ALLEGATO Al Presidente della Repubblica Il consiglio comunale di Licata (Agrigento), rinnovato nelle consultazioni elettorali del 6 maggio 1990, presenta fenomeni di condizionamento da parte della criminalita' locale, evidenziati dal prefetto di Agrigento, che compromettono l'imparzialita' degli organi elettivi ed il buon andamento dell'amministrazione comunale. Invero, la situazione amministrativa del comune di Licata risulta caratterizzata da rilevanti fenomeni di instabilita' politica, che hanno determinato il susseguirsi di sette giunte comunali, con la conseguenza di rendere impossibile la soluzione di gravissime problematiche che affliggono ormai da tempo la vita della citta' sotto l'aspetto urbanistico, dell'edilizia scolastica e della situazione igienico-sanitaria. Ed, infatti, per cio' che concerne il settore delle opere pubbliche e' emerso un ricorso frequente al cottimo fiduciario ed alle perizie di variante e suppletive. Gravissime irregolarita' risultano nella gestione contabile ed amministrativa dell'ente accertate di recente a seguito di visita ispettiva generale. Relativamente all'attivita' della giunta municipale e' emerso che un certo numero di delibere hanno avuto esecuzione, ancorche' annullate in sede tutoria, comportando spese non suffragate da atto esecutivo. Da ultimo si evidenzia l'assenza nel comune di Licata di uno strumento urbanistico efficace, che pertanto ha determinato un forte ricorso all'abusivismo edilizio non contrastato dall'amministrazione comunale, con provvedimenti repressivi e sanzionatori che ha devastato irrimediabilmente il territorio cittadino e la fascia costiera della zona. Figurano, inoltre, nei riguardi di alcuni amministratori locali tuttora in carica numerose denunce e procedimenti penali pendenti per reati contro la pubblica amministrazione per fatti riferibili a passate amministrazioni, indicative di una gestione della cosa pubblica orientata non alla realizzazione del pubblico bene ma ad una diffusa pratica di favoritismo nel conferimento di incarichi professionali, nelle assunzioni e nell'esecuzione delle opere pubbliche. In tale quadro di scarsa trasparenza amministrativa si inseriscono alcuni episodi di danneggiamento, di seguito riportati, che hanno riguardato la persona di amministratori pro tempore, ancora oggi presenti in consiglio comunale perche' rieletti nelle ultime consultazioni amministrative (ad eccezione di Rinascente Angelo e Platamone Giovanbattista, quest'ultimo in atto consigliere provinciale): la notte del 19 agosto 1988 veniva incendiato il portone di ingresso allo studio di consulenza finanziaria gestito da Tirri Peppino, all'epoca assessore ai lavori pubblici; nel corso della stessa notte veniva incendiata l'autovettura di De Caro Pietro, nato a Licata il 19 febbraio 1961, parcheggiata all'interno della villa di proprieta' del suocero Platamone Giovanbattista, nato a Licata il 9 aprile 1938, gia' sindaco; la notte del 27 agosto 1988 esplodeva un ordigno nello studio di Rinascente Angelo, nato a Licata il 13 dicembre 1949, all'epoca consigliere comunale; il 9 ottobre 1988 veniva incendiato il portone d'ingresso di un magazzino di proprieta' di Zarbo Antonino, nato a Licata il 4 giugno 1938, fratello di Zarbo Biagio, all'epoca assessore e componente in atto della giunta in carica; la notte del 30 ottobre 1988 ignoti installavano un ordigno incendiario all'interno dell'abitazione di Di Francesco Michelina, madre del sindaco pro tempore Platamone Giovanbattista; in data 4 dicembre 1988 veniva dato fuoco alla villa di proprieta' di Amato Angelo, suocero dell'assessore pro tempore Amato Antonino, oggi sindaco della citta'; la notte del 4 novembre 1989 ignoti danneggiavano l'auto di Vecchio Bruno, consigliere comunale; il 16 febbraio 1990 veniva fatto nuovamente destinatario di atto intimidatorio il consigliere Vecchio