          variazioni  del  processo  di  produzione  che origina tali
          materiali.
              5.  Per  i  materiali  di cui al comma 1 si intende per
          effettivo  utilizzo  per reinterri, riempimenti, rilevati e
          macinati  anche  la destinazione progettualmente prevista a
          differenti  cicli  di  produzione  industriale,  nonche' il
          riempimento  delle cave coltivate, oppure la ricollocazione
          in    altro    sito,   a   qualsiasi   titolo   autorizzata
          dall'autorita'  amministrativa competente, qualora cio' sia
          espressamente  previsto,  previo,  ove il relativo progetto
          non  sia  sottoposto  a  valutazione di impatto ambientale,
          parere  delle  Agenzie  regionali e delle province autonome
          per  la  protezione  dell'ambiente,  a condizione che siano
          rispettati  i  limiti di cui al comma 3 e la ricollocazione
          sia    effettuata    secondo   modalita'   progettuali   di
          rimodellazione ambientale del territorio interessato.
              6.   Qualora  i  materiali  di  cui  al  comma 1  siano
          destinati  a differenti cicli di produzione industriale, le
          autorita'   amministrative   competenti  ad  esercitare  le
          funzioni  di  vigilanza  e  controllo  sui  medesimi  cicli
          provvedono  a  verificare,  senza  oneri  aggiuntivi per la
          finanza   pubblica,   anche   mediante  l'effettuazione  di
          controlli   periodici,   l'effettiva  destinazione  all'uso
          autorizzato  dei  materiali;  a  tal fine l'utilizzatore e'
          tenuto  a  documentarne  provenienza, quantita' e specifica
          destinazione.
              7.  Ai  fini del parere delle Agenzie regionali e delle
          province  autonome  per la protezione dell'ambiente, di cui
          ai commi 1 e 5, per i progetti non sottoposti a valutazione
          di  impatto  ambientale,  alla  richiesta  di riutilizzo ai
          sensi  dei commi da 1 a 6 e' allegata una dichiarazione del
          soggetto  che  esegue i lavori ovvero del committente, resa
          ai  sensi  dell'art.  47  del  decreto del Presidente della
          Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, nella quale si attesta
          che  nell'esecuzione  dei  lavori non sono state utilizzate
          sostanze   inquinanti,  che  il  riutilizzo  avviene  senza
          trasformazioni  preliminari,  che il riutilizzo avviene per
          una  delle  opere  di  cui  ai  commi 1  e  5  del presente
          articolo,  come  autorizzata dall'autorita' competente, ove
          cio'  sia  espressamente  previsto,  e che nel materiale da
          scavo  la  concentrazione di inquinanti non e' superiore ai
          limiti   vigenti   con   riferimento   anche   al  sito  di
          destinazione.
              8.  Nel  caso  in  cui  non  sia  possibile l'immediato
          riutilizzo  del  materiale  di  scavo,  dovra' anche essere
          indicato   il   sito   di   deposito   del   materiale,  il
          quantitativo,  la  tipologia  del materiale ed all'atto del
          riutilizzo  la richiesta dovra' essere integrata con quanto
          previsto  ai  commi 6  e  7.  Il riutilizzo dovra' avvenire
          entro  sei  mesi  dall'avvenuto  deposito, salvo proroga su
          istanza motivata dell'interessato.
              9.  Il  parere  di  cui al comma 5 deve essere reso nel
          termine  perentorio  di  trenta  giorni,  decorsi  i  quali
          provvede   in   via   sostitutiva  la  regione  su  istanza
          dell'interessato.
              10.  Non  sono  in  ogni  caso  assimilabili ai rifiuti
          urbani  i rifiuti derivanti dalle lavorazioni di minerali e
          di materiali da cava.».
              - La    legge   29 maggio   1974,   n.   256,   recante
          «Classificazione    e    disciplina    dell'imballaggio   e
          dell'etichettatura   delle   sostanze   e   dei   preparati
          pericolosi»,  e'  pubblicata  nella  Gazzetta Ufficiale del
          9 luglio 1974, n. 178.
