(all. 1 - art. 1)
                                                             ALLEGATO
                   Al Presidente della Repubblica
   Il consiglio comunale di Reggio Calabria, insediatosi  nel  maggio
1989, e' caratterizzato da un clima di illegalita' diffusa.
   Gia'  coinvolto,  infatti,  dalle  ripetute  violazioni  di  legge
commesse dalla giunta guidata dal sindaco Agatino Licandro, in carica
dal 2  marzo  1990  all'8  luglio  1992,  al  centro  dell'attenzione
nazionale,  quale  destinataria di una serie di provvedimenti assunti
dall'autorita' giudiziaria per  reati  connessi  all'esercizio  delle
funzioni di amministratori dell'ente, si e' reso inoltre direttamente
responsabile  di  fronte  alla  legge  e  alla cittadinanza che lo ha
eletto per omissione di adempimenti propri.
   A   conferma   dell'indicato   clima   di   illegalita'   che   ha
caratterizzato  e  caratterizza la vita del consesso si soggiunge che
numerosi  componenti  dello  stesso   sono   coinvolti   in   vicende
giudiziarie.
   Il 21 dicembre 1991, la procura della Repubblica presso la pretura
circondariale  di  Reggio  Calabria  emetteva  decreto di citazione a
giudizio per l'ex sindaco  Agatino  Licandro  e  per  l'assessore  ai
lavori pubblici pro-tempore, Carmelo Bagnato, per i reati di cui agli
articoli 11 e 25 della legge n. 319/1976.
   Il  18  maggio  1992,  la locale procura della Repubblica emetteva
avvisi di garanzia per il vice  sindaco,  Vincenzo  Logoteta,  per  i
reati di cui agli articoli 416- bis e 353 del codice penale.
   Indagini   condotte   dai   competenti  organi,  avevano  infatti,
consentito   di   acclarare   la   responsabilita'    dello    stesso
amministratore    in   ordine   ad   appalti   irregolari,   relativi
all'ampliamento del locale aeroporto.
   Il 16 luglio 1992 la procura distrettuale  emetteva  ordinanza  di
custodia   cautelare  con  arresti  domiciliari  a  carico  di  dieci
consiglieri gia' componenti della citata giunta "Licandro" tra cui il
medesimo ex sindaco, mentre l'ex vice sindaco Logoteta veniva  subito
tradotto nella locale casa circondariale, ove il 25 successivo veniva
raggiunto dallo stesso Licandro.
   I  reati  contestati  erano  per  tutti  abuso  innominato in atti
d'ufficio in  concorso,  con  l'aggravante  della  continuazione  del
reato.
   Al  solo  Logoteta venivano anche attribuiti i delitti di cui agli
articoli 96 del decreto del  Presidente  della  Repubblica  30  marzo
1957, n. 361, e 61, n. 9 del codice penale.
   I  fatti  contestati  riguardavano  una serie di atti deliberativi
aventi per oggetto lavori di posa in  opera  di  elementi  di  arredo
urbano, e relative spese, in diverse vie della citta'.
   Attraverso  l'indebito ed artificioso ricorso al frazionamento dei
lavori e delle relative spese,  con  procedura  d'urgenza,  i  lavori
stessi  erano  stati  direttamente  accollati  ad  un'unica  ditta di
fiducia, piuttosto  che  con  il  ricorso  alla  normale  licitazione
privata, con invito ad un congruo numero di imprese.
   Le  delibere trasmesse dalla prefettura, nell'ambito del controllo
previsto dall'art. 17 della legge n. 203/1991,  alla  locale  sezione
del  Co.Re.Co., venivano annullate e subito dopo nuovamente approvate
dalla giunta.
   Nonostante   la   reiterazione   dell'annullamento  da  parte  del
Co.Re.Co., la giunta procedeva egualmente a liquidare la fattura  per
i lavori eseguiti alla ditta "favorita".
   Il 23 luglio 1992, la locale procura chiedeva il rinvio a giudizio
dell'ex sindaco Licandro e di sette ex assessori per abuso innominato
in atti d'ufficio e falso materiale.
   La  vicenda giudiziaria riguardava alcune delibere con le quali la
giunta comunale  aveva  disposto  l'assunzione,  ricorrendo  al  c.d.
"contratto d'opera", di due pubblicisti, motivando l'urgenza del loro
impiego  in  vista  dell'attuazione  della  legge  n.  246/1989 (c.d.
"decreto Reggio") tra i quali  il  figlio  del  consigliere  comunale
Gangemi,  insediatosi  quale  sindaco l'8 luglio 1992 a seguito delle
dimissioni del Licandro.
