IL MINISTRO DEL TESORO
  Visti  gli  articoli  13  e  14 del decreto legislativo 20 novembre
1990, n. 356;
  Visto l'art. 1, commi 7 e 7-ter del decreto-legge 31  maggio  1994,
n. 332, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 1994, n.
474;
  Vista  la  direttiva  del  Ministro del tesoro del 18 novembre 1994
(d'ora  in  avanti  semplicemente  "direttiva")   (pubblicata   nella
Gazzetta Ufficiale n. 273 del 22 novembre 1994);
  Considerata l'opportunita' di fornire indicazioni applicative della
direttiva;
                              E M A N A
                       la seguente circolare:
1. Procedure per le dismissioni.
  1.1.  Nell'ambito  del  processo  di  diversificazione  dell'attivo
indicato dall'art. 2, comma 2, della direttiva, gli  enti  conferenti
procedono  alla  cessione  delle  azioni  o  dei  relativi diritti di
opzione della societa' conferitaria in conformita' alle deliberazioni
del consiglio di  amministrazione  o  di  altro  organo  equivalente,
sentito  il  collegio  sindacale o altro organo equivalente, ai sensi
dell'art. 13, comma 1, del decreto legislativo 20 novembre  1990,  n.
356.
  Tale  deliberazione,  quando  si  riferisca  a  cessioni  di  quote
maggiori o uguali all'uno  per  cento  del  capitale  della  societa'
conferitaria,  deve  contenere la determinazione del prezzo massimo e
del prezzo minimo  di  cessione  nonche'  l'indicazione  dei  criteri
seguiti  per  la  relativa  determinazione. Una societa' di revisione
iscritta nell'albo di cui all'art.  8,  del  decreto  del  Presidente
della  Repubblica  31  marzo  1975, n. 136, accerta la congruita' del
prezzo o della fascia di prezzo fissata.
   Le cessioni da  realizzarsi  con  modalita'  diversa  dall'offerta
pubblica di vendita devono essere autorizzate dal Ministro del tesoro
a norma dell'art. 13, comma 3, del decreto legislativo n. 356/1990.
  L'autorizzazione  alla  cessione con modalita' diversa dall'offerta
pubblica di vendita  sara'  rilasciata  solo  qualora  si  proceda  a
trattativa  diretta e la cessione avvenga nei confronti di banche, di
societa' appartenenti  a  gruppi  bancari,  di  societa'  finanziarie
iscritte   nell'albo   speciale  di  cui  all'art.  107  del  decreto
legislativo 1 settembre 1993, n. 385, di  imprese  di  assicurazione,
ovvero  quando  si intenda costituire un nucleo stabile di azionisti;
in tale ultimo caso andranno indicati i soggetti  partecipanti  e  il
contenuto degli eventuali accordi tra gli stessi.
  Quando  la cessione a trattativa diretta nei confronti dei soggetti
indicati al comma precedente abbia  ad  oggetto  un  quantitativo  di
azioni  non  superiore  al  limite complessivo dell'uno per cento del
capitale  (sempre  riferito  all'arco  degli  ultimi  dodici   mesi),
l'autorizzazione si intende rilasciata in via generale dalla presente
circolare.
  Possono  essere  liberamente effettuate cessioni in borsa di azioni
quotate nel limite complessivo dell'uno per cento  del  capitale,  da
calcolarsi  con  riferimento alle cessioni realizzate nell'arco degli
ultimi dodici mesi.
  1.2. La diversificazione dell'attivo puo' essere perseguita in ogni
forma.
  In  relazione all'obbiettivo indicato dall'art. 2, comma 2, lettera
b), della direttiva, e' peraltro presumibile che si  verifichino,  in
concreto, le seguenti ipotesi:
    a)  cessione  in  unica  soluzione della partecipazione in misura
tale da raggiungere immediatamente l'obbiettivo;
    b)  cessione  della  partecipazione  in   lotti,   a   condizioni
predeterminate   e   a   scadenze  prefissate,  decisa  con  un'unica
deliberazione la cui attuazione sia tale da raggiungere l'obbiettivo;
    c) pluralita' di cessioni coordinate in un programma unitario, ad
attuazione progressiva, nel quale ogni  singola  fase,  pur  formando
oggetto   di   separata   decisione,   sia  comunque  strumentale  al
raggiungimento dell'obbiettivo.