              - Il  decreto legislativo 14 marzo 2003, n. 65, recante
          «Attuazione  della  direttiva  1999/45/CE e della direttiva
          2001/60/CE relative alla classificazione, all'imballaggio e
          all'etichettatura  dei preparati pericolosi», e' pubblicato
          nella   Gazzetta  Ufficiale  del  14 aprile  2003,  n.  87,
          supplemento ordinario.
              - L'art.    2,   comma 1,   del   decreto   legislativo
          18 febbraio  2005,  n.  59,  recante  «Attuazione integrale
          della   direttiva  96/61/CE  relativa  alla  prevenzione  e
          riduzione  integrate  dell'inquinamento»,  pubblicato nella
          Gazzetta  Ufficiale  del 22 aprile 2005, n. 93, supplemento
          ordinario, cosi' recita:
              «Art.  2  (Definizioni).  -  1.  Ai  fini  del presente
          decreto si intende per:
                a) sostanze:  gli  elementi  chimici e loro composti,
          escluse   le   sostanze   radioattive  di  cui  al  decreto
          legislativo   17 marzo   1995,  n.  230,  e  gli  organismi
          geneticamente  modificati  di  cui  al  decreto legislativo
          3 marzo  1993, n. 91 e al decreto legislativo 3 marzo 1993,
          n. 92;
                b) inquinamento:  l'introduzione diretta o indiretta,
          a  seguito  di  attivita'  umana,  di sostanze, vibrazioni,
          calore  o  rumore  nell'aria,  nell'acqua  o nel suolo, che
          potrebbero  nuocere  alla  salute  umana  o  alla  qualita'
          dell'ambiente, causare il deterioramento di beni materiali,
          oppure   danni   o   perturbazioni   a   valori  ricreativi
          dell'ambiente o ad altri suoi legittimi usi;
                c) impianto:  l'unita' tecnica permanente in cui sono
          svolte  una  o  piu'  attivita'  elencate nell'allegato I e
          qualsiasi    altra    attivita'   accessoria,   che   siano
          tecnicamente  connesse  con  le  attivita' svolte nel luogo
          suddetto    e    possano   influire   sulle   emissioni   e
          sull'inquinamento;
                d) impianto    esistente:   un   impianto   che,   al
          10 novembre  1999,  aveva  ottenuto tutte le autorizzazioni
          ambientali  necessarie  all'esercizio,  o  il provvedimento
          positivo  di  compatibilita'  ambientale,  o per il quale a
          tale  data  erano  state  presentate richieste complete per
          tutte  le  autorizzazioni  ambientali necessarie per il suo
          esercizio,  a  condizione  che esso sia entrato in funzione
          entro il 10 novembre 2000;
                e) impianto  nuovo:  un impianto che non ricade nella
          definizione di impianto esistente;
                f) emissione:  lo  scarico  diretto  o  indiretto, da
          fonti  puntiformi  o  diffuse  dell'impianto,  di sostanze,
          vibrazioni,  calore  o rumore nel-l'aria, nell'acqua ovvero
          nel suolo;
                g) valori  limite  di emissione: la massa espressa in
          rapporto    a    determinati    parametri   specifici,   la
          concentrazione  ovvero  il  livello di un'emissione che non
          possono  essere  superati in uno o piu' periodi di tempo. I
          valori limite di emissione possono essere fissati anche per
          determinati  gruppi,  famiglie  o  categorie  di  sostanze,
          segnatamente  quelle  di  cui  all'allegato  III.  I valori
          limite  di  emissione  delle sostanze si applicano di norma
          nel  punto  di  fuoriuscita  delle emissioni dall'impianto;
          nella  loro  determinazione  non  devono essere considerate
          eventuali  diluizioni.  Per  quanto  concerne  gli scarichi
          indiretti   in   acqua,   l'effetto   di  una  stazione  di
          depurazione  puo'  essere  preso  in  considerazione  nella
          determinazione    dei    valori    limite    di   emissione
          dell'impianto,   a   condizione  di  garantire  un  livello
          equivalente  di  protezione dell'ambiente nel suo insieme e
          di non portare a carichi inquinanti maggiori nell'ambiente,
          fatto  salvo  il  rispetto  delle  disposizioni del decreto
          legislativo   11 maggio   1999,   n.   152,   e  successive
          modificazioni;
                h) norma   di   qualita'   ambientale:  la  serie  di
          requisiti,   inclusi   gli   obiettivi   di  qualita',  che
