acquacoltura come strumento di supporto alla riduzione e razionalizzazione dello sforzo di pesca. In tal senso un maggiore sviluppo della acquacoltura lungo la fascia costiera necessita di rendere tale attivita' altamente compatibile con l'ambiente in cui si va ad inserire, In sintesi allo stato attuale acquacoltura italiana sta esprimendo un carattere di dinamicita' che se inquadrato in un quadro programmatorio corretto potrebbe dare un reale contributo ad alleviare la condizione deficitaria della nostra bilancia alimentare in materia di prodotti ittici. Permangono comunque condizioni critiche, a causa della caduta dei prezzi, per quelle aziende che, come nel caso delle produzioni ittiche marine da acquacoltura, non dispongono di siti e tecnologie competitive, o che subiscono gli effetti di politiche di gestione dell'ambiente errate e non sensibili ad attivita' che molto hanno contribuito alla conservazione di aree critiche della fascia costiera. 2. Produzioni della acquacoltura. 2.1 Il termine acquacoltura si riferisce a tutte le attivita' finalizzate alla produzione di organismi acquatici attraverso l'intervento dell'uomo, ove questo non sia finalizzato esclusivamente alla cattura o alla raccolta. In tale ampia definizione di acquacoltura rientrano la piscicoltura intensiva, semintensiva ed estensiva, la molluschicoltura, la crostaceicoltura, la coltivazione di alghe. Le produzioni acquacoltura sono per lo piu' destinate al consumo umano diretto, ma sono da considerare produzioni da acquacoltura anche quelle destinate alla produzione di specie ornamentali o destinate all'estrazione di peculiari prodotti. La gestione produttiva delle lagune costiere dotate di controllo idraulico e di opere fisse di cattura, la gestione di laghi e fiumi interni basata sui ripopolamenti, sono forme di acquacoltura estensiva con carattere di attivita' di transizione tra pesca e acquacoltura, comunque ascrivibili a quest'ultima attivita'. Le attivita' generalmente definite come maricoltura sono quelle riferite a barriere artificiali, il termine viene comunque spesso generalizzato per tutte le attivita' di allevamento che si svolgono in mare. Nel presente piano il termine acquacoltura viene impiegato nel senso piu' ampio. Tale impostazione rispetta quasi totalmente le proposte di classificazione a livello internazionale, ove emerge comunque chiaro che esistono attivita' che presentano i requisiti della pesca e della acquacoltura simultaneamente. 2.2 Il presente piano integrando pesca ed acquacoltura, e ponendosi obiettivi di coerenza alle politiche comunitarie e nazionali di conservazione delle risorse interpreta queste aree di sovrapposizione come potenziali nuclei di avvio per un processo di riconversione parziale della pesca, e come modelli per sviluppare simultaneamente una pesca ed una acquacoltura sempre piu' responsabili. Nella tabella 1 sono riportate le produzioni da acquacoltura per l'anno 1995, per tutte le specie prodotte sul territorio nazionale ed i relativi valori economici. Nella tabella 2 e' riportato l'andamento delle produzioni di trota dal 1991 al 1995. Nella tabella 3 sono riportate le produzioni di specie eurialine, spigola, orata, anguilla e cefali, negli anni dal 1983 al 1995, in tale tabella sono separate le produzioni da estensivo da quelle in- tensive. Nella tabella 4 sono riportate le produzioni di molluschi bivalvi, mitili e vongola, nell'ultimo decennio, dal 1985 al 1995. 2.3 Analizzando sinteticamente i dati di produzione, con riferimento a quanto definito dal piano precedente si evince che: - La troticoltura con una produzione di 50.000 tonnellate e' la forma di allevamento ittico piu' rilevante. Questo dato conferma la elevata competitivita' di questo sub-settore, che ha avuto maggiori attenzioni nell'ambito del IV Piano triennale, e che ha trovato giusta collocazione nell'ambito della acquacoltura nazionale con il trasferimento delle competenze in acquacoltura al Ministero delle Risorse Agricole, Alimentari e Forestali. A livello dell'U.E la troticoltura italiana si colloca tra i primi produttori, seconda soltanto alla Francia. La troticoltura italiana deve investire nella ottimizzazione tecnologica al fine di ridurre i costi di produzione, migliorando gli impianti esistenti che spesso risultano datati soprattutto in riferimento alla loro compatibilita' ambientale. - L'anguillicoltura italiana con una produzione di 3000 tonnellate (1995) e' la prima dell'U.E. per quanto riguarda l'ingrasso. La tendenza a realizzare centri di svezzamento per le ceche appare come uno degli elementi centrali del consolidamento di questa produzione, suscettibile di sviluppo ma fortemente condizionata dalla limitata disponibilita' di prodotto da semina, che come noto e' solo di origine selvatica. Il settore domanda una oculata politica nazionale ed internazionale di tutela della specie anche in riferimento alla crescente domanda di materiale da semina. - Le produzioni di spigola ed orata evidenziano una crescita importante nonostante le difficolta' di mercato e le emergenze cre- ate da patologie di recente comparsa sul nostro territorio nazionale. Nell'insieme tale crescita e' ascrivibile ad una accresciuta competitivita' delle nostre aziende, ad una maggiore disponibilita' di prodotto da semina da produzioni interne. Lo sviluppo degli impianti in mare aperto avviato con il III Piano e consolidato con quello successivo, apre nuove prospettive per queste produzioni che trovano nel mercato italiano una collocazione preferenziale. - La mitilicoltura, con una produzione di 132.000 tonnellate, di cui almeno 20.000 pescate su banchi naturali, sta evidenziando una tendenza generale allo sviluppo di strutture in mare aperto, riducendo dinamiche meteomarine i rischi di mortalita' dovuti a crisi distrofiche frequenti nei bassi fondali e nelle aree marine meno soggette alle dinamiche meteomarine. - La venericoltura, dovuta ad iniziali operazioni di semina della specie Tapes philippinarum ha raggiunto in 10 anni la produzione di oltre 65.000 tonnellate, rappresentando il fenomeno innovativo piu' rilevante sul piano della occupazione e dell'economia ittica nazionale in generale. 3. Produzione di novellame di specie ittiche. 3.1 Nella tabella 5 e' riportato l'andamento della produzione da avannotterie e del fabbisogno di novellame di spigola ed orata dal 1987 al 1995. Nella tabella 6 e' riportato il quadro riassuntivo dei prodotti ittici impiegati nel ripopolamento delle acque interne. 3.2 Dalla analisi dei dati si evince quanto segue: - la crescita osservata tra il 1992 ed il 1993, per quanto riguarda spigola ed orata, non ha mantenuto la stessa tendenza negli anni successivi. Cio' e' dovuto da un lato all'effetto del calo dei prezzi, che inizialmente ha disincentivato gli allevatori, dall'altro, ed in particolare per la spigola, alla comparsa delle gia' citate patologie introdotte. Gli avannotti prodotti sono in parte esportati, cosi' come esiste una importazione, che comunque si e' ridotta nel tempo. Anche sul piano della riproduzione di specie ittiche le produzioni italiane sono ormai tecnologicamente e qualitativamente avanzate. 4. Strutture e localizzazione produttiva 4.1 Uno schema della distribuzione territoriale delle unita' di produzione di specie marine e salmastre e' riportata nelle tabelle 7 e 8. Per quanto riguarda l'allevamento di molluschi, persistono tecnologie con radici tradizionali, sempre piu' largamente vicariante da tecniche adatte ad ubicare gli allevamenti in mare aperto. Qui la qualita' delle acque offre maggiori garanzie igieniche al prodotto, anche se i rischi dovuti alla necessita' di affrontare le dinamiche meteomarine costituiscano ancora un freno allo sviluppo di questa forma di maricoltura. 4.2 Allevamenti ittici estensivi L'allevamento ittico estensivo consiste nella vallicoltura e nella stagnicoltura costiera. La vallicoltura e' praticata su porzioni lagunari confinate o su zone deltizie; le valli di superficie piu' ridotta si trovano in Friuli Venezia Giulia e le piu' grandi in Veneto ed in Emilia Romagna. In questi allevamenti, la circolazione idraulica si attua sfruttando le maree, e grazie agli apporti di acque continentali per gravita', in alcuni casi esistono veri e propri impianti di sollevamento idraulico. I costi relativi alla somministrazione di alimenti dall'esterno sono per lo piu' limitati ai fabbisogni per aumentare la sopravvivenza degli stadi giovanili. Rari sono gli esempi di vallicoltura in altre regioni, mentre nell'Italia centro meridionale si trovano in genere localizzazioni di stagnicoltura costiera, si tratta della gestione ambientale ai fini della produzione ittica di lagune costiere. Le principali aree sono rappresentate nel centro dalla Laguna di Orbetello e dai laghi costieri laziali (circa 7.000 ha); nelle isole maggiori sono interessati circa 10.000 ha, dei quali oltre 9.000 in Sardegna. La stagnicoltura costiera rappresenta una forma di acquacoltura estensiva a minor contenuto tecnologico rispetto alla vallicoltura. Tali produzioni si basano sulla gestione idraulica e sul controllo delle migrazioni ittiche. Sono forme di produzione che risentono fortemente degli impatti dovuti allo sviluppo agricolo, industriale e urbanistico. Soltanto una politica di tutela ambientale severa potrebbe restituire condizioni produttive adeguate, il che significherebbe disporre di ambienti di elevatissimo pregio per la conservazione costiera in generale, per il turismo e per tutte le attivita' economiche che dipendono da un ambiente sano. Non mancano casi in cui nell'ambito lagunare si stanno sviluppando, anche fuori delle aree nord-adriatiche, forme di acquacoltura integrativa come molluschicoltura e coltivazioni in recinti e gabbie, ma in questo caso si pone il problema dei rischi connessi alla intensificazione. La produttivita' per unita' di superficie risulta ridotta rispetto a quella delle "valli", ormai consolidata tra 50 e 300 kg/ha. Infatti, sebbene non manchino esempi di elevata produttivita', nella stagnicoltura i 50 kg/ha rappresentano generalmente il limite produttivo massimo. Va comunque sottolineato, che dei circa 63.000 ha impiegati in Italia per l'acquacoltura estensiva, circa il 50% e' rappresentato dalla stagnicoltura, che contribuisce notevolmente alla produzione nazionale. Il valore di sistemi estensivi nella acquacoltura italiana e' soprattutto legato al loro ruolo essenziale nella conservazione di zone umide di interesse ambientale primario in una fascia del territorio nazionale soggetta a fortissimi impatti antropici. Il Piano triennale precedente ha dato spazi in ambienti vallivi proprio per attuare un rilancio degli estensivi per attuare una politica di acquacoltura coerente a principi di conservazione ambientale, in questo caso la crescita incontrollata degli uccelli ittiofagi ha giuocato un ruolo determinante nelle cadute produttive e nella disincentivazione degli operatori verso queste forme produttive. 4.3 Allevamenti ittici intensivi L'allevamento ittico intensivo in Italia e' praticato ancora prevalentemente in impianti a terra con bacini artificiali, di dimensioni relativamente ridotte (100-1000 mq cadauno) ad elevato carico di biomassa per unita' di superficie (10-30 kg/mq): Gli allevamenti sono caratterizzati da una elevata specializzazione produttiva e generalmente operano in monocoltura. La tecnologia deriva da quella sviluppata in precedenza con successo per l'allevamento della trota, con analoghi sistemi di circolazione dell'acqua, di distribuzione del mangime e di areazione delle vasche. Nel caso dell'allevamento di spigola e orata, si tratta sempre di impianti provvisti di un sistema per il sollevamento delle acque in ingresso, operanti con portate comprese tra 100 l/sec. e 2-3 mc/sec. La distribuzione del mangime avviene manualmente nei piccoli impianti, oppure a mezzo di distributori automatici. L'ossigenazione e' ottenuta mediante impiego di aeratori a turbina o a pale, ovvero mediante utilizzo di ossigeno puro, immagazzinato allo stato liquido. L'incremento degli uccelli ittiofagi, anche in questo caso, ha vanificato i primi investimenti basati su vasche in terra di ampia superficie, dove il controllo e' piu' difficile, accentuando la tendenza alla realizzazione di impianti intensivi e maggiormente controllabili, ed imponendo l'uso di reti di copertura che oltreche' aumentare i costi di investimento aumentano l'impatto visivo degli impianti. Le aziende che operano in mare sotto costa, in baie protette o in mare aperto, sono ancora in numero limitato, benche' le nuove tecnologie ora disponibili facciano prevedere un crescente interesse per questa tipologia di allevamento. La spinta verso lo sviluppo della piscicoltura in mare e' riconducibile in primo luogo a motivazioni di ordine economico connesse al fatto che essa comporta investimenti di capitale minori rispetto ai sistemi di produzione intensiva a terra che utilizzano acqua a flusso continuo o in riciclo. Nella realta' nazionale giocano, inoltre, un ruolo decisivo i numerosi vincoli strutturali che tendono sempre piu' a limitare lo sviluppo della piscicoltura tradizionale, quali l'antropizzazione e l'urbanizzazione spinta del territorio, i conflitti d'uso che gravano sui corpi idrici, l'elevato valore fondiario delle aree costiere, il degrado generalizzato delle acque interne e, a questo connessa, l'esigenza di contenere ogni attivita' suscettibile di accrescere i carichi inquinanti gravitanti sulle acque superficiali. Ulteriori motivi di interesse, di carattere congiunturale, sono da collegarsi alle progressive restrizioni imposte alla pesca marittima dalle direttive comunitarie, il cui effetto sull'occupazione richiede il dispiegamento di un organico piano di riconversione imprenditoriale e professionale, piano che puo' trovare nella maricoltura l'opportunita' di uno sbocco fisiologico per il settore della pesca, oltre che congruente con le esigenze nazionali in materia di approvvigionamento ittico. La piscicoltura in mare costituisce in Italia un'attivita' recente rispetto ad altri Paesi del Nord-Europa e del Mediterraneo: attualmente risultano censiti circa quindici impianti, ubicati sia lungo le coste continentali che lungo quelle della Sicilia e della Sardegna, per la maggior parte in aree marine protette, con una produzione valutata nell'ordine di 420 ton di spigole e orate, pari a circa il 9% della produzione nazionale delle stesse specie (dati 1994). Recenti ricerche svolte nell'ambito del "Progetto finalizzato per lo sviluppo dell'acquacoltura nazionale" (L.201/91) hanno fornito un ampio e dettagliato inquadramento delle problematiche del settore, unitamente alla individuazione dei principali indicatori tecnologici, operativi ed economici del sistema produttivo, utili per la selezione di linee guida e configurazioni impiantistiche e gestionali confacenti alle esigenze dello specifico nazionale. Emerge, comunque, una evoluzione settoriale ancora largamente affidata a modelli derivati da esperienze estere, adattati su base empirica alle realta' locali. Col IV Piano triennale si e' affrontato l'approfondimento di alcuni aspetti riguardanti, in particolare, il miglioramento dei metodi di alimentazione delle biomasse in allevamento, l'accertamento dell'influenza degli impianti sulla qualita' dell'ambiente marino, le possibilita' di riciclo energetico dei rifiuti rilasciati dagli allevamenti mediante l'associazione agli impianti di moduli di molluschicoltura. Lo stadio evolutivo del settore mette in luce, tuttavia, ampli margini di miglioramento sotto il profilo tecnologico, biologico, gestionale, economico ed ambientale. La limitata disponibilita' di siti marini protetti ed il diffuso degrado che caratterizza gran parte di quelli esistenti evidenziano, peraltro, l'opportunita' di un congruente supporto scientifico per lo sviluppo di sistemi atti ad operare in aree marine ravvicinate non protette. In generale le produzioni di spigola ed orata, sono principalmente concentrate in alcune regioni (Toscana, Sicilia e Puglia), dove alle condizioni ambientali favorevoli si e' aggiunta la determinazione di singoli imprenditori capaci e motivati, che hanno dato vita a nuclei di produzione sempre piu' organizzati e tecnologicamente avanzati, tanto da costituire una nuova tradizione locale. Per quanto attiene l'anguilla, l'allevamento intensivo ha sostituito in gran parte quello estensivo. Le regioni maggiormente interessate a questa produzione sono Veneto, Lombardia, Piemonte, Puglia, Toscana, Lazio, Sardegna. Considerando l'allevamento intensivo di specie eurialine (spigola orata e anguilla), la Toscana risulta la regione maggiormente rappresentativa con oltre 300.000 mc di moduli di allevamento, insieme a Lombardia, Veneto (entrambe con oltre 160.000 mc), Puglia (oltre 130.000 mc) e Sicilia (oltre 90.000 mc); seguono le altre regioni con volumi inferiori. Considerando il solo allevamento di anguilla, risulta dominante la posizione della Lombardia e del Veneto con oltre 160.000 mc, nel caso di spigola ed orata sono invece la Toscana (oltre 300.00 mc), la Puglia (oltre 128.000 mc) e la Sicilia (oltre 90.000 mc) ad essere maggiormente rappresentate. 