   Oltre  i  sopra  indicati  consiglieri  coinvolti  nelle   vicende
giudiziarie  gia'  illustrate  altri  componenti  del  consiglio sono
gravati  da  procedimenti  penali  per  reati  contro   la   pubblica
amministrazione  commessi  nell'esercizio  delle funzioni. Risultano,
infatti,  procedimenti  e  condanne  a  carico  di  ben   venticinque
consiglieri sui cinquanta assegnati al comune.
   Da aggiungere, ancora, sempre a conferma della diffusa illegalita'
esistente,  che,  nonostante i reiterati interventi della prefettura,
rimangono insoluti numerosi annosi problemi:
    la carenza idrica, causata da una rete fatiscente e dai  numerosi
allacci  abusivi,  che  ha  provocato  continue proteste popolari con
turbative anche dell'ordine pubblico con il blocco di strade e  della
linea ferroviaria;
    la  caotica  gestione  dei  mercati rionali caratterizzati da una
forte presenza di abusivi;
    la gravissima situazione dei mercati  generali,  siti  in  locali
fatiscenti  del centro cittadino. Piu' che decennale la vicenda della
realizzazione della nuova  sede,  in  periferia,  nonostante  per  la
stessa siano stati effettuati espropri da quasi quindici anni.
    la vicenda della "metanizzazione" del centro cittadino, anch'essa
decennale;
    la  ristrutturazione  del  Castello Aragonese, crollato a seguito
dei lavori che avrebbero dovuto  consolidarne  le  fondamenta  e,  da
oltre cinque anni, pericolante;
    la  realizzazione  delle opere di urbanizzazione del lungomare di
cui si discute da oltre due anni;
    i  lavori   di   manutenzione   della   rete   viaria   cittadina
costantemente dissestata;
    la   mancata   realizzazione   del   piano  parcheggi  nonostante
l'avvenuta destinazione di fondi al comune;
    la carenza di impianti di depurazione e il cattivo  funzionamento
di quelli esistenti;
    la  mancata  attivazione  del lido comunale, struttura realizzata
gia' da dieci anni, che rischia, per tale motivo, di deteriorarsi, il
caotico traffico che rende impraticabile il centro cittadino a  causa
della  carenza  di  personale  del  corpo  dei  vigili  urbani il cui
organico  avrebbe  dovuto  essere  integrato  tramite  una  procedura
concorsuale che si dilunga da oltre due anni;
    le gravi carenze della pianta organica mai rinnovata e totalmente
inidonea alle esigenze del comune;
    la politica del personale caratterizzata da clientelismi;
    una totale assenza di controlli nel settore dei pubblici servizi;
    il degrado urbano aggravato dal diffuso abusivismo edilizio.
   I disservizi e le inefficienze rappresentati hanno determinato, in
una   popolazione   gia'  fortemente  provata  per  l'endemica  crisi
economico-sociale, un senso di gravissimo distacco dalle istituzioni.
   Premesso quanto sopra e'  da  rilevare  che  le  inadempienze  del
consiglio investono anche alcune sue competenze esclusive.
   Lo  statuto  e'  stato  approvato  solo a seguito di diffida della
prefettura e i regolamenti piu' importanti non risultano adottati.
   Le nomine presso gli enti sono state quasi  totalmente  effettuate
dal sindaco con propria ordinanza.
   Gli   strumenti   per   l'esercizio   del   potere   di  controllo
sull'esecutivo non sono stati mai utilizzati.
   Nessuna iniziativa significativa e' stata assunta dal consiglio in
merito alla annosa vicenda della legge n. 246/1989, meglio nota  come
"decreto Reggio".
   Da   quanto   sopra  risulta  evidente  una  gestione  del  comune
totalmente svincolata dal rispetto delle norme vigenti.
   Si ritiene, pertanto, che il permanere del predetto consiglio  sia
di  discredito  alle  istituzioni democratiche e potrebbe avere anche
forti riflessi sul mantenimento dell'ordine pubblico.
   Il prefetto di Reggio Calabria ai sensi  dell'art.  39,  comma  1,
lettera  a),  della legge 8 giugno 1990, n. 142, ha dato l'avvio alla
procedura di sciolgimento di quel consiglio comunale,  con  relazioni
dell'8  e 19 agosto 1992 e, nelle more, ritenuti sussistenti i motivi
di urgente necessita'  richiesti  dalla  legge,  ne  ha  disposto  la
sospensione con decreto n. 1939/92/Gab. del 31 luglio 1992.
   Ritenuto,  per  quanto  esposto  in  narrativa,  che  ricorrano le
condizioni indicate dal citato art. 39, comma 1,  lettera  a),  della
legge  8  giugno  1990,  n.  142, che legittimano lo scioglimento del
consiglio comunale di Reggio Calabria, si  formula  rituale  proposta
per l'adozione della misura di rigore.
    Roma, 21 settembre 1992
                                    Il Ministro dell'interno: MANCINO