(all. 1 - art. 1)
                                                           Allegato A
                LINEE GUIDA UNITA' SPINALI UNIPOLARI
1. Premessa.
    Il  presente  documento, fermo restando l'autonomia delle singole
regioni   e   province  autonome  per  cio'  che  attiene  i  modelli
organizzativi  piu'  consoni alle realta' territoriali, vuole fornire
indirizzi    per    l'organizzazione    di   un   adeguato   percorso
diagnostico-terapeutico-riabilitativo   delle   persone   affette  da
lesioni midollari.
    Nella  sua stesura sono stati considerati sia le «Linee guida per
le  attivita'  di  riabilitazione»  di  cui all'accordo sancito dalla
Conferenza  Stato-regioni  il 7 maggio 1998 (repertorio atti n. 457),
sia  le  «Linee-guida per l'organizzazione di un sistema integrato di
assistenza   ai   pazienti   traumatizzati   con   mielolesioni   e/o
cerebrolesi»    di   cui   all'accordo   sancito   dalla   Conferenza
Stato-regioni  il  4 aprile  2002  (repertorio  atti n. 1427), sia il
documento conclusivo della commissione di studio sulle unita' spinali
unipolari  istituita  presso  il  dipartimento  della  programmazione
sanitaria  del Ministero della sanita' con decreto del Ministro della
sanita'  del  3 giugno  1999,  della  quale  si  sono  condivisi  gli
obiettivi, che consistevano nel definire criteri per:
      l'appropriato percorso assistenziale del mieloleso nelle unita'
spinali;
      i  contenuti della formazione interdisciplinare degli operatori
del settore;
      il monitoraggio epidemiologico delle mielolesioni.
    Va   rilevato  come  il  documento  assolva  a  una  funzione  di
razionalizzazione    delle    strutture    per    il    miglioramento
dell'assistenza  ai  pazienti  medullolesi senza tuttavia innovare in
alcun  modo  sui previgenti «Livelli essenziali di assistenza» di cui
al  decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 29 novembre
2001 e successive integrazioni.
    Con  ogni  evidenza quindi questo documento di linee guida non e'
suscettibile   di   determinare  alcun  onere  aggiuntivo  di  spesa,
limitandosi  ad  individuare  particolari modalita' erogative di tale
tipologia  di  assistenza  specializzata, tra l'altro gia' attuata in
diverse regioni del nostro Paese, nel rispetto dell'accordo tra Stato
e  regioni dell'8 agosto 2001, come integrato dalle leggi finanziarie
per gli anni 2002 e 2003.
2. Introduzione.
    Le  lesioni  midollari  rappresentano  una delle piu' complesse e
invalidanti  patologie. Il moderno approccio a tale patologia prevede
che  le  strutture  coinvolte nel trattamento del medulloleso debbano
garantire la piu' qualificata e moderna assistenza, compresi anche lo
studio  di  nuove metodologie di trattamento e la prevenzione di ogni
complicanza  immediata,  che  puo'  instaurarsi  all'atto dell'evento
lesivo   o  successivamente,  quando  la  lesione  puo'  considerarsi
definitivamente stabilizzata.
    L'epidemiologia  delle  lesioni  midollari  pone numericamente al
primo  posto le lesioni traumatiche da incidente stradale, lavorativo
o da sport, seguite da quelle non traumatiche. Le lesioni traumatiche
vertebro-midollari   rientrano   spesso   nel  complesso  quadro  del
politrauma   con   il  coinvolgimento  di  piu'  organi  e  distretti
costituendo  un  tipico  esempio  della  necessita'  di un intervento
multidisciplinare  tipico dei modelli assistenziali che si realizzano
in   strutture   a   valenza   dipartimentale.   Per   il   mieloleso
politraumatizzato   si   deve  garantire  il  trattamento  immediato,
completo  e  definitivo secondo il principio dell'unita' di tempo, di
luogo e di azione.
    Pertanto, anche l'Unita' spinale unipolare (U.S.U.), nella misura
in   cui   il   traumatizzato   vertebro-midollare   risulta   essere
statisticamente  con  incidenza  sempre  crescente un plurilesionato,
dovrebbe condividere un'organizzazione di tipo dipartimentale.
    La  competenza  assistenziale degli operatori che lavorano in una
U.S.U.,  deve  necessariamente  ampliarsi; le conoscenze tecniche, la
cultura   specifica,   che  comprendono  tutto  l'arco  del  divenire
patologico  della  lesione  midollare,  devono costituire il bagaglio
professionale   dell'intera   equipe   che  condivide  l'operativita'
nell'unita' spinale.
