(parte 3)
rettifica,    prestando    parziale   acquiescenza   all'accertamento
dell'ufficio.
  Anche  la  computazione di quanto gia' eventualmente corrisposto in
pendenza di giudizio, dovra' avvenire in misura proporzionale.
 Esempi:
  A  -  Imposta  dovuta risultante dalla dichiarazione . . 14.000.000
Maggiore imposta accertata dall'ufficio:
               | 2.000.000 (1' rilievo)
    10.000.000 |
               | 8.000.000 (2' rilievo)
  Se  il  contribuente intende definire soltanto il secondo rilievo e
attendere  la  decisione  della  commissione  tributaria in ordine al
primo  rilievo,  dovra'  anzitutto  rideterminare l'imposta dovuta in
proporzione alla maggiore imposta che vuole definire:
   10.000.000 : 8.000.000 = 14.000.000 : x;
    x = 11.200.000.
  L'importo da versare sara' quindi:
   0,6 (8.000.000 - 0,25 x 11.200.000) = 3.120.000.
  Analogamente  si  procedera' se per il rilievo n. 1 il contribuente
abbia, a suo tempo, prestato acquiescienza.
  B  -  Se,  nella  stessa  ipotesi  di cui al precedente punto A, il
contribuente  abbia  gia'  corrisposto  lire 5.000.000 in pendenza di
giudizio,  la somma da computare in detrazione derivera' dal seguente
rapporto:
   10.000.000 : 8.000.000 = 5.000.000 : x;
    x = 4.000.000,
con la conseguenza che la definizione non comportera' alcun pagamento
(3.120.000  minore  di  4.000.000)  e  la  differenza di 880.000 lire
potra'  essere  computata in detrazione nelle liquidazioni periodiche
dell'anno 1993.
3. Dichiarazione annuale omessa.
  Nell'ipotesi  in  cui sia stata omessa la dichiarazione annuale, la
controversia  sorta  a  seguito  dell'accertamento  induttivo operato
dall'ufficio   si  definisce,  qualora  non  siano  state  depositate
decisioni, con il pagamento del 60 per cento dell'imposta accertata.
Esempio:
Imposta dovuta 0
imposta accertata 20.000.000
Importo da pagare 0,6 x 20.000.000 = 12.000.000
4. Dichiarazione annuale a credito.
  Nel  caso  in  cui  sia  stata  presentata  dichiarazione annuale a
credito  -  tanto  con  richiesta  di  computazione dell'eccedenza in
detrazione  nell'anno  successivo,  quanto  con richiesta di rimborso
totale o parziale - rettificata dall'ufficio con riconoscimento di un
minore   credito,   la   controversia,  sempreche'  non  siano  state
depositate decisioni degli organi aditi, si estingue con il pagamento
del 50 per cento dell'eccedenza non riconosciuta.
  Sulla  portata delle locuzioni "dichiarazione annuale a credito" ed
"eccedenza di credito non riconosciuta", quest'ultima contenuta nella
seconda  parte  del  comma  1  dell'art.  44  in  rassegna, si reputa
opportuno fornire i seguenti chiarimenti.
  Considerata  l'autonomia  di  ogni  periodo  d'imposta, tra l'altro
soggetto  a  proprio  termine di decadenza in relazione all'azione di
accertamento  della finanza, ed in correlazione a quanto innanzi gia'
precisato  in  ordine all'accezione dell'espressione "imposta dovuta"
si  ritiene  che  per dichiarazione a credito di competenza dell'anno
debba  intendersi  quella  in  cui  l'imposta sulle operazioni attive
(cessioni  e  prestazioni) sia inferiore a quella detraibile relativa
agli   acquisti,   sempre   con   riferimento  al  periodo  d'imposta
considerato.
  Conseguentemente,   la   locuzione   "eccedenza   di   credito  non
riconosciuta"   e'   tutta   o   parte  dell'eccedenza  detraibile  o
rimborsabile  non spettante nell'anno di competenza, sia per indebita
detrazione  sia  per  effetto  dell'indicazione di una minore imposta
sulle  operazioni attive. Rientra ugualmente nella predetta locuzione
anche  l'indicazione  di  una  erronea eccedenza dell'anno precedente
(con  l'indicazione  per  esempio  di  qualche  zero in piu) o di una
eccedenza  della  quale  sia stato gia' chiesto il rimborso nell'anno
precedente.  Naturalmente in queste ultime due ipotesi la definizione
della  controversia  non  puo'  legittimare  un  credito "ictu oculi"
inesistente.
  Al  fine di rendere piu' evidenti i concetti sopra espressi valgano
i seguenti esempi:
   Esempio n. 1 Dichiarazione per l'anno 1986:
Riporto  di  credito  anno  1985 . . . . . . . . . . . . L. 4.000.000
Imposta dovuta anno 1986:
differenza tra 5.000.000 operazioni attive e 3.000.000
IVA in detrazione per acquisti . . . . . . . . . . . L. 2.000.000
---------------
Credito finale. . . L. 2.000.000
   Accertamento dell'Ufficio
Riporto  credito  anno  1985 . . . . . . . . . . . . . . L. 4.000.000
Imposta dovuta anno 1986:
operazioni attive . . . . . . . . . . . . . . . . . . L. 5.000.000
IVA in detrazione acquisti = 0 . . . . . . . . . . . L. 5.000.000
---------------
Debito finale. . . L. 1.000.000
In questo caso non e' configurabile con riferimento all'anno di
competenza   (1986)   l'ipotesi   di   "eccedenza   di   credito  non
riconosciuta",  posto  che  sia  dalla  dichiarazione  presentata che
dall'accertamento dell'Ufficio emerge un periodo con imposta dovuta.
  Quantunque   il  credito  finale  dichiarato  venga  neutralizzato,
l'accertamento evidenzia soltanto una maggiore imposta dovuta, pari a
L. 3.000.000, a nulla rilevando, ai fini della definizione ex art.
  44,   le   vicissitudini   del  credito  dell'anno  precedente  non
  invalidato.
Ne consegue che il contribuente deve operare seguendo le modalita'
del paragrafo precedente e quindi pagare:
   0,6 (3.000.000 - 0,25 x 2.000.000) = L. 1.500.000.
  Il  contribuente  conserva naturalmente il diritto di credito di L.
2.000.000.
  In tal senso devono intendersi modificate le istruzioni contenute a
pag.  3  (colonna  11,  situazione  A,  punto  3)  della  Guida  alla
compilazione della istanza per la definizione delle controversie.
   Esempio n. 2 Dichiarazione per l'anno 1986:
Eccedenza  (erronea)  di  credito  anno 1985 . . . . . . L. 2.000.000
Imposta dovuta anno 1986:
differenza tra L. 1.500.000 operazioni attive e
 L. 1.000.000 IVA in detrazione per acquisti . . . . L. 500.000
---------------
Credito finale. . . L. 1.500.000
   Accertamento dell'Ufficio:
Eccedenza  di  credito  anno  1985 annullato . . . . . . L. 0 Imposta
dovuta anno 1986:
differenza tra L. 3.500.000 operazioni attive e
L. 1.000.000 IVA in detrazione per acquisti . . . . . L. 2.500.000
---------------
Debito finale. . . L. 2.500.000
L'Ufficio rileva l'erroneita' del riporto dell'eccedenza di credito
di  L.  2.000.000, che annulla e la debenza, inoltre, di una maggiore
imposta di L. 2.000.000.
  In  tale  situazione il contribuente, ai sensi dell'art. 44, dovra'
versare:
   2.000.000  (credito  inesistente)  +  0,60  (2.000.000  -  0,25  x
500.000) = L. 3.125.000.
  Con  il  pagamento  di  L.  3.125.000  il contribuente convalida il
diritto  del  credito  finale del 1986 derivante dall'erroneo riporto
del credito 1985, inesistente o gia' chiesto a rimborso.
  Va   messo  in  evidenza  in  quest'ultimo  esempio  che  l'erronea
indicazione  dell'eccedenza  di  credito  del  1985 si identifica, in
definitiva, in un credito oggettivamente inesistente.
  Se   la   rettifica   dell'ufficio   consiste  nel  disconoscimento
dell'intero  credito  dichiarato  relativo  al  periodo  d'imposta  e
nell'accertamento  di imposta dovuta, la controversia si estingue con
il  pagamento  del 50 per cento del credito non riconosciuto e del 60
per cento dell'imposta dovuta a seguito dell'accertamento.
  Valgano i seguenti esempi:
A - Eccedenza di credito di competenza risultante
dalla dichiarazione . . . . . . . . . . . . . . . . L. 20.000.000
Eccedenza  non riconosciuta dall'ufficio . . . . . . L. 12.000.000 Il
  contribuente dovra' versare il seguente importo:
   0,5 x 12.000.000 = L. 6.000.000.
  Effettuando  tale  pagamento  la  controversia  si  estingue  e  il
contribuente   conserva   il   diritto   all'eccedenza  detraibile  o
rimborsabile dichiarata di lire 20.000.000.
B - Eccedenza di credito di competenza risultante
dalla  dichiarazione  .  .  . . . . . . . . . . . . . . L. 20.000.000
Eccedenza di credito non riconosciuta . . . . . . . L. 20.000.000
Imposta  dovuta  a  seguito  di  accertamento . . . . . L. 10.000.000
  L'importo da pagare sara' uguale a:
   0,5 x 20.000.000 + 0,6 x 10.000.000 = L. 16.000.000
  5. Decisione di primo grado depositata.
  Qualora alla data del 1' gennaio 1992 sia stata depositata la
decisione  della  commissione tributaria di 1' grado e penda giudizio
in  secondo  grado  (o comunque non sia ancora scaduto il termine per
l'impugnazione)  la  controversia  si estingue con il pagamento di un
importo  pari  al  50 per cento dell'imposta o della maggiore imposta
accertata  dall'ufficio  e,  comunque,  non inferiore al 70 per cento
dell'imposta  o  della maggiore imposta determinata dalla commissione
di  1'  grado.  Nelle ipotesi di dichiarazioni a credito, le suddette
percentuali si applicano sull'ammontare costituito dalla eccedenza di
credito  dell'anno  non  riconosciuta, rispettivamente dall'ufficio o
dalla  commissione  di  1'  grado, e dalla eventuale maggiore imposta
accertata dall'ufficio o determinata dalla commissione.
  Esempi:
A - Dichiarazione del periodo a debito.
                       | accertata dall'ufficio
                       | L. 10.000.000
Maggiore imposta |
                       | decisa dal comm. di 1' grado
                       | L. 6.000.000
Il contribuente dovra' versare il maggiore dei due importi:
   1) 0,5 x 10.000.000 = L. 5.000.000;
   2) 0,7 x 6.000.000 = L. 4.200.000.
B - Dichiarazione del periodo a credito di L. 20.000.000
    Accertamento dell'Ufficio:
    disconoscimento del credito di L. 20.000.000
    accertamento imposta a debito L. 6.000.000
Decisione commissione 1' grado:
    disconoscimento del credito di L. 20.000.000
    imposta a debito L. 2.000.000
  Il contribuente dovra' versare il maggiore dei seguenti importi:
   1) 0,5 x (20.000.000 + 6.000.000) = L. 13.000.000;
   2) 0,7 x (20.000.000 + 2.000.000) = L. 15.400.000.
  6. Decisioni successive depositate.
  Qualora  alla  data  del  1' gennaio 1992, sia stata depositata una
decisione  successiva a quella di primo grado e penda ancora giudizio
(nel  senso  sopra  chiarito)  la  controversia  si  estingue  con il
pagamento  di  un  importo  pari al 30 per cento dell'imposta o della
maggiore  imposta  accertata  dall'ufficio e, comunque, non inferiore
all'80  per  cento  dell'imposta o della maggiore imposta determinata
dalla  commissione  di  2›  grado, dalla Commissione Centrale o dalla
Corte d'Appello. Nelle ipotesi di dichiarazione del periodo a credito
vale quanto detto al precedente punto V.
Esempi:
A - Dichiarazione del periodo a debito
                       | accertata dall'ufficio
                       | L. 15.000.000
Maggiore imposta |
                       | decisa dal comm. di 2› grado
                       | L. 5.000.000
  Il contribuente dovra' versare il maggiore dei seguenti importi:
   1) 0,3 x 15.000.000 = L. 4.500.000;
   2) 0,8 x 5.000.000 = L. 4.000.000.
B - Dichiarazione del periodo a debito
                       | accertata dall'ufficio
                       | L. 15.000.000
Maggiore imposta |
                       | decisa dal comm. di 2› grado
                       | L. 10.000.000
  Il contribuente dovra' versare il maggiore dei seguenti importi:
   1) 0,3 x 15.000.000 = L. 4.500.000;
   2) 0,8 x 10.000.000 = L. 8.000.000.
  I  criteri  di  definizione  fin qui illustrati, e' bene ripeterlo,
riguardano  le  controversie  derivanti  da  avvisi di rettifica o di
accertamento notificati entro il 30 settembre 1991.
  Per  gli  avvisi  notificati  dopo  tale data, il contribuente puo'
definire  i propri rapporti tributari pendenti, ai sensi dell'art. 49
o dell'art. 50, come meglio si dira' nei paragrafi successivi.
  7.   Definizione   delle   controversie   relative   a   operazioni
inesistenti.
  Discorso  a  parte  meritano  le  definizioni ai sensi dell'art. 44
delle  controversie,  pendenti  alla  data  del  1' gennaio 1992, che
riguardano  l'emissione  o  l'utilizzazione di fatture per operazioni
inesistenti. Tali controversie possono essere definite, come previsto
dall'art. 52, comma 1, a condizione che:
    a)  se  l'infrazione  consiste  nella  emissione  di  fatture per
operazioni inesistenti, sia versata la relativa imposta;
    b)  se  l'infrazione  consiste  nella  indebita  detrazione,  sia
versata una somma pari all'intera detrazione non spettante.
  Va  inoltre precisato che il richiamo contenuto nell'art. 52, comma
1, agli artt. 44 e 49, ai fini della definizione delle infrazioni per
operazioni  inesistenti,  comporta che in presenza di controversie il
contribuente  puo'  definire  ciascuna  annualita'  di  imposta o uno
specifico  rilievo,  mentre in assenza di accertamento debbono essere
definiti, a pena di nullita', tutti i periodi di imposta chiusi al 31
dicembre  1990,  per i quali alla data del 1'.1.1992, non siano stati
notificati atti di accertamento.
  Qualora   la   rettifica   eseguita   dall'ufficio   riguardi   una
dichiarazione a debito in ordine alla quale concorrano violazioni per
operazioni  inesistenti e altre violazioni che ugualmente determinino
una maggiore imposta accertata, ai fini della definizione dell'intera
controversia,  si  rende  anzitutto  necessario determinare l'imposta
dovuta  in  proporzione  alla  parte di maggiore imposta accertata da
definire   secondo   i   criteri   previsti  dall'art.  44;  si  deve
determinare, poi, la parte d'imposta da versare ai sensi dello stesso
art.  44  e  alla stessa aggiungere, infine (tranne che non sia stata
precedentemente   corrisposta)  l'imposta  relativa  alle  operazioni
inesistenti:
  Esempio n. 1 Dichiarata Accertata Differenza
       - - - -
IVA oper. impon. 114.000.000 124.000.000 10.000.000
IVA detraibile 100.000.000 85.000.000 15.000.000 (detr. per
                                                         operazioni
                                                         inesistenti)
IVA dovuta tot. 14.000.000 25.000.000
  Imposta dovuta da prendere in considerazione:
   25.000.000: 10.000.000 = 14.000.000: x;
    x = L. 5.600.000.
