rettifica, prestando parziale acquiescenza all'accertamento dell'ufficio. Anche la computazione di quanto gia' eventualmente corrisposto in pendenza di giudizio, dovra' avvenire in misura proporzionale. Esempi: A - Imposta dovuta risultante dalla dichiarazione . . 14.000.000 Maggiore imposta accertata dall'ufficio: | 2.000.000 (1' rilievo) 10.000.000 | | 8.000.000 (2' rilievo) Se il contribuente intende definire soltanto il secondo rilievo e attendere la decisione della commissione tributaria in ordine al primo rilievo, dovra' anzitutto rideterminare l'imposta dovuta in proporzione alla maggiore imposta che vuole definire: 10.000.000 : 8.000.000 = 14.000.000 : x; x = 11.200.000. L'importo da versare sara' quindi: 0,6 (8.000.000 - 0,25 x 11.200.000) = 3.120.000. Analogamente si procedera' se per il rilievo n. 1 il contribuente abbia, a suo tempo, prestato acquiescienza. B - Se, nella stessa ipotesi di cui al precedente punto A, il contribuente abbia gia' corrisposto lire 5.000.000 in pendenza di giudizio, la somma da computare in detrazione derivera' dal seguente rapporto: 10.000.000 : 8.000.000 = 5.000.000 : x; x = 4.000.000, con la conseguenza che la definizione non comportera' alcun pagamento (3.120.000 minore di 4.000.000) e la differenza di 880.000 lire potra' essere computata in detrazione nelle liquidazioni periodiche dell'anno 1993. 3. Dichiarazione annuale omessa. Nell'ipotesi in cui sia stata omessa la dichiarazione annuale, la controversia sorta a seguito dell'accertamento induttivo operato dall'ufficio si definisce, qualora non siano state depositate decisioni, con il pagamento del 60 per cento dell'imposta accertata. Esempio: Imposta dovuta 0 imposta accertata 20.000.000 Importo da pagare 0,6 x 20.000.000 = 12.000.000 4. Dichiarazione annuale a credito. Nel caso in cui sia stata presentata dichiarazione annuale a credito - tanto con richiesta di computazione dell'eccedenza in detrazione nell'anno successivo, quanto con richiesta di rimborso totale o parziale - rettificata dall'ufficio con riconoscimento di un minore credito, la controversia, sempreche' non siano state depositate decisioni degli organi aditi, si estingue con il pagamento del 50 per cento dell'eccedenza non riconosciuta. Sulla portata delle locuzioni "dichiarazione annuale a credito" ed "eccedenza di credito non riconosciuta", quest'ultima contenuta nella seconda parte del comma 1 dell'art. 44 in rassegna, si reputa opportuno fornire i seguenti chiarimenti. Considerata l'autonomia di ogni periodo d'imposta, tra l'altro soggetto a proprio termine di decadenza in relazione all'azione di accertamento della finanza, ed in correlazione a quanto innanzi gia' precisato in ordine all'accezione dell'espressione "imposta dovuta" si ritiene che per dichiarazione a credito di competenza dell'anno debba intendersi quella in cui l'imposta sulle operazioni attive (cessioni e prestazioni) sia inferiore a quella detraibile relativa agli acquisti, sempre con riferimento al periodo d'imposta considerato. Conseguentemente, la locuzione "eccedenza di credito non riconosciuta" e' tutta o parte dell'eccedenza detraibile o rimborsabile non spettante nell'anno di competenza, sia per indebita detrazione sia per effetto dell'indicazione di una minore imposta sulle operazioni attive. Rientra ugualmente nella predetta locuzione anche l'indicazione di una erronea eccedenza dell'anno precedente (con l'indicazione per esempio di qualche zero in piu) o di una eccedenza della quale sia stato gia' chiesto il rimborso nell'anno precedente. Naturalmente in queste ultime due ipotesi la definizione della controversia non puo' legittimare un credito "ictu oculi" inesistente. Al fine di rendere piu' evidenti i concetti sopra espressi valgano i seguenti esempi: Esempio n. 1 Dichiarazione per l'anno 1986: Riporto di credito anno 1985 . . . . . . . . . . . . L. 4.000.000 Imposta dovuta anno 1986: differenza tra 5.000.000 operazioni attive e 3.000.000 IVA in detrazione per acquisti . . . . . . . . . . . L. 2.000.000 --------------- Credito finale. . . L. 2.000.000 Accertamento dell'Ufficio Riporto credito anno 1985 . . . . . . . . . . . . . . L. 4.000.000 Imposta dovuta anno 1986: operazioni attive . . . . . . . . . . . . . . . . . . L. 5.000.000 IVA in detrazione acquisti = 0 . . . . . . . . . . . L. 5.000.000 --------------- Debito finale. . . L. 1.000.000 In questo caso non e' configurabile con riferimento all'anno di competenza (1986) l'ipotesi di "eccedenza di credito non riconosciuta", posto che sia dalla dichiarazione presentata che dall'accertamento dell'Ufficio emerge un periodo con imposta dovuta. Quantunque il credito finale dichiarato venga neutralizzato, l'accertamento evidenzia soltanto una maggiore imposta dovuta, pari a L. 3.000.000, a nulla rilevando, ai fini della definizione ex art. 44, le vicissitudini del credito dell'anno precedente non invalidato. Ne consegue che il contribuente deve operare seguendo le modalita' del paragrafo precedente e quindi pagare: 0,6 (3.000.000 - 0,25 x 2.000.000) = L. 1.500.000. Il contribuente conserva naturalmente il diritto di credito di L. 2.000.000. In tal senso devono intendersi modificate le istruzioni contenute a pag. 3 (colonna 11, situazione A, punto 3) della Guida alla compilazione della istanza per la definizione delle controversie. Esempio n. 2 Dichiarazione per l'anno 1986: Eccedenza (erronea) di credito anno 1985 . . . . . . L. 2.000.000 Imposta dovuta anno 1986: differenza tra L. 1.500.000 operazioni attive e L. 1.000.000 IVA in detrazione per acquisti . . . . L. 500.000 --------------- Credito finale. . . L. 1.500.000 Accertamento dell'Ufficio: Eccedenza di credito anno 1985 annullato . . . . . . L. 0 Imposta dovuta anno 1986: differenza tra L. 3.500.000 operazioni attive e L. 1.000.000 IVA in detrazione per acquisti . . . . . L. 2.500.000 --------------- Debito finale. . . L. 2.500.000 L'Ufficio rileva l'erroneita' del riporto dell'eccedenza di credito di L. 2.000.000, che annulla e la debenza, inoltre, di una maggiore imposta di L. 2.000.000. In tale situazione il contribuente, ai sensi dell'art. 44, dovra' versare: 2.000.000 (credito inesistente) + 0,60 (2.000.000 - 0,25 x 500.000) = L. 3.125.000. Con il pagamento di L. 3.125.000 il contribuente convalida il diritto del credito finale del 1986 derivante dall'erroneo riporto del credito 1985, inesistente o gia' chiesto a rimborso. Va messo in evidenza in quest'ultimo esempio che l'erronea indicazione dell'eccedenza di credito del 1985 si identifica, in definitiva, in un credito oggettivamente inesistente. Se la rettifica dell'ufficio consiste nel disconoscimento dell'intero credito dichiarato relativo al periodo d'imposta e nell'accertamento di imposta dovuta, la controversia si estingue con il pagamento del 50 per cento del credito non riconosciuto e del 60 per cento dell'imposta dovuta a seguito dell'accertamento. Valgano i seguenti esempi: A - Eccedenza di credito di competenza risultante dalla dichiarazione . . . . . . . . . . . . . . . . L. 20.000.000 Eccedenza non riconosciuta dall'ufficio . . . . . . L. 12.000.000 Il contribuente dovra' versare il seguente importo: 0,5 x 12.000.000 = L. 6.000.000. Effettuando tale pagamento la controversia si estingue e il contribuente conserva il diritto all'eccedenza detraibile o rimborsabile dichiarata di lire 20.000.000. B - Eccedenza di credito di competenza risultante dalla dichiarazione . . . . . . . . . . . . . . . . L. 20.000.000 Eccedenza di credito non riconosciuta . . . . . . . L. 20.000.000 Imposta dovuta a seguito di accertamento . . . . . L. 10.000.000 L'importo da pagare sara' uguale a: 0,5 x 20.000.000 + 0,6 x 10.000.000 = L. 16.000.000 5. Decisione di primo grado depositata. Qualora alla data del 1' gennaio 1992 sia stata depositata la decisione della commissione tributaria di 1' grado e penda giudizio in secondo grado (o comunque non sia ancora scaduto il termine per l'impugnazione) la controversia si estingue con il pagamento di un importo pari al 50 per cento dell'imposta o della maggiore imposta accertata dall'ufficio e, comunque, non inferiore al 70 per cento dell'imposta o della maggiore imposta determinata dalla commissione di 1' grado. Nelle ipotesi di dichiarazioni a credito, le suddette percentuali si applicano sull'ammontare costituito dalla eccedenza di credito dell'anno non riconosciuta, rispettivamente dall'ufficio o dalla commissione di 1' grado, e dalla eventuale maggiore imposta accertata dall'ufficio o determinata dalla commissione. Esempi: A - Dichiarazione del periodo a debito. | accertata dall'ufficio | L. 10.000.000 Maggiore imposta | | decisa dal comm. di 1' grado | L. 6.000.000 Il contribuente dovra' versare il maggiore dei due importi: 1) 0,5 x 10.000.000 = L. 5.000.000; 2) 0,7 x 6.000.000 = L. 4.200.000. B - Dichiarazione del periodo a credito di L. 20.000.000 Accertamento dell'Ufficio: disconoscimento del credito di L. 20.000.000 accertamento imposta a debito L. 6.000.000 Decisione commissione 1' grado: disconoscimento del credito di L. 20.000.000 imposta a debito L. 2.000.000 Il contribuente dovra' versare il maggiore dei seguenti importi: 1) 0,5 x (20.000.000 + 6.000.000) = L. 13.000.000; 2) 0,7 x (20.000.000 + 2.000.000) = L. 15.400.000. 6. Decisioni successive depositate. Qualora alla data del 1' gennaio 1992, sia stata depositata una decisione successiva a quella di primo grado e penda ancora giudizio (nel senso sopra chiarito) la controversia si estingue con il pagamento di un importo pari al 30 per cento dell'imposta o della maggiore imposta accertata dall'ufficio e, comunque, non inferiore all'80 per cento dell'imposta o della maggiore imposta determinata dalla commissione di 2 grado, dalla Commissione Centrale o dalla Corte d'Appello. Nelle ipotesi di dichiarazione del periodo a credito vale quanto detto al precedente punto V. Esempi: A - Dichiarazione del periodo a debito | accertata dall'ufficio | L. 15.000.000 Maggiore imposta | | decisa dal comm. di 2 grado | L. 5.000.000 Il contribuente dovra' versare il maggiore dei seguenti importi: 1) 0,3 x 15.000.000 = L. 4.500.000; 2) 0,8 x 5.000.000 = L. 4.000.000. B - Dichiarazione del periodo a debito | accertata dall'ufficio | L. 15.000.000 Maggiore imposta | | decisa dal comm. di 2 grado | L. 10.000.000 Il contribuente dovra' versare il maggiore dei seguenti importi: 1) 0,3 x 15.000.000 = L. 4.500.000; 2) 0,8 x 10.000.000 = L. 8.000.000. I criteri di definizione fin qui illustrati, e' bene ripeterlo, riguardano le controversie derivanti da avvisi di rettifica o di accertamento notificati entro il 30 settembre 1991. Per gli avvisi notificati dopo tale data, il contribuente puo' definire i propri rapporti tributari pendenti, ai sensi dell'art. 49 o dell'art. 50, come meglio si dira' nei paragrafi successivi. 7. Definizione delle controversie relative a operazioni inesistenti. Discorso a parte meritano le definizioni ai sensi dell'art. 44 delle controversie, pendenti alla data del 1' gennaio 1992, che riguardano l'emissione o l'utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti. Tali controversie possono essere definite, come previsto dall'art. 52, comma 1, a condizione che: a) se l'infrazione consiste nella emissione di fatture per operazioni inesistenti, sia versata la relativa imposta; b) se l'infrazione consiste nella indebita detrazione, sia versata una somma pari all'intera detrazione non spettante. Va inoltre precisato che il richiamo contenuto nell'art. 52, comma 1, agli artt. 44 e 49, ai fini della definizione delle infrazioni per operazioni inesistenti, comporta che in presenza di controversie il contribuente puo' definire ciascuna annualita' di imposta o uno specifico rilievo, mentre in assenza di accertamento debbono essere definiti, a pena di nullita', tutti i periodi di imposta chiusi al 31 dicembre 1990, per i quali alla data del 1'.1.1992, non siano stati notificati atti di accertamento. Qualora la rettifica eseguita dall'ufficio riguardi una dichiarazione a debito in ordine alla quale concorrano violazioni per operazioni inesistenti e altre violazioni che ugualmente determinino una maggiore imposta accertata, ai fini della definizione dell'intera controversia, si rende anzitutto necessario determinare l'imposta dovuta in proporzione alla parte di maggiore imposta accertata da definire secondo i criteri previsti dall'art. 44; si deve determinare, poi, la parte d'imposta da versare ai sensi dello stesso art. 44 e alla stessa aggiungere, infine (tranne che non sia stata precedentemente corrisposta) l'imposta relativa alle operazioni inesistenti: Esempio n. 1 Dichiarata Accertata Differenza - - - - IVA oper. impon. 114.000.000 124.000.000 10.000.000 IVA detraibile 100.000.000 85.000.000 15.000.000 (detr. per operazioni inesistenti) IVA dovuta tot. 14.000.000 25.000.000 Imposta dovuta da prendere in considerazione: 25.000.000: 10.000.000 = 14.000.000: x; x = L. 5.600.000. L'importo da versare sara' dato dalla somma di: 1) 0,6 (10.000.000 - 0,25 x 5.600.000) = L. 5.160.000 essendo 0,20 x 10.000.000 = L. 2.000.000 minore di L. 5.160.000; 2) intero importo per detrazioni operazioni inesistenti L. 15.000.000 3) somma da versare L. 20.160.000 Esempio n. 2 Dichiarata Accertata Differenza - - - - IVA oper. impon. 