Art. 20. Il titolo di patrizio o di nobile di una citta' si puo' riconoscere quando consti che si era radicato in una famiglia appartenente a un Collegio, Corpo o Ceto civico o decurionale, che, secondo le antiche legislazioni, attribuiva ai suoi componenti e ai rispettivi discendenti il patriziato o la nobilta'. Tale titolo spetta ai legittimi discendenti per linea maschile degli ultimi iscritti all'epoca in cui cessarono di aver vigore le antiche legislazioni, e non puo' formare oggetto di nuova iscrizione o concessione, ne' di rinnovazione o di passaggio ad altra famiglia. E' ammessa eccezionalmente la ulteriore iscrizione al ceto della nobilta' romana dei fratelli e loro discendenti di ambo i sessi per linea mascolina e delle sorelle a titoli personale, dei Sommi Pontefici. Fermi gli accertamenti gia' approvati dal Regio Governo, la Consulta, su proposta delle Commissioni araldiche regionali, accerta l'originaria esistenza degli antichi Collegi, Corpi o Ceti civici o decurionali di patriziato o di nobilta' e le particolari norme dalle quali era regolata la iscrizione e successione dei loro componenti. Le relative deliberazioni della Consulta sono sottoposte all'approvazione del Capo del Governo, Primo Ministro Segretario di Stato.