  L'importo da versare sara' dato dalla somma di:
   1) 0,6 (10.000.000 - 0,25 x 5.600.000) = L. 5.160.000 essendo 0,20
x 10.000.000 = L. 2.000.000 minore di L. 5.160.000;
   2) intero importo per detrazioni operazioni
inesistenti L. 15.000.000 3) somma da versare L. 20.160.000
  Esempio n. 2 Dichiarata Accertata Differenza
       - - - -
IVA oper. impon. 154.000.000 155.000.000 1.000.000
IVA detraibile 100.000.000 85.000.000 15.000.000 (detr. per
                                                         operazioni
                                                         inesistenti)
IVA dovuta tot. 54.000.000 16.000.000
  Imposta dovuta da prendere in considerazione:
   16.000.000: 1.000.000 = 54.000.000: x;
  x = L. 3.375.000.
  L'importo da versare e' dato dalla somma di:
   1) intero importo per detrazioni operazioni
inesistenti L. 15.000.000 2) 0,2 x 1.000.000 = L. 200.000
essendo 200.000 maggiore di 0,6
(1.000.000 - 0,25 x 3.375.000) = L. 93.750
   3) somma da versare L. 15.200.000 Capitolo II
            DEFINIZIONE AUTOMATICA DEL PERIODO D'IMPOSTA
 1. Presupposti per la definizione.
  L'art.   49   fissa   le  modalita'  per  definire  automaticamente
l'imposta,    attraverso   la   presentazione   della   dichiarazione
integrativa,  per  i  periodi  d'imposta  relativamente  ai  quali il
termine  per la presentazione della dichiarazione annuale sia scaduto
il  5  marzo  1991  e, alla data del 1' gennaio 1992, non siano stati
notificati avvisi di rettifica o di accertamento.
  La  definizione automatica, alle condizioni piu' avanti illustrate,
compete  per  le dichiarazioni annuali a debito, per quelle a credito
con  richiesta  di  rimborso  parziale  o totale nonche' per quelle a
credito  con  richiesta  di computazione dell'eccedenza in detrazione
nell'anno successivo ad eccezione, per queste ultime, di quelle rela-
tive   all'anno   1990  con  richiesta  di  computazione  dell'intera
eccedenza in detrazione nell'anno 1991, per le quali il secondo comma
dell'art.   49   in  esame  prevede  una  particolare  disciplina  di
definizione.
  La   possibilita'   di   definire   automaticamente   l'imposta  e'
subordinata alle seguenti condizioni:
    A)  per ciascuno dei periodi per i quali si chiede la definizione
deve  essere stata presentata la dichiarazione annuale, per cui detta
definizione  rimane  esclusa  nei  casi  di  omissione. Va, peraltro,
evidenziato  che,  ai  suddetti fini, l'art. 57, comma 4, dispone che
non  si considerano omesse le dichiarazioni presentate, anteriormente
alla  data del 30 novembre 1991, sia pure con ritardo superiore ad un
mese e anche ad ufficio incompetente; B) per ciascuno dei periodi per
i  quali  si  chiede  la definizione non deve essere stato notificato
avviso  di  rettifica o di accertamento induttivo entro il 1' gennaio
1992.  Tuttavia, per effetto dell'art. 3, comma 2, del D.L. 27 aprile
1992, n. 269, nonostante l'avvenuta notifica degli atti anzidetti dal
1' ottobre 1991 al 1' giugno 1992 e' consentito, sempreche' sia stata
presentata  la  dichiarazione  annuale,  il  ricorso alla definizione
automatica  ovvero,  in alternativa, la possibilita' di presentare la
dichiarazione integrativa semplice prevista dall'art. 50. Nel caso in
cui,  invece,  la  dichiarazione annuale non sia stata presentata, e'
consentito  di  avvalersi soltanto delle disposizioni di cui all'art.
50;
    C)  in  presenza  delle  condizioni  di  cui ai punti a) e b), la
richiesta di definizione deve riguardare, a pena di nullita', tutti i
periodi  d'imposta  relativamente  ai quali, per un verso, il termine
per  la  presentazione  della  dichiarazione  annuale e' scaduto il 5
marzo  1991  (il  che  esclude  l'anno  1991)  e, per l'altro, non e'
scaduto  il  termine di decadenza previsto dall'art. 57 del D.P.R. 26
ottobre  1972,  n.  633, alla data del 31 dicembre 1991. Tenuto anche
conto  della  proroga  di  due  anni  di tutti i termini che non sono
scaduti  alla detta data del 31 dicembre 1991, disposta dall'art. 57,
comma  2, la definizione automatica deve obbligatoriamente riguardare
tutti gli anni dal 1986 al 1990.
  Tra  gli anzidetti periodi d'imposta sono anche compresi, e ne deve
pertanto  essere  chiesta  la  definizione,  quelli  per i quali, pur
scadendo  il termine per la presentazione della dichiarazione annuale
successivamente  al 1' gennaio 1992, per effetto di proroghe legisla-
tive,  la  dichiarazione  stessa  sia  stata  presentata  entro il 31
dicembre  1991.  Cosi',  per esempio, i soggetti residenti nei comuni
della  Sicilia  orientale  colpiti  dagli eventi sismici del dicembre
1990  devono  richiedere  anche  la definizione per l'anno 1990 se la
relativa  dichiarazione  annuale, ancorche' dopo il 5 marzo 1991, sia
stata presentata entro il 31 dicembre 1991.
  Gli  imprenditori e gli esercenti arti e professioni e gli enti non
commerciali  che  non  si  sono  avvalsi del differimento dei termini
previsto  dall'art.  14  del  decreto  legge  2  marzo  1989,  n. 69,
convertito  dalla  legge 27 aprile 1989, n. 154, devono presentare la
dichiarazione  integrativa  automatica anche in riferimento agli anni
1983  e  1984  per  i  quali  l'art. 19 del citato D.L. n. 69/1989 ha
prorogato   i  termini  per  l'accertamento,  rispettivamente  al  31
dicembre  1991 e al 31 dicembre 1992, sempreche' sia stata presentata
la dichiarazione originaria. Detto obbligo non sussiste per i periodi
d'imposta  per  i  quali  il  contribuente  si  e'  avvalso  di detto
differimento,  a  condizione  che  il  soggetto  si sia correttamente
adeguato  ai  coefficienti  presuntivi  di  cui al D.P.C.M. 28 luglio
1989.
  In  ogni  caso,  per i periodi d'imposta per i quali sia scaduto il
termine  per  l'accertamento,  la  presentazione  della dichiarazione
integrativa e' ammessa in via facoltativa se il contribuente ne abbia
interesse.
  A maggior chiarimento, valgano i seguenti esempi:
   1) 1986-dichiarazione presentata con accertamento notificato il 10
luglio 1991;
   1987-dichiarazione  presentata  con  accertamento notificato il 10
ottobre 1991;
   1988-dichiarazione presentata e non accertata;
   1989-dichiarazione omessa e non accertata;
   1990-dichiarazione presentata e non accertata.
  In tale situazione il contribuente, per usufruire della definizione
automatica,  deve  presentare  la  dichiarazione integrativa ai sensi
dell'art.  49  per  gli anni 1987 (tranne che per tale anno non abbia
scelto  di  avvalersi  dell'art. 50), 1988 e 1990, mentre per il 1986
puo'  definire  la  controversia  d'imposta solo secondo le modalita'
previste  dall'art.  44  e  per  il  1989  puo'  avvalersi solo delle
disposizioni di cui all'art. 50.
   2) 1986-dichiarazione presentata con accertamento notificato il 10
ottobre 1991;
1987-dichiarazione  omessa  con accertamento notificato il 10 ottobre
1991;
   1988-dichiarazione  presentata  con  accertamento notificato il 10
ottobre 1991;
   1989-dichiarazione presentata e non accertata;
   1990-dichiarazione presentata e non accertata.
  Il  contribuente,  per usufruire della definizione automatica, deve
necessariamente   presentare  la  dichiarazione  integrativa  di  cui
all'art.  49  per  gli anni 1986 e 1988 (tranne che per tali anni non
abbia  scelto  di avvalersi dell'art. 50), 1989 e 1990, mentre per il
1987  puo'  soltanto  avvalersi  della  possibilita'  di integrazione
semplice prevista dall'art. 50;
    D) la maggior imposta risultante per ciascun periodo d'imposta da
determinarsi  secondo  i criteri di cui si dira' in seguito, non deve
essere inferiore a:
    lire  300 mila, per i soggetti con volume d'affari fino a lire 18
milioni;
    lire 600 mila, per quelli con volume d'affari superiore a lire 18
milioni ma non a lire 360 milioni;
    lire 900 mila, per gli altri soggetti.
2. Calcolo dell'imposta integrativa.
  Al riguardo, va precisato che la definizione automatica (a parte il
caso particolare previsto dall'art. 49, comma 2) comporta comunque un
versamento,   non   inferiore   ai   limiti  suddetti,  ancorche'  la
definizione stessa riguardi annualita' chiuse a credito con richieste
di rimborso, anche se non ancora conseguito. Restano, pertanto, fermi
gli  importi del credito chiesto a rimborso indicati nella originaria
dichiarazione,  nonche' la parte di eccedenza computata in detrazione
nell'anno successivo.
  Sussistendo le condizioni sopraelencate, per ogni annualita' in cui
l'imposta  relativa  alle  operazioni  imponibili  (codice  E30 della
dichiarazione)   e   l'imposta  detraibile  (codici  L5  e  L8  della
dichiarazione),  prese  singolarmente, non superano lire 200 milioni,
l'imposta  integrativa deve essere pari alla somma del 2 per cento di
ciascuno dei suddetti due ammontari.
  Quando   l'imposta   relativa  alle  operazioni  imponibili  ovvero
l'imposta  detraibile  superano detto importo di lire 200 milioni, le
percentuali  applicabili  a  ciascuna eccedenza sono pari all'1,5 per
cento,  e  quando  superano  gli  ammontari  di  lire 300 milioni, le
percentuali  applicabili  a  ciascuna  eccedenza  sono pari all'1 per
cento.
  Se   si   indica  con  AV  l'imposta  sulle  operazioni  imponibili
risultante   dalla   dichiarazione  originaria  e  con  IV  l'imposta
integrativa  relativa  alle operazioni imponibili, il calcolo di tale
imposta  integrativa  puo'  essere  eseguito  facilmente  seguendo il
seguente schema:
   AV non superiore a 200 milioni
   IV = 0,02 x AV
   AV superiore a 200 milioni ma non a 300 milioni
   IV = 1.000.000 + 0,015 x AV
   AV superiore a 300 milioni
   IV = 2.500.000 + 0,01 x AV
  In  maniera  analoga  si puo' procedere per il calcolo dell'imposta
integrativa  (Id)  relativa  all'imposta  detraibile risultante dalla
dichiarazione originaria (Ad).
  Esempio:
   AV = 350.000.000;
   Ad = 250.000.000;
   IV = 2.500.000 + 0,01 x 350.000.000 = 6.000.000
   Id = 1.000.000 + 0,015 x 250.000.000 = 4.750.000
Totale imposta integrativa 10.750.000
  Come  si e' gia' accennato, qualora attraverso l'applicazione delle
suddette  percentuali all'imposta relativa alle operazioni imponibili
ed  all'imposta  detraibile  si  determini  un ammontare inferiore ai
limiti  gia' indicati (300 mila, 600 mila e 900 mila), i contribuenti
devono in ogni caso operare il versamento di uno dei suddetti importi
minimi,  per  ogni  periodo  d'imposta  compreso  nella dichiarazione
integrativa.
  Questa  ipotesi  si verifica, tra l'altro, per i contribuenti a re-
gime forfettario che hanno presentato la dichiarazione originaria sul
modello IVA 11-bis.
  Gli  ammontari  in  ordine  ai  quali  devono  essere  applicate le
percentuali  anzidette  sono  quelli che emergono dalle dichiarazioni
annuali   originarie,   ivi   comprese   quelle   presentate  per  la
regolarizzazione  di  adempimenti  omessi  o irregolarmente eseguiti,
purche' comportanti un maggior versamento d'imposta.
  E'  appena il caso di precisare che, agli effetti della definizione
automatica,  l'imposta  afferente  l'emissione  o  l'utilizzazione di
fatture  per  operazioni  inesistenti  deve  essere  corrisposta  per
intero,  come  avviene per la definizione prevista dall'art. 44 (cfr.
paragrafo 1).
3. Rideterminazione dell'imposta integrativa per i soggetti di cui
   all'art. 38, comma 2.
  Ai  sensi  dell'ultimo  comma dell'art. 49, per taluni contribuenti
esiste  la  possibilita'  (ove  si  verifichi la condizione di cui si
dira',   connessa  all'applicazione  dei  coefficienti  previsti  dal
D.P.C.M.   21   dicembre   1990)  di  beneficiare  della  definizione
automatica,  versando  un importo inferiore a quello ottenuto secondo
il criterio finora esaminato, sempre pero' con il rispetto dei limiti
minimi piu' volte citati.
  Detti  soggetti  sono  individuati  dall'art.  38, comma 2, ai fini
delle imposte dirette, in base all'attivita' svolta e all'entita' dei
ricavi  dichiarati  in  un  certo  periodo  d'imposta.  Vertendosi in
materia  di  imposta  sul  valore  aggiunto,  il parametro dei ricavi
dichiarati   deve   intendersi   rappresentato  dal  volume  d'affari
dichiarato.
  Si tratta in particolare:
   dei  soggetti  che  esercitano  arti  e  professioni nonche' delle
imprese  che  esercitano  attivita'  di  prestazione  di  servizi, di
intermediazione,   di   trasporto,   attivita'   alberghiera   e   di
somministrazione  di  alimenti e bevande in pubblici esercizi che, in
un determinato periodo d'imposta, hanno dichiarato un volume d'affari
non superiore a lire 700 milioni;
   delle  imprese  che esercitano attivita' di produzione di beni che
hanno dichiarato un volume d'affari non superiore a lire 2 miliardi;
   delle imprese che esercitano l'attivita' di commercio all'ingrosso
o  al  minuto, compresi gli ambulanti, che hanno dichiarato un volume
d'affari non superiore a lire 5 miliardi.
  Dopo  aver  determinato  l'imposta  integrativa  nei  modi previsti
dall'art.  49,  comma  3,  i  contribuenti  suindicati,  al  fine  di
verificare   se   nei  loro  confronti  sussiste  la  condizione  per
beneficiare della riduzione della stessa imposta, devono:
   1)  operare  un  raffronto  tra  l'ammontare  dei corrispettivi di
operazioni    imponibili    dichiarati    e    quello   che   risulta
dall'applicazione  dei  coefficienti  presuntivi  di  cui  al  citato
D.P.C.M.   21  dicembre  1990,  ottenendo  cosi'  la  percentuale  di
scostamento  del  primo ammontare rispetto al secondo. In pratica, il
raffronto  puo'  essere  fatto  tra  il  volume d'affari dichiarato e
quello  risultante dall'impiego dei coefficienti, dal momento che sia
nel  primo che nel secondo l'ammontare delle operazioni imponibili e'
compreso nella stessa proporzione.
  Se si indica con Vc il volume d'affari risultante dall'applicazione
dei   coefficienti  e  con  Vd  il  volume  d'affari  dichiarato,  la
percentuale di scostamento si ottiene dal seguente conteggio:
                               VC - VD
  Percentuale di scostamento = ------- x 100
                                 VD
   2)   ricavare   la  media  ponderata  delle  percentuali  previste
dall'art.  38,  comma  2,  con riferimento all'ammontare dell'imposta
integrativa  da  ridurre.  Se  la  percentuale di scostamento risulta
inferiore  alla  media delle percentuali previste dall'art. 38, comma
2,  si  sara'  verificata  la  condizione per poter ridurre l'imposta
integrativa  ottenuta  ai  sensi  dell'art.  49, comma 3. A tal fine,
detta  imposta  va moltiplicata per una frazione (propria) avente per
numeratore la percentuale di scostamento e come denominatore la media
di cui si e' detto.