154.000.000 155.000.000 1.000.000 IVA detraibile 100.000.000 85.000.000 15.000.000 (detr. per operazioni inesistenti) IVA dovuta tot. 54.000.000 16.000.000 Imposta dovuta da prendere in considerazione: 16.000.000: 1.000.000 = 54.000.000: x; x = L. 3.375.000. L'importo da versare e' dato dalla somma di: 1) intero importo per detrazioni operazioni inesistenti L. 15.000.000 2) 0,2 x 1.000.000 = L. 200.000 essendo 200.000 maggiore di 0,6 (1.000.000 - 0,25 x 3.375.000) = L. 93.750 3) somma da versare L. 15.200.000 Capitolo II DEFINIZIONE AUTOMATICA DEL PERIODO D'IMPOSTA 1. Presupposti per la definizione. L'art. 49 fissa le modalita' per definire automaticamente l'imposta, attraverso la presentazione della dichiarazione integrativa, per i periodi d'imposta relativamente ai quali il termine per la presentazione della dichiarazione annuale sia scaduto il 5 marzo 1991 e, alla data del 1' gennaio 1992, non siano stati notificati avvisi di rettifica o di accertamento. La definizione automatica, alle condizioni piu' avanti illustrate, compete per le dichiarazioni annuali a debito, per quelle a credito con richiesta di rimborso parziale o totale nonche' per quelle a credito con richiesta di computazione dell'eccedenza in detrazione nell'anno successivo ad eccezione, per queste ultime, di quelle rela- tive all'anno 1990 con richiesta di computazione dell'intera eccedenza in detrazione nell'anno 1991, per le quali il secondo comma dell'art. 49 in esame prevede una particolare disciplina di definizione. La possibilita' di definire automaticamente l'imposta e' subordinata alle seguenti condizioni: A) per ciascuno dei periodi per i quali si chiede la definizione deve essere stata presentata la dichiarazione annuale, per cui detta definizione rimane esclusa nei casi di omissione. Va, peraltro, evidenziato che, ai suddetti fini, l'art. 57, comma 4, dispone che non si considerano omesse le dichiarazioni presentate, anteriormente alla data del 30 novembre 1991, sia pure con ritardo superiore ad un mese e anche ad ufficio incompetente; B) per ciascuno dei periodi per i quali si chiede la definizione non deve essere stato notificato avviso di rettifica o di accertamento induttivo entro il 1' gennaio 1992. Tuttavia, per effetto dell'art. 3, comma 2, del D.L. 27 aprile 1992, n. 269, nonostante l'avvenuta notifica degli atti anzidetti dal 1' ottobre 1991 al 1' giugno 1992 e' consentito, sempreche' sia stata presentata la dichiarazione annuale, il ricorso alla definizione automatica ovvero, in alternativa, la possibilita' di presentare la dichiarazione integrativa semplice prevista dall'art. 50. Nel caso in cui, invece, la dichiarazione annuale non sia stata presentata, e' consentito di avvalersi soltanto delle disposizioni di cui all'art. 50; C) in presenza delle condizioni di cui ai punti a) e b), la richiesta di definizione deve riguardare, a pena di nullita', tutti i periodi d'imposta relativamente ai quali, per un verso, il termine per la presentazione della dichiarazione annuale e' scaduto il 5 marzo 1991 (il che esclude l'anno 1991) e, per l'altro, non e' scaduto il termine di decadenza previsto dall'art. 57 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, alla data del 31 dicembre 1991. Tenuto anche conto della proroga di due anni di tutti i termini che non sono scaduti alla detta data del 31 dicembre 1991, disposta dall'art. 57, comma 2, la definizione automatica deve obbligatoriamente riguardare tutti gli anni dal 1986 al 1990. Tra gli anzidetti periodi d'imposta sono anche compresi, e ne deve pertanto essere chiesta la definizione, quelli per i quali, pur scadendo il termine per la presentazione della dichiarazione annuale successivamente al 1' gennaio 1992, per effetto di proroghe legisla- tive, la dichiarazione stessa sia stata presentata entro il 31 dicembre 1991. Cosi', per esempio, i soggetti residenti nei comuni della Sicilia orientale colpiti dagli eventi sismici del dicembre 1990 devono richiedere anche la definizione per l'anno 1990 se la relativa dichiarazione annuale, ancorche' dopo il 5 marzo 1991, sia stata presentata entro il 31 dicembre 1991. Gli imprenditori e gli esercenti arti e professioni e gli enti non commerciali che non si sono avvalsi del differimento dei termini previsto dall'art. 14 del decreto legge 2 marzo 1989, n. 69, convertito dalla legge 27 aprile 1989, n. 154, devono presentare la dichiarazione integrativa automatica anche in riferimento agli anni 1983 e 1984 per i quali l'art. 19 del citato D.L. n. 69/1989 ha prorogato i termini per l'accertamento, rispettivamente al 31 dicembre 1991 e al 31 dicembre 1992, sempreche' sia stata presentata la dichiarazione originaria. Detto obbligo non sussiste per i periodi d'imposta per i quali il contribuente si e' avvalso di detto differimento, a condizione che il soggetto si sia correttamente adeguato ai coefficienti presuntivi di cui al D.P.C.M. 28 luglio 1989. In ogni caso, per i periodi d'imposta per i quali sia scaduto il termine per l'accertamento, la presentazione della dichiarazione integrativa e' ammessa in via facoltativa se il contribuente ne abbia interesse. A maggior chiarimento, valgano i seguenti esempi: 1) 1986-dichiarazione presentata con accertamento notificato il 10 luglio 1991; 1987-dichiarazione presentata con accertamento notificato il 10 ottobre 1991; 1988-dichiarazione presentata e non accertata; 1989-dichiarazione omessa e non accertata; 1990-dichiarazione presentata e non accertata. In tale situazione il contribuente, per usufruire della definizione automatica, deve presentare la dichiarazione integrativa ai sensi dell'art. 49 per gli anni 1987 (tranne che per tale anno non abbia scelto di avvalersi dell'art. 50), 1988 e 1990, mentre per il 1986 puo' definire la controversia d'imposta solo secondo le modalita' previste dall'art. 44 e per il 1989 puo' avvalersi solo delle disposizioni di cui all'art. 50. 2) 1986-dichiarazione presentata con accertamento notificato il 10 ottobre 1991; 1987-dichiarazione omessa con accertamento notificato il 10 ottobre 1991; 1988-dichiarazione presentata con accertamento notificato il 10 ottobre 1991; 1989-dichiarazione presentata e non accertata; 1990-dichiarazione presentata e non accertata. Il contribuente, per usufruire della definizione automatica, deve necessariamente presentare la dichiarazione integrativa di cui all'art. 49 per gli anni 1986 e 1988 (tranne che per tali anni non abbia scelto di avvalersi dell'art. 50), 1989 e 1990, mentre per il 1987 puo' soltanto avvalersi della possibilita' di integrazione semplice prevista dall'art. 50; D) la maggior imposta risultante per ciascun periodo d'imposta da determinarsi secondo i criteri di cui si dira' in seguito, non deve essere inferiore a: lire 300 mila, per i soggetti con volume d'affari fino a lire 18 milioni; lire 600 mila, per quelli con volume d'affari superiore a lire 18 milioni ma non a lire 360 milioni; lire 900 mila, per gli altri soggetti. 2. Calcolo dell'imposta integrativa. Al riguardo, va precisato che la definizione automatica (a parte il caso particolare previsto dall'art. 49, comma 2) comporta comunque un versamento, non inferiore ai limiti suddetti, ancorche' la definizione stessa riguardi annualita' chiuse a credito con richieste di rimborso, anche se non ancora conseguito. Restano, pertanto, fermi gli importi del credito chiesto a rimborso indicati nella originaria dichiarazione, nonche' la parte di eccedenza computata in detrazione nell'anno successivo. Sussistendo le condizioni sopraelencate, per ogni annualita' in cui l'imposta relativa alle operazioni imponibili (codice E30 della dichiarazione) e l'imposta detraibile (codici L5 e L8 della dichiarazione), prese singolarmente, non superano lire 200 milioni, l'imposta integrativa deve essere pari alla somma del 2 per cento di ciascuno dei suddetti due ammontari. Quando l'imposta relativa alle operazioni imponibili ovvero l'imposta detraibile superano detto importo di lire 200 milioni, le percentuali applicabili a ciascuna eccedenza sono pari all'1,5 per cento, e quando superano gli ammontari di lire 300 milioni, le percentuali applicabili a ciascuna eccedenza sono pari all'1 per cento. Se si indica con AV l'imposta sulle operazioni imponibili risultante dalla dichiarazione originaria e con IV l'imposta integrativa relativa alle operazioni imponibili, il calcolo di tale imposta integrativa puo' essere eseguito facilmente seguendo il seguente schema: AV non superiore a 200 milioni IV = 0,02 x AV AV superiore a 200 milioni ma non a 300 milioni IV = 1.000.000 + 0,015 x AV AV superiore a 300 milioni IV = 2.500.000 + 0,01 x AV In maniera analoga si puo' procedere per il calcolo dell'imposta integrativa (Id) relativa all'imposta detraibile risultante dalla dichiarazione originaria (Ad). Esempio: AV = 350.000.000; Ad = 250.000.000; IV = 2.500.000 + 0,01 x 350.000.000 = 6.000.000 Id = 1.000.000 + 0,015 x 250.000.000 = 4.750.000 Totale imposta integrativa 10.750.000 Come si e' gia' accennato, qualora attraverso l'applicazione delle suddette percentuali all'imposta relativa alle operazioni imponibili ed all'imposta detraibile si determini un ammontare inferiore ai limiti gia' indicati (300 mila, 600 mila e 900 mila), i contribuenti devono in ogni caso operare il versamento di uno dei suddetti importi minimi, per ogni periodo d'imposta compreso nella dichiarazione integrativa. Questa ipotesi si verifica, tra l'altro, per i contribuenti a re- gime forfettario che hanno presentato la dichiarazione originaria sul modello IVA 11-bis. Gli ammontari in ordine ai quali devono essere applicate le percentuali anzidette sono quelli che emergono dalle dichiarazioni annuali originarie, ivi comprese quelle presentate per la regolarizzazione di adempimenti omessi o irregolarmente eseguiti, purche' comportanti un maggior versamento d'imposta. E' appena il caso di precisare che, agli effetti della definizione automatica, l'imposta afferente l'emissione o l'utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti deve essere corrisposta per intero, come avviene per la definizione prevista dall'art. 44 (cfr. paragrafo 1). 3. Rideterminazione dell'imposta integrativa per i soggetti di cui all'art. 38, comma 2. Ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 49, per taluni contribuenti esiste la possibilita' (ove si verifichi la condizione di cui si dira', connessa all'applicazione dei coefficienti previsti dal D.P.C.M. 21 dicembre 1990) di beneficiare della definizione automatica, versando un importo inferiore a quello ottenuto secondo il criterio finora esaminato, sempre pero' con il rispetto dei limiti minimi piu' volte citati. Detti soggetti sono individuati dall'art. 38, comma 2, ai fini delle imposte dirette, in base all'attivita' svolta e all'entita' dei ricavi dichiarati in un certo periodo d'imposta. Vertendosi in materia di imposta sul valore aggiunto, il parametro dei ricavi dichiarati deve intendersi rappresentato dal volume d'affari dichiarato. Si tratta in particolare: dei soggetti che esercitano arti e professioni nonche' delle imprese che esercitano attivita' di prestazione di servizi, di intermediazione, di trasporto, attivita' alberghiera e di somministrazione di alimenti e bevande in pubblici esercizi che, in un determinato periodo d'imposta, hanno dichiarato un volume d'affari non superiore a lire 700 milioni; delle imprese che esercitano attivita' di produzione di beni che hanno dichiarato un volume d'affari non superiore a lire 2 miliardi; delle imprese che esercitano l'attivita' di commercio all'ingrosso o al minuto, compresi gli ambulanti, che hanno dichiarato un volume d'affari non superiore a lire 5 miliardi. Dopo aver determinato l'imposta integrativa nei modi previsti dall'art. 49, comma 3, i contribuenti suindicati, al fine di verificare se nei loro confronti sussiste la condizione per beneficiare della riduzione della stessa imposta, devono: 1) operare un raffronto tra l'ammontare dei corrispettivi di operazioni imponibili dichiarati e quello che risulta dall'applicazione dei coefficienti presuntivi di cui al citato D.P.C.M. 21 dicembre 1990, ottenendo cosi' la percentuale di scostamento del primo ammontare rispetto al secondo. In pratica, il raffronto puo' essere fatto tra il volume d'affari dichiarato e quello risultante dall'impiego dei coefficienti, dal momento che sia nel primo che nel secondo l'ammontare delle operazioni imponibili e' compreso nella stessa proporzione. Se si indica con Vc il volume d'affari risultante dall'applicazione dei coefficienti e con Vd il volume d'affari dichiarato, la percentuale di scostamento si ottiene dal seguente conteggio: VC - VD Percentuale di scostamento = ------- x 100 VD 2) ricavare la media ponderata delle percentuali previste dall'art. 38, comma 2, con riferimento all'ammontare dell'imposta integrativa da ridurre. Se la percentuale di scostamento risulta inferiore alla media delle percentuali previste dall'art. 38, comma 2, si sara' verificata la condizione per poter ridurre l'imposta integrativa ottenuta ai sensi dell'art. 49, comma 3. A tal fine, detta imposta va moltiplicata per una frazione (propria) avente per numeratore la percentuale di scostamento e come denominatore la media di cui si e' detto. Se la percentuale di scostamento e' uguale o superiore alla media anzidetta, l'imposta integrativa di cui all'art. 49, comma 3, e' dovuta per intero. Se la percentuale di scostamento e' pari a 1 o e' negativa, nel senso che l'ammontare dei corrispettivi dichiarati e' uguale o superiore a quello ottenuto con l'applicazione dei coefficienti, sono dovuti solo gli importi minimi previsti dal sesto comma dell'art. 49. Peraltro, prima di calcolare la percentuale di scostamento, i contribuenti di cui trattasi