(all. 2 - art. 1)
                                                           ALLEGATO 1
                       MINISTERO DELLA SANITA'
        ISTITUTO SUPERIORE DI SANITA' - CENTRO OPERATIVO AIDS

            SINDROME DA IMMUNODEFICIENZA ACQUISITA (AIDS)
                              IN ITALIA

          Aggiornamento dei casi di AIDS al 30 giugno 1999


DISTRIBUZIONE TEMPORALE E GEOGRAFICA DEI CASI

Dal 1982, anno della prima diagnosi di AIDS in Italia 1, al 30 Giugno
1999,  sono stati notificati al COA 44.516 casi cumulativi di AIDS 2.
Di questi, 34.746 (78,1%) erano di sesso maschile, 674 (1,5%) in eta'
pediatrica (<13 anni), e 1.999 (4,5%) erano stranieri. L'eta' mediana
alla  diagnosi, calcolata per gli adulti, risultava essere di 33 anni
per i maschi (range: 13 anni - 85 anni), e di 31 anni (range: 13 anni
- 80 anni ) per le femmine.

L'andamento temporale
Nel  primo  semestre  del  1999  sono stati notificati 3 al COA 1.111
nuovi  casi  di  AIDS,  di  cui 631 (56,8%) diagnosticati nell'ultimo
semestre   e   480   riferiti  a  diagnosi  effettuate  nei  semestri
precedenti.

La  Figura 1 mostra l'andamento del numero dei casi di AIDS segnalati
al Registro Nazionale AIDS (RNAIDS), corretti per ritardo di notifica
4.  Nella  stessa  figura  e'  riportato  l'andamento  dei  tassi  di
incidenza  per anno di diagnosi, che evidenzia un costante incremento
dell'incidenza  dei  casi di AIDS notificati nel nostro Paese sino al
1995,  seguito  da  una  rapida  diminuzione  nel  1996, che e' stata
analizzata  in  dettaglio  nel  Notiziario dell'istituto Superiore di
Sanita' 1997, vol. 10, N.9 (Suppl. 1).

La  tabella  1  riporta il numero dei casi e dei deceduti per anno di
diagnosi e il relativo tasso di letalita'. In totale, 30.732 pazienti
(69,0%) risultano deceduti al 30 Giugno 1999. Nonostante il numero di
decessi  per  AIDS  sia  ancora  sottostimato  5,  a  causa della non
obbligatorieta'  della notifica di decesso, il dato riportato e' piu'
accurato,  rispetto  ai  precedenti notiziari, grazie ad una indagine
nazionale 6 sullo stato in vita dei casi di AIDS effettuata nel corso
del 1998. La tabella 1 riporta, oltre al numero annuale di nuovi casi
corretto per ritardo di notifica la stima dei casi cumulativi di AIDS
al 30 Giugno 1999 (45.043 casi).
---->    Vedere FIGURE e TABELLE di pagg. 25 e 26      <----


La distribuzione geografica
La  distribuzione  dei casi cumulativi per ragione di residenza e per
anno di diagnosi viene riportata in tabella 3.
---->    Vedere TABELLA di pag. 27    <----


* 1 semestre 1999

La  Figura  2  mostra  i tassi di incidenza per regione di residenza,
calcolati  in  base  ai  soli  casi  segnalati  negli ultimi 12 mesi,
permettendo  il  confronto tra aree geografiche a diversa ampiezza di
popolazione.   Come   si   osserva,  le  regioni  piu'  colpite  sono
nell'ordine:  la Lombardia ed il Lazio, la Liguria, l'Emilia Romagna.
E'  evidente la persistenza di un gradiente Nord-Sud nella diffusione
della  malattia nel nostro Paese, come risulta dai tassi di incidenza
che   continuano  ad  essere  mediamente  piu'  bassi  nelle  regioni
meridionali.
---->    Vedere IMMAGINE  di pag. 28    <----


La  Tabella  4  riporta  la  distribuzione  dei casi per provincia di
segnalazione  e  di  residenza  8. Tassi di incidenza particolarmente
elevati  si  riscontrano  nell'ultimo  anno  a Lodi, Ravenna, Milano,
Varese, Genova e Verbania.
---->    Vedere TABELLA di pag. 29    <----


