(all. 1 - art. 1)
                                                             Allegato
                   Al Presidente della Repubblica
    Il comune di Brusciano (Napoli), i cui organi elettivi sono stati
rinnovati  nelle  consultazioni  amministrative  del  13 maggio 2001,
presenta  forme  di ingerenze da parte della criminalita' organizzata
che  compromettono  l'imparzialita'  della gestione e pregiudicano il
buon  andamento dell'amministrazione ed il regolare funzionamento dei
servizi.
    Sulla  base  di rapporti informativi delle forze dell'ordine che,
nell'ambito   dell'attivita'   di   monitoraggio  dell'ente,  avevano
acquisito  elementi  riguardanti presunti fenomeni di condizionamento
degli   organi   elettivi   del  comune  ad  opera  di  una  radicata
organizzazione  mafiosa operante nella zona, il prefetto di Napoli ha
disposto,   il  26 agosto  2005,  l'accesso  agli  uffici,  ai  sensi
dell'art.  1,  quarto  comma,  del decreto-legge 6 settembre 1982, n.
629,  convertito,  dalla  legge 12 ottobre 1982, n. 726, e successive
modificazioni ed integrazioni.
    Gli  accertamenti  svolti  dalla commissione d'accesso, confluiti
nella  relazione  commissariale  conclusiva  della  procedura, cui si
rinvia  integralmente,  avvalorano  l'ipotesi  della  sussistenza  di
fattori di inquinamento dell'azione amministrativa dell'ente locale a
causa dell'influenza della criminalita' organizzata.
    In  particolare  la  commissione  ha evidenziato come la presenza
influente  di  taluni  amministratori  in  rapporti  di  parentela  e
contiguita'    con   personaggi   riconducibili   alla   criminalita'
organizzata e con numerosi procedimenti penali, anche per gravi reati
abbia  comportato un uso distorto della cosa pubblica che ha favorito
soggetti  collegati  direttamente  o  indirettamente con gli ambienti
malavitosi.
    La  commissione  ha  ritenuto  sintomatica di un clima di pesante
intimidazione  l'aggressione, da parte di un componente della giunta,
del segretario generale che, peraltro, in piu' di una occasione aveva
esortato  l'amministrazione  a  procedere  all'annullamento  di  atti
considerati illegittimi. Significativo e' altresi' al riguardo che il
consiglio   comunale  abbia  convalidato  l'elezione  di  un  proprio
componente,    poi    nominato   assessore,   sulla   base   di   una
autocertificazione  in  cui  l'interessato  attestava  di possedere i
requisiti  di  legge,  nonostante  il medesimo fosse incandidabile in
quanto  condannato  in  via  definitiva  per  uno  dei reati previsti
dall'art. 58 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. L'omessa
verifica  delle  condizioni  dell'eletto  da  parte  della  struttura
burocratica,  adempimento  obbligatorio  per  legge, ha consentito al
predetto  di ricoprire per molto tempo la carica elettiva, nonostante
la  sussistenza della causa ostativa, avendo il consiglio proceduto a
revocare il provvedimento di convalida solo a seguito della richiesta
della prefettura.
    Come ampiamente esposto nella relazione conclusiva dell'attivita'
ispettiva,  la  commissione  ha acclarato la sussistenza di anomalie,
irregolarita'  ed illegittimita' nella gestione dell'ente che si sono
concretizzate  anche  in  atteggiamenti  di  favore  nei confronti di
personaggi gravitanti nell'ambito della criminalita' organizzata.