    Nella  dimensione  dipartimentale  dell'U.S.U.  gli operatori non
possono  ignorare  le  conseguenze  che  per la persona comporta, nel
tempo, la perdita delle funzioni autonome, della motilita' volontaria
e della sensibilita'.
    Il problema e' da affrontare, quindi, sotto molteplici aspetti:
      1. elaborazione di strumenti idonei quali:
        a) un corretto metodo di rilevazione epidemiologica;
        b) protocolli  adeguati di formazione per gli operatori delle
U.S.U.;
        c) percorsi diagnostico terapeutici sempre aggiornati;
      2. completamento, nel tempo piu' breve possibile, della rete di
U.S.U.  su tutto il territorio nazionale al fine di garantire a tutte
le       persone      medullolese      il      migliore      percorso
diagnostico-terapeutico-riabilitativo;
      3.   coordinamento   tra  la  rete  delle  U.S.U.  e  strutture
riabilitative gia' censite come idonee per organizzazione, tradizione
culturale  e  capacita'  operativa  al  trattamento riabilitativo del
medulloleso.
    E'  da  rilevare  come in alcune consolidate esperienze di unita'
spinale  cosiddetta  integrata  o  multipolare, pur non esistendo una
unipolarita' in senso fisico e spaziale, esista, di fatto, attraverso
lo  stretto  collegamento funzionale fra la struttura ospedaliera che
copre  la  fase  dell'emergenza  e  quella  che copre la fase acuta e
post-acuta,  una  analoga  continuita' del percorso assistenziale: la
comunicazione  tempestiva,  la  consulenza precoce dei riabilitatori,
l'accesso  programmato  di  altri  specialisti  coinvolti rendono, in
effetti,  agevole  il trasferimento ed il follow-up del mieloleso fin
dalla  fase  acuta  e  realizzano  il  modello dipartimentale di tipo
funzionale.
    La preferenza va comunque accordata alle unita' spinali unipolari
e  deriva  dalla  necessita'  di  garantire alle persone mielolese il
massimo della tutela e della prevenzione dei danni terziari, che piu'
facilmente  si  verificano  nei pazienti che afferiscono in strutture
non   in   grado   di   garantire  una  adeguata  contemporaneita'  e
progressione del processo clinico-assistenziale.
    Tale  modalita'  di  assistenza  e  cura, che fa riferimento alle
«Linee  guida per le attivita' di riabilitazione», di cui all'accordo
sancito  dalla  Conferenza Stato-regioni il 7 maggio 1998 (repertorio
atti  n. 457), garantisce tra l'altro una maggiore economicita' nella
complessiva cura della patologia conseguente alle lesioni midollari.
    Al   momento  attuale,  vista  la  scarsa  dotazione,  a  livello
nazionale,  di  unita' spinali unipolari, occorre comunque utilizzare
al  meglio  le  realta'  gia' operanti che garantiscono, una gestione
coordinata  e integrata di tutti i bisogni assistenziali del paziente
dall'evento traumatico-patologico fino al piu' alto grado di recupero
e mantenimento funzionale.
3. Aspetti epidemiologici.
    In Italia l'incidenza di lesioni midollari post-traumatiche viene
stimata in studi a valenza regionale, su 18-20 nuovi casi per milione
di  abitanti  per  anno.  Nel 2000 una rilevazione dei dati sanitari,
epidemiologici  e gestionali ha confermato una sostanziale carenza di
dati sistematici in Italia sulla mielolesione.
    Le  cause  piu' frequenti delle lesioni midollari in Italia, come
in altri Paesi, sono legate a fattori traumatici. In particolare, gli
incidenti  stradali  e  quelli sportivi costituiscono circa il 60% di
tutte   le  lesioni  midollari  con  proporzione  quasi  identica  di
paraplegia  e  di  tetraplegia.  Altre  cause  frequenti  di  lesione
midollare  sono  gli  infortuni  sul lavoro e gli episodi di violenza
contro  la  persona.  L'eta' dei traumatizzati dimostra due picchi di
frequenza a 20 e 59 anni, il rapporto maschi - femmine risulta essere
di 4:1.
    Per   quanto   riguarda   le   lesioni   di   origine  traumatica
dell'infanzia  e dell'eta' evolutiva, i dati epidemiologici riportano
che  circa  il  2%  sia rappresentato da soggetti in eta' pediatrica,
prevalentemente  di  sesso  maschile,  a localizzazione preferenziale
cervicale e come conseguenza di incidenti stradali.
