ALLEGATO 1 MINISTERO DELLA SANITA' ISTITUTO SUPERIORE DI SANITA' - CENTRO OPERATIVO AIDS SINDROME DA IMMUNODEFICIENZA ACQUISITA (AIDS) IN ITALIA Aggiornamento dei casi di AIDS al 30 giugno 1999 DISTRIBUZIONE TEMPORALE E GEOGRAFICA DEI CASI Dal 1982, anno della prima diagnosi di AIDS in Italia 1, al 30 Giugno 1999, sono stati notificati al COA 44.516 casi cumulativi di AIDS 2. Di questi, 34.746 (78,1%) erano di sesso maschile, 674 (1,5%) in eta' pediatrica (<13 anni), e 1.999 (4,5%) erano stranieri. L'eta' mediana alla diagnosi, calcolata per gli adulti, risultava essere di 33 anni per i maschi (range: 13 anni - 85 anni), e di 31 anni (range: 13 anni - 80 anni ) per le femmine. L'andamento temporale Nel primo semestre del 1999 sono stati notificati 3 al COA 1.111 nuovi casi di AIDS, di cui 631 (56,8%) diagnosticati nell'ultimo semestre e 480 riferiti a diagnosi effettuate nei semestri precedenti. La Figura 1 mostra l'andamento del numero dei casi di AIDS segnalati al Registro Nazionale AIDS (RNAIDS), corretti per ritardo di notifica 4. Nella stessa figura e' riportato l'andamento dei tassi di incidenza per anno di diagnosi, che evidenzia un costante incremento dell'incidenza dei casi di AIDS notificati nel nostro Paese sino al 1995, seguito da una rapida diminuzione nel 1996, che e' stata analizzata in dettaglio nel Notiziario dell'istituto Superiore di Sanita' 1997, vol. 10, N.9 (Suppl. 1). La tabella 1 riporta il numero dei casi e dei deceduti per anno di diagnosi e il relativo tasso di letalita'. In totale, 30.732 pazienti (69,0%) risultano deceduti al 30 Giugno 1999. Nonostante il numero di decessi per AIDS sia ancora sottostimato 5, a causa della non obbligatorieta' della notifica di decesso, il dato riportato e' piu' accurato, rispetto ai precedenti notiziari, grazie ad una indagine nazionale 6 sullo stato in vita dei casi di AIDS effettuata nel corso del 1998. La tabella 1 riporta, oltre al numero annuale di nuovi casi corretto per ritardo di notifica la stima dei casi cumulativi di AIDS al 30 Giugno 1999 (45.043 casi). ----> Vedere FIGURE e TABELLE di pagg. 25 e 26 <---- La distribuzione geografica La distribuzione dei casi cumulativi per ragione di residenza e per anno di diagnosi viene riportata in tabella 3. ----> Vedere TABELLA di pag. 27 <---- * 1 semestre 1999 La Figura 2 mostra i tassi di incidenza per regione di residenza, calcolati in base ai soli casi segnalati negli ultimi 12 mesi, permettendo il confronto tra aree geografiche a diversa ampiezza di popolazione. Come si osserva, le regioni piu' colpite sono nell'ordine: la Lombardia ed il Lazio, la Liguria, l'Emilia Romagna. E' evidente la persistenza di un gradiente Nord-Sud nella diffusione della malattia nel nostro Paese, come risulta dai tassi di incidenza che continuano ad essere mediamente piu' bassi nelle regioni meridionali. ----> Vedere IMMAGINE di pag. 28 <---- La Tabella 4 riporta la distribuzione dei casi per provincia di segnalazione e di residenza 8. Tassi di incidenza particolarmente elevati si riscontrano nell'ultimo anno a Lodi, Ravenna, Milano, Varese, Genova e Verbania. ----> Vedere TABELLA di pag. 29 <---- La tabella 5 mostra la distribuzione percentuale dei casi cumulativi di AIDS per nazionalita' anagrafica. Si evidenzia nel tempo un aumento della proporzione di casi notificati in cittadini stranieri (dal 3,0% nel 1982-93 al 10,0% nel primo semestre del 1999). ----> Vedere TABELLA di pag. 30 <---- * 1 semestre 1999 Per quanto riguarda la distribuzione geografica dei casi di AIDS, si evidenzia, nell'ultimo anno, una riduzione dei tassi di incidenza regionali e provinciali piu' marcata nelle regioni del nord Italia. I principali fattori che potrebbero spiegare la differente entita' della riduzione di incidenza in aree diverse sono: - un probabile aumento del ritardo di notifica legato alla riorganizzazione del sistema di sorveglianza in alcune regioni; - una reale riduzione della incidenza di AIDS piu' marcata in determinate aree, attribuibile ad esempio ad un piu' facile accesso dei sieropositivi alle terapie antiretrovirali, con conseguente ritardo della