          sussistono  in un dato momento in un determinato ambiente o
          in  una  specifica  parte  di  esso,  come  stabilito nella
          normativa vigente in materia ambientale;
                i) autorita' competente: il Ministero dell'ambiente e
          della   tutela   del  territorio  per  tutti  gli  impianti
          esistenti   e   nuovi   di   competenza   statale  indicati
          nell'allegato  V  o,  per  gli  altri impianti, l'autorita'
          individuata,  tenendo  conto  dell'esigenza  di definire un
          unico  procedimento  per  il  rilascio  dell'autorizzazione
          integrata  ambientale,  dalla  regione  o  dalla  provincia
          autonoma;
                l) autorizzazione     integrata     ambientale:    il
          provvedimento che autorizza l'esercizio di un impianto o di
          parte di esso a determinate condizioni che devono garantire
          che  l'impianto  sia  conforme  ai  requisiti  del presente
          decreto. Un'autorizzazione integrata ambientale puo' valere
          per  uno  o  piu'  impianti  o  parti  di  essi,  che siano
          localizzati  sullo  stesso  sito  e  gestiti  dal  medesimo
          gestore;
                m) modifica  dell'impianto:  una  modifica  delle sue
          caratteristiche  o  del  suo  funzionamento  ovvero  un suo
          potenziamento che possa produrre conseguenze sull'ambiente;
                n) modifica  sostanziale:  una modifica dell'impianto
          che,  secondo un parere motivato dell'autorita' competente,
          potrebbe  avere  effetti  negativi  e significativi per gli
          esseri umani o per l'ambiente. In particolare, per ciascuna
          attivita'  per  la  quale  l'allegato  I  indica  valori di
          soglia,  e'  sostanziale  una  modifica che dia luogo ad un
          incremento del valore di una delle grandezze, oggetto della
          soglia, pari o superiore al valore della soglia stessa;
                o) migliori  tecniche disponibili: la piu' efficiente
          e  avanzata fase di sviluppo di attivita' e relativi metodi
          di  esercizio  indicanti l'idoneita' pratica di determinate
          tecniche  a  costituire,  in  linea di massima, la base dei
          valori  limite  di  emissione intesi ad evitare oppure, ove
          cio'  si  riveli impossibile, a ridurre in modo generale le
          emissioni  e l'impatto sull'ambiente nel suo complesso. Nel
          determinare   le  migliori  tecniche  disponibili,  occorre
          tenere   conto   in   particolare  degli  elementi  di  cui
          all'allegato IV. Si intende per:
                  1)  tecniche:  sia  le  tecniche  impiegate  sia le
          modalita'   di  progettazione,  costruzione,  manutenzione,
          esercizio e chiusura dell'impianto;
                  2) disponibili: le tecniche sviluppate su una scala
          che ne consenta l'applicazione in condizioni economicamente
          e  tecnicamente  valide nell'ambito del pertinente comparto
          industriale,  prendendo,  in  considerazione  i  costi  e i
          vantaggi,  indipendentemente  dal  fatto  che  siano o meno
          applicate  o  prodotte  in  ambito  nazionale,  purche'  il
          gestore possa avervi accesso a condizioni ragionevoli;
                  3) migliori: le tecniche piu' efficaci per ottenere
          un  elevato  livello  di  protezione  dell'ambiente nel suo
          complesso;
                p) gestore:  qualsiasi persona fisica o giuridica che
          detiene o gestisce l'impianto;
                q) pubblico: una o piu' persone fisiche o giuridiche,
          nonche',   ai  sensi  della  legislazione  o  della  prassi
          nazionale, le associazioni, le organizzazioni o i gruppi di
          tali persone;
                r) pubblico  interessato:  il  pubblico che subisce o
          puo'  subire  gli  effetti  dell'adozione  di una decisione
          relativa   al   rilascio   o   all'aggiornamento   di   una
          autorizzazione  o delle condizioni di autorizzazione, o che
          ha  un  interesse  rispetto a tale decisione; ai fini della
          presente  definizione le organizzazioni non governative che
          promuovono  la  protezione dell'ambiente e che soddisfano i
          requisiti di diritto nazionale si considerano portatrici di
          un siffatto interesse.».
