Art. 320. (Rappresentanza e amministrazione). Il padre rappresenta i figli nati e nascituri in tutti gli atti civili e ne amministra i beni. Egli tuttavia non puo' alienare, ipotecare, dare in pegno i beni del figlio, rinunziare a eredita', accettare donazioni o legati soggetti a pesi e condizioni, chiedere divisioni, contrarre in nome di lui mutui, locazioni oltre il novennio o compiere altri atti eccedenti i limiti dell'ordinaria amministrazione, ne' transigere o promuovere giudizi relativi a tali atti, se non per necessita' o utilita' evidente del figlio stesso e dopo autorizzazione del giudice tutelare. I capitali non possono essere riscossi senza autorizzazione del giudice tutelare, il quale ne determina l'impiego. L'esercizio di un'impresa commerciale non puo' essere continuato se non con l'autorizzazione del tribunale, su parere del giudice tutelare. Questi puo' consentire l'esercizio provvisorio dell'impresa, fino a quando il tribunale abbia deliberato sull'istanza. Se sorge conflitto d'interessi tra figli soggetti alla stessa patria potesta' o tra essi e il padre, il giudice tutelare nomina ai figli un curatore speciale.