La  tabella 5 mostra la distribuzione percentuale dei casi cumulativi
di  AIDS  per  nazionalita'  anagrafica.  Si  evidenzia  nel tempo un
aumento  della  proporzione di casi notificati in cittadini stranieri
(dal 3,0% nel 1982-93 al 10,0% nel primo semestre del 1999).
---->    Vedere TABELLA di pag. 30     <----


* 1 semestre 1999

Per  quanto riguarda la distribuzione geografica dei casi di AIDS, si
evidenzia,  nell'ultimo  anno,  una  riduzione dei tassi di incidenza
regionali e provinciali piu' marcata nelle regioni del nord Italia.
I  principali  fattori  che potrebbero spiegare la differente entita'
della riduzione di incidenza in aree diverse sono:
-   un   probabile  aumento  del  ritardo  di  notifica  legato  alla
riorganizzazione del sistema di sorveglianza in alcune regioni;
-  una  reale  riduzione  della  incidenza  di  AIDS  piu' marcata in
determinate  aree,  attribuibile ad esempio ad un piu' facile accesso
dei  sieropositivi  alle  terapie  antiretrovirali,  con  conseguente
ritardo della diagnosi di AIDS.
Dal  momento che non e' possibile escludere altri fattori in grado di
determinare  variazioni  geografiche  nella  riduzione  dei  tassi di
incidenza,  si  raccomanda  di  interpretare  con  cautela  l'attuale
andamento.

CARATTERISTICHE DEMOGRAFICHE E MODALITA' DI TRASMISSIONE

La  tabella  6  mostra  la distribuzione dei casi per fascia d'eta' e
sesso negli anni '89, '93 e nel 1998. Il 73,6% del totale dei casi si
concentra nella fascia d'eta' 25-39 anni. In particolare e' aumentata
la  quota  di  casi  nella fascia d'eta' 35-39 anni (per i maschi dal
11,5%  nel  1989 al 29,2% nel 1998 e per le femmine dal 5,7% nel 1989
al 22,8% nel 1998).
---->    Vedere TABELLA di pag.  30    <----


* 1 semestre 1999

L'eta'  mediana  alla  diagnosi  dei  casi  adulti  di AIDS mostra un
aumento  nel  tempo, sia tra i maschi che tra le femmine. Infatti, se
nel  1985  la  mediana  era  di  29  anni per i maschi e di 24 per le
femmine,   nel  primo  semestre  del  1999  le  mediane  sono  salite
rispettivamente  a  38  e 35 anni (Figura 3). Nell'ultimo decennio la
proporzione  di  pazienti  di  sesso  femminile  tra i casi adulti e'
andata  progressivamente  aumentando,  passando dal 16,0% del 1985 al
24,6% del primo semestre del 1999 (dati non mostrati).
---->    Vedere FIGURA di pag. 31    <----


* 1 semestre 1999
**TD-OMO= Tossicodipendenti/Omosessuali.

La  distribuzione dei casi adulti per anno di diagnosi e categoria di
esposizione 9 (Tabella 7) evidenzia come il 64,2% del totale dei casi
sia   attribuibile   alle  pratiche  associate  all'uso  di  sostanze
stupefacenti     per     via    endovenosa    (tossicodipendenti    +
tossicodipendenti/omosessuali).  La distribuzione nel tempo mostra un
aumento  della  proporzione  dei  casi attribuibili alla trasmissione
sessuale   (omosessuale   ed  eterosessuale)  ed  una  corrispondente
diminuzione   dei   casi   attribuibili   alle   altre  modalita'  di
trasmissione.  Particolare  cautela  e'  necessaria nell'interpretare
l'andamento crescente dei casi appartenenti alla categoria "Altro/non
determinato":  infatti, l'indagine periodica condotta su questi casi,
volta  alla riclassificazione dei fattori di rischio, non e' completa
per  i  casi  con  diagnosi  recente. Pertanto e' stata stimata 10 la
proporzione  di  casi  con fattore di rischio "altro/non determinato"
che  verrebbe  riattribuita  alle diverse categorie di esposizione in
base  a quanto era emerso da una precedente indagine condotta dal COA
(vedi  Notiziario  dell'istituto  Superiore di Sanita' Vol. 11, N. 1,
supplemento  1,  gennaio  1998). Secondo l'attuale stima la meta' dei
maschi  e  tre  quarti  delle  femmine  verrebbero  riattribuiti alla
categoria "contatti eterosessuali". La distribuzione dei casi di AIDS
attribuibili  a rapporti eterosessuali 11 (7.025 casi), ulteriormente
suddivisa in base al tipo di rischio, e' presentata in tabella 7.
---->    Vedere TABELLA di pag. 32    <----


