Art. 56. Chiunque peschi nelle acque di proprieta' privata, per le quali non e' necessaria l'apposizione di segnali o di speciali leggende prescritte nell'art. 3 del Regio decreto 15 maggio 1884, n. 2503, o nelle zone di acque pubbliche destinate a protezione di esse, ovvero in quelle soggette ai diritti esclusivi di pesca amministrativamente riconosciuti ed effettivamente esercitati, senza il consenso del proprietario, possessore o concessionario, incorre, oltre che nella perdita del prodotto della pesca, in una pena pecuniaria da lire 200 a lire 500, salvo le maggiori pene, con la possibile confisca della barca e delle reti, a norma, rispettivamente, degli articoli 402 e 36 del Codice penale, qualora le acque per disposizione naturale o per opere di manufatti si trovino racchiuse in modo da impedire la uscita del pesce tenutovi in allevamento o nello stato di cattura, anche quando a causa del deflusso naturale stano comunicanti con acque pubbliche. Va soggetto alla pena da L. 500 a L. 1000 chiunque, pur pescando nelle acque private, impedisca la montata o la discesa del pesce, ostacolando e danneggiando la conservazione e moltiplicazione della specie protetta dalle disposizioni degli articoli 6 della legge 4 marzo 1877, n. 3706, e 27 e seg. della legge 24 marzo 1921, n. 312.