Art. 3. Definizioni 1. Ai fini del presente decreto si intende per: a) rifiuto: la definizione di cui all'articolo 183, comma 1, lettera a), del decreto legislativo n. 152 del 2006; b) rifiuto pericoloso: la definizione di cui all'articolo 184, comma 5, del decreto legislativo n. 152 del 2006; c) rifiuto inerte: i rifiuti che non subiscono alcuna trasformazione fisica, chimica o biologica significativa. I rifiuti inerti non si dissolvono, non bruciano ne' sono soggetti ad altre reazioni fisiche o chimiche, non sono biodegradabili e, in caso di contatto con altre materie, non comportano effetti nocivi tali da provocare inquinamento ambientale o danno alla salute umana. La tendenza a dar luogo a percolati e la percentuale inquinante globale dei rifiuti, nonche' l'ecotossicita' dei percolati devono essere trascurabili e, in particolare, non danneggiare la qualita' delle acque superficiali e sotterranee; d) rifiuti di estrazione: rifiuti derivanti dalle attivita' di prospezione o di ricerca, di estrazione, di trattamento e di ammasso di risorse minerali e dallo sfruttamento delle cave; e) terra non inquinata: terra ricavata dallo strato piu' superficiale del terreno durante le attivita' di estrazione e non inquinata, ai sensi di quanto stabilito all'articolo 186 decreto legislativo n. 152 del 2006; f) risorsa minerale o minerale: un deposito naturale nella crosta terrestre di sostanze organiche o inorganiche, quali combustibili energetici, minerali metallici, minerali industriali e minerali per l'edilizia, esclusa l'acqua; g) industrie estrattive: tutti gli stabilimenti e le imprese impegnati nell'estrazione, superficiale o sotterranea, di risorse minerali a fini commerciali, compresa l'estrazione per trivellazione o il trattamento del materiale estratto; h) offshore: la zona del mare e del fondo marino che si estende dalla linea di bassa marea delle maree ordinarie o medie verso l'esterno; i) trattamento: il processo o la combinazione di processi meccanici, fisici, biologici, termici o chimici svolti sulle risorse minerali, compreso lo sfruttamento delle cave, al fine di estrarre il minerale, compresa la modifica delle dimensioni, la classificazione, la separazione e la lisciviazione, e il ritrattamento di rifiuti di estrazione precedentemente scartati; sono esclusi la fusione, i processi di lavorazione termici (diversi dalla calcinazione della pietra calcarea) e le operazioni metallurgiche; l) sterili: il materiale solido o i fanghi che rimangono dopo il trattamento dei minerali per separazione (ad esempio: frantumazione, macinazione, vagliatura, flottazione e altre tecniche fisico-chimiche) per ricavare i minerali pregiati dalla roccia meno pregiata; m) cumulo: una struttura attrezzata per il deposito dei rifiuti di estrazione solidi in superficie; n) diga: una struttura attrezzata, progettata per contenere o confinare l'acqua e/o i rifiuti di estrazione all'interno di un bacino di decantazione; o) bacino di decantazione: una struttura naturale o attrezzata per lo smaltimento di rifiuti di estrazione fini, in genere gli sterili, nonche' quantitativi variabili di acqua allo stato libero derivanti dal trattamento delle risorse minerali e dalla depurazione e dal riciclaggio dell'acqua di processo; p) cianuro dissociabile con un acido debole: il cianuro e i suoi composti che si dissociano con un acido debole ad un pH determinato; q) percolato: qualsiasi liquido che filtra attraverso i rifiuti di estrazione depositati e che viene emesso dalla struttura di deposito dei rifiuti di estrazione o vi e' contenuto, compreso il drenaggio inquinato, che possa avere effetti negativi per l'ambiente se non viene trattato adeguatamente; r) struttura di deposito dei rifiuti di estrazione: qualsiasi area adibita all'accumulo o al deposito di rifiuti di estrazione, allo stato solido o liquido, in soluzione o in sospensione. Tali strutture comprendono una diga o un'altra struttura destinata a contenere, racchiudere, confinare i rifiuti di estrazione o svolgere altre funzioni per la struttura, inclusi, in particolare, i cumuli e i bacini di decantazione; sono esclusi i vuoti e volumetrie prodotti dall'attivita' estrattiva dove vengono risistemati i rifiuti di estrazione, dopo l'estrazione del minerale, a fini di ripristino e ricostruzione. In particolare, ricadono nella definizione: 1) le strutture di deposito dei rifiuti di estrazione di categoria A e le strutture per i rifiuti di estrazione caratterizzati come pericolosi nel piano di gestione dei rifiuti di estrazione; 2) le strutture per i rifiuti di estrazione pericolosi generati in modo imprevisto, dopo un periodo di accumulo o di deposito di rifiuti di estrazione superiore a sei mesi; 3) le strutture per i rifiuti di estrazione non inerti non pericolosi, dopo un periodo di accumulo o di deposito di rifiuti di estrazione superiore a un anno; 4) le strutture per la terra non inquinata, i rifiuti di estrazione non pericolosi derivanti dalla