    Nel  2000  il  Gruppo italiano per lo studio epidemiologico sulle
mielolesioni  (GISEM)  ha  realizzato  un  primo studio multicentrico
sulle mielolesioni in Italia.
    Dei   55   centri  individuati  (localizzati  prevalentemente  al
Centro-Nord),   37   hanno  fornito  dati  utili  per  l'elaborazione
statistica. Di questi 7 presentavano le caratteristiche tipiche delle
«Unita'  spinali»,  25 erano assimilabili a «Centri di riabilitazione
con  posti  letto  per mielolesi» (impossibilita' di ricovero precoce
del  paziente mieloleso e di gestione della fase acuta nell'immediato
post-trauma),  5, definiti «Servizi», presentavano caratteristiche di
offerta  di  assistenza ai mielolesi esclusivamente in fase acuta, in
reparti   di   neurochirurgia,  ortopedia,  rianimazione  e  medicina
d'urgenza.
    Nel  corso  dei  due  anni  di  durata  dello  studio  sono stati
registrati,  nei  37 centri partecipanti, un totale di 1.930 pazienti
di  cui  1.073  (il 55,6%)  risultavano  primi ricoveri; di questi il
66,6%  era  rappresentato  da  mielolesioni traumatiche e il 33,4% da
mielolesioni non traumatiche.
      GISEM - Cause dell'evento traumatico per eta' e per sesso

           ----> vedere tabella a pag. 23 della G.U. <----

    L'intervallo  tra l'evento lesivo e il momento del ricovero in un
centro  dedicato  e'  risultato  essere  di 28 giorni (mediana) per i
mielolesi  di  origine  traumatica:  di questi solo il 17,6% e' stato
ricoverato entro la prima settimana dall'evento presso uno dei centri
partecipanti  allo  studio,  provenendo principalmente dai reparti di
neurochirurgia  (48,3%),  ortopedia  (13,8%),  rianimazione (11,8%) e
pronto   soccorso   (9,1%).   Lo  stesso  studio  ha  dimostrato  una
correlazione  tra  l'incidenza  delle  complicanze terziarie (lesioni
cutanee  da  decubito,  ecc.)  e  l'intervallo  tra l'evento lesivo e
l'accesso presso un centro specializzato.
    Le  unita'  spinali  attive  in  Italia  sono distribuite in modo
disomogeneo  sul  territorio nazionale: Veneto (ospedale di Vicenza);
Lombardia  (ospedale Morelli di Sondalo a Sondrio e ospedale Niguarda
di Milano); Umbria (ospedale Silvestrini di Perugia); Lazio (ospedale
Alesini  di  Roma);  Toscana  (ospedale Careggi di Firenze); Sardegna
(ospedale  Marino  di Cagliari); Liguria (ospedale di Santa Corona di
Pietraligure);   Piemonte   (e'   in   corso  di  imminente  apertura
all'ospedale C.T.O. di Torino).
    Tale  situazione  non  consente l'intervento tempestivo «entro le
prime  ore  dall'insulto»  premessa  indispensabile  per  un ottimale
approccio alla persona mielolesa.
    La  puntuale  conoscenza  dei  dati  epidemiologici relativi alla
mielolesione  e'  necessaria per garantire la programmazione adeguata
delle  unita'  spinali.  A  tal  fine  e'  auspicabile  che a livello
regionale   sia   attivata   una  rilevazione  sistematica  dei  dati
utilizzando  una  metodologia condivisa tra le regioni. L'omogeneita'
della  raccolta dei dati e' garanzia di una maggiore significativita'
delle informazioni ottenute.
    Si   ritiene  utile  poter  disporre  almeno  di  dati,  rilevati
periodicamente, che possano fornire informazioni circa:
      la prevalenza;
      l'incidenza;
      i dati socio-demografici;
      la causa della mielolesione;
      i principale dati clinici relativi ai trattamenti ed esiti;
      la  soddisfazione  della  domanda  (casi  trattati-posti  letto
disponibili, liste di attesa per la riabilitazione).
4. Formazione.
    Attualmente,   nella   formazione  del  laureato  in  medicina  e
chirurgia  e  in quella degli operatori della sanita' in genere e nei
corsi  di  specializzazione,  la cultura sulle problematiche relative
alla  presa  in carico globale delle persone con lesione midollare e'
molto carente.
    E'  opportuno  che  tutte  le  figure professionali coinvolte nel
percorso  curativo-assistenziale  della  persona  medullolesa abbiano
un'adeguata preparazione teorico-pratica.
