MINISTERO DELLA SANITA' - ISTITUTO SUPERIORE DI SANITA' COMMISSIONE NAZIONALE AIDS Novembre 1996 Principi di Terapia Antiretrovirale dell'Infezione da HIV 1. I progressi della ricerca scientifica. Nel corso dell'ultimo anno, progressi della ricerca di base e della ricerca clinica hanno modificato sostanzialmente l'approccio terapeutico all'infezione da HIV. In particolare, tre fondamentali aree, tra loro strettamente correlate, hanno fornito un contemporaneo contributo: a) gli studi sulla patogenesi dell'infezione da HIV, con le nuove acquisizioni sul carattere di estrema e continua dinamicita' della replicazione del virus, anche durante le fasi di latenza clinica; b) lo sviluppo di tecniche di laboratorio per la misura quantitativa della cosiddetta "carica virale", e, quindi, del livello di replicazione di HIV, con la dimostrazione dell'elevato valore predittivo, in termini di progressione clinica e di risposta alla terapia, di questo marcatore; c) la conclusione e la divulgazione dei risultati di alcuni importanti studi clinici controllati basati su end-point clinici (come lo studio europeo Delta, lo studio nordamericano ACTG 175 e lo studio Caesar) che, nel dimostrare la superiorita' delle polichemioterapie antiretrovirali rispetto alla monoterapia, hanno anche provato il concetto per il quale, anche cominciando a trattare i pazienti durante la fase asintomatica, e' possibile modificare la storia naturale della malattia e prolungare la sopravvivenza aumentando la potenza antivirale del regime terapeutico e riducendo in modo significativo la replicazione di HIV. Altro evento importante e' stato lo sviluppo di una nuova classe di farmaci antiretrovirali, gli inibitori della proteasi (PI), che agiscono con meccanismo d'azione diverso rispetto agli inibitori della transcriptasi inversa (RTI) (la classe cui appartengono farmaci gia' disponibili come AZT, ddl, ddC, 3TC e d4T) (Cfr. Allegato 1) L'impiego degli inibitori della proteasi, specie se associati con uno o due inibitori della transcriptasi inversa, e' stato in grado di migliorare nettamente parametri sia biologici (HIV-RNA plasmatico e cellule CD4+) che clinici (progressione della malattia e sopravvivenza) in pazienti in fase avanzata di malattia. In alcuni studi su triple combinazioni di inibitori delle proteasi e inibitori della transcriptasi inversa, e' stato possibile ridurre in una percentuale rilevante di pazienti e per tempi prolungati la replicazione di HIV a livelli plasmatici non piu' misurabili (in pratica, al di sotto del livello di sensibilita' delle tecniche disponibili), e, contestualmente, dilazionare l'emergenza di ceppi resistenti, che finora ha rappresentato uno dei motivi principali di "fallimento terapeutico". Questi studi hanno definitivamente chiarito che la velocita' di emergenza dei ceppi resistenti e' funzione sia dell'attivita' replicativa del virus che della complessita' e del numero delle mutazioni genetiche responsabili del fenomeno della resistenza. Sono attualmente in corso estese sperimentazioni cliniche con gli inibitori delle proteasi anche su popolazioni di pazienti in fase precoce di malattia. Gli studi controllati disponibili sono infatti finora limitati a popolazioni in fase piu' avanzata e non sono in grado di fornire informazioni sull'attivita' e la tollerabilita' a lungo termine di questi farmaci. Malgrado queste limitazioni, risulta evidente che e' oggi piu' fondata la speranza di riuscire a modificare in modo sostanziale la storia naturale dell'infezione da HIV attraverso l'impiego di potenti combinazioni di farmaci antiretrovirali. La maggiore disponibilita' di opzioni terapeutiche implichera' anche la messa a punto di algoritmi di individualizzazione del trattamento antiretrovirale, in funzione di molteplici parametri di valutazione: alcuni relativi alle condizioni cliniche, immunologiche (livelli di CD4+) e virologiche (come la determinazione della quantita' di HIV presente nel plasma) del paziente; altri legati alle caratteristiche dei farmaci, che dovranno certamente includere la potenza antivirale, la capacita' di penetrare nel SNC, ma anche gli aspetti di tollerabilita'/tossicita', di accettabilita' da parte del paziente, di induzione di resistenze e le possibilita' di interazioni farmacologiche con altri