prospezione o dalla ricerca, i rifiuti derivanti dalle operazioni di estrazione, di trattamento e di stoccaggio della torba nonche' i rifiuti di estrazione inerti, dopo un periodo di accumulo o di deposito di rifiuti di estrazione superiore a tre anni; s) incidente rilevante: un evento avvenuto nel sito nel corso di un'operazione concernente la gestione dei rifiuti di estrazione in uno stabilimento contemplato dal presente decreto che dia luogo ad un pericolo grave, immediato o differito, per la salute umana o l'ambiente all'interno o all'esterno del sito; t) sostanza pericolosa: una sostanza, una miscela o un preparato pericoloso ai sensi della legge 29 maggio 1974, n. 256, o del decreto legislativo 14 marzo 2003, n. 65, e successive modificazioni; u) migliori tecniche disponibili: le tecniche definite all'articolo 2, comma 1, lettera o), del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59; v) corpo idrico recettore: le acque costiere, le acque sotterranee, le acque di superficie, le acque di transizione, come definite nella parte terza del decreto n. 152 del 2006; z) ripristino: il trattamento del terreno che abbia subito un impatto dalla struttura di deposito dei rifiuti di estrazione, al fine di ripristinare uno stato soddisfacente del terreno, in particolare riguardo alla qualita' del suolo, alla flora e alla fauna selvatiche, agli habitat naturali, ai sistemi delle acque dolci, al paesaggio e agli opportuni utilizzi benefici; aa) prospezione o ricerca: la ricerca di depositi minerali di valore economico, compreso il prelievo di campioni, il campionamento di massa, le perforazioni e lo scavo di fosse, esclusi i lavori necessari allo sviluppo di tali depositi e le attivita' direttamente connesse con un'operazione estrattiva esistente; bb) pubblico: una o piu' persone fisiche o giuridiche e, ai sensi della legislazione o della prassi nazionale, le associazioni, le organizzazioni o i gruppi costituiti da tali persone; cc) pubblico interessato: il pubblico che subisce o puo' subire gli effetti dei processi decisionali in materia ambientale di cui agli articoli 6 e 7 o che ha un interesse da far valere in tali processi; ai fini della presente definizione, si considerano titolari di tali interessi le organizzazioni non governative che promuovono la tutela dell'ambiente e che soddisfano i requisiti prescritti dalle norme vigenti; dd) operatore: il titolare di cui all'articolo 2 del decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 624, e successive modificazioni, di seguito denominato: "decreto legislativo n. 624 del 1996", o la diversa persona fisica o giuridica incaricata della gestione dei rifiuti di estrazione, compresi il deposito temporaneo dei rifiuti di estrazione e le fasi operative e quelle successive alla chiusura; ee) detentore dei rifiuti: chi produce i rifiuti di estrazione o la persona fisica o giuridica che ne e' in possesso; ff) persona competente: il direttore responsabile di cui all'articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica 9 aprile 1959, n. 128, come modificato dall'articolo 20 del decreto legislativo n. 624 del 1996, o altra persona fisica che dispone delle conoscenze tecniche e della necessaria esperienza incaricata dal direttore responsabile; gg) autorita' competente: l'autorita' definita dal regio decreto 29 luglio 1927, n. 1443, e dagli articoli 4 e 5 del decreto del Presidente della Repubblica 9 aprile 1959, n. 128, e secondo il conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali di cui al decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, e al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, nonche' dalle singole leggi regionali sulle attivita' estrattive; hh) sito: l'area del cantiere o dei cantieri estrattivi come individuata e perimetrata nell'atto autorizzativo e gestita da un operatore. Nel caso di miniere, il sito comprende le relative pertinenze di cui all'articolo 23 del regio decreto n. 1443 del 1927, all'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica n. 128 del 1959 e all'articolo 1 del decreto legislativo n. 624 del 1996; ii) modifiche sostanziali: modifiche strutturali o operative, comprese le variazioni del tipo di rifiuto depositato, di una struttura di deposito dei rifiuti di estrazione che, secondo l'autorita' competente, potrebbero avere effetti negativi significativi per la salute umana o per l'ambiente.