  Se  la  percentuale di scostamento e' uguale o superiore alla media
anzidetta,  l'imposta  integrativa  di  cui  all'art. 49, comma 3, e'
dovuta per intero.
  Se  la  percentuale  di  scostamento e' pari a 1 o e' negativa, nel
senso  che  l'ammontare  dei  corrispettivi  dichiarati  e'  uguale o
superiore a quello ottenuto con l'applicazione dei coefficienti, sono
  dovuti  solo  gli importi minimi previsti dal sesto comma dell'art.
  49.
Peraltro, prima di calcolare la percentuale di scostamento, i
contribuenti   di   cui   trattasi  devono,  mediante  l'impiego  dei
coefficienti  di  congruita',  verificare se sussistono i presupposti
perche'  nei loro confronti sia configurabile l'accertamento eseguito
sulla  base  dei coefficienti presuntivi. Solo in caso affermativo si
dovranno  effettuare  le  operazioni gia' dette (determinazione della
percentuale di scostamento, della media ponderata, ecc.).
  Ove,  invece, non si verificano le condizioni che rendono possibile
l'accertamento  in base ai coefficienti presuntivi, la percentuale di
scostamento  e'  nulla  e,  pertanto,  il contribuente dovra' versare
soltanto gli importi minimi previsti dal sesto comma dell'art. 49;
4. Chiarimenti in ordine all'applicazione dei coefficienti.
  Si forniscono ora opportuni chiarimenti in ordine:
   all'applicazione dei coefficienti di congruita' e dei coefficienti
presuntivi;
   al  calcolo  della  media  ponderata  delle  percentuali  previste
dall'art. 38, comma 2.
  Per   ulteriori  notizie  utili  al  riguardo  si  fa  rinvio  alle
istruzioni  al  modello di dichiarazione integrativa approvato con il
D.M. 29 gennaio 1992.
  I  coefficienti  di  congruita' vanno applicati soltanto ai dati ed
elementi  relativi  all'anno  1990,  se  per  tale anno sussistono le
condizioni  per la rideterminazione dell'imposta integrativa ai sensi
dell'ultimo  comma  dell'art.  49.  In  caso  contrario, i dati e gli
elementi  da  prendere a base sono quelli del primo periodo d'imposta
precedente  al  1990  in cui il soggetto interessato abbia esercitato
l'attivita' durante tutto il periodo d'imposta.
  I  contribuenti  semplificati  hanno  gia'  indicato  tali dati nei
riquadri  identificativi della dichiarazione dei redditi presentata a
maggio  1991. Gli altri contribuenti dovranno reperirli dalle proprie
scritture.
  Per  il  calcolo del volume d'affari sulla base dei coefficienti di
congruita',   dopo   aver  individuato  la  tabella  applicabile,  in
relazione  alle  caratteristiche  dell'attivita'  svolta,  ed il rigo
corrispondente  al codice della detta attivita', occorre moltiplicare
i  valori indicati in corrispondenza del codice di attivita' relativo
al  contribuente interessato per l'ammontare a questi attribuibile in
corrispondenza  alle singole voci previste nelle tabelle A,B,C,D ed E
allegate al D.P.C.M. anzicitato.
  In particolare, nei confronti degli esercenti attivita' d'impresa e
degli  esercenti  arti  e  professioni  con volume d'affari fino a 18
milioni,  si  applicano  i  coefficienti  di  congruita'  di cui alle
tabelle A e B.
  Se  l'applicazione  di  anche  un  solo  coefficiente  porti  a una
quantificazione  del  volume  d'affari  superiore  ai  18  milioni, i
soggetti anzidetti vengono assimilati ai soggetti con volume d'affari
superiore ai 18 milioni.
  Se   l'applicazione   dei   suddetti   coefficienti   porta  a  una
quantificazione  del volume d'affari inferiore ai 18 milioni, occorre
verificare  se  il  volume  d'affari  dichiarato  risulti inferiore a
quelli  risultanti  dall'applicazione  di due o piu' dei coefficienti
medesimi.  Ove  cio'  si  verifichi, il volume d'affari induttivo (da
confrontare   con   quello  dichiarato  ai  fini  del  calcolo  della
percentuale di scostamento) si ottiene utilizzando il coefficiente di
congruita'  ritenuto  piu' significativo in relazione alle specifiche
condizioni di esercizio dell'attivita' del contribuente.
  Nei confronti degli esercenti attivita' d'impresa e degli esercenti
arti e professioni con volume d'affari superiore ai 18 milioni ma non
ai  limiti  stabiliti dall'art. 38, comma 2, (compresi quelli, di cui
si  e'  gia'  fatto  cenno,  con volume d'affari dichiarato in misura
inferiore  ai  18  milioni  ma  accertato  in  misura  superiore  con
l'applicazione dei coefficienti di congruita' di cui alle tabelle A e
B)  i  coefficienti di congruita' da utilizzare sono quelli contenuti
nelle tabelle C, D ed E.
  Se  il  volume  d'affari  dichiarato  risulti  inferiore  a  quelli
derivanti dall'applicazione di due o piu' coefficienti di congruita',
il volume d'affari induttivo (da confrontare con quello dichiarato ai
fini  del  calcolo  della  percentuale  di  scostamento)  si  ottiene
utilizzando i coefficienti presuntivi.
  Per  quanto riguarda l'applicazione dei coefficienti presuntivi, si
precisa anzitutto che devono essere utilizzati quelli contenuti nelle
tabelle F,G,H, ed I, allegate al citato D.P.C.M. 21 dicembre 1990.
  Di  regola i predetti coefficienti vanno applicati soltanto ai dati
ed elementi relativi all'anno 1990, in quanto per gli anni precedenti
il  volume  d'affari  da raffrontare con quello dichiarato si ottiene
riducendo  quello  presunto  determinato  per  l'anno 1990 sulla base
della variazione dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di
operai e impiegati.
  Peraltro  il  1990  puo' costituire anno base per la determinazione
del volume d'affari presunto, da raffrontare con quello dichiarato, a
condizione che in tale anno il contribuente:
   abbia  esercitato  l'attivita'  per  l'intero periodo d'imposta ed
esistano  quindi  i  dati e gli elementi necessari per l'applicazione
dei coefficienti;
   abbia  dichiarato un volume d'affari non superiore ai limiti, gia'
visti, di 700 milioni, 2 miliardi o 5 miliardi, a seconda del tipo di
attivita' esercitata.
  Qualora   non  sussistano  le  condizioni  per  l'applicazione  dei
coefficienti  presuntivi  nell'anno  1990,  i  dati e gli elementi da
prendere  a  base  sono quelli del primo anno d'imposta precedente al
1990 in cui il soggetto abbia esercitato l'attivita' durante l'intero
periodo  d'imposta.  Individuato  l'anno  base e ottenuto il relativo
volume d'affari presunto, lo stesso deve essere ridotto, per gli anni
precedenti  utilizzando  i  parametri  gia'  detti.  Al  riguardo, si
rimanda  alla  tabella  n.  6  riportata  a  pag.  9 delle istruzioni
anzicitate.
  Per  il  calcolo  del  volume  d'affari sulla base dei coefficienti
presuntivi,   si   devono   sommare  gli  importi  che  si  ottengono
moltiplicando  i  valori  indicati  in  corrispondenza  del codice di
attivita'  relativo  al  contribuente  interessato  per l'ammontare a
questi  attribuibile  in  relazione  alle singole voci previste nelle
tabelle  F,  G, H, ed I (costo materie prime impiegate, retribuzioni,
ecc.).   Il   totale   risultante  da  tale  sommatoria  va  adeguato
territorialmente,  con  l'applicazione  del correttivo previsto dalla
Tabella  M, ed integrato con la maggiorazione fissa di 18 milioni. Il
risultato  cosi'  ottenuto  va,  infine,  diminuito  delle  riduzioni
eventualmente   spettanti   per   il   contemporaneo   esercizio   di
un'attivita'  di  lavoro  dipendente  ovvero per le imprese artigiane
iscritte nel relativo albo.
  In  merito  alle  percentuali  previste  dall'art.  38, comma 2, va
evidenziato   che   esse   sono   diverse  a  seconda  dell'ammontare
dell'imposta  sui  redditi  lorda  e  delle  addizionali  al quale le
percentuali  stesse  devono essere applicate. Piu' precisamente, deve
essere  utilizzata la percentuale del 20 per cento fino a concorrenza
di  10  milioni  d'imposta,  quella  del  18  per  cento per la parte
eccedente  i  10  milioni  e fino a 40 milioni d'imposta e del 15 per
cento per la parte eccedente i 40 milioni.
  In  materia di imposta sul valore aggiunto, l'ammontare da prendere
in   considerazione,   per   l'applicazione   delle  percentuali,  e'
costituito,  come si e' gia' detto, dall'imposta integrativa ottenuta
secondo le modalita' previste dall'art. 49, comma 3.
  Per  il  calcolo della media ponderata delle anzidette percentuali,
puo' essere seguito il seguente schema:
  Imposta  integrativa  (ex  art.  49,  comma  3)  non superiore a 10
milioni:
   Media ponderata = 20%
  Imposta integrativa superiore a 10 milioni ma non a 40 milioni:
                         (18 + 20.000.000)
    Media ponderata = --------------------- %
                       (Imposta integrativa)
  Imposta integrativa superiore a 40 milioni:
                         (15 + 140.000.000)
    Media ponderata = --------------------- %
                       (Imposta integrativa)
Esempio:
  Volume  d'affari risultante dalla dichiarazione annuale 600 milioni
  Imposta  sulle operazioni imponibili 114 milioni Imposta detraibile
  36  milioni  L'imposta  integrativa ex art. 49, comma 3, si ottiene
  dal seguente
conteggio:
  0,02 x 114.000.000 + 0,02 x 36.000.000 = 3.000.000
  Se il volume d'affari risultante dall'applicazione dei coefficienti
presuntivi  e'  di lire 580 milioni, il contribuente puo' definire il
periodo d'imposta con il pagamento del solo importo minimo, in questo
caso lire 900 mila.
  Se  detto  volume  d'affari  e' di lire 950 milioni (percentuale di
scostamento superiore alla media ponderata delle percentuali previste
dall'art.  38,  comma  2),  l'importo  da  versare  e'  pari a quello
calcolato ex art. 49, comma 3, cioe' lire 3 milioni.
  Se  e' di lire 648 milioni (percentuale di scostamento pari a 8 per
cento, ossia inferiore alla media delle percentuali di cui all'art.
  38, comma 2), l'importo   da   versare   si  ottiene  dal  seguente
               conteggio: 8
  3.000.000 x -- = 1.200.000
              20
  Esempio
   Imposta integrativa ex art. 49, comma 3 60 milioni
   Percentuale di scostamento 10 per cento
  L'importo da versare si ottiene dal seguente conteggio:
      140.000.000
15 + ------------- = 17,33 % (media percentuali art. 38, comma 2)
       60.000.000
               10
60.000.000 x ----- 34.662.000 (imposta integrativa da versare)
             17,33
  5. Definizione delle dichiarazioni a credito ai sensi dell'art. 49,
comma 2.
  Come gia' precisato, il secondo comma dell'art. 49 in esame prevede
una  particolare  disciplina  per  la  definizione  automatica  della
dichiarazione  a  credito  relativa  all'anno  1990  con richiesta di
computazione   dell''intera   eccedenza"   d'imposta   in  detrazione
nell'anno successivo.
  Al riguardo si chiarisce che, qualora il contribuente abbia chiesto
la   computazione  della  eccedenza  d'imposta  -  evidenziata  quale
risultato  finale  della  dichiarazione  -  in  detrazione  nell'anno
successivo,  ma  abbia  richiesto  rimborsi  infrannuali,  non  torna
applicabile  il  secondo  comma  dell'art.  49,  in quanto il credito
evidenziato  non  puo'  considerarsi  quale  "intera  eccedenza"  del
periodo d'imposta considerato.
  Nell'ipotesi  di  cui  al citato art. 49, comma 2, la dichiarazione
relativa   all'anno   1990   ed,   eventualmente,   le  dichiarazioni
immediatamente  precedenti  che  analogamente  evidenziano un credito
integralmente  riportato  in detrazione nell'anno successivo, possono
essere definite all'ulteriore condizione che si rinunci all'eventuale
residuo credito risultante dopo lo scomputo delle imposte integrative
relative  ai  vari periodi d'imposta. Pertanto, una volta determinata
l'imposta  integrativa per ogni periodo d'imposta, sempre rispettando
gli  importi  minimi,  se la somma delle integrazioni e' superiore al
credito  evidenziato  nella  dichiarazione 1990, il contribuente deve
versare  la  differenza; in caso contrario deve rinunziare al credito
residuo.
Esempio:
                                                            Imposta
                                                          integrativa
                                                             dovuta
                                                               --
1986  dichiarazione a debito. . . . . . . . . . . . . . . . 2.000.000
1987  dichiarazione a debito. . . . . . . . . . . . . . . . 2.500.000
1988  dichiarazione a credito con richiesta di rimborso . . 2.200.000
1989 dichiarazione a credito interamente riportato al 1990 2.300.000
1990 dichiarazione a credito interamente riportato al 1991 2.000.000
                                                            ---------
1.000.000
Si ipotizzi che il credito risultante dalla dichiarazione annuale
1990  sia  di  lire 15 milioni, richiesto interamente in computazione
nell'anno 1991.
  Il  contribuente, se non intende avvalersi della definizione di cui
al  secondo  comma dell'art. 49 con rinunzia al credito residuo, puo'
definire  automaticamente  soltanto gli anni 1986, 1987 e 1988 con un
versamento di lire 6.700.000.
   Se,  invece,  intende usufruire della definizione automatica anche
per  gli  anni  risultanti a credito con intero riporto a nuovo, puo'
utilizzare  l'intero  credito  per compensare l'ammontare complessivo
dell'imposta  integrativa  dovuta  (che, pertanto, non va versata) ma
deve  rinunciare  al  credito  residuo  di lire 4.000.000, risultante
dalla  differenza  tra  il credito dell'anno 1990 (lire 15 milioni) e
l'intera integrazione d'imposta dovuta (lire 11 milioni).
  Qualora  il  credito  d'imposta  fosse stato di lire 10.000.000, il
contribuente  avrebbe  dovuto  versare  la  somma  di  lire 1.000.000
(differenza tra 11 e 10 milioni).
  Va,  inoltre,  precisato  che,  ai  fini  della  determinazione del
credito  residuo, si possono compensare con il credito dell'anno 1990
anche  le  imposte relative ad operazioni inesistenti, mentre, com'e'
ovvio,  non  si  devono conteggiare le eventuali somme da versare per
gli  anni  in  ordine  ai  quali  non  e'  consentita  la definizione
automatica.
  Da  ultimo,  va  affrontato il problema che nasce dalla circostanza
che  al  momento della presentazione della dichiarazione integrativa,
il  contribuente  puo'  avere gia' utilizzato il credito al quale, in
sede di definizione automatica, si deve rinunciare.
  Al  riguardo,  si  puo'  ipotizzare che il contribuente, in sede di
presentazione della dichiarazione annuale relativa al 1991, non abbia
riportato  nel  codice  L6  il credito risultante dalla dichiarazione
1990,  essendo  intenzionato a chiedere la definizione automatica. In
tal caso nulla occorre.
  E'  anche possibile, peraltro, che il contribuente abbia presentato
la dichiarazione annuale relativa al 1991 riportando nel codice L6 il
credito risultante dalla dichiarazione 1990.