*  Pazienti  che  hanno presumibilmente contratto l'infezione per via
eterosessuale  (inclusi  i partner di prostituta e le prostitute) non
includibili in nessuna delle altre categorie

PATOLOGIE INDICATIVE DI AIDS

La tabella 9 riporta la distribuzione delle patologie che fanno porre
la diagnosi di AIDS in adulti, per anno di diagnosi 12. Dalla tabella
si evidenzia come negli ultimi anni si sia verificata una diminuzione
della  proporzione  di diagnosi di candidosi, toxoplasmosi cerebrale,
ed  un  aumento  delle diagnosi di sarcoma di Kaposi, di linfomi e di
wasting syndrome. Le tre nuove patologie incluse nella definizione di
caso del 1993 hanno contribuito per il 5,1% del totale delle diagnosi
negli  anni  1993-94,  per l'8,5% nel 1995-96 e per il 9,8% sia negli
anni 1997-98 quanto per il primo semestre del 1999.
---->    Vedere TABELLA di pag. 32    <----


* 1 semestre 1999
#  I  valori  in  corsivo  indicano  il  numero  assoluto (e relative
frequenze) secondo la vecchia definizione di caso 1987;
ยง Disseminata o extrapolmonare;
**    Include:    Criptococcosi,   Criptosporidiosi,   Infezione   da
Cylomegalovirus,   Infezione   da   Herpes   simplex,  Isosporidiosi,
Leucoencefalopatia     multifocale     progressiva;     Salmonellosi,
Coccidioidomicosi, Istoplasmosi.

CASI PEDIATRICI

Dei  44.516  casi  segnalati  fino al 30 Giugno 1999, 674 (1,5%) sono
stati registrati nella popolazione pediatrica (pazienti con eta' alla
diagnosi  inferiore  ai  13  anni).  In  tabella  10  e' riportata la
distribuzione  dei  casi  per  regione  di  residenza  e  per anno di
diagnosi. Il maggior numero di casi si registra in Lombardia, seguita
da Lazio ed Emilia Romagna. La diffusione dell'AIDS pediatrico sembra
ricalcare  la  distribuzione geografica dell'epidemia riportata per i
casi segnalati negli adulti 14.
---->    Vedere TABELLA di pag. 33     <----


* 1 semestre 1999

La  cospicua  diminuzione  dei  casi  di  AIDS  pediatrici  che si e'
registrata  nel 1997 e nel 1998 puo' in parte considerarsi un effetto
delle  campagne  di prevenzione e dell'applicazione delle linee guida
relative al trattamento antiretrovirale delle donne in gravidanza. La
tabella 11 mostra l'andamento temporale dell'infezione pediatrica per
categoria  di esposizione, anno di diagnosi e sesso. Dal 1993 ad oggi
non sono stati piu' riportati casi in emofilici. Dei 640 (95,0%) casi
pediatrici  che  hanno contratto l'infezione dalla madre, 339 (53,0%)
sono  figli di madre tossicodipendente, mentre 225 (35,1%) sono figli
di  donne  che hanno acquisito l'infezione per via sessuale (dati non
mostrati).
---->    Vedere TABELLA di pag. 34    <----


* 1 semestre 1999

La  distribuzione  delle  patologie  indicatrici  di AIDS per anno di
diagnosi 12, evidenzia una diminuzione delle diagnosi di Polmonite da
Pneumocystis  carinii  (dal 16,0% nel 1982-92 al 9,3% nel 1997-98) ed
un aumento delle micobatteriosi (Tabella 12).
---->    Vedere TABELLA di pag. 34    <----


# 1 semestre 1999
*  Comprende:  M. Tubercolosis o da altri micobatteri o da specie non
identificata: disseminata o extrapolmonare.
**  Include:  Criptococcosi,  Criptosporidiosi,  Infezione  da Herpes
simplex,  Isosporidiosi,  Leucoencefalopatia Multifocale Progressiva,
Salmonellosi.