Note all'art. 3: - L'art. 183, comma 1, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, cosi' recita: «Art. 183 (Definizioni). - 1. Ai fini della parte quarta del presente decreto e fatte salve le ulteriori definizioni contenute nelle disposizioni speciali, si intende per: a) rifiuto: qualsiasi sostanza od oggetto che rientra nelle categorie riportate nell'Allegato A alla parte quarta del presente decreto e di cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l'obbligo di disfarsi; b) produttore: la persona la cui attivita' ha prodotto rifiuti cioe' il produttore iniziale e la persona che ha effettuato operazioni di pretrattamento, di miscuglio o altre operazioni che hanno mutato la natura o la composizione di detti rifiuti; c) detentore: il produttore dei rifiuti o il soggetto che li detiene; d) gestione: la raccolta, il trasporto, il recupero e lo smaltimento dei rifiuti, compreso il controllo di queste operazioni, nonche' il controllo delle discariche dopo la chiusura; e) raccolta: l'operazione di prelievo, di cernita o di raggruppamento dei rifiuti per il loro trasporto; f) raccolta differenziata: la raccolta idonea, secondo criteri di economicita', efficacia, trasparenza ed efficienza, a raggruppare i rifiuti urbani in frazioni merceologiche omogenee, al momento della raccolta o, per la frazione organica umida, anche al momento del trattamento, nonche' a raggruppare i rifiuti di imballaggio separatamente dagli altri rifiuti urbani, a condizione che tutti i rifiuti sopra indicati siano effettivamente destinati al recupero; g) smaltimento: ogni operazione finalizzata a sottrarre definitivamente una sostanza, un materiale o un oggetto dal circuito economico e/o di raccolta e, in particolare, le operazioni previste nell'Allegato B alla parte quarta del presente decreto; h) recupero: le operazioni che utilizzano rifiuti per generare materie prime secondarie, combustibili o prodotti, attraverso trattamenti meccanici, termici, chimici o biologici, incluse la cernita o la selezione, e, in particolare, le operazioni previste nell'Allegato C alla parte quarta del presente decreto; i) luogo di produzione dei rifiuti: uno o piu' edifici o stabilimenti o siti infrastrutturali collegati tra loro all'interno di un'area delimitata in cui si svolgono le attivita' di produzione dalle quali sono originati i rifiuti; l) stoccaggio: le attivita' di smaltimento consistenti nelle operazioni di deposito preliminare di rifiuti di cui al punto D15 dell'Allegato B alla parte quarta del presente decreto, nonche' le attivita' di recupero consistenti nelle operazioni di messa in riserva di materiali di cui al punto R13 dell'Allegato C alla medesima parte quarta; m) deposito temporaneo: il raggruppamento dei rifiuti effettuato, prima della raccolta, nel luogo in cui gli stessi sono prodotti, alle seguenti condizioni: 1) i rifiuti depositati non devono contenere policlorodibenzodiossine, policlorodibenzofurani, policlorodibenzofenoli in quantita' superiore a 2,5 parti per milione (ppm), ne' policlorobifenile e policlorotrifenili in quantita' superiore a 25 parti per milione (ppm); 2) i rifiuti devono essere raccolti ed avviati alle operazioni di recupero o di smaltimento secondo una delle seguenti modalita' alternative, a scelta del produttore, con cadenza almeno trimestrale, indipendentemente dalle quantita' in deposito; quando il quantitativo di rifiuti in deposito raggiunga complessivamente i 10 metri cubi nel caso di rifiuti pericolosi o i 20 metri cubi nel caso di rifiuti non pericolosi. In ogni caso, allorche' il quantitativo di rifiuti pericolosi non superi i 10 metri cubi l'anno e il quantitativo di rifiuti non pericolosi non superi i 20 metri cubi l'anno, il deposito temporaneo non puo' avere durata superiore ad un anno; 3) il deposito temporaneo deve essere effettuato per categorie omogenee di rifiuti e nel rispetto delle relative norme tecniche, nonche', per i rifiuti pericolosi, nel rispetto delle norme che disciplinano il deposito delle sostanze pericolose in essi contenute; 4) devono essere rispettate le norme che disciplinano l'imballaggio e l'etichettatura delle sostanze pericolose; 5) per alcune categorie di rifiuto, individuate con decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministero per lo sviluppo economico, sono fissate le modalita' di gestione del deposito temporaneo; n) frazione umida: rifiuto organico putrescibile ad alto tenore di umidita', proveniente da raccolta differenziata o selezione o trattamento dei rifiuti urbani; o) frazione secca: rifiuto a bassa putrescibilita' e a basso tenore di umidita' proveniente da raccolta differenziata o selezione o trattamento dei rifiuti urbani, avente un rilevante contenuto energetico; p) sottoprodotto: sono sottoprodotti le sostanze ed i materiali dei quali il produttore non intende disfarsi ai sensi dell'art. 183, comma 1, lettera a), che soddisfino tutti i seguenti criteri, requisiti e condizioni: 1) siano originati da un processo non direttamente destinato alla loro produzione; 2) il loro impiego sia certo, sin dalla fase della produzione, integrale e avvenga direttamente nel corso del processo di produzione o di utilizzazione preventivamente individuato e definito; 3) soddisfino requisiti merceologici e di qualita' ambientale idonei a garantire che il loro impiego non dia luogo ad emissioni e ad impatti ambientali qualitativamente e quantitativamente diversi da quelli autorizzati per l'impianto dove sono destinati ad essere utilizzati; 4) non debbano essere sottoposti a