(all. 1 - art. 1)
                                                             Allegato
                   Al Presidente della Repubblica
    Il  comune  di  Strongoli  (Crotone),  i cui organi elettivi sono
stati  rinnovati  nelle  consultazioni  amministrative  del 16 aprile
2000,  presenta  forme  di  ingerenze  da  parte  della  criminalita'
organizzata   che  compromettono  l'imparzialita'  della  gestione  e
pregiudicano  il  buon  andamento dell'amministrazione ed il regolare
funzionamento dei servizi.
    Invero,  a  seguito  delle  vicende  investigative  e giudiziarie
condotte  in  occasione  di  una  recente  operazione  di  lotta alla
criminalita'  organizzata  che  hanno  evidenziato  la  portata  e la
valenza  di  un  programma  criminoso attuato da una cosca locale per
acquisire  in  modo  diretto  o  indiretto  la gestione o comunque il
controllo  delle  attivita' economiche nel territorio, il prefetto di
Crotone  ha  disposto  l'accesso  presso  il  suddetto ente, ai sensi
dell'art.  1,  quarto  comma,  del decreto-legge 6 settembre 1982, n.
629,  convertito  dalla  legge  12 ottobre 1982, n. 726, e successive
modificazioni ed integrazioni.
    Gli   accertamenti   svolti   tanto  dalle  competenti  autorita'
investigative  quanto  dalla  commissione  d'accesso, confluiti nella
relazione   commissariale   conclusiva   dell'accesso,  e  successive
integrazioni, cui si rinvia integralmente, avvalorano l'ipotesi della
sussistenza  di  fattori  di  inquinamento dell'azione amministrativa
dell'ente   locale   a   causa   dell'influenza   della  criminalita'
organizzata  fortemente  radicata sul territorio e pongono in risalto
come,   nel   tempo,  l'uso  distorto  della  cosa  pubblica  si  sia
concretizzato   nel   favorire   soggetti  collegati  direttamente  o
indirettamente con gli ambienti malavitosi.
    In  tale  contesto  la condizione di contiguita' emersa nel corso
delle  indagini investigative, in particolare, tra un amministratore,
un   cui  prossimo  congiunto  e'  stato  fra  l'altro  raggiunto  da
provvedimento  di  custodia  cautelare  in  carcere  per associazione
mafiosa,  e  gli  ambienti  della  locale  consorteria rappresenta lo
strumento  attraverso il quale si perfeziona l'ingerenza negli affari
dell'ente  e  la strumentalizzazione delle scelte amministrative. Gli
accertamenti  svolti  hanno evidenziato che la pericolosa consorteria
operante  nel  territorio  si  e'  in  fatti  avvalsa  di diramazioni
all'interno  della vita pubblica dell'amministrazione comunale, anche
per   trarre   profitto  da  uno  dei  piu'  importanti  investimenti
produttivi  posti  in  essere  nel  comprensorio  crotonese. Un altro
amministratore  ha  rapporti  parentali  con  un  pluripregiudicato e
sorvegliato  speciale  di  pubblica  sicurezza  ai  sensi della legge
31 maggio  1965, n. 575. Rapporti parentali, di affinita', amicizie e
frequentazioni  legano  anche  alcuni  dipendenti con esponenti della
criminalita'  organizzata  o  con soggetti sospettati di gravitare in
ambienti mafiosi.
    Come  ampiamente esposto nella relazione commissariale, i settori
in  cui emerge segnatamente l'utilizzo della pubblica amministrazione
per  personali tornaconti affaristici sono quelli relativi ad appalti
di opere pubbliche e di pubblici servizi, le cui procedure sono state
caratterizzate   da   profili   di  illegittimita'  che  denotano  il
condizionamento  e  l'ingerenza  della criminalita' organizzata nelle
scelte  dell'ente  locale, oggetto altresi' di esposti e segnalazioni
anonimi  anche  nel corso dell'attivita' di accesso. E' stato infatti
appurato che la criminalita' organizzata si e' inserita nel controllo
degli  appalti  pubblici  anche  per il tramite di imprese gestite da
soggetti  solo  formalmente  estranei a circuiti criminali e, dunque,
nella  condizione  di  poter partecipare alle gare di appalto, ma, in
realta',  inseriti  nella  consorteria locale cui dette imprese fanno
capo.