5. Molluschicoltura 5.1 Per quanto riguarda la mitilicoltura (Mytilus galloprovincialis) si sta registrando in questi anni una tendenza generale a mettere in secondo piano gli impianti tradizionali in aree a bassa profondita' favorendo la costruzione di strutture in mare aperto, meno soggette al rischio di mortalita' causati dalle crisi distrofiche frequenti negli ambienti marini costieri piu' o meno confinati. L'andamento della produzione a partire dal 1986 e' crescente. Nel considerare i dati riportati in tabella si deve pero' ricordare che da 20 a 30 mila ton sono pescati su banchi naturali. Il fenomeno piu' rilevante nel settore continua ad essere la venericoltura (Tapes philippinarum, cui si aggiungono modeste quantita' di Tapes decussatus), che pur essendo relativamente recente, ha avuto una sorprendente crescita. Oltre che nella Laguna di Venezia, la venericoltura si e' diffusa in tutte le lagune dell'alto Adriatico (Marano, Caleri, Scardovari e nella Sacca di Goro). Non sono mancati altri tentativi, finalizzati alla ricerca o alla produzione, in altre parti d'Italia, come nella Laguna di Orbetello, nel lago di Varano, nel lago di Sabaudia, in Sardegna nella Laguna di S. Antioco e negli stagni di Olbia e Cagliari. Le buone capacita' di adattamento della specie hanno favorito una veloce diffusione in aree costiere non soggette a semina volontaria, fino e registrarne la presenza a sud del Delta del Po fino a Fano. 5.2 Tra i costi da sostenere per la realizzazione dei parchi vivaio, le spese piu' ingenti sono state inizialmente quelle relative alla importazione del seme. Successivamente l'esigenza di schiuditoi per queste specie e' stata superata. Questa specie ha infatti colonizzato spontaneamente le aree costiere del nord adriatico, e l'areale di distribuzione sta crescendo. Appare comunque evidente l'eccezionale progressione della produzione di vongole filippine, che ha fatto seguito al progressivo adattamento della specie, e quindi alla sua riproduzione naturale, nei vari ambienti. La produzione nazionale dopo il rallentamento del 1992-93, a causa della crisi anossica che ha colpito l'area del Delta del Po, ha superato nel 1995 le 50,000 ton destinate per una buona percentuale all'esportazione. I dati di produzione riportati nelle Tabelle allegate sono in realta' una sottostima del quantitativo effettivamente prelevato, per la presenza di forme di abusivismo difficilmente quantificabili, che rappresentano, tra l'altro, uno dei problemi del settore, sia per la interferenza sul mercato, sia per i rischi legati alla mancanza di controllo sulla qualita' di prodotto. Sul piano della diversificazione produttiva recentemente, grazie ai buoni risultati ottenuti con l'applicazione di nuove tecniche di preingrasso di Crassostrea gigas alcune aziende italiane hanno intrapreso la coltura delle ostriche mettendo sul mercato, seppure in quantita' ancora ridotte, un prodotto in grado di competere qualitativamente sul piano europeo. Nel complesso la molluschicoltura e' esposta ad una serie di rischi, tra quelli ambientali, le ricorrenti crisi anossiche soprattutto negli impianti di tipo lagunare, la presenza di, predatori e parassiti, ma soprattutto la ciclica comparsa di microalghe tossiche. Questa attivita' e' particolarmente sensibile all'inquinamento, in particolare quello chimico e microbiologico. Da ultimo, il rischio della introduzione di specie alloctone (e relative patologie e parassiti) e la difficolta' del reperimento del seme per alcune specie. E' soprattutto l'insostenibile iter burocratico necessario per pervenire al rilascio della concessione che mette a rischio la crescita del settore. 6. Maricoltura e zone marine protette con barriere artificiali 6.1 La riduzione dello sforzo di pesca a medio e breve termine, previsto dalla Politica Comunitaria della Pesca (PCP) in materia di tutela e di gestione delle risorse alieutiche e indirizzato soprattutto alla riduzione della pesca a strascico e di pesche speciali (spadare), pone il problema di prendere in considerazione la possibilita' di attivita' alternative per gli addetti ora occupati in questi settori. Nell'ambito di tali possibilita', come gia' ribadito nel quarto Piano triennale, andrebbero favorite quelle attivita' che tendono al mantenimento ed alla valorizzazione delle caratteristiche proprie di "gente di mare" dei pescatori. Tra queste, la maricoltura e i diversi mestieri della piccola pesca, nel quadro di una gestione integrata di aree marine, si collocano senza dubbio come eventuali alternative soprattutto per gli addetti alla piccola pesca a strascico, che piu' frequentemente opera nella fascia costiera. Tra l'altro, la necessita' di uno sviluppo della maricoltura, e in particolare della piscicoltura, e' resa inevitabile, in Italia come negli altri paesi, dalla crescente domanda di prodotti ittici, dallo stato di depauperamento di alcuni stocks e da una ormai assodata constatazione della maggiore redditivita' degli impianti di ingrasso in mare rispetto a quelli a terra. In tale prospettiva, si devono considerare prioritarie quelle forme di maricoltura compatibili con la conservazione dell'ambiente, quindi non inquinanti, e votate alla valorizzazione delle potenzialita' naturali. 6.2 Sono pertanto da privilegiarsi, come gia' previsto dal precedente Piano triennale, quelle iniziative tese allo sviluppo di impianti di ingrasso di specie ittiche in aree marine offshore caratterizzate da elevato idrodinamismo, al fine di ridurre l'impatto degli impianti a terra e nelle aree costiere protette (baie ed insenature) dove, per la scarsa circolazione delle acque, potrebbero verificarsi fenomeni di degrado ambientale. La ricerca, in tal senso, dovrebbe essere indirizzata verso l'individuazione di tecnologie semplici e a costo contenuto, al fine di rendere possibile la realizzazione e la successiva gestione degli impianti direttamente da parte dei pescatori, previa una adeguata qualificazione dei medesimi. Parallelamente, si ritiene necessario sviluppare delle forme di maricoltura di tipo "morbido", consistenti cioe' in allevamenti di tipo estensivo o semi-estensivo, come quelli che si realizzano nelle acque lagunari, e che prevedano l'allevamento di organismi ad alto valore commerciale, con costi relativamente contenuti e con tecniche dal basso potere inquinante. 6.3 Particolare importanza va assegnata alle ricerche e alle iniziative aventi lo scopo di individuare e incentivare forme tecnologicamente semplici di allevamento al fine di potenziare la produzione di specie autoctone la cui produzione e il cui consumo sono attualmente circoscritti ed aree molto ristrette (ad es. cappesante, cozze pelose, datteri bianchi). Lo sviluppo di tali pratiche permetterebbe di diversificare le monocolture esistenti (ad es. mitilicoltura), riducendo cosi' i rischi economici, ambientali e sanitari ad esse legati. Rientra altresi' nell'ottica di adozione di tecnologie morbide nell'ambiente marino la costruzione di zone marine protette con barriere artificiali, volte alla protezione delle aree marine costiere o di habitat ecologicamente importanti (aree di riproduzione, nursery areas, praterie di fanerogame marine) e al recupero delle risorse ittiche oggetto di sovrasfruttamento, tramite la protezione di forme giovanili e di aliquote di adulti. Tali zone, consentendo solo pesche selettive, offrono possibilita' potenziali di riconversione degli addetti della piccola pesca a strascico verso i mestieri non a traino e, inoltre, possono rappresentare uno strumento per ridurre le conflittualita' intrasettoriali ed intersettoriali esistenti nella fascia costiera, ove si assegnino aree ai diversi utilizzatori (pesca sportiva, piccola pesca con attrezzi fissi, ecc.). Pertanto, se opportunamente sviluppate, le zone marine protette mediante strutture artificiali possono essere considerate un mezzo valido per la gestione della pesca nella fascia costiera. A cio' si aggiunge infine il loro ruolo come strumento di monitoraggio biologico e di ricerca sperimentale volta ad una maggiore comprensione degli ecosistemi marini. 6.4 La realizzazione di impianti di barriere artificiali lungo la costa dell'Adriatico centrosettentrionale ha dimostrato come l'immersione di tali substrati in acque idonee possa contribuire alla creazione di nuovi "campi di pesca" rappresentati, nel caso specifico, da imponenti banchi naturali di mitili la cui biomassa puo' variare da 20 a 50 kg/mq di superficie di materiale immerso. E' stata inoltre dimostrata la possibilita' di integrare, nell'ambito di uno stesso impianto, diverse attivita': raccolta dei mitili insediati sulle strutture, allevamento su long-lines, piscicoltura e pesca con attrezzi da posta. Pescate sperimentali effettuate con rete tramaglio presso alcune barriere artificiali adriatiche hanno fornito rendimenti variabili tra 7 e 22 kg/CPUE (500 m di rete e 12 ore di posa in mare), costituiti per la maggior parte da specie di elevato valore commerciale. Simili valori sono stati ottenuti anche nel mar Ligure. Si e' constatato inoltre come tali rendimenti siano dipendenti dalla quantita' del materiale immerso e dall'estensione dell'impianto. Il collegamento tra le zone marine protette da barriere artificiali ed i centri di produzione di novellame a terra potrebbe infine favorire lo sviluppo di iniziative di restocking di specie ittiche pregiate da effettuarsi tramite semine di giovanili. 6.5 Per concretizzare tale tipo di interventi e' tuttavia necessario che venga semplificata la procedura di attuazione delle iniziative, dando particolare priorita' a quanti, organizzandosi in consorzi o cooperative, presentino domanda per l'ottenimento dei contributi necessari alla realizzazione degli impianti in mare aperto, agevolando l'accesso alle pratiche di finanziamento e rendendo meno complesse le pratiche necessarie per ottenere le autorizzazioni e/o le concessioni degli specchi acquei. E' inoltre necessario un maggiore coordinamento tra gli Enti preposti al rilascio della documentazione prevista (capitanerie, unita' sanitarie locali, amministrazioni locali e centrali). I ritardi sono identificabili nella mancata attuazione di quanto previsto dalla normativa vigente, in particolare dalla legge 165/92, in materia di conferenze di servizi e di canoni ricognitori. In questo senso i fondi per i contributi in conto capitale sono destinati, in via prioritaria, alla realizzazione di progetti di maricoltura, di impianti polivalenti di barriere artificiali e di impianti a terra per consorzi o cooperative che intendano riconvertire parte degli addetti o attuare forme di diversificazione ed integrazione del reddito degli operatori. 6.6 Particolare priorita' dovra' essere assegnata alle iniziative che prevedono un elevato livello di collegamento tra le sopraelencate componenti, con particolare riferimento all'integrazione tra imprese di maricoltura, sistemi integrati con zone marine protette e centri di produzione di novellame da semina a terra. Lo sviluppo della maricoltura, associata a zone marine protette da barriere artificiali, assume notevole importanza nel rilancio della politica nazionale in materia di tutela degli stocks ed aumento della biomassa pescabile. In questa politica, nella quale si inquadrano anche il fermo biologico e tecnico, si intende infatti diversificare le misure attuabili in materia di gestione delle risorse alieutiche, considerando la riduzione dello sforzo di pesca solo una delle variabili che non potra' subire riduzioni illimitate e reiterate nel tempo, in funzione della valenza sociale, economica e culturale del settore. 7. Aspetti biotecnici, zootecnici, veterinari e di qualita' totale 7.1 Come specificato nella analisi sulle produzioni l'acquacoltura italiana e' fortemente diversificata e caratterizzata da dinamiche di stagnazione e crescita delle varie linee produttive dipendenti da fattori intrinseci ed estrinseci del settore. Anche se una attenzione particolare va assegnata ai problemi di mercato ed ambientali, rimane ancora evidente la necessita' di una continua crescita tecnologica, proprio per rispondere alle esigenze di una maggiore competitivita' e di un migliore inserimento di questo settore tra gli usi multipli degli ecosistemi acquatici. 7.2 Al fine di facilitare il processo di programmazione e la caratterizzazione dei fattori che limitano lo sviluppo, si e' avviato un processo di individuazione delle proprieta' emergenti che caratterizzano le singole attivita' che nell'insieme costituiscono il sistema acquacoltura italiano, il cui ruolo e' crescente nel sistema della economia ittica nazionale di cui la pesca rappresenta, per ragioni sociali ed economiche, l'attivita' principale. E' dunque possibile identificare una acquacoltura intesa come strumento di gestione ambientale, e' il caso delle lagune costiere, dei laghi interni, delle attivita' ancora inserite nella realta' agricola, cui va aggiunta una acquacoltura, intensiva, industrializzata e tecnologica. Le stesse attivita' di ripopolamento delle acque interne richiedono una serie di attivita' di piscicoltura di supporto sempre piu' attente alla conservazione delle popolazioni autoctone, cercando di contribuire a superare la serie di errori che negli anni si sono sommati modificando totalmente le comunita' ittiche nazionali. 7.3 Nel primo caso tale attivita' e' collegata strettamente alle politiche di conservazione ambientale e ben si coniuga con i ruoli dell'impegno pubblico per la ricerca di modelli di sviluppo compatibili, e per scelte programmatorie che possano supportare la nascita di attivita' diffuse sul territorio strettamente legate all'uso ed alla conservazione delle risorse acquatiche. In questo caso e' necessario risolvere alcuni conflitti grazie ad una migliore conoscenza dei processi che regolano il funzionamento e l'uso degli ecosistemi, per disporre di una capacita' previsionale migliore. Questo grande capitolo potrebbe dare buoni risultati se si realizzera' in tempi brevi una politica sul territorio caratterizzata da decentramento e da un continuo dialogo tra produttori Regioni ed Amministrazioni locali, che consenta di risolvere e conoscere le problematiche a livello locale permettendo un adattamento continuo del quadro normativo di riferimento. 7.4 Nel secondo caso si tratta di sviluppare e comunque consolidare una moderna attivita' di allevamento, che deve tendere a produrre con tecnologie d'avanguardia, assumendo nella zootecnia italiana un ruolo crescente. In tal senso la crescita delle conoscenze biologiche, zootecniche e veterinarie, nonche' tutto cio' che migliorando la qualita' tutelera' simultaneamente i consumatori e chi produce seriamente, giuochera' un ruolo importante nella competizione internazionale. Da tutto cio' acquacoltura Italiana non puo' prescindere se vuole trarre vantaggio da un mercato interno che domanda, con tendenza alla crescita, prodotti alimentari di origine acquatica. Per quanto concerne la qualita' le produzioni da acquacoltura sono state fin qui impostate, spesso anche fuori dall'area dei 15 Paesi dell'UE, su un Sistema Quantita' e solo da poco tempo, in ritardo rispetto ad altri settori produttivi, si parla di qualita'. Nata da un'esigenza di tutela del consumatore riguardo alla sicurezza, innocuita', igiene del prodotto la "qualita'" si e' estesa nel settore agroalimentare sino ad abbracciare l'intero processo produttivo, divenendo una filosofia di gestione, la cui massima espressione concettuale e' rappresentata dalla definizione di "qualita' totale". 