devono, mediante l'impiego dei coefficienti di congruita', verificare se sussistono i presupposti perche' nei loro confronti sia configurabile l'accertamento eseguito sulla base dei coefficienti presuntivi. Solo in caso affermativo si dovranno effettuare le operazioni gia' dette (determinazione della percentuale di scostamento, della media ponderata, ecc.). Ove, invece, non si verificano le condizioni che rendono possibile l'accertamento in base ai coefficienti presuntivi, la percentuale di scostamento e' nulla e, pertanto, il contribuente dovra' versare soltanto gli importi minimi previsti dal sesto comma dell'art. 49; 4. Chiarimenti in ordine all'applicazione dei coefficienti. Si forniscono ora opportuni chiarimenti in ordine: all'applicazione dei coefficienti di congruita' e dei coefficienti presuntivi; al calcolo della media ponderata delle percentuali previste dall'art. 38, comma 2. Per ulteriori notizie utili al riguardo si fa rinvio alle istruzioni al modello di dichiarazione integrativa approvato con il D.M. 29 gennaio 1992. I coefficienti di congruita' vanno applicati soltanto ai dati ed elementi relativi all'anno 1990, se per tale anno sussistono le condizioni per la rideterminazione dell'imposta integrativa ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 49. In caso contrario, i dati e gli elementi da prendere a base sono quelli del primo periodo d'imposta precedente al 1990 in cui il soggetto interessato abbia esercitato l'attivita' durante tutto il periodo d'imposta. I contribuenti semplificati hanno gia' indicato tali dati nei riquadri identificativi della dichiarazione dei redditi presentata a maggio 1991. Gli altri contribuenti dovranno reperirli dalle proprie scritture. Per il calcolo del volume d'affari sulla base dei coefficienti di congruita', dopo aver individuato la tabella applicabile, in relazione alle caratteristiche dell'attivita' svolta, ed il rigo corrispondente al codice della detta attivita', occorre moltiplicare i valori indicati in corrispondenza del codice di attivita' relativo al contribuente interessato per l'ammontare a questi attribuibile in corrispondenza alle singole voci previste nelle tabelle A,B,C,D ed E allegate al D.P.C.M. anzicitato. In particolare, nei confronti degli esercenti attivita' d'impresa e degli esercenti arti e professioni con volume d'affari fino a 18 milioni, si applicano i coefficienti di congruita' di cui alle tabelle A e B. Se l'applicazione di anche un solo coefficiente porti a una quantificazione del volume d'affari superiore ai 18 milioni, i soggetti anzidetti vengono assimilati ai soggetti con volume d'affari superiore ai 18 milioni. Se l'applicazione dei suddetti coefficienti porta a una quantificazione del volume d'affari inferiore ai 18 milioni, occorre verificare se il volume d'affari dichiarato risulti inferiore a quelli risultanti dall'applicazione di due o piu' dei coefficienti medesimi. Ove cio' si verifichi, il volume d'affari induttivo (da confrontare con quello dichiarato ai fini del calcolo della percentuale di scostamento) si ottiene utilizzando il coefficiente di congruita' ritenuto piu' significativo in relazione alle specifiche condizioni di esercizio dell'attivita' del contribuente. Nei confronti degli esercenti attivita' d'impresa e degli esercenti arti e professioni con volume d'affari superiore ai 18 milioni ma non ai limiti stabiliti dall'art. 38, comma 2, (compresi quelli, di cui si e' gia' fatto cenno, con volume d'affari dichiarato in misura inferiore ai 18 milioni ma accertato in misura superiore con l'applicazione dei coefficienti di congruita' di cui alle tabelle A e B) i coefficienti di congruita' da utilizzare sono quelli contenuti nelle tabelle C, D ed E. Se il volume d'affari dichiarato risulti inferiore a quelli derivanti dall'applicazione di due o piu' coefficienti di congruita', il volume d'affari induttivo (da confrontare con quello dichiarato ai fini del calcolo della percentuale di scostamento) si ottiene utilizzando i coefficienti presuntivi. Per quanto riguarda l'applicazione dei coefficienti presuntivi, si precisa anzitutto che devono essere utilizzati quelli contenuti nelle tabelle F,G,H, ed I, allegate al citato D.P.C.M. 21 dicembre 1990. Di regola i predetti coefficienti vanno applicati soltanto ai dati ed elementi relativi all'anno 1990, in quanto per gli anni precedenti il volume d'affari da raffrontare con quello dichiarato si ottiene riducendo quello presunto determinato per l'anno 1990 sulla base della variazione dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati. Peraltro il 1990 puo' costituire anno base per la determinazione del volume d'affari presunto, da raffrontare con quello dichiarato, a condizione che in tale anno il contribuente: abbia esercitato l'attivita' per l'intero periodo d'imposta ed esistano quindi i dati e gli elementi necessari per l'applicazione dei coefficienti; abbia dichiarato un volume d'affari non superiore ai limiti, gia' visti, di 700 milioni, 2 miliardi o 5 miliardi, a seconda del tipo di attivita' esercitata. Qualora non sussistano le condizioni per l'applicazione dei coefficienti presuntivi nell'anno 1990, i dati e gli elementi da prendere a base sono quelli del primo anno d'imposta precedente al 1990 in cui il soggetto abbia esercitato l'attivita' durante l'intero periodo d'imposta. Individuato l'anno base e ottenuto il relativo volume d'affari presunto, lo stesso deve essere ridotto, per gli anni precedenti utilizzando i parametri gia' detti. Al riguardo, si rimanda alla tabella n. 6 riportata a pag. 9 delle istruzioni anzicitate. Per il calcolo del volume d'affari sulla base dei coefficienti presuntivi, si devono sommare gli importi che si ottengono moltiplicando i valori indicati in corrispondenza del codice di attivita' relativo al contribuente interessato per l'ammontare a questi attribuibile in relazione alle singole voci previste nelle tabelle F, G, H, ed I (costo materie prime impiegate, retribuzioni, ecc.). Il totale risultante da tale sommatoria va adeguato territorialmente, con l'applicazione del correttivo previsto dalla Tabella M, ed integrato con la maggiorazione fissa di 18 milioni. Il risultato cosi' ottenuto va, infine, diminuito delle riduzioni eventualmente spettanti per il contemporaneo esercizio di un'attivita' di lavoro dipendente ovvero per le imprese artigiane iscritte nel relativo albo. In merito alle percentuali previste dall'art. 38, comma 2, va evidenziato che esse sono diverse a seconda dell'ammontare dell'imposta sui redditi lorda e delle addizionali al quale le percentuali stesse devono essere applicate. Piu' precisamente, deve essere utilizzata la percentuale del 20 per cento fino a concorrenza di 10 milioni d'imposta, quella del 18 per cento per la parte eccedente i 10 milioni e fino a 40 milioni d'imposta e del 15 per cento per la parte eccedente i 40 milioni. In materia di imposta sul valore aggiunto, l'ammontare da prendere in considerazione, per l'applicazione delle percentuali, e' costituito, come si e' gia' detto, dall'imposta integrativa ottenuta secondo le modalita' previste dall'art. 49, comma 3. Per il calcolo della media ponderata delle anzidette percentuali, puo' essere seguito il seguente schema: Imposta integrativa (ex art. 49, comma 3) non superiore a 10 milioni: Media ponderata = 20% Imposta integrativa superiore a 10 milioni ma non a 40 milioni: (18 + 20.000.000) Media ponderata = --------------------- % (Imposta integrativa) Imposta integrativa superiore a 40 milioni: (15 + 140.000.000) Media ponderata = --------------------- % (Imposta integrativa) Esempio: Volume d'affari risultante dalla dichiarazione annuale 600 milioni Imposta sulle operazioni imponibili 114 milioni Imposta detraibile 36 milioni L'imposta integrativa ex art. 49, comma 3, si ottiene dal seguente conteggio: 0,02 x 114.000.000 + 0,02 x 36.000.000 = 3.000.000 Se il volume d'affari risultante dall'applicazione dei coefficienti presuntivi e' di lire 580 milioni, il contribuente puo' definire il periodo d'imposta con il pagamento del solo importo minimo, in questo caso lire 900 mila. Se detto volume d'affari e' di lire 950 milioni (percentuale di scostamento superiore alla media ponderata delle percentuali previste dall'art. 38, comma 2), l'importo da versare e' pari a quello calcolato ex art. 49, comma 3, cioe' lire 3 milioni. Se e' di lire 648 milioni (percentuale di scostamento pari a 8 per cento, ossia inferiore alla media delle percentuali di cui all'art. 38, comma 2), l'importo da versare si ottiene dal seguente conteggio: 8 3.000.000 x -- = 1.200.000 20 Esempio Imposta integrativa ex art. 49, comma 3 60 milioni Percentuale di scostamento 10 per cento L'importo da versare si ottiene dal seguente conteggio: 140.000.000 15 + ------------- = 17,33 % (media percentuali art. 38, comma 2) 60.000.000 10 60.000.000 x ----- 34.662.000 (imposta integrativa da versare) 17,33 5. Definizione delle dichiarazioni a credito ai sensi dell'art. 49, comma 2. Come gia' precisato, il secondo comma dell'art. 49 in esame prevede una particolare disciplina per la definizione automatica della dichiarazione a credito relativa all'anno 1990 con richiesta di computazione dell''intera eccedenza" d'imposta in detrazione nell'anno successivo. Al riguardo si chiarisce che, qualora il contribuente abbia chiesto la computazione della eccedenza d'imposta - evidenziata quale risultato finale della dichiarazione - in detrazione nell'anno successivo, ma abbia richiesto rimborsi infrannuali, non torna applicabile il secondo comma dell'art. 49, in quanto il credito evidenziato non puo' considerarsi quale "intera eccedenza" del periodo d'imposta considerato. Nell'ipotesi di cui al citato art. 49, comma 2, la dichiarazione relativa all'anno 1990 ed, eventualmente, le dichiarazioni immediatamente precedenti che analogamente evidenziano un credito integralmente riportato in detrazione nell'anno successivo, possono essere definite all'ulteriore condizione che si rinunci all'eventuale residuo credito risultante dopo lo scomputo delle imposte integrative relative ai vari periodi d'imposta. Pertanto, una volta determinata l'imposta integrativa per ogni periodo d'imposta, sempre rispettando gli importi minimi, se la somma delle integrazioni e' superiore al credito evidenziato nella dichiarazione 1990, il contribuente deve versare la differenza; in caso contrario deve rinunziare al credito residuo. Esempio: Imposta integrativa dovuta -- 1986 dichiarazione a debito. . . . . . . . . . . . . . . . 2.000.000 1987 dichiarazione a debito. . . . . . . . . . . . . . . . 2.500.000 1988 dichiarazione a credito con richiesta di rimborso . . 2.200.000 1989 dichiarazione a credito interamente riportato al 1990 2.300.000 1990 dichiarazione a credito interamente riportato al 1991 2.000.000 --------- 1.000.000 Si ipotizzi che il credito risultante dalla dichiarazione annuale 1990 sia di lire 15 milioni, richiesto interamente in computazione nell'anno 1991. Il contribuente, se non intende avvalersi della definizione di cui al secondo comma dell'art. 49 con rinunzia al credito residuo, puo' definire automaticamente soltanto gli anni 1986, 1987 e 1988 con un versamento di lire 6.700.000. Se, invece, intende usufruire della definizione automatica anche per gli anni risultanti a credito con intero riporto a nuovo, puo' utilizzare l'intero credito per compensare l'ammontare complessivo dell'imposta integrativa dovuta (che, pertanto, non va versata) ma deve rinunciare al credito residuo di lire 4.000.000, risultante dalla differenza tra il credito dell'anno 1990 (lire 15 milioni) e l'intera integrazione d'imposta dovuta (lire 11 milioni). Qualora il credito d'imposta fosse stato di lire 10.000.000, il contribuente avrebbe dovuto versare la somma di lire 1.000.000 (differenza tra 11 e 10 milioni). Va, inoltre, precisato che, ai fini della determinazione del credito residuo, si possono compensare con il credito dell'anno 1990 anche le imposte relative ad operazioni inesistenti, mentre, com'e' ovvio, non si devono conteggiare le eventuali somme da versare per gli anni in ordine ai quali non e' consentita la definizione automatica. Da ultimo, va affrontato il problema che nasce dalla circostanza che al momento della presentazione della dichiarazione integrativa, il contribuente puo' avere gia' utilizzato il credito al quale, in sede di definizione automatica, si deve rinunciare. Al riguardo, si puo' ipotizzare che il contribuente, in sede di presentazione della dichiarazione annuale relativa al 1991, non abbia riportato nel codice L6 il credito risultante dalla dichiarazione 1990, essendo intenzionato a chiedere la definizione automatica. In tal caso nulla occorre. E' anche possibile, peraltro, che il contribuente abbia presentato la dichiarazione annuale relativa al 1991 riportando nel codice L6 il credito risultante dalla dichiarazione 1990. In tal caso, si ritiene che egli possa ugualmente beneficiare della definizione automatica provvedendo, in sede di presentazione della dichiarazione integrativa, a versare l'intero credito risultante dalla dichiarazione annuale 1990 ed, eventualmente, la differenza per imposta integrativa ancora dovuta. Capitolo III INTEGRAZIONE SEMPLICE E FRANCHIGIA AMMISSIBILITA' DI ACCERTAMENTI SUCCESSIVI 1. Ufficio competente ad effettuare gli accertamenti. Per i periodi d'imposta in ordine ai quali non sia stato notificato avviso di rettifica o di accertamento alla data del 1' gennaio 1992, il contribuente ha la possibilita', ai