TRATTAMENTO TERAPEUTICO PRECEDENTE LA DIAGNOSI DI AIDS

Dal  primo  gennaio  1999  la  scheda di notifica raccoglie anche una
serie di informazioni anamnestiche (ultimo test HIV-negativo, viremia
plasmatica   alla   diagnosi   di   AIDS,   il   regime   terapeutico
antiretrovirale  piu'  aggressivo  e  le  profilassi  delle infezioni
opportunistiche effettuate prima della diagnosi di AIDS). La figura 4
mostra  che solo il 38%, dei casi notificati nell'ultimo semestre, ha
ricevuto  un  trattamento  terapeutico  antiretrovirale. Di questi, a
circa tre quarti e' stata loro somministrata una combinazione con tre
farmaci  antiretrovirali.  Risultano  inoltre,  delle  differenze per
modalita'  di  trasmissione  avendo  soltanto il 28% dei pazienti con
fattore  di  rischio  sessuale  (cioe' omosessuali ed eterosessuali),
contro  oltre  il  50%  dei tossicodipendenti, effettuato una terapia
antiretrovirale (dati non mostrati).
---->    Vedere FIGURA di pag. 35    <----


COMMENTO

La  diminuzione  dell'incidenza  dei casi di AIDS osservata a partire
dalla meta' del 1996 si conferma anche per il primo semestre 1999. In
particolare,  negli ultimi 12 mesi si e' registrata una flessione nel
numero delle notifiche dei casi di AIDS di circa il 12,4% rispetto al
periodo  precedente  (Luglio  1997-Giugno 1998); tale declino risulta
comunque   essere   inferiore   a   quelli  riscontrati  nei  periodi
precedenti.  La  diminuzione  si  riscontra  in  tutte  le principali
categorie  di esposizione, anche se risulta essere meno marcata per i
casi  a trasmissione sessuale (sia omosessuale che eterosessuale). Va
pero' fatto osservare che per tali casi attualmente sembra esserci un
minore   accesso   alle   terapie   antiretrovirali  (vedi  paragrafo
precedente).  Questo  fenomeno e' comunque spiegato in gran parte dal
ritardo  nella  individuazione  della  sieropositivita'  dei contatti
sessuali  come  risulta  evidenziato  da  una  analisi  riportata nel
precedente notiziario (Notiziario dell'istituto Superiore di Sanita',
Vol. 12, N. 6, giugno 1999).
---->    Vedere TABELLA di pag. 35    <----


Come  evidenziato  da alcune simulazioni (con dei modelli matematici)
sull'andamento  dei  casi  di  AIDS, la repentina diminuzione di casi
verificatasi  negli  ultimi tre anni e' difficilmente attribuibile ad
una  riduzione  delle  infezioni da HIV(V). D'altro canto molti studi
osservazionali hanno messo in evidenza, in Italia come in altri paesi
industrializzati,  una  rapida e ampia diffusione di nuove terapie di
combinazione  con  piu'  farmaci antiretrovirali. L'efficacia di tali
combinazioni  si  e'  confermata  anche  nel  ridurre  il  rischio di
patologie HIV-correlate e di morte(I, II, III, IV, VII, VIII).
Tali  studi hanno inoltre evidenziato che tale effetto e' presente in
tutte  le  categorie di rischio(1), anche se l'accesso a tali terapie
prima  dell'AIDS  e'  fortemente  condizionato dalla conoscenza della
condizione  di  sieropositivita'  HIV(VI)  piu'  o  meno  frequente a
seconda della categoria considerata.
Le limitate conoscenze sulla durata dell'effetto delle nuove terapie,
la  mancanza  di  una  stima  precisa  della  diffusione  dei farmaci
antiretrovirali,  e  di eventuali differenze nei singoli sottogruppi,
rendono  piu'  problematica  la  stima  della  curva  epidemica delle
infezioni   da   HIV  e  sottolineano  l'importanza  dei  sistemi  di
sorveglianza delle nuove diagnosi di infezione da HIV.

Riferimenti bibliografici

I  -  Pezzotti P, Napoli PA, Acciai S et al. Increasing survival time
after  AIDS  in  Italy:  the  role  of new combination antiretroviral
therapies. AIDS 1999, 13:249-255.

II - Porta D, Rapiti E, Forastiere F, Pezzotti P, Perucci CA. Changes
in survival among people with AIDS in Lazio, Italy from 1993 to 1998.
AIDS 1999,13:2125-2132.

