Art. 32. 1. Al primo comma dell'articolo 272 del codice di procedura penale il numero 4) e' sostituito dal seguente: "4) per i reati soggetti alla disciplina prevista dall'articolo 254: a) un anno e sei mesi se la legge prevede la pena della reclusione non inferiore nel massimo a venti anni o la pena all'ergastolo; b) un anno se la legge prevede una pena minore".
Nota all'art. 32: Il testo vigente dell'art. 272 del codice di procedura penale, gia' modificato dall'art. 3 della legge 28 luglio 1984, n. 398, dell'art. 1 della legge 27 gennaio 1986, n. 8, dell'art. 1 della legge 7 novembre 1986, n. 743 e degli articoli 1 e 2 della legge 17 febbraio 1987, n. 29, come modificato dalla legge qui pubblicata, e' il seguente: "Art. 272 (Durata della custodia cautelare). - L'imputato in stato di custodia cautelare deve essere scarcerato se entro i termini sotto indicati l'ordinanza di rinvio a giudizio non e' stata depositata in cancelleria o non e' stata fatta richiesta di decreto di citazione a giudizio ovvero, nei procedimenti di competenza del pretore, non e' stato emesso decreto di citazione a giudizio: 1) trenta giorni se per il reato per cui si procede la legge prevede una pena detentiva non superiore nel massimo a tre anni; 2) tre mesi se la legge prevede la pena della reclusione non superiore nel massimo a quattro anni salvo quanto disposto nel numero precedente; 3) sei mesi se la legge prevede la pena della reclusione superiore al massimo a quattro anni, salvo quanto disposto nel successivo n. 4; 4) per i reati soggetti alla disciplina prevista dall'art. 254: a) un anno e sei mesi se la legge prevede la pena della reclusione non inferiore nel massimo a venti anni o la pena dell'ergastolo; b) un anno se la legge prevede una pena minore. Quando il pubblico ministero procede con istruzione sommaria, se la durata della custodia cautelare ha oltrepassato i quaranta giorni senza che egli abbia fatto la richiesta per il decreto di citazione a giudizio o per la sentenza di proscioglimento, gli atti devono essere trasmessi al giudice istruttore affinche' si proceda con l'istruzione formale. L'imputato deve essere inoltre scarcerato se dal deposito in cancelleria dell'ordinanza di rinvio a giudizio o dalla richiesta di emissione del decreto di citazione a giudizio ovvero, nei procedimenti di competenza del pretore, dalla emissione del decreto di citazione a giudizio sono decorsi i termini di custodia cautelare sottoindicati, senza che sia stata pronunciata sentenza di condanna di primo grado: 1) trenta giorni nei casi in cui al numero 1) del primo comma; 2) tre mesi nei casi di cui al numero 2) del primo comma; 3) sei mesi nei casi di cui al numero 3) del primo comma; 4) un anno nei casi di cui al numero 4), lettera b), del primo comma; 5) un anno e sei mesi se la legge prevede la pena della reclusione non inferiore nel massimo a venti anni o la pena dell'ergastolo, ovvero se si tratta dei delitti di cui agli articoli 416-bis del codice penale, 75 della legge 22 dicembre 1975, n. 685, nonche' dei delitti commessi per finalita' di terrorismo o di eversione dell'ordinamento costituzionale puniti con pena non inferiore nel massimo a quindici anni di reclusione. L'imputato deve essere altresi' scarcerato: 1) se dalla pronuncia della sentenza di primo grado sono decorsi tre mesi di custodia cautelare per i reati di cui al numero 1) del primo comma senza che sia intervenuta sentenza irrevocabile di condanna; 2) se dalla pronuncia della sentenza di primo grado sono decorsi tre mesi di custodia cautelare per i reati di cui al numero 2) del primo comma, sei mesi per i reati di cui al numero 3) del primo comma, un anno per i reati di cui al numero 4) del primo comma, senza che sia intervenuta sentenza di condanna in grado di appello; 3) se dalla pronuncia della sentenza di appello sono decorsi termini di custodia cautelare di durata pari a quella fissata nel numero precedente senza che sia intervenuta sentenza irrevocabile di condanna. Nel caso in cui, a seguito di annullamento con rinvio da parte della Corte di cassazione o per altra causa, il procedimento regredisca ad una