  In tal caso, si ritiene che egli possa ugualmente beneficiare della
definizione  automatica  provvedendo,  in sede di presentazione della
dichiarazione  integrativa,  a  versare  l'intero  credito risultante
dalla dichiarazione annuale 1990 ed, eventualmente, la differenza per
imposta integrativa ancora dovuta.
                            Capitolo III
                 INTEGRAZIONE SEMPLICE E FRANCHIGIA
              AMMISSIBILITA' DI ACCERTAMENTI SUCCESSIVI
1. Ufficio competente ad effettuare gli accertamenti.
  Per i periodi d'imposta in ordine ai quali non sia stato notificato
avviso  di rettifica o di accertamento alla data del 1' gennaio 1992,
il  contribuente  ha la possibilita', ai sensi dell'art. 50, comma 1,
di  presentare  le  dichiarazioni  annuali omesse o di rettificare le
dichiarazioni annuali presentate, anche se con ritardo superiore a un
mese, lasciando aperto il rapporto tributario con l'ufficio.
  Qualora  si  intenda  supplire  ad una omissione vera e propria, la
presentazione  della  dichiarazione  integrativa  deve  comportare un
versamento  d'imposta  di almeno 300 mila lire. Se, invece, si miri a
rettificare  una  dichiarazione presentata, sia pure tardivamente, la
dichiarazione  integrativa,  per un verso, deve indicare una maggiore
imposta  dovuta  o  un  minor  credito  spettante, senza peraltro che
necessiti  il  rispetto  di  importi minimi, e, per l'altro, non puo'
legittimare   detrazioni  d'imposta  in  misura  superiore  a  quella
risultante dalla dichiarazione originaria.
  In  entrambi i casi suddetti, gli uffici provvedono ai controlli ed
agli   accertamenti   delle  dichiarazioni  originarie  e  di  quelle
integrative  con  i  criteri  e  le  modalita'  indicate  nei decreti
ministeriali  con  i  quali  vengono  fissati  i programmi annuali di
accertamento,  in  attuazione  delle disposizioni contenute nell'art.
51,  comma  1,  del  D.P.R.  26  ottobre  1972,  n. 633, e successive
modificazioni.
  Qualora  il  contribuente abbia presentato una o piu' dichiarazioni
originarie  ad un ufficio e, poi, per effetto di un trasferimento del
domicilio  fiscale,  abbia presentato la dichiarazione integrativa ad
altro  ufficio,  la  competenza  ad  effettuare  i  controlli  e  gli
accertamenti   spetta   sempre   all'ufficio   che   ha  ricevuto  le
dichiarazioni  originarie,  il  quale  sara'  informato dei contenuti
della  dichiarazione  integrativa  attraverso  il Centro informativo.
Analogamente, in caso di omissione della dichiarazione originaria, la
competenza  ad effettuare eventuali accertamenti successivamente alla
presentazione  della  dichiarazione  integrativa  ad ufficio diverso,
rimane   sempre   dell'ufficio   presso  il  quale  la  dichiarazione
originaria avrebbe dovuto a suo tempo essere presentata.
  Peraltro, gli uffici competenti potranno procedere all'accertamento
soltanto  se  si  verifichino  le condizioni previste nel terzo comma
dell'art. 50 in esame.
  Le situazioni ipotizzabili al riguardo sono le seguenti.
2. Dichiarazione originaria a debito.
    a) la rettifica non e' ammessa qualora l'ammontare della maggiore
imposta   accertabile,   rispetto   a  quella  dovuta  in  base  alla
dichiarazione  originaria  ed  a  quella indicata nella dichiarazione
integrativa,  sia  inferiore  al 50 per cento dell'imposta risultante
dalla dichiarazione integrativa;
    b)  la  rettifica  e'  ammessa nell'ipotesi inversa, ossia quando
l'ammontare  della  maggiore  imposta  accertabile, rispetto a quella
risultante  dalla  dichiarazione  originaria e da quella integrativa,
sia  uguale o superi il 50 per cento dell'imposta dovuta in base alla
dichiarazione integrativa.
  In quest'ultimo caso:
   1  -  se  l'imposta  risultante dalla dichiarazione integrativa e'
pari  o  superiore  al  10  per  cento  di quella dovuta in base alla
dichiarazione  originaria  (per  il concetto di imposta dovuta vedasi
quanto  chiarito  al  paragrafo  1)  la maggiore imposta accertata e'
ridotta  di una franchigia pari al 50 per cento dell'imposta indicata
nella dichiarazione integrativa;
   2  -  se  l'imposta  risultante dalla dichiarazione integrativa e'
inferiore al 10 per cento di quella dovuta in base alla dichiarazione
originaria,  non  si  fa  luogo  ad  alcuna  riduzione della maggiore
imposta determinata a seguito dell'accertamento.
 Valgano a chiarire le disposizioni in argomento i seguenti esempi:
   A)  -  IVA dovuta in base alla dichiarazione originaria 30.000.000
   IVA indicata nella dichiarazione integrativa 10.000.000
                                                           ----------
                                                           40.000.000
Qualora la maggiore imposta accertabile, rispetto al complessivo
dichiarato  di  lire  40.000.000, sia di lire 4.000.000, la rettifica
non  e'  ammessa  dal  momento che la maggiore imposta accertabile e'
inferiore al 50 per cento dell'importo risultante dalla dichiarazione
integrativa (4.000.000 minore di 0,5 x 10.000.000).
  Pertanto,  l'imposta  resta definita per l'ammontare complessivo di
lire 40.000.000.
  Parimenti  non  e'  ammesso  l'accertamento ove la maggiore imposta
accertabile sia di lire 5.000.000, ossia pari (e non superiore) al 50
per  cento  della  imposta  indicata  nella dichiarazione integrativa
(5.000.000  =  0,5  x  10.000.000), in quanto in tal caso la maggiore
imposta  accertabile  deve essere diminuita di una franchigia di pari
importo.
   B)  -  IVA dovuta in base alla dichiarazione originaria 30.000.000
   IVA indicata nella dichiarazione integrativa 10.000.000
                                                           ----------
                                                           40.000.000
Qualora la maggiore imposta accertabile, rispetto al complessivo
dichiarato  di lire 40.000.000, sia di lire 8.000.000, l'accertamento
e' ammesso, in quanto lire 8.000.000 e' maggiore di lire 5.000.000.
  Inoltre,   poiche'   l'imposta   risultante   dalla   dichiarazione
integrativa   supera  il  10  per  cento  di  quella  indicata  nella
dichiarazione   originaria   (10.000.000   maggiore   di  3.000.000),
l'imposta dovuta a seguito della notifica dell'avviso di rettifica e'
di  lire  3.000.000,  pari  alla differenza tra lire 8.000.000 e lire
5.000.000.  In  altre parole, la franchigia di lire 5.000.000 diventa
un effettivo abbuono d'imposta.
   C)  -  IVA dovuta in base alla dichiarazione originaria 30.000.000
   IVA indicata nella dichiarazione integrativa 2.000.000
                                                           ----------
                                                           32.000.000
Qualora la maggiore imposta accertabile, rispetto al complessivo
dichiarato  di lire 32.000.000, sia di lire 8.000.000, l'accertamento
e' ammesso, in quanto 8.000.000 maggiore di 0,5 x 2.000.000.
  Peraltro,  in  tale  fattispecie l'IVA integrata e' inferiore al 10
per  cento  dell'imposta originariamente dichiarata (2.000.000 minore
di 0,1 x 30.000.000). Non si verifica, pertanto, la condizione per la
concessione  della  franchigia  e  l'imposta  dovuta  a seguito della
notifica dell'avviso di rettifica sara' pari a lire 8.000.000.
3. Dichiarazione originaria a credito.
  La  rettifica  e'  ammessa  a  condizione che l'ammontare del minor
credito  (e  l'eventuale  imposta  a  debito)  risultante  a  seguito
dell'accertamento superi, rispetto a quanto indicato complessivamente
nella dichiarazione originaria e in quella integrativa, il 50 per
  cento   dell'imposta   da   versare   in  base  alla  dichiarazione
  integrativa.
Verificandosi tale ipotesi, ove dalla dichiarazione originaria non
risulti   imposta   dovuta,   l'ufficio  dovra'  ridurre  il  proprio
accertamento   della  suddetta  franchigia  del  50  per  cento,  ove
l'integrazione  sia  uguale o superiore al 10% del credito risultante
dalla dichiarazione originaria.
  Esempi:
   A) - Credito risultante dalla dichiarazione
originaria 20.000.000
   minor credito indicato nella dichiarazione
integrativa 5.000.000 (importo
                                               ---------- da versare)
                                               15.000.000
  Qualora  il minor credito accertabile dall'ufficio, rispetto a lire
15.000.000,  sia  di  lire  2.000.000,  la  rettifica  non e' ammessa
poiche'  il  minor  credito  accertabile e' inferiore alla franchigia
costituita  dal  50  per  cento  del  minor  credito  indicato  nella
dichiarazione integrativa (2.000.000 minore di 0,5 x 5.000.000).
  In  tale  ipotesi,  con il versamento di lire 5.000.000 di cui alla
dichiarazione  integrativa,  risultera'  definitivamente acquisito il
credito originario di lire 20.000.000, nel senso che detto importo e'
stato  (o  sara)  rimborsato dall'ufficio, tranne che il contribuente
non lo abbia computato in detrazione nell'anno successivo.
   B) - Credito risultante dalla dichiarazione
originaria 20.000.000
   minor credito indicato nella dichiarazione
integrativa 5.000.000 (importo
                                               ---------- da versare)
                                               15.000.000
  Qualora  il  minor  credito accertato dall'ufficio, rispetto a lire
15.000.000, sia di lire 6.000.000, la rettifica e' ammessa (6.000.000
maggiore  di  0,5  x  5.000.000) ma l'imposta accertata dovra' essere
diminuita della franchigia di lire 2.500.000.
  Si otterra' cosi' un importo pari a lire 3.500.000.
  Detto  importo,  a seguito della notifica dell'avviso di rettifica,
dovra' essere versato dal contribuente qualora l'eccedenza risultante
dalla  dichiarazione  originaria  sia  stata  computata in detrazione
nell'anno  successivo  ovvero ne sia gia' stato ottenuto il rimborso.
Nel  caso,  invece,  di  rimborso richiesto ma non ancora effettuato,
l'ufficio   potra'   procedere  alla  compensazione,  restituendo  al
contribuente,  anziche'  lire 20.000.000, la somma di lire 16.500.000
(20.000.000 - 3.500.000) senza richiedere alcun versamento.
   C) - Credito risultante dalla dichiarazione
originaria 5.000.000
   minor credito indicato nella dichiarazione
integrativa 4.000.000 (importo
                                               ---------- da versare)
                                                1.000.000
  Qualora,  rispetto  a  lire  1.000.000,  venga  accertato  un minor
credito di lire 1.000.000 e un'imposta a debito di lire 2.000.000, la
rettifica  e' ammessa, dal momento che 1.000.000 + 2.000.000 maggiore
di  0,5  x  4.000.000, ma l'imposta accertata dovra' essere diminuita
della franchigia (3.000.000 - 2.000.000).
  L'importo  di  lire 1.000.000 che si otterra' dovra' essere versato
dal  contribuente  qualora l'eccedenza risultante dalla dichiarazione
originaria  sia  stata  computata  in detrazione nell'anno successivo
ovvero  ne  sia stato gia' ottenuto il rimborso. Nel caso, invece, di
rimborso richiesto ma non ancora effettuato, l'ufficio restituira' al
contribuente,  anziche'  lire  5.000.000,  la somma di lire 4.000.000
(5.000.000 - 1.000.000) senza richiedere alcun versamento.
4. Dichiarazione originaria omessa.
  L'accertamento dell'ufficio e' ammesso a condizione che la maggiore
imposta risultante a seguito dell'accertamento sia uguale o superi il
50 per cento di quella indicata nella dichiarazione integrativa.
  Mancando  in  tal  caso  il parametro di riferimento (dichiarazione
originaria)  per  stabilire  la percentuale dell'integrazione, non e'
configurabile  alcuna  franchigia  effettiva e, pertanto, la maggiore
imposta  determinata  a  seguito  dell'accertamento  sara' dovuta per
intero.
Esempi:
   A) - IVA indicata nella dichiarazione integrativa 4.000.000.
  Qualora  la  maggiore  imposta  accertabile  sia di lire 2.000.000,
l'accertamento  e'  ammesso,  anche  se tale importo e' uguale (e non
superiore)  alla  meta'  dell'imposta  indicata  nella  dichiarazione
integrativa (2.000.000 = 0,5 x 4.000.000).
  Cio'   perche'   al  contribuente  non  spetta  alcuna  franchigia.
Pertanto, a seguito dell'accertamento, sara' dovuta l'imposta di lire
2.000.000.
   B) - IVA indicata nella dichiarazione integrativa 4.000.000.
  Qualora  la  maggiore  imposta  accertabile  sia di lire 3.000.000,
l'accertamento  e'  ammesso (3.000.000 maggiore di 0,5 x 4.000.000) e
al  contribuente  non  spetta  alcuna franchigia. Pertanto, a seguito
della notifica dell'avviso di accertamento, sara' dovuta l'imposta di
lire 3.000.000.
5. Operazioni inesistenti.
  Nel  caso  in  cui  l'integrazione  ex art. 50 riguardi imposte che
traggono   origine   da   operazioni   inesistenti,   gli   eventuali
accertamenti   degli  uffici,  successivi  alla  presentazione  della
dichiarazione   integrativa,  potranno  essere  effettuati  senza  il
rispetto  delle condizioni previste nel terzo comma dell'art. 50, non
essendo configurabile alcuna franchigia a favore del contribuente.
  Negli esempi illustrati ai punti I-B, I-C, II-B, II-C e III-B, come
si e' visto, l'avvenuta presentazione della dichiarazione integrativa
non preclude all'ufficio l'esercizio della potesta' di accertamento.
  Al riguardo, va evidenziato che la disposizione contenuta nel terzo
comma,   ultimo   periodo,   dell'art.   50   in  esame  consente  ai
contribuenti,  che  intendano  opporsi  alle  rettifiche  intervenute
successivamente  alla  presentazione della dichiarazione integrativa,
di  proporre  ricorso  alla  commissione tributaria di 1' grado senza
operare  il  pagamento  di  meta'  della  maggiore  imposta accertata
dall'ufficio,  come  prevede  l'art. 60, comma 2, n. 1, del D.P.R. n.
633/1972,  nel testo modificato dall'art. 5, comma 10, della legge 26
giugno 1990, n. 165.
  La  riscossione progressiva del tributo - in costanza di giudizio -
inizia  quindi  in  occasione  della  presentazione  del ricorso alla
commissione  tributaria di 2› grado, con il versamento della maggiore
imposta  fino  a  concorrenza  dei due terzi dell'ammontare accertato
dalla commissione di 1' grado.
  Da  ultimo,  va tenuto presente che, ai sensi dell'art. 3, comma 2,
del  D.L. 27 aprile 1992, n. 269, nell'ipotesi di avvisi di rettifica
o  di  accertamento  notificati tra il 1' ottobre 1991 e il 1' giugno
1992, debitamente impugnati (salvo le ipotesi di sospensione previste
dall'art.  48), rimane al contribuente, in alternativa alla richiesta
di   definizione  automatica,  la  possibilita'  di  avvalersi  della
presentazione  della  dichiarazione  integrativa secondo le modalita'
previste dall'art. 50.