    Considerata  la  multidisciplinarieta'  dell'approccio  alla cura
alla persona medullolesa si dovra' prevedere una formazione, coerente
con  le  modalita' previste dal programma ECM, che preveda momenti ed
elementi comuni per le figure professionali coinvolte nel processo.
    I  contenuti  della formazione dovranno consentire agli operatori
un  continuo  miglioramento  della  gestione uniforme e integrata dei
bisogni complessivi del medulloleso.
    Nell'allegato  1 sono riportati alcuni argomenti utilizzabili per
un'adeguata formazione del personale.
5. Percorso curativo-assistenziale.
    Il   percorso   curativo-assistenziale   inizia   con   la   fase
dell'emergenza  e  si  protrae sino al recupero socio-familiare. Esso
prevede inizialmente il periodo che va dall'emergenza alla dimissione
che  deve  essere espletato all'interno dell'Unita' spinale unipolare
ovvero  all'interno della struttura ospedaliera sede della stessa. E'
finalizzato  al recupero della massima autonomia e indipendenza della
persona  medullolesa,  compatibilmente  con  il  livello  di  lesione
midollare  e  con  le  sue  condizioni  generali, valutato attraverso
l'utilizzo  di  scale  di  outcome  funzionali.  L'ulteriore  fase di
reinserimento   socio-familiare,   gia'   avviata  durante  la  prima
ospedalizzazione   presso   l'USU,  vede  il  coinvolgimento  attivo,
coordinato   e   armonizzato,   sia   dell'USU   che   dei  distretti
socio-sanitari   e  delle  strutture  riabilitative  territoriali  di
competenza,  attraverso  contatti  continui  e  la condivisione degli
interventi   che   si   riterranno  necessari  definiti  in  appositi
protocolli.
    Anche  le  lesioni  midollari  in eta' evolutiva si avvalgono dei
percorsi  assistenziali  e  riabilitativi  tipici dell'USU con alcune
specificita'  legate al fatto che la noxa patogena ed il danno che ne
consegue  possono  compromettere  l'andamento  stesso  dello sviluppo
motorio,   cognitivo   ed   affettivo-relazionale   interferendo  con
l'acquisizione   delle   tappe  fondamentali  che  caratterizzano  la
maturita' globale del bambino.
A) Fase dell'emergenza.
    Per  «fase dell'emergenza» si intende la fase relativa al periodo
immediatamente  successivo all'evento lesivo, di norma entro le prime
dodici ore dopo il trauma.
    Finalita' dell'intervento:
      garantire   la   sopravvivenza   delle  persone  traumatizzate,
assicurando  la  migliore  omeostasi possibile, al fine di limitare i
danni  conseguenti  alle  condizioni di criticita' che caratterizzano
questa fase;
      tutelare la colonna vertebrale che, nel politraumatizzato, deve
essere considerata sempre come potenzialmente lesa;
      trattare  il  danno vertebro-midollare in maniera da evitare il
peggioramento neurologico e/o da creare le migliori condizioni per un
recupero neurologico.
    Sul  luogo  del  trauma  e' necessario assicurare il soccorso con
mezzi   e   ausili   idonei   eseguito  da  personale  opportunamente
addestrato,  coordinato  e  guidato  dal  servizio 118. Il triage sul
campo  e  l'assegnazione del paziente alla struttura piu' appropriata
ricadono  sotto  la  responsabilita'  e  la competenza dei servizi di
emergenza  territoriale,  coordinati  dalla  centrale  operativa.  Le
regioni  e  le  province autonome definiranno specifici protocolli di
intervento  e  le sedi di afferenza di tali pazienti anche attraverso
accordi  interregionali, in considerazione delle peculiari condizioni
geografiche e di bacino di utenza.
    Dopo  le  prime  cure  sul  luogo dell'incidente e l'obbligatoria
immobilizzazione  della  colonna vertebrale con mezzi di contenzione,
deve   essere  garantito  il  raggiungimento  nel  piu'  breve  tempo
possibile  del  presidio ospedaliero piu' idoneo e appropriato. Nella
scelta del presidio ospedaliero deve essere accuratamente valutato il
rapporto   rischio  beneficio  derivante  dal  trasporto  e  andranno
privilegiati i presidi ospedalieri dotati di Unita' spinale unipolare
o,  in  mancanza  di  questa,  di  DEA  di  secondo livello che abbia
possibilita'  diagnostiche  e terapeutiche idonee ovvero del DEA piu'
idoneo  ed  appropriato  dotato  di  centro  traumi.  Va  evitato  il
trasporto del paziente in presidi ospedalieri che non possono fornire
interventi   diagnostici   e   curativi  idonei  e  appropriati  alla
complessita' della patologia in oggetto.