trattamenti preventivi o a trasformazioni preliminari per soddisfare i requisiti merceologici e di qualita' ambientale di cui al punto 3), ma posseggano tali requisiti sin dalla fase della produzione; 5) abbiano un valore economico di mercato; q) materia prima secondaria: sostanza o materia avente le caratteristiche stabilite ai sensi dell'art. 181-bis; r) combustibile da rifiuti (CDR): il combustibile classificabile, sulla base delle norme tecniche UNI 9903-1 e successive modifiche ed integrazioni, come RDF di qualita' normale, che e' ottenuto dai rifiuti urbani e speciali non pericolosi mediante trattamenti finalizzati a garantire un potere calorifico adeguato al suo utilizzo, nonche' a ridurre e controllare: 1) il rischio ambientale e sanitario; 2) la presenza di materiale metallico, vetri, inerti, materiale putrescibile e il contenuto di umidita'; 3) la presenza di sostanze pericolose, in particolare ai fini della combustione; s) combustibile da rifiuti di qualita' elevata (CDR-Q): il combustibile classificabile, sulla base delle norme tecniche UNI 9903-1 e successive modifiche ed integrazioni, come RDF di qualita' elevata; t) compost da rifiuti: prodotto ottenuto dal compostaggio della frazione organica dei rifiuti urbani nel rispetto di apposite norme tecniche finalizzate a definirne contenuti e usi compatibili con la tutela ambientale e sanitaria e, in particolare, a definirne i gradi di qualita'; u) compost di qualita': prodotto, ottenuto dal compostaggio di rifiuti organici raccolti separatamente, che rispetti i requisiti e le caratteristiche stabilite dall'allegato 2 del decreto legislativo n. 217 del 2006 e successive modifiche e integrazioni; z) scarichi idrici: le immissioni di acque reflue di cui all'art. 74, comma 1, lettera ff); aa) inquinamento atmosferico: ogni modifica atmosferica di cui all'art. 268, lettera a); bb) gestione integrata dei rifiuti: il complesso delle attivita' volte ad ottimizzare la gestione dei rifiuti, come definita alla lettera d), ivi compresa l'attivita' di spazzamento delle strade; cc) centro di raccolta: area presidiata ed allestita, senza ulteriori oneri a carico della finanza pubblica, per l'attivita' di raccolta mediante raggruppamento differenziato dei rifiuti per frazioni omogenee conferiti dai detentori per il trasporto agli impianti di recupero e trattamento. La disciplina dei centri di raccolta e' data con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita la Conferenza unificata Stato-Regioni, citta' e autonomie locali, di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281. dd) spazzamento delle strade: modalita' di raccolta dei rifiuti su strada.». - L'art. 184, comma 5, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, cosi' recita: «5. Sono pericolosi i rifiuti non domestici indicati espressamente come tali, con apposito asterisco, nell'elenco di cui all'Allegato D alla parte quarta del presente decreto, sulla base degli Allegati G, H e I alla medesima parte quarta.». - L'art. 186 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, cosi' recita: «Art. 186 (Terre e rocce da scavo). - 1. Le terre e rocce da scavo, anche di gallerie, ed i residui della lavorazione della pietra destinate all'effettivo utilizzo per reinterri, riempimenti, rilevati e macinati non costituiscono rifiuti e sono, percio', esclusi dall'ambito di applicazione della parte quarta del presente decreto solo nel caso in cui, anche quando contaminati, durante il ciclo produttivo, da sostanze inquinanti derivanti dalle attivita' di escavazione, perforazione e costruzione siano utilizzati, senza trasformazioni preliminari, secondo le modalita' previste nel progetto sottoposto a valutazione di impatto ambientale ovvero, qualora il progetto non sia sottoposto a valutazione di impatto ambientale, secondo le modalita' previste nel progetto approvato dall'autorita' amministrativa competente, ove cio' sia espressamente previsto, previo parere delle Agenzie regionali e delle province autonome per la protezione dell'ambiente, sempreche' la composizione media dell'intera massa non presenti una concentrazione di inquinanti superiore ai limiti massimi previsti dalle norme vigenti e dal decreto di cui al comma 3. 2. Ai fini del presente articolo, le opere il cui progetto e' sottoposto a valutazione di impatto ambientale costituiscono unico ciclo produttivo, anche qualora i materiali di cui al comma 1 siano destinati a differenti utilizzi, a condizione che tali utilizzi siano tutti progettualmente previsti. 3. Il rispetto dei limiti di cui al comma 1 puo' essere verificato, in alternativa agli accertamenti sul sito di produzione, anche mediante accertamenti sui siti di deposito, in caso di impossibilita' di immediato utilizzo. I limiti massimi accettabili nonche' le modalita' di analisi dei materiali ai fini della loro caratterizzazione, da eseguire secondo i criteri di cui all'Allegato 2 del titolo V della parte quarta del presente decreto, sono determinati con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio da emanarsi entro novanta giorni dall'entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, salvo limiti inferiori previsti da disposizioni speciali. Sino all'emanazione del predetto decreto continuano ad applicarsi i valori di concentrazione limite accettabili di cui all'Allegato 1, tabella 1, colonna B, del decreto del Ministro dell'ambiente 25 ottobre 1999, n. 471. 