7.5 Anche nel settore dell'acquacoltura quindi, il regime concorrenziale tra produzione ittica Nazionale e d'importazione, la politica della Qualita' perseguita in ambito Comunitario, le aumentate esigenze dei consumatori in termini di sicurezza d'uso, di caratteristiche merceologiche, nutrizionali, organolettiche, di disponibilita' e facilita' d'uso dei prodotti, impongono di consolidare ed accrescere la valorizzazione delle proprie produzioni mediante l'ottenimento di elevati standards qualitativi. La Qualita' Totale deve quindi essere l'obiettivo di ogni processo produttivo e deve poter essere nei suoi vari aspetti, igienico- sanitario, nutrizionale, organolettico e tecnologico misurabile e certificabile in base a requisiti oggettivi. Deve nascere quindi dalla qualita' della filiera produttiva, numerosi sono infatti i fattori che al termine di tale filiera determinano le caratteristiche dei singoli prodotti ittici: genetici, manageriali (cure d'allevamento, farmaci), ambientali (qualita' dell'ambiente acquatico), alimentari (qualita' e composizione delle diete), modalita' di cattura e mottazione dell'animale, modalita' di conservazione, trasporto, lavorazione e trasformazione, convenience (prodotti pronti per l'uso, porzionati). E' necessario quindi definire Linee di Buone Pratiche in Acquacoltura per poter ottenere un Sistema Qualita' che potra' permettere la certificazione, sia dei processi adottati che dei prodotti ottenuti i quali, a fronte della necessita' di certificazione all'origine imposta dalle norme che hanno realizzato il Mercato Unico e la conseguente libera circolazione dei prodotti su base certificata, potranno circolare liberamente entro e fuori l'area dell'Unione Europea. 7.6 Per quanto riguarda la Situazione sanitaria dell'acquacoltura nazionale, lo sviluppo dei sistemi d'allevamento intensivo ha messo in evidenza una situazione sanitaria sempre piu' complessa e diversificata. Accanto a problematiche patologiche adeguatamente affrontate, ve ne sono altre ancora in fase di studio e risoluzione, soprattutto quelle concernenti le patologie emergenti come la Pasteurellosi, la Nodavirosi e la Streptococcosi. Le patologie che piu' limitano le produzioni ittiche nel territorio Italiano sono riassunte in tab. 10. In futuro il controllo sanitario nell'acquacoltura non dovra' limitarsi allo studio delle patologie, ma deve adeguarsi alle nuove esigenze quali un maggiore contatto con il sistema produttivo, la realizzazione di controlli sanitari costanti sul territorio al fine di segnalare con tempestivita' l'introduzione di nuove malattie, onde attuare, se necessario, un'efficace azione di prevenzione e controllo. Considerata l'intensificazione degli scambi commerciali interni ed esteri, particolare riguardo deve essere rivolto allo stato sanitario dei prodotti commercializzati, effettuando controlli e predisponendo piani di quarantena. In questi ultimi anni, infatti, sono state introdotte nuove e gravi patologie per l'allevamento a seguito di introduzione incontrollate. Le norme di polizia sanitaria, attualmente vigenti in Italia, si devono ancora adeguare in parte a quelle applicate negli altri Paesi dalla Comunita'. Queste di fatto, penalizzano gli scambi di animali e prodotti dell'acquacoltura nazionale nettamente a favore degli altri partner europei che godono di una situazione sanitaria piu' favorevole. Per quanto riguarda i molluschi bivalvi vivi, invece, la normativa sanitaria e' stata recentemente rivista sulla base delle direttive comunitarie (Direttiva 91/492/CE, recepita con D.L.vo 5301/92; la normativa 791923/CE, recepita con Decreto Legge 1311/92; la direttiva 91/67/CE, recepita con DPR 555/92). Rispetto alla situazione pregressa, le norme assicurano: - migliore controllo sanitario sulla qualita' dell'acqua e sulle zone di produzione, con possibilita' di intervento della Amministrazione per predisporre azioni di risanamento delle aree interessate alla molluschicoltura; - possibilita' di immettere direttamente al consumo, senza bisogno di depurazione, prodotti aventi idonee caratteristiche di salubrita'; - autocontrollo da parte dei Titolari di concessione e delle strutture commerciali; - possibilita' di disporre di zone di stabulazione in mare o a terra in grado di garantire il risanamento biologico e microbiologico del prodotto finito; - classificazione delle zone di produzione con riferimento alla presenza o meno di parassiti. 8. Aspetti economici 8.1 L'acquacoltura e' caratterizzata da un'ampia gamma di fattori di scelta che determinano un alto grado di incertezza dei risultati tecnici ma soprattutto di quelli economici. Questo settore possiede inoltre un'elevata dinamicita' di offerta, con tendenza ad una segmentazione crescente del prodotto, che presenta sia problemi tecnici (standardizzazioni, qualita', ecc.) sia economici (qualita'/mercato). Si assiste altresi' ad un crescente livello di internazionalizzazione dei mercati (es. concorrenza di altri paesi che producono a minor costo). 8.2 In questo quadro i principali fattori di scelta per l'acquacoltore sono: - l'ambiente vero e proprio (parametri territoriali, fisico-chimico e biologici, ecc.); - la disponibilita' ed il livello del capitale umano (imprenditori, tecnici ed operatori in genere); - la presenza e l'efficienza delle di strutture di servizio esistenti nell'area; - la possibilita' di collocare a prezzi remunerativi il prodotto sul mercato; - la politica creditizia. Le imprese incontrano pero' elementi di incertezza che possono essere raggruppati come segue: - di carattere tecnico, che possono dipendere da errata od inadeguata scelta delle tecnologie o da errori tecnici ad esempio sulla scelta del sito. Le aziende possono pertanto trarre grande dall'assistenza tecnica e dalla fornitura di servizi alle imprese. Il raggiungimento di piu' elevati livelli tecnologici rappresenta una condizione essenziale per la competitivita'. Occorre quindi assicurare necessari interventi nel campo della ricerca e della sperimentazione, nonche' incentivi alle imprese affinche' effettuino investimenti a piu' alto contenuto tecnologico. Vanno considerati, in via prioritaria, gli interventi destinati alla riconversione degli allevamenti con tecnologie a basso impatto ambientale. Ancora, la capacita' degli imprenditori nell'effettuazione delle scelte si avvale in misura considerevole dell'assistenza gestionale contabilita', analisi aziendale, controllo dei centri di costo, etc. - di carattere economico-finanziario, i quali possono dipendere da decisioni in merito all'organizzazione economico-aziendale, oppure da fenomeni monetari (es. inflazione). Tutti questi elementi possono comportare cambiamenti anche drastici nella struttura dei costi per cui occorre intervenire tempestivamente, per non porre a rischio gli investimenti sin dalle loro prime fasi. 8.3 Circa l'organizzazione aziendale occorre attenersi a scelte, aventi un alto grado di flessibilita'"; inoltre un costante aggiornamento tecnologico puo' consentire alle imprese di tenere sotto controllo l'evoluzione dei costi di produzione, soprattutto per la componente dei costi fissi. Per le ragioni sopraindicate l'impresa acquicola deve prepararsi ad attuare rapide modificazioni dell'assetto economico aziendale e non ci si deve illudere che basti, nei prossimi anni, migliorare l'efficienza dei mezzi correnti (es. mangime) per essere competitivi. Scelte di questo tipo provocherebbero un appiattimento dei risultati economici con ritorni irrisori che non assicurerebbero una adeguata remunerazione dei fattori produttivi. 8.4 Circa gli aspetti economico-mercantili molti produttori acquicoli sono preoccupati soprattutto di produrre molto e bene, quindi attribuiscono scarsa attenzione alle esigenze del consumatore. E' una visione superata dei problemi che non e' sufficiente a conservare in futuro tutte le attuali posizioni di produzione e di reddito. Per questo vanno studiate attentamente le fasi di distribuzione e di consumo per quanto riguarda l'organizzazione, gli strumenti di valorizzazione e le tendenze. In altre parole l'imprenditore acquicolo non dove trascurare cio' che accade oltre la soglia dell'allevamento. Nei prossimi anni va anche tenuto conto che i prezzi finali dei prodotti saranno sempre piu' rappresentati da quote di valore aggiunto realizzato nelle fasi di trasformazione e distribuzione, per cui la difesa del reddito delle aziende dedite alla produzione sara' possibile solo se il produttore non si astrarra' dalla logica della filiera. Per rafforzare la posizione del produttore nella filiera ittica occorrera' operare in piu' direzioni e cioe': standardizzazione e qualificazione del prodotto, segmentazione dell'offerta, sviluppo di forme innovative di prodotto, rafforzamento degli organismi associativi tra i produttori, promozione di consorzi tra aziende per la concentrazione e la tipizzazione dei prodotti, ricerca di marchi. 9. Acquacoltura estensiva 9.1 In questo contesto (zone lagunari e vallive) lo svolgimento di attivita' ittiche deve essere visto in particolare in relazione alla possibilita' di intervenire come fattore di sviluppo e di integrazione nelle economie locali. La proposta, del resto ormai accettata da diversi paesi del Mediterraneo, e' quella di promuovere e consolidare, attraverso forme di acquacoltura integrata, una sorta di economia delle zone umide la quale puo' risultare di grande utilita' anche per la riqualificazione di forze di lavoro in esubero nella pesca. La suddetta integrazione deve riguardare sia il settore al suo interno sia le attivita' ad essa collegate. Si possono pertanto promuovere interventi diretti: - da una parte al contenimento dei rischi legati alla gestione dei grandi spazi (controllo dei parametri ambientali, controllo dei predatori, ecc.); - dall'altra a creare le necessarie sinergie, in chiave locale, con gli altri settori dell'economia, a partire dalla pesca, alle attivita' di valorizzazione delle produzioni ittiche, sino al turismo. Questo quadro di integrazioni e di sinergie permettera' anche la creazione di un "business ittico" avente capacita' di mitigazione rispetto a particolari situazioni socio economiche nelle zone di costa meno avvantaggiate dal turismo. D'altra parte il mantenimento prevalente di forme estensive di produzione ittica nelle valli e lagune contribuira' enormemente alla difesa ambientale nelle zone umide, aree in cui l'operatore svolge, in contemporanea, sia operazioni a fini produttivi sia a fini di conservazione. In questo contesto l'attivita' ittica verra' ad assumere un ruolo sempre piu' importante nella salvaguardia ambientale. Nondimeno occorrera' promuovere ulteriormente la innovazione tecnologica, dal momento che la produzione dell'estensivo, come la stessa conservazione delle risorse richiedono una continua gestione dei siti a partire dal controllo della qualita' delle acque. Per l'acquacoltura delle aree vallive e lagunari si potrebbe inoltre studiare la possibilita' di adozione di un marchio di origine geografica, in virtu' della specificita' riconosciuta a queste produzioni. 10. Ricerca 10.1 La ricerca ha un ruolo centrale nello sviluppo acquacoltura essendo questa una attivita' innovativa, che tende a scoprire con incredibile velocita' nuove opportunita' produttive e nuovi spazi da colonizzare. Basti pensare che il tasso di crescita annuo del settore a livello mondiale e' di circa il 10%, e che attualmente la tendenza a colonizzare il mare aperto non pone limiti spaziali alla crescita produttiva mentre impone la ricerca di affidabili tecnologie per gli impianti e per il controllo, naturalmente cio' modifica sostanzialmente il rapporto tra domanda ed offerta che ha fin qui caratterizzato alcuni prodotti marini da pesca limitati dalla disponibilita' di siti a terra. Le ricerche in acquacoltura svolte nell'ambito del Piano triennale, rappresentano il supporto piu' mirato da parte del Governo al comparto. Queste si vanno a sommare a quanto svolto nell'ambito di progetti CNR e di quelli promossi dalle Amministrazioni locali, dalle Universita' e da altri Enti di ricerca, nonche' dal settore privato. 10.2 Lo sviluppo di un "sistema acquacoltura" attraverso la messa a punto di tecnologie competitive per le aziende e di modelli gestionali idonei per la conservazione attiva degli ecosistemi acquatici potrebbe offrire opportunita' occupazionali di tutto rispetto anche nel mezzogiorno d'Italia, che ha condizioni climatiche ottimali. La ricerca scientifica in questo giuoca un ruolo essenziale se gli obiettivi della stessa sono ben identificati, tenendo conto delle differenti priorita' che le differenti pratiche produttive domandano, nelle diversificate realta' ambientali, socioculturali ed economiche del Paese. La scelta del piano precedente e' stata quella di creare opportunita' per una ricerca in acquacoltura che potesse accelerare lo sviluppo dei vari comparti. La presenza di competenze diffuse in varie Istituti pubblici e la presenza di strutture private competenti ha portato ad avere una azione diffusa ma non dispersiva grazie ad azioni di coordinamento piu' efficaci e grazie alla presenza di operatori economici negli organi consultivi della legge 41, fatto che consente un migliore avvicinamento tra ricerca e produzione. Sono state attivate oltre 120 unita' operative che stanno lavorando su problemi relativi alle relazioni acquacoltura-ambiente, alla messa a punto di tecniche per produrre nuove specie con controllo di qualita' delle produzioni innovative, patologia, nutrizione animale, controllo di qualita', genetica e biotecnologia, sviluppo di tecnologie con particolare riferimento alle produzioni in mare aperto, studi sulle barriere artificiali, studi sulla molluschicoltura per la rapida crescita del comparto e per sfruttare le crescenti opportunita'. Sono stati altresi' assegnati contratti per lo studio degli aspetti economici, giuridici e di mercato. 