sensi dell'art. 50, comma 1, di presentare le dichiarazioni annuali omesse o di rettificare le dichiarazioni annuali presentate, anche se con ritardo superiore a un mese, lasciando aperto il rapporto tributario con l'ufficio. Qualora si intenda supplire ad una omissione vera e propria, la presentazione della dichiarazione integrativa deve comportare un versamento d'imposta di almeno 300 mila lire. Se, invece, si miri a rettificare una dichiarazione presentata, sia pure tardivamente, la dichiarazione integrativa, per un verso, deve indicare una maggiore imposta dovuta o un minor credito spettante, senza peraltro che necessiti il rispetto di importi minimi, e, per l'altro, non puo' legittimare detrazioni d'imposta in misura superiore a quella risultante dalla dichiarazione originaria. In entrambi i casi suddetti, gli uffici provvedono ai controlli ed agli accertamenti delle dichiarazioni originarie e di quelle integrative con i criteri e le modalita' indicate nei decreti ministeriali con i quali vengono fissati i programmi annuali di accertamento, in attuazione delle disposizioni contenute nell'art. 51, comma 1, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni. Qualora il contribuente abbia presentato una o piu' dichiarazioni originarie ad un ufficio e, poi, per effetto di un trasferimento del domicilio fiscale, abbia presentato la dichiarazione integrativa ad altro ufficio, la competenza ad effettuare i controlli e gli accertamenti spetta sempre all'ufficio che ha ricevuto le dichiarazioni originarie, il quale sara' informato dei contenuti della dichiarazione integrativa attraverso il Centro informativo. Analogamente, in caso di omissione della dichiarazione originaria, la competenza ad effettuare eventuali accertamenti successivamente alla presentazione della dichiarazione integrativa ad ufficio diverso, rimane sempre dell'ufficio presso il quale la dichiarazione originaria avrebbe dovuto a suo tempo essere presentata. Peraltro, gli uffici competenti potranno procedere all'accertamento soltanto se si verifichino le condizioni previste nel terzo comma dell'art. 50 in esame. Le situazioni ipotizzabili al riguardo sono le seguenti. 2. Dichiarazione originaria a debito. a) la rettifica non e' ammessa qualora l'ammontare della maggiore imposta accertabile, rispetto a quella dovuta in base alla dichiarazione originaria ed a quella indicata nella dichiarazione integrativa, sia inferiore al 50 per cento dell'imposta risultante dalla dichiarazione integrativa; b) la rettifica e' ammessa nell'ipotesi inversa, ossia quando l'ammontare della maggiore imposta accertabile, rispetto a quella risultante dalla dichiarazione originaria e da quella integrativa, sia uguale o superi il 50 per cento dell'imposta dovuta in base alla dichiarazione integrativa. In quest'ultimo caso: 1 - se l'imposta risultante dalla dichiarazione integrativa e' pari o superiore al 10 per cento di quella dovuta in base alla dichiarazione originaria (per il concetto di imposta dovuta vedasi quanto chiarito al paragrafo 1) la maggiore imposta accertata e' ridotta di una franchigia pari al 50 per cento dell'imposta indicata nella dichiarazione integrativa; 2 - se l'imposta risultante dalla dichiarazione integrativa e' inferiore al 10 per cento di quella dovuta in base alla dichiarazione originaria, non si fa luogo ad alcuna riduzione della maggiore imposta determinata a seguito dell'accertamento. Valgano a chiarire le disposizioni in argomento i seguenti esempi: A) - IVA dovuta in base alla dichiarazione originaria 30.000.000 IVA indicata nella dichiarazione integrativa 10.000.000 ---------- 40.000.000 Qualora la maggiore imposta accertabile, rispetto al complessivo dichiarato di lire 40.000.000, sia di lire 4.000.000, la rettifica non e' ammessa dal momento che la maggiore imposta accertabile e' inferiore al 50 per cento dell'importo risultante dalla dichiarazione integrativa (4.000.000 minore di 0,5 x 10.000.000). Pertanto, l'imposta resta definita per l'ammontare complessivo di lire 40.000.000. Parimenti non e' ammesso l'accertamento ove la maggiore imposta accertabile sia di lire 5.000.000, ossia pari (e non superiore) al 50 per cento della imposta indicata nella dichiarazione integrativa (5.000.000 = 0,5 x 10.000.000), in quanto in tal caso la maggiore imposta accertabile deve essere diminuita di una franchigia di pari importo. B) - IVA dovuta in base alla dichiarazione originaria 30.000.000 IVA indicata nella dichiarazione integrativa 10.000.000 ---------- 40.000.000 Qualora la maggiore imposta accertabile, rispetto al complessivo dichiarato di lire 40.000.000, sia di lire 8.000.000, l'accertamento e' ammesso, in quanto lire 8.000.000 e' maggiore di lire 5.000.000. Inoltre, poiche' l'imposta risultante dalla dichiarazione integrativa supera il 10 per cento di quella indicata nella dichiarazione originaria (10.000.000 maggiore di 3.000.000), l'imposta dovuta a seguito della notifica dell'avviso di rettifica e' di lire 3.000.000, pari alla differenza tra lire 8.000.000 e lire 5.000.000. In altre parole, la franchigia di lire 5.000.000 diventa un effettivo abbuono d'imposta. C) - IVA dovuta in base alla dichiarazione originaria 30.000.000 IVA indicata nella dichiarazione integrativa 2.000.000 ---------- 32.000.000 Qualora la maggiore imposta accertabile, rispetto al complessivo dichiarato di lire 32.000.000, sia di lire 8.000.000, l'accertamento e' ammesso, in quanto 8.000.000 maggiore di 0,5 x 2.000.000. Peraltro, in tale fattispecie l'IVA integrata e' inferiore al 10 per cento dell'imposta originariamente dichiarata (2.000.000 minore di 0,1 x 30.000.000). Non si verifica, pertanto, la condizione per la concessione della franchigia e l'imposta dovuta a seguito della notifica dell'avviso di rettifica sara' pari a lire 8.000.000. 3. Dichiarazione originaria a credito. La rettifica e' ammessa a condizione che l'ammontare del minor credito (e l'eventuale imposta a debito) risultante a seguito dell'accertamento superi, rispetto a quanto indicato complessivamente nella dichiarazione originaria e in quella integrativa, il 50 per cento dell'imposta da versare in base alla dichiarazione integrativa. Verificandosi tale ipotesi, ove dalla dichiarazione originaria non risulti imposta dovuta, l'ufficio dovra' ridurre il proprio accertamento della suddetta franchigia del 50 per cento, ove l'integrazione sia uguale o superiore al 10% del credito risultante dalla dichiarazione originaria. Esempi: A) - Credito risultante dalla dichiarazione originaria 20.000.000 minor credito indicato nella dichiarazione integrativa 5.000.000 (importo ---------- da versare) 15.000.000 Qualora il minor credito accertabile dall'ufficio, rispetto a lire 15.000.000, sia di lire 2.000.000, la rettifica non e' ammessa poiche' il minor credito accertabile e' inferiore alla franchigia costituita dal 50 per cento del minor credito indicato nella dichiarazione integrativa (2.000.000 minore di 0,5 x 5.000.000). In tale ipotesi, con il versamento di lire 5.000.000 di cui alla dichiarazione integrativa, risultera' definitivamente acquisito il credito originario di lire 20.000.000, nel senso che detto importo e' stato (o sara) rimborsato dall'ufficio, tranne che il contribuente non lo abbia computato in detrazione nell'anno successivo. B) - Credito risultante dalla dichiarazione originaria 20.000.000 minor credito indicato nella dichiarazione integrativa 5.000.000 (importo ---------- da versare) 15.000.000 Qualora il minor credito accertato dall'ufficio, rispetto a lire 15.000.000, sia di lire 6.000.000, la rettifica e' ammessa (6.000.000 maggiore di 0,5 x 5.000.000) ma l'imposta accertata dovra' essere diminuita della franchigia di lire 2.500.000. Si otterra' cosi' un importo pari a lire 3.500.000. Detto importo, a seguito della notifica dell'avviso di rettifica, dovra' essere versato dal contribuente qualora l'eccedenza risultante dalla dichiarazione originaria sia stata computata in detrazione nell'anno successivo ovvero ne sia gia' stato ottenuto il rimborso. Nel caso, invece, di rimborso richiesto ma non ancora effettuato, l'ufficio potra' procedere alla compensazione, restituendo al contribuente, anziche' lire 20.000.000, la somma di lire 16.500.000 (20.000.000 - 3.500.000) senza richiedere alcun versamento. C) - Credito risultante dalla dichiarazione originaria 5.000.000 minor credito indicato nella dichiarazione integrativa 4.000.000 (importo ---------- da versare) 1.000.000 Qualora, rispetto a lire 1.000.000, venga accertato un minor credito di lire 1.000.000 e un'imposta a debito di lire 2.000.000, la rettifica e' ammessa, dal momento che 1.000.000 + 2.000.000 maggiore di 0,5 x 4.000.000, ma l'imposta accertata dovra' essere diminuita della franchigia (3.000.000 - 2.000.000). L'importo di lire 1.000.000 che si otterra' dovra' essere versato dal contribuente qualora l'eccedenza risultante dalla dichiarazione originaria sia stata computata in detrazione nell'anno successivo ovvero ne sia stato gia' ottenuto il rimborso. Nel caso, invece, di rimborso richiesto ma non ancora effettuato, l'ufficio restituira' al contribuente, anziche' lire 5.000.000, la somma di lire 4.000.000 (5.000.000 - 1.000.000) senza richiedere alcun versamento. 4. Dichiarazione originaria omessa. L'accertamento dell'ufficio e' ammesso a condizione che la maggiore imposta risultante a seguito dell'accertamento sia uguale o superi il 50 per cento di quella indicata nella dichiarazione integrativa. Mancando in tal caso il parametro di riferimento (dichiarazione originaria) per stabilire la percentuale dell'integrazione, non e' configurabile alcuna franchigia effettiva e, pertanto, la maggiore imposta determinata a seguito dell'accertamento sara' dovuta per intero. Esempi: A) - IVA indicata nella dichiarazione integrativa 4.000.000. Qualora la maggiore imposta accertabile sia di lire 2.000.000, l'accertamento e' ammesso, anche se tale importo e' uguale (e non superiore) alla meta' dell'imposta indicata nella dichiarazione integrativa (2.000.000 = 0,5 x 4.000.000). Cio' perche' al contribuente non spetta alcuna franchigia. Pertanto, a seguito dell'accertamento, sara' dovuta l'imposta di lire 2.000.000. B) - IVA indicata nella dichiarazione integrativa 4.000.000. Qualora la maggiore imposta accertabile sia di lire 3.000.000, l'accertamento e' ammesso (3.000.000 maggiore di 0,5 x 4.000.000) e al contribuente non spetta alcuna franchigia. Pertanto, a seguito della notifica dell'avviso di accertamento, sara' dovuta l'imposta di lire 3.000.000. 5. Operazioni inesistenti. Nel caso in cui l'integrazione ex art. 50 riguardi imposte che traggono origine da operazioni inesistenti, gli eventuali accertamenti degli uffici, successivi alla presentazione della dichiarazione integrativa, potranno essere effettuati senza il rispetto delle condizioni previste nel terzo comma dell'art. 50, non essendo configurabile alcuna franchigia a favore del contribuente. Negli esempi illustrati ai punti I-B, I-C, II-B, II-C e III-B, come si e' visto, l'avvenuta presentazione della dichiarazione integrativa non preclude all'ufficio l'esercizio della potesta' di accertamento. Al riguardo, va evidenziato che la disposizione contenuta nel terzo comma, ultimo periodo, dell'art. 50 in esame consente ai contribuenti, che intendano opporsi alle rettifiche intervenute successivamente alla presentazione della dichiarazione integrativa, di proporre ricorso alla commissione tributaria di 1' grado senza operare il pagamento di meta' della maggiore imposta accertata dall'ufficio, come prevede l'art. 60, comma 2, n. 1, del D.P.R. n. 633/1972, nel testo modificato dall'art. 5, comma 10, della legge 26 giugno 1990, n. 165. La riscossione progressiva del tributo - in costanza di giudizio - inizia quindi in occasione della presentazione del ricorso alla commissione tributaria di 2 grado, con il versamento della maggiore imposta fino a concorrenza dei due terzi dell'ammontare accertato dalla commissione di 1' grado. Da ultimo, va tenuto presente che, ai sensi dell'art. 3, comma 2, del D.L. 27 aprile 1992, n. 269, nell'ipotesi di avvisi di rettifica o di accertamento notificati tra il 1' ottobre 1991 e il 1' giugno 1992, debitamente impugnati (salvo le ipotesi di sospensione previste dall'art. 48), rimane al contribuente, in alternativa alla richiesta di definizione automatica, la possibilita' di avvalersi della presentazione della dichiarazione integrativa secondo le modalita' previste dall'art. 50. Si possono, quindi, verificare due casi. Se l'imposta risultante dalla dichiarazione integrativa semplice e' inferiore all'imposta o alla maggiore imposta accertata dall'Ufficio, diminuita dalla relativa franchigia (ove spettante), la controversia prosegue per la parte non definita. Se l'integrazione copre, invece, l'imposta accertata diminuita della relativa franchigia (se spettante), la controversia di estingue. Capitolo IV INAPPLICABILITA' DELLE SANZIONI AMMINISTRATIVE E DEGLI INTERESSI DI MORA Gli articoli 47 e 52, comma 3, dispongono in ordine alle modalita' di definizione delle controversie relative ad infrazioni formali e gli articoli 50, commi 2 e 4 e 52, commi 2 e 4 in ordine alle diverse conseguenze che possono derivare, sotto il profilo sanzionatorio, a seguito della definizione dell'imposta o, comunque, a seguito della presentazione della dichiarazione integrativa semplice. Al riguardo si forniscono i seguenti chiarimenti. 