4. Il rispetto dei limiti massimi di concentrazione di inquinanti di cui al comma 3 deve essere verificato mediante attivita' di caratterizzazione dei materiali di cui al comma 1, da ripetersi ogni qual volta si verifichino variazioni del processo di produzione che origina tali materiali. 5. Per i materiali di cui al comma 1 si intende per effettivo utilizzo per reinterri, riempimenti, rilevati e macinati anche la destinazione progettualmente prevista a differenti cicli di produzione industriale, nonche' il riempimento delle cave coltivate, oppure la ricollocazione in altro sito, a qualsiasi titolo autorizzata dall'autorita' amministrativa competente, qualora cio' sia espressamente previsto, previo, ove il relativo progetto non sia sottoposto a valutazione di impatto ambientale, parere delle Agenzie regionali e delle province autonome per la protezione dell'ambiente, a condizione che siano rispettati i limiti di cui al comma 3 e la ricollocazione sia effettuata secondo modalita' progettuali di rimodellazione ambientale del territorio interessato. 6. Qualora i materiali di cui al comma 1 siano destinati a differenti cicli di produzione industriale, le autorita' amministrative competenti ad esercitare le funzioni di vigilanza e controllo sui medesimi cicli provvedono a verificare, senza oneri aggiuntivi per la finanza pubblica, anche mediante l'effettuazione di controlli periodici, l'effettiva destinazione all'uso autorizzato dei materiali; a tal fine l'utilizzatore e' tenuto a documentarne provenienza, quantita' e specifica destinazione. 7. Ai fini del parere delle Agenzie regionali e delle province autonome per la protezione dell'ambiente, di cui ai commi 1 e 5, per i progetti non sottoposti a valutazione di impatto ambientale, alla richiesta di riutilizzo ai sensi dei commi da 1 a 6 e' allegata una dichiarazione del soggetto che esegue i lavori ovvero del committente, resa ai sensi dell'art. 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, nella quale si attesta che nell'esecuzione dei lavori non sono state utilizzate sostanze inquinanti, che il riutilizzo avviene senza trasformazioni preliminari, che il riutilizzo avviene per una delle opere di cui ai commi 1 e 5 del presente articolo, come autorizzata dall'autorita' competente, ove cio' sia espressamente previsto, e che nel materiale da scavo la concentrazione di inquinanti non e' superiore ai limiti vigenti con riferimento anche al sito di destinazione. 8. Nel caso in cui non sia possibile l'immediato riutilizzo del materiale di scavo, dovra' anche essere indicato il sito di deposito del materiale, il quantitativo, la tipologia del materiale ed all'atto del riutilizzo la richiesta dovra' essere integrata con quanto previsto ai commi 6 e 7. Il riutilizzo dovra' avvenire entro sei mesi dall'avvenuto deposito, salvo proroga su istanza motivata dell'interessato. 9. Il parere di cui al comma 5 deve essere reso nel termine perentorio di trenta giorni, decorsi i quali provvede in via sostitutiva la regione su istanza dell'interessato. 10. Non sono in ogni caso assimilabili ai rifiuti urbani i rifiuti derivanti dalle lavorazioni di minerali e di materiali da cava.». - La legge 29 maggio 1974, n. 256, recante «Classificazione e disciplina dell'imballaggio e dell'etichettatura delle sostanze e dei preparati pericolosi», e' pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 9 luglio 1974, n. 178. - Il decreto legislativo 14 marzo 2003, n. 65, recante «Attuazione della direttiva 1999/45/CE e della direttiva 2001/60/CE relative alla classificazione, all'imballaggio e all'etichettatura dei preparati pericolosi», e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 14 aprile 2003, n. 87, supplemento ordinario. - L'art. 2, comma 1, del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, recante «Attuazione integrale della direttiva 96/61/CE relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento», pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 22 aprile 2005, n. 93, supplemento ordinario, cosi' recita: «Art. 2 (Definizioni). - 1. Ai fini del presente decreto si intende per: a) sostanze: gli elementi chimici e loro composti, escluse le sostanze radioattive di cui al decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, e gli organismi geneticamente modificati di cui al decreto legislativo 3 marzo 1993, n. 91 e al decreto legislativo 3 marzo 1993, n. 92; b) inquinamento: l'introduzione diretta o indiretta, a seguito di attivita' umana, di sostanze, vibrazioni, calore o rumore