diagnosi di AIDS. Dal momento che non e' possibile escludere altri fattori in grado di determinare variazioni geografiche nella riduzione dei tassi di incidenza, si raccomanda di interpretare con cautela l'attuale andamento. CARATTERISTICHE DEMOGRAFICHE E MODALITA' DI TRASMISSIONE La tabella 6 mostra la distribuzione dei casi per fascia d'eta' e sesso negli anni '89, '93 e nel 1998. Il 73,6% del totale dei casi si concentra nella fascia d'eta' 25-39 anni. In particolare e' aumentata la quota di casi nella fascia d'eta' 35-39 anni (per i maschi dal 11,5% nel 1989 al 29,2% nel 1998 e per le femmine dal 5,7% nel 1989 al 22,8% nel 1998). ----> Vedere TABELLA di pag. 30 <---- * 1 semestre 1999 L'eta' mediana alla diagnosi dei casi adulti di AIDS mostra un aumento nel tempo, sia tra i maschi che tra le femmine. Infatti, se nel 1985 la mediana era di 29 anni per i maschi e di 24 per le femmine, nel primo semestre del 1999 le mediane sono salite rispettivamente a 38 e 35 anni (Figura 3). Nell'ultimo decennio la proporzione di pazienti di sesso femminile tra i casi adulti e' andata progressivamente aumentando, passando dal 16,0% del 1985 al 24,6% del primo semestre del 1999 (dati non mostrati). ----> Vedere FIGURA di pag. 31 <---- * 1 semestre 1999 **TD-OMO= Tossicodipendenti/Omosessuali. La distribuzione dei casi adulti per anno di diagnosi e categoria di esposizione 9 (Tabella 7) evidenzia come il 64,2% del totale dei casi sia attribuibile alle pratiche associate all'uso di sostanze stupefacenti per via endovenosa (tossicodipendenti + tossicodipendenti/omosessuali). La distribuzione nel tempo mostra un aumento della proporzione dei casi attribuibili alla trasmissione sessuale (omosessuale ed eterosessuale) ed una corrispondente diminuzione dei casi attribuibili alle altre modalita' di trasmissione. Particolare cautela e' necessaria nell'interpretare l'andamento crescente dei casi appartenenti alla categoria "Altro/non determinato": infatti, l'indagine periodica condotta su questi casi, volta alla riclassificazione dei fattori di rischio, non e' completa per i casi con diagnosi recente. Pertanto e' stata stimata 10 la proporzione di casi con fattore di rischio "altro/non determinato" che verrebbe riattribuita alle diverse categorie di esposizione in base a quanto era emerso da una precedente indagine condotta dal COA (vedi Notiziario dell'istituto Superiore di Sanita' Vol. 11, N. 1, supplemento 1, gennaio 1998). Secondo l'attuale stima la meta' dei maschi e tre quarti delle femmine verrebbero riattribuiti alla categoria "contatti eterosessuali". La distribuzione dei casi di AIDS attribuibili a rapporti eterosessuali 11 (7.025 casi), ulteriormente suddivisa in base al tipo di rischio, e' presentata in tabella 7. ----> Vedere TABELLA di pag. 32 <---- * Pazienti che hanno presumibilmente contratto l'infezione per via eterosessuale (inclusi i partner di prostituta e le prostitute) non includibili in nessuna delle altre categorie PATOLOGIE INDICATIVE DI AIDS La tabella 9 riporta la distribuzione delle patologie che fanno porre la diagnosi di AIDS in adulti, per anno di diagnosi 12. Dalla tabella si evidenzia come negli ultimi anni si sia verificata una diminuzione della proporzione di diagnosi di candidosi, toxoplasmosi cerebrale, ed un aumento delle diagnosi di sarcoma di Kaposi, di linfomi e di wasting syndrome. Le tre nuove patologie incluse nella definizione di caso del 1993 hanno contribuito per il 5,1% del totale delle diagnosi negli anni 1993-94, per l'8,5% nel 1995-96 e per il 9,8% sia negli anni 1997-98 quanto per il primo semestre del 1999. ----> Vedere TABELLA di pag. 32 <---- * 1 semestre 1999 # I valori in corsivo indicano il numero assoluto (e relative frequenze) secondo la vecchia definizione di caso 1987; ยง Disseminata o extrapolmonare; ** Include: Criptococcosi, Criptosporidiosi, Infezione da Cylomegalovirus, Infezione da Herpes simplex, Isosporidiosi, Leucoencefalopatia multifocale progressiva; Salmonellosi, Coccidioidomicosi, Istoplasmosi. CASI PEDIATRICI Dei 44.516 casi segnalati fino al 30 Giugno 1999, 674 (1,5%) sono stati registrati