farmaci. In linea generale, e' probabile che la terapia dell'infezione da HIV sara' basata sul passaggio dall'una all'altra combinazione di farmaci, in funzione delle variazioni degli indici immunologici e virologici e dell'andamento clinico, della tollerabilita', dell'eventuale emergenza di tossicita', dall'aderenza del paziente ai diversi regimi terapeutici e tenendo presente la possibilita' di indurre resistenze crociate. E' evidente che potrebbe essere necessario l'impiego, in fasi diverse, per ogni singolo paziente, di tutti o quasi i farmaci disponibili. Vista la notevole correlazione tra livelli di viremia plasmatica e progressione della malattia, e, in generale, tra replicazione di HIV e patogenesi della malattia, l'obiettivo finale della terapia antiretrovirale dovra' essere, in prospettiva, quello di ridurre quanto piu' possibile e per tempi prolungati la replicazione del virus. Dal punto di vista della pratica clinica, sono tuttavia ancora numerosi i punti da chiarire sulla strategia ottimale per ottenere questo risultato, ed e' indispensabile che questi vengano affrontati attraverso studi clinici controllati. In particolare, dovranno essere ulteriormente definiti: a) quale sia il momento ottimale per l'inizio della terapia per ottenere il maggiore beneficio clinico a lungo termine (ad esempio, a quale livello di carica virale plasmatica deve essere raccomandato l'inizio del trattamento nei pazienti asintomatici); b) quali siano gli obiettivi virologici di minima da raggiungere per ottenere il maggiore beneficio clinico a lungo termine (sara' necessario mirare all'azzeramento della quantita' di virus svelabile nel plasma, o bastera' ridurla al di sotto di una "soglia critica" ?); c) quale sia la strategia terapeutica migliore (iniziare con le combinazioni piu' potenti per tutti i pazienti, indipendentemente dalla carica virale di partenza, o modulare l'uso delle terapie combinate e riservare l'uso di quelle piu' "potenti" per le fasi piu' avanzate" ?); d) quali siano le combinazioni di farmaci da utilizzare nelle diverse fasi (con particolare riguardo agli inibitori della proteasi e, in prospettiva, agli inibitori non-nucleosidici della transcriptasi inversa). _________________________________________________________________ | In linea generale, vista la variabilita' delle risposte |individuali e della compliance ai diversi trattamenti, e' diffici |definire schemi terapeutici applicabili a tutte le diverse |situazioni cliniche. Poiche' il trattamento antiretrovirale dovra |essere, per quanto e' possibile, individualizzato sul singolo |paziente, questo documento espone esclusivamente principi general |e indicazioni di massima per la scelta dei regimi terapeutici e p |il loro impiego razionale e per l'applicazione clinico-terapeutic |della determinazione della carica virale. Per una ottimale |definizione delle strategie terapeutiche sara' comunque opportuno |riferirsi costantemente alla letteratura internazionale, ai |risultati gia' disponibili o prossimi degli studi controllati ed |alle indicazioni registrative dei diversi farmaci. |_________________________________________________________________ 2. Strategie terapeutiche attuali per il trattamento dell'infezione da HIV dell'adulto. Sulla base dei risultati di studi clinici controllati ma anche sulla base delle nuove acquisizioni patogenetiche, sono stati identificati punti di sostanziale convergenza, a livello internazionale, su quando e come iniziare il trattamento delle persone con infezione da HIV, e su quando e come eventualmente modificarlo. Questi elementi sono di seguito illustrati per quanto riguarda l'infezione da HIV dell'adulto, mentre si rimanda a successivi specifici documenti per la trattazione della strategia terapeutica ottimale di particolari situazioni cliniche, quali: a) il trattamento dell'infezione da HIV in eta' pediatrica: b) la prevenzione della trasmissione materno-fetale: c) la profilassi post-esposizione. A) QUANDO INIZIARE IL TRATTAMENTO ANTIRETROVIRALE Il problema dell'individuazione del momento ideale per iniziare la terapia antiretrovirale e' fondato sulla necessita' di individuare, per ogni singolo paziente, il giusto equilibrio tra il trattare "troppo presto" (con la possibilita' di esaurire nel tempo le successive