    I  percorsi  saranno  codificati a livello regionale e concordati
con l'unita' spinale di riferimento, in collaborazione con le aziende
sanitarie  locali e le aziende ospedaliere competenti per territorio.
L'equipe  dell'unita'  spinale  unipolare,  precocemente  contattata,
viene  messa  al  corrente  delle  condizioni  cliniche  del paziente
traumatizzato  dal  personale  del primo soccorso o dall'ospedale che
accoglie, se necessario, il paziente subito dopo il trauma.
    Quando  il  paziente  giunge  al  DEA,  sede  dell'Unita' spinale
unipolare,  il  medico  in  servizio di quest'ultima, preventivamente
allertato,  partecipa  al processo di diagnosi clinica e strumentale,
alla  terapia  medica  finalizzata  al  mantenimento  della  migliore
omeostasi,  al trattamento farmacologico rivolto alla limitazione del
danno midollare secondario e alla scelta del trattamento chirurgico o
conservativo della lesione vertebrale.
    Le  azioni  di  cui  sopra  non  sono  da  intendersi in sequenza
temporale,  ma  possono  essere  effettuate anche contemporaneamente,
laddove possibile.
    Tutto    il    personale    coinvolto    durante    il   processo
diagnostico-terapeutico  nella  fase  di  emergenza,  in  particolare
durante  gli  accertamenti  diagnostici,  deve  essere  adeguatamente
formato.
B) Fase acuta.
    Per  «fase  acuta»  si  deve intendere il periodo, immediatamente
successivo alla fase di emergenza, che dura fino alla stabilizzazione
delle  condizioni  generali  (alcune  settimane dopo il trauma, salvo
complicazioni  intercorrenti).  Tutta  l'equipe dell'USU e' coinvolta
nel  processo  terapeutico.  In  questa  fase deve essere perseguita,
oltre  alla  cura sintomatologica, la specifica finalita' terapeutica
volta alla prevenzione e cura delle complicanze.
    Nell'allegato  2  sono  elencati  gli  aspetti  da considerare ed
alcuni  provvedimenti  da  adottare  nella  persona mielolesa in fase
acuta  sia  nelle  Unita' spinali unipolari che in tutte le sedi dove
vengono accolte le persone medullolese.
    Tale  equipe,  nel pieno rispetto della centralita' della persona
medullolesa,  tenuto  conto  delle  condizioni  cliniche,  di  quelle
socio-familiari  e della prognosi del recupero, stendera' il progetto
individuale, condiviso e partecipato dal paziente e dai familiari e/o
congiunti,  e  definira'  i  singoli  programmi per il raggiungimento
degli obiettivi.
    In  caso di soggetti mielolesi in eta' pediatrica va sottolineata
l'importanza degli interventi sia dello psicologo dell'eta' evolutiva
che  del neuropsichiatria infantile coordinati nell'ambito del lavoro
in equipe.
    Il  progetto  ed i programmi verranno periodicamente sottoposti a
verifica  dei  risultati  ed  eventualmente  modificati  dalla stessa
equipe  che  seguira',  nell'ottica  della  unipolarita', il paziente
durante  tutto  il percorso curativo-assistenziale, interfacciandosi,
quando  necessario,  con  gli  altri  specialisti dell'Unita' spinala
unipolare o ad accesso programmato.
C) Fase di stabilizzazione.
    Per  «fase  di  stabilizzazione»  si  intende  la  fase in cui le
condizioni   generali   (funzioni  vitali)  si  sono  stabilizzate  e
l'eventuale  instabilita'  delle lesioni vertebrali e' stata tutelata
con  mezzi  chirurgici o conservativi. La durata media di questa fase
e'  di  4-6  mesi  per  i  paraplegici  e di 8-12 mesi ed oltre per i
tetraplegici.  Per  i pazienti con lesione incompleta i tempi possono
subire delle consistenti variazioni.
  In questa fase e' necessario prevedere programmi coordinati di:
C.1 Rieducazione della funzione respiratoria.
    Oltre  a tutti gli aspetti enunciati in fase acuta, e' necessario
garantire  lo  svezzamento  dalla  ventilazione  controllata oltre al
supporto  ventilatorio temporaneo. Nel caso di lesione cervicale alta
si  deve  garantire  un  supporto  ventilatorio  meccanico. In questi
pazienti particolare attenzione deve essere posta alla gestione delle
problematiche    legate    ai    disturbi   della   comunicazione   e
dell'alimentazione.