              - Il   testo   dell'art.   2  del  decreto  legislativo
          25 novembre   1996,   n.  624,  recante  «Attuazione  della
          direttiva  92/91/CEE  relativa  alla sicurezza e salute dei
          lavoratori  nelle  industrie estrattive per trivellazione e
          della direttiva 92/104/CEE relativa alla sicurezza e salute
          dei  lavoratori nelle industrie estrattive a cielo aperto o
          sotterranee»,   pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale  del
          14 dicembre  1996,  n.  293,  supplemento  ordinario, cosi'
          recita:
              «Art.   2   (Definizioni).  -  1.  Agli  effetti  delle
          disposizioni di cui al presente decreto si intendono per:
                a) luogo  di lavoro: ogni luogo destinato ai posti di
          lavoro  ove  si  svolgono  le  attivita' di cui all'art. 1,
          compresi  gli  alloggi  a  cui  i  lavoratori hanno accesso
          nell'ambito  del  loro  lavoro,  la  viabilita'  interna  a
          servizio  dell'attivita'  stessa, le discariche, nonche' le
          altre  aree di deposito, con l'esclusione, per le attivita'
          condotte mediante perforazione, delle aree di magazzinaggio
          e deposito non direttamente connesse alle attivita' stesse;
                b) titolare:  l'imprenditore  di miniera o cava, o il
          titolare  di  permesso  di  prospezione  o  di ricerca o di
          concessione di coltivazione o di autorizzazione di cava;
                c) sorvegliante: persona, in possesso delle capacita'
          e  delle  competenze necessarie, designato dal titolare per
          la   sorveglianza   sul   luogo   di   lavoro  occupato  da
          lavoratori.».
              - Il testo dell'art. 6 del decreto del Presidente della
          Repubblica 9 aprile 1959, n. 128, recante «Norme di polizia
          delle  miniere  e  delle  cave»,  pubblicato nella Gazzetta
          Ufficiale   dell'11 aprile   1959,   n.   87,   supplemento
          ordinario, cosi' recita:
              «Art.  6.  -  Il  titolare  deve  nominare un direttore
          responsabile in possesso delle capacita' e delle competenze
          necessarie  all'esercizio  di  tale  incarico  sotto la cui
          responsabilita' ricadono costantemente i luoghi di lavoro.
              Spetta al direttore responsabile l'obbligo di osservare
          e  far  osservare le disposizioni normative e regolamentari
          in  materia  di  tutela  della sicurezza e della salute dei
          lavoratori.».
              - Il  regio  decreto  29 luglio  1927, n. 1443, recante
          «Norme di carattere legislativo per disciplinare la ricerca
          e  la  coltivazione  delle miniere nel Regno» e' pubblicato
          nella Gazzetta Ufficiale del 23 agosto 1927, n. 194.