  Nelle ipotesi descritte sub a) e b) la conformita'  della  relativa
deliberazione  alla  direttiva  e' accertata con decreto del Ministro
del tesoro entro trenta giorni dal ricevimento della delibera stessa.
Poiche' decorso tale termine la conformita' si intende accertata,  la
deliberazione dovra' essere trasmessa al Ministro del tesoro in forma
idonea  a  certificare  la  data di ricezione, insieme alla relazione
della societa' di revisione sulla congruita' del prezzo.
  Copia della  deliberazione  deve  essere  contestualmente  inviata,
prima della sua esecuzione, alla Banca d'Italia.
  Nell'ipotesi sub c) dovranno essere inviate al Ministro del tesoro:
   1) il programma deliberato e le eventuali variazioni dello stesso,
ai fini dell'accertamento della conformita' alla direttiva;
   2)  le  singole  deliberazioni  di esecuzione (sempre insieme alle
relazioni sulla congruita'  del  prezzo)  ai  fini  dell'accertamento
della conformita' al programma deliberato.
  L'autorizzazione   alla  cessione  mediante  trattativa  diretta  e
l'accertamento di conformita' della deliberazione  di  cessione  alla
direttiva  puo'  essere  rilasciata dal Ministro del tesoro con unico
atto.
  L'ente conferente da'  tempestiva  comunicazione  al  Ministro  del
tesoro  di  ogni  cessione  effettuata  anche  di ammontare inferiore
all'uno per cento del capitale.
2. Agevolazioni fiscali.
  2.1. Nelle ipotesi indicate alle lettere a) e b) del punto 1.2,  se
il  parametro di diversificazione di cui all'art. 2, comma 2, lettera
b), della  direttiva  viene  conseguito  con  un'unica  operazione  o
deliberazione  entro  il prescritto quinquennio (vale a dire entro il
22 novembre  1999),  l'ente  conferente  beneficia  dell'agevolazione
fiscale  prevista dall'art. 1, comma 4, della legge 26 novembre 1993,
n. 489 come modificato dall'art.  1,  comma  7-ter,  della  legge  30
luglio  1994,  n.  474,  una  volta  che il Ministro del tesoro abbia
accertato la conformita' al parametro indicato dalla direttiva.
  2.2. Nel diverso caso in cui l'ente conferente intenda  raggiungere
lo  stesso  parametro  di diversificazione mediante una pluralita' di
operazioni di dismissione, coordinate in un  programma  unitario  (v.
punto  1.2,  lettera  c),  l'agevolazione fiscale si consegue, in via
definitiva, per ciascuna cessione  realizzata  nel  quinquennio,  con
l'accertamento  di  conformita'  di  ciascuna  cessione  al programma
deliberato.
  2.3.  Il  conseguimento  nel  termine  dello  stesso  parametro  di
diversificazione opera come presupposto dell'esenzione fiscale  anche
per le cessioni delle azioni della societa' conferitaria successive a
tale  data  (22 novembre 1999). Diversamente, se il parametro fissato
dalla norma citata non sia stato  raggiunto  nel  quinquennio  -  pur
restando   ferma  l'esenzione  per  le  cessioni  gia'  realizzate  -
l'agevolazione non si applichera' alle cessioni  delle  azioni  della
societa'  conferitaria  successive alla scadenza del quinquennio, che
dovranno essere  comunque  realizzate  in  attuazione  del  programma
deliberato.
  Spettera'   al  Ministro  del  tesoro,  in  qualita'  di  autorita'
vigilante sugli enti conferenti, assicurarsi che l'obbiettivo di  cui
all'art.  2,  comma  2,  lettera  b),  della direttiva venga comunque
realizzato, anche in considerazione delle ragioni del ritardo.