Bruno, con l'incendio doloso del villino di proprieta'; in data 16 luglio 1989 ignoti davano fuoco all'autovettura di Amato Calogero, impiegato comunale e parente dell'amministratore Amato Antonino; il 13 gennaio 1990 veniva nuovamente colpito il predetto impiegato, con l'incendio della casa estiva di proprieta' del medesimo. Tali danneggiamenti sono da imputare all'azione antimidatoria posta in essere dal sodalizio criminoso operante in Licata, allo scopo di condizionare le scelte degli amministratori nell'affidamento di lavori pubblici, nonche' nella gestione dei nuovi e piu' onerosi servizi correlati alla promozione della locale squadra di calcio di serie B. Inoltre, indagini condotte dai competenti organi hanno evidenziato che tali attentati possono collegarsi anche alle procedure di pubblici concorsi, al fine di orientarne l'esito per favorire la sistemazione di "persone amiche". Indicativo di condizionamento della azione amministrativa e' altresi' il frequente affidamento di lavori, con procedura di somma urgenza, alla ditta locale Stracuzzi Maria Rosa, figlia quest'ultima di Stracuzzi Giuseppe, pericoloso pregiudicato e indiziato mafioso del posto, gia' sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale. Lo Stracuzzi risulta intimamente legato al Cardella Pasquale, elemento di spicco dell'organizzazione criminale operante in Licata, gia' sottoposto a misura di prevenzione, proiettato ad assumere posizioni di rilievo nell'ambito di detta organizzazione. Inoltre il sindaco pro tempore Amato Antonino e' stato oggetto di numerosi atti di intimidazione mafiosa, come pure i consiglieri Tirri Peppino e D'Orsi Francesco. Risulta anche che negli anni 1990-1992 sono stati affidati alla ditta Stracuzzi Maria Rosa i seguenti lavori per gli importi a fianco di ciascuno segnati: costipazione e spegnimento dei rifiuti solidi urbani di contrada Palma L. 73.710.000; manutenzione locali VV.FF., copertura parcheggio lire 25.202.000; manutenzione straordinaria della scuola di via Gela - Vill. agricolo L. 36.357.400; manutenzione straordinaria strada c/le Lavanghe L. 28.502.700. Risulta anche che nell'anno 1991 il comune di Licata ha disposto in favore della ditta Stracuzzi Maria Rosa la liquidazione a saldo dei conti consuntivi, per opere di somma urgenza, nella misura di L. 7.305.114; L. 20.442.058; L. 6.536.670. Dallo scenario che il popoloso comune di Licata offre di se', sia nello svolgersi della vita associativa, gravata da irrisolti problemi che incidono sul vivere civile, sia nell'atteggiarsi di una civica amministrazione dell'ente locale che si trascina costantemente all'insegna della instabilita' ed inefficienza, emerge il condizionamento degli amministratori e la permeabilita' di questi alle infiltrazioni della criminalita' organizzata. Da quanto sopra emerge l'urgenza dell'intervento dello Stato mediante provvedimenti incisivi in direzione dell'amministrazione comunale di Licata. Il prefetto di Agrigento, ai sensi dell'art. 1, comma 2, del decreto-legge 31 maggio 1991, n. 164, come convertito nella legge 22 luglio 1991, n. 221, ha dato l'avvio alla procedura di scioglimento del consiglio comunale di Licata con relazione n. 88-357 Gab. del 25 luglio 1992. Nelle more, ritenuti sussistenti i motivi di urgente necessita', il prefetto di Agrigento con decreto pari numero del 28 luglio 1992 ha sospeso gli organi ordinari del comune, assicurando la provvisoria amministrazione dell'ente mediante invio di commissari. Ritenuto, per quanto esposto in narrativa, che ricorrano le condizioni indicate nell'art. 1 del decreto-legge 31 maggio 1991, n. 164, come convertito nella legge 22 luglio 1991, n. 221, che legittimano lo scioglimento del consiglio comunale di Licata, si for- mula rituale proposta per l'adozione della misura di rigore. Roma, 30 luglio 1992 Il Ministro dell'interno: MANCINO