fase o ad un grado di giudizio diversi ovvero sia rinviato ad altro giudice, dalla data del provvedimento che dispone il regresso ovvero il rinvio decorrono di nuovo i termini previsti dai commi precedenti relativamente a ciascuno stato e grado del procedimento. La durata complessiva della custodia cautelare non puo' tuttavia superare, relativamente ai reati indicati nel primo comma: cinque mesi per quelli di cui al numero 1); un anno per quelli di cui al numero 2); due anni per quelli di cui al numero 3); quattro anni per quelli di cui alla lettera b) del numero 4); sei anni per quelli di cui alla lettera a) dello stesso numero. I termini stabiliti nei commi precedenti rimangono sospesi durante il tempo in cui l'imputato e' sottoposto ad osservazione psichiatrica e, nella fase del giudizio, durante il tempo in cui il dibattimento e' sopseso o rinviato per legittimo impedimento dell'imputato o per consentire la partecipazione all'udienza quando in precedenza egli ha rifiutato di assistervi, ovvero a richiesta sua o del difensore sempre che la sospensione o il rinvio non siano stati disposti per esigenze istruttorie ritenute indispensabili con espresse indicazioni nel provvedimento di sospensione o di rinvio. I predetti termini rimangono altresi' sospesi nella fase del giudizio per il tempo in cui il dibattimento deve essere rinviato o sospeso a causa della mancata presentazione, dell'allontanamento o della mancata partecipazione al dibattimento di uno o piu' difensori. La durata della custodia cautelare non puo' comunque superare i due terzi del massimo della pena temporanea prevista per il reato contestato o ritenuto in sentenza. Nel computo dei termini in custodia cautelare si tiene conto dei giorni in cui si sono tenute le udienze e di quelli impiegati per la deliberazione della sentenza nel giudizio di primo grado o nel giudizio sulle impugnazioni solo ai fini della determinazione della durata complessiva della custodia ai sensi dei commi sesto ed ottavo. Quando sussiste taluna delle esigenze cautelari indicate nell'art. 253, con l'ordinanza di scarcerazione puo' essere imposta all'imputato una o piu' delle misure coercitive previste nell'art. 282, primo comma, numeri 2) e 3). Nello stesso modo si provvede quando la scarcerazione emerge o sopravviene taluna delle suddette esigenze. Se l'imputato viola gli obblighi impostigli, e la violazione e' inconciliabile con le finalita' per le quali essi sono stati imposti, ovvero se risulta che si e' dato o e' per darsi alla fuga, il giudice emette mandato di cattura, a seguito del quale decorrono nuovamente i termini di durata della custodia cautelare. Nei confronti dell'imputato che si sia dato alla fuga si applicano altresi' le disposizioni di cui al terzo comma dell'art. 292. Si osservano, per la competenza a decidere sulla scarcerazione e ad imporre, modificare o revocare gli obblighi di cui al primo comma, le disposizioni dell'art. 279, in quanto applicabili. Contro l'imputato scarcerato per decorrenza dei termini stabiliti dal presente articolo non puo' essere emesso nuovo mandato e ordine di cattura o di arresto per lo stesso fatto. Il giudice istruttore, con l'ordinanza di rinvio a giudizio, puo' ordinare la cattura dell'imputato scarcerato per decorrenza dei termini previsti per la fase istruttoria, quando procede per i delitti di cui agli articoli 416-bis e 630 del codice penale e all'art. 75 della legge 22 dicembre 1975, n. 685, nonche' per i delitti commessi per finalita' di terrorismo o di eversione dell'ordinamento costituzionale, ove sussista pericolo di fuga. Allo stesso modo possono provvedere con la sentenza i giudici di primo e secondo grado. in questi casi i termini di custodia cautelare per ciascuna fase decorrono dal momento della cattura". Avvertenza: Al comma dodicesimo, modificato dalla legge n. 8/1986, il richiamo deve intendersi fatto agli obblighi di cui al decimo comma, e non "al primo comma", trattasi di un mancato coordinamento della citata legge n. 8/1986, di conversione, con modifiche, del D.L. 29 novembre 1985, n. 685, con il testo dell'art. 272 del codice di procedura penale.