opzioni terapeutiche, oltre ad introdurre una potenziale riduzione nella qualita' della vita) e il trattare "troppo tardi" (quando il sistema immunitario abbia gia' subito danni notevoli e la risposta virologica e' minore). I punti di sostanziale convergenza sono i seguenti: A.1. I risultati di studi clinici controllati hanno dimostrato che possono trarre beneficio clinico dalla terapia antiretrovirale di combinazione: - I pazienti sintomatici (gruppo B e C della classificazione CDC). - I pazienti asintomatici con linfociti CD4 < 500 / mm3. Alcuni esperti ritengono che la decisione di trattare i pazienti asintomatici con livelli di linfociti CD4 > 300-350 / mm3, debba tuttora essere considerata caso per caso, attraverso l'analisi di elementi aggiuntivi quali il livello di replicazione virale o la velocita' di decremento dei linfociti CD4 (v. oltre, Tab. 1). A.2. Per i pazienti asintomatici con livelli di linfociti CD4 >500 /mm3, per i quali non si dispone di studi clinici controllati che dimostrino i benefici a lungo termine, l'opportunita' di iniziare o meno un trattamento antiretrovirale si basa su considerazioni patogenetiche, sulla dimostrazione della correlazione tra replicazione di HIV e progressione della malattia e sui risultati di studi sperimentali basati su marker di laboratorio. Questi elementi fanno ritenere che possa essere ragionevole l'inizio della terapia antiretrovirale, anche nel paziente asintomatico, indipendentemente dal livello di base dei linfociti CD4, quando sussistano segni di notevole attivita' dell'infezione, valutati in funzione della velocita' di decremento dei linfociti CD4 e della quantita' di copie di HIV-RNA plasmatico (Cfr. Tab. 1 e Tab. 4). Per quanto riguarda quest'ultimo parametro, viene proposto il seguente schema indicativo: - HIV-RNA > 30.000 copie/ml: in questi casi, l'inizio della terapia puo' essere raccomandato, indipendentemente dai livelli di linfociti CD4+; - HIV-RNA 10.000 - 30.000 copie/ml: l'inizio della terapia puo' essere preso in considerazione, se coesistono segni di rapido decadimento immunologico (bassi livelli di CD4 o declino dei CD4 > 25% in tre mesi). - HIV-RNA < 10.000 copie/ml: l'inizio della terapia antiretrovirale puo' essere dilazionato, ma il paziente andra' rivalutato periodicamente, in funzione del livello dei CD4 (ogni 6 mesi se CD4 > 500; se CD4 < 500, con frequenza relativamente maggiore). Tab. 1 - Indicazioni di massima per l'inizio della terapia antiretrovirale in pazienti mal trattati in precedenza. ___________________________________________________________________ | HIV-RNA HIV-RNA HIV-RNA | | <10.000 10.000-30.000 >30.000 | | | |CD4>500 NO, e SI, ma solo se SI | | rivalutazione e' anche | | semestrale presente un | | dell'RNA rapido declino | | del CD4+ | | | |CD4 500-300 SI, ma solo se SI SI | | e' anche | | presente un | | rapido declino | | del CD4+: | | con CD4 stabili, | | rivalutazione | | periodica | | dell'RNA | | | |CD4<300 SI SI SI | |___________________________________________________________________| B. TRATTAMENTO DELL'INFEZIONE PRIMARIA ACUTA Numerosi dati sperimentali suggeriscono che l'elevatissimo livello di replicazione virale associato con l'infezione primaria costituisca un elemento determinante nella patogenesi della malattia da HIV, e che il "set-point" plasmatico di HIV-RNA raggiunto nel singolo paziente alla fine di questa fase sia predittivo della successiva evoluzione clinica. Anche in assenza di dati che mostrino in modo certo che il trattamento antiretrovirale dell'infezione primaria e' in grado di modificare nel lungo periodo la storia naturale della malattia, le conoscenze sulla patogenesi dell'infezione da HIV fanno supporre che questa eventualita' sia estremamente probabile. L'opzione piu' valida dal punto di vista scientifico per i pazienti con infezione acuta sintomatica o con recente sieroconversione, sarebbe quella di partecipare ad uno studio clinico randomizzato. In alternativa, ove questo non sia possibile, puo' essere proposto al paziente un trattamento antiretrovirale, che dovrebbe essere effettuato con combinazioni di almeno due analoghi nucleosidici (con la possibilita' di includere anche un potente inibitore della proteasi). Il trattamento dovrebbe essere proseguito per almeno 6-12 