              - Gli  articoli 4 e 5 del citato decreto del Presidente
          della Repubblica 9 aprile 1959, n. 128, cosi' recitano:
              «Art.  4.  - La vigilanza sull'applicazione delle norme
          del  presente  decreto spetta al Ministero dell'industria e
          del  commercio  che  la esercita a mezzo dei prefetti e del
          Corpo   delle   miniere.  L'ingegnere  capo  del  distretto
          minerario  e  l'ingegnere  capo  della sezione dell'ufficio
          nazionale minerario per gli idrocarburi e la geotermia (che
          nel   testo   saranno  indicati  con  la  denominazione  di
          «ingegnere  capo») provvedono alle attivita' di prevenzione
          degli  infortuni  sul  lavoro  e  di tutela dell'igiene del
          lavoro  negli  impianti  e  nella lavorazioni soggetti alle
          norme   di   polizia  delle  miniere,  avvalendosi  per  le
          incombenze  di  ordine  igienico-sanitario dei medici delle
          unita' sanitarie locali di cui alla legge 23 dicembre 1978,
          n.  833,  e  successive  modificazioni  ed  integrazioni. I
          sanitari suddetti non possono rifiutare la loro opera e gli
          Enti,  da  cui  i sanitari stessi dipendono, sono tenuti ad
          agevolare   all'ingegnere  capo  l'esecuzione  dei  compiti
          predetti.».
              «Art.  5.  -  Gli ingegneri ed i periti del Corpo delle
          miniere,   i  medici  nell'espletamento  dei  compiti  loro
          affidati  ai  sensi  dell'articolo  precedente,  e,  quando
          appositamente incaricati dal Ministro per l'industria ed il
          commercio,  i  geologi  e  i chimici del Corpo stesso hanno
          diritto di visitare le miniere e le cave. I direttori delle
          miniere  e  delle  cave  e  il  personale  dipendente hanno
          l'obbligo  di  agevolare  tali  visite e, quando richiesti,
          devono  fornire ai suddetti funzionari le notizie ed i dati
          necessari.
              Gli  ingegneri ed i periti del Corpo delle miniere, nei
          limiti  del  servizio  cui  sono  destinati  e  secondo  le
          attribuzioni  ad  essi conferite dal presente decreto, sono
          ufficiali di polizia giudiziaria. Nell'esercizio delle loro
          funzioni  gli ingegneri ed i periti del Corpo delle miniere
          hanno  facolta'  di  richiedere  l'assistenza  della  Forza
          pubblica.».
              - Il  decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio
          1977,  n.  616,  recante  «Attuazione  della  delega di cui
          all'art.   1  della  legge  22 luglio  1975,  n.  382»,  e'
          pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 29 agosto 1977, n. 234,
          supplemento ordinario.
              - Il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, recante
          «Conferimento  di  funzioni  e compiti amministrativi dello
          Stato  alle  regioni ed agli enti locali, in attuazione del
          capo  I  della  legge  15 marzo  1997, n. 59, e' pubblicato
          nella   Gazzetta  Ufficiale  del  21 aprile  1998,  n.  92,
          supplemento ordinario.
              - L'art. 23 del citato regio decreto 29 luglio 1927, n.
          1443, cosi' recita:
              «Art.  23. - Sono pertinenze della miniera gli edifici,
          gli impianti fissi interni o esterni, i pozzi, le gallerie,
          nonche'  i  macchinari, gli apparecchi e utensili destinati
          alla  coltivazione  della  miniera, le opere e gli impianti
          destinati all'arricchimento del minerale.
              Sono  considerati  come mobili i materiali estratti, le
          provviste, gli arredi.».
              - L'art.  1  del  citato  decreto  del Presidente della
          Repubblica 9 aprile 1959, n. 128, cosi' recita:
              «Art.  1.  -  Le norme di polizia delle miniere e delle
          cave  provvedono  a  tutelare  la sicurezza e la salute dei
          lavoratori,  ad  assicurare  il  regolare svolgimento delle
          lavorazioni  nel rispetto della sicurezza dei terzi e delle
          attivita'  di  preminente interesse generale ed a garantire
          il   buon   governo   dei  giacimenti  minerari  in  quanto
          appartenenti al patrimonio dello Stato.
              Tali norme si applicano:
                a) ai  lavori  di prospezione, ricerca e coltivazione
          delle sostanze minerali;
                b) ai  lavori  svolti  negli  impianti  connessi alle
          attivita'  minerarie,  esistenti  entro  il  perimetro  dei
          permessi di ricerca e delle concessioni;
                c) ai  lavori svolti negli impianti che costituiscono
          pertinenze  della  miniera  ai sensi dell'art. 23 del regio
          decreto 29 luglio 1927, n. 1443, anche se ubicati fuori del
          perimetro delle concessioni;
                d) ai    lavori    di    frantumazione,   vagliatura,
          squadratura  e  lizzatura  dei  prodotti delle cave ed alle
          operazioni di caricamento di tali prodotti dai piazzali.