10.3 Il presente V Piano dovrebbe consentire di rafforzare questo processo aumentando il livello di coordinamento tra le varie linee di ricerca, comportando in tal modo la totale eliminazione di duplicazioni o di programmi non prioritari, con effetti sulla riduzione dei costi dei programmi stessi. Per quanto riguarda acquacoltura estensiva risulta prioritaria la conoscenza degli ambienti in cui si opera per definirne il livello di compatibilita' tra i vari usi, anche al fine di determinarne le linee di gestione integrata. E' necessario produrre giovanili adatti al ripopolamento delle lagune, salvaguardando al massimo le caratteristiche delle popolazioni autoctone, armonizzare l'uso di aree costiere per acquacoltura con la presenza incontrollata di uccelli ittiofagi studiando metodi di intervento. Studiare sul piano ecologico ed economico modelli gestionali che permettano di conservare attivita' tradizionali e compatibili con la conservazione. L'ambiente di allevamento e' altro soggetto di ricerca importante da un lato per la ricerca di tecnologie tese a migliorare la qualita' dall'altro per ridurre gli impatti esterni. In tal senso nel caso di impianti intensivi l'ottimizzazione dei circuiti chiusi potrebbe ridurre gli impatti esterni ottimizzando l'uso dell'acqua. Lo sviluppo di attivita' in mare apre nuovi capitoli dalla ecologia applicata alle barriere artificiali, a tutta quella serie di ricerche che permetteranno di ottimizzare le tecnologie per conquistare il mare aperto e per consentire il controllo remoto dei processi nonche' dell'impatto ambientale. Le ricerche genetiche e biotecnologiche dovranno comunque tenere conto delle esigenze di tutelare le popolazioni naturali, controllando quegli interventi che comportano una riduzione della biodiversita', e stimolando ricerche che attraverso programmi mirati di selezione, la manipolazione cromosomica le moderne applicazioni biotecnologiche consentano al comparto zootecnico di disporre di materiale da allevamento sempre piu' performante e competitivo per qualita' e per costi di produzione. Nella ricerca zootecnica risulta di fondamentale importanza continuare ricerche tendenti a meglio comprendere i rapporti tra nutrizione e fattori neuroendocrini che regolano lo sviluppo, la crescita, il rapporto proteine / grassi corporei dei pesci allevati. Tutte le ricerche su fonti proteiche alternative alle farine di pesce. Analogamente l'ottimizzazione dei rapporti proteina/energia, l'identificazione delle fonti lipidiche e dei tassi di inclusione negli alimenti, nonche' i fabbisogni in vitamine e minerali, saranno soggetti di ricerca per accelerare i livelli di competitivita'. In tal senso formulazioni ottimali dovranno essere definite anche al fine di ridurre l'impatto ambientale dei reflui da intensivo. Le ricerche su nuovi candidati per l'allevamento domanda simultaneamente conoscenze biologiche e zootecniche, per affrettare quel processo di diversificazione che in acquacoltura si sta verificando con velocita' crescente a livello mondiale. Basti ricordare che il numero di specie allevate e' di oltre 150, non si tratta al momento di razze, ma per lo piu' di organismi che sono oggetto di manipolazione umana da pochissime generazioni. Le ricerche in tema di patologie delle specie allevate avviate nell'ambito del IV Piano hanno risposto fondatamentalmente all'esigenza di definire la situazione epidemiologica sul territorio nazionale. Il monitoraggio delle patologie presenti negli impianti e la diffusione e la standardizzazione delle metodiche di analisi tra gli Istituti zooprofilattici specializzati in Ittiopatologia potranno infatti costituire validi strumenti per la prevenzione ed il controllo delle patologie. In relazione alle patologie batteriche e virali emergenti, in particolare per le specie ittiche marine, un supporto scientifico e' necessario per individuare gli agenti eziologici, meccanismi patogenetici e possibili misure di terapia e profilassi prima che la diffusione di queste nuove patologie interessi tutto il territorio. Ulteriori studi sono necessari per la messa punto di un vaccino nei confronti della Pasteurellosi e per il miglioramento di quelli gia' in uso contro la Vibriosi. L'individuazione di nuovi chemioterapici, in sostituzione di quelli attualmente in uso negli impianti intensivi, che abbiano un minore impatto sugli ecosistemi dei bacini riceventi. Sono infine da sviluppare programmi di ricerca finalizzati all'ottenimento di prodotti di qualita', intesa come qualita' totale per il consumatore. A tal fine sara' necessario approfondire la conoscenza della influenza della composizione della alimentazione delle specie allevate, nonche' di quella esercitata dalle caratteristiche dell'ambiente acquatico sulla qualita' igienico- sanitaria, nutrizionale ed organolettica dei prodotti ittici allevati. Sara' inoltre necessario controllare l'eventuale presenza di residui di chemioterapici o loro prodotti di degradazione nelle carni dei prodotti ittici. 10.4 In generale la acquacoltura moderna, non disponendo di una forte esperienza necessita di ricerca per progredire e rimanere competitiva, si tratta di ricerca che coinvolge singole discipline e livelli di integrazione sempre piu' complessi quando si considerano tempi tra loro correlati come ambiente e salute del consumatore. Nell'attuazione del V Piano saranno esclusivamente considerati quei programmi di ricerca coordinati e che preferibilmente forniscano l'identificazione di tematiche comuni per ricercatori e produttori nell'interesse collettivo favorendo tra l'altro la salvaguardia delle risorse. Andamento della produzione di molluschi in Italia Anno di Produzione mitili (ton) vongole veraci (da allevamento (ton) e da banchi naturali) 1985 70,000 0,9 1986 67,000 30,2 1987 85,000 285,1 1988 105,000 1.937 1989 110,000 7.119 1990 110,000 16.710 1991 101,000 27.116 1992 116,000 27.740 1993 120,000 23.908 1994 126,000 39.976 1995 132,000 60.850 Produzione di Tapes philippinarum in Italia Anno Laguna di Delta Delta Totale Marano e Veneto Emiliano Venezia- Chioggia 1985 0.7 0.1 0.1 0.9 1986 4.1 26 0.1 30.2 1987 10.1 240 35 285.1 1988 17 320 1600 1937 1989 19 1800 5300 7119 1990 1310 6100 9300 16710 1991 2416 9200 15500 27116 1992 3340 9100 14300 27740 1993 5000 6908 12000 23908 1994 25000 5976 9000 39976 1995 45000 5850 10000 60850 PARTE SECONDA TITOLO I - LE STRUTTURE A TERRA 1. L'INDUSTRIA CONSERVIERA ITTICA ITALIANA 1.1 La struttura dell'industria di trasformazione dei prodotti della pesca mostra un deterioramento delle tendenze di fondo, sia positive che negative, gia' registrate nel precedente Piano Triennale. 1.2 In particolare, le novita' che caratterizzano il comparto possono essere sintetizzate nei seguenti punti: - rallentamento della produzione a causa del peggioramento dei termini di scambio che hanno determinato un aggravio dei costi di approvvigionamento della materia prima, - intensificazione della dipendenza esterna quanto alla disponibilita' della materia prima, - intensificazione delle difficolta' di approvvigionamento quanto alla materia prima di origine interna (vongole), - incremento delle produzioni trasformate con materia prima di origine nazionale, proveniente da allevamenti in acque dolci. In particolare, va rilevato, il permanere di una tendenza ad integrare la fase dell'allevamento con quella della trasformazione. 1.3 I livelli occupazionali del settore conserviero industriale confermando le previsioni del precedente Piano Triennale, registrano un andamento decrescente, tanto che gli addetti sono passati da 7.100 nel 1989 a 6.500 nel 1992 ed infine a ca 6.000 nel 1995. A tale cifra vanno poi aggiunti ca 1800 addetti impegnati nel settore artigianale, la gran parte dei quali assume caratteristiche stagionali. La utilizzazione degli impianti mostra un andamento fluttuante in funzione della domanda da un lato, ma anche e soprattutto, in funzione degli investimenti diretti ad incrementare la produttivita' del capitale e del lavoro. In tal senso la percentuale di utilizzazione degli impianti rispetto alla capacita' produttiva totale si e' attestata nel 1995 sul 53% rispetto al 60% del 1992. Da questo punto di vista, gli investimenti registrati nel settore sono, ancora oggi, diretti al recupero di margini di produttivita', senza che l'occupazione ne possa beneficiare. Il livello di utilizzazione degli impianti, d'altra parte, mostra da anni una tendenza negativa omogenea, anche in presenza di investimenti continui. La novita' che contraddistingue quest'ultimo triennio riguarda il fatto che la tendenza negativa non riguarda solo piu' ed esclusivamente i livelli occupazionali ed il tasso di utilizzazione degli impianti, ma a tali indicatori si e' aggiunta anche la riduzione dei livelli produttivi realizzati dall'industria delle conserve, in particolare di quelle del tonno. Al contrario, sempre per quel che riguarda quest'ultimo segmento produttivo, si registra una continua progressione quanto alle importazioni di prodotto finito, in particolare di origine spagnola. 1.4 Andamento della produzione. Nel corso del periodo 92/95, il comparto, nel suo complesso, mostra una tendenza riflessiva che si estende a tutti i segmenti produttivi. La produzione complessiva ha raggiunto le 144.200 tonnellate di prodotto per un valore di 1.484 miliardi di lire nel 1995, pari a -10,8% e -3,6% rispettivamente. In particolare, si registra: - una riduzione della produzione per le conserve di tonno e filetti di acciughe all'olio, - una sostanziale stabilita' per tutte le altre conserve, fatto eccezione per le acciughe salate che, tuttavia, dopo il forte incremento registrato nel 1993, si sono anche esse stabilizzate intorno alle 11.000 tonnellate di prodotto finito, - un ulteriore sensibile regresso si registra nei casi delle sardine all'olio e delle vongole conservate e surgelate. 1.5 Import-Export delle principali specie ittiche trasformate. La produzione registrata dal comparto conserviero implica un analogo andamento dello sbilancio commerciale quanto all'approvvigionamento della materia prima, stante l'irrilevante quota di origine interna. Di conseguenza, l'interscambio con l'estero di prodotto finito mostra un forte incremento con conseguente maggiore dipendenza interna. In particolare, le importazioni complessive di prodotti conservati passano dalle 122.014 tonnellate nel 1992 alle 125.527 tonnellate nel 1995 (+2,8%), mentre le esportazioni mostrano una sostanziale stabilita' intorno alle 12.000 tonnellate. 2. ANALISI DELLE PROBLEMATICHE RELATIVE A CIASCUN COMPARTO Stante la gia' citata invarianza delle problematiche e degli andamenti strutturali registrati nei singoli comparti si confermano, ed in qualche caso si accentuano, le tendenze e le analisi gia' contenute nel precedente Piano triennale. 2.1 Conserve di tonno 2.1.1 Approvvigionamento della materia prima. Le 16 aziende operanti nel comparto dispongono di una capacita' produttiva che si aggira intorno alle 170 mila tonnellate di materia prima lavorata per anno, cui fa riscontro una effettiva utilizzazione di 118 mila tonnellate di tonno grezzo nel 1995, con un leggero decremento rispetto alle 133 mila tonnellate registrate nel 1992. 2.1.2 Struttura del settore. Le strutture produttive, come gia' si e' accennato in precedenza, sono caratterizzate da un costante processo di razionalizzazione ed ammodernamento degli impianti. In particolare le norme in materia igienico sanitaria, emanate in sede comunitaria e recepite in sede nazionale, sono state recepite anche a costo di un sostenuto e costoso processo di adeguamento da parte delle aziende produttrici. 2.1.3 Concorrenza estera. L'andamento delle importazioni di prodotto finito conferma sempre piu' le tendenze alla penetrazione commerciale gia' in atto nel corso del precedente Piano. Infatti, pur in presenza di una forte struttura commerciale e distributiva delle aziende conserviere italiane, le importazioni sono aumentate da 14.530 a 18.348 ton. (+26%),ed anche le esportazioni mostrano un andamento analogo passando da 3.395 a 4.902 ton. (+44%). Con cio' dimostrando la forte influenza del deterioramento dei tassi di cambio che ha caratterizzato il periodo in esame. Le implicazioni derivanti da tali andamenti consentono di confermare l'esistenza di una forte pressione sui meccanismi concorrenziali, aggravati peraltro, dal fatto che gli incrementi di valore unitari delle conserve di tonno prodotte in Italia continuano a mantenersi al di sotto del saggio di inflazione, con ovvia pressione sui margini operativi delle aziende interne. _________________________________________________ | PRINCIPALI INDICATORI DELL'INDUSTRIA DELLE | | CONSERVE DI TONNO ANNI 1992/1995 | |_________________________________________________| | | | | | | | 1992 | 1995 | VAR% | |_______________|___________|___________|_________| | | | | | | PRODUZIONE | 93.100 | 83.000 | -10,0 | | (TON) | | | | |_______________|___________|___________|_________| | | | | | | VALORE | 744.800 | 755.300 | +1,4 | |(Milioni di | | | | | lire | | | | |_______________|___________|___________|_________| | | | | | | PREZZO MEDIO | 8.000 | 9.100 | +13,7 | | (LIRE/Kg) | | | | |_______________|___________|___________|_________| | | | | | | IMPORT (Ton) | 14.530 | 18.348 | +26,3 | |_______________|___________|___________|_________| | | | | | | EXPORT (Ton) | 3.395 | 4.902 | +44,4 | |_______________|___________|___________|_________| | | | | | | CONSUMO | 104.235 | 96.446 | -7,4 | | APPARENTE | | | | |_______________|___________|___________|_________| Fonte: ANCIT 2.1.4 Consumo di tonno in Italia. Il consumo apparente di conserve di tonno mostra una riduzione del 7,4%, passando dalle precedenti 104.235 nel 1992 alle 96.446 nel 1995. Tali andamenti sono stati sostanzialmente determinati dalla variazione del tasso di cambio che, da un lato ha imposto una maggior cautela quanto all'acquisto di materia prima, dall'altro ha reso piu' vantaggiosa la stipula di contratti di vendita in Paesi esteri, con cio' riducendo la quota disponibile per i consumatori italiani. 2.2 Conserve di sardine. Il comparto in esame attraversa anche in questo periodo una gravissima crisi che trova le sue radici in anni non recenti. Nel corso di quest'ultimo triennio, infatti, le aziende attive del comparto sono rimaste in tre. Tale crisi, come e' stato piu' volte sottolineato nelle precedenti edizioni del Piano, trova motivazione nella scarsa competitivita' della produzione nazionale, ma anche nella continua discesa dei consumi interni, che sono oramai ridotti a sole 3.421 tonnellate. L'insieme delle cause qui di nuovo ricordate non consente facili ottimismi circa i livelli produttivi in futuro. Nel corso degli ultimi anni il trend negativo, che gia' esisteva in precedenza, si e' ulteriormente consolidato. La produzione ha subito una riduzione del 58%, passando da 5.000 a 2.100 tonnellate, mentre il valore della produzione si e' attestato sui 13,6 miliardi di lire con una variazione negativa del 51,4%. Anche il consumo apparente, a causa della riduzione della produzione interna registra una riduzione del 14% nel corso del periodo 1992/1995. Le importazioni, tuttavia, si mantengono relativamente sostenute ed hanno raggiunto le 2.648 tonnellate e rappresentano il 77% del consumo apparente. _________________________________________________ | PRINCIPALI INDICATORI DELL'INDUSTRIA DELLE | | CONSERVE DI SARDINE ANNI 1992/1995 | |_________________________________________________| | | | | | | | 1992 | 1995 | VAR% | |_______________|___________|___________|_________| | | | | | | PRODUZIONE | 5.000 | 2.100 | -58,0 | | (TON) | | | | |_______________|___________|___________|_________| | | | | | | VALORE | 28.000 | 13.600 | -51,4 | |Milioni di LIRE| | | | |_______________|___________|___________|_________| | | | | | | PREZZO MEDIO | 5.700 | 4.760 | -16,4 | | (LIRE/Kg) | | | | |_______________|___________|___________|_________| | | | | | | IMPORT (Ton) | 1.661 | 2.648 | +59,4 | |_______________|___________|___________|_________| | | | | | | EXPORT (Ton) | 2.668 | 1.327 | -50,2 | |_______________|___________|___________|_________| | | | | | | CONSUMO | 3.973 | 3.421 | -13,9 | | APPARENTE | | | | |_______________|___________|___________|_________| Fonte: ANCIT 2.3 Prodotti conservati a base di acciughe. La ripresa produttiva che ha caratterizzato lo sfruttamento dello stock di acciughe ha comportato una positiva ricaduta sia dal lato dell'industria di trasformazione che dal lato della bilancia commerciale. Infatti, le importazioni, in particolare di acciughe salate utilizzate come prodotto intermedio per la preparazione dei filetti all'olio, non hanno subito alcuna variazione, mentre e' stata registrata una ripresa delle relative esportazioni (+14%). L'andamento complessivo del settore, sia per quanto riguarda il prodotto salato che quello preparato all'olio, mantiene inalterate le caratteristiche positive gia' riscontrate nel corso degli anni precedenti, anche se si denotano alcuni segni di stanchezza, in particolare nel caso dei filetti all'olio. La domanda si presenta complessivamente ancora sostenuta, cio' anche a causa del minor costo del prodotto finito. Infatti, a seguito della maggiore disponibilita' di materia prima e' stata registrata una riduzione del prezzo corrispondente, che e' stato possibile trasferire sulla vendita all'ingrosso. La produzione aumenta dell'83% nel caso del salato, mentre subisce una riduzione nel caso del filetto all'olio (-16,1%). Il valore delle due linee di lavorazione raggiunge nel 1995 i 390 miliardi di lire, che rappresenta ca il 50% del valore della produzione delle conserve di tonno. In considerazione della dimensione produttiva oramai raggiunta e, soprattutto, tenuto conto del fatto che: - le lavorazioni di acciughe consentono elevati livelli occupazionali, - la materia prima utilizzata risulta, ove disponibile, di origine interna, il comparto in questione si pone quale importante segmento dell'industria conserviera italiana. A seguito dell'abbattimento dei prezzi della materia prima anche il prezzo medio del salato registra una forte flessione (-44%). Quanto al prezzo dei filetti all'olio non si registra alcuna variazione significativa data la minore incidenza della materia prima nell'ambito del processo di lavorazione. Nel complesso il consumo apparente, gia' sostenuto negli anni precedenti, si mantiene su livelli notevoli ed, in assoluto, tra i piu' interessanti nel pano- rama delle conserve ittiche italiane. _________________________________________________ | PRINCIPALI INDICATORI DELL'INDUSTRIA DELLE | | ACCIUGHE - ANNI 1992/1995 | | | | SALATO | |_________________________________________________| | | | | | | | 1992 | 1995 | VAR% | |_______________|___________|___________|_________| | | | | | | PRODUZIONE | 6.000 | 11.000 | +83,3 | | (TON) | | | | |_______________|___________|___________|_________| | | | | | | VALORE | 67.200 | 68.200 | +1,4 | | (Milioni/Lit) | | | | |_______________|___________|___________|_________| | | | | | | PREZZO MEDIO | 11.200 | 6.200 | -44,6 | | (LIT/Kg) | | | | |_______________|___________|___________|_________| | | | | | | IMPORT (Ton) | 5.589 | 5.524 | -0,1 | |_______________|___________|___________|_________| | | | | | | EXPORT (Ton) | 629 | 722 | +14,7 | |_______________|___________|___________|_________| | | | | | | CONSUMO | 10.960 | 15.002 | +36,8 | | APPARENTE | | | | |_______________|___________|___________|_________| FILETTI ALL'OLIO _________________________________________________ | | | | | | PRODUZIONE | 15.500 | 13.000 | -16,1 | | (TON) | | | | |_______________|___________|___________|_________| | | | | | | VALORE | 372.000 | 312.000 | -16,1 | | (Milioni/Lit) | | | | |_______________|___________|___________|_________| | | | | | | PREZZO MEDIO | 24.000 | 24.000 | -7,7 | | (LIT/Kg) | | | | |_______________|___________|___________|_________| | | | | | | IMPORT (Ton) | 1.256 | 2.543 | +102,4 | |_______________|___________|___________|_________| | | | | | | EXPORT (Ton) | 709 | 1.001 | +41,8 | |_______________|___________|___________|_________| | | | | | | CONSUMO | 16.047 | 14.592 | -9,3 | | APPARENTE Ton | | | | |_______________|___________|___________|_________| Fonte: ANCIT 2.4 Conserve di vongole. Analogamente a quanto gia' riscontrato nel caso delle conserve di sardine, anche gli indicatori del comparto vongole definiscono una situazione di forte crisi laddove la materia prima e' esclusivamente di origine interna. L'eccessivo sfruttamento dei banchi di vongole negli anni passati ha determinato infatti una situazione di impoverimento della risorsa e, di conseguenza, anche la materia prima per l'industria di trasformazione e' andata progressivamente riducendosi. Tuttavia, a partire dal 1992, si registra una lenta ripresa che ha consentito un parziale recupero dei livelli precedenti, tanto da raggiungere le 2.500 tonnellate nel 1995 per un corrispondente valore di 40 miliardi. A causa della crisi, che oramai ha assunto caratteristiche di tipo strutturale stante il perdurare delle difficolta' del settore produttivo in mare, le aziende ancora interessate a questo segmento di mercato hanno da tempo trasferito gli impianti di lavorazione in Paesi terzi in cui vi e' materia prima. Tuttavia, sulla base delle piu' recenti rilevazioni si nota come anche le nuove localizzazioni sono caratterizzate da una incerta continuita' quanto agli approvvigionamenti. _________________________________________________ | PRINCIPALI INDICATORI DELL'INDUSTRIA DELLE | | VONGOLE CONSERVATE E SURGELATE - ANNI 1992/1995 | |_________________________________________________| | | | | | | | 1992 | 1995 | VAR% | |_______________|___________|___________|_________| | | | | | | PRODUZIONE | 2.100 | 2.500 | +19,0 | | (TON) | | | | |_______________|___________|___________|_________| | | | | | | VALORE | 27.300 | 40.000 | +46,5 | | (Milioni/Lit) | | | | |_______________|___________|___________|_________| | | | | | | PREZZO MEDIO | 13.000 | 16.000 | +23,0 | | (LIT/Kg) | | | | |_______________|___________|___________|_________| | | | | | | IMPORT (Ton) | 3.270 | 1.012 | -690 | |_______________|___________|___________|_________| | | | | | | EXPORT (Ton) | 56 | 50 | -10,1 | |_______________|___________|___________|_________| | | | | | | CONSUMO | 5.314 | 3.462 | -34,8 | | APPARENTE Ton | | | | |_______________|___________|___________|_________| Fonte: ANCIT 2.5 Altre specie ittiche oggetto di trasformazione Le preparazioni ittiche afferenti questo comparto sono da tempo oggetto di una maggior attenzione da parte delle aziende di trasformazione, tanto che in molti casi le linee di lavorazione sono aggiuntive rispetto ad impianti piu' tradizionali. Gia' nel corso della precedente edizione del Piano si ebbe modo di constatare la crescente importanza di tali produzioni che possono essere raggruppate in funzione della materia prima utilizzata: - molluschi, con provenienza sud est asiatico, - calamari di origine polacca ed argentina, - seppie di origine nord africana e francese. La produzione, pur differenziata in una moltitudine di preparazioni, puo' essere stimata in circa 19.000 tonnellate cui corrisponde una utilizzazione di materia prima di ca. 20.000 tonnellate. Va, comunque, rilevato che, nell'ambito delle conserve ittiche, si registra da tempo una forte espansione delle preparazioni di prodotti realizzati con materia prima proveniente dagli allevamenti in acque dolci. Le trote filettate ed affumicate, ma anche altre produzioni, realizzate in molti casi dagli stessi allevatori, costituiscono una realta' produttiva di notevole interesse cui occorre prestare attenzione e collocare nel piu' ampio panorama della politica alimentare ittica nazionale. Cio' anche alla luce degli sforzi da tempo sostenuti dall'amministrazione nazionale nel favorire il potenziamento delle strutture di allevamento in Italia. 2.6 Prodotti ittici surgelati. I consumi di prodotti ittici surgelati mostrano un trend crescente a ritmi sostenuti che nel 1995 ha fatto registrare ca 70.000 tonnellate con un incremento del 32% rispetto al 1992. Parte di questi consumi sono prodotti in Italia e, nel 1995, si attestano sulle 23.500 tonnellate per un valore di 131,6 miliardi di lire. Nell'ambito delle produzioni interne si rileva una duplice tendenza, la prima delle quali vede le aziende impegnate nella realizzazione di prodotti di tipo tradizionale, il cui processo di lavorazione si limita a poche operazioni di pulitura della materia prima, mentre la seconda riguarda la produzione di precotti a base di pesce. Questo segmento produttivo e' caratterizzato da un trend crescente e ad elevato valore aggiunto. 3. COMPARTO COMMERCIALE 3.1 Il commercio con l'estero. L'andamento della domanda di prodotti ittici in Italia conferma l'esistenza di una marcata tendenza all'aumento, anche se, dopo gli incrementi registrati negli ultimi anni, si assiste ad una stabilizzazione dei consumi sui precedenti livelli. Va, comunque, rilevato che il buon andamento della produzione interna ha consentito una leggera riduzione dei quantitativi di prodotto importato ed un incremento delle esportazioni, con cio' migliorando il grado di autoapprovvigionamento di ben 4 punti percentuali. Tale risultato costituisce un segnale di indubbio interesse anche perche', pur non trascurando l'effetto derivante dalla svalutazione della moneta sugli indicatori di quantita', rappresenta una risposta alla continua azione di razionalizzazione dello sforzo di pesca e di sviluppo dell'acquacoltura, che e' stata sviluppata in Italia negli ultimi anni. E' evidente che nella misura in cui tale azione potra' ulteriormente svilupparsi, il forte divario che caratterizza l'attuale struttura del commercio estero potra' ulteriormente ridursi. 3.2 Tuttavia, il contributo fornito dalla produzione interna al riequilibrio della bilancia commerciale, non trova corrispondenza nell'analisi degli stessi dati in termini di valore. Infatti, nonostante la riduzione delle importazioni da 634.512 a 582.111 tonnellate nel periodo 1991/1994 (-7,7%), il corrispondente valore ha subito, al contrario, un incremento da 3.256 a 3.515 miliardi di lire (+7,9%). Di conseguenza, l'incidenza del deficit ittico sul deficit dell'intera bilancia agroalimentare e' aumentato dal 22,4% al 24,5% ed inoltre il grado di autoapprovvigionamento che in termini quantitativi e' passata dal 56% al 60%, in termini di valore ha subito un peggioramento di un punto percentuale, passando dal 55,3% al 56,3%. La dimensione del dato non lascia adito a dubbi circa la necessita' di adottare misure dirette a potenziare ulteriormente l'offerta interna ed a creare condizioni di maggiore sostituibilita' fra i consumi di specie di acqua dolce e di mare e fra le produzioni di allevamento e di cattura. ___________________________________________________________________ | | | INDICATORI DEL COMMERCIO ESTERO | | (TON) | |___________________________________________________________________| | Totale | | | | | | | prodotti | 1990 | 1991 | 1992 | 1993 | 1994 | | ittici | | | | | | |____________|__________|__________|__________|__________|__________| | | | | | | | |Produzione | 656.000| 704.000| 712.000| 736.000| 742.000| |____________|__________|__________|__________|__________|__________| | | | | | | | |Import | 593.564| 634.512| 605.376| 581.554| 582.111| |____________|__________|__________|__________|__________|__________| | | | | | | | |Disponi- | 1.249.564| 1.338.512| 1.317.376| 1.317.554| 1.324.111| |bilita' | | | | | | |____________|__________|__________|__________|__________|__________| | | | | | | | |Esporta- | 67.720| 72.471| 74.099| 87.462| 97.843| |zioni | | | | | | |____________|__________|__________|__________|__________|__________| | | | | | | | |Saldo | -525.844| -562.041| -531.277| -494.092| -484.268| |____________|__________|__________|__________|__________|__________| | | | | | | | |Movimento | 661.284| 706.983| 679.475| 669.016| 679.954| |____________|__________|__________|__________|__________|__________| | | | | | | | |Consumo | 1.184.000| 1.256.000| 1.219.000|1.229.000 | 1.227.000| |apparente | | | | | | |____________|__________|__________|__________|__________|__________| | | | | | | | |Saldo | -79,5% | -79,5% | -78,2% | -73,9% | -71,2% | |normalizzato| | | | | | |____________|__________|__________|__________|__________|__________| | | | | | | | |Grado di | 55,4% | 56,1% | 58,4% | 59,9% | 60,4% | |autoap- | | | | | | |provvig. | | | | | | |____________|__________|__________|__________|__________|__________| | | | | | | | Grado | 11,4% | 11,4% | 12,2% | 15,0% | 16,8% | |copertura | | | | | | |import | | | | | | |____________|__________|__________|__________|__________|__________| | | | | | | | |Propensione | 50,1% | 50,5% | 49,7% | 47,3% | 47,4% | |all'import | | | | | | |____________|__________|__________|__________|__________|__________| | | | | | | | |Propensione | 10,3% | 10,3% | 10,4% | 11,9% | 13,3% | |all'export | | | | | | |____________|__________|__________|__________|__________|__________| | | | | | | | |Grado di | 46,1% | 46,4% | 45,4% | 42,7% | 42,5% | |apertura | | | | | | |____________|__________|__________|__________|__________|__________| (Miliardi di lire) ___________________________________________________________________ |Totale | | | | | | |prodotti | 1990 | 1991 | 1992 | 1993 | 1994 | |ittici | | | | | | |____________|__________|__________|__________|__________|__________| | | | | | | | |Plv | 3.534| 3.659| 3.844| 3.813| 3.935| |____________|__________|__________|__________|__________|__________| | | | | | | | |Import | 2.876| 3.256| 3.170| 3.277| 3.515| |____________|__________|__________|__________|__________|__________| | | | | | | | |Disponibi- | 6.410| 6.915| 7.014| 7.090| 7.450| |lita' | | | | | | |____________|__________|__________|__________|__________|__________| | | | | | | | |Esportazioni| 272| 294| 301| 397| 458| |____________|__________|__________|__________|__________|__________| | | | | | | | |Saldo | -2.604| -2.962| -2.869| -2.880| -3.057| |____________|__________|__________|__________|__________|__________| | | | | | | | |Movimento | 3.148| 3.549| 3.471| 3.674| 3.973| |____________|__________|__________|__________|__________|__________| | | | | | | | |Consumo | 6.139| 6.620| 6.713| 6.686| 6.992| |apparente | | | | | | |____________|__________|__________|__________|__________|__________| | | | | | | | |Saldo | -82,7% | -83,5% | -82,7% | -78,4% | -76,9% | |normalizzato| | | | | | |____________|__________|__________|__________|__________|__________| | | | | | | | |Grado di | 57,6% | 55,3% | 57,3% | 57,0% | 56,3% | |autoap- | | | | | | |provvig. | | | | | | |____________|__________|__________|__________|__________|__________| | | | | | | | |Grado | 9,5% | 9,0% | 9,5% | 12,1% | 13,0% | |copertura | | | | | | |import | | | | | | |____________|__________|__________|__________|__________|__________| | | | | | | | |Propensione | 46,9% | 49,2% | 47,2% | 49,0 | 50,3% | |all'import | | | | | | |____________|__________|__________|__________|__________|__________| | | | | | | | |Propensione | 7,7% | 8,0% | 7,8% | 10,4% | 11,6% | |all'export | | | | | | |____________|__________|__________|__________|__________|__________| | | | | | | | |Grado di | 43,5% | 45,8% | 43,8% | 44,8% | 45,8 | |apertura | | | | | | |____________|__________|__________|__________|__________|__________| | | | | | | | |Ragione di | .83 | .79 | .78 | .81 | .78 | |scambio | | | | | | |____________|__________|__________|__________|__________|__________| Fonte: elaborazioni ISMEA su dati ISTAT, IREPA e ICRAM 3.3 La dimensione dell'import italiano, che per dimensione si posiziona al quinto posto tra i Paesi maggiormente importatori al mondo, non puo' non influire, ed eventualmente contrapporsi, alla stessa organizzazione commerciale della produzione interna. Quest'ultima, infatti, mantiene ancora inalterate tutte le caratteristiche che ne indeboliscono la propria capacita' contrattuale ed e' costretta a subire l'impatto sui prezzi interni e sui margini di profitto imprenditoriale imposto dalla commercializzazione di prodotto importato. 3.4 Resta, pertanto, inalterata l'esigenza di contribuire alla definizione di una organizzazione distributiva diretta alla valorizzazione del pescato ed alla salvaguardia dei margini di profitto delle imprese di pesca. In tal senso, un ruolo impegnativo e' stato assegnato alle associazioni di categoria che, nell'ambito degli obiettivi del consorzio unitario da esse stesse costituito a seguito della attivazione del programma comunitario SFOP, hanno previsto la adozione di iniziative in grado di favorire una politica di concentrazione del pescato nazionale. 3.5 In tal senso, la realizzazione di poli di concentrazione produttiva rappresenta, oltre che un fondamentale momento di difesa e valorizzazione della produzione interna, anche il momento iniziale necessario all'avvio di una politica commerciale ed industriale, destinata al consolidamento ed allo sviluppo di rapporti commerciali con la Grande Distribuzione Organizzata (G.D.O.). TITOLO II - AZIONI DI COMUNICAZIONE 1.1 Come dinanzi evidenziato, la dimensione internazionale non solo economica, ma anche politico-sociale in cui il comparto della pesca italiana si trova ad operare ha condizionato e continuera' ad influenzare sempre piu' le strategie da intraprendere. Anche dal punto di vista comunicazionale, il persistere delle difficolta' del prodotto fresco nel fronteggiare la concorrenza del prodotto di importazione, pure in considerazione di un naturale aumento della domanda, che certo non va scoraggiato ma indirizzato, e la realta' di una problematica ambientale, sempre piu' importante per il mondo della pesca, anche per il duro attacco che ne e' conseguito alla stessa attivita' di pesca e all'immagine dei pescatori, dovranno essere oggetto di una riflessione che non escluda il contesto internazionale e le direttive o le indicazioni in materia provenienti dalle Nazioni Unite e dalla Unione Europea. 