mesi. Successivamente, la decisione se continuare o meno la terapia dovra' essere presa, in accordo con il paziente, sulla base di elementi di valutazione che dovranno includere le variazioni osservate del livello di linfociti CD4+ e dell'HIV-RNA plasmatico, oltre che elementi relativi a tossicita', tollerabilita' ed accettabilita' della terapia da parte del paziente. C) SCELTA DELLE COMBINAZIONI C.1. - Terapia iniziale Malgrado siano in corso studi sperimentali sull'uso di strategie molto "aggressive" anche in pazienti in fase precoce, in mancanza di dati certi su efficacia e tossicita' a lungo termine e in attesa della disponibilita' di ulteriori opzioni farmacologiche in caso di insuccesso terapeutico, la strategia piu' opportuna al momento attuale sembra essere quella di "calibrare" l'aggressivita' dell'intervento terapeutico in funzione del rischio di progressione dell'infezione. Questo livello puo' essere oggi stabilito in modo attendibile attraverso l'analisi congiunta della situazione clinica, del numero assoluto dei linfociti CD4+ (e del loro decremento in funzione del tempo) e della determinazione del numero di copie di HIV-RNA nel plasma. A titolo puramente indicativo, puo' essere definito come a rischio elevato di progressione un paziente che presenti un livello di linfociti CD4 inferiore a 300/mm(elevato)3 con elevata velocita' di decremento dei linfociti CD4 (> 25% del livello iniziale, in 3 mesi), o con livelli di RNA plasmatico superiori a 30.000 copie/ml (Tab. 2). In ogni caso, qualunque sia il rischio di progressione dell'infezione, e' certo che, presa la decisione di iniziare la terapia, questa debba essere attuata con almeno una combinazione di due analoghi nucleosidici. Per quanto riguarda la scelta delle combinazioni di analoghi nucleosidici, dati di efficacia e tollerabilita', ottenuti in studi controllati basati su end-point clinici, sono disponibili per le seguenti combinazioni: AZT/ddl, AZT/ddC, AZT/3TC, mentre dati limitati ad una notevole attivita' antivirale in vivo ed alla tollerabilita' sono disponibili per le combinazioni ddl/d4T e d4T/3TC. La valutazione sulla opportunita' di iniziare comunque con combinazioni di due analoghi si basa sui dati di potenza antivirale, malgrado che in uno studio clinico controllato su pazienti non avanzati (200-500 CD4), ddl abbia mostrato attivita' clinica comparabile a quella di combinazioni di due analoghi. Va segnalato che sono attualmente in corso di valutazione clinica altri inibitori nucleosidici della transcriptasi inversa (1592U89), e che sono in corso di registrazione negli Stati Uniti alcuni inibitori non nucleosidici della transcriptasi inversa (NNRTI) (nevirapina, delavirdina, loviride) che potrebbero, in un futuro prossimo, affiancare gli inibitori gia' disponibili e conseguentemente ampliare le opzioni terapeutiche. In attesa dei risultati dei numerosi studi controllati in corso, l'impiego di combinazioni piu' potenti che includano un inibitore della proteasi (in combinazione. con uno o due inibitori della transcriptasi inversa) deve essere preso in considerazione solo per i pazienti con infezione in fase relativamente avanzata, graduando la potenza della combinazione sull'andamento dei parametri clinici immunologici e virologici (Tab. 2). Gli inibitori della proteasi attualmente disponibili (indinavir, ritonavir, saquinavir) sono tutti dotati di estrema potenza antivirale in vitro. Tuttavia essi differiscono per. a) caratteristiche farmacocinetiche e di interazione farmacologica; b) potenza antivirale in vivo; c) profili di induzione di resistenza; d) caratteristiche di tossicita' e tollerabilita'. La scelta dell'inibitore della proteasi da utilizzare nel singolo paziente dovra' tenere conto dell'insieme di questi elementi, privilegiando uno o l'altro in funzione del livello di progressione del paziente e degli altri parametri che necessariamente devono guidare ogni scelta terapeutica (tollerabilita', compliance, ecc.). Sara' anche necessario tenere ben presente la possibilita' di interazioni farmacocinetiche rilevanti tra inibitori della proteasi ed altri farmaci di comune impiego nel paziente con infezione da HIV, a causa del comune meccanismo di metabolizzazione a livello intestinale ed epatico (citocromo p450) (Cfr. Allegato 2). Per quanto