3. Modifiche statutarie.
  3.1. In ordine all'art. 4  della  direttiva,  gli  enti  conferenti
individuano  nello statuto gli specifici settori di intervento tenuto
conto del contesto sociale, economico e culturale nel  quale  operano
nonche'  dell'ordine di grandezza delle risorse disponibili, anche in
prospettiva, in modo da evitare il rischio di una loro dispersione.
  In proposito deve tenersi conto anche della necessita' di  favorire
rappresentativita'  degli interessi connessi ai settori di intervento
(art. 6, lettera a), della direttiva), che diventa piu'  problematica
all'aumentare del numero dei settori prescelti.
  La  scelta  degli specifici settori di intervento puo' anche essere
effettuata,  in  base  ad  un  richiamo  di  norma  statutaria,   nel
regolamento di cui all'art. 5 della direttiva (v. punto 4.1).
  3.2.  L'incremento della rappresentativita' negli organi collegiali
degli interessi connessi ai settori di intervento prescelti (art.  6,
lettera  a),  della  direttiva)  implica  che  lo  statuto  dell'ente
conferente  preveda  la  presenza   nell'organo   amministrativo   di
componenti  espressione  di quegli interessi, in misura significativa
(ad es. compresa tra un  quinto  ed  un  terzo,  anche  in  relazione
all'ampiezza  dell'organo  ed  al  numero  di  settori  di intervento
indicati dallo statuto).
  Tale risultato puo' essere alternativamente perseguito attraverso i
seguenti metodi:
    a) ampliamento dell'organo di amministrazione,  con  attribuzione
del  potere  di  nomina  o  designazione dei nuovi componenti ad enti
esponenziali degli  interessi  connessi  agli  specifici  settori  di
intervento dell'ente;
    b)    ampliamento   dell'organo   di   amministrazione   mediante
cooptazione;
    c) mantenimento dell'attuale disciplina statutaria in  ordine  al
numero  e  alla  competenza  alla  nomina  dei  membri dell'organo di
amministrazione. In  tal  caso  lo  statuto  dovrebbe  prevedere  gli
strumenti  per  assicurare  che  gli  enti terzi cui siano affidati i
poteri di nomina si attengano alla previsione statutaria  di  cui  al
periodo successivo.
  In  ogni  caso lo statuto indica i requisiti di professionalita' ai
quali attenersi ovvero attribuisce ad un organo dell'ente conferente,
fissando i criteri di massima, il compito di specificare i  requisiti
soggettivi  richiesti  per la nomina o la designazione del componente
l'organo collegiale.
  3.3.  Negli  enti conferenti a struttura istituzionale, l'eventuale
ampliamento  del  consiglio  di  amministrazione   potrebbe   rendere
opportuna  la  distinzione  delle competenze tra consiglio e comitato
esecutivo, con affidamento  al  primo  di  compiti  di  supervisione,
indirizzo,  programmazione  e  controllo  e  al  secondo  di gestione
dell'ente.
  In  queste  ipotesi  i  componenti  espressione  dei   settori   di
intervento  dovrebbero  essere  chiamati  a far parte necessariamente
dell'organo  di  indirizzo,  programmazione  e   controllo;   sarebbe
comunque   opportuno   assicurare   una   loro  partecipazione  anche
nell'organo di gestione.
  3.4. Negli enti a struttura associativa, o  lo  statuto  dei  quali
affidi  comunque  ad  organi  di  tipo  assembleare  la  scelta degli
amministratori, il rispetto delle previsioni di cui al punto 3.2,  in
sede  di  nomina degli amministratori, potrebbe rendere necessaria la
cooptazione  di  nuovi  "soci",  esponenti  dei   medesimi   settori,
nell'organo  assembleare:  ovviamente  cio'  si renderebbe necessario
solo se lo statuto prevedesse che gli amministratori  debbano  essere
scelti  esclusivamente  fra i componenti l'organo assembleare; in tal
caso, occorrerebbe prevedere che  una  certa  percentuale  di  "soci"
disponga  dei  requisiti  necessari  per  assicurare  la  equilibrata
composizione dell'organo di amministrazione.