1. Effetti della definizione dell'imposta sull'applicazione delle sanzioni. Se l'imposta resta definita, l'art. 52, comma 2, prevede che non si rendono applicabili (nel senso che non possono piu' essere irrogate o devono essere abbandonate se gia' irrogate con provvedimenti non divenuti definitivi) le sanzioni amministrative previste dal titolo terzo del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, quelle previste dal D.P.R. 6 ottobre 1978, n. 627, concernente l'introduzione dell'obbligo di emissione del documento di accompagnamento dei beni viaggianti, e quelle previste dalle leggi 10 maggio 1976, n. 249, e 26 gennaio 1983, n. 18, in materia di obbligo da parte di determinate categorie di contribuenti di rilasciare, rispettivamente, una ricevuta fiscale o uno scontrino fiscale mediante l'uso di speciali registratori di cassa. Non si rendono altresi' applicabili gli interessi di mora. Ove l'imposta rimanga definita, l'abbandono delle sanzioni relative alle violazioni che non danno luogo a rettifica si verifica a prescindere dalla circostanza che le stesse siano state irrogate con l'avviso di rettifica o di accertamento oppure con separati provvedimenti, ovviamente non divenuti definitivi. Peraltro, stante l'evidente connessione tra la definizione dell'imposta e l'abbandono delle penalita', si precisa che, nel caso di sanzioni irrogate a soggetti diversi (come puo' avvenire, per esempio, per quelle previste dal D.P.R. n. 627/1978 o dalla legge n. 249/1976) il richiamato art. 52, comma 2, opera solo per le sanzioni ascritte allo stesso soggetto che ha definito l'imposta. La inapplicabilita' delle sanzioni, nel senso sopra chiarito, si ha in tutti i casi nei quali si realizza la definizione automatica di cui all'art. 49 e nei casi di definizione dell'imposta previsti dall'art. 44, con esclusione, peraltro, dell'ipotesi in cui la definizione riguardi singoli rilievi, nel qual caso, non saranno applicate le sanzioni afferenti i rilievi stessi. Gli effetti favorevoli per il contribuente, che scaturiscono dalla definizione dell'imposta del periodo, ai sensi degli articoli 44 e 49, non consistono solo nella inapplicabilita' delle sanzioni amministrative e degli interessi di mora, ma anche nell'impossibilita' per gli uffici di integrare o modificare, ai sensi dell'art. 57, comma 3, del D.P.R. n. 633/1972, le rettifiche o accertamenti gia' eseguiti, nonche' nell'ammissione al beneficio dell'amnistia per tutti i reati tributari, ai sensi del D.P.R. 20 gennaio 1992, n. 24. La preclusione di eseguire accertamenti integrativi o modificativi sussiste anche con riferimento ai periodi d'imposta per i quali si era reso definitivo l'accertamento, a condizione che vengano definiti automaticamente i periodi non accertati. Va, peraltro, precisato che il consolidamento dei risultati conseguenti alla definizione automatica di cui all'art. 49 non opera in presenza di errori materiali o di calcolo (compresi quelli relativi ad errati riporti di credito o ad erroneo calcolo del pro- rata) commessi nella dichiarazione originaria, che abbiano determinato l'indicazione di un credito superiore a quello effettivo (principio gia' affermato nella circolare ministeriale n. 67/4z26788 del 30 novembre 1984, con riferimento all'art. 27 del D.L. 10 luglio 1982, n. 429, convertito nella legge 7 agosto 1982, n. 516). 2. Effetti della dichiarazione integrativa semplice. Qualora venga presentata la dichiarazione integrativa semplice, l'art. 50, comma 2, prevede che non si procede all'applicazione di sanzioni e interessi di mora. Le sanzioni cui allude il comma in questione sono quelle connesse all'applicazione dell'imposta, mentre per tutte le altre di carattere formale, la non applicabilita' rimane subordinata a seconda dei casi, al versamento degli importi previsti dall'art. 52, comma 3, o alla definizione ex art. 47. Nei casi di presentazione della dichiarazione integrativa semplice, per i reati tributari richiamati dall'art. 1, comma 2, lettera a) del decreto n. 24/1992, compete il beneficio dell'amnistia se l'entita' dell'imposta integrativa dichiarata, per gli anni interessati, e' tale da fare venir meno il superamento delle soglie di punibilita' previste per i reati stessi. Per le altre contravvenzioni, l'amnistia si applica se l'imposta integrativa indicata, negli anni interessati, non e' inferiore agli importi minimi previsti dai commi 3, 4 e 5 dell'art. 38. In sede di accertamento successivo alla presentazione della dichiarazione integrativa semplice (ovviamente ove ne ricorrano i presupposti) saranno dovuti le sanzioni e gli interessi di mora relativi alla dichiarazione (art. 43 D.P.R. n. 633/1972) e al versamento (art. 44 stesso decreto che andranno commisurati alla differenza tra l'imposta o la maggiore imposta accertata e quella cumulativamente dichiarata dal contribuente (dichiarazione originaria + dichiarazione integrativa), aumentata della franchigia, in quanto la stessa competa. 3. Definizione delle controversie relative ad infrazioni formali. Nei casi in cui l'imposta non venga definita, le controversie pendenti al 1' gennaio 1992 aventi per oggetto pene pecuniarie e soprattasse relative ad infrazioni formali, possono essere definite, ai sensi dell'art. 47, mediante il pagamento del 10 per cento delle sanzioni, come determinate negli avvisi di rettifica o di irrogazione notificati dagli uffici. Al riguardo, sembra opportuno chiarire che rientrano nell'ambito di applicazione dell'art. 47 in esame: sotto il profilo del contenuto, anche le violazioni formali rela- tive alle disposizioni sugli obblighi strumentali (bolla d'accompagnamento, ricevuta e scontrino fiscale) ancorche' le stesse non siano espressamente richiamate; sotto l'aspetto temporale, le controversie non divenute definitive originate da provvedimenti notificati fino alla data di entrata in vigore della legge n. 413/1991. Ancora va osservato che, diversamente da quanto previsto dall'art. 44 per la definizione delle controversie d'imposta, l'art. 47 non contiene alcun riferimento alle vicende della fase contenziosa. Pertanto, la definizione si realizza con il versamento del 10 per cento delle penalita' irrogate dall'Ufficio, a nulla rilevando eventuali decisioni non definitive emesse dalle commissioni tributarie. Esempi di ipotesi rientranti nella sfera di operativita' del menzionato art. 47 sono i seguenti: a) contestazione di violazioni che abbiano comportato la sola notifica dell'avviso di irrogazione di sanzioni, senza dar luogo a rettifica della dichiarazione; b) avviso di rettifica o di accertamento non opposto davanti alle commissioni tributarie seguito (o preceduto) da un provvedimento di irrogazione di sanzioni formali regolarmente impugnato, o per il quale non sia ancora scaduto il termine per il ricorso; c) avviso di rettifica o di accertamento opposto ma per il quale il contribuente non intenda avvalersi della definizione agevolata, seguito (o preceduto) da un provvedimento di irrogazione di sanzioni formali impugnato, o per il quale non sia ancora scaduto il termine per il ricorso; d) avviso di irrogazione di sanzioni commesse dai vettori o dai conducenti, in relazione all'osservanza degli obblighi previsti in materia di documenti di accompagnamento dei beni viaggianti, pur in presenza di definizione della dichiarazione annuale conseguita dal mittente; e) avviso di accertamento non avente per oggetto l'insieme delle operazioni attive e passive poste in essere nel periodo d'imposta, ma riguardante esclusivamente la correzione di errori materiali commessi dal contribuente, che abbiano comportato l'indicazione nella dichiarazione annuale di una minore imposta o di un maggiore credito spettante. Si faccia l'ipotesi che in sede di dichiarazione annuale venga riportato un credito gia' chiesto a rimborso nel precedente anno di competenza, oppure un credito di ammontare non corrispondente all'eccedenza dell'anno precedente (per esempio, maggiorato di uno o piu' zeri). Poiche' in tali casi ci si trova in presenza di un credito oggettivamente inesistente in tutto o in parte, un avviso di accertamento che si limiti a disconoscere detto credito potra' dar luogo soltanto ad una controversia riguardante la misura della pena pecuniaria irrogata dall'ufficio per la violazione commessa. Ne consegue, per un verso, l'impossibilita' della definizione del periodo d'imposta ai sensi dell'art. 44 e, per altro verso, che la controversia riguardante la pena pecuniaria irrogata puo' essere definita ai sensi dell'art. 47, senza peraltro che cio' comporti il riconoscimento del credito inesistente. In caso contrario si avrebbe un indebito arricchimento da parte del contribuente. Lo stesso dicasi, ovviamente, nel caso che in sede di dichiarazione annuale sia stata indicata una minore imposta dovuta, per esempio, a causa di un errore di calcolo. Qualora l'avviso notificato dall'ufficio non riguardi soltanto la correzione di errori materiali commessi in sede di dichiarazione annuale, ma si riferisca anche al complesso dell'attivita' economica posta in essere dal soggetto nel periodo d'imposta, la definizione ex art. 44 e' ovviamente consentita e tale definizione comporta, ai sensi dell'art. 52, comma 2, la inapplicabilita' delle sanzioni irrogate (ivi comprese quelle che scaturiscono dai suddetti errori, senza che si renda dovuto il pagamento del 10 per cento della sanzione previsto dall'art. 47). Anche in tale ipotesi, pero', la definizione non puo' avere l'effetto di legittimare minori imposte o maggiori crediti dichiarati per mero errore materiale; f) avviso di irrogazione di sanzioni emesso a carico del cessionario o committente per omessa regolarizzazione di operazioni effettuate senza fatturazione o con fatturazione irregolare, ai sensi dell'art. 41, comma 4, del D.P.R. n. 633/1972, nel testo vigente fino al 1' marzo 1989. Prima delle sostanziali modifiche introdotte in materia dall'art. 22, comma 3, del D.L. 2 marzo 1989, n. 69, convertito nella legge 27 aprile 1989, n. 154, le violazioni in questione comportavano a carico del cesssionario o committente la sola applicazione delle pene pecuniarie di omessa o inesatta fatturazione. Le relative controversie pendenti alla data del 1' gennaio 1992 possono, pertanto, essere definite ai sensi dell'art. 47. Poiche' dal 2 marzo 1989, nei casi suddetti, e' previsto per il cessionario o committente anche l'obbligo di corrispondere l'imposta, la definizione delle controversie relative alle infrazioni commesse a partire da tale data puo' anche essere conseguita secondo i criteri previsti dall'art. 44; g) avviso di irrogazione della pena pecuniaria o della soprattassa di cui all'art. 44 del D.P.R. n. 633/1972 per violazioni dell'obbligo del versamento. Com'e' ovvio, in tale ipotesi, l'imposta (se non ancora corrisposta) deve essere pagata per intero e si rendono dovuti gli interessi maturati fino alla data del pagamento. 4. Infrazioni formali non ancora accertate. Nei casi in cui l'imposta non sia stata definita, le sanzioni amministrative che non danno luogo a rettifica o ad accertamento d'imposta, comprese quelle previste in materia di bolle d'accompagnamento di merci viaggianti, di ricevute e scontrini fiscali, qualora alla data del 1' gennaio 1992 non siano stati ancora notificati i relativi avvisi di irrogazione, possono essere definite ai sensi dell'art. 52, comma 3, con il pagamento dell'importo di lire 500 mila per ogni periodo d'imposta nel quale le infrazioni sono state commesse. L'importo e' ridotto a lire 150 mila per le infrazioni commesse dai vettori e a lire 50 mila per quelle commesse dai conducenti in relazione all'osservanza degli obblighi previsti in materia di documenti di accompagnamento dei beni viaggianti. Infine, l'art. 52, comma 4, dispone per le violazioni commesse fino al 1' gennaio 1992 l'abbandono o la non applicabilita' delle pene pecuniarie il cui minimo edittale non superi 40 mila lire. 5. Sanatoria relativa ai versamenti d'imposta. L'art. 3, comma 6, del D.L. 27 aprile 1992, n. 269, reiterativo del D.L. 28 febbraio 1992, n. 174, non convertito, ha aggiunto l'art. 62- bis alla legge n. 413/1991. Le nuove disposizioni consentono, tra l'altro, l'abbandono o la non applicazione e, in taluni casi, anche il rimborso delle sanzioni (pene pecuniarie e soprattassa) previste dall'art. 44 del D.P.R. n. 633/1972 per le ipotesi di omesso o insufficiente versamento dell'imposta sul valore aggiunto. Va subito precisato che le norme agevolative riguardano l'imposta risultante dalle dichiarazioni annuali presentate anteriormente al 30 novembre 1991 (ivi compresa l'imposta afferente le liquidazioni periodiche) in ordine alla quale il termine per il versamento e' scaduto anteriormente a tale data. Pertanto, restano esclusi dall'ambito di applicazione della sanatoria le infrazioni relative ai periodi d'imposta 1991 e 1992. La sanatoria e' applicabile alle sanzioni che, alla data di entrata in vigore del citato D.L. n. 269 (29 aprile 1992): non siano state ancora irrogate o, comunque, non siano state iscritte a ruolo; siano state iscritte in ruoli gia' emessi, con riferimento alle rate d'imposta non ancora scadute alla data del 29 aprile 1992; siano state iscritte in ruoli gia' emessi, anche con riferimento alle rate d'imposta gia' scadute alla predetta data e non pagate per fatto doloso commesso da terzi. Per quanto concerne le sanzioni non ancora irrogate o per le quali non risulti gia' emesso il ruolo, l'abbandono o la non applicazione delle penalita' e' subordinato alla condizione che l'imposta (che ovviamente non risulti gia' pagata) venga versata in