   Si  possono,  quindi, verificare due casi. Se l'imposta risultante
dalla  dichiarazione  integrativa semplice e' inferiore all'imposta o
alla   maggiore   imposta  accertata  dall'Ufficio,  diminuita  dalla
relativa  franchigia (ove spettante), la controversia prosegue per la
parte  non  definita.  Se  l'integrazione  copre,  invece,  l'imposta
accertata  diminuita  della  relativa  franchigia  (se spettante), la
controversia di estingue.
                             Capitolo IV
           INAPPLICABILITA' DELLE SANZIONI AMMINISTRATIVE
                      E DEGLI INTERESSI DI MORA
  Gli  articoli 47 e 52, comma 3, dispongono in ordine alle modalita'
di  definizione  delle  controversie relative ad infrazioni formali e
gli articoli 50, commi 2 e 4 e 52, commi 2 e 4 in ordine alle diverse
conseguenze  che  possono derivare, sotto il profilo sanzionatorio, a
seguito  della  definizione dell'imposta o, comunque, a seguito della
presentazione della dichiarazione integrativa semplice.
  Al riguardo si forniscono i seguenti chiarimenti.
  1.  Effetti  della definizione dell'imposta sull'applicazione delle
sanzioni.
  Se l'imposta resta definita, l'art. 52, comma 2, prevede che non si
rendono applicabili (nel senso che non possono piu' essere irrogate o
devono  essere  abbandonate  se  gia'  irrogate con provvedimenti non
divenuti  definitivi)  le sanzioni amministrative previste dal titolo
terzo  del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, quelle previste dal D.P.R.
6  ottobre  1978,  n. 627, concernente l'introduzione dell'obbligo di
emissione  del  documento  di  accompagnamento dei beni viaggianti, e
quelle  previste  dalle  leggi  10  maggio 1976, n. 249, e 26 gennaio
1983,  n. 18, in materia di obbligo da parte di determinate categorie
di  contribuenti di rilasciare, rispettivamente, una ricevuta fiscale
o  uno  scontrino  fiscale mediante l'uso di speciali registratori di
cassa. Non si rendono altresi' applicabili gli interessi di mora.
  Ove l'imposta rimanga definita, l'abbandono delle sanzioni relative
alle  violazioni  che  non  danno  luogo  a  rettifica  si verifica a
prescindere  dalla circostanza che le stesse siano state irrogate con
l'avviso   di   rettifica  o  di  accertamento  oppure  con  separati
provvedimenti, ovviamente non divenuti definitivi.
  Peraltro,   stante   l'evidente   connessione  tra  la  definizione
dell'imposta  e l'abbandono delle penalita', si precisa che, nel caso
di  sanzioni  irrogate  a  soggetti  diversi (come puo' avvenire, per
esempio,  per quelle previste dal D.P.R. n. 627/1978 o dalla legge n.
249/1976)  il richiamato art. 52, comma 2, opera solo per le sanzioni
ascritte allo stesso soggetto che ha definito l'imposta.
  La inapplicabilita' delle sanzioni, nel senso sopra chiarito, si ha
in  tutti  i  casi nei quali si realizza la definizione automatica di
cui  all'art.  49  e  nei  casi  di definizione dell'imposta previsti
dall'art.  44,  con  esclusione,  peraltro,  dell'ipotesi  in  cui la
definizione  riguardi  singoli  rilievi,  nel  qual caso, non saranno
applicate le sanzioni afferenti i rilievi stessi.
  Gli  effetti favorevoli per il contribuente, che scaturiscono dalla
definizione  dell'imposta  del  periodo, ai sensi degli articoli 44 e
49,   non  consistono  solo  nella  inapplicabilita'  delle  sanzioni
amministrative    e    degli    interessi    di    mora,   ma   anche
nell'impossibilita'  per  gli  uffici  di  integrare o modificare, ai
sensi  dell'art. 57, comma 3, del D.P.R. n. 633/1972, le rettifiche o
accertamenti  gia'  eseguiti,  nonche'  nell'ammissione  al beneficio
dell'amnistia  per  tutti  i  reati tributari, ai sensi del D.P.R. 20
gennaio 1992, n. 24.
  La  preclusione di eseguire accertamenti integrativi o modificativi
sussiste  anche  con  riferimento ai periodi d'imposta per i quali si
era reso definitivo l'accertamento, a condizione che vengano definiti
automaticamente i periodi non accertati.
  Va,   peraltro,  precisato  che  il  consolidamento  dei  risultati
conseguenti  alla definizione automatica di cui all'art. 49 non opera
in  presenza  di  errori  materiali  o  di  calcolo  (compresi quelli
relativi  ad  errati riporti di credito o ad erroneo calcolo del pro-
rata)   commessi   nella   dichiarazione   originaria,   che  abbiano
determinato  l'indicazione di un credito superiore a quello effettivo
(principio  gia' affermato nella circolare ministeriale n. 67/4z26788
del  30 novembre 1984, con riferimento all'art. 27 del D.L. 10 luglio
1982, n. 429, convertito nella legge 7 agosto 1982, n. 516).
2. Effetti della dichiarazione integrativa semplice.
  Qualora  venga  presentata  la  dichiarazione integrativa semplice,
l'art.  50,  comma  2, prevede che non si procede all'applicazione di
sanzioni e interessi di mora.
  Le  sanzioni  cui allude il comma in questione sono quelle connesse
all'applicazione dell'imposta, mentre per tutte le altre di carattere
formale, la non applicabilita' rimane subordinata a seconda dei casi,
al  versamento  degli  importi previsti dall'art. 52, comma 3, o alla
definizione ex art. 47.
  Nei casi di presentazione della dichiarazione integrativa semplice,
per i reati tributari richiamati dall'art. 1, comma 2, lettera a) del
decreto  n.  24/1992, compete il beneficio dell'amnistia se l'entita'
dell'imposta  integrativa  dichiarata,  per  gli anni interessati, e'
tale  da  fare  venir meno il superamento delle soglie di punibilita'
previste per i reati stessi.
  Per  le  altre  contravvenzioni, l'amnistia si applica se l'imposta
integrativa  indicata,  negli anni interessati, non e' inferiore agli
importi minimi previsti dai commi 3, 4 e 5 dell'art. 38.
  In   sede  di  accertamento  successivo  alla  presentazione  della
dichiarazione  integrativa  semplice  (ovviamente  ove ne ricorrano i
presupposti)  saranno  dovuti  le  sanzioni  e  gli interessi di mora
relativi  alla  dichiarazione  (art.  43  D.P.R.  n.  633/1972)  e al
versamento  (art.  44  stesso  decreto  che andranno commisurati alla
differenza  tra  l'imposta  o  la maggiore imposta accertata e quella
cumulativamente dichiarata dal contribuente (dichiarazione originaria
+  dichiarazione  integrativa), aumentata della franchigia, in quanto
la stessa competa.
3. Definizione delle controversie relative ad infrazioni formali.
  Nei  casi  in  cui  l'imposta  non  venga definita, le controversie
pendenti  al  1'  gennaio  1992  aventi per oggetto pene pecuniarie e
soprattasse  relative ad infrazioni formali, possono essere definite,
ai  sensi  dell'art. 47, mediante il pagamento del 10 per cento delle
sanzioni, come determinate negli avvisi di rettifica o di irrogazione
notificati dagli uffici.
  Al riguardo, sembra opportuno chiarire che rientrano nell'ambito di
applicazione dell'art. 47 in esame:
   sotto  il profilo del contenuto, anche le violazioni formali rela-
tive    alle   disposizioni   sugli   obblighi   strumentali   (bolla
d'accompagnamento,  ricevuta e scontrino fiscale) ancorche' le stesse
non siano espressamente richiamate;
   sotto l'aspetto temporale, le controversie non divenute definitive
originate  da  provvedimenti  notificati fino alla data di entrata in
vigore della legge n. 413/1991.
  Ancora  va osservato che, diversamente da quanto previsto dall'art.
44  per  la  definizione  delle controversie d'imposta, l'art. 47 non
contiene  alcun  riferimento  alle  vicende  della  fase contenziosa.
Pertanto,  la  definizione  si  realizza con il versamento del 10 per
cento  delle  penalita'  irrogate  dall'Ufficio,  a  nulla  rilevando
eventuali   decisioni   non   definitive   emesse  dalle  commissioni
tributarie.
  Esempi  di  ipotesi  rientranti  nella  sfera  di  operativita' del
menzionato art. 47 sono i seguenti:
    a)  contestazione  di  violazioni  che abbiano comportato la sola
notifica  dell'avviso  di  irrogazione di sanzioni, senza dar luogo a
rettifica della dichiarazione;
    b) avviso di rettifica o di accertamento non opposto davanti alle
commissioni  tributarie  seguito (o preceduto) da un provvedimento di
irrogazione  di  sanzioni  formali  regolarmente  impugnato, o per il
quale non sia ancora scaduto il termine per il ricorso;
    c)  avviso di rettifica o di accertamento opposto ma per il quale
il  contribuente  non  intenda avvalersi della definizione agevolata,
seguito  (o preceduto) da un provvedimento di irrogazione di sanzioni
formali  impugnato,  o per il quale non sia ancora scaduto il termine
per il ricorso;
    d)  avviso  di irrogazione di sanzioni commesse dai vettori o dai
conducenti,  in  relazione  all'osservanza degli obblighi previsti in
materia  di  documenti di accompagnamento dei beni viaggianti, pur in
presenza  di  definizione  della dichiarazione annuale conseguita dal
mittente;
    e)  avviso di accertamento non avente per oggetto l'insieme delle
operazioni attive e passive poste in essere nel periodo d'imposta, ma
riguardante esclusivamente la correzione di errori materiali commessi
dal   contribuente,   che   abbiano  comportato  l'indicazione  nella
dichiarazione  annuale di una minore imposta o di un maggiore credito
spettante.
  Si  faccia  l'ipotesi  che  in  sede di dichiarazione annuale venga
riportato  un  credito gia' chiesto a rimborso nel precedente anno di
competenza,   oppure  un  credito  di  ammontare  non  corrispondente
all'eccedenza  dell'anno precedente (per esempio, maggiorato di uno o
piu'  zeri).  Poiche'  in  tali  casi  ci  si trova in presenza di un
credito  oggettivamente inesistente in tutto o in parte, un avviso di
accertamento  che  si  limiti a disconoscere detto credito potra' dar
luogo  soltanto  ad una controversia riguardante la misura della pena
pecuniaria irrogata dall'ufficio per la violazione commessa.
  Ne  consegue,  per un verso, l'impossibilita' della definizione del
periodo  d'imposta  ai  sensi dell'art. 44 e, per altro verso, che la
controversia  riguardante  la  pena  pecuniaria  irrogata puo' essere
definita  ai  sensi dell'art. 47, senza peraltro che cio' comporti il
riconoscimento  del credito inesistente. In caso contrario si avrebbe
un indebito arricchimento da parte del contribuente.
  Lo stesso dicasi, ovviamente, nel caso che in sede di dichiarazione
annuale  sia stata indicata una minore imposta dovuta, per esempio, a
causa di un errore di calcolo.
  Qualora  l'avviso  notificato dall'ufficio non riguardi soltanto la
correzione  di  errori  materiali  commessi  in sede di dichiarazione
annuale,  ma si riferisca anche al complesso dell'attivita' economica
posta in essere dal soggetto nel periodo d'imposta, la definizione ex
art.  44  e'  ovviamente  consentita  e tale definizione comporta, ai
sensi  dell'art.  52,  comma  2,  la  inapplicabilita' delle sanzioni
irrogate  (ivi  comprese quelle che scaturiscono dai suddetti errori,
senza  che  si  renda  dovuto  il  pagamento  del  10 per cento della
sanzione previsto dall'art. 47).
  Anche  in  tale  ipotesi,  pero',  la  definizione  non  puo' avere
l'effetto di legittimare minori imposte o maggiori crediti dichiarati
per mero errore materiale;
    f)  avviso  di  irrogazione  di  sanzioni  emesso  a  carico  del
cessionario  o  committente per omessa regolarizzazione di operazioni
effettuate senza fatturazione o con fatturazione irregolare, ai sensi
dell'art. 41, comma 4, del D.P.R. n. 633/1972, nel testo vigente fino
al 1' marzo 1989.
  Prima  delle  sostanziali modifiche introdotte in materia dall'art.
22,  comma 3, del D.L. 2 marzo 1989, n. 69, convertito nella legge 27
aprile 1989, n. 154, le violazioni in questione comportavano a carico
del  cesssionario  o  committente  la  sola  applicazione  delle pene
pecuniarie   di   omessa   o   inesatta   fatturazione.  Le  relative
controversie   pendenti  alla  data  del  1'  gennaio  1992  possono,
pertanto, essere definite ai sensi dell'art. 47.
  Poiche'  dal  2  marzo  1989, nei casi suddetti, e' previsto per il
cessionario o committente anche l'obbligo di corrispondere l'imposta,
la definizione delle controversie relative alle infrazioni commesse a
partire  da  tale data puo' anche essere conseguita secondo i criteri
previsti dall'art. 44;
    g)   avviso   di   irrogazione  della  pena  pecuniaria  o  della
soprattassa  di cui all'art. 44 del D.P.R. n. 633/1972 per violazioni
dell'obbligo del versamento.
  Com'e'   ovvio,   in   tale   ipotesi,  l'imposta  (se  non  ancora
corrisposta)  deve  essere  pagata per intero e si rendono dovuti gli
interessi maturati fino alla data del pagamento.
4. Infrazioni formali non ancora accertate.
  Nei  casi  in  cui  l'imposta  non  sia stata definita, le sanzioni
amministrative  che  non  danno  luogo  a rettifica o ad accertamento
d'imposta,   comprese   quelle   previste   in   materia   di   bolle
d'accompagnamento  di  merci  viaggianti,  di  ricevute  e  scontrini
fiscali, qualora alla data del 1' gennaio 1992 non siano stati ancora
notificati  i relativi avvisi di irrogazione, possono essere definite
ai sensi dell'art. 52, comma 3, con il pagamento dell'importo di lire
500  mila  per  ogni  periodo  d'imposta nel quale le infrazioni sono
state commesse.
  L'importo e' ridotto a lire 150 mila per le infrazioni commesse dai
vettori  e  a  lire  50  mila  per  quelle commesse dai conducenti in
relazione  all'osservanza  degli  obblighi  previsti  in  materia  di
documenti di accompagnamento dei beni viaggianti.
  Infine, l'art. 52, comma 4, dispone per le violazioni commesse fino
al  1'  gennaio  1992  l'abbandono o la non applicabilita' delle pene
pecuniarie il cui minimo edittale non superi 40 mila lire.
5. Sanatoria relativa ai versamenti d'imposta.
  L'art. 3, comma 6, del D.L. 27 aprile 1992, n. 269, reiterativo del
D.L. 28 febbraio 1992, n. 174, non convertito, ha aggiunto l'art. 62-
bis alla legge n. 413/1991.
  Le nuove disposizioni consentono, tra l'altro, l'abbandono o la non
applicazione  e,  in  taluni  casi,  anche il rimborso delle sanzioni
(pene  pecuniarie  e soprattassa) previste dall'art. 44 del D.P.R. n.
633/1972   per  le  ipotesi  di  omesso  o  insufficiente  versamento
dell'imposta sul valore aggiunto.
  Va  subito  precisato che le norme agevolative riguardano l'imposta
risultante dalle dichiarazioni annuali presentate anteriormente al 30
novembre  1991  (ivi  compresa  l'imposta  afferente  le liquidazioni
periodiche)  in  ordine  alla  quale  il termine per il versamento e'
scaduto anteriormente a tale data.
  Pertanto,   restano   esclusi  dall'ambito  di  applicazione  della
sanatoria le infrazioni relative ai periodi d'imposta 1991 e 1992.
