Art. 16. Colloqui investigativi 1. Nel secondo comma dell'articolo 67 della legge 26 luglio 1975, n. 354, e' eliminato il punto e sono aggiunte in fine le seguenti parole: "e per il personale indicato nell'articolo 18-bis.". 2. Nell'ottavo comma dell'articolo 18 della legge 26 luglio 1975, n. 354, sono aggiunte all'inizio le seguenti parole: "Salvo quanto disposto dall'articolo 18-bis,". 3. Dopo l'articolo 18 della legge 26 luglio 1975, n. 354, e' inserito il seguente articolo: (( "Art. 18- bis (Colloqui a fini investigativi). - 1. Il )) (( personale della Direzione investigativa antimafia di cui )) (( all'articolo 3 del decreto-legge 29 ottobre 1991, n. 345, )) (( convertito, con modificazioni, nella legge 30 dicembre 1991, n. )) (( 410, e dei servizi centrali e interprovinciali di cui )) (( all'articolo 12 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, )) (( convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. )) (( 203, nonche' gli ufficiali di polizia giudiziaria designati dai )) (( responsabili, a livello centrale, delle predetta Direzione e )) (( dei predetti servizi, hanno facolta' di visitare gli istituti )) (( penitenziari e possono essere autorizzati, a norma del comma 2, )) (( del presente articolo, ad avere colloqui personali con detenuti )) (( e internati, al fine di acquisire informazioni utili per la )) (( prevenzione e repressione dei delitti di criminalita' )) (( organizzata. )) 2. Al personale di polizia indicato nel comma 1, l'autorizzazione ai colloqui e' rilasciata: a) quando si tratta di internati, di condannati o di imputati, dal Ministro di grazia e giustizia o da un suo delegato; b) quando si tratta di persone sottoposte ad indagini, dal pubblico ministero. 3. Le autorizzazioni ai colloqui indicate nel comma 2 sono anno- tate in apposito registro riservato tenuto presso l'autorita' competente al rilascio. 4. In casi di particolare urgenza, attestati con provvedimento del Ministro dell'interno o, per sua delega, dal Capo della Polizia, l'autorizzazione prevista nel comma 2, lettera a), non e' richiesta, e del colloquio e' data immediata comunicazione all'autorita' ivi indicata, che provvede all'annotazione nel registro riservato di cui al comma 3. 5. La facolta' di procedere a colloqui personali con detenuti e internati e' attribuita, (( senza necessita' di autorizzazione, )) altresi' al Procuratore nazionale antimafia ai fini dell'esercizio delle funzioni di impulso e di coordinamento previste dall'articolo 371-bis del codice di procedura penale; al medesimo Procuratore nazionale antimafia sono comunicati i provvedimenti di cui ai commi 2 e 4, qualora concernenti colloqui con persone sottoposte ad indagini, imputate o condannate per taluno dei delitti indicati nell'articolo 51, comma 3-bis, )) del codice di procedura penale.". 4. Con decreto del Ministro di grazia e giustizia, d'intesa con il Ministro dell'interno, da emanarsi entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto sono adottate disposizioni di attuazione dell'articolo 18-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, per regolare le modalita' delle visite e disciplinare il rilascio delle autorizzazioni, nonche' le relative comunicazioni e annotazioni, in modo da garantirne la riservatezza. 5. Nell'articolo 35 del decreto del Presidente della Repubblica 29 aprile 1976, n. 431, e' aggiunto, in fine, il seguente comma: "Le disposizioni dei commi precedenti non si applicano nei casi previsti dall'articolo 18-bis della legge". 6. (( Nel comma 6 dell'articolo 1- )) quinquies (( del decreto- legge 6 settembre 1982, n. 629, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 ottobre 1982, n. 726, introdotto dall'articolo 2 della legge 15 novembre 1988, n. 486, )) le parole: "puo' essere autorizzato dagli organi competenti ad avere colloqui personali con detenuti e internati" sono sostituite dalle seguenti: "puo' avere colloqui personali, con detenuti e internati, osservando le disposizioni dell'articolo 18-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354; nei casi di particolare urgenza di cui al comma 4 del medesimo articolo, all'attestazione ivi prevista provvede lo stesso Alto Commissario.".