1.2 Cio' premesso si rende necessario intraprendere un'azione di comunicazione tesa a valorizzare il settore della pesca italiana quale elemento importante e tradizionale della vita socioeconomica del Paese, attraverso una valorizzazione dei prodotti, delle abitudini alimentari e delle situazioni sociali e culturali che ne sono propri. Tale azione dovra' soprattutto assolvere un ruolo di informazione dei cittadini e dei consumatori sui diversi aspetti del mondo della pesca, nella considerazione della dimensione europea cui si faceva riferimento. 1.3 In maniera piu' specifica l'azione di comunicazione dovra': - valorizzare il ruolo del comparto della pesca per le valenze economiche, occupazionali e socioculturali che assolve e che dovra' assolvere nel breve periodo anche rispetto alle problematiche ambientali; - valorizzare il prodotto fresco, in quanto tipico e prodotto che scaturisce direttamente dal lavoro dei pescatori e degli allevatori italiani, assecondandone le nuove strategie di commercializzazione ad esso applicabili ed evidenziandone le qualita' organolettiche e la varieta', sostenendo le specie meno apprezzate e ponendo particolare attenzione alla informazione sulle specie di cui e' vietato il consumo in assoluto ovvero in determinati periodi; - assolvere una funzione di educazione alimentare e ambientale non sottraendosi alle esigenze di contribuire ad una generale azione di educazione civica nei confronti del consumatore in genere e dei giovani in particolare. Tali azioni di informazione sono in parte gia' state intraprese nel precedente triennio con risultati oggettivamente apprezzabili, in particolare a titolo esemplificativo, nel contrastare dal punto di vista comunicazionale gli effetti del caso "allarme colera". 1.5 In considerazione di quanto sopra si rende opportuno confermare in via generale i mezzi di tali azioni (coproduzioni televisive, campagne nelle scuole, campagne e iniziative promozionali su stampa, radio, televisione e nei luoghi della commercializzazione). Per quanto attiene alla comunicazione istituzionale si provvedera' a scegliere un'agenzia specializzata secondo le pertinenti norme in materia di appalti di pubblici servizi; per la coproduzione televisiva si provvedera' a rinnovare la convenzione con la televisione pubblica; l'esperienza positiva registrata con le campagne di informazione scolastica e di sensibilizzazione di "Vivere il mare" e di "Una sana alimentazione dal mare" suggerisce all'Amministrazione di proseguire nella realizzazione delle suddette campagne. Non si esclude l'attivazione di nuove linee di comunicazione innovativa particolarmente adatte, tra cui un'azione di informazione interattiva e diretta con il cittadino, auspicando altresi' una maggiore unita' di intenti e modi fra le azioni direttamente intraprese dall'Amministrazione e quelle autonomamente gestite dalle associazioni. TITOLO III - GLI OBIETTIVI E GLI STRUMENTI DI INTERVENTO 1. GLI OBIETTIVI 1.1 Le Considerazioni sviluppate nel corso delle precedenti sezioni consentono una agevole definizione degli obiettivi che si ritiene utile perseguire nel corso del quinto Piano triennale, nel rispetto del disposto previsto dall'articolo 1 della legge 41/82 e successive modificazioni. 1.2 Di fatto, tenuto conto che: - il processo di modernizzazione del settore e', ad oggi, tutt'altro che concluso. Che ed anzi esso richiede una messa a punto della struttura organizzativa di governo del sistema, pur assicurando le necessarie condizioni di continuita' rispetto ai precedenti piani; - la politica di salvaguardia delle risorse, nell'ambito della ricerca di un equilibrato rapporto fra pesca ed ambiente che tenga conto degli aspetti sociali ed economici, richiede la continuazione della strategia conservazionista e strutturale finora adottata dal Governo, anche se con le necessarie integrazioni rese indispensabili dal mutare delle circostanze. E' del tutto evidente che tale strategia, alla luce della stretta interdipendenza con la politica comunitaria e degli altri organi sovranazionali di gestione, non puo' che condividerne gli indirizzi ed i vincoli, pur all'interno della necessaria tutela degli interessi derivanti dalla specificita' mediterranea che costituisce il presupposto alla base dell'intera attivita' di gestione adottata dall'Amministrazione. Cio' anche alla luce delle pesanti ricadute occupazionali e di reddito derivanti dalla adozione di misure di tipo conservazionista assunte a livello comunitario indipendentemente da una valutazione delle implicazioni sociali ed economiche; - la dinamica dei consumi, pur registrando una ripresa della produzione interna e delle esportazioni, rimane sostenuta e richiede il ricorso ad importazioni per oltre la meta' del fabbisogno interno, se ne ricava che gli obiettivi del quinto Piano triennale devono necessariamente ripercorrere quelli gia' sperimentati nelle precedenti edizioni, pur se con le integrazioni del caso. Difatti, gli obiettivi dovranno consistere in: 1. Adeguamento dell'apparato produttivo ed organizzativo del settore; 2. Potenziamento dell'acquacoltura in generale e della maricoltura in particolare; 3. Salvaguardia dei livelli occupazionali. 1.3 Adeguamento dell'apparato produttivo ed organizzativo del settore. Il primo dei tre obiettivi, alla luce delle considerazioni svolte, richiede particolare cura, sia per l'ampiezza delle aree di intervento, che per le diverse implicazioni che le caratterizzano. Infatti, sia che si guardi alle esigenze poste dal lato dell'apparato produttivo che dal lato organizzativo e' evidente che le misure dirette a sostanziarne l'applicazione non possono che richiedere un forte impegno di tutte le componenti settoriali. In merito alle questioni relative all'adeguamento dell'apparato produttivo si pone ancora oggi la necessita' di proseguire nell'azione di riduzione dello sforzo di pesca. Tale obiettivo che, peraltro, risponde a criteri conservazionisti non solo nazionali ma anche comunitari e' stato finora perseguito con impegno soddisfacendo i livelli programmati di abbattimento della flotta. Tuttavia, la riduzione della flotta, come precedentemente evidenziato, non e' sufficiente per garantire il reale perseguimento di un equilibrato rapporto fra sforzo di pesca e risorse disponibili anche in rapporto ai vincoli posti da un corretto impatto ambientale. E' necessario, infatti, integrare tale misura con altre di tipo tecnico adeguate alla realta' mediterranea da un lato; ma, soprattutto, e' necessario procedere ad un uso appropriato delle due componenti che vanno a formare lo sforzo di pesca, la dimensione cioe' della capacita' di pesca e dell'attivita' di pesca. In funzione della diversa struttura biologica e produttiva di ciascun area occorre individuare la griglia delle misure in grado di assicurare i risultati auspicati. Esattamente come e' stato gia' sperimentato in alcune aree del Paese negli anni appena trascorsi. 1.4 Affinche' tali successi non siano episodici ed allo scopo di non vanificare i benefici conseguiti, biologici ed economici, si ritiene necessario procedere ad un adeguamento della tradizionale strategia mediante lo studio di alcune misure, che potrebbero essere introdotte a livello sperimentale: 1. congelamento della capacita' di pesca in alcune aree particolarmente sensibili, 2. revisione della attuale normativa in materia di abilitazione alla pesca entro determinate distanze dalla costa, 3. assegnazione di compiti gestionali in favore di consorzi di gestione di aree o distretti di pesca che insistono all'interno delle 12 miglia dalla costa, 4. decentramento di alcune competenze relative alla pesca locale alle amministrazioni regionali che le attueranno utilizzando le indicazioni gestionali del Comitato scientifico ex articolo 6 della legge 41/82. 1.5 Per quel che concerne il secondo dei punti evidenziati, e cioe' l'esigenza di procedere ad un adeguamento dell'apparato organizzativo sottostante la gestione del settore, si tratta da un lato rafforzare il ruolo delle associazioni professionali per la gestione di alcuni strumenti; dall'altro di procedere ad alcuni aggiustamenti organizzativi limitatamente alla ricerca, sia di quella scientifica che di quella a supporto della produzione. In merito alle questioni relative alle misure che pure l'Amministrazione ritiene di dover apportare alla propria organizzazione, la prima riguarda ovviamente l'esigenza di rafforzare, qualitativamente e quantitativamente, la Direzione Generale. Ma anche altre misure saranno adottate in modo da rendere piu' funzionale e rapido il rapporto fra gli uffici e l'utenza. Potrebbero essere istituiti gruppi di lavoro consultivo, riguardanti materie relative all'efficienza dell'organizzazione (ad esempio: posizione italiana in materie internazionali; ICCAT; CGPM; criteri sottostanti il funzionamento degli strumenti di gestione). 1.6 In merito all'obiettivo posto dall'esigenza di completare il rafforzamento del ruolo delle associazioni di categoria, si ritiene doversi procedere alla: - Attuazione con snellimento delle procedure dello strumento dell'accordo di programma fra l'amministrazione e le associazioni quale importante strumento di gestione, - Riconoscimento del ruolo della cooperazione nonche' degli armatori e del sindacato nell'ambito degli organismi di gestione della legge 302/89.Tuttavia, tale misura dovra' rientrare nell'ambito di una piu' generale riflessione sull'intera questione creditizia; in tale ambito potrebbe studiarsi apposito provvedimento finalizzato a trasferire alla cooperazione la gestione del credito, - Semplificazione delle procedure in materia di ricapitalizzazione delle cooperative di pesca, - Identificazione ai fini del successivo trasferimento nell'ambito di vigenza del Piano di compiti di assistenza all'amministrazione nella gestione di alcune fasi del procedimento amministrativo (ad esempio: fermo pesca). 1.7 Ovviamente altre funzioni potrebbero essere conferite ai Consorzi di gestione dei distretti di pesca. Queste sono pero' dipendenti dal grado di autonomia nella gestione dell'area. 1.8 In merito alla esigenza di adeguamento della organizzazione della ricerca, per i motivi gia' esposti in premessa, si ritiene doversi procedere alla individuazione di una griglia di criteri utili alla selezione dei progetti di ricerca. 1.9 Per quel che concerne gli aspetti relativi alla organizzazione dell'amministrazione particolare attenzione sara' anche rivolta, tra l'altro: - alla semplificazione delle procedure. In tale ambito si inserisce la modificazione della normativa di attuazione della legge 41/82, anche a seguito della entrata in vigore della legge 165/92, - alla creazione di gruppi di lavoro ad hoc per specifiche questioni, - alla ridefinizione dei compiti delle Capitanerie di Porto, - alla verifica dell'attuazione delle previsioni del Piano. In tale ottica il Comitato di gestione valutera' la progressiva attuazione del Piano. 1.10 - Potenziamento dell'acquacoltura in generale e della maricoltura in particolare - Il Piano precedente aveva fatto riferimento ad alcuni orientamenti prioritari: aumento della capacita' produttiva rilevata dai costi di produzione e sviluppo di una acquacoltura ad elevata compatibilita' ambientale, riduzione dei costi di produzione attraverso una crescita tecnologica supportata dalla ricerca scientifica maggiormente coordinata, un ruolo crescente delle amministrazioni locali e delle associazioni dei produttori. Tali orientamenti hanno in parte determinato gli obiettivi prioritari della programmazione nazionale rispetto alle politiche dell'Unione europea e sono stati recepiti nel documento unico di programma ai sensi dello SFOP nel tentativo di armonizzare tempi ed azioni della programmazione nazionale con quelli europei. D'altro canto la globalizzazione del mercato e la crescita degli scambi impone una crescente attenzione a tutto lo scenario della acquacoltura sia mediterranea che nord europea. Cio' e' tanto piu' importante per l'Italia che rimane un Paese a forte dipendenza dalle importazioni. Tali obiettivi sono stati solo in parte perseguiti, tenendo anche in considerazione che alcuni degli stessi domandano continuita' d'azione e tempi che superano la durata di un piano, e ricordando una serie di dinamiche economiche e di mercato che comunque condizionano fortemente comparti strategici, ma pur sempre marginali per dimensione come quello della acquacoltura. Di grande rilevanza risulta invece il raggiungimento di un obiettivo generale che e' stato perseguito grazie ad alcune modifiche delle normative vigenti e della organizzazione della Amministrazione centrale. Tale obiettivo era la costituzione di un "sistema acquacoltura in Italia", che consentisse ai produttori delle acque interne di essere collocati in una posizione coerente con quella degli altri in Europa, che desse spazio ai rappresentanti della Associazione dei piscicoltori italiani. In questo processo e' ancor piu' importante la piena presa di coscienza, della importanza della acquacoltura, delle associazioni delle cooperative dei pescatori - cio' ha stimolato investimenti e lo sviluppo di qualificati ricercatori e tecnici attenti e competenti del settore nell'ambito dello stesso sistema associativo. Il fatto che il mondo della pesca tenda ad acquisire una visione a carattere integrato della gestione della fascia costiera, dalla pesca razionale all'allevamento, e' un fatto rilevante che se proseguito potrebbe facilitare il processo di uso corretto degli ecosistemi acquatici. Tale processo di riconversione e' stato piu' volte messo in discussione nella sua reale fattibilita', in realta' esistono molteplici esempi di pescatori riconvertiti, naturalmente cio' dipende dalle aree geografiche e dalle caratteristiche delle risorse disponibili, nonche' da una serie di fattori di carattere culturale, sociale ed economico. Prova ne sia che un settore produttivo innovativo, come quello della vongola (Tapes phylippinarum) introdotta a scopi sperimentali, poi diffusa spontaneamente e per interventi gestionali, pur creando conflitti di vario ordine, ha dimostrato come i pescatori organizzati possono trasformarsi in coltivatori. Si tratta di quelle forme di pesca su base colturale che potrebbe fornire molteplici opportunita' di occupazione in fascia costiera, per la loro potenzialita' di offrire agli operatori spazi ampi dalla produzione ittica al turismo ad attivita' connesse con la gestione dell'ambiente. In tal senso gli obiettivi previsti dal piano precedente possono essere ancora confermati e perseguiti con alcuni aggiustamenti necessari per completare il consolidamento di un "sistema acquacoltura nazionale" nell'ambito della economia ittica, come strumento di supporto e non di concorrenza al mondo della pesca e con un riconoscimento del ruolo delle produzioni in acque interne che hanno dimostrato in questi anni una elevata competitivita'. In questo processo di omogeneizzazione del sistema acquacoltura nell'ambito dell'economia ittica nazionale, considerata la primaria funzione attribuita dal Piano medesimo alle associazioni di categoria, saranno riconosciuti il ruolo e le attivita' intraprese dall'associazione dei piscicoltori nel contesto delle iniziative previste dal presente Piano. Tali iniziative potranno trovare adeguati strumenti operativi nell'ambito delle misure previste a sostegno dell'attivita' ittica. Al riguardo si rimanda per la percentuale delle spese ammissibili al pertinente paragrafo. Anche la ricerca applicata all'acquacoltura, in questo processo di crescita settoriale, attraverso il continuo confronto delle parti e' stata orientata verso un maggiore coordinamento, verso una maggiore maturita' nell'impiego delle risorse disponibili, sia in termine di competenze umane che di strutture ed equipaggiamenti. L'identificazione di filiere piu' coerenti alle necessita' del settore reale, da quella zootecnica e veterinaria fino alle componenti applicate