C.2 Rieducazione della funzione neuromotoria.
    E'  necessario  garantire  la prevenzione dei danni terziari e la
rieducazione  posturale  da  seduto,  in  stazione eretta con e senza
ausili.  Devono  essere  previste  attivita' di controllo motorio con
l'utilizzo  di  tecniche  specifiche  volte  al recupero di una nuova
coordinazione sovra lesionale; il rinforzo della muscolatura residua;
l'addestramento  al  cammino  con  o senza ausili/ortesi; l'esercizio
terapeutico     in     acqua     (idroterapia),     ove    possibile;
l'elettrostimolazione funzionale e Bio-Feedback EMG.
    Nel   caso  di  lesione  midollare  incompleta  le  attivita'  di
rieducazione  avranno come obiettivo principale il raggiungimento del
miglior  livello  di  recupero  sottolesionale  mediante  utilizzo di
tecniche di facilitazione del controllo motorio.
    Nel  caso  di soggetti in eta' pediatrica la rieducazione motoria
andra'    inserita   nel   contesto   dello   sviluppo   psicomotorio
relativamente all'eta' stessa del bambino ed alle abilita' residue.
C.3 Rieducazione della funzione intestinale.
    Essa  presuppone  un  programma  gestionale che mira oltre che al
raggiungimento  del  piu'  alto grado di autonomia compatibile con il
livello   lesionale   e   le  condizioni  del  paziente,  anche  alla
conservazione delle migliori condizioni del tratto gastrointestinale.
Esami  strumentali,  oltre  che  indagini cliniche funzionali, devono
essere   utilizzati   allo   scopo   di   valutare  la  funzionalita'
intestinale, al fine di garantire uno svuotamento regolare dell'alvo.
C.4 Rieducazione della funzione vescico-sfinterica.
    Prevede   un   programma   gestionale   che  mira  oltre  che  al
raggiungimento del piu' elevato grado di autonomia compatibile con il
livello  lesionale  e la situazione clinica, anche alla conservazione
delle  migliori  condizioni  delle  vie  urinarie.  La riabilitazione
vescicale,  secondo  gli  standard  universalmente riconosciuti, deve
poter  iniziare precocemente, non appena vengono sospese le infusioni
parenterali di liquidi. La diagnostica neuro-urologica deve avvalersi
di  esami  strumentali  oltre  al normale diario della diuresi e, sul
piano  terapeutico, devono essere adottati quei presidi farmacologici
e   chirurgici   necessari   per  il  mantenimento  di  una  adeguata
funzionalita'  vescico-sfinterica.  E'  necessaria  la  conoscenza  e
l'individuazione  di ausili personalizzati per migliorare la qualita'
di vita delle persone medullolese.
C.5  Terapia  chirurgica  delle complicanze del rachide e del midollo
spinale.
    Tutta  la  chirurgia  per  la cura dell'instabilita' vertebrale a
qualsiasi livello (cervicale, toracico, lombare).
C.6 Trattamento del dolore.
    L'approccio  deve  essere multidisciplinare e deve coinvolgere la
figura  dello psicologo, specie per il dolore cronico neuropatico. E'
necessario  eseguire  una corretta analisi e classificazione dei vari
tipi  di  dolore che affliggono le persone medullolese. Devono essere
possibili  le  applicazioni di cure fisiche, mediche e fisioterapiche
per  il  dolore  sopralesionale,  la  somministrazione  parenterale e
intratecale  di  farmaci  analgesici,  terapie mediche, chirurgiche e
fisiche per il dolore neuropatico.
C.7 Trattamento della spasticita'.
    Tale   trattamento   dovra'   essere  effettuato  da  una  equipe
pluridisciplinare in grado di garantire un inquadramento sia organico
che    psicologico    del    paziente,    l'utilizzazione   di   test
neurofisiologici,    l'applicazione    di   scale   di   valutazione,
l'utilizzazione di proposte terapeutiche farmacologiche convenzionali
o  specifiche  (vedi  infusione  intratecale  di  farmaci), oltre che
terapie    fisiche   e   riabilitative,   sino   alle   tecniche   di
neuromodulazione o chirurgiche (quando necessario).
C.8 Aspetti legati alla sessualita' ed alla riproduzione.
    In  questa  fase e' auspicabile un approccio dell'intero team che
fornisca un adeguato counselling sessuologico che consenta di fornire
informazioni  necessarie al ripristino dell'attivita' sessuale. Nella
fase  successiva  (almeno  6-10  mesi dalla lesione) l'andrologo o il
ginecologo  indichera'  l'iter  terapeutico personalizzato per quanto
concerne il problema della riproduzione.
