(all. 1 - art. 1)
                                                             Allegato
                   Al Presidente della Repubblica
    Il  comune  di  San  Gennaro  Vesuviano  (Napoli),  i  cui organi
elettivi  sono stati rinnovati nelle consultazioni amministrative del
26 maggio   2004,   presenta   forme  di  ingerenza  da  parte  della
criminalita'  organizzata  che  compromettono  l'imparzialita'  della
gestione  e pregiudicano il buon andamento dell'amministrazione ed il
regolare funzionamento dei servizi.
    Il  territorio  di  San Gennaro Vesuviano e' caratterizzato dalla
presenza  di  pericolosi  sodalizi  criminali che hanno espresso, nel
tempo, la propria capacita' di ingerirsi nelle attivita' economiche e
di  creare  condizioni di assoggettamento della societa' civile, come
accertato anche in atti giudiziari.
    L'emergenza  del  fenomeno  eversivo  ha gia' reso necessario, al
fine  di  salvaguardare  gli  interessi pubblici locali, l'intervento
straordinario  dello  Stato che, con provvedimento in data 6 novembre
2001,  ha  disposto  lo  scioglimento per infiltrazioni mafiose della
rappresentanza al tempo in carica a causa delle rilevate interferenze
nella  vita politica dell'ente, di una nota consorteria camorristica,
fortemente radicata nella zona.
    Ha fatto seguito una costante attivita' di monitoraggio espletata
dalle  forze  dell'ordine  nel  territorio del comune, dalla quale e'
emerso  un  possibile  rapporto  di continuita' tra l'amministrazione
destinataria  del  provvedimento  dissolutorio  e quella eletta nelle
consultazioni  del 26 maggio 2004; pertanto, il prefetto di Napoli ha
disposto,  con provvedimento del 4 marzo 2006, l'accesso nell'ente ai
sensi  dell'art.  1,  comma 4, del decreto-legge 6 settembre 1982, n.
629,  convertito  dalla  legge  12 ottobre 1982, n. 726, e successive
modificazioni ed integrazioni.
    Gli  accertamenti svolti, confluiti nella relazione commissariale
conclusiva   dell'accesso,   cui   si   rinvia  integralmente,  hanno
evidenziato  un  forte interesse della criminalita' locale al governo
dell'ente,  concretizzatosi in interferenze nella fase elettorale; ne
e'  riprova  la  circostanza  che  la  lista del candidato a sindaco,
risultato poi vincente, e' stata presentata dal figlio di una persona
ritenuta contigua ad un noto clan che annovera precedenti di polizia,
risalenti nel tempo, per associazione di stampo mafioso.
    La   persistente  convergenza  delle  attenzioni  degli  ambienti
malavitosi  nei confronti dell'ente e' attestata da un duplice ordine
di  considerazioni:  da  una parte, risulta che alcuni amministratori
appartenenti  alla  disciolta compagine sono stati riconfermati nella
nuova  consiliatura;  dall'altra,  risultano  aperti due procedimenti
penali, a seguito delle indagini avviate dalla Direzione distrettuale
antimafia  di  Napoli  nei  confronti  dell'attivita' della disciolta
compagine, che vedono coinvolti alcuni amministratori ora in carica e
alcuni  dipendenti.  In  particolare,  nel primo procedimento, con le
imputazioni  di  concorso  in abuso d'ufficio continuato ed aggravato
dall'art. 7 della legge 12 luglio 1991, n. 203, sono stati rinviati a
giudizio  l'ex  sindaco,  l'ex vicesindaco, due ex amministratori ora
rieletti  alla  carica consiliare ed il comandante dei vigili urbani.
Nel secondo, per concorso in falsita' ideologica commessa da pubblico
ufficiale  e  truffa  aggravata  per  il  conseguimento di erogazioni
pubbliche,  aggravato dall'art. 7 della legge 12 luglio 1991, n. 203,
un ex amministratore, attualmente consigliere, ed un dipendente.
    La  condizione  di  precarieta'  istituzionale  di  quell'ente si
evince   anche  dalla  circostanza  che,  dopo  l'insediamento  della
commissione  di  accesso, si sono dimessi due assessori e, in diversi
momenti, dodici consiglieri, quasi tutti surrogati.
    Concorre a delineare l'esposizione al rischio inquinante la fitta
rete  di parentele, di amicizie e frequentazioni di alcuni componenti
del  consiglio  comunale  e  di alcuni dipendenti con esponenti della
consorteria  criminale;  cosi'  come  il  quadro  delle imputazioni a
carico di taluni, anche per reati contro la pubblica amministrazione,
evidenzia   atteggiamenti  in  palese  contraddizione  con  il  ruolo
istituzionale  rivestito.  La  valenza  di tali intrecci si riscontra
nelle  figure  dell'organo  di  vertice, del vice sindaco che riveste
pure la carica di assessore al bilancio e che e' stato presidente dei
revisori  dei  conti  nella  disciolta  amministrazione ed, altresi',
depositario  delle  scritture contabili di una ditta di cui era socio
un  soggetto  contiguo  ad  un noto clan, nonche' di altri componenti
della giunta.