della ecologia, unitamente a ricerche economiche e di mercato, ha consentito di investire in una direzione che ricadra' positivamente sulle produzioni, soprattutto in un quadro di tendenze che esprimono crescente qualita' ed armonizzazioni severe verso l'uso degli ambienti acquatici e delle risorse acquatiche viventi. Di grande rilevanza risulta la maricoltura negli orientamenti di Politica Comunitaria della Pesca (PCP). In materia di tutela e di gestione delle risorse alieutiche e' individuata nella riduzione della capacita' delle flotte la principale misura da attuare a breve-medio termine. Cio' si riflette, direttamente nella fissazione degli obiettivi dei Piani Pluriennali di Orientamento che comportano la riduzione del tonnellaggio e della potenza motore principalmente del naviglio operante nello strascico. L'adozione di alcune misure tecniche (spadare, attrezzi fissi) pone ulteriori limiti di esercizio delle attivita', contribuendo ad acuire i problemi di redditivita' delle imprese e quindi di impiego degli addetti. Impatti socioeconomici nel breve periodo sono peraltro previsti in particolare per l'inevitabile allontanamento di fasce consistenti di operatori dalle attivita' di cattura in mare. Per ammortizzare quest'effetto della applicazione della PCP sono al momento state predisposte limitate misure socioeconomiche relative al prepensionamento degli addetti, senza che altri fondi o iniziative comunitarie siano risultate al momento operative ed efficaci nel collegare l'allontanamento dai mestieri con alternative occupazionali e mantenimento del reddito. La ricerca di soluzioni al problema vede concentrare l'attenzione sulle possibilita' di riconversione degli addetti che al momento non trova esempi ed elementi concreti di fattibilita', risultando di complessa attuazione anche le iniziative finalizzate alla diversificazione ed integrazione del reddito nell'ambito della stessa filiera pesca. Sono in particolare le possibilita' di riconversione ad attivita' extrasettoriali quelle a risultare di piu' difficile attuazione, in considerazione dell'elevata eta' media degli operatori e del gia' drammatico problema occupazionale di molte delle regioni dipendenti dalla pesca, in particolare nelle Regioni dell'obiettivo 1. In questo quadro le iniziative tese a riconvertire gli operatori verso comparti collaterali al settore ed in grado di valorizzare la vocazione per le attivita' in mare assumono un particolare valore soprattutto quando comportino la possibilita' di attuare delle valide economie di scala e risultino culturalmente proponibili. Tra queste la maricoltura si colloca senza dubbio tra le attivita' piu' facilmente eleggibili. Per rendere la maricoltura una concreta possibilita' di riconversione per gli operatori della pesca, e' tuttavia necessario che venga semplificata la procedura di attuazione delle iniziative, dando una particolare priorita' a quanti, organizzandosi in cooper- ative, presentino domanda per l'ottenimento di contributi per la realizzazione di impianti in mare ed agevolando in generale l'accesso delle cooperative alle pratiche di finanziamento. Lo stesso approccio risulta pienamente applicabile per iniziative volte alla realizzazione di impianti a terra (commercializzazione, lavorazione, trasformazione). In questo senso risulta necessario riservare una quota significativa dei fondi per contributi in conto capitale di almeno il 40% del totale destinato alla realizzazione di progetti di maricoltura e di impianti a terra per cooperative di pesca che intendono riconvertire parte degli addetti o attuare forme di diversificazione ed integrazione del reddito degli operatori attraverso acquacoltura. Particolare priorita' dovra' essere assegnata alle iniziative che colleghino l'impresa di maricoltura a sistemi integrati con zone marine protette e stabilimenti a terra per la produzione di novellame da semina con tecnologie appropriate anche allo sviluppo di programmi di ripopolamento. La integrazione della maricoltura con zone marine protette (barriere artificiali) assume particolare importanza nel rilancio della politica nazionale in materia di tutela degli stocks ed aumento della biomassa pescabile. In questa politica, nella quale si inquadrano anche il fermo biologico e tecnico, si intende infatti diversificare le misure attuabili in materia di gestione delle risorse alieutiche, considerando la riduzione dello sforzo di pesca solo una delle variabili che non potra' essere oggetto di riduzioni illimitate e reiterate nel tempo, in funzione della valenza sociale, economica e culturale del settore. 1.11 Salvaguardia dei livelli occupazionali. Il problema della salvaguardia dei livelli occupazionali, terzo degli obiettivi prima elencati, si pone in modo sempre piu' complesso e, in taluni casi, drammatico. Infatti, a situazioni seppur gravi, ma che rimangono in una normale "eccezionalita'" cadenzata da tempi in qualche modo controllabili, come ad esempio e' il caso posto dalla generalizzata esigenza di riduzione dello sforzo di pesca che produce una continua espulsione degli addetti dall'attivita' direttamente produttiva, se ne associano altre determinate dall'emergenza che richiedono interventi molto piu' rapidi. E' il caso del piano riguardante le reti derivanti che, in un arco di tempo triennale, prevede le modalita' per la riconversione degli oltre 3000 addetti e la razionalizzazione del settore. A tale riguardo si fa rinvio all'apposito Piano per la riconversione e la razionalizzazione della pesca con le spadare, presentato alla Commissione europea il 25 luglio 1996. La dimensione del problema, la particolare fascia sociale che viene colpita dai provvedimenti citati, richiedono sforzi diretti a trovare occupazioni o forme di impresa alternative che, data la specificita' della pesca, non sono agevoli da trovare se non all'interno dello stesso settore, seppure allargato a tutte le sue componenti. Per tali motivi, pur ricordando in questa sede la possibilita' di accesso a programmi di formazione professionale di vario tipo, non puo' che ribadirsi l'impegno a sostenere lo sviluppo di iniziative di maricoltura nella convinzione che tale attivita' puo' rappresentare una seria alternativa occupazionale quanto meno per un'aliquota di coloro che non potranno continuare ad esercitare il proprio lavoro. 2. GLI STRUMENTI DI INTERVENTO 2.1 Analogamente all'impostazione seguita in occasione dei precedenti piani, si ritiene utile confermare ancora una volta la distinzione fra le misure che interessano orizzontalmente l'intero sistema pesca, e che assumono valenza generale, da quelle che, al contrario, sono destinate ad incidere all'interno di specifici segmenti produttivi che compongono il settore pesca ed acquacoltura. 2.2 Quanto agli strumenti di intervento previsti dalla legge 41/82 che assumono valenza generale, si ritiene prevederne il seguente utilizzo: A. Gestione dei contributi a valere sul Fondo Centrale per gli interventi appresso indicati: - Realizzazione di iniziative consortili destinate alla valorizzazione della fascia costiera; - Costruzione ed ammodernamento di impianti destinati alla realizzazione di iniziative di allevamento e trasformazione di prodotto allevato; - Piani di ristrutturazione aziendale; - Costruzione ed ammodernamento di navi da pesca, nell'ambito dei limiti previsti ai paragrafi 2.10 e successivi; - impianti a terra. B. Gestione dei contributi in conto capitale. Tali contributi potranno essere concessi per gli interventi appresso indicati: - Realizzazione di iniziative di allevamento ittico, anche a carattere pilota; - Realizzazione di spacci cooperativi; - Piani di ristrutturazione aziendale; - Programmi di formazione professionale. Tali iniziative sono realizzate dalle associazioni sindacali nazionali del settore al fine di aggiornare e specializzare i lavoratori operanti nel comparto ittico; - iniziative associazionismo di cui al paragrafo 1.22 della Premessa Generale. Le iniziative presentate ai sensi della legge 41/82 non possono beneficiare anche delle agevolazioni previste dai regolamenti comunitari. A tal fine i richiedenti - dopo aver presentato istanza ai sensi della legge 41/82 - sono obbligati a comunicare eventuali richieste presentate per la stessa iniziativa ai sensi della regolamentazione comunitaria. 2.3 Quanto agli strumenti di intervento che pure hanno valenza generale, ma che non sono previsti dalla legge 41/82, si ritiene di prevederne la seguente utilizzazione: C. Realizzazione accordi di programma. L'accordo costituisce uno specifico e innovativo strumento finalizzato a conseguire il rafforzamento del ruolo e della funzione delle associazioni del movimento cooperativo della pesca nel piu' ampio contesto del processo di ristrutturazione e sviluppo dell'economia del settore. Nell'ambito dell'accordo si inseriscono progetti integrati che prevedano iniziative finalizzate: 1. alla difesa ed alla valorizzazione del prodotto conferito attraverso la sua concentrazione e commercializzazione; 2. alla progressiva riduzione dei costi del sistema di intermediazione; 3. all'incremento del valore aggiunto attraverso la qualificazione del prodotto; 4. alla ricerca di nuovi segmenti di mercato del sistema distributivo alimentare; 5. alla definizione di modelli di riferimento per la gestione produttiva di tratti omogenei della fascia costiera; 6. alla razionalizzazione dei costi di gestione delle associazioni nazionali. Stante la specificita' dell'intervento non saranno prese in esame singole iniziative bensi' progetti articolati che dovranno necessariamente far parte di programmi unitari predisposti e realizzati da una o piu' associazioni e gestiti direttamente o da strutture aderenti. I tassi di intervento sono quelli indicati al paragrafo 1.26 della Premessa Generale. D. Ricapitalizzazione delle cooperative di pesca. Alla luce di una analisi dei risultati conseguiti nel corso della prima fase di applicazione della norma sara' valutata l'ipotesi di procedere alla modificazione della disciplina vigente. Tale analisi sara' effettuata entro sei mesi dalla entrata in vigore del Piano. E. Riorganizzazione del credito. In merito alla esigenza di assicurare una piu' efficace ed organica gestione della materia creditizia sara' predisposto un gruppo di lavoro ad hoc avente per obiettivo la razionalizzazione delle diverse componenti del sistema, sia per quel che concerne la gestione della legge 302/89, che per quanto riguarda i diversi consorzi fidi oggi esistenti. Tra le ipotesi di lavoro si valuteranno le diverse soluzioni concernenti la riorganizzazione degli organi di gestione della legge 302/89 e dei consorzi fidi. Il gruppo di lavoro fornira' le conclusioni all'Amministrazione entro la fine del 1997. F. Fermo pesca. Nel triennio di validita' del piano dovra' essere data attuazione alla misura del fermo biologico secondo le indicazioni del Parlamento (legge 107/96). In sede di approvazione della legge 8 agosto 1991, n.267, recante attuazione del terzo piano nazionale della pesca marittima e misure in materia di credito peschereccio, nonche' riconversione delle unita' adibite alla pesca con reti da posta derivante, la IX Commissione (trasporti, poste e telecomunicazioni) della Camera dei deputati ha approvato un ordine del giorno con il quale impegnava il Governo a dare nuovamente attuazione, a partire dal 1992, al fermo biologico, individuando una nuova disciplina che tenga conto degli "orientamenti comunitari in materia di una idonea fissazione dei periodi ai fini dell'incremento della biomassa delle risorse alieutiche" e prevedendo nella legge finanziaria 1992 i necessari accantonamenti. Per il 1992 il fermo e' stato disciplinato con la legge 5 febbraio 1992, n.71; per il 1993, l'attuazione del fermo e' stata prevista con il decreto legge 10 settembre 1993, n.355, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 1993, n.446; per il 1994, con il decreto legge 30 giugno 1994, n.424, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1994, n.504; per il 1995, con il decreto legge 16 gennaio 1996, n.16, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1996, n.107. Il Parlamento, in sede di esame di tale ultimo provvedimento, ha riaffermato l'importanza decisiva di detto strumento programmatorio, stabilendo che il Ministro delle risorse agricole, alimentari e forestali elabori un programma quinquennale di definizione del fermo biologico. Con il decreto legge 6 settembre 1996, n.463 si e' data attuazione alla misura per il 1996. L'urgenza dell'adozione della misura e' stata determinata dal fatto che lo scioglimento delle Camere per la consultazione elettorale ha di fatto impedito la presentazione di un apposito disegno di legge nei tempi previsti. Occorrera' quindi dare attuazione alla misura per gli anni 1997- 2000. Secondo le indicazioni del Parlamento nell'attuazione della misura si eviteranno le sovrapposizioni dei periodi di fermo tra i diversi areali. G. Studi del mercato. Nel periodo di validita' del piano andra' proseguita - per i positivi risultati conseguiti - l'attuazione di intesa con l'Istituto per gli studi sul mercato agricolo, del sistema di rilevazione sugli andamenti congiunturali di mercato e sui consumi in materia di pesca e di acquacoltura. H. Funzionamento del sistema statistico. Analogamente per quanto attiene le statistiche della pesca e dell'acquacoltura andra' previsto ed attuato il potenziamento del sistema al fine di rendere il servizio piu' aderente alle esigenze dell'utenza e sempre piu' rispondente agli standards previsti dalla Commissione europea. I. Polizze assicurative per acquacoltura. In merito all'esigenza di salvaguardare le imprese di acquacoltura da eventuali sempre piu' frequenti danni agli stocks in allevamento causati da avversita' atmosferiche e/o ambientali compresi quelli da inquinamento, si ritiene che le dotazioni del piano possano essere utilizzate per la concessione di contributi (fino alla percentuale massima del 40%) sul pagamento del premio delle polizze di assicurazione stipulate dalle imprese o dalle cooperative per garantire i suddetti stocks. Saranno considerate prioritarie quelle iniziative promosse dalle associazioni di categoria e della cooperazione che, attraverso convenzioni con societa' assicuratrici, definiranno le procedure di valutazione del rischio garantendo una indispensabile unitarieta' di indirizzo e coordinamento anche ai fini di una reale quantificazione e controllo degli stocks oggetto di assicurazione. L. Sicurezza sul lavoro. Al fine di dare attuazione alle previsioni dei decreti legislativi 626/94 e 242/96 e' costituito un apposito gruppo di lavoro, formato da rappresentanti dell'Amministrazione, delle Organizzazioni sindacali e professionali. Il gruppo concludera' i propri lavori entro quattro mesi dall'entrata in vigore del Piano indicando priorita' e strumenti di intervento, avuto riguardo alle iniziative adottate dagli altri competenti Ministeri. Gli strumenti riguarderanno da un lato l'adeguamento delle imbarcazioni da pesca alla normativa in esame (cui potrebbe essere data priorita'), dall'altro l'individuazione della specifica figura del delegato e del rappresentante alla sicurezza. 2.4 Gli strumenti di intervento specifici, destinati ad operare nell'ambito di ciascuno dei settori operativi, richiedono una attenzione particolare anche alla luce del contributo da essi apportati alla ricerca ed introduzione di nuovi modelli organizzativi e di sviluppo. Infatti, le difficolta' di gestione finora sperimentate in alcuni casi, come pure lo stato di sofferenza in cui versano alcune marinerie italiane, il ruolo ancora incerto di alcuni livelli istituzionali, impongono la individuazione di misure praticabili che non si risolvano, come pure potrebbe accadere in alcuni casi, nell'introduzione di alternative traumatiche. Come gia' enunciato nel corso del precedente piano, si tratta di elaborare una strategia articolata che se da un lato deve consentire la riduzione della pressione di pesca e la salvaguardia dei livelli di reddito per gli operatori, dall'altro deve contribuire all'aumento della produzione ittica complessiva. In tal senso, si ritiene necessario contribuire alla creazione di un diverso modello di sviluppo del settore mediante la introduzione di talune modifiche, sia di carattere normativo che organizzativo. 