    In   particolare,  sono  apparse  sintomatiche  della  soggezione
dell'apparato politico a scelte estranee agli interessi dell'ente, le
procedure  amministrative  finalizzate  all'assegnazione di locali da
destinare   ad   attivita'   commerciali.  La  circostanza  che  allo
svolgimento  di  dette  procedure  abbia  direttamente  presieduto un
amministratore  in  luogo  del  dirigente  e che le istanze pervenute
siano  state  perfettamente coincidenti, nel numero e nelle tipologie
richieste,  agli  esercizi  da  assegnare,  ha  fatto  supporre  alla
commissione  che  le  assegnazioni fossero state preordinate. Fra gli
assegnatari  figura  anche un soggetto in rapporti di contiguita' con
la  criminalita'  organizzata  locale,  che, qualche anno dopo, sulla
base  di  certificazione  tecnica  peraltro redatta da un parente che
ricopre  anche  una  carica  amministrativa  nel  comune, ha ottenuto
l'assegnazione piu' vantaggiosa di un altro esercizio commerciale. Ad
assegnazione   avvenuta,  l'amministrazione  comunale  ha  consentito
inoltre  immotivatamente  al  medesimo di beneficiare dell'immobile a
condizioni  economiche piu' favorevoli rispetto a quelle del bando, a
detrimento delle casse comunali. L'organo ispettivo ha ipotizzato che
l'ente  abbia  inteso  disincentivare, con la previsione nel bando di
condizioni particolarmente onerose, la partecipazione alla selezione,
relativamente  alla  quale  e'  infatti pervenuta la sola istanza del
predetto,  accordando poi condizioni piu' vantaggiose ad assegnazione
avvenuta.
    Anche nel settore degli appalti pubblici e' emersa una accentuata
propensione dell'amministrazione comunale a deviazioni dal sistema di
legalita'. Diversi appalti pubblici sono stati affidati infatti anche
a  ditte  i cui titolari hanno rapporti parentali o di frequentazione
con esponenti della malavita organizzata.
    Negli   affidamenti   diretti   per   somma  urgenza  sono  state
riscontrate  diverse irregolarita', quali l'insufficiente motivazione
del  ricorso  alla  procedura  di  urgenza,  le  gravi  carenze nella
documentazione   relativa   alla   fase   progettuale,   la   mancata
acquisizione   di   notizie   sui  requisiti  di  ordine  generale  e
tecnico-organizzativo-economico in possesso alla ditta prescelta.
    Particolarmente  significativa  inoltre  e'  stata ritenuta dalla
commissione  la  circostanza  che il sindaco abbia di fatto differito
l'applicazione  del  protocollo  di legalita', stipulato dal medesimo
con  la  prefettura per prevenire infiltrazioni mafiose negli appalti
pubblici,  subordinando  la  sua  applicazione  alla formale presa di
conoscenza  delle  clausole  in  esso contenute da parte della giunta
comunale  la  quale  solo  venti  giorni  dopo  esprimeva in apposita
delibera  la  volonta' di aderire all'accordo. Nel frattempo e' stata
peraltro   indetta  una  gara  cui  hanno  preso  parte  anche  ditte
controindicate  ai sensi della normativa antimafia. La commissione ha
anche  accertato  che  la  giunta  comunale  ha  unilateralmente dato
disposizione agli uffici comunali competenti in deroga alle norme del
protocollo.
    E' stato inoltre evidenziato che in occasione dell'aggiudicazione
di  alcuni  lavori  a  trattativa privata, l'amministrazione, sebbene
avvertita dalla prefettura che per la ditta affidataria sussisteva il
pericolo  di condizionamento da parte della criminalita' organizzata,
non ha inteso provvedere alla risoluzione del contratto.
    Analogamente,  e' risultato che l'amministrazione ha proceduto ad
approvare,  in  contrasto  con  il  dettato normativo, gli interventi
connessi ad una perizia di variante che al momento della approvazione
erano gia' stati eseguiti ed ultimati, all'evidente scopo di sanare i
maggiori lavori effettuati dalla impresa affidataria. Anche in questa
circostanza,   sebbene   avvisato   dal  segretario  dell'ente  della
illegittimita'  dell'atto,  il sindaco non ha inteso procedere al suo
annullamento   ne'  alla  risoluzione  del  contratto.  Da  ulteriori
approfondimenti e', peraltro, emerso che l'amministratore unico della
ditta affidataria dei lavori e' imparentato ad esponenti di spicco di
un sodalizio criminale operante nella zona.