  La sanatoria e' applicabile alle sanzioni che, alla data di entrata
in vigore del citato D.L. n. 269 (29 aprile 1992):
   non  siano  state  ancora  irrogate  o,  comunque, non siano state
iscritte a ruolo;
   siano  state  iscritte  in ruoli gia' emessi, con riferimento alle
rate d'imposta non ancora scadute alla data del 29 aprile 1992;
   siano  state  iscritte in ruoli gia' emessi, anche con riferimento
alle  rate d'imposta gia' scadute alla predetta data e non pagate per
fatto doloso commesso da terzi.
  Per  quanto concerne le sanzioni non ancora irrogate o per le quali
non  risulti  gia' emesso il ruolo, l'abbandono o la non applicazione
delle  penalita'  e'  subordinato  alla condizione che l'imposta (che
ovviamente  non  risulti  gia'  pagata)  venga versata in due rate di
uguale  importo,  scadenti il 20 maggio e il 31 luglio 1992. Le somme
da  versare,  secondo  quanto prevede il comma 4, ultimo periodo, del
citato  art. 62-bis devono essere maggiorate del 12 per cento fisso a
titolo di interessi.
  Il  pagamento va effettuato direttamente all'ufficio IVA competente
o,   per   le   somme  iscritte  a  ruolo,  al  concessionario  della
riscossione.
  Se  le  imposte  non  versate  e  le  relative  sanzioni sono state
iscritte  in  ruoli  gia' emessi alla data del 29 aprile 1992, devono
essere  abbandonate  le  sanzioni  relative  alle  rate d'imposta non
ancora scadute alla suddetta data, a condizione che le stesse vengano
  pagate,  con  i  relativi  interessi,  alle rispettive scadenze del
  ruolo.
Le sanzioni relative alle rate d'imposta gia' scadute e non pagate
alla data del 29 aprile 1992 restano dovute. Tuttavia dette penalita'
vanno   abbandonate   se,   per  un  verso,  i  soggetti  interessati
dimostrino,   esibendo   opportuna   documentazione  che  il  mancato
versamento   e'   dipeso   da   fatto  doloso  di  terzi,  denunciato
all'autoria'  giudiziaria  prima  del 29 aprile 1992, e se, per altro
verso, le somme non ancora pagate vengano corrisposte, con i relativi
interessi, alle suddette scadenze del 20 maggio e del 31 luglio 1992.
  Per avvalersi delle nuove possibilita' di definizione, i
contribuenti  interessati sono tenuti a presentare entro il 1' giugno
1992  la  dichiarazione  integrativa (prevista dagli articoli 49 e 50
della legge n. 413/1991) indicando nelle annotazioni del modello o in
apposito prospetto:
   le  imposte  dovute,  distinte per ciascun periodo d'imposta e per
tipo di versamento (mensile o trimestrale);
   i dati dei versamenti effettuati;
   gli  estremi  delle  cartelle  di  pagamento,  ovviamente  se gia'
notificate.
  A  tal  fine,  si  allega  alla  presente  circolare  uno schema di
prospetto che puo' essere utilizzato dagli interessati.
  Non  e'  richiesta  l'indicazione  dei  dati dei versamenti tardivi
eseguiti  spontaneamente (ossia in assenza di cartella di pagamento o
ingiunzione) prima del 29 aprile 1992.
  Sulla  base  della dichiarazione integrativa presentata, gli uffici
provvedono   allo   sgravio   delle   sanzioni  iscritte  a  ruolo  o
all'annullamento di quelle richieste mediante ingiunzione, non ancora
pagate  alla  data  del  29  aprile  1992  in quanto non siano ancora
scaduti  i  termini  per  il  pagamento indicati nei suddetti atti di
riscossione.  Lo  sgravio  o l'annullamento non spetta, quindi, se il
mancato pagamento e' dipeso da morosita' del contribuente.
  Sempre   a   seguito   della   presentazione   della  dichiarazione
integrativa,   gli  uffici  provvedono  altresi'  al  rimborso  delle
sanzioni  eventualmente  corrisposte  a  partire  dal 29 aprile 1992,
purche'  il pagamento sia avvenuto nei termini previsti dagli atti di
riscossione.
  Il rimborso compete anche per le penalita' corrisposte prima del 29
aprile  1992,  se i soggetti interessati dimostrino che il versamento
dell'imposta  non  e' stato eseguito tempestivamente per fatto doloso
di terzi denunciato all'autorita' giudiziaria prima di tale data.
  Resta  inteso  che  gli  effetti  della  sanatoria  (sgravio  delle
sanzioni  o rimborso delle stesse) vengono meno nell'eventualita' che
il  giudizio  si  concluda  con l'accertamento dell'insussistenza del
fatto doloso denunciato dal contribuente.
  E'  appena  il  caso  di  far  presente  che  le nuove disposizioni
dell'art.   62-bis  non  escludono  la  possibilita'  alternativa  di
avvalersi,  per la definizione delle violazioni di omesso versamento,
delle norme contenute negli articoli 47 e 52, comma 3, della legge n.
413/1991.
                             Capitolo V
                      PROCEDURA DI DEFINIZIONE
                  MODALITA' E TERMINI DI PAGAMENTO
  Per  la  definizione  agevolata  dei rapporti tributari pendenti in
materia di imposta sul valore aggiunto la legge n. 413/1991 contempla
due diverse procedure:
    a)  la  prima  assegna  alla  stessa  Amministrazione finanziaria
l'iniziativa  di  invitare gli interessati alla definizione agevolata
e,  solo in subordine, prevede che siano i contribuenti a produrre la
relativa  istanza.  Si  tratta  della  definizione delle controversie
pendenti di cui agli articoli 44 e 47;
    b)  la  seconda, riguardante la definizione dei periodi d'imposta
non  ancora accertati, prevede, quale unico mezzo per avvalersi delle
norme  agevolative  di  cui  trattasi,  la presentazione da parte del
contribuente  di  una  dichiarazione  integrativa.  Si  tratta  delle
ipotesi disciplinate dagli articoli 49, 50 e 52, comma 3.
1. Invito al contribuente e istanza di definizione.
  In  ordine  al  primo  sistema di definizione, gli articoli 45 e 46
dispongono   che   l'Anagrafe   tributaria   invii   ai  contribuenti
interessati  entro  il  31  gennaio 1992 una lettera raccomandata con
avviso  di  ricevimento,  contenente  l'invito a definire le pendenze
mediante   il   pagamento   entro  il  20  maggio  1992  delle  somme
specificamente indicate nella lettera stessa, con riferimento ad ogni
singolo  periodo  d'imposta.  Il  pagamento  va eseguito direttamente
all'ufficio IVA indicato nell'anzidetta lettera raccomandata, secondo
le  modalita'  dettate  dall'art.  38,  ultimo  comma,  del D.P.R. 26
ottobre 1972, n. 633.
  Se  l'imposta  da  pagare,  relativa  ai periodi o ai rilievi per i
quali il contribuente intende estinguere la controversia, supera lire
3  milioni  e' prevista la possibilita' di effettuare il pagamento in
un'unica  soluzione,  entro  il  20 maggio 1992 ovvero in tre rate di
uguale  importo,  scadenti  rispettivamente  il 20 maggio 1992, il 31
luglio  1992 e il 31 marzo 1993. In tale ultimo caso si applicano gli
interessi,  nella  misura del 9 per cento annuo, alla seconda e terza
rata.
  Come  gia'  detto, il contribuente ha la facolta' di definire anche
singoli  rilievi e non l'accertamento preso nella sua completezza. In
tal  caso  deve  indicare  i rilievi che intende definire in apposita
istanza  da presentare all'ufficio contestualmente al pagamento della
prima o unica rata.
  Per gli eredi dei contribuenti deceduti nel periodo dal 1' dicembre
1991  al  1'  giugno  1992  sono  previsti  margini  piu' ampi per il
pagamento.   Essi   possono,   infatti,   effettuare   i   versamenti
dell'imposta  entro  il  30  settembre  1992 in unica soluzione o, se
l'importo  e'  superiore  a  lire  3  milioni,  in tre rate di uguale
importo  scadenti,  rispettivamente,  il  30  settembre  1992,  il 31
gennaio  1993 e il 30 settembre 1993, maggiorando degli interessi del
9 per cento annuo la seconda e la terza rata.
  In  caso di mancato recapito della lettera raccomandata entro il 20
febbraio 1992, i contribuenti che hanno controversie pendenti possono
presentare  all'ufficio competente, entro il 1' giugno 1992, apposita
istanza  di  definizione,  contenente  la liquidazione delle somme da
versare,  da  redigere  sull'apposito  modello  approvato con D.M. 29
gennaio 1992 pubblicato nel supplemento ordinario n. 20 alla Gazzetta
Ufficiale n. 25 del 31 gennaio 1992.
  Si  precisa che l'ufficio al quale deve essere presentata l'istanza
e'  quello nella cui circoscrizione si trova il domicilio fiscale del
contribuente alla data di presentazione dell'istanza stessa.
  In  caso di cessazione di attivita', l'ufficio competente e' quello
al quale e' stata presentata l'ultima dichiarazione annuale.
  Anche  in  tale  evenienza  deve ovviamente ritenersi consentito il
pagamento  rateale  nei  modi  e  termini  anzidetti, se l'importo da
versare supera lire 3 milioni.
  Gli  eredi  dei  contribuenti  deceduti nel periodo dal 1' dicembre
1991  al  1' giugno 1992 possono presentare la suddetta istanza entro
il 20 agosto 1992, pagando gli importi relativi entro la stessa data.
Ove ricorrano le condizioni per il pagamento rateale le date entro le
quali  devono  essere eseguiti i pagamenti sono rispettivamente il 20
agosto  1992,  il 31 gennaio 1993 e il 30 settembre 1993, maggiorando
degli interessi del 9 per cento annuo la seconda e la terza rata.
  Nelle  ipotesi  in  cui,  per  la definizione dell'imposta, debbano
essere  pagati  importi  superiori ai 500 milioni di lire, l'art. 59,
comma   1,   offre  ai  contribuenti  la  facolta'  di  ottenere  una
rateizzazione per un numero massimo di cinque anni senza il pagamento
di interessi.
  Tenuto  conto che la modalita' di definizione di cui all'art. 44 e'
correlata   allo  stato  della  controversia  e,  piu'  precisamente,
all'esistenza  o  meno  di  una  decisione "depositata" ancorche' non
notificata,  si  ravvisa  l'opportunita'  che gli uffici, ai fini del
controllo  dei  pagamenti eseguiti dal contribuente, rilevino, presso
le  segreterie  delle commissioni, quali delle decisioni emesse siano
state  depositate  alla  data  del  1'  gennaio  1992, acquisendo nel
contempo  copia  del  decisum,  necessario ai fini della liquidazione
dell'imposta.
  Il  mancato  o  insufficiente  pagamento nei termini sopra indicati
comporta l'iscrizione a ruolo dell'imposta e della soprattassa di cui
all'art.  44,  comma  1,  del D.P.R. n. 633/1972 e degli interessi di
mora nella misura del 15 per cento annuo. In tal caso la controversia
si estingue a condizione che il contribuente effettui regolarmente il
pagamento delle somme iscritte a ruolo.
2. Sospensione dei termini e dei giudizi in corso.
  Per consentire ai contribuenti di meglio valutare l'opportunita' di
avvalersi  o  meno  delle  norme agevolative in argomento, l'art. 48,
comma  1,  prevede  che  i  termini  per  ricorrere  o di impugnativa
pendenti alla data del 1' gennaio 1992 sono sospesi fino al 1' giugno
1992.  Pertanto, qualora il termine per impugnare l'accertamento o la
decisione  della  commissione  tributaria  scada,  per esempio, il 10
gennaio  1992,  per  effetto  della  suddetta  disposizione  andra' a
scadere  l'11 giugno 1992. E' il caso di precisare che la sospensione
dei   termini,   avendo  carattere  oggettivo,  opera  a  prescindere
dall'effettivo utilizzo del condono.
  Ovviamente  la  sospensione  di  cui  trattasi non opera solo per i
contribuenti  ma anche a favore degli uffici, con riguardo ai termini
per impugnare eventuali decisioni o sentenze sfavorevoli.
  Lo  stesso  articolo  prevede  altresi'  una  sospensione di uguale
durata  dei giudizi in corso alla data del 1' gennaio 1992. Peraltro,
nei  casi in cui prima di tale data l'udienza di discussione era gia'
stata  fissata  per  un  giorno  ricadente  tra il 1' gennaio e il 1'
giugno 1992 la sospensione non opera ex lege ma deve essere richiesta
espressamente dal contribuente nell'udienza medesima.
  Ai   fini   dell'estinzione   dei   giudizi,  e'  previsto  che  il
contribuente  esibisca  all'organo  giurisdizionale  presso  il quale
pende la controversia, le ricevute, rilasciate dal competente ufficio
IVA,  comprovanti l'avvenuto integrale pagamento dell'imposta dovuta,
ovvero   della   distinta   di  versamento  al  concessionario  della
riscossione delle somme iscritte a ruolo.
  Ove  il  contribuente  abbia definito singoli rilievi, il giudizio,
com'e' ovvio, prosegue limitatamente a quelli non definiti.
  L'ordinanza  di  estinzione  e'  revocata  e,  quindi,  il giudizio
riprende  a seguito di apposita comunicazione dell'ufficio, allorche'
la  definizione,  gia'  realizzatasi,  rimane  priva di effetti per i
motivi  previsti nell'art. 65, nei riguardi dei soggetti responsabili
dei reati indicati nel medesimo articolo.
3. Dichiarazione integrativa per i periodi d'imposta non ancora
   accertati.
  Il  secondo  tipo  di  definizione riguarda i periodi d'imposta non
ancora  accertati  e prevede, quale unico mezzo per beneficiare delle
norme   agevolative   di   cui  trattasi,  la  presentazione  di  una
dichiarazione integrativa. Si tratta delle ipotesi disciplinate dagli
articoli 49, 50 e 52, comma 3.
  La  dichiarazione  integrativa e', quindi, lo strumento tecnico del
quale debbono avvalersi i contribuenti allo scopo di:
   definire automaticamente l'imposta ai sensi dell'art. 49;
   presentare  le  dichiarazioni  annuali  omesse  o  rettificare  le
dichiarazioni   annuali  presentate,  lasciando  aperto  il  rapporto
tributario con l'ufficio, come prevede l'art. 50;
   definire  le sanzioni amministrative per le violazioni formali non
ancora accertate, ai sensi dell'art. 52, comma 3.
  La dichiarazione integrativa deve:
    a)  essere  compilata,  a  pena  di  nullita',  in conformita' al
modello  approvato  con  il  decreto  del  Ministro  delle Finanze 29
gennaio  1992,  pubblicato  nel  supplemento  ordinario  n.  20  alla
Gazzetta Ufficiale n. 25 del 31 gennaio 1992;
    b)  essere spedita, per raccomandata, nel periodo compreso tra il
1'  aprile  e  il 1' giugno 1992, agli uffici dell'imposta sul valore
aggiunto  nella  cui circoscrizione si trova il domicilio fiscale del
contribuente  alla  data di presentazione della dichiarazione stessa.
Ai  fini  della  individuazione  del  domicilio  fiscale  valgono  le
disposizioni  di cui all'art. 40, comma 1, del D.P.R. n. 633/1972. In
caso  di  cessazione  di attivita', l'ufficio competente e' quello al
quale e' stata presentata l'ultima dichiarazione annuale.
  Si  ritiene di dover sottolineare che, ai sensi dell'art. 57, comma
4,  sono  considerate valide le dichiarazioni integrative presentate,
nei termini, ad uffici territorialmente incompetenti.