Articoli 18 e 67 della legge 26 luglio 1975, n. 354, recante norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della liberta': "Art. 18 (cosi' come sost. dall'art. 2 della legge 12 gennaio 1977, n. 1, poi mod. dall'art. 4 della legge 10 ottobre 1986, n. 663, e dal presente articolo) (Colloqui, corrispondenza e informazione). - I detenuti e gli internati sono ammessi ad avere colloqui e corrispondenza con i congiunti e con altre persone, anche al fine di compiere atti giuridici. I colloqui si svolgono in appositi locali sotto il controllo a vista e non auditivo del personale di custodia. Particolare favore viene accordato ai colloqui con i familiari. L'amministrazione penitenziaria pone a disposizione dei detenuti e degli internati, che ne sono sprovvisti, gli oggetti di cancelleria necessari per la corrispondenza. Puo' esser autorizzata nei rapporti con i familiari e, in casi particolari, con terzi, corrispondenza telefonica con le modalita' e le cautele previste dal regolamento. I detenuti e gli internati sono autorizzati a tenere presso di se' i quotidiani, i periodici e i libri in libera vendita all'esterno e ad avvalersi di altri mezzi di informazione. La corrispondenza dei singoli condannati o internati puo' essere sottoposta, con provvedimento motivato del magistrato di sorveglianza, a visto di controllo del direttore o di un appartenente all'amministrazione penitenziaria designato dallo stesso direttore. Salvo quanto disposto dall'art. 18-bis, per gli imputati i permessi di colloquio fino alla pronuncia della sentenza di primo grado, la sottoposizione al visto di controllo sulla corrispondenza e le autorizzazioni alla corrispondenza telefonica sono di competenza dell'autorita' giudiziaria, ai sensi di quanto stabilito nel secondo comma dell'art. 11. Dopo la pronuncia della sentenza di primo grado i permessi di colloquio sono di competenza del direttore dell'istituto. Le dette autorita' giudiziarie, nel disporre la sottoposizione della corrispondenza a visto di controllo, se non ritengono di provvedervi direttamente, possono delegare il controllo al direttore o a un appartenente alla amministrazione penitenziaria designato dallo stesso direttore. Le medesime autorita' possono anche disporre limitazioni nella corrispondenza e nella ricezione della stampa". "Art. 67 (Visite agli istituti). - Gli istituti penitenziari possono essere visitati senza autorizzazione da: a) il Presidente del Consiglio dei Ministri e il Presidente della Corte costituzionale; b) i Ministri, i giudici della Corte costituzionale, i Sottosegretari di Stato, i membri del Parlamento e i componenti del Consiglio superiore della magistratura; c) il presidente della corte d'appello, il procuratore generale della Repubblica presso la corte d'appello, il presidente del tribunale e il procuratore della Repubblica presso il tribunale, il pretore, i magistrati di sorveglianza, nell'ambito delle rispettive giurisdizioni; ogni altro magistrato per l'esercizio delle sue funzioni; d) i consiglieri regionali e il commissario di Governo per la regione, nell'ambito della loro circoscrizione; e) l'ordinario diocesano per l'esercizio del suo ministero; f) il prefetto e il questore della provincia; il medico provinciale; g) il direttore generale per gli istituti di prevenzione e di pena e i magistrati e i funzionari da lui delegati; h) gli ispettori generali dell'amministrazione penitenziaria; i) l'ispettore dei cappellani; l) gli ufficiali del corpo degli agenti di custodia. L'autorizzazione non occorre nemmeno per coloro che accompagnano le persone di cui al comma precedente per ragioni del loro ufficio e per il personale indicato nell'art. 18-bis. Gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria possono accedere agli istituti, per ragioni del loro ufficio, previa autorizzazione dell'autorita' giudiziaria. Possono accedere agli