due rate di uguale importo, scadenti il 20 maggio e il 31 luglio 1992. Le somme da versare, secondo quanto prevede il comma 4, ultimo periodo, del citato art. 62-bis devono essere maggiorate del 12 per cento fisso a titolo di interessi. Il pagamento va effettuato direttamente all'ufficio IVA competente o, per le somme iscritte a ruolo, al concessionario della riscossione. Se le imposte non versate e le relative sanzioni sono state iscritte in ruoli gia' emessi alla data del 29 aprile 1992, devono essere abbandonate le sanzioni relative alle rate d'imposta non ancora scadute alla suddetta data, a condizione che le stesse vengano pagate, con i relativi interessi, alle rispettive scadenze del ruolo. Le sanzioni relative alle rate d'imposta gia' scadute e non pagate alla data del 29 aprile 1992 restano dovute. Tuttavia dette penalita' vanno abbandonate se, per un verso, i soggetti interessati dimostrino, esibendo opportuna documentazione che il mancato versamento e' dipeso da fatto doloso di terzi, denunciato all'autoria' giudiziaria prima del 29 aprile 1992, e se, per altro verso, le somme non ancora pagate vengano corrisposte, con i relativi interessi, alle suddette scadenze del 20 maggio e del 31 luglio 1992. Per avvalersi delle nuove possibilita' di definizione, i contribuenti interessati sono tenuti a presentare entro il 1' giugno 1992 la dichiarazione integrativa (prevista dagli articoli 49 e 50 della legge n. 413/1991) indicando nelle annotazioni del modello o in apposito prospetto: le imposte dovute, distinte per ciascun periodo d'imposta e per tipo di versamento (mensile o trimestrale); i dati dei versamenti effettuati; gli estremi delle cartelle di pagamento, ovviamente se gia' notificate. A tal fine, si allega alla presente circolare uno schema di prospetto che puo' essere utilizzato dagli interessati. Non e' richiesta l'indicazione dei dati dei versamenti tardivi eseguiti spontaneamente (ossia in assenza di cartella di pagamento o ingiunzione) prima del 29 aprile 1992. Sulla base della dichiarazione integrativa presentata, gli uffici provvedono allo sgravio delle sanzioni iscritte a ruolo o all'annullamento di quelle richieste mediante ingiunzione, non ancora pagate alla data del 29 aprile 1992 in quanto non siano ancora scaduti i termini per il pagamento indicati nei suddetti atti di riscossione. Lo sgravio o l'annullamento non spetta, quindi, se il mancato pagamento e' dipeso da morosita' del contribuente. Sempre a seguito della presentazione della dichiarazione integrativa, gli uffici provvedono altresi' al rimborso delle sanzioni eventualmente corrisposte a partire dal 29 aprile 1992, purche' il pagamento sia avvenuto nei termini previsti dagli atti di riscossione. Il rimborso compete anche per le penalita' corrisposte prima del 29 aprile 1992, se i soggetti interessati dimostrino che il versamento dell'imposta non e' stato eseguito tempestivamente per fatto doloso di terzi denunciato all'autorita' giudiziaria prima di tale data. Resta inteso che gli effetti della sanatoria (sgravio delle sanzioni o rimborso delle stesse) vengono meno nell'eventualita' che il giudizio si concluda con l'accertamento dell'insussistenza del fatto doloso denunciato dal contribuente. E' appena il caso di far presente che le nuove disposizioni dell'art. 62-bis non escludono la possibilita' alternativa di avvalersi, per la definizione delle violazioni di omesso versamento, delle norme contenute negli articoli 47 e 52, comma 3, della legge n. 413/1991. Capitolo V PROCEDURA DI DEFINIZIONE MODALITA' E TERMINI DI PAGAMENTO Per la definizione agevolata dei rapporti tributari pendenti in materia di imposta sul valore aggiunto la legge n. 413/1991 contempla due diverse procedure: a) la prima assegna alla stessa Amministrazione finanziaria l'iniziativa di invitare gli interessati alla definizione agevolata e, solo in subordine, prevede che siano i contribuenti a produrre la relativa istanza. Si tratta della definizione delle controversie pendenti di cui agli articoli 44 e 47; b) la seconda, riguardante la definizione dei periodi d'imposta non ancora accertati, prevede, quale unico mezzo per avvalersi delle norme agevolative di cui trattasi, la presentazione da parte del contribuente di una dichiarazione integrativa. Si tratta delle ipotesi disciplinate dagli articoli 49, 50 e 52, comma 3. 1. Invito al contribuente e istanza di definizione. In ordine al primo sistema di definizione, gli articoli 45 e 46 dispongono che l'Anagrafe tributaria invii ai contribuenti interessati entro il 31 gennaio 1992 una lettera raccomandata con avviso di ricevimento, contenente l'invito a definire le pendenze mediante il pagamento entro il 20 maggio 1992 delle somme specificamente indicate nella lettera stessa, con riferimento ad ogni singolo periodo d'imposta. Il pagamento va eseguito direttamente all'ufficio IVA indicato nell'anzidetta lettera raccomandata, secondo le modalita' dettate dall'art. 38, ultimo comma, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633. Se l'imposta da pagare, relativa ai periodi o ai rilievi per i quali il contribuente intende estinguere la controversia, supera lire 3 milioni e' prevista la possibilita' di effettuare il pagamento in un'unica soluzione, entro il 20 maggio 1992 ovvero in tre rate di uguale importo, scadenti rispettivamente il 20 maggio 1992, il 31 luglio 1992 e il 31 marzo 1993. In tale ultimo caso si applicano gli interessi, nella misura del 9 per cento annuo, alla seconda e terza rata. Come gia' detto, il contribuente ha la facolta' di definire anche singoli rilievi e non l'accertamento preso nella sua completezza. In tal caso deve indicare i rilievi che intende definire in apposita istanza da presentare all'ufficio contestualmente al pagamento della prima o unica rata. Per gli eredi dei contribuenti deceduti nel periodo dal 1' dicembre 1991 al 1' giugno 1992 sono previsti margini piu' ampi per il pagamento. Essi possono, infatti, effettuare i versamenti dell'imposta entro il 30 settembre 1992 in unica soluzione o, se l'importo e' superiore a lire 3 milioni, in tre rate di uguale importo scadenti, rispettivamente, il 30 settembre 1992, il 31 gennaio 1993 e il 30 settembre 1993, maggiorando degli interessi del 9 per cento annuo la seconda e la terza rata. In caso di mancato recapito della lettera raccomandata entro il 20 febbraio 1992, i contribuenti che hanno controversie pendenti possono presentare all'ufficio competente, entro il 1' giugno 1992, apposita istanza di definizione, contenente la liquidazione delle somme da versare, da redigere sull'apposito modello approvato con D.M. 29 gennaio 1992 pubblicato nel supplemento ordinario n. 20 alla Gazzetta Ufficiale n. 25 del 31 gennaio 1992. Si precisa che l'ufficio al quale deve essere presentata l'istanza e' quello nella cui circoscrizione si trova il domicilio fiscale del contribuente alla data di presentazione dell'istanza stessa. In caso di cessazione di attivita', l'ufficio competente e' quello al quale e' stata presentata l'ultima dichiarazione annuale. Anche in tale evenienza deve ovviamente ritenersi consentito il pagamento rateale nei modi e termini anzidetti, se l'importo da versare supera lire 3 milioni. Gli eredi dei contribuenti deceduti nel periodo dal 1' dicembre 1991 al 1' giugno 1992 possono presentare la suddetta istanza entro il 20 agosto 1992, pagando gli importi relativi entro la stessa data. Ove ricorrano le condizioni per il pagamento rateale le date entro le quali devono essere eseguiti i pagamenti sono rispettivamente il 20 agosto 1992, il 31 gennaio 1993 e il 30 settembre 1993, maggiorando degli interessi del 9 per cento annuo la seconda e la terza rata. Nelle ipotesi in cui, per la definizione dell'imposta, debbano essere pagati importi superiori ai 500 milioni di lire, l'art. 59, comma 1, offre ai contribuenti la facolta' di ottenere una rateizzazione per un numero massimo di cinque anni senza il pagamento di interessi. Tenuto conto che la modalita' di definizione di cui all'art. 44 e' correlata allo stato della controversia e, piu' precisamente, all'esistenza o meno di una decisione "depositata" ancorche' non notificata, si ravvisa l'opportunita' che gli uffici, ai fini del controllo dei pagamenti eseguiti dal contribuente, rilevino, presso le segreterie delle commissioni, quali delle decisioni emesse siano state depositate alla data del 1' gennaio 1992, acquisendo nel contempo copia del decisum, necessario ai fini della liquidazione dell'imposta. Il mancato o insufficiente pagamento nei termini sopra indicati comporta l'iscrizione a ruolo dell'imposta e della soprattassa di cui all'art. 44, comma 1, del D.P.R. n. 633/1972 e degli interessi di mora nella misura del 15 per cento annuo. In tal caso la controversia si estingue a condizione che il contribuente effettui regolarmente il pagamento delle somme iscritte a ruolo. 2. Sospensione dei termini e dei giudizi in corso. Per consentire ai contribuenti di meglio valutare l'opportunita' di avvalersi o meno delle norme agevolative in argomento, l'art. 48, comma 1, prevede che i termini per ricorrere o di impugnativa pendenti alla data del 1' gennaio 1992 sono sospesi fino al 1' giugno 1992. Pertanto, qualora il termine per impugnare l'accertamento o la decisione della commissione tributaria scada, per esempio, il 10 gennaio 1992, per effetto della suddetta disposizione andra' a scadere l'11 giugno 1992. E' il caso di precisare che la sospensione dei termini, avendo carattere oggettivo, opera a prescindere dall'effettivo utilizzo del condono. Ovviamente la sospensione di cui trattasi non opera solo per i contribuenti ma anche a favore degli uffici, con riguardo ai termini per impugnare eventuali decisioni o sentenze sfavorevoli. Lo stesso articolo prevede altresi' una sospensione di uguale durata dei giudizi in corso alla data del 1' gennaio 1992. Peraltro, nei casi in cui prima di tale data l'udienza di discussione era gia' stata fissata per un giorno ricadente tra il 1' gennaio e il 1' giugno 1992 la sospensione non opera ex lege ma deve essere richiesta espressamente dal contribuente nell'udienza medesima. Ai fini dell'estinzione dei giudizi, e' previsto che il contribuente esibisca all'organo giurisdizionale presso il quale pende la controversia, le ricevute, rilasciate dal competente ufficio IVA, comprovanti l'avvenuto integrale pagamento dell'imposta dovuta, ovvero della distinta di versamento al concessionario della riscossione delle somme iscritte a ruolo. Ove il contribuente abbia definito singoli rilievi, il giudizio, com'e' ovvio, prosegue limitatamente a quelli non definiti. L'ordinanza di estinzione e' revocata e, quindi, il giudizio riprende a seguito di apposita comunicazione dell'ufficio, allorche' la definizione, gia' realizzatasi, rimane priva di effetti per i motivi previsti nell'art. 65, nei riguardi dei soggetti responsabili dei reati indicati nel medesimo articolo. 3. Dichiarazione integrativa per i periodi d'imposta non ancora accertati. Il secondo tipo di definizione riguarda i periodi d'imposta non ancora accertati e prevede, quale unico mezzo per beneficiare delle norme agevolative di cui trattasi, la presentazione di una dichiarazione integrativa. Si tratta delle ipotesi disciplinate dagli articoli 49, 50 e 52, comma 3. La dichiarazione integrativa e', quindi, lo strumento tecnico del quale debbono avvalersi i contribuenti allo scopo di: definire automaticamente l'imposta ai sensi dell'art. 49; presentare le dichiarazioni annuali omesse o rettificare le dichiarazioni annuali presentate, lasciando aperto il rapporto tributario con l'ufficio, come prevede l'art. 50; definire le sanzioni amministrative per le violazioni formali non ancora accertate, ai sensi dell'art. 52, comma 3. La dichiarazione integrativa deve: a) essere compilata, a pena di nullita', in conformita' al modello approvato con il decreto del Ministro delle Finanze 29 gennaio 1992, pubblicato nel supplemento ordinario n. 20 alla Gazzetta Ufficiale n. 25 del 31 gennaio 1992; b) essere spedita, per raccomandata, nel periodo compreso tra il 1' aprile e il 1' giugno 1992, agli uffici dell'imposta sul valore aggiunto nella cui circoscrizione si trova il domicilio fiscale del contribuente alla data di presentazione della dichiarazione stessa. Ai fini della individuazione del domicilio fiscale valgono le disposizioni di cui all'art. 40, comma 1, del D.P.R. n. 633/1972. In caso di cessazione di attivita', l'ufficio competente e' quello al quale e' stata presentata l'ultima dichiarazione annuale. Si ritiene di dover sottolineare che, ai sensi dell'art. 57, comma 4, sono considerate valide le dichiarazioni integrative presentate, nei termini, ad uffici territorialmente incompetenti. In base agli espliciti richiami agli articoli 37, commi 1 e 4, del D.P.R. n. 633/1972: le dichiarazioni integrative devono essere sottoscritte dal contribuente o da un suo rappresentante legale o negoziale; la prova della presentazione della dichiarazione integrativa che dai protocolli, registri ed atti dell'ufficio IVA non risultasse pervenuta, non puo' essere data che mediante la ricevuta dell'ufficio stesso o la ricevuta della raccomandata. La dichiarazione integrativa deve essere unica per tutti i periodi d'imposta per i quali il contribuente intende avvalersi delle norme per la definizione delle pendenze in materia di imposta sul valore aggiunto, ad eccezione delle seguenti ipotesi. 