riguarda le modalita' di impiego in combinazione degli inibitori, i risultati degli studi clinici controllati hanno mostrato come gli effetti piu' rilevanti siano stati ottenuti con combinazioni di tre farmaci (un inibitore della proteasi e due inibitori della transcriptasi inversa). Risultati significativi sul piano clinico e/o virologico, sono stati anche osservati con combinazioni di due farmaci (un inibitore della proteasi e un inibitore della transcriptasi inversa). Solo transitori sono, invece, sono stati i benefici osservati con l'uso in monoterapia, soprattutto a causa della rapida emergenza di ceppi resistenti. Sono attualmente in corso di valutazione clinica altri inibitori della proteasi (nelfinavir; VX-478), che potrebbero, in un futuro prossimo, affiancare quelli gia' disponibili e conseguentemente ampliare le opzioni terapeutiche. ____________________________________________________________________ | Si raccomanda comunque che vengano effettuate esclusivamente | |combinazioni tra inibitori della proteasi e analoghi nucleosidici | |di cui siano note e documentate le caratteristiche di | |tollerabilita' e tossicita' | |___________________________________________________________________| A causa della possibile emergenza di resistenze crociate tra alcuni degli inibitori disponibili, va tenuto presente che non tutti i composti potranno essere utilizzati in modo sequenziale. Questo elemento andra' valutato nel decidere come iniziare la terapia che includa inibitori della proteasi. Per quanto riguarda il teorico uso in combinazione di due inibitori delle proteasi, va segnalato che sono stati condotti soltanto studi su numeri limitati di pazienti; questi studi hanno evidenziato la possibilita' di complesse interazioni farmacologiche che, al momento, ne limitano l'impiego all'interno di studi controllati. Va anche ricordato che, a causa della complessita' dei futuri trattamenti farmacologici, e soprattutto per facilitare l'aderenza del paziente al regime terapeutico prescritto (elemento indispensabile di efficacia per quanto riguarda la terapia con inibitori della proteasi) ogni scelta terapeutica dovra' essere discussa e illustrata al paziente in modo approfondito. Soprattutto per le terapie che includano un inibitore della proteasi, si richiama l'attenzione sull'importanza della "compliance" al trattamento prescritto. E' stato infatti dimostrato che interruzioni saltuarie dell'assunzione dei farmaci o l'assunzione di dosi sub-ottimali possono accelerare l'emergenza delle resistenze. ___________________________________________________________________ | In linea generale, l'impiego di nuovi farmaci in situazioni | |cliniche per le quali siano meno note le caratteristiche di | |efficacia (ad esempio, l'impiego di inibitori delle proteasi in | |pazienti in fasi meno avanzate di infezione) dovra' essere | |effettuato nell'ambito di studi clinici controllati. | | Per quanto riguarda invece la terapia corrente, tutti i pazienti| |(afferenti ai Centri Clinici autorizzati a livello Regionale) che | |inizino un trattamento che includa l'uso di un inibitore delle | |proteasi dovranno essere inseriti, in modo codificato e anonimo, | |nel Registro Nazionale dei Pazienti in Trattamento con Inibitori | |delle Proteasi. | | Il Registro, coordinato dall'Istituto Superiore di Sanita', | |avra' l'obiettivo di raccogliere informazioni cliniche sulle | |modalita' di trattamento con questa classe di farmaci, sulle | |reazioni avverse possibilmente associate con il loro uso allargato,| |sull'impatto delle nuove terapie sulla storia naturale della | |malattia e sulla valutazione costo-efficacia e costo-beneficio. | |___________________________________________________________________| Tab. 2 - Indicazioni per la scelta delle combinazioni di farmaci antiretrovirali, nei pazienti che iniziano il trattamento. ___________________________________________________________ | RNA RNA RNA | <10.000 10.000-30.000 >30.000 | |CD4>500 2 RTI, nel caso 2 RTI | sia presente | anche un | rapidissimo | declino dei CD4 | |CD4 500-300 2 RTI, se e' 2 RTI 2 RTI; | presente anche prendere | un rapido consider | declino dei CD4 la possi | di aggiu | PI in ca | livelli | elevati | HIV-RNA | (>100.00 | |CD4<300 2 RTI 2 RTI; 2 RTI+PI | aggiungere PI | se