   In base agli espliciti richiami agli articoli 37, commi 1 e 4, del
D.P.R. n. 633/1972:
   le   dichiarazioni  integrative  devono  essere  sottoscritte  dal
contribuente o da un suo rappresentante legale o negoziale;
   la  prova  della presentazione della dichiarazione integrativa che
dai  protocolli,  registri  ed  atti  dell'ufficio IVA non risultasse
pervenuta, non puo' essere data che mediante la ricevuta dell'ufficio
stesso o la ricevuta della raccomandata.
  La  dichiarazione integrativa deve essere unica per tutti i periodi
d'imposta  per  i quali il contribuente intende avvalersi delle norme
per  la  definizione  delle pendenze in materia di imposta sul valore
aggiunto, ad eccezione delle seguenti ipotesi.
4. Incorporazioni.
  Deve  essere presentata dal soggetto incorporante una dichiarazione
integrativa  per ciascun soggetto precedente l'incorporazione, per il
quale si intende effettuare l'integrazione.
  Per  i soggetti incorporati le dichiarazioni da presentare presso i
rispettivi  uffici  di  competenza, possono riferirsi ai soli periodi
d'imposta  precedenti  quello  in  cui  e' avvenuta l'incorporazione,
mentre per il soggetto incorporante la dichiarazione integrativa puo'
riferirsi  anche  all'anno  di incorporazione ed ai periodi d'imposta
successivi.   Sembra   opportuno   chiarire   che   la  dichiarazione
integrativa  presentata  dalla  societa' incorporante per conto delle
incorporate  costituisce un atto autonomo rispetto alla dichiarazione
presentata    dalla    stessa    societa'   per   se'   medesima   e,
conseguentemente,  la  definizione  automatica  rimane  distinta  per
ciascuna  delle  societa'  per  conto delle quali la dichiarazione e'
presentata.
5. Fusioni.
  Deve  essere  presentata  dal soggetto risultante dalla fusione una
dichiarazione per ciascun soggetto precedente la fusione per il quale
si  intende  effettuare  l'integrazione;  dette dichiarazioni possono
riferirsi fino all'anno precedente quello della fusione.
  Il  soggetto  risultante  dalla fusione puo' presentare una propria
dichiarazione integrativa che puo' riferirsi all'anno della fusione e
a quelli successivi.
  La  definizione  automatica della societa' risultante dalla fusione
rimane distinta da quella relativa alle societa' fuse.
6. Societa' controllate e controllanti.
  Le  societa'  appartenenti ad un unico gruppo, che hanno optato per
le  liquidazioni  cumulative  dell'imposta  (D.M.  13 dicembre 1979),
qualora  intendano  effettuare  l'integrazione  devono  presentare le
dichiarazioni  integrative ciascuna per proprio conto e relativamente
alla propria imposta.
7. Contenuto della dichiarazione integrativa.
  Nella dichiarazione integrativa devono essere indicati:
   1)  l'ufficio  o gli uffici ai quali il contribuente ha presentato
o,  in  caso di omissione, avrebbe dovuto presentare le dichiarazioni
annuali,  relativamente  ai  periodi  d'imposta per i quali s'intende
beneficiare delle disposizioni agevolative;
   2) l'ammontare dell'imposta, non inferiore a lire 300 mila, che si
riconosce  dovuta  per  ciascuno dei periodi d'imposta compresi nella
dichiarazione   integrativa   per   i   quali  sia  stata  omessa  la
dichiarazione originaria;
   3)  l'ammontare della maggiore imposta che si riconosce dovuta per
ciascuno   dei   periodi   d'imposta   compresi  nella  dichiarazione
integrativa  per  i  quali  sia  stata  a  suo  tempo  presentata  la
dichiarazione originaria;
   4) gli altri dati ed elementi richiesti nel modello.
8. Versamenti presso le aziende di credito.
  I   versamenti   devono   essere  effettuati  mediante  delega  del
contribuente  ad  un'azienda  di  credito,  secondo  quanto  previsto
dall'art.  12  della  legge  12  novembre 1976, n. 751, osservando le
modalita'  stabilite  con  il  decreto  ministeriale  29 gennaio 1992
anzicitato  ed utilizzando uno stampato conforme al modello approvato
con lo stesso decreto.
  Il versamento deve essere effettuato in un'unica soluzione entro il
20  maggio  1992.  Se  l'ammontare  da  versare  e'  superiore a lire
3.000.000   il   pagamento   puo'   anche   essere   effettuato,  con
l'applicazione di interessi nella misura del 9 per cento, in tre rate
di uguale importo di cui la prima entro il 20 maggio 1992, la seconda
entro  il 31 luglio 1992 e la terza entro il 31 marzo 1993. Gli eredi
dei  contribuenti  deceduti  nel  periodo  dal 1' dicembre 1991 al 1'
giugno   1992  possono  effettuare  i  versamenti  dell'imposta,  con
l'applicazione  degli interessi suddetti, rispettivamente entro il 30
settembre 1992, il 31 gennaio 1993 e il 30 settembre 1993, sempre che
ricorrano i presupposti previsti per la rateizzazione.
   Il  mancato  o  insufficiente  pagamento,  nei  termini,  comporta
l'iscrizione  a  ruolo  dell'imposta  e  della soprattassa del 50 per
cento  di  cui  all'art.  44, comma 1, del D.P.R. n. 633/1972 e degli
interessi di mora nella misura del 15 per cento annuo. In tal caso la
dichiarazione  integrativa  produce  effetti solo a condizione che le
somme iscritte a ruolo vengano regolarmente pagate.
  Se  l'insufficiente  pagamento  e' dipeso dalla incompletezza o non
veridicita'  degli  elementi  presi  a  base  per  l'applicazione dei
coefficienti  presuntivi  di  cui  all'art.  38,  comma  2,  oltre ai
maggiori  importi  non versati a titolo di imposta integrativa e agli
interessi  di mora anzidetti, si rende dovuta una soprattassa pari al
100 per cento dell'imposta versata in meno (art. 57, comma 5).
  I  contribuenti  che  non  abbiano  mai presentato la dichiarazione
annuale  e  siano,  pertanto,  privi del numero di partita IVA devono
presentare  per  tempo,  all'ufficio  nella  cui circoscrizione hanno
l'attuale  domicilio fiscale, la dichiarazione di inizio di attivita'
prevista  dall'art. 35 del D.P.R. n. 633/1972 al fine di poter inser-
ire detto numero di partita nella dichiarazione integrativa.
  Entro  il  1'  giugno  1992,  gli  interessati devono provvedere ad
annotare in apposita sezione del registro delle fatture emesse ovvero
del registro dei corrispettivi:
    a)  l'ammontare  dell'imposta, della maggiore imposta o del minor
credito riconosciuto con la dichiarazione integrativa;
    b)  l'ammontare  del versamento eseguito nel periodo 1' aprile-20
maggio 1992.
  I  contribuenti  che effettuino i versamenti in piu' rate dovranno,
inoltre, annotare sugli stessi registri - entro le scadenze stabilite
per le singole rate - l'ammontare dei versamenti medesimi.
  L'annotazione  di  cui al precedente punto a) deve essere corredata
con  la  data  di  spedizione  o di presentazione della dichiarazione
integrativa  mentre  le  annotazioni  relative  ai  versamenti devono
essere  corredate  con  la  data  e  il  numero dell'attestazione del
versamento.
                             Capitolo VI
            ENTI PUBBLICI: DEFINIZIONE RAPPORTI TRIBUTARI
1. Ambito soggettivo.
  Ai fini IVA, le disposizioni recate dall'articolo 56 della legge n.
413  del  1991 trovano applicazione, in ordine all'ambito soggettivo,
nei  confronti  dei  comuni,  comunita' montane, province, regioni, e
consorzi  tra  i  predetti enti, unita' sanitarie locali, istituzioni
pubbliche  di  assistenza  e  beneficenza,  aziende  di turismo, enti
provinciali  per il turismo, aziende di promozione turistica, nonche'
degli  istituti  autonomi per le case popolari e degli analoghi enti,
comunque  denominati  a  seguito della riorganizzazione operata dalle
regioni,  e  delle  camere  di  commercio,  industria,  artigianato e
agricoltura.
   I  medesimi  soggetti  possono,  in alternativa, beneficiare delle
altre  disposizioni  recate in materia di definizione agevolata dalla
stessa   legge   n.   413   del  1991,  ricorrendone,  ovviamente,  i
presupposti.
  Gli  stessi  enti  potevano, altresi', avvalersi delle disposizioni
contenute  nell'articolo  9  del  decreto legge 14 marzo 1988, n. 70,
convertito  dalla legge 13 maggio 1988, n. 154 e nell'articolo 10 del
decreto  legge  28  novembre  1988, n. 511, convertito dalla legge 27
gennaio  1989, n. 20, che, come e' noto, prevedono la possibilita' di
ricostruire,  ai fini IVA, la propria posizione fiscale nei confronti
dell'Erario,  sia  essa debitoria o creditoria, senza applicazione di
pene  pecuniarie,  soprattasse  ed  interessi,  entro il 5 marzo 1992
(termine da ultimo fissato con il comma 7 dell'articolo 56).
2. Ambito oggettivo.
  Le  disposizioni sopra richiamate individuano, in ordine all'ambito
oggettivo,   diverse   situazioni   tributarie  a  cui  corrispondono
modalita' differenti di definizione del rapporto fiscale.
  In  particolare,  la normativa in rassegna prende in considerazione
le sottoindicate tipologie di situazioni giuridiche:
   1)  Enti che alla data del 1' gennaio 1992 non hanno presentato le
dichiarazioni  IVA  e  non  hanno  ricevuto  notifica  di  avvisi  di
accertamento.
  In  tale  fattispecie,  l'articolo  56,  comma  1)  della  legge in
argomento  individua,  ai  fini  della  definizione  dei  periodi  di
imposta, due fasce di annualita'.
  La  prima  comprende  i  periodi di imposta tra il 1987 e il 1990 e
prevede  l'esonero  dalla  presentazione delle dichiarazioni stesse a
condizione  che  gli  enti destinatari della disposizione versino per
ogni periodo di imposta le somme indicate nella tabella, allegato B),
che sono diversificate a seconda dell'ente richiedente e della classe
demografica di appartenenza.
  La  seconda  comprende i periodi di imposta tra il 1982 e il 1986 e
prevede che il versamento delle medesime somme indicate nella cennata
tabella B) sia effettuato in misura doppia.
  In particolare:
    A)  per  comuni, comunita' montane, province, regioni, e consorzi
tra  i  predetti enti, le somme da versare sono quelle indicate nella
cennata  tabella  di  cui  all'allegato  B) della legge in esame. Per
quanto  riguarda la loro collocazione nelle fasce demografiche di cui
alla  stessa  tabella  B)  deve  farsi  riferimento  alla  situazione
demografica  risultante  dal certificato allegato al conto consuntivo
dell'anno  1990  prodotto  dagli  enti  al  Ministero  degli  Interni
indipendentemente  dalle  annualita'  per  le  quali  e' richiesta la
definizione;
    B) per le unita' sanitarie locali le somme da versare sono quelle
indicate  nella medesima tabella allegato B) corrispondenti al bacino
di    utenza   al   31   dicembre   1990   delle   stesse   UU.SS.LL.
indipendentemente dal comune di appartenenza;
    C)  per  le  istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza le
somme   da   versare  sono  quelle  risultanti  dalla  quarta  classe
demografica relativa ai comuni;
    D) per le aziende di turismo, gli enti provinciali per il turismo
e  le aziende di promozione turistica le somme da versare sono quelle
risultanti  dalla  cennata tabella B) relativamente alla prima classe
delle province;
    E)  per gli istituti autonomi per le case popolari e gli analoghi
enti  comunque  denominati  a  seguito della riorganizzazione operata
dalle  regioni,  le  somme da versare sono quelle corrispondenti alle
province nel cui territorio svolgono la propria attivita';
    F)   per   le  camere  di  commercio,  industria,  artigianato  e
agricoltura le somme da versare sono quelle corrispondenti alle prov-
ince  nel  cui  territorio  svolgono  la  propria  attivita' (legge 6
febbraio 1992, n. 66).
  L'esonero  dalla presentazione delle dichiarazioni IVA e' operante,
comunque,  se  viene  richiesto  per tutti i periodi di imposta per i
quali  la  dichiarazione non risulti presentata e per i quali non sia
stato notificato avviso di accertamento.
  Si  riproduce per comodita' di consultazione la tabella allegato B)
alla  legge in discorso nella quale sono indicate le somme da versare
per  ogni  annualita' d'imposta, diversificate per enti richiedenti e
per classi demografiche.
                                                          Allegato B)
                               Tabella
              COMUNI, LORO CONSORZI E COMUNITA' MONTANE
   Classi demografiche Importo annuale (lire)

        0 - 999 100.000
    1.000 - 4.999 200.000
    5.000 - 19.999 400.000
   20.000 - 59.999 1.000.000
   60.000 - 99.999 2.000.000
  100.000 - 499.999 5.000.000
      oltre 500.000 10.000.000
                              PROVINCE
        0 - 399.999 2.500.000
  400.000 - 799.999 5.000.000
  800.000 - 1.199.999 7.500.000
oltre 1.200.000 10.000.000
                               REGIONI
         -- 10.000.000
2) Enti che alla data del 1' gennaio 1992 hanno presentato le
   dichiarazioni IVA e ai quali non e stato notificato avviso di
   accertamento.
  Per tale fattispecie, l'articolo 56, comma 2), della legge in esame
distingue  le  posizioni fiscali degli enti medesimi, emergenti dalle
dichiarazioni  IVA  presentate, in debitorie e creditorie, prevedendo
per ogni singola posizione modalita' diverse di definizione.
  Per  la posizione debitoria viene previsto che i rapporti tributari
relativi  ai periodi di imposta per i quali, alla data del 1' gennaio
1992, risulti presentata la dichiarazione annuale IVA e non sia stato
notificato  avviso  di rettifica possono essere definiti elevando del
10 per cento l'imposta dovuta in base alla dichiarazione stessa.
  Nel  caso,  invece,  in  cui  emerge una posizione creditoria viene
prevista  la definizione dei rapporti tributari con il pagamento, per
ogni  periodo  di  imposta,  di  una  somma pari alla meta' di quella
prevista dalla citata tabella B).
  In  tale  ultimo caso, l'ente, operando il versamento della cennata
somma, conserva il diritto alla eccedenza detraibile risultante dalla
dichiarazione annuale IVA presentata.
  Si  ritiene  opportuno  precisare  che  tale eccedenza, qualora sia
stata  computata  in detrazione nell'anno successivo, e per tale anno
l'ente  non  abbia  poi prodotto alcuna dichiarazione IVA entro il 1'
gennaio  1992,  avvalendosi  dell'esonero  dalla  presentazione della
dichiarazione  stessa contenuto nell'art. 56, 1' comma della legge n.
413  del 1991, l'eccedenza stessa puo' essere computata in detrazione
a partire dalle liquidazioni da operare nel corso del corrente anno.
  Per  espressa  previsione legislativa contenuta nel citato articolo
56  la  definizione  dei  rapporti di imposta e' operante - come gia'
precisato - solamente se richiesta per tutti i periodi di imposta per
i  quali sia stata presentata la dichiarazione e non sia stato ancora
notificato avviso di accertamento.
  In merito si ritiene opportuno evidenziare che gli enti interessati
possono  definire  tutte  le  annualita'  per le quali non sono state
presentate   le  relative  dichiarazioni  e  non  definire  tutte  le
annualita'  per  le quali, invece, le dichiarazioni stesse sono state
presentate, o viceversa.
3) Enti ai quali, alla data del 1' gennaio 1992, sia stato notificato
   avviso di accertamento o di rettifica non divenuto definitivo e
non sia stata notificata alcuna decisione delle commissioni
tributarie.