    Il  profilo  indiziario  dell'ingerenza negli affari del comune e
della strumentalizzazione delle scelte amministrative viene delineato
dalla  commissione d'accesso attraverso gli accertamenti svolti sugli
strumenti  di  pianificazione urbanistica, che avevano costituito una
pregnante concausa del provvedimento di rigore adottato il 6 novembre
2001.  A  tal riguardo, la commissione osserva che l'approvazione, in
data  21 novembre 2005, della variante al Piano di edilizia economica
e  popolare lascia intravedere l'interesse della compagine di governo
a  sanare  pregresse  illegittimita'  amministrative  a  vantaggio di
soggetti gravitanti nell'ambito della criminalita' organizzata.
    Secondo   lo   schema  progettuale,  la  variante  sarebbe  stata
necessaria  per  adeguare  le  previsioni urbanistiche allo stato dei
luoghi,  compromessi  dall'attivita'  edilizia  posta  in  essere  da
soggetti  privati  in difformita' allo strumento urbanistico vigente,
ma  non  avrebbe  comportato modifiche al dimensionamento globale, al
perimetro  del Piano, ai parametri di fabbricabilita', alle dotazioni
di spazi pubblici o di uso pubblico ed alle norme di attuazione.
    Invece,  le  indagini  ispettive  condotte sui relativi elaborati
tecnici hanno evidenziato, in conseguenza delle sostanziali modifiche
apportate  al  Piano,  il  mancato rispetto delle disposizioni recate
dagli  articoli 26, comma 3, e 27, comma 3, della legge della Regione
Campania  22 dicembre  2004,  n.  16.  Tra  le  diverse irregolarita'
rileva,   inoltre,   una  riduzione  dell'area  totale  del  Piano  e
l'esclusione    da    questo   di   una   particella;   ciononostante
nell'elaborato  grafico  il perimetro complessivo del Piano stesso e'
rimasto   incongruamente   invariato.   E'   emblematico  che  alcuni
proprietari  dei  terreni  contraddistinti dalle particelle catastali
interessate   dalla   variante  sono  riconducibili,  per  legami  di
parentela  o  per frequentazioni, a soggetti appartenenti alla locale
cosca.
    Per    altro   aspetto,   la   sussistenza   di   pregiudizievoli
cointeressenze  emerge  dalle  numerose illegittimita' riscontrate in
sede   di   esame  dei  permessi  edilizi  rilasciati  in  sanatoria,
consistenti  in  dichiarazioni sostitutive carenti della indicazione,
prescritta  dalla  legge,  della  data  dell'abuso e dell'assenza dei
carichi  pendenti per i delitti di cui agli articoli 416-bis, 648-bis
e  648-ter  c.p.; altre irregolarita' attengono al maggior volume del
fabbricato condonato rispetto a quello massimo assentito. Danno conto
del  rilievo le posizioni di alcuni beneficiari di detti permessi: un
soggetto legato da vincoli di parentela ad un amministratore, nonche'
nipote di un ex amministratore, il cui figlio e' stato condannato con
sentenza definitiva nel 2004 per avere fatto da prestanome ad un capo
clan;  un personaggio gravitante in una organizzazione criminale, con
pregiudizi  penali  per  il  reato  di cui all'art. 416-bis c.p., per
traffico  di  stupefacenti  e  tentato  omicidio;  un  parente  di un
soggetto   contiguo   alla   medesima  organizzazione  criminale  con
pregiudizi  penali  per  l'art.  416-bis,  estorsione  ed  usura;  un
congiunto  di  un  pregiudicato  che  in  passato  ha  fatto parte di
consorterie camorristiche.
    Sintomatica  di  anomale  ingerenze  e'  la vicenda relativa alla
richiesta   di  frazionamento  di  una  particella  di  terreno.  Gli
accertamenti, a tal riguardo condotti, hanno indotto la commissione a
ritenere  che,  dietro  alla  richiesta di frazionamento della citata
particella di terreno in due parti distinte, comunque non assentita a
causa  della  particolare  destinazione urbanistica dell'area, si sia
celato  in  realta'  un tentativo di aggirare il sequestro preventivo
antimafia  cui  e' stata sottoposta una particella attigua, in attesa
della irrevocabilita' del provvedimento di confisca.
    Depone in favore di tale prospettazione la parentela che sussiste
tra  i  soci  della  societa'  richiedente  il  frazionamento  ed  il
proprietario   del   fondo   confinante  sequestrato,  che  e'  stato
condannato  definitivamente  nel 2004 a sedici mesi di reclusione per
il  reato  di  cui  all'art.  12-quinquies del decreto-legge 8 giugno
1992,  a.  306,  convertito,  con modificazioni, nella legge 7 agosto
1992,  n.  356,  con  l'aggravante  dell'art. 7 della legge 12 luglio
1991,  n  203,  per  avere assunto fittiziamente la titolarita' di un
terreno  in  realta'  nella  disponibilita' del capo clan, al fine di
consentirgli  di eludere le misure patrimoniali connesse ad eventuali
misure di prevenzione.