nell'aria, nell'acqua o nel suolo, che potrebbero nuocere alla salute umana o alla qualita' dell'ambiente, causare il deterioramento di beni materiali, oppure danni o perturbazioni a valori ricreativi dell'ambiente o ad altri suoi legittimi usi; c) impianto: l'unita' tecnica permanente in cui sono svolte una o piu' attivita' elencate nell'allegato I e qualsiasi altra attivita' accessoria, che siano tecnicamente connesse con le attivita' svolte nel luogo suddetto e possano influire sulle emissioni e sull'inquinamento; d) impianto esistente: un impianto che, al 10 novembre 1999, aveva ottenuto tutte le autorizzazioni ambientali necessarie all'esercizio, o il provvedimento positivo di compatibilita' ambientale, o per il quale a tale data erano state presentate richieste complete per tutte le autorizzazioni ambientali necessarie per il suo esercizio, a condizione che esso sia entrato in funzione entro il 10 novembre 2000; e) impianto nuovo: un impianto che non ricade nella definizione di impianto esistente; f) emissione: lo scarico diretto o indiretto, da fonti puntiformi o diffuse dell'impianto, di sostanze, vibrazioni, calore o rumore nel-l'aria, nell'acqua ovvero nel suolo; g) valori limite di emissione: la massa espressa in rapporto a determinati parametri specifici, la concentrazione ovvero il livello di un'emissione che non possono essere superati in uno o piu' periodi di tempo. I valori limite di emissione possono essere fissati anche per determinati gruppi, famiglie o categorie di sostanze, segnatamente quelle di cui all'allegato III. I valori limite di emissione delle sostanze si applicano di norma nel punto di fuoriuscita delle emissioni dall'impianto; nella loro determinazione non devono essere considerate eventuali diluizioni. Per quanto concerne gli scarichi indiretti in acqua, l'effetto di una stazione di depurazione puo' essere preso in considerazione nella determinazione dei valori limite di emissione dell'impianto, a condizione di garantire un livello equivalente di protezione dell'ambiente nel suo insieme e di non portare a carichi inquinanti maggiori nell'ambiente, fatto salvo il rispetto delle disposizioni del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152, e successive modificazioni; h) norma di qualita' ambientale: la serie di requisiti, inclusi gli obiettivi di qualita', che sussistono in un dato momento in un determinato ambiente o in una specifica parte di esso, come stabilito nella normativa vigente in materia ambientale; i) autorita' competente: il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio per tutti gli impianti esistenti e nuovi di competenza statale indicati nell'allegato V o, per gli altri impianti, l'autorita' individuata, tenendo conto dell'esigenza di definire un unico procedimento per il rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale, dalla regione o dalla provincia autonoma; l) autorizzazione integrata ambientale: il provvedimento che autorizza l'esercizio di un impianto o di parte di esso a determinate condizioni che devono garantire che l'impianto sia conforme ai requisiti del presente decreto. Un'autorizzazione integrata ambientale puo' valere per uno o piu' impianti o parti di essi, che siano localizzati sullo stesso sito e gestiti dal medesimo gestore; m) modifica dell'impianto: una modifica delle sue caratteristiche o del suo funzionamento ovvero un suo potenziamento che possa produrre conseguenze sull'ambiente; n) modifica sostanziale: una modifica dell'impianto che, secondo un parere motivato dell'autorita' competente, potrebbe avere effetti negativi e significativi per gli esseri umani o per l'ambiente. In particolare, per ciascuna attivita' per la quale l'allegato I indica valori di soglia, e' sostanziale una modifica che dia luogo ad un incremento del valore di una delle grandezze, oggetto della soglia, pari o superiore al valore della soglia stessa; o) migliori tecniche disponibili: la piu' efficiente e avanzata fase di sviluppo di attivita' e relativi metodi di esercizio indicanti l'idoneita' pratica di determinate tecniche a costituire, in linea di massima, la base dei valori limite di emissione intesi ad evitare oppure, ove cio' si riveli impossibile, a ridurre in modo generale le emissioni e l'impatto sull'ambiente nel suo complesso. Nel determinare le migliori tecniche disponibili, occorre tenere conto in particolare degli elementi di cui all'allegato IV. Si intende per: 1) tecniche: sia le tecniche impiegate sia le modalita' di progettazione, costruzione, manutenzione, esercizio e chiusura dell'impianto; 2) disponibili: le tecniche sviluppate su una scala che ne consenta l'applicazione in condizioni economicamente e tecnicamente valide nell'ambito del pertinente comparto industriale, prendendo, in considerazione i costi e i vantaggi, indipendentemente dal fatto che siano o meno applicate o prodotte in ambito nazionale, purche' il gestore possa avervi accesso a condizioni ragionevoli; 3) migliori: le tecniche piu' efficaci per ottenere un elevato livello di protezione dell'ambiente nel suo complesso; p) gestore: qualsiasi persona fisica o giuridica che detiene o gestisce l'impianto; q) pubblico: una o piu' persone fisiche o giuridiche, nonche', ai sensi della legislazione o della prassi nazionale, le associazioni, le organizzazioni o i gruppi di tali persone; r) pubblico interessato: il pubblico che subisce o puo' subire gli effetti dell'adozione di una decisione relativa al rilascio o all'aggiornamento di una autorizzazione o delle condizioni di autorizzazione, o che ha un interesse rispetto a tale decisione; ai fini della presente definizione le organizzazioni non governative che promuovono la protezione dell'ambiente e che soddisfano i requisiti di diritto nazionale si considerano portatrici di un siffatto interesse.». - Il testo dell'art. 2 del decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 624, recante «Attuazione della direttiva 92/91/CEE relativa alla sicurezza e salute dei lavoratori nelle industrie estrattive per trivellazione e della direttiva 92/104/CEE relativa alla sicurezza e salute dei lavoratori nelle industrie estrattive a cielo aperto o sotterranee», pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 14 dicembre 1996, n. 293, supplemento ordinario, cosi' recita: «Art. 2 (Definizioni). - 1. Agli effetti delle disposizioni di cui al presente decreto si intendono per: a) luogo di lavoro: ogni luogo destinato ai posti di lavoro ove si svolgono le attivita' di cui all'art. 1, compresi gli alloggi a cui i lavoratori hanno accesso nell'ambito del loro lavoro, la viabilita' interna a servizio dell'attivita' stessa, le discariche, nonche' le altre aree di deposito, con l'esclusione, per le attivita' condotte mediante perforazione, delle aree di magazzinaggio e deposito non direttamente connesse alle attivita' stesse; b) titolare: l'imprenditore di miniera o cava, o il titolare di permesso di prospezione o di ricerca o di concessione di coltivazione o di autorizzazione di cava; c) sorvegliante: persona, in possesso delle capacita' e delle competenze necessarie, designato dal titolare per la sorveglianza sul luogo di lavoro occupato da lavoratori.». - Il testo dell'art. 6 del decreto del Presidente della Repubblica 9 aprile 1959, n. 128, recante «Norme di polizia delle miniere e delle cave», pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell'11 aprile 1959, n. 87, supplemento ordinario, cosi' recita: «Art. 6. - Il titolare deve nominare un direttore responsabile in possesso delle capacita' e delle competenze necessarie all'esercizio di tale incarico sotto la cui responsabilita' ricadono costantemente i luoghi di lavoro. Spetta al direttore responsabile l'obbligo di osservare e far osservare le disposizioni normative e regolamentari in materia di tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori.». - Il regio decreto 29 luglio 1927, n. 1443, recante «Norme di carattere legislativo per disciplinare la ricerca e la coltivazione delle miniere nel Regno» e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 23 agosto 1927, n. 194. - Gli articoli 4 e 5 del citato decreto del Presidente della Repubblica 9 aprile 1959, n. 128, cosi' recitano: «Art. 4. - La vigilanza sull'applicazione delle norme del presente decreto spetta al Ministero dell'industria e del commercio che la esercita a mezzo dei prefetti e del Corpo delle miniere. L'ingegnere capo del distretto minerario e l'ingegnere capo della sezione dell'ufficio nazionale minerario per gli idrocarburi e la geotermia (che nel testo saranno indicati con la denominazione di «ingegnere capo») provvedono alle attivita' di prevenzione degli infortuni sul lavoro e di tutela dell'igiene del lavoro negli impianti e nella lavorazioni soggetti alle norme di polizia delle miniere, avvalendosi per le incombenze di ordine igienico-sanitario dei medici delle unita' sanitarie locali di cui alla legge 23 dicembre 1978, n. 833, e successive modificazioni ed integrazioni. I sanitari suddetti non possono rifiutare la loro opera e gli Enti, da cui i sanitari stessi dipendono, sono tenuti ad agevolare all'ingegnere capo l'esecuzione dei compiti predetti.». «Art. 5. - Gli ingegneri ed i periti del Corpo delle miniere, i medici nell'espletamento dei compiti loro affidati ai sensi dell'articolo precedente, e, quando appositamente incaricati dal Ministro per l'industria ed il commercio, i geologi e i chimici del Corpo stesso hanno diritto di visitare le miniere e le cave. I direttori delle miniere e delle cave e il personale dipendente hanno l'obbligo di agevolare tali visite e, quando richiesti, devono fornire ai suddetti funzionari le notizie ed i dati necessari. Gli ingegneri ed i periti del Corpo delle miniere, nei limiti del servizio cui sono destinati e secondo le attribuzioni ad essi conferite dal presente decreto, sono ufficiali di polizia giudiziaria. Nell'esercizio delle loro funzioni gli ingegneri