4. Incorporazioni. Deve essere presentata dal soggetto incorporante una dichiarazione integrativa per ciascun soggetto precedente l'incorporazione, per il quale si intende effettuare l'integrazione. Per i soggetti incorporati le dichiarazioni da presentare presso i rispettivi uffici di competenza, possono riferirsi ai soli periodi d'imposta precedenti quello in cui e' avvenuta l'incorporazione, mentre per il soggetto incorporante la dichiarazione integrativa puo' riferirsi anche all'anno di incorporazione ed ai periodi d'imposta successivi. Sembra opportuno chiarire che la dichiarazione integrativa presentata dalla societa' incorporante per conto delle incorporate costituisce un atto autonomo rispetto alla dichiarazione presentata dalla stessa societa' per se' medesima e, conseguentemente, la definizione automatica rimane distinta per ciascuna delle societa' per conto delle quali la dichiarazione e' presentata. 5. Fusioni. Deve essere presentata dal soggetto risultante dalla fusione una dichiarazione per ciascun soggetto precedente la fusione per il quale si intende effettuare l'integrazione; dette dichiarazioni possono riferirsi fino all'anno precedente quello della fusione. Il soggetto risultante dalla fusione puo' presentare una propria dichiarazione integrativa che puo' riferirsi all'anno della fusione e a quelli successivi. La definizione automatica della societa' risultante dalla fusione rimane distinta da quella relativa alle societa' fuse. 6. Societa' controllate e controllanti. Le societa' appartenenti ad un unico gruppo, che hanno optato per le liquidazioni cumulative dell'imposta (D.M. 13 dicembre 1979), qualora intendano effettuare l'integrazione devono presentare le dichiarazioni integrative ciascuna per proprio conto e relativamente alla propria imposta. 7. Contenuto della dichiarazione integrativa. Nella dichiarazione integrativa devono essere indicati: 1) l'ufficio o gli uffici ai quali il contribuente ha presentato o, in caso di omissione, avrebbe dovuto presentare le dichiarazioni annuali, relativamente ai periodi d'imposta per i quali s'intende beneficiare delle disposizioni agevolative; 2) l'ammontare dell'imposta, non inferiore a lire 300 mila, che si riconosce dovuta per ciascuno dei periodi d'imposta compresi nella dichiarazione integrativa per i quali sia stata omessa la dichiarazione originaria; 3) l'ammontare della maggiore imposta che si riconosce dovuta per ciascuno dei periodi d'imposta compresi nella dichiarazione integrativa per i quali sia stata a suo tempo presentata la dichiarazione originaria; 4) gli altri dati ed elementi richiesti nel modello. 8. Versamenti presso le aziende di credito. I versamenti devono essere effettuati mediante delega del contribuente ad un'azienda di credito, secondo quanto previsto dall'art. 12 della legge 12 novembre 1976, n. 751, osservando le modalita' stabilite con il decreto ministeriale 29 gennaio 1992 anzicitato ed utilizzando uno stampato conforme al modello approvato con lo stesso decreto. Il versamento deve essere effettuato in un'unica soluzione entro il 20 maggio 1992. Se l'ammontare da versare e' superiore a lire 3.000.000 il pagamento puo' anche essere effettuato, con l'applicazione di interessi nella misura del 9 per cento, in tre rate di uguale importo di cui la prima entro il 20 maggio 1992, la seconda entro il 31 luglio 1992 e la terza entro il 31 marzo 1993. Gli eredi dei contribuenti deceduti nel periodo dal 1' dicembre 1991 al 1' giugno 1992 possono effettuare i versamenti dell'imposta, con l'applicazione degli interessi suddetti, rispettivamente entro il 30 settembre 1992, il 31 gennaio 1993 e il 30 settembre 1993, sempre che ricorrano i presupposti previsti per la rateizzazione. Il mancato o insufficiente pagamento, nei termini, comporta l'iscrizione a ruolo dell'imposta e della soprattassa del 50 per cento di cui all'art. 44, comma 1, del D.P.R. n. 633/1972 e degli interessi di mora nella misura del 15 per cento annuo. In tal caso la dichiarazione integrativa produce effetti solo a condizione che le somme iscritte a ruolo vengano regolarmente pagate. Se l'insufficiente pagamento e' dipeso dalla incompletezza o non veridicita' degli elementi presi a base per l'applicazione dei coefficienti presuntivi di cui all'art. 38, comma 2, oltre ai maggiori importi non versati a titolo di imposta integrativa e agli interessi di mora anzidetti, si rende dovuta una soprattassa pari al 100 per cento dell'imposta versata in meno (art. 57, comma 5). I contribuenti che non abbiano mai presentato la dichiarazione annuale e siano, pertanto, privi del numero di partita IVA devono presentare per tempo, all'ufficio nella cui circoscrizione hanno l'attuale domicilio fiscale, la dichiarazione di inizio di attivita' prevista dall'art. 35 del D.P.R. n. 633/1972 al fine di poter inser- ire detto numero di partita nella dichiarazione integrativa. Entro il 1' giugno 1992, gli interessati devono provvedere ad annotare in apposita sezione del registro delle fatture emesse ovvero del registro dei corrispettivi: a) l'ammontare dell'imposta, della maggiore imposta o del minor credito riconosciuto con la dichiarazione integrativa; b) l'ammontare del versamento eseguito nel periodo 1' aprile-20 maggio 1992. I contribuenti che effettuino i versamenti in piu' rate dovranno, inoltre, annotare sugli stessi registri - entro le scadenze stabilite per le singole rate - l'ammontare dei versamenti medesimi. L'annotazione di cui al precedente punto a) deve essere corredata con la data di spedizione o di presentazione della dichiarazione integrativa mentre le annotazioni relative ai versamenti devono essere corredate con la data e il numero dell'attestazione del versamento. Capitolo VI ENTI PUBBLICI: DEFINIZIONE RAPPORTI TRIBUTARI 1. Ambito soggettivo. Ai fini IVA, le disposizioni recate dall'articolo 56 della legge n. 413 del 1991 trovano applicazione, in ordine all'ambito soggettivo, nei confronti dei comuni, comunita' montane, province, regioni, e consorzi tra i predetti enti, unita' sanitarie locali, istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza, aziende di turismo, enti provinciali per il turismo, aziende di promozione turistica, nonche' degli istituti autonomi per le case popolari e degli analoghi enti, comunque denominati a seguito della riorganizzazione operata dalle regioni, e delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura. I medesimi soggetti possono, in alternativa, beneficiare delle altre disposizioni recate in materia di definizione agevolata dalla stessa legge n. 413 del 1991, ricorrendone, ovviamente, i presupposti. Gli stessi enti potevano, altresi', avvalersi delle disposizioni contenute nell'articolo 9 del decreto legge 14 marzo 1988, n. 70, convertito dalla legge 13 maggio 1988, n. 154 e nell'articolo 10 del decreto legge 28 novembre 1988, n. 511, convertito dalla legge 27 gennaio 1989, n. 20, che, come e' noto, prevedono la possibilita' di ricostruire, ai fini IVA, la propria posizione fiscale nei confronti dell'Erario, sia essa debitoria o creditoria, senza applicazione di pene pecuniarie, soprattasse ed interessi, entro il 5 marzo 1992 (termine da ultimo fissato con il comma 7 dell'articolo 56). 2. Ambito oggettivo. Le disposizioni sopra richiamate individuano, in ordine all'ambito oggettivo, diverse situazioni tributarie a cui corrispondono modalita' differenti di definizione del rapporto fiscale. In particolare, la normativa in rassegna prende in considerazione le sottoindicate tipologie di situazioni giuridiche: 1) Enti che alla data del 1' gennaio 1992 non hanno presentato le dichiarazioni IVA e non hanno ricevuto notifica di avvisi di accertamento. In tale fattispecie, l'articolo 56, comma 1) della legge in argomento individua, ai fini della definizione dei periodi di imposta, due fasce di annualita'. La prima comprende i periodi di imposta tra il 1987 e il 1990 e prevede l'esonero dalla presentazione delle dichiarazioni stesse a condizione che gli enti destinatari della disposizione versino per ogni periodo di imposta le somme indicate nella tabella, allegato B), che sono diversificate a seconda dell'ente richiedente e della classe demografica di appartenenza. La seconda comprende i periodi di imposta tra il 1982 e il 1986 e prevede che il versamento delle medesime somme indicate nella cennata tabella B) sia effettuato in misura doppia. In particolare: A) per comuni, comunita' montane, province, regioni, e consorzi tra i predetti enti, le somme da versare sono quelle indicate nella cennata tabella di cui all'allegato B) della legge in esame. Per quanto riguarda la loro collocazione nelle fasce demografiche di cui alla stessa tabella B) deve farsi riferimento alla situazione demografica risultante dal certificato allegato al conto consuntivo dell'anno 1990 prodotto dagli enti al Ministero degli Interni indipendentemente dalle annualita' per le quali e' richiesta la definizione; B) per le unita' sanitarie locali le somme da versare sono quelle indicate nella medesima tabella allegato B) corrispondenti al bacino di utenza al 31 dicembre 1990 delle stesse UU.SS.LL. indipendentemente dal comune di appartenenza; C) per le istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza le somme da versare sono quelle risultanti dalla quarta classe demografica relativa ai comuni; D) per le aziende di turismo, gli enti provinciali per il turismo e le aziende di promozione turistica le somme da versare sono quelle risultanti dalla cennata tabella B) relativamente alla prima classe delle province; E) per gli istituti autonomi per le case popolari e gli analoghi enti comunque denominati a seguito della riorganizzazione operata dalle regioni, le somme da versare sono quelle corrispondenti alle province nel cui territorio svolgono la propria attivita'; F) per le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura le somme da versare sono quelle corrispondenti alle prov- ince nel cui territorio svolgono la propria attivita' (legge 6 febbraio 1992, n. 66). L'esonero dalla presentazione delle dichiarazioni IVA e' operante, comunque, se viene richiesto per tutti i periodi di imposta per i quali la dichiarazione non risulti presentata e per i quali non sia stato notificato avviso di accertamento. Si riproduce per comodita' di consultazione la tabella allegato B) alla legge in discorso nella quale sono indicate le somme da versare per ogni annualita' d'imposta, diversificate per enti richiedenti e per classi demografiche. Allegato B) Tabella COMUNI, LORO CONSORZI E COMUNITA' MONTANE Classi demografiche Importo annuale (lire) 0 - 999 100.000 1.000 - 4.999 200.000 5.000 - 19.999 400.000 20.000 - 59.999 1.000.000 60.000 - 99.999 2.000.000 100.000 - 499.999 5.000.000 oltre 500.000 10.000.000 PROVINCE 0 - 399.999 2.500.000 400.000 - 799.999 5.000.000 800.000 - 1.199.999 7.500.000 oltre 1.200.000 10.000.000 REGIONI -- 10.000.000 2) Enti che alla data del 1' gennaio 1992 hanno presentato le dichiarazioni IVA e ai quali non e stato notificato avviso di accertamento. Per tale fattispecie, l'articolo 56, comma 2), della legge in esame distingue le posizioni fiscali degli enti medesimi, emergenti dalle dichiarazioni IVA presentate, in debitorie e creditorie, prevedendo per ogni singola posizione modalita' diverse di definizione. Per la posizione debitoria viene previsto che i rapporti tributari relativi ai periodi di imposta per i quali, alla data del 1' gennaio 1992, risulti presentata la dichiarazione annuale IVA e non sia stato notificato avviso di rettifica possono essere definiti elevando del 10 per cento l'imposta dovuta in base alla dichiarazione stessa. Nel caso, invece, in cui emerge una posizione creditoria viene prevista la definizione dei rapporti tributari con il pagamento, per ogni periodo di imposta, di una somma pari alla meta' di quella prevista dalla citata tabella B). In tale ultimo caso, l'ente, operando il versamento della cennata somma, conserva il diritto alla eccedenza detraibile risultante dalla dichiarazione annuale IVA presentata. Si ritiene opportuno precisare che tale eccedenza, qualora sia stata computata in detrazione nell'anno successivo, e per tale anno l'ente non abbia poi prodotto alcuna dichiarazione IVA entro il 1' gennaio 1992, avvalendosi dell'esonero dalla presentazione della dichiarazione stessa contenuto nell'art. 56, 1' comma della legge n. 413 del 1991, l'eccedenza stessa puo' essere computata in detrazione a partire dalle liquidazioni da operare nel corso del corrente anno. Per espressa previsione legislativa contenuta nel citato articolo 56 la definizione dei rapporti di imposta e' operante - come gia' precisato - solamente se richiesta per tutti i periodi di imposta per i quali sia stata presentata la dichiarazione e non sia stato ancora notificato avviso di accertamento. In merito si ritiene opportuno evidenziare che gli enti interessati possono definire tutte le annualita' per le quali non sono state presentate le relative dichiarazioni e non definire tutte le annualita' per le quali, invece, le dichiarazioni stesse sono state presentate, o viceversa. 