  Nulla esclude pero' che - anche negli enti  conferenti  con  organo
assembleare   -   lo   statuto  possa  prevedere  l'integrazione  del
consiglio, per cooptazione o nomina esterna, secondo metodi  analoghi
a quelli descritti al punto 3.2, lettere a) e b).
  3.5.  In  ogni  ipotesi  di  conferimento  del  potere di nomina di
amministratori o componenti di organi collegiali a  soggetti  esterni
all'ente sarebbe opportuno precisare - se lo statuto non fosse chiaro
sul  punto  -  che  l'attribuzione del potere di nomina e' funzionale
esclusivamente al migliore e piu' proficuo andamento dell'ente e  non
comporta  rappresentanza  dei  soggetti cui e' affidata la nomina, in
seno all'ente stesso. Cio' determina l'esclusione di ogni  potere  di
indirizzo,  vigilanza  e controllo del nominante sul nominato, revoca
compresa. L'esclusione di questi  poteri  e'  auspicabile  che  formi
oggetto  di  una  esplicita previsione statutaria, al fine di evitare
equivoci interpretativi.
  3.6. Il riassetto organizzativo  dell'ente  conferente,  alla  luce
dell'art.  6,  lettera a), della direttiva, potrebbe anche riguardare
la separazione delle competenze relative  all'attivita'  connessa  al
perseguimento  dei fini istituzionali e alla gestione del portafoglio
dell'ente, posto  che  vengono  richieste  professionalita'  diverse,
sempre  che  l'ente  non intenda affidare interamente ad intermediari
autorizzati la gestione del  proprio  portafoglio.  Tale  separazione
potrebbe  essere  realizzata  attribuendo  le  diverse  competenze ad
organi diversi oppure individuando appositi servizi interni  all'ente
ed  eventualmente  disciplinati  nel regolamento previsto dall'art. 5
della direttiva (v. punto 4.1).
  3.7. Una modifica statutaria e' necessaria  per  mutare  il  regime
della  riserva  di  cui all'art. 12, comma 1, lettera d), del decreto
legislativo 20 novembre 1990, n. 356.
  Nel  caso  in  cui  l'ente  perda  il  controllo   della   societa'
conferitaria  la  previsione della riserva puo' essere eliminata, con
la conseguenza che le somme accantonate per essa perdono  il  vincolo
di  destinazione.  Resta  comunque  ferma  la  facolta'  dell'ente di
mantenere  la  riserva,  dimensionandola e alimentandola nella misura
che parra' congrua, salvo che sia stata  ceduta  la  totalita'  delle
azioni  della  societa' conferitaria, nel qual caso la riserva andra'
comunque eliminata.
  Qualora l'ente mantenga il controllo della  societa'  conferitaria,
lo  statuto  dovra'  comunque  prevedere  la  riserva  in  misura non
inferiore al 10 per cento dei redditi derivanti dalla  partecipazione
nella  societa'  conferitaria. Le somme gia' accantonate ed eccedenti
rispetto alla percentuale eventualmente modificata sono  svincolabili
con deliberazione dell'organo competente.
  3.8.   Altre   modifiche   statutarie  potrebbero  essere  connesse
all'adozione del regolamento di cui all'art. 5  della  direttiva.  Ad
esempio, in via alternativa:
    a)  non delegabilita' della competenza dell'organo amministrativo
sulle deliberazioni relative al regolamento;
    b) previsione di maggioranze  qualificate  per  l'adozione  o  la
modifica del regolamento;
    c)  adozione  e/o  modifica  del regolamento da parte del o degli
organi competenti in materia di modifiche statutarie.