III  -  Palella  FJ, Delaney KM, Morman AC et al. Declining morbidity
and  mortality  among  patients  with advanced human immunodeficiency
virus infection. N Engl J Med 1998, 338:853-860.

IV  -  Mocroft  A, Vella S, Benfield TL, et al.: Changing patterns of
mortality across Europe in patients infected with HIV-1. LANCET 1998,
352:1725-1730.

V  -  Rezza  G,  Pezzotti  P,  Balducci  M. Attualita' sull'andamento
dell'epidemia  di  AIDS/HIV  in  Italia.  G. Ital. Mal. Infett. 1998,
4:133-136.

VI  -  Napoli  PA,  Dorrucci  M,  Serraino  D,  et  al. Frequency and
determinants  of  use  of  antiretroviral  and prophylactic therapies
against Pneumocystis carinii Pneumonia (PCP) before AIDS diagnosis in
Italy. European Journal of Epidemiology 1998, 14:41-47.

VII  -  Egger  M,  Hirschel  B,  Francioli  P,  et al.: Impact of new
antiretroviral  combination  therapies  in  HIV  infecled patients in
Switzerland: prospective multicentre study. BMJ 1997, 315:1194-1199.

VIII  -  Detels  R,  Munoz  A,  McFarlane G, et al.: Effectiveness of
Polent  Antiretroviral  Therapy on Time to AIDS and Death in Men With
Known HIV Infection Duration. JAMA, 1998, 280:1497-1503
 
Note Tecniche

1  - In Italia, la raccolta sistematica dei dati sui casi di Sindrome
da  Immunodeficienza  Acquisita  (AIDS)  e'  iniziata nel 1982 e, nel
giugno  1984,  e'  stata  formalizzata  in un Sistema di Sorveglianza
Nazionale  attraverso  il  quale vengono segnalati i casi di malattia
diagnosticati  dalle strutture cliniche del Paese. Con il decreto del
28  novembre  1986  (DM  n.  288),  l'AIDS  e' divenuta in Italia una
malattia  infettiva  a notifica obbligatoria. Dal 1987, il Sistema di
Sorveglianza   e'   gestito,   dal   Centro   Operativo   AIDS  (COA)
dell'Istituto  Superiore  di  Sanita' (ISS). In collaborazione con le
regioni,  il  COA  provvede  alla raccolta, all'analisi periodica dei
dati ed alla pubblicazione e diffusione di un rapporto trimestrale.

2  -  I  criteri  di  diagnosi  di  AIDS adottati sono stati, fino al
gennaio  1993,  quelli della definizione dell'OMS/CDC 1987. A partire
dal  1  gennaio  1993,  la  definizione di caso adottata in Italia si
attiene  alle  indicazioni  del Centro Europeo dell'OMS. Quest'ultima
aggiunge  altre  tre  patologie  indicative  di  AIDS: la tubercolosi
polmonare,  la  polmonite  ricorrente  e  il carcinoma invasivo della
cervice uterina.

3  -  L'anno  di  notifica non coincide necessariamente con l'anno di
diagnosi, ma puo' essere successivo (es: caso diagnosticato nell'anno
1985 ma notificato nel 1990).

4 - La distribuzione temporale dei casi e' influenzata dal ritardo di
notifica,  cioe'  dal  tempo che intercorre dalla data della diagnosi
del  caso  al  momento  in  cui  la  notifica  perviene  al COA. Cio'
determina  una  sottostima  nel numero di nuovi casi, particolarmente
evidente negli ultimi trimestri di diagnosi. Il numero dei casi viene
pertanto   corretto  attraverso  il  metodo  di  correzione  messo  a
disposizione   dal  Centro  Europeo  di  Sorveglianza  Epidemiologica
(Haisterkamp  S.  H.,  Jager  J  C.  &  Ruitenberg E. J. et al. 1989.
Correcting  reported  AIDS  incidence:  a statistical approach. Stat.
Med,  8:  963-976). Altro elemento, che influenza le reali dimensioni
del  fenomeno,  e'  la  sottonotifica  dei casi di AIDS, cioe' quella
quota  di casi che, non segnalala, sfugge al Sistema di Sorveglianza.
Studi  preliminari hanno permesso di stimare per l'Italia un lasso di
sottonotifica vicino al 10%.