istituti, con l'autorizzazione del direttore, i ministri del culto cattolico e di altri culti". Art. 35 del D.P.R. 29 aprile 1976, n. 431, recante approvazione del regolamento di esecuzione della legge 26 luglio 1975, n. 354, cosi' come mod. dall'art. 2 del D.P.R. 10 luglio 1975, n. 421, dall'art. 8 del D.P.R. 18 maggio 1989, n. 248, e dal presente articolo: "Art. 35 (Colloqui). - I colloqui dei condannati, degli internati e quelli degli imputati dopo la pronuncia della sentenza di primo grado sono autorizzati dal direttore dell'istituto. I colloqui con persone diverse dai congiunti e dai conviventi sono autorizzati quando ricorrono ragionevoli motivi e sono comunicati all'ispettore distrettuale, corredati della documentazione opportuna. Per i colloqui con gli imputati fino alla pronuncia della sentenza di primo grado i richiedenti debbono presentare il permesso rilasciato dall'autorita' giudiziaria che procede. Le persone ammesse al colloquio sono identificate e, inoltre, sottoposte a controllo, con le modalita' prevedute dal regolamento interno, al fine di garantire che non siano introdotti nell'istituto strumenti pericolosi o altri oggetti non ammessi. Nel corso del colloquio deve essere mantenuto un comportamento corretto e tale da non recare disturbo ad altri. Il personale preposto al controllo sospende dal colloquio le persone che tengono comportamento scorretto o molesto, riferendone al direttore, il quale decide sulla esclusione. I colloqui avvengono in locali comuni muniti di mezzi divisori. La direzione puo' consentire che, per speciali motivi, il colloquio si svolga in locale distinto. Qualora non ostino motivi di disciplina, ordine o sicurezza o sanita', la direzione puo' altresi' consentire che i colloqui si svolgano in spazi comuni all'aperto a cio' destinati. In ogni caso, i colloqui si svolgono sotto il controllo a vista del personale di custodia. Appositi locali sono destinati ai colloqui dei detenuti con i loro difensori. Per i detenuti e gli internati infermi i colloqui possono aver luogo nell'infermeria. I detenuti e gli internati usufruiscono di quattro colloqui al mese. Il direttore dell'istituto, con provvedimento motivato da trasmettere in copia al Ministero, puo' ammettere gli imputati, che abbiano tenuto regolare condotta, ed i condannati e gli internati che, oltre ad avere tenuto regolare condotta, abbiano collaborato attivamente all'osservazione scientifica della personalita' ed al trattamento rieducativo attuati nei loro confronti, alla fruizione di ulteriori due colloqui mensili, nonche' di due telefonate mensili al di la' dei limiti stabiliti dal secondo comma dell'art. 37, da concedere dalle autorita' competenti ai sensi dell'ottavo comma dell'art. 18 della legge ed ai sensi del primo comma del presente articolo e del primo comma dell'art. 37. Ai soggetti gravemente infermi ovvero quando ricorrano eccezionali circostanze, sono concessi colloqui anche fuori dei limiti stabiliti nei commi precedenti. Il colloquio ha la durata massima di un'ora. In considerazione di eccezionali circostanze, e' consentito di prolungare la durata del colloquio con i congiunti o conviventi. Il colloquio con i congiunti o conviventi e' comunque prolungato sino a due ore quando i medesimi risiedono in un comune diverso da quello in cui ha sede l'istituto, se nella settimana precedente il detenuto o l'internato non ha fruito di alcun colloquio e se le esigenze e l'organizzazione dell'istituto lo consentono. A ciascun colloquio con il detenuto o con l'internato possono partecipare non piu' di tre persone. E' consentito di derogare a tale norma quando si tratti di congiunti o conviventi. Qualora risulti che i familiari non mantengono rapporti con il detenuto o l'internato, la direzione ne fa segnalazione al centro di servizio sociale per gli opportuni interventi, e laddove se ne ravvisi la necessita', anche al consiglio di aiuto sociale. Del colloquio, con l'indicazione degli estremi del permesso, si fa annotazione in apposito registro. Le disposizioni dei