  3.9. Copia della o delle delibere di approvazione  delle  modifiche
statutarie  e  la  documentazione  eventualmente allegata, dichiarata
conforme all'originale a norma di statuto o certificata  da  pubblico
ufficiale,  deve  essere  presentata  al  Ministero del tesoro per il
tramite della Banca d'Italia. Entro sessanta giorni  dal  ricevimento
della  documentazione  il  Ministro  del  tesoro approva le modifiche
statutarie a norma dell'art. 12, comma 3, del decreto legislativo  20
novembre 1990, n. 356.
 4. Il regolamento.
  4.1.  Gli  enti  procedono  ad  una  organica disciplina della loro
attivita' nei settori previsti dallo statuto. Il regolamento potrebbe
essere la sede per individuare gli specifici  settori  di  intervento
(v.  punto  3.1),  nonche'  le  specifiche competenze delle strutture
interne chiamate ad amministrare gli investimenti dell'ente.
  Il regolamento potra' definire le diverse modalita'  di  intervento
dell'ente  nei  settori  prescelti.  Ad esempio: intervento diretto o
tramite enti direttamente promossi; finanziamento  di  iniziative  di
terzi;  erogazioni;  assunzione  di pubblici servizi in concessione a
condizioni di economicita'.
  Sara' opportuno valorizzare il bilancio preventivo  come  strumento
di   programmazione   e   di   indirizzo   dell'attivita'  dell'ente,
eventualmente prevedendo - per gli enti dotati di organo  assembleare
- possibilita' di integrazione o modifica in sede di approvazione.
  4.2. Il regolamento dovra' inoltre contenere:
    a)  la  ripartizione delle risorse, o i criteri per determinarla,
tra i diversi settori;
    b) la  definizione  di  criteri  di  selezione  di  iniziative  e
progetti, propri e di terzi, all'interno dei settori prescelti;
    c)  la  procedura  di  presentazione  e valutazione di progetti e
iniziative promossi da terzi e i criteri di  valutazione  comparativa
in termini di analisi costi-benefici;
    d)  le modalita' di finanziamento dei progetti o delle iniziative
di durata pluriennale e i procedimenti  di  verifica  interinale  dei
risultati conseguiti.
  4.3.  Il  regolamento  dovra' altresi' disciplinare l'intervento di
soggetti esterni all'ente, eventualmente riuniti in comitati  tecnici
e  scientifici, scelti tra personalita' di particolare competenza nei
settori di  intervento  dell'ente,  al  fine  di  fornire  all'organo
amministrativo  una  forma  di  consulenza  nella valutazione e nella
selezione dei progetti  di  maggior  rilievo.  L'intervento  di  tali
soggetti  e  comitati  (che  potranno avere o meno la forma di veri e
propri organi consultivi, nel qual caso  dovrebbero  essere  previsti
dallo  statuto)  e'  finalizzato  a  fornire  competenze  tecniche  e
scientifiche per le valutazioni di merito dell'ente,  evitando  pero'
che  cio'  possa  dar  luogo  a  forme  di condizionamento. E' quindi
essenziale che si  tratti  di  soggetti  (o  di  organi  composti  da
soggetti)  indipendenti.  Qualora  il regolamento preveda l'eventuale
compenso  per  l'attivita'  prestata  dagli  esperti  esterni,  sara'
opportuno  che tale compenso di norma abbia la forma e la funzione di
un rimborso spese piuttosto che di una retribuzione vera e propria.
  Infine, il regolamento dovra' disciplinare  le  modalita'  con  cui
l'ente  assolve  l'obbligo  (previsto dall'art. 5 della direttiva) di
dare pubblicita'  all'attivita'  svolta  in  ciascun  esercizio,  con
particolare  riferimento  ai  progetti  finanziati  ed  ai  risultati
ottenuti.
  4.4. La documentazione concernente l'approvazione  del  regolamento
deve  essere  presentata al Ministero del tesoro per il tramite della
Banca d'Italia. Entro sessanta giorni il  Ministro  del  tesoro  puo'
formulare  rilievi  in merito al regolamento (art. 11, comma 2, della
direttiva).
  4.5 Al fine di agevolare l'adozione del regolamento, se ne  riporta
lo schema-tipo in allegato.
                                                    Il Ministro: DINI