e' presente | anche un rapido | declino del CD4 |___________________________________________________________ RT: inibitori della transcriptasi IP: inibitori della C.2. - Terapia successiva alla comparsa di tossicita' o di "fallimento" terapeutico. a) L'insorgenza di tossicita' ed effetti collaterali gravi o di gravi fenomeni di intolleranza dovra' comportare necessariamente la sostituzione, all'interno della combinazione prescelta, del farmaco responsabile dell'effetto tossico o non piu' tollerato, tenendo tuttavia presente che alcune delle opzioni alternative oggi disponibili presentano lo stesso profilo di tossicita'. b) L'insuccesso terapeutico puo' essere definito: - su base clinica (emergenza di una nuova infezione opportunistica), anche se e' evidente che, in futuro, aggiustamenti terapeutici dovranno essere effettuati prima di questa evenienza, sulla base del monitoraggio dei parametri immunologici e virologici; - in base alla mancata risposta in termini di decremento significativo dell'HIV-RNA o di aumento dei linfociti CD4 (anche se bisogna tenere presente la possibilita' di una dissociazione dell'andamento dei parametri immunologici e virologici; soprattutto nei pazienti in fase molto avanzata, malgrado una buona soppressione della replicazione virale non e' possibile ottenere un sufficiente recupero in termini di linfociti CD4); - in base alla rapida risalita dell'HIV-RNA dal punto piu' basso verso i livelli iniziali (risalita > 0.5 - 0.8 log10); - in base ad un progressivo e costante decremento dei linfociti CD4+. In tutti questi casi, tenendo presente che il tipo e la quantita' di farmaci impiegati nel trattamento precedente e l'evenienza di resistenze crociate condizionano e limitano le opzioni successive, potranno essere seguite le seguenti indicazioni di massima (cfr. anche Tab. 3): - per i pazienti in fase "relativamente" meno avanzata (CD4 tuttora > 300/mm3) potra' essere tentato, sulla base delle opzioni disponibili e monitorizzando strettamente la risposta virologica, il passaggio ad una nuova combinazione di analoghi nucleosidici (tenendo pero' presente i caratteristici profili di resistenza ai diversi farmaci e le possibili sinergie di azione); - per i pazienti con linfociti CD4 < 300/mm3, soprattutto in presenze di un rapido declino della situazione immunologica e di un aumento significativo della carica virale plasmatica (come definiti sopra), dovra' essere preso in considerazione il passaggio ad una nuova combinazione che includa un inibitore delle proteasi Quando possibile, gli inibitori della proteasi non dovrebbero essere "aggiunti" alla terapia precedente, ma andrebbero usati in associazione con almeno un analogo nucleosidico non usato in precedenza dal paziente. C.3. Pazienti in trattamento con regimi terapeutici insoddisfacenti per guanto riguarda l'attivita' antivirale. Per i pazienti che siano tuttora in trattamento con un regime terapeutico ritenuto insufficiente dal punto di vista clinico e dell'attivita' antivirale (com'e' il caso, in generale, della monoterapia con analoghi nucleosidici), anche indipendentemente da segni evidenti di progressione clinica, immunologica o virologica, dovra' essere attuato: a) per i pazienti tuttora in fase meno avanzata, il passaggio ad una combinazione di analoghi nucleosidici; b) per i pazienti in fase piu' avanzata, l'impiego di un inibitore delle proteasi in associazione con almeno uno o due analoghi nucleosidici (possibilmente non usati in precedenza dal paziente) (Tab. 3). Anche in questo caso, si raccomanda che vengano prescritte esclusivamente combinazioni tra inibitori della proteasi e analoghi nucleosidici di cui siano note e documentate le caratteristiche di tollerabilita' e tossicita'. Tab. 3 - Indicazioni di massima per i pazienti che presentino segni di "fallimento terapeutico" o che siano in trattamento con regimi terapeutici inadeguati. LINFOCITI CD4 ___________________________________________________________ |TERAPIA > 300 < 300 |PRECEDENTE |Monoterapia -> 2 RTI -> 2 RTI; aggiu | PI, se RNA mol | elevato (ad es | > 100.000 copi | |2RTI -> 2 nuovi RTI; -> 2 nuovi RTI+ | aggiungere PI, se | RNA molto elevato (ad | esempio > 50.000 copie) |___________________________________________________________ RT: inibitori della transcriptasi