              Non   sono  soggetti  alle  disposizioni  del  presente
          decreto:
                a) i lavori negli stabilimenti non compresi nel ciclo
          produttivo  minerario  aventi  per oggetto la utilizzazione
          dei prodotti minerari;
                b) le  escavazioni  di  sabbie e ghiaie effettuate in
          base  ad  autorizzazione  dei competenti organi dello Stato
          nell'alveo dei corsi d'acqua e nelle spiagge del mare e dei
          laghi,  sempre che i giacimenti di tali sabbie e ghiaie non
          formino  oggetto  di  permesso  di ricerca o concessione ai
          sensi del regio decreto 29 luglio 1927, n. 1443, modificato
          con la legge 7 novembre 1941, n. 1360.
              Nulla  e'  innovato  circa  la competenza del Ministero
          dell'interno   in   materia   di   tutela   della  pubblica
          incolumita'  ai  sensi  del  testo  unico  delle  leggi  di
          pubblica  sicurezza,  approvato con regio decreto 18 giugno
          1931,  n.  773,  e  del  relativo regolamento di esecuzione
          6 maggio 1940, numero 635.».
              - L'art.  1  del citato decreto legislativo 25 novembre
          1996, n. 624, cosi' recita:
              «Art.  1 (Attivita' soggette). - 1. Il presente decreto
          legislativo  prescrive misure per la tutela della sicurezza
          e  della  salute  dei  lavoratori  durante  il lavoro nelle
          attivita'  estrattive  di  sostanze  minerali di prima e di
          seconda  categoria,  cosi'  come  definite  dall'art. 2 del
          regio   decreto  29 luglio  1927,  n.  1443,  e  successive
          modifiche.
              2. Le norme del presente decreto si applicano:
                a) ai  lavori  di prospezione, ricerca e coltivazione
          delle sostanze minerali;
                b) ai  lavori  svolti  negli  impianti  connessi alle
          attivita'  minerarie,  esistenti  entro  il  perimetro  dei
          permessi    di   ricerca,   delle   concessioni   o   delle
          autorizzazioni;
                c) ai  lavori svolti negli impianti che costituiscono
          pertinenze  della  miniera  ai sensi dell'art. 23 del regio
          decreto  n.  1443  del  1927,  anche  se  ubicati fuori del
          perimetro delle concessioni;
                d) ai    lavori    di    frantumazione,   vagliatura,
          squadratura  e  lizzatura  dei  prodotti delle cave ed alle
          operazioni di caricamento di tali prodotti dai piazzali;
                e) alle    attivita'    di    prospezione,   ricerca,
          coltivazione  e  stoccaggio  degli  idrocarburi  liquidi  e
          gassosi  nel  territorio nazionale, nel mare territoriale e
          nella   piattaforma   continentale   e   nelle  altre  aree
          sottomarine comunque soggette ai poteri dello Stato.
              3.  Per  quanto non diversamente disposto, o modificato
          dal  presente  decreto,  si  applicano  le  norme di cui al
          decreto  del  Presidente della Repubblica 9 aprile 1959, n.
          128,  e  successive  modifiche, e al decreto del Presidente
          della  Repubblica  24 maggio  1979,  n.  886,  e successive
          modifiche,  all'art. 11 della legge 30 luglio 1990, n. 221,
          al  decreto  legislativo  19 settembre  1994,  n. 626, come
          modificato  dal  decreto legislativo 19 marzo 1996, n. 242,
          di  seguito complessivamente denominato decreto legislativo
          n. 626 del 1994.
              4.  Le  disposizioni del presente decreto si applicano,
          nelle  regioni a statuto speciale e nelle province autonome
          di  Trento  e  Bolzano,  compatibilmente  con  i rispettivi
          statuti e le relative norme di attuazione.».