    Anche  la circostanza che la richiesta di frazionamento sia stata
presentata  da  un  consigliere  comunale  per  conto  della societa'
proprietaria  del  fondo,  in  qualita' di tecnico di fiducia, lascia
presumere  l'intento  della criminalita' organizzata di creare canali
privilegiati   all'interno   dell'amministrazione   comunale  per  il
perseguimento dei propri interessi. Peraltro, il predetto consigliere
si e' dimesso dopo l'avvio dell'accesso.
    Relativamente  al  settore  degli appalti di lavori pubblici, sul
quale  e'  nota  la  convergenza  di  ambienti  malavitosi,  l'organo
ispettivo   ha   evidenziato   che   controlli  svolti  dagli  organi
investigativi  presso  il  cantiere  per  la  costruzione  del  nuovo
cimitero hanno accertato che la titolare della ditta subappaltatrice,
incaricata  di fornire in via esclusiva il calcestruzzo, e' la vedova
di  un personaggio di spicco di una organizzazione criminosa, nonche'
socia  in  affari di un imprenditore ritenuto dalle forze dell'ordine
contiguo  agli ambienti camorristici locali. Il sostanziale controllo
del  capo  clan  sulla predetta impresa e', altresi', attestato in un
recente provvedimento giudiziario.
    Numerose  sono  le  illegittimita' riscontrate nelle procedure di
affidamento  di lavori di somma urgenza, assegnati in gran parte alla
stessa  impresa  di costruzioni, il cui titolare e' legato da vincoli
di  parentela  ad un affiliato di una organizzazione criminale attiva
nell'area  vesuviana,  ucciso  nel 2004 in un regolamento di conti di
matrice camorristica.
    Denotano   il   grado   di   pregiudizio   arrecato  al  regolare
funzionamento   dell'ente  il  mancato  adeguamento  del  regolamento
comunale  sul  commercio alle statuizioni del protocollo di legalita'
sottoscritto  dal sindaco il 20 giugno 2005 e la carente attivita' di
controllo  sui  titoli  autorizzatori degli opifici della zona, tanto
piu'  necessaria  ove  si  consideri  l'alta incidenza della gestione
irregolare  di  manodopera  extracomunitaria  ed i sequestri cui sono
stati sottoposti numerosi opifici abusivi.
    Altro settore fondamentale per la vita dell'ente che ha risentito
di    una    diffusa    situazione    di    disfunzione   e'   quello
economico-finanziario,   per   la   riscontrata   scarsa  incisivita'
nell'attivita'  di  recupero  delle somme dovute a titolo di tributi,
che   si  e'  risolta  in  danno  della  qualita'  dei  servizi  alla
collettivita'  amministrata,  il cui malcontento e' stato espresso in
numerosi esposti.
    Gli  elementi  emersi  e  le  analitiche  rappresentazioni  della
situazione  ambientale  riportate nella relazione di accesso, nonche'
gli  sviluppi  dei procedimenti giudiziari in corso appaiono idonei a
fondare  un  giudizio  di  contiguita'  tra  l'amministrazione  e  la
criminalita' organizzata, che ha alterato il ruolo del comune di ente
esponenziale  della comunita' dei cittadini, determinando un concreto
pericolo  di  sviamento della sua azione di governo dal perseguimento
degli interessi collettivi.
    Il  delineato  clima  di'  grave condizionamento e degrado in cui
versa   il  comune  di  San  Gennaro  Vesuviano,  l'inosservanza  del
principio  di  legalita'  nella  gestione  dell'ente e l'uso distorto
delle  pubbliche  funzioni hanno compromesso le legittime aspettative
della  popolazione  ad  essere  garantita nella fruizione dei diritti
fondamentali,  minando la fiducia nella legge e nelle istituzioni dei
cittadini.
    Pertanto,  il prefetto di Napoli, su conforme avviso espresso dal
Comitato  provinciale  dell'ordine e sicurezza pubblica, ha proposto,
con  relazione  del  18 luglio  2006,  che  si  intende integralmente
richiamata,  l'applicazione della misura di rigore prevista dall'art.
143 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
    Per le suesposte considerazioni si ritiene necessario provvedere,
con  urgenza,  ad eliminare ogni ulteriore motivo di deterioramento e
di  inquinamento  della  vita amministrativa e democratica dell'ente,
mediante  provvedimenti  incisivi finalizzati alla salvaguardia degli
interessi  della  comunita'  locale  ed  al  recupero della struttura
pubblica ai propri compiti istituzionali.
    La  valutazione  della  situazione  in  concreto  riscontrata, in
relazione  alla  presenza ed all'estensione dell'influenza criminale,
rende  necessario  che  la  durata  della  gestione commissariale sia
determinata in diciotto mesi.
    Ritenuto,   per  quanto  esposto,  che  ricorrano  le  condizioni
indicate  nel citato art. 143 del decreto legislativo 18 agosto 2000,
n.  267,  legittimanti  lo scioglimento del consiglio comunale di San
Gennaro   Vesuviano   (Napoli),   si  formula  rituale  proposta  per
l'adozione della misura di rigore.
      Roma, 8 novembre 2006
                                      Il Ministro dell'interno: Amato