IP: inibitori della 3) Quantificazione della carica virale plasmatica Studi recenti hanno dimostrato che la replicazione del virus HIV e' persistente e si mantiene su livelli elevati per tutta la durata dell'infezione, anche durante le fasi di quiescenza clinica. Poco dopo l'ingresso del virus si verifica un "picco" viremico, che successivamente si riduce, anche grazie all'attivazione della risposta immunologica. Questa fase, che clinicamente corrisponde all'infezione primaria/acuta e al periodo ad essa immediatamente successivo, e' seguita dall'instaurarsi di una situazione di "equilibrio", nella quale la concentrazione plasmatica di virus si stabilizza su un determinato livello, che e' tipico di un certo individuo ed e' predittivo del decorso clinico a lungo termine. Durante questo periodo, ogni giorno, si verifica la quasi simultanea produzione e "clearance" di un'enorme quantita' di nuove particelle virali (stimabili intorno a 10 9- 10 10). Un progressivo aumento dei livelli plasmatici di RNA virale si osserva poi nelle fasi piu' avanzate della malattia, e prelude al progressivo declino della risposta immunitaria. L'utilizzo delle nuove metodiche di quantificazione della carica virale plasmatica, nel corso sia di studi osservazionali che di studi controllati, ha permesso di accertare la notevole correlazione tra stadio di malattia, rischio di progressione e livelli di HIV RNA plasmatico, che appare quindi come il marcatore dotato di maggior valore predittivo nei confronti dell'evoluzione della malattia, soprattutto nelle fasi asintomatiche, mentre il numero di linfociti CD4+ resta un parametro importante nelle fasi piu' avanzate e correla molto bene con il rischio di sviluppare infezioni opportunistiche. E' stato calcolato che la quantita' di virus presente nel plasma in un determinato momento corrisponde, in pratica, al livello di replicazione del virus. E' stato anche recentemente provato, attraverso l'analisi combinata virologica-clinica dei risultati di studi controllati basati su end-point clinici, che anche le variazioni dei livelli di HIV-RNA plasmatico indotte dalla terapia sono predittive della successiva efficacia clinica. Si puo' quindi ritenere che il monitoraggio dei livelli di RNA plasmatico, malgrado l'uso allargato di questo marcatore necessiti comunque di ulteriori e approfondite valutazioni, possa essere utilmente applicato alla ottimizzazione della terapia antiretrovirale. In questo senso, non si ritiene piu' utile l'effettuazione di una serie di altre indagini di laboratorio, oggi non piu' attendibili sotto il profilo clinico-terapeutico, come la determinazione dell'antigenemia p24, della beta-2-microglobulina o della neopterina. Sono attualmente disponibili diverse metodiche per la quantificazione dell'HIV-RNA plasmatico, alcune basate sull'amplificazione dell'RNA plasmatico (PCR, NASBA), altre sull'amplificazione del segnale (bDNA). Le versioni piu' perfezionate e recenti delle diverse metodiche disponibili non differiscono sostanzialmente tra loro per quanto riguarda sensibilita', accuratezza, specificita' e riproducibilita'. Va comunque ricordato che l'interpretazione di modificazioni poco significative (inferiori a 0.5 log10) del numero di copie di HIV-RNA va fatta con cautela poiche': a) variazioni della determinazione del numero delle copie dell'ordine di 0.3 - 0.5 log10 sono caratteristiche delle metodiche correntemente utilizzate; b) variazioni, dello stesso ordine di grandezza, rientrano nella variabilita' "biologica" di questo parametro; c) un aumento transitorio del numero di copie di HIV-RNA plasmatico puo' verificarsi in occasione di episodi infettivi (anche "minori") o di pratiche vaccinali. Sempre per quanto riguarda l'uso della quantificazione dell'HIV- RNA nel plasma, si rammenta che i campioni di plasma devono essere preparati e conservati con modalita' appropriate (entro due ore dal prelievo, effettuato con l'anticoagulante consigliato per ogni singola metodica di quantificazione e conservato a -80 gradi C), e che i campioni dello stesso paziente dovrebbero venir saggiati sempre con lo stessa metodica. Tab. 4. Possibile uso dell'HIV-RNA nella gestione clinica e nel monitoraggio terapeutico del paziente con infezione da HIV. _____________________________________________________________________ | Utilita' prognostica|- Soprattutto nei pazienti asintomatici con | | (pazienti non in | elevati livelli di linfociti CD4 (>300/mm3)| | trattamento |- Se non viene iniziata la terapia (paziente | | antiretrovirale) | con bassi livelli iniziali di HIV-RNA) il | | | test va ripetuto con cadenza semestrale (se| | | CD4 >500) o piu' ravvicinata (se CD4 <500).