ed i periti del Corpo delle miniere hanno facolta' di richiedere l'assistenza della Forza pubblica.». - Il decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, recante «Attuazione della delega di cui all'art. 1 della legge 22 luglio 1975, n. 382», e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 29 agosto 1977, n. 234, supplemento ordinario. - Il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, recante «Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59, e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 21 aprile 1998, n. 92, supplemento ordinario. - L'art. 23 del citato regio decreto 29 luglio 1927, n. 1443, cosi' recita: «Art. 23. - Sono pertinenze della miniera gli edifici, gli impianti fissi interni o esterni, i pozzi, le gallerie, nonche' i macchinari, gli apparecchi e utensili destinati alla coltivazione della miniera, le opere e gli impianti destinati all'arricchimento del minerale. Sono considerati come mobili i materiali estratti, le provviste, gli arredi.». - L'art. 1 del citato decreto del Presidente della Repubblica 9 aprile 1959, n. 128, cosi' recita: «Art. 1. - Le norme di polizia delle miniere e delle cave provvedono a tutelare la sicurezza e la salute dei lavoratori, ad assicurare il regolare svolgimento delle lavorazioni nel rispetto della sicurezza dei terzi e delle attivita' di preminente interesse generale ed a garantire il buon governo dei giacimenti minerari in quanto appartenenti al patrimonio dello Stato. Tali norme si applicano: a) ai lavori di prospezione, ricerca e coltivazione delle sostanze minerali; b) ai lavori svolti negli impianti connessi alle attivita' minerarie, esistenti entro il perimetro dei permessi di ricerca e delle concessioni; c) ai lavori svolti negli impianti che costituiscono pertinenze della miniera ai sensi dell'art. 23 del regio decreto 29 luglio 1927, n. 1443, anche se ubicati fuori del perimetro delle concessioni; d) ai lavori di frantumazione, vagliatura, squadratura e lizzatura dei prodotti delle cave ed alle operazioni di caricamento di tali prodotti dai piazzali. Non sono soggetti alle disposizioni del presente decreto: a) i lavori negli stabilimenti non compresi nel ciclo produttivo minerario aventi per oggetto la utilizzazione dei prodotti minerari; b) le escavazioni di sabbie e ghiaie effettuate in base ad autorizzazione dei competenti organi dello Stato nell'alveo dei corsi d'acqua e nelle spiagge del mare e dei laghi, sempre che i giacimenti di tali sabbie e ghiaie non formino oggetto di permesso di ricerca o concessione ai sensi del regio decreto 29 luglio 1927, n. 1443, modificato con la legge 7 novembre 1941, n. 1360. Nulla e' innovato circa la competenza del Ministero dell'interno in materia di tutela della pubblica incolumita' ai sensi del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e del relativo regolamento di esecuzione 6 maggio 1940, numero 635.». - L'art. 1 del citato decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 624, cosi' recita: «Art. 1 (Attivita' soggette). - 1. Il presente decreto legislativo prescrive misure per la tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro nelle attivita' estrattive di sostanze minerali di prima e di seconda categoria, cosi' come definite dall'art. 2 del regio decreto 29 luglio 1927, n. 1443, e successive modifiche. 2. Le norme del presente decreto si applicano: a) ai lavori di prospezione, ricerca e coltivazione delle sostanze minerali; b) ai lavori svolti negli impianti connessi alle attivita' minerarie, esistenti entro il perimetro dei permessi di ricerca, delle concessioni o delle autorizzazioni; c) ai lavori svolti negli impianti che costituiscono pertinenze della miniera ai sensi dell'art. 23 del regio decreto n. 1443 del 1927, anche se ubicati fuori del perimetro delle concessioni; d) ai lavori di frantumazione, vagliatura, squadratura e lizzatura dei prodotti delle cave ed alle operazioni di caricamento di tali prodotti dai piazzali; e) alle attivita' di prospezione, ricerca, coltivazione e stoccaggio degli idrocarburi liquidi e gassosi nel territorio nazionale, nel mare territoriale e nella piattaforma continentale e nelle altre aree sottomarine comunque soggette ai poteri dello Stato. 3. Per quanto non diversamente disposto, o modificato dal presente decreto, si applicano le norme di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 aprile 1959, n. 128, e successive modifiche, e al decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1979, n. 886, e successive modifiche, all'art. 11 della legge 30 luglio 1990, n. 221, al decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, come modificato dal decreto legislativo 19 marzo 1996, n. 242, di seguito complessivamente denominato decreto legislativo n. 626 del 1994. 4. Le disposizioni del presente decreto si applicano, nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e Bolzano, compatibilmente con i rispettivi statuti e le relative norme di attuazione.».