    In  particolare  la  commissione  ha evidenziato il ricorso quasi
sistematico  all'affidamento  di lavori tramite asta pubblica, che ha
di  fatto  consentito all'amministrazione di limitare il numero delle
imprese  da  invitare  alle  gare e di restringere, in violazione dei
principi di trasparenza, correttezza e concorrenza, la partecipazione
ad  imprese  con  sede  nel  territorio comunale o facenti capo ad un
medesimo centro di interessi di natura mafiosa.
    Assumono  spessore probatorio le seguenti circostanze: la maggior
parte   delle  gare  di  pubblico  incanto  si  e'  conclusa  con  la
partecipazione  di  una  sola  ditta, i cui titolari risultano spesso
gravati  da  precedenti  penali o contigui alla malavita organizzata;
frequentemente   la  presentazione  dell'unica  offerta  e'  avvenuta
l'ultimo  giorno  utile per l'inoltro delle buste e la percentuale di
ribasso presentata e' stata oscillante tra lo 0,0 e l'1%.
    La conclusione cui e' pervenuto l'organo ispettivo che il ricorso
al sistema del pubblico incanto fosse mirato a consentire l'ingerenza
della  malavita  locale  all'interno  dell'attivita' amministrativa e
contrattuale  e' avvalorata dalla circostanza che l'ente, peraltro in
stato  di  dissesto  finanziario,  piuttosto che gestire in modo piu'
oculato  il  denaro  pubblico,  ha  passivamente  conferito incarichi
contrattuali  con  minime  percentuali  di  ribasso,  senza tenere in
debito   conto  la  possibilita'  del  ricorso  a  diverse  procedure
concorsuali.
    Emblematica  al  riguardo e' la circostanza che anche nell'elenco
delle  ditte di fiducia, di cui il comune si avvale per l'affidamento
diretto  di  lavori  e  forniture, figurano imprese che di fatto sono
riconducibili  agli  stessi amministratori e a soggetti che risultano
avere  precedenti  per  reati di tipo mafioso o per fatti di notevole
pericolosita' sociale.
    E'  emersa,  altresi',  l'assenza  di  qualsivoglia  attivita' di
controllo   e  verifica  in  ordine  al  rilascio  di  autorizzazioni
commerciali  da  parte  dei  competenti  uffici comunali, i quali non
hanno  fornito le necessarie direttive sulle modalita' di svolgimento
di tali attivita'.
    Con   riferimento   al   fenomeno   dell'abusivismo  edilizio  la
commissione ha verificato una sterile attivita' di contrasto da parte
dell'ente,  inidonea quindi al concreto raggiungimento dei fini della
tutela  del  territorio.  Infatti,  quasi  mai  risulta  definita  la
conclusione dell'iter procedurale, con la demolizione del manufatto o
l'acquisizione al patrimonio comunale, e tale comportamento omissivo,
lungi  dal  prevenire  o  contrastare  l'abusivismo, ha contribuito a
rafforzare   nei   trasgressori   la   certezza  dell'inutilita'  dei
provvedimenti formali di ripristino.
    A  quanto  sopra  si  aggiunge  la disorganizzazione degli uffici
comunali,   che   costituisce  condizione  ideale  per  una  gestione
clientelare  ed  interessata  della cosa pubblica. L'irrituale tenuta
del  registro  di  protocollo,  garanzia  di  certezza, trasparenza e
regolarita'  nella  gestione  di  ogni  pubblica  istituzione,  viene
indicato   come  indubitabile  esempio  di  compromissione  del  buon
andamento dell'ente e di alterata funzionalita' amministrativa.
    Anomalie  sono  state  riscontrate  anche  nel conferimento degli
incarichi  professionali  esterni, molti dei quali, di natura legale,
sono  stati  affidati  al  fratello  di  un  assessore. L'incarico di
progettazione  di  un  importante  opera  pubblica  e'  stato inoltre
frazionato  fra  piu'  professionisti,  presumibilmente  al  fine  di
eludere la vigente normativa in materia di appalti di servizi.