nella popolazione pediatrica (pazienti con eta' alla diagnosi inferiore ai 13 anni). In tabella 10 e' riportata la distribuzione dei casi per regione di residenza e per anno di diagnosi. Il maggior numero di casi si registra in Lombardia, seguita da Lazio ed Emilia Romagna. La diffusione dell'AIDS pediatrico sembra ricalcare la distribuzione geografica dell'epidemia riportata per i casi segnalati negli adulti 14. ----> Vedere TABELLA di pag. 33 <---- * 1 semestre 1999 La cospicua diminuzione dei casi di AIDS pediatrici che si e' registrata nel 1997 e nel 1998 puo' in parte considerarsi un effetto delle campagne di prevenzione e dell'applicazione delle linee guida relative al trattamento antiretrovirale delle donne in gravidanza. La tabella 11 mostra l'andamento temporale dell'infezione pediatrica per categoria di esposizione, anno di diagnosi e sesso. Dal 1993 ad oggi non sono stati piu' riportati casi in emofilici. Dei 640 (95,0%) casi pediatrici che hanno contratto l'infezione dalla madre, 339 (53,0%) sono figli di madre tossicodipendente, mentre 225 (35,1%) sono figli di donne che hanno acquisito l'infezione per via sessuale (dati non mostrati). ----> Vedere TABELLA di pag. 34 <---- * 1 semestre 1999 La distribuzione delle patologie indicatrici di AIDS per anno di diagnosi 12, evidenzia una diminuzione delle diagnosi di Polmonite da Pneumocystis carinii (dal 16,0% nel 1982-92 al 9,3% nel 1997-98) ed un aumento delle micobatteriosi (Tabella 12). ----> Vedere TABELLA di pag. 34 <---- # 1 semestre 1999 * Comprende: M. Tubercolosis o da altri micobatteri o da specie non identificata: disseminata o extrapolmonare. ** Include: Criptococcosi, Criptosporidiosi, Infezione da Herpes simplex, Isosporidiosi, Leucoencefalopatia Multifocale Progressiva, Salmonellosi. TRATTAMENTO TERAPEUTICO PRECEDENTE LA DIAGNOSI DI AIDS Dal primo gennaio 1999 la scheda di notifica raccoglie anche una serie di informazioni anamnestiche (ultimo test HIV-negativo, viremia plasmatica alla diagnosi di AIDS, il regime terapeutico antiretrovirale piu' aggressivo e le profilassi delle infezioni opportunistiche effettuate prima della diagnosi di AIDS). La figura 4 mostra che solo il 38%, dei casi notificati nell'ultimo semestre, ha ricevuto un trattamento terapeutico antiretrovirale. Di questi, a circa tre quarti e' stata loro somministrata una combinazione con tre farmaci antiretrovirali. Risultano inoltre, delle differenze per modalita' di trasmissione avendo soltanto il 28% dei pazienti con fattore di rischio sessuale (cioe' omosessuali ed eterosessuali), contro oltre il 50% dei tossicodipendenti, effettuato una terapia antiretrovirale (dati non mostrati). ----> Vedere FIGURA di pag. 35 <---- COMMENTO La diminuzione dell'incidenza dei casi di AIDS osservata a partire dalla meta' del 1996 si conferma anche per il primo semestre 1999. In particolare, negli ultimi 12 mesi si e' registrata una flessione nel numero delle notifiche dei casi di AIDS di circa il 12,4% rispetto al periodo precedente (Luglio 1997-Giugno 1998); tale declino risulta comunque essere inferiore a quelli riscontrati nei periodi precedenti. La diminuzione si riscontra in tutte le principali categorie di esposizione, anche se risulta essere meno marcata per i casi a trasmissione sessuale (sia omosessuale che eterosessuale). Va pero' fatto osservare che per tali casi attualmente sembra esserci un minore accesso alle terapie antiretrovirali (vedi paragrafo precedente). Questo fenomeno e' comunque spiegato in gran parte dal ritardo nella individuazione della sieropositivita' dei contatti sessuali come risulta evidenziato da una analisi riportata nel precedente notiziario (Notiziario dell'istituto Superiore di Sanita', Vol. 12, N. 6, giugno 1999). ----> Vedere TABELLA di pag. 35 <---- Come evidenziato da alcune simulazioni (con dei modelli matematici) sull'andamento dei casi di AIDS, la repentina diminuzione di casi verificatasi negli ultimi tre anni e' difficilmente attribuibile ad una riduzione delle infezioni da HIV(V). D'altro canto molti studi osservazionali hanno messo in evidenza, in Italia come in altri