5 - In Italia la notifica di decesso per AIDS non e' obbligatoria.

6  -  Ad oggi solo alcune regioni Catabria, Campania, Emilia Romagna,
Friuli, Venezia G., Lazio, Liguria, Lombardia, Toscana, Valle D'Aosta
e  Veneto  effettuano il folloow-up attivo di mortalita' e forniscono
routinariamente  tali dati al COA. Per questo motivo nel 1998 il COA,
in collaborazione con il gruppo di ricerca che si occupa dello studio
di  mortalita'  per  AIDS  presso  il  Laboratorio di Epidemiologia e
Biostatistica  (LEB)  dell'ISS, ha avviato un'indagine attiva (presso
le  anagrafi)  sullo stato in vita dei casi di AIDS estesa a tutto il
territorio nazionale. L'indagine e' stata condotta per le regioni che
non effettuano routinariamente l'aggiornamento dello stato in vita.

7  -  I  casi  prevalenti  in  un  determinato anno sono tutti quelli
diagnosticati  negli  anni  precedenti, o nello stesso anno, e "vivi"
(anche per un solo giorno dell'anno considerato). A causa del ritardo
di  notifica  di decesso, il numero dei casi prevalenti riportato per
gli  anni  piu'  recenti  va  valutato  con  cautela,  poiche' non e'
corretto per i casi di decesso in tali anni.

8  -  Le  province che hanno un numero di casi residenti maggiore dei
casi  segnalati  hanno  "esportato"  casi,  in termini assistenziali;
viceversa,  quelle  con  piu' casi segnalati ne hanno "importati". Il
tasso  di  incidenza  (x 100.000 abitanti) per provincia e' calcolato
sul  numero  di  notifiche  pervenute  al COA nel periodo luglio 1998
giugno 1999.

9  -  Le  categorie  di  esposizione  hanno  un ordine gerarchico che
risponde  ai  criteri  del sistema di sorveglianza europeo dell'AIDS.
Ogni  caso  e'  classificato  in  un  solo  gruppo.  I  soggetti  che
presentano   rischi   multipli  sono  classificati  nel  gruppo  piu'
importante in termini gerarchici. Infine, vengono effettuate indagini
periodiche   per   tre   diversi   gruppi   di   pazienti  alfine  di
riclassificarli nelle categorie di esposizione classiche:

a)  pazienti  che  hanno  dichiarato  di aver avuto soltanto rapporti
eterosessuali con partner che non avevano un fattore di rischio noto;
b) pazienti che hanno avuto una trasfusione;
c)  pazienti  senza  fattore  di  rischio noto, (categoria "altro non
determinato").

10  -  La  riattribuzione  del fattore di rischio e' stata effettuata
mediante l'uso di un modello matematico che calcolava la probabilita'
di appartenere ad una categoria di trasmissione in base a sesso, anno
di  diagnosi  ed ai risultati di una precedente indagine condotta dal
COA (v testo).

11 - La categoria di esposizione "contatti eterosessuali" comprende i
soggetti  che  hanno un partner a rischio dell'altro sesso. Quando e'
nota  la  sieropositivita'  del  partner,  questa  informazione viene
riportata   esplicitamente.   Sono   stati   considerati   come  casi
attribuibili  a  trasmissione  eterosessuale anche i casi con partner
promiscuo che includono i "partner di prostituta" e le prostitute.

12   -   I   dati   relativi   alla   distribuzione  delle  patologie
opportunistiche  indicative  di  AIDS  fanno  riferimento  ai  quadri
clinici  presenti  all'esordio  della  malattia  e  non  a  tutte  le
patologie   diagnosticate   durante   l'intero  decorso  clinica.  Se
l'esordio  e'  caratterizzato  da  piu'  di una patologia, ne vengono
conteggiate un massimo di sei occorse entro 60 giorni dalla prima.

13  -  Per  ogni  caso  possono essere indicate piu' di una patologia
indicativa  di  AIDS, pertanto il numero di patologie riportate in un
anno  puo'  essere superiore al numero di casi segnalati nello stesso
anno.

14  -  Le differenze osservabili tra le regioni per cio' che riguarda
la  distribuzione  dell'AIDS pediatrico risentono anche della diversa
disponibilita' di centri clinici pediatrici sul territorio.