  Per  tale  fattispecie,  l'articolo  56,  comma  3),  prevede che i
relativi  rapporti  tributari  pendenti  possono  essere definiti con
modalita'  diverse  a  seconda della posizione debitoria o creditoria
dell'ente  interessato  emergente  dall'avviso  di  accertamento o di
rettifica notificato dall'amministrazione finanziaria.
  Nella  ipotesi  in  cui  l'avviso  di  accertamento  o di rettifica
notificato  dall'ufficio evidenzia una imposta o una maggiore imposta
accertata,  il  relativo  rapporto  tributario  puo'  essere definito
riducendo tale imposta o maggiore imposta accertata, rispettivamente,
del  70 per cento ovvero del 90 per cento; ossia con il pagamento del
30  per cento dell'imposta accertata in caso di dichiarazione omessa,
o  del  10 per cento della maggiore imposta accertata nel caso in cui
sia stata presentata la dichiarazione.
  Nella ipotesi in cui la rettifica eseguita dall'ufficio comporti la
riduzione  del credito d'imposta dichiarato, il rapporto si definisce
con  il  pagamento  di  un  ammontare  pari  al  10  per  cento della
differenza tra il credito dichiarato e quello riconosciuto.
  In  tali casi, effettuandosi da parte dell'ente il versamento della
somma  come  sopra  determinata,  viene  riconosciuto  sussistente il
diritto  alla  eccedenza  detraibile  emergente  dalla  dichiarazione
annuale presentata.
  Nella  ipotesi  in  cui  l'ufficio  abbia  annullato l'eccedenza di
credito  dichiarata  e  accertato  un  debito di imposta, il rapporto
tributario si definisce con il pagamento del 10 per cento del credito
non riconosciuto aumentato del 10 per cento del debito accertato.
  Dall'ammontare   dell'imposta   cosi'  determinato  si  computa  in
detrazione   l'imposta   eventualmente   gia'   versata,   ai   sensi
dell'articolo   60,   comma  2,  del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 e successive modificazioni.
  Non   si   fa  luogo,  in  ogni  caso,  a  restituzioni  d'imposta,
soprattasse e pene pecuniarie gia' riscosse.
4) Enti ai quali, alla data del 1' gennaio 1992 siano gia' state
   notificate una o piu' decisioni delle commissioni tributarie e
   queste non siano ancora divenute definitive.
  L'articolo  56,  comma  4), prevede anche per tale ipotesi, diverse
modalita'  di  definizione  del  rapporto tributario, a seconda della
posizione debitoria o creditoria dell'ente richiedente.
  Nei  casi di posizione debitoria l'ente interessato puo' estinguere
la  controversia  pendente sulla base di quanto stabilito dall'ultima
decisione  della  commissione tributaria, oppure, a sua scelta, sulla
base  dell'imposta  o  della maggiore imposta accertata dall'ufficio,
ridotta,  rispettivamente, del 30 per cento o del 50 per cento, ossia
con  il  pagamento del 70 per cento dell'imposta accertata in caso di
dichiarazione  omessa  ovvero del 50 per cento della maggiore imposta
accertata nel caso in cui sia stata presentata la dichiarazione.
  Nella   ipotesi  in  cui  con  l'ultima  decisione  la  commissione
tributaria  abbia,  invece,  ridotto il credito d'imposta dichiarato,
viene  prevista  l'estinzione  della controversia con il pagamento, a
scelta  dell'ente stesso, di un ammontare pari alla differenza tra il
credito  dichiarato  e quello stabilito da tale decisione, oppure con
il  pagamento  di  un ammontare pari al 30 per cento della differenza
tra il credito dichiarato e quello riconosciuto dall'ufficio.
  Qualora  con  l'ultima  decisione  la  commissione tributaria abbia
annullato  l'eccedenza  di credito dichiarata e determinato un debito
di  imposta,  il  rapporto  tributario  si  definisce  per  la  parte
dichiarata a credito versando una somma quantificata con le modalita'
previste  per  la riduzione del credito, e per la parte determinata a
debito  con le modalita' previste per la maggiore imposta accertata o
determinata.
  Con  il  versamento  delle  suddette  somme a titolo di definizione
delle   pendenze   tributarie   viene  riconosciuto  sussistente  nei
confronti  dell'ente  stesso  il  diritto  alla  eccedenza detraibile
risultante dalla dichiarazione presentata.
  Dall'ammontare   del   tributo  cosi'  determinato  e'  ammesso  in
detrazione  quello eventualmente gia' versato, ai sensi dell'articolo
60,  comma  2, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre
1972, n. 633 e successive modificazioni.
  Non  si  fa,  in  ogni  caso,  luogo  a  restituzioni  di  imposta,
soprattasse e pene pecuniarie gia' riscosse.
  Si   rammenta   che   le   opzioni   previste  dal  citato  decreto
presidenziale  n.  633  del  1972 ed espresse nelle dichiarazioni IVA
presentate  esplicano i loro effetti fino a quando non siano revocate
e in ogni caso per almeno un triennio.
  Conseguentemente,  qualora  non  siano  state presentate successive
dichiarazioni  annuali  le  opzioni  in  precedenza  espresse  e  non
revocate  sono tuttora valide ed hanno esplicato i loro effetti anche
per il periodo di imposta 1991.
3. Presentazione della domanda di definizione agevolata.
  La  definizione  dei  rapporti  tributari pendenti e', in ogni caso
subordinata  alla  presentazione,  a  pena  di  nullita', di apposita
domanda da parte dell'ente interessato.
  La  domanda  deve  essere  presentata  o  spedita  mediante lettera
raccomandata   entro   il  30  giugno  1992  all'ufficio  provinciale
dell'imposta sul valore aggiunto nella cui circoscrizione si trova il
domicilio  fiscale dell'ente alla data di presentazione della istanza
stessa.
  Ai  fini  della  individuazione  del  domicilio  fiscale valgono le
disposizioni  di  cui  all'articolo 40 del ripetuto D.P.R. 26 ottobre
1972, n. 633 e successive modificazioni.
  Alle   dette   domande   devono  essere  allegate  le  attestazioni
comprovanti  i  versamenti  delle somme dovute per la definizione dei
rapporti   tributari   pendenti.   In  caso  di  mancato,  tardivo  o
insufficiente  versamento delle somme dovute sulla base della domanda
di  definizione  l'ufficio  IVA  provvedera'  a recuperare i predetti
importi applicando la soprattassa prevista dall'art. 44 del D.P.R. n.
633/1972, con i relativi interessi.
  Le  domande  devono  essere  prodotte mediante utilizzo di stampati
conformi  ai  modelli  approvati,  con  decreto  del  Ministro  delle
Finanze, pubblicati nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale
n. 76 del 31 marzo 1992.
  I   versamenti   devono   essere  effettuati  mediante  delega  del
contribuente  ad  una  azienda  di  credito,  secondo quanto previsto
dall'art.  12  della  legge 12 novembre 1976, n. 751, utilizzando uno
stampato conforme al modello approvato con il decreto ministeriale 29
gennaio 1992 gia' citato.
  Per  effetto della suddetta definizione dei rapporti di imposta non
dovra'  piu'  tenersi  conto  degli  accertamenti  e  delle decisioni
eventualmente notificati dopo la data del 1' gennaio 1992.
  I  giudizi  in  corso  e  i termini per ricorrere o di impugnativa,
pendenti  alla  medesima  data  del 1' gennaio 1992, o che iniziano a
decorrere dopo la stessa data, sono sospesi fino al 30 giugno 1992.
  I  giudizi  per  i quali sia stata fissata l'udienza di discussione
nel periodo 1' gennaio 1992-30 giugno 1992 sono sospesi nella udienza
medesima,  a  richiesta  del  contribuente  che  dichiari  di volersi
avvalere  delle  disposizioni previste per la definizione dei periodi
di imposta con le modalita' di cui allo stesso articolo 56.
  Successivamente  al 30 giugno 1992 i giudizi si estinguono mediante
ordinanza,  subordinatamente  alla  esibizione  da parte dell'ente di
copia,  anche  fotostatica,  della  dichiarazione integrativa e della
ricevuta  comprovante  la  consegna all'ufficio postale della lettera
raccomandata di trasmissione della dichiarazione stessa.
  Gli  uffici  della  imposta  sul  valore  aggiunto, a seguito della
intervenuta  liquidazione definitiva, comunicano gli eventuali motivi
di invalidita' delle dichiarazioni cui consegue la mancata estinzione
della   controversia;   in  tali  casi  e'  revocata  l'ordinanza  di
estinzione.
4. Differimento dei termini.
  Il  comma  7  del  citato  articolo  56 della ripetuta legge n. 413
prevede  che  il termine del 31 dicembre 1991 contenuto nell'articolo
4-bis  del D.L. 31 ottobre 1990, n. 310, convertito con modificazioni
dalla legge 22 dicembre 1990, n. 403, e' ulteriormente differito al 5
marzo  1992,  per  quanto  riguarda  gli  adempimenti  concernenti le
dichiarazioni,  i versamenti, la fatturazione e gli altri obblighi in
materia   di   IVA   relativamente   ai  periodi  di  imposta  chiusi
anteriormente al 1' gennaio 1991.
  In relazione a tale disposizione si precisa che il differimento del
termine  al 5 marzo 1992 riguarda le regioni, le province, i comuni e
in  genere  tutti  i  soggetti  destinatari delle disposizioni recate
dall'articolo 9 del D.L. n. 70 del 1988.
  I  periodi  di  imposta per i quali opera la suddetta remissione in
termini  sono  quelli  compresi dal 1982 al 1987, come previsto nello
originario  provvedimento  legislativo (articolo 9 del D.L. n. 70 del
1988),  cui si sono aggiunti, per effetto di successive disposizioni,
i periodi di imposta relativi agli anni 1988, 1989 e 1990.
  La  suddetta  interpretazione,  che modifica quella contenuta nella
circolare  n.  44 del 19 ottobre 1989, trova implicita conferma nelle
norme  stabilite  nel  medesimo  articolo 56 della legge in esame, il
quale  espressamente  prevede la definizione per i rapporti tributari
relativi agli anni 1982 - 1990.
  In   pratica,   quindi,   anche  ai  fini  dell'applicazione  delle
disposizioni  previste dall'art. 9 del D.L. n. 70 del 1988 deve farsi
riferimento  agli  anni  dal 1982 al 1990, ovvero dal 1983 al 1990, a
seconda  che  la  dichiarazione  IVA  per l'annualita' 1982 sia stata
omessa ovvero sia stata presentata.
  Le  medesime  disposizioni  sul  differimento  dei termini tornano,
altresi',  applicabili  anche  ai  periodi di imposta antecedenti che
hanno  dato luogo a controversie tuttora pendenti dinanzi agli organi
del contenzioso tributario.
  Torna,  infine, utile precisare che la normativa recata dalla legge
in  discorso  e  quella contenuta nella legge n. 70 del 1988 sono tra
loro  indipendenti.  Tuttavia  la  definizione  dei periodi d'imposta
intervenuta  ai  sensi  del  comma 1 dell'art. 56 esclude gli effetti
delle dichiarazioni eventualmente presentate dopo il 1' gennaio 1992,
in virtu' del successivo comma 7.
  Naturalmente  rientrano  nell'ambito  applicativo  della  legge  n.
413/1991 anche i periodi di imposta per i quali la procedura prevista
dal  cennato  art.  9  del D.L. n. 70/1988 e' stata avviata, mediante
l'emissione  della fattura, ma non ultimata mediante la presentazione
della  dichiarazione  annuale.  Pertanto,  se  detti  periodi vengono
definiti,  ai sensi del menzionato articolo 56/413 rimane preclusa la
possibilita' di accertamento da parte degli uffici.
  Si  richiama l'attenzione degli enti destinatari della disposizione
contenuta  nell'art.  9  del  D.L.  n.  70  del  1988,  e  successive
modificazioni, che per essi la possibilita' di definizione automatica
prevista  nell'art.  49  opera  alla  condizione che le dichiarazioni
annuali  siano  state presentate entro il 31 dicembre 1991, ancorche'
il  termine  per  la  presentazione  delle dichiarazioni stesse scada
successivamente alla predetta data del 1' gennaio 1992.
  Per  i  suddetti  enti  i  periodi d'imposta da definire, a pena di
nullita',  ai  sensi  del  medesimo art. 49, sono quelli compresi dal
1983  al 1990, atteso che per gli stessi non e' scaduto il termine di
decadenza  previsto  dall'art. 57 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633,
alla data del 31 dicembre 1991.
  Si  fa  altresi'  presente che qualora la dichiarazione non risulti
presentata  alla  medesima  data  non  trova  applicazione nemmeno la
disposizione  contenuta  nel  successivo  articolo 50 che consente la
presentazione  di dichiarazioni annuali IVA omesse, atteso che la non
avvenuta   presentazione   alla   data  del  1'  gennaio  1992  delle
dichiarazioni  annuali  IVA  da  parte  dei  cennati  enti  non  puo'
considerarsi  "omissione",  in vigenza di un termine di presentazione
prorogato al 5 marzo 1992.
5. Termini per accertamenti e rettifiche.
  Il  comma  8 dell'articolo 56 in esame prevede, opportunamente, che
gli  accertamenti  e  le  rettifiche  relativi  a  tutti i periodi di
imposta  per  i  quali e' stato differito il termine di presentazione
della  dichiarazione  annuale  IVA, e per i quali non sia intervenuta
definizione ai sensi dei commi 1 e 2 del medesimo art. 56 della legge
n.  413  del  1991,  dovranno  essere  comunque effettuati, a pena di
decadenza, entro e non oltre il 31 dicembre 1995.
6. Tassa di concessione governativa - Numero di partita IVA.
  Si  richiama  l'attenzione  degli  enti in discorso che la tassa di
concessione  governativa di lire 100.000 istituita per l'attribuzione
e  la gestione del numero di partita IVA con l'articolo 36 del D.L. 2
marzo 1989, n. 69, convertito con modificazioni dalla legge 27 aprile
1989,   n.   154,   deve  essere  corrisposta  entro  il  termine  di
presentazione della dichiarazione annuale.
  Tanto premesso si specifica che gli enti soggetti alle disposizioni
in materia di contabilita' pubblica che si avvalgono del differimento
dei  termini  di  cui  all'art.  9  del  D.L.  14  marzo 1988, n. 70,
convertito  con  modificazioni  dalla  legge  13 maggio 1988, n. 154,
dovevano  versare  tale  tassa, qualora non versata, entro il termine
del 5 marzo 1992 per ciascuna annualita'.
  Gli stessi enti che si avvalgono, invece, delle disposizioni recate
dall'art.  56  della legge 30 dicembre 1991, n. 413 devono versare la
suddetta  tassa  di  concessione  governativa entro il termine del 30
giugno   1992,  stabilito  per  la  presentazione  delle  domande  di
definizione, sostitutive delle dichiarazioni.
  Cio',   in   quanto,  come  gia'  fatto  rilevare  nella  circolare
ministeriale  n.  36 del 21 luglio 1989 la connessione del termine di
pagamento  a quello previsto per la presentazione della dichiarazione
IVA, comporta l'automatico spostamento del primo ogni qualvolta viene
a mutare il secondo.
  Gli   ispettorati   Compartimentali  e  le  intendenze  di  finanza
accuseranno ricevuta della circolare stessa al Ministero e gli uffici
imposte e IVA alle rispettive Intendenze.
  Per  comodita'  di  consultazione  si  riproduce  in  allegato  uno
stralcio della legge 30 dicembre 1991, n. 413, e di testi legislativi
ad essa collegati.
                                                 Il Ministro: FORMICA