paesi industrializzati, una rapida e ampia diffusione di nuove terapie di combinazione con piu' farmaci antiretrovirali. L'efficacia di tali combinazioni si e' confermata anche nel ridurre il rischio di patologie HIV-correlate e di morte(I, II, III, IV, VII, VIII). Tali studi hanno inoltre evidenziato che tale effetto e' presente in tutte le categorie di rischio(1), anche se l'accesso a tali terapie prima dell'AIDS e' fortemente condizionato dalla conoscenza della condizione di sieropositivita' HIV(VI) piu' o meno frequente a seconda della categoria considerata. Le limitate conoscenze sulla durata dell'effetto delle nuove terapie, la mancanza di una stima precisa della diffusione dei farmaci antiretrovirali, e di eventuali differenze nei singoli sottogruppi, rendono piu' problematica la stima della curva epidemica delle infezioni da HIV e sottolineano l'importanza dei sistemi di sorveglianza delle nuove diagnosi di infezione da HIV. Riferimenti bibliografici I - Pezzotti P, Napoli PA, Acciai S et al. Increasing survival time after AIDS in Italy: the role of new combination antiretroviral therapies. AIDS 1999, 13:249-255. II - Porta D, Rapiti E, Forastiere F, Pezzotti P, Perucci CA. Changes in survival among people with AIDS in Lazio, Italy from 1993 to 1998. AIDS 1999,13:2125-2132. III - Palella FJ, Delaney KM, Morman AC et al. Declining morbidity and mortality among patients with advanced human immunodeficiency virus infection. N Engl J Med 1998, 338:853-860. IV - Mocroft A, Vella S, Benfield TL, et al.: Changing patterns of mortality across Europe in patients infected with HIV-1. LANCET 1998, 352:1725-1730. V - Rezza G, Pezzotti P, Balducci M. Attualita' sull'andamento dell'epidemia di AIDS/HIV in Italia. G. Ital. Mal. Infett. 1998, 4:133-136. VI - Napoli PA, Dorrucci M, Serraino D, et al. Frequency and determinants of use of antiretroviral and prophylactic therapies against Pneumocystis carinii Pneumonia (PCP) before AIDS diagnosis in Italy. European Journal of Epidemiology 1998, 14:41-47. VII - Egger M, Hirschel B, Francioli P, et al.: Impact of new antiretroviral combination therapies in HIV infecled patients in Switzerland: prospective multicentre study. BMJ 1997, 315:1194-1199. VIII - Detels R, Munoz A, McFarlane G, et al.: Effectiveness of Polent Antiretroviral Therapy on Time to AIDS and Death in Men With Known HIV Infection Duration. JAMA, 1998, 280:1497-1503
Note Tecniche 1 - In Italia, la raccolta sistematica dei dati sui casi di Sindrome da Immunodeficienza Acquisita (AIDS) e' iniziata nel 1982 e, nel giugno 1984, e' stata formalizzata in un Sistema di Sorveglianza Nazionale attraverso il quale vengono segnalati i casi di malattia diagnosticati dalle strutture cliniche del Paese. Con il decreto del 28 novembre 1986 (DM n. 288), l'AIDS e' divenuta in Italia una malattia infettiva a notifica obbligatoria. Dal 1987, il Sistema di Sorveglianza e' gestito, dal Centro Operativo AIDS (COA) dell'Istituto Superiore di Sanita' (ISS). In collaborazione con le regioni, il COA provvede alla raccolta, all'analisi periodica dei dati ed alla pubblicazione e diffusione di un rapporto trimestrale. 2 - I criteri di diagnosi di AIDS adottati sono stati, fino al gennaio 1993, quelli della definizione dell'OMS/CDC 1987. A partire dal 1 gennaio 1993, la definizione di caso adottata in Italia si attiene alle indicazioni del Centro Europeo dell'OMS. Quest'ultima aggiunge altre tre patologie indicative di AIDS: la tubercolosi polmonare, la polmonite ricorrente e il carcinoma invasivo della cervice uterina. 3 - L'anno di notifica non coincide necessariamente con l'anno di diagnosi, ma puo' essere successivo (es: caso diagnosticato nell'anno 1985 ma notificato nel 1990). 