| |_____________________|_____________________________________________| | Definizione del |- La decisione di iniziare la terapia va | | momento per | presa valutando congiuntamente il livello | | iniziare la terapia | di HIV-RNA, il numero assoluto e il grado | | nel paziente | di decremento dei linfociti CD4 (cfr. anche| | asintomatico | la Tab. 1). | |- Per quanto riguarda l'RNA, la terapia | | | potra' essere iniziata in base ai seguenti | | | valori indicativi: | | | < 10.000 copie/ml: iniziare la terapia | | | se sono presenti bassi livelli di CD4 +| | | o rapidissimo declino. | | | 10.000-30.000 copie/ml: valutare in | | | base al numero dei CD4 e al loro | | | declino | | | > 30.000 copie/ml: la terapia potrebbe | | | essere iniziata indipendentemente da | | | altri parametri. | | |- Questi valori, prima di iniziare la | | | terapia, dovranno essere confermati in | | | almeno 2 misurazioni dell'HIV-RNA, a | | | distanza di 3-4 settimane. | |_____________________|_____________________________________________| | Obiettivi virologici|- Teoricamente, obiettivo ottimale della | | da raggiungere in | terapia antiretrovirale e' quello di | | corso di terapia | ricondurre il titolo plasmatico a livelli | | antiretrovirale | non piu' determinabili. Questo obiettivo | | | dovrebbe essere raggiungibile in tutti i | | | pazienti trattati precocemente. | | |- In pratica, il mantenimento di livelli | | | plasmatici inferiori a 10.000 copie/ml | | | potrebbe essere considerato accettabile, | | | in funzione delle opzioni disponibili, per | | | i pazienti in fase intermedia. | | |- L'obiettivo minimo da raggiungere andra' | | | comunque valutato in funzione del livello | | | di partenza. Una diminuzione di almeno | | | 1.0 - 1.5 log10 deve comunque essere | | | considerato il minimo "accettabile" in | | | pazienti con livelli di base molto elevati | | | (ad esempio > 100.000 copie). | |_____________________|_____________________________________________| | Variazione |- Risalita del numero di copie > 0.5-0.8 | | suggestiva di | log10 oppure ritorno ai livelli di | | insuccesso | partenza per i pazienti meno avanzati. | | terapeutico | | |_____________________|_____________________________________________| | Monitoraggio della |- Dopo l'inizio della terapia, la | | terapia (in | determinazione dell'HIV-RNA andrebbe | | associazione con | ripetuta 3-4 settimane dopo l'inizio della | | la determinazione | terapia, per verificare la risposta | | del numero assoluto | virologica del paziente. | | dei linfociti CD4+) |- Successivamente, si consiglia di | | | effettuare una determinazione ogni 4 mesi. | | | L'intervallo temporale potra' comunque | | | essere adattato in funzione del tipo di | | | terapia e del livello di progressione del | | | paziente. | |_____________________|_____________________________________________| 5. Bibliografia essenziale (1995-1996). Bartlett JA, Benoit SL, Johnson VA, et al.- Lamivudine plus zidovudine compared with zalcitabine plus zidovudine in patients HIV infection. Ann Int Med. 1996; 125:161-172. Carpenter CCJ, Fischl MA, Hammer SM, et al. - Antiretroviral therapy for HIV infection in 1996. Recommendation of an international panel. JAMA 1996; 276-146-154. CDC. Update: provisional public health service recommendations for chemoprophylaxis after occupational exposure to HIV.MMWR 1996; 45: 468-472. Collier AC, Coombs RW, Schoenfeld DA, et al.- Treatment of human immunodeficiency virus infection with saquinavir, zidovudine, and zalcitabine. N Engl J Med 1996; 334: 1011-1017. Consensus Conference on laboratory markers in HIV infection. J Biol Regul Homeost. Agents, 1995, 9 (3). D'Aquila RT, Hughes MD, Johnson VA, et al.- Nevirapine, zidovudine, and didanosine compared with zidovudine and didanosine in patients with HIV infection. Ann Int Med. 1996; 124: 1019-1030. 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