commi precedenti non si applicano nei casi previsti dall'art. 18-bis della legge". Art. 1-quinquies del D.L. 6 settembre 1982, n. 629, conv. con mod. dalla legge 12 ottobre 1982, n. 726, recante misure urgenti per il coordinamento della lotta contro la delinquenza mafiosa (aggiunto dall'art. 2 della legge 15 novembre 1988, n. 486), come sopra modificato: "Art. 1-quinquies. - 1. Per l'espletamento dei suoi compiti istituzionali l'Alto commissario puo' proporre al tribunale del luogo in cui la persona dimora l'applicazione delle misure di prevenzione ai sensi degli articoli 1 e 2 della legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni ed integrazioni; puo' altresi' esercitare le altre facolta' attribuite dalla stessa legge alle autorita' cui spetta di promuovere il procedimento di prevenzione. L'Alto commissario dispone che delle proposte inoltrate al tribunale sia data comunicazione alla questura territorialmente competente per gli adempimenti previsti nel quarto comma dell'art. 10-bis della legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni ed integrazioni. 2. L'Alto commissario ha facolta' di convocare qualsiasi persona avvalendosi dei poteri di cui all'art. 15 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e ne riferisce semestralmente al Ministro dell'interno. 3. Per l'espletamento dei suoi compiti l'Alto commissario puo' esercitare, su delega del Ministro dell'interno, la facolta' di cui all'art. 165-ter del codice di procedura penale. 4. L'autorita' giudiziaria competente, senza ritardo, trasmette ovvero autorizza gli organi di polizia giudiziaria a trasmettere all'Alto commissario copia dei rapporti, delle perizie tossicologiche in materia di stupefacenti e di ogni altro atto ritenuto utile, concernenti fatti comunque connessi a delitti di tipo mafioso; e' altresi' trasmessa all'Alto commissario copia delle perizie balistiche espletate in procedimenti penali. L'autorita' giudiziaria, qualora ritenga di non poter derogare al segreto di cui all'art. 307 del codice di procedura penale, dispone, con decreto motivato, che la trasmissione sia procrastinata per il tempo strettamente necessario. La documentazione trasmessa e' coperta dal segreto di ufficio. 5. L'autorita' giudiziaria, ove lo ritenga opportuno, puo' fornire all'Alto commissario, su sua richiesta, informazioni su iniziative di polizia giudiziaria concernenti la criminalita' di tipo mafioso. 6. L'Alto commissario, per ragioni del proprio ufficio, ha facolta' di visitare gli istituti penitenziari e puo' avere colloqui personali, con detenuti e internati, osservando le disposizioni dell'art. 18-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354; nei casi di particolare urgenza di cui al comma 4 del medesimo articolo, all'attestazione ivi prevista provvede lo stesso Alto commissario. Tali facolta' non sono delegabili. Di detti colloqui l'Alto commissario fara' specifica menzione nelle relazioni di cui al terzo comma dell'art. 1. 7. Il procuratore della Repubblica del luogo dove le operazioni debbono essere eseguite puo' autorizzare le intercettazioni di cui all'art. 16 della legge 13 settembre 1982, n. 646, anche a richiesta dell'Alto commissario". Art. 3 D.L. 29 ottobre 1991, n. 345, conv. con mod. dalla legge 30 dicembre 1991, n. 410: v. in nota all'art. 12-ter il testo dei primi tre commi e dei commi 6 e 6-bis. Il comma 7 dello stesso articolo prevede inoltre che: "La D.I.A. si avvale di personale dei ruoli della Polizia di Stato, dell'Arma dei carabinieri e del Corpo della guardia di finanza". Articoli 51, comma 3-bis, e 371- bis del c.p.p.: v., rispettivamente, in nota all'art. 13 e all'art. 4. Art. 12 D.L. 13 maggio 1991, n. 152, conv. con mod. dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, recante provvedimenti urgenti in tema di lotta alla criminalita' organizzata e di trasparenza e buon andamento dell'attivita' amministrativa: riguarda il coordinamento dei servizi di polizia giudiziaria (per il testo dei primi cinque commi v. in nota all'art. 12-quater)