C.9 Aspetti legati all'area psicologica e sociale.
    In  questa fase e' auspicabile un servizio psico-attitudinale con
la  valutazione  delle risorse individuali e familiari, psicologiche,
sociali   ed  ambientali  per  l'informazione  e  riconoscimento  dei
diritti.  Viene  fornito  un  sostegno  psicologico  individuale e di
gruppo  e  un  sostegno  alla  vita  affettiva e alla sessualita'. Il
reinserimento  sociale  viene  facilitato  tramite  programmi  per la
gestione del tempo libero.
    La  famiglia, soprattutto quando il soggetto coinvolto e' in eta'
evolutiva,  va  supportata  nel  ruolo  che  si  trova  a  rivestire.
Pertanto,  e'  necessario  un continuo sostegno di tutta l'equipe che
vede  il  coinvolgimento  di  piu'  figure  professionali, tra cui il
neuropsichiatra infantile e lo psicologo dell'eta' evolutiva.
C.10 Terapia occupazionale.
    E'  finalizzata  all'acquisizione di autonomia nelle attivita' di
vita quotidiana (igiene, alimentazione, abbigliamento, trasferimenti,
attivita'  domestiche)  con  simulazione  in  ambienti dedicati; alla
identificazione,  scelta  personalizzata  e  prescrizione  di ausili;
all'addestramento  all'uso della carrozzina e scelta funzionale della
stessa (tale attivita' richiede la disponibilita' in prova di diversi
modelli  di  carrozzine  da quelle standard a quelle personalizzate).
Sono  previste attivita' basilari, quali la scrittura manuale e l'uso
del  pc,  attivita'  professionali  e domestiche e attivita' di tempo
libero.  E'  finalizzata  all'addestramento  all'uso  di  sistemi  di
controllo ambientale e all'eventuale uso dell'autovettura con comandi
modificati, attivita' di carico e scarico della carrozzina, scelta di
eventuali  ausili.  Andra'  previsto un supporto per il reinserimento
facilitato   e   l'abbattimento   delle  barriere  architettoniche  a
domicilio  del  paziente, presso il luogo di lavoro e/o di studio, di
concerto con le strutture del territorio di appartenenza. Nel caso di
reinserimento scolastico e lavorativo fornisce un sostegno scolastico
tramite  la  collaborazione  con  il  provveditore  agli  studi  e un
sostegno  socio-attitudinale per l'inserimento nelle scelte formative
e professionali. Deve essere prevista una collaborazione nella scelta
e  personalizzazione  degli  ausili;  un archivio per gli ausili e le
ortesi;  un'officina per la personalizzazione e la manutenzione delle
carrozzina l'assetto posturale in carrozzina.
    Per  l'ambito  pediatrico va sottolineato che gli ausili andranno
sottoposti  a  continua  verifica in quanto suscettibili di frequenti
cambiamenti  a  seguito  della modificazione fisica e funzionale fino
alla stabilita' della crescita stato-ponderale.
C.11 Attivita' sportiva per mielolesi.
    L'attivita'  sportiva andra' organizzata dagli operatori dell'USU
ed   espletata  anche  all'esterno  dell'USU  in  collaborazione  con
strutture presenti sul territorio.
C.12 Reinserimento sociale e familiare.
    La  miglior  risposta alla crisi esistenziale dei pazienti in USU
e'  la  possibilita'  per  loro  di  vivere fin da subito una vita di
relazioni  sociali in continuita' con quella che precedeva la lesione
midollare.  A  tale  scopo  sara' necessario prevedere nell'USU spazi
adeguati per favorire la socializzazione.
    Nell'ambito  del  progetto  complessivo  d'intervento si dovranno
definire alcuni programmi:
      programma scuola per il proseguimento degli studi per i giovani
ricoverati  presso l'USU in collegamento con le scuole del territorio
e di supporto psico-pedagogico alle scuole di riferimento;
      programma  di sostegno volto alla promozione e alla definizione
di  percorsi  di formazione professionale ed al sostegno e istruzione
della famiglia di soggetti mielolesi in eta' pediatrica.