3) Enti ai quali, alla data del 1' gennaio 1992, sia stato notificato avviso di accertamento o di rettifica non divenuto definitivo e non sia stata notificata alcuna decisione delle commissioni tributarie. Per tale fattispecie, l'articolo 56, comma 3), prevede che i relativi rapporti tributari pendenti possono essere definiti con modalita' diverse a seconda della posizione debitoria o creditoria dell'ente interessato emergente dall'avviso di accertamento o di rettifica notificato dall'amministrazione finanziaria. Nella ipotesi in cui l'avviso di accertamento o di rettifica notificato dall'ufficio evidenzia una imposta o una maggiore imposta accertata, il relativo rapporto tributario puo' essere definito riducendo tale imposta o maggiore imposta accertata, rispettivamente, del 70 per cento ovvero del 90 per cento; ossia con il pagamento del 30 per cento dell'imposta accertata in caso di dichiarazione omessa, o del 10 per cento della maggiore imposta accertata nel caso in cui sia stata presentata la dichiarazione. Nella ipotesi in cui la rettifica eseguita dall'ufficio comporti la riduzione del credito d'imposta dichiarato, il rapporto si definisce con il pagamento di un ammontare pari al 10 per cento della differenza tra il credito dichiarato e quello riconosciuto. In tali casi, effettuandosi da parte dell'ente il versamento della somma come sopra determinata, viene riconosciuto sussistente il diritto alla eccedenza detraibile emergente dalla dichiarazione annuale presentata. Nella ipotesi in cui l'ufficio abbia annullato l'eccedenza di credito dichiarata e accertato un debito di imposta, il rapporto tributario si definisce con il pagamento del 10 per cento del credito non riconosciuto aumentato del 10 per cento del debito accertato. Dall'ammontare dell'imposta cosi' determinato si computa in detrazione l'imposta eventualmente gia' versata, ai sensi dell'articolo 60, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 e successive modificazioni. Non si fa luogo, in ogni caso, a restituzioni d'imposta, soprattasse e pene pecuniarie gia' riscosse. 4) Enti ai quali, alla data del 1' gennaio 1992 siano gia' state notificate una o piu' decisioni delle commissioni tributarie e queste non siano ancora divenute definitive. L'articolo 56, comma 4), prevede anche per tale ipotesi, diverse modalita' di definizione del rapporto tributario, a seconda della posizione debitoria o creditoria dell'ente richiedente. Nei casi di posizione debitoria l'ente interessato puo' estinguere la controversia pendente sulla base di quanto stabilito dall'ultima decisione della commissione tributaria, oppure, a sua scelta, sulla base dell'imposta o della maggiore imposta accertata dall'ufficio, ridotta, rispettivamente, del 30 per cento o del 50 per cento, ossia con il pagamento del 70 per cento dell'imposta accertata in caso di dichiarazione omessa ovvero del 50 per cento della maggiore imposta accertata nel caso in cui sia stata presentata la dichiarazione. Nella ipotesi in cui con l'ultima decisione la commissione tributaria abbia, invece, ridotto il credito d'imposta dichiarato, viene prevista l'estinzione della controversia con il pagamento, a scelta dell'ente stesso, di un ammontare pari alla differenza tra il credito dichiarato e quello stabilito da tale decisione, oppure con il pagamento di un ammontare pari al 30 per cento della differenza tra il credito dichiarato e quello riconosciuto dall'ufficio. Qualora con l'ultima decisione la commissione tributaria abbia annullato l'eccedenza di credito dichiarata e determinato un debito di imposta, il rapporto tributario si definisce per la parte dichiarata a credito versando una somma quantificata con le modalita' previste per la riduzione del credito, e per la parte determinata a debito con le modalita' previste per la maggiore imposta accertata o determinata. Con il versamento delle suddette somme a titolo di definizione delle pendenze tributarie viene riconosciuto sussistente nei confronti dell'ente stesso il diritto alla eccedenza detraibile risultante dalla dichiarazione presentata. Dall'ammontare del tributo cosi' determinato e' ammesso in detrazione quello eventualmente gia' versato, ai sensi dell'articolo 60, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 e successive modificazioni. Non si fa, in ogni caso, luogo a restituzioni di imposta, soprattasse e pene pecuniarie gia' riscosse. Si rammenta che le opzioni previste dal citato decreto presidenziale n. 633 del 1972 ed espresse nelle dichiarazioni IVA presentate esplicano i loro effetti fino a quando non siano revocate e in ogni caso per almeno un triennio. Conseguentemente, qualora non siano state presentate successive dichiarazioni annuali le opzioni in precedenza espresse e non revocate sono tuttora valide ed hanno esplicato i loro effetti anche per il periodo di imposta 1991. 3. Presentazione della domanda di definizione agevolata. La definizione dei rapporti tributari pendenti e', in ogni caso subordinata alla presentazione, a pena di nullita', di apposita domanda da parte dell'ente interessato. La domanda deve essere presentata o spedita mediante lettera raccomandata entro il 30 giugno 1992 all'ufficio provinciale dell'imposta sul valore aggiunto nella cui circoscrizione si trova il domicilio fiscale dell'ente alla data di presentazione della istanza stessa. Ai fini della individuazione del domicilio fiscale valgono le disposizioni di cui all'articolo 40 del ripetuto D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 e successive modificazioni. Alle dette domande devono essere allegate le attestazioni comprovanti i versamenti delle somme dovute per la definizione dei rapporti tributari pendenti. In caso di mancato, tardivo o insufficiente versamento delle somme dovute sulla base della domanda di definizione l'ufficio IVA provvedera' a recuperare i predetti importi applicando la soprattassa prevista dall'art. 44 del D.P.R. n. 633/1972, con i relativi interessi. Le domande devono essere prodotte mediante utilizzo di stampati conformi ai modelli approvati, con decreto del Ministro delle Finanze, pubblicati nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 76 del 31 marzo 1992. I versamenti devono essere effettuati mediante delega del contribuente ad una azienda di credito, secondo quanto previsto dall'art. 12 della legge 12 novembre 1976, n. 751, utilizzando uno stampato conforme al modello approvato con il decreto ministeriale 29 gennaio 1992 gia' citato. Per effetto della suddetta definizione dei rapporti di imposta non dovra' piu' tenersi conto degli accertamenti e delle decisioni eventualmente notificati dopo la data del 1' gennaio 1992. I giudizi in corso e i termini per ricorrere o di impugnativa, pendenti alla medesima data del 1' gennaio 1992, o che iniziano a decorrere dopo la stessa data, sono sospesi fino al 30 giugno 1992. I giudizi per i quali sia stata fissata l'udienza di discussione nel periodo 1' gennaio 1992-30 giugno 1992 sono sospesi nella udienza medesima, a richiesta del contribuente che dichiari di volersi avvalere delle disposizioni previste per la definizione dei periodi di imposta con le modalita' di cui allo stesso articolo 56. Successivamente al 30 giugno 1992 i giudizi si estinguono mediante ordinanza, subordinatamente alla esibizione da parte dell'ente di copia, anche fotostatica, della dichiarazione integrativa e della ricevuta comprovante la consegna all'ufficio postale della lettera raccomandata di trasmissione della dichiarazione stessa. Gli uffici della imposta sul valore aggiunto, a seguito della intervenuta liquidazione definitiva, comunicano gli eventuali motivi di invalidita' delle dichiarazioni cui consegue la mancata estinzione della controversia; in tali casi e' revocata l'ordinanza di estinzione. 4. Differimento dei termini. Il comma 7 del citato articolo 56 della ripetuta legge n. 413 prevede che il termine del 31 dicembre 1991 contenuto nell'articolo 4-bis del D.L. 31 ottobre 1990, n. 310, convertito con modificazioni dalla legge 22 dicembre 1990, n. 403, e' ulteriormente differito al 5 marzo 1992, per quanto riguarda gli adempimenti concernenti le dichiarazioni, i versamenti, la fatturazione e gli altri obblighi in materia di IVA relativamente ai periodi di imposta chiusi anteriormente al 1' gennaio 1991. In relazione a tale disposizione si precisa che il differimento del termine al 5 marzo 1992 riguarda le regioni, le province, i comuni e in genere tutti i soggetti destinatari delle disposizioni recate dall'articolo 9 del D.L. n. 70 del 1988. I periodi di imposta per i quali opera la suddetta remissione in termini sono quelli compresi dal 1982 al 1987, come previsto nello originario provvedimento legislativo (articolo 9 del D.L. n. 70 del 1988), cui si sono aggiunti, per effetto di successive disposizioni, i periodi di imposta relativi agli anni 1988, 1989 e 1990. La suddetta interpretazione, che modifica quella contenuta nella circolare n. 44 del 19 ottobre 1989, trova implicita conferma nelle norme stabilite nel medesimo articolo 56 della legge in esame, il quale espressamente prevede la definizione per i rapporti tributari relativi agli anni 1982 - 1990. In pratica, quindi, anche ai fini dell'applicazione delle disposizioni previste dall'art. 9 del D.L. n. 70 del 1988 deve farsi riferimento agli anni dal 1982 al 1990, ovvero dal 1983 al 1990, a seconda che la dichiarazione IVA per l'annualita' 1982 sia stata omessa ovvero sia stata presentata. Le medesime disposizioni sul differimento dei termini tornano, altresi', applicabili anche ai periodi di imposta antecedenti che hanno dato luogo a controversie tuttora pendenti dinanzi agli organi del contenzioso tributario. Torna, infine, utile precisare che la normativa recata dalla legge in discorso e quella contenuta nella legge n. 70 del 1988 sono tra loro indipendenti. Tuttavia la definizione dei periodi d'imposta intervenuta ai sensi del comma 1 dell'art. 56 esclude gli effetti delle dichiarazioni eventualmente presentate dopo il 1' gennaio 1992, in virtu' del successivo comma 7. Naturalmente rientrano nell'ambito applicativo della legge n. 413/1991 anche i periodi di imposta per i quali la procedura prevista dal cennato art. 9 del D.L. n. 70/1988 e' stata avviata, mediante l'emissione della fattura, ma non ultimata mediante la presentazione della dichiarazione annuale. Pertanto, se detti periodi vengono definiti, ai sensi del menzionato articolo 56/413 rimane preclusa la possibilita' di accertamento da parte degli uffici. Si richiama l'attenzione degli enti destinatari della disposizione contenuta nell'art. 9 del D.L. n. 70 del 1988, e successive modificazioni, che per essi la possibilita' di definizione automatica prevista nell'art. 49 opera alla condizione che le dichiarazioni annuali siano state presentate entro il 31 dicembre 1991, ancorche' il termine per la presentazione delle dichiarazioni stesse scada successivamente alla predetta data del 1' gennaio 1992. Per i suddetti enti i periodi d'imposta da definire, a pena di nullita', ai sensi del medesimo art. 49, sono quelli compresi dal 1983 al 1990, atteso che per gli stessi non e' scaduto il termine di decadenza previsto dall'art. 57 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, alla data del 31 dicembre 1991. Si fa altresi' presente che qualora la dichiarazione non risulti presentata alla medesima data non trova applicazione nemmeno la disposizione contenuta nel successivo articolo 50 che consente la presentazione di dichiarazioni annuali IVA omesse, atteso che la non avvenuta presentazione alla data del 1' gennaio 1992 delle dichiarazioni annuali IVA da parte dei cennati enti non puo' considerarsi "omissione", in vigenza di un termine di presentazione prorogato al 5 marzo 1992. 5. Termini per accertamenti e rettifiche. Il comma 8 dell'articolo 56 in esame prevede, opportunamente, che gli accertamenti e le rettifiche relativi a tutti i periodi di imposta per i quali e' stato differito il termine di presentazione della dichiarazione annuale IVA, e per i quali non sia intervenuta definizione ai sensi dei commi 1 e 2 del medesimo art. 56 della legge n. 413 del 1991, dovranno essere comunque effettuati, a pena di decadenza, entro e non oltre il 31 dicembre 1995. 6. Tassa di concessione governativa - Numero di partita IVA. Si richiama l'attenzione degli enti in discorso che la tassa di concessione governativa di lire 100.000 istituita per l'attribuzione e la gestione del numero di partita IVA con l'articolo 36 del D.L. 2 marzo 1989, n. 69, convertito con modificazioni dalla legge 27 aprile 1989, n. 154, deve essere corrisposta entro il termine di presentazione della dichiarazione annuale. Tanto premesso si specifica che gli enti soggetti alle disposizioni in materia di contabilita' pubblica che si avvalgono del differimento dei termini di cui all'art. 9 del D.L. 14 marzo 1988, n. 70, convertito con modificazioni dalla legge 13 maggio 1988, n. 154, dovevano versare tale tassa, qualora non versata, entro il termine del 5 marzo 1992 per ciascuna annualita'. Gli stessi enti che si avvalgono, invece, delle disposizioni recate dall'art. 56 della legge 30 dicembre 1991, n. 413 devono versare la suddetta tassa di concessione governativa entro il termine del 30 giugno 1992, stabilito per la presentazione delle domande di definizione, sostitutive delle dichiarazioni. Cio', in quanto, come gia' fatto rilevare nella circolare ministeriale n. 36 del 21 luglio 1989 la connessione del termine di pagamento a quello previsto per la presentazione della dichiarazione IVA, comporta l'automatico spostamento del primo ogni qualvolta viene a mutare il secondo. Gli ispettorati Compartimentali e le intendenze di finanza accuseranno ricevuta della circolare stessa al Ministero e gli uffici imposte e IVA alle rispettive Intendenze. Per comodita' di consultazione si riproduce in allegato uno stralcio della legge 30 dicembre 1991, n. 413, e di testi legislativi ad essa collegati. Il Ministro: FORMICA