    Viene   messa   in   evidenza   come   la   disorganizzazione   e
l'inefficienza  del sistema di riscossione dei tributi locali, cui fa
riscontro  l'elevata  evasione  da  parte  dei cittadini dei predetti
tributi comunali e del canone dell'acqua potabile, sia segno evidente
di  una  diffusa  illegalita'  e  di  generale  inosservanza dei piu'
elementari precetti normativi, che non consente peraltro all'ente una
ordinaria  gestione  delle  proprie  attivita'  ed  un  miglioramento
qualitativo e quantitativo dei servizi offerti alla cittadinanza.
    Tale   quadro  di  diffuse  disfunzioni,  secondo  quanto  emerge
dall'accesso esperito, risulta assecondato dalla carenza della dovuta
attivita'  di indirizzo e controllo da parte degli organi di Governo,
che nella gestione della cosa pubblica hanno di fatto privilegiato la
cura   di   interessi   estranei  al  perseguimento  delle  finalita'
pubbliche.   Il   clientelismo,   i   favoritismi   ed  il  disordine
amministrativo   hanno   ingenerato   perdita   di   prestigio  e  di
credibilita'  delle  istituzioni e, quindi, diffuso malcontento nella
popolazione che ha trovato espressione in numerosi esposti.
    La penetrazione dell'attivita' criminosa nell'ente ha favorito il
consolidamento  di  un  sistema  di  connivenze  e collusioni che, di
fatto, priva la comunita', delle fondamentali garanzie democratiche.
    Il complesso degli elementi riscontrati manifesta chiaramente che
si  e'  determinato in quell'ente uno stato di alterazione del libero
convincimento  per  effetto  delle interferenze di fattori esterni al
quadro   degli  interessi  locali,  riconducibili  alla  criminalita'
organizzata che pregiudicano le fondamentali garanzie democratiche.
    Il  delineato  clima  di  grave  condizionamento e degrado in cui
versa  il  comune  di  Strongoli,  la cui capacita' di determinazione
risulta  compromessa, l'inosservanza del principio di legalita' nella
gestione  dell'ente  e  l'uso distorto delle pubbliche funzioni hanno
compromesso  le  legittime  aspettative  della  popolazione ad essere
garantita  nella  fruizione  dei  diritti  fondamentali,  minando  la
fiducia  dei  cittadini nella legge e nelle istituzioni. Pertanto, il
prefetto  di  Crotone,  con relazione del 21 maggio 2003 e successiva
integrazione  del  18 luglio  2003,  che  si  intendono integralmente
richiamate,   ha  proposto  l'applicazione  della  misura  di  rigore
prevista  dall'art.  143  del  decreto legislativo 18 agosto 2000, n.
267.
    La  descritta  condizione esige un intervento risolutore da parte
dello  Stato,  mirato  a  rimuovere  i  legami tra l'ente locale e la
criminalita'  organizzata che arrecano grave e perdurante pregiudizio
per lo stato generale dell'ordine e della sicurezza pubblica.
    Per le suesposte considerazioni si ritiene necessario provvedere,
con  urgenza,  ad eliminare ogni ulteriore motivo di deterioramento e
di  inquinamento  della  vita amministrativa e democratica dell'ente,
mediante  provvedimenti incisivi a salvaguardia degli interessi della
comunita' locale.
    La  valutazione  della  situazione  in  concreto  riscontrata, in
relazione  alla  presenza ed all'estensione dell'influenza criminale,
rende  necessario  che  la  durata  della  gestione commissariale sia
determinata in diciotto mesi.
    Ritenuto,   per  quanto  esposto,  che  ricorrano  le  condizioni
indicate  nell'art.  143  del  decreto legislativo 18 agosto 2000, n.
267,   per  lo  scioglimento  del  consiglio  comunale  di  Strongoli
(Crotone), si formula rituale proposta per l'adozione della misura di
rigore.
      Roma, 27 agosto 2003
                                     Il Ministro dell'interno: Pisanu