    Per   tutto  quanto  sopra,  l'equipe  dell'USU  dovra'  prendere
precocemente  contatti,  gia'  durante  il periodo di degenza, con il
distretto di appartenenza del paziente per assicurare:
      informazione e coinvolgimento del medico di medicina generale o
del pediatra di libera scelta, con particolare riferimento allo stato
di salute del paziente, dei suoi bisogni e dei controlli da eseguirsi
nel tempo;
      avvio  delle  pratiche riguardanti l'invalidita' e la fornitura
degli ausili;
      un operativo rapporto con il servizio di assistenza domiciliare
integrata;
      coinvolgimento   del   personale  scolastico  per  un  adeguato
inserimento o reinserimento;
      raccordo  con  il  datore di lavoro e/o l'ufficio del personale
del luogo di lavoro del paziente;
      ricerca  di  organizzazioni  nel  territorio  di  residenza del
paziente  (sociali,  associative, cooperative), in grado di garantire
una buona rete sociale e di evitare l'isolamento;
      contatti  con  i  servizi  sanitari  o socio-sanitari utili nel
singolo caso.
D) Rientri o fase post-dimissione.
    Le   USU  devono  garantire  un'attivita'  ambulatoriale  per  la
prevenzione  e  la  cura  delle  innumerevoli complicanze che possono
sopravvenire dopo la dimissione. I controlli dovranno essere regolari
e  saranno orientati a valutare le condizioni generali dello stato di
salute  oltre  che dello stato neurologico e funzionale della persona
mielolesa.
    In  particolare  per  i  giovani  mielolesi  dopo  la  dimissione
dall'USU  andranno verificate e garantite le modalita' di continuita'
assistenziale  con  i  servizi  delle  strutture  territoriali  delle
aziende  sanitarie  di  appartenenza per il reinserimento familiare e
sociale  e  per  assicurare  la  migliore  qualita'  di  vita per una
disabilita' non emendabile.
    E'  necessario  prevedere  ricoveri ordinari e diurni, successivi
alla  dimissione  per  effettuare  l'erogazione  di  prestazioni  non
erogabili in regimi diversi e finalizzate a:
      terapia  conservativa  e  chirurgica  delle  lesioni cutanee da
pressione;
      riabilitazione funzionale dell'arto superiore del tetraplegico;
      studio    e   trattamento   delle   POAN   (paraosteoartropatie
neurologiche);
      diagnostica    e   terapia   neurourologica   (vedi   fase   di
stabilizzazione);
      chirurgia vertebrale e midollare;
      chirurgia ortopedica e traumatoloica;
      riabilitazione respiratoria;
      trattamento del dolore;
      trattamento della spasticita'.
    E'  opportuno  prevedere  forme di accoglienza alberghiera idonea
per  facilitare l'accesso alle persone mielolese che hanno necessita'
di controlli ambulatoriali.
    E'  necessario  prevedere  che  l'USU  abbia  la  possibilita' di
seguire la gravidanza ed il parto delle donne para e tetraplegiche e,
quindi,   operare   in  stretta  collaborazione  con  un  reparto  di
ostetricia-ginecologia,   secondo  definiti  protocolli  curativi  ed
assistenziali.
    Inoltre,  l'USU  dovra'  assicurare  la globale rivalutazione dei
pazienti  che  accedono  per  la prima volta alla struttura in regime
ambulatoriale ed essere sempre disponibile per ulteriori ricoveri per
le diverse necessita' che dovessero intervenire nel corso della vita.
    All'interno   dell'organizzazione   delle   USU,   dovra'  essere
individuato  uno  spazio da destinare al rapporto con le associazioni
rappresentative   degli   utenti   (persone   con  lesione  midollare
stabilizzata);  ed in particolare dovra' essere individuato un ambito
nel  quale  inserire le attivita' di «consulenza alla pari» svolte da
persone  con lesione midollare gia stabilizzata, utile a fornire alle
persone li' ricoverate, informazioni, indicazioni ed orientamenti.
    Possono  inoltre essere concordate forme di collaborazione con le
associazioni delle persone con lesione al midollo spinale, al fine di
erogare  e/o  gestire azioni utili al miglior reinserimento possibile
delle  persone  con  lesione  midollare  che  escono  dall'USU, anche
avviando  rapporti  con  i  servizi sociali-associativi esistenti sui
diversi territori di residenza.
6. Verifica e controllo della qualita'.
    L'attivita'   delle   Unita'   spinali   unipolari   al  fine  di
disciplinare l'appropriatezza delle prestazioni, la pianificazione ed
il  controllo  della  spesa,  il grado di gradimento dell'utente e di
migliorare  l'offerta  dei  servizi,  deve  conformarsi  a criteri di
qualita'  misurabili  attraverso  appositi indicatori, che consentano
l'adesione a standard stabiliti.