    Con  riferimento  al dilagante fenomeno dell'abusivismo edilizio,
la  commissione  ha  verificato una sterile attivita' di contrasto da
parte  dell'ente, inidonea quindi al concreto raggiungimento dei fini
della tutela del territorio. Infatti, non risulta mai definito l'iter
sanzionatorio,  con  la  demolizione  del  manufatto abusivo o la sua
acquisizione al patrimonio comunale.
    Nel  settore edilizio, la commissione ha ritenuto emblematiche di
una  gestione  finalizzata  al perseguimento di finalita' diverse dal
pubblico     interesse,     sia     le     determinazioni     assunte
dall'amministrazione comunale in sede di variante al piano regolatore
generale,   censurate   poi   dal   competente   organo  provinciale,
determinazioni   con   le   quali  venivano  valorizzate  aree  nella
titolarita'  di  soggetti  gravitanti  in ambienti malavitosi, sia la
concessione  edilizia  rilasciata, con una procedura in contrasto per
diversi   aspetti   con   la  normativa  di  riferimento,  al  legale
rappresentante  di  una  cooperativa,  strettissimo  congiunto  di un
pluripregiudicato  ritenuto elemento di spicco del clan egemone nella
zona.
    Gli  elementi  fattuali  desunti  dall'indagine ispettiva e degli
organi  di  polizia, riscontrati unitariamente, appaiono determinanti
in ordine all'accertamento della vicinanza tra l'amministrazione e la
criminalita'  organizzata  e  concorrono  a  configurare  un concreto
pericolo di sviamento dell'attivita' comunale dal perseguimento degli
interessi dell'intera collettivita'.
    L'inosservanza   del   principio   di  legalita'  nella  gestione
dell'ente   e   l'uso   distorto   delle  pubbliche  funzioni,  hanno
compromesso  le  legittime  aspettative  della  popolazione ad essere
garantita  nella  fruizione  dei  diritti  fondamentali,  minando  la
fiducia  dei  cittadini  nella legge e nelle istituzioni, come emerge
dai numerosi esposti con i quali essi esprimono il loro dissenso.
    Pertanto,  il  prefetto  di  Napoli,  con relazione del 5 gennaio
2006,  che  qui  si  intende  integralmente  richiamata,  ha proposto
l'applicazione  della  misura  di  rigore  prevista dall'art. 143 del
decreto  legislativo  18 agosto  2000, n. 267, su conforme avviso del
comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica.
    La descritta condizione di assoggettamento necessita che da parte
dello  Stato  sia  posto in essere un intervento mirato al ripristino
della  legalita'  mediante  il  recupero  della struttura pubblica al
servizio dei suoi fini istituzionali.
    Per le suesposte considerazioni si ritiene necessario provvedere,
con  urgenza,  ad eliminare ogni ulteriore motivo di deterioramento e
di  inquinamento  della  vita amministrativa e democratica dell'ente,
mediante  provvedimenti incisivi a salvaguardia degli interessi della
comunita' locale.
    La  valutazione  della  situazione  in  concreto  riscontrata, in
relazione  alla  presenza ed all'estensione dell'influenza criminale,
rende  necessario  che  la  durata  della  gestione commissariale sia
determinata in diciotto mesi.
    Ritenuto,   per  quanto  esposto,  che  ricorrano  le  condizioni
indicate  nel citato art. 143 del decreto legislativo 18 agosto 2000,
n.  267,  che  legittimano  lo scioglimento del consiglio comunale di
Brusciano  (Napoli), si formula rituale proposta per l'adozione della
misura di rigore.
      Roma, 23 gennaio 2006
                                     Il Ministro dell'interno: Pisanu