4 - La distribuzione temporale dei casi e' influenzata dal ritardo di notifica, cioe' dal tempo che intercorre dalla data della diagnosi del caso al momento in cui la notifica perviene al COA. Cio' determina una sottostima nel numero di nuovi casi, particolarmente evidente negli ultimi trimestri di diagnosi. Il numero dei casi viene pertanto corretto attraverso il metodo di correzione messo a disposizione dal Centro Europeo di Sorveglianza Epidemiologica (Haisterkamp S. H., Jager J C. & Ruitenberg E. J. et al. 1989. Correcting reported AIDS incidence: a statistical approach. Stat. Med, 8: 963-976). Altro elemento, che influenza le reali dimensioni del fenomeno, e' la sottonotifica dei casi di AIDS, cioe' quella quota di casi che, non segnalala, sfugge al Sistema di Sorveglianza. Studi preliminari hanno permesso di stimare per l'Italia un lasso di sottonotifica vicino al 10%. 5 - In Italia la notifica di decesso per AIDS non e' obbligatoria. 6 - Ad oggi solo alcune regioni Catabria, Campania, Emilia Romagna, Friuli, Venezia G., Lazio, Liguria, Lombardia, Toscana, Valle D'Aosta e Veneto effettuano il folloow-up attivo di mortalita' e forniscono routinariamente tali dati al COA. Per questo motivo nel 1998 il COA, in collaborazione con il gruppo di ricerca che si occupa dello studio di mortalita' per AIDS presso il Laboratorio di Epidemiologia e Biostatistica (LEB) dell'ISS, ha avviato un'indagine attiva (presso le anagrafi) sullo stato in vita dei casi di AIDS estesa a tutto il territorio nazionale. L'indagine e' stata condotta per le regioni che non effettuano routinariamente l'aggiornamento dello stato in vita. 7 - I casi prevalenti in un determinato anno sono tutti quelli diagnosticati negli anni precedenti, o nello stesso anno, e "vivi" (anche per un solo giorno dell'anno considerato). A causa del ritardo di notifica di decesso, il numero dei casi prevalenti riportato per gli anni piu' recenti va valutato con cautela, poiche' non e' corretto per i casi di decesso in tali anni. 8 - Le province che hanno un numero di casi residenti maggiore dei casi segnalati hanno "esportato" casi, in termini assistenziali; viceversa, quelle con piu' casi segnalati ne hanno "importati". Il tasso di incidenza (x 100.000 abitanti) per provincia e' calcolato sul numero di notifiche pervenute al COA nel periodo luglio 1998 giugno 1999. 9 - Le categorie di esposizione hanno un ordine gerarchico che risponde ai criteri del sistema di sorveglianza europeo dell'AIDS. Ogni caso e' classificato in un solo gruppo. I soggetti che presentano rischi multipli sono classificati nel gruppo piu' importante in termini gerarchici. Infine, vengono effettuate indagini periodiche per tre diversi gruppi di pazienti alfine di riclassificarli nelle categorie di esposizione classiche: a) pazienti che hanno dichiarato di aver avuto soltanto rapporti eterosessuali con partner che non avevano un fattore di rischio noto; b) pazienti che hanno avuto una trasfusione; c) pazienti senza fattore di rischio noto, (categoria "altro non determinato"). 10 - La riattribuzione del fattore di rischio e' stata effettuata mediante l'uso di un modello matematico che calcolava la probabilita' di appartenere ad una categoria di trasmissione in base a sesso, anno di diagnosi ed ai risultati di una precedente indagine condotta dal COA (v testo). 11 - La categoria di esposizione "contatti eterosessuali" comprende i soggetti che hanno un partner a rischio dell'altro sesso. Quando e' nota la sieropositivita' del partner, questa informazione viene riportata esplicitamente. Sono stati considerati come casi attribuibili a trasmissione eterosessuale anche i casi con partner promiscuo che includono i "partner di prostituta" e le prostitute. 12 - I dati relativi alla distribuzione delle patologie opportunistiche indicative di AIDS fanno riferimento ai quadri clinici presenti all'esordio della malattia e non a tutte le patologie diagnosticate durante l'intero decorso clinica. Se l'esordio e' caratterizzato da piu' di una patologia, ne vengono conteggiate un massimo di sei occorse entro 60 giorni dalla prima. 13 - Per ogni caso possono essere indicate piu' di una patologia indicativa di AIDS, pertanto il numero di patologie riportate in un anno puo' essere superiore al numero di casi segnalati nello stesso anno. 14 - Le differenze osservabili tra le regioni per cio' che riguarda la distribuzione dell'AIDS pediatrico risentono anche della diversa disponibilita' di centri clinici pediatrici sul territorio.