2.5 Modifica delle norme riguardanti l'abilitazione alla pesca. Una prima innovazione, che dovra' formare oggetto di studio e valutazione al fine dell'adozione delle eventuali misure di carattere gestionale, va individuata nella esigenza di ripartizione delle aree di pesca in funzione della combinazione spazio/dimensionale che caratterizza l'attivita' del battello. In altri termini si tratta di studiare l'eventuale modifica delle disposizioni in materia di abilitazione alla pesca. Tale ipotesi di studio, dunque, riguarda la creazione di una ripartizione delle aree di pesca, con relativa assegnazione di quelle aree entro cui sara' possibile svolgere l'attivita'. Oggetto di studio sara' quindi, come evidenziato nella premessa generale (cfr. par. 1.3 e 1.16), il trasferimento dei motopesca da un'area di pesca ad un'altra ed il regime di iscrizione nei registri amministrativi. 2.6 I Distretti di Pesca. Tale strumento - anche esso oggetto di studio, ai fini dell'adozione delle eventuali misure gestionali - consentirebbe una gestione piu' razionale della fascia costiera ai fini di pesca. In queste aree potrebbero essere creati consorzi di gestione cui aderiscono le imprese di pesca iscritte presso gli uffici marittimi competenti per quell'area. A tali consorzi, sulla base di programmi di utilizzazione dell'area, di sfruttamento delle risorse e di gestione interna dello stesso ente consortile, potranno essere assegnati compiti gestionali in modo che gli aderenti all'iniziativa potranno essere essi stessi responsabili della ricostituzione degli stocks, nonche' della creazione di nuove opportunita' occupazionali. 2.7 E' evidente che la ratio delle due modifiche risiede nell'esigenza di: - esistenza di strutture biologiche, economiche e sociali diverse per ciascun aggregato geografico; - necessita' di individuare strategie di gestione incisive la cui capacita' di risposta e' direttamente proporzionale alla omogeneita' e dimensione dell'area; - necessita' di introdurre misure tecniche di conservazione delle risorse che non risultino penalizzati in alcuni casi e vantaggiose in altre; - esigenza di sfruttare le sinergie poste dalla contestuale adozione di misure a carattere strutturale e conservazionista. 2.8 Congelamento della flotta in entrata. Una misura, che trova fondamento proprio nella possibilita' offerte dalla creazione di aree di gestione omogenee, riguarda la necessita' di studiare l'adozione, in determinate aree, misure di "congelamento" della flotta in entrata. Tale misura risponde ad esigenze sia di tutela dei risultati acquisiti a seguito dell'attivita' di gestione e potrebbe essere indispensabile nelle ipotesi in cui, alla luce degli andamenti degli indicatori bio-economici, vada autorizzato solo a certe condizioni ovvero impedito il trasferimento di battelli da aree a maggior redditivita' verso aree che al contrario non registrano gli stessi benefici economici a seguito delle misure di intervento adottate nel corso degli ultimi anni (si veda, al riguardo, il precedente punto 2.5). 2.9 Adeguamento della flotta. Nell'ambito dell'azione di regolamentazione dello sforzo di pesca ed in riferimento alla riduzione della capacita' di pesca, sara' ulteriormente confermata la strategia adottata nelle precedenti edizioni del Piano. Nel perseguimento degli obiettivi del POP ed allo scopo di razionalizzare la evoluzione della flotta (evitando la creazione di nuove capacita' od il loro ritiro in modo incoerente con lo stato del naviglio e delle risorse alieutiche nei diversi compartimenti) si ritiene altresi' necessario considerare gli effetti della politica strutturale in maniera dinamica, con particolare riferimento alla attribuzione dell'ordine di priorita' alle varie iniziative collegate alla evoluzione della flotta. In particolare sara' costituito entro il 1997 un gruppo di lavoro ad hoc con il compito di dare all'Amministrazione indicazioni utili alla assegnazione delle priorita' sulla base dei dati disponibili relativi alla situazione della flotta, allo stato delle risorse alieutiche nell'area, alla redditivita' delle imprese presenti nel medesimo areale e ad altri indicatori economici relativi al mercato. Cio' consentira' di superare il criterio della priorita' in funzione del solo ordine cronologico di presentazione delle domande, ormai inadeguato al perseguimento di un adeguamento della flotta che, oltre al raggiungimento di un obiettivo globale nazionale di riduzione delle capacita' non puo' trascurare la ricerca di un equilibrio tra distribuzione delle capacita' nei diversi areali, stato delle risorse alieutiche ed indicatori economici nei diversi compartimenti e per i diversi segmenti della flotta. Il gruppo di lavoro sara' costituito da rappresentanti delle associazioni di categoria, dai coordinatori dei gruppi di valutazione delle risorse e da ricercatori competenti in materia socioeconomica. 2.10 In particolare, quanto alle nuove costruzioni realizzate a seguito di demolizioni di altri battelli, saranno accolte le richieste di trasferimento delle licenze che abbiano le seguenti percentuali di ritiro: - strascico, traino pelagico, e mestieri assimilati 120% - pesca del tonno (ambito mediterraneo) 120% - tutti gli altri mestieri 100% Le suddette percentuali potranno essere adattate con decreto del Ministro, su parere del Comitato finanziamenti, al fine di consentire il raggiungimento degli obiettivi del POP IV. Particolare priorita' potra' essere assegnata - ove ne ricorrano i presupposti rispetto al raggiungimento degli obiettivi del POP - alle iniziative realizzate a seguito di demolizione di piu' battelli di piccolo strascico (accorpamenti), che globalmente raggiungano le percentuali di ritiro sopra indicate. Per le iniziative riguardanti nuove costruzioni, per le quali il richiedente offre in ritiro imbarcazioni di cui sia proprietario da meno di tre anni, le disponibilita' del fondo centrale relative all'iniziativa in questione sono utilizzabili fino al limite del 10%. Inoltre, non saranno ammesse a contributo a valere sul fondo centrale, ne' per esse saranno rilasciate licenze di pesca, le iniziative di nuove costruzioni o ammodernamento di battelli aventi potenza massima continuativa ed effettiva superiore alla potenza del motore precedentemente installato sull'imbarcazione offerta in demolizione o su quelle oggetto di ammodernamento e con motore tarato sin dalla fase di costruzione. Per quanto riguarda la flotta oceanica si fa riferimento a quanto indicato al paragrafo relativo. 2.11 Le richieste di ammodernamento delle imbarcazioni abilitate al sistema operante con draga idraulica sono consentite al solo scopo di adeguare le unita' in questione alla normativa tipo esistente in materia. 2.12 Le richieste di ammodernamento saranno sostenute con mutui agevolati, purche' le navi da ammodernare non risultino avere un'eta' inferiore ai 10 anni. Sono consentite iniziative in deroga ai suddetti limiti nell'ipotesi in cui si tratti: a) di adeguamento delle apparecchiature tecnologiche (meccaniche ed elettroniche) per le navi di eta' compresa tra 5 e 10 anni; b) di adeguamento strutturale finalizzato alla sicurezza del lavoro e del miglioramento delle condizioni di igiene a bordo per le navi di eta' superiore a 30 anni. In tale caso l'iniziativa e' ammessa solo in presenza di certificazione RINA che attesti la validita' dell'iniziativa. 2.13 Coerentemente con l'impostazione complessiva data dal Piano alle ragioni della salvaguardia delle risorse, nell'ambito delle richieste di ritiro definitivo di cui al Reg. 3699/93, sara' adeguata la normativa al fine di dare priorita' nell'ordine a: - navi abilitate a mestieri in sofferenza da determinarsi da parte del Comitato di gestione ex articolo 3 legge 41/82; - navi adibite alla pesca a strascico di tonnellaggio inferiore alle 10 TSL, - navi adibite alla pesca a strascico e volante di tonnellaggio inferiore alle 25 TSL, - navi di eta' superiore ai 30 anni. Pur nella consapevolezza che tale misura rientra fra quelle previste dalla normativa comunitaria va evidenziato, in linea generale, la condivisione da parte nazionale dell'obiettivo di riduzione della capacita' di pesca. Allo stesso tempo con tale scelta si intende riaffermare la titolarita' della amministrazione nazionale, nell'ambito del principio di sussidiarieta', ad individuare i segmenti della flotta che piu' di altri richiedono un intervento di riduzione a salvaguardia della ricostituzione degli stocks ittici. Tale scelta, infatti, non puo' essere demandata ad astratte considerazioni, peraltro non giustificate da una adeguata base scientifica e di conoscenza della stessa realta' operativa. 2.14 Le misure tecniche di gestione. In aggiunta alle misure di intervento ora evidenziate si ritiene necessario procedere alla introduzione di misure tecniche di gestione, adeguate alle caratteristiche della struttura biologica delle risorse che insistono nel Mediterraneo. In particolare saranno introdotte limitazioni alla pesca delle specie demersali nelle aree e nei periodi di concentrazione delle forme giovanili sulla base dei risultati forniti dalla ricerca scientifica. E', comunque, possibile procedere alla chiusura totale dell'area per periodi di tempo stabiliti su parere del Comitato per la ricerca scientifica e tecnologica applicata alla pesca e della Commissione Consultiva Centrale della pesca. 2.15 Le pesche speciali. Per quanto concerne la gestione delle pesche speciali a valenza esclusivamente locale, l'amministrazione centrale intende confermare la disponibilita' a favorire l'azione di decentramento gia' avviare con il quarto Piano triennale. Tuttavia, in considerazione degli effetti biologici, economici, sociali ed ambientali che tali pesche comportano, l'amministrazione centrale provvedera' alla redazione di una norma quadro in grado di agevolare il momento decisionale periferico ed impedire la introduzione di eventuali distorsioni nel sistema pesca nazionale. In tale ambito sara' valutato il regime delle deroghe all'articolo 111 del regolamento della pesca marittima, in materia di pesca a strascico entro le tre miglia dalla costa e operante in acque profonde meno di 50 metri. 2.16 La pesca oceanica. La flotta oceanica italiana rappresenta, complessivamente, circa il 5% della capacita' peschereccia nazionale espressa in termini di strutture (TSL). L'attuale consistenza consegue alle profonde trasformazioni quantitative e qualitative realizzatesi nel settore a partire dalla fine degli anni '80. Tali trasformazioni hanno privilegiato, almeno inizialmente, il riorientamento verso navi da pesca di dimensioni unitarie piu' contenute, dotate di autonomia adeguata a minimizzare i costi logistici attrezzate per pescare e conservare un prodotto di elevati contenuti qualitativi e, conseguentemente, di buon valore commerciale. Il successo dell'attivita' politico-amministrativa volta a rafforzare la presenza della flotta italiana nel quadro degli accordi di pesca negoziati dalla Commissione europea, ha poi ulteriormente consolidato l'esigenza di contribuire alla ricostruzione di un segmento relativamente al quale non si manifestano momenti di fragilita' legati alle risorse o al mercato. In epoca piu' recente l'evoluzione favorevole di una serie di fattori decisivi quali la riuscita integrazione dell'armamento italiano in aree di recente esperienza (Atlantico Sud-Occidentale, Indiano Sud Occidentale), nonche' l'effettiva esistenza di ampi spazi di mercato interno ed estero per i prodotti della pesca di specie massive, hanno determinato l'esigenza di associare alla flotta dedita ad un'attivita' piu' "regionale" navi che, per dimensioni e capacita' di trasformazione a bordo in prodotti finiti e semilavorati, risultano adatte a campagne di lunga distanza e durata. Altrettanta opportunita' e' emersa, soprattutto in termini di sinergia con l'industria conserviera nazionale, per l'espressione di nuove capacita' di pesca adeguate alla cattura di tonno tropicale. Il programma proposto all'Amministrazione sulle linee evolutive della flotta oceanica riflette complessivamente l'evoluzione suesposta che - in vigenza del IV Piano triennale - e' stata condivisa attraverso l'esenzione dall'obbligo del ritiro ai fini di cui all'art. 11, L. 41/82. Nel periodo di attuazione del V Piano, mentre perdureranno le azioni avviate nel Piano precedente anche in attuazione del D.M. 26/7/1995 sulla disciplina del rilascio delle licenze di pesca (art. 25), gli obiettivi saranno perseguiti attraverso il meccanismo previsto al precedente punto 2.10. In sede del POP 1997-2002 cio' si traduce nella sub-segmentazione della flotta oceanica nazionale nei sistemi "strascico" e "polivalente - circuizione tropicale". I presenti orientamenti tuttavia potranno essere modificati con decreto del Ministro, su parere del Comitato di gestione e del Comitato finanziamenti, all'esito dell'approvazione del POP della flotta italiana 1997-1999. 2.17 Le strutture a terra. Il comparto industriale delle conserve ittiche attraversa, come si e' avuto modo di evidenziare, un periodo di riflessione dipendente da un lato dalla crescente concorrenzialita' delle produzioni importate, dall'altro dalle turbative monetarie che hanno interessato il mercato dei cambi. Quest'ultimo aspetto ha, ovviamente, indotto le aziende di conservazione a posticipare le decisioni di acquisto non avendo la possibilita' di scaricare sui prezzi gli incrementi di costo dovuti all'acquisto della materia prima. Le difficolta' riscontrate, che rappresentano una combinazione di aspetti congiunturali e strutturali, non possono trovare sollievo nelle iniziative, negli strumenti e nelle risorse finanziarie rese disponibili dal Piano triennale. Di conseguenza, anche in occasione di questa edizione del Piano si ritiene di favorire quelle iniziative predisposte dalle associazioni di categoria che meglio di altre consentono di rafforzare il legame fra lo sfruttamento delle risorse locali e l'industria di trasformazione. In tal senso, saranno agevolate le iniziative destinate a sviluppare una maggiore integrazione fra l'attivita' produttiva in mare e quella di conservazione quanto alla creazione di strutture distributive attrezzate. Saranno ammesse, nell'ambito delle disponibilita' del fondo centrale per il credito peschereccio, le iniziative comportanti investimenti fino a 2.000 milioni riguardanti, in via prioritaria, l'adeguamento alla normativa sanitaria, ed in subordine la conservazione e la distribuzione dei prodotti ittici. 2.18 Azioni di comunicazione. Circa gli obiettivi e gli strumenti di intervento si fa rinvio a quanto esposto al titolo secondo della parte seconda. 2.19 Il controllo sulla utilizzazione dei fondi. Allo scopo di agevolare la attivita' di controllo e rendicontazione delle iniziative realizzate dalle Associazioni di categoria, gli organismi beneficiari prevederanno, con spese a loro carico, l'istituzione di Comitati di controllo, dei quali sono chiamati a far parte anche dipendenti della amministrazione, cui spettera' un trattamento economico, fissato con i criteri di cui all'articolo 2222 del codice civile. 2.20 La pesca sportiva. Nell'ambito del periodo di validita' del Piano, vanno adottate, tra le altre, le seguenti misure: a) regolamentazione della licenza di pesca sportiva ovvero di altro documento equivalente realizzando il massimo della snellezza procedurale e del decentramento amministrativo; b) previsione dei giorni di cui e' consentito l'esercizio della pesca sportiva; c) revisione degli attrezzi consentiti, con conseguente modifica della relativa norma del regolamento per la pesca marittima; d) definizione dello status del pescatore sportivo anche al fine di prevenire situazioni d'illiceita' da parte di soggetti che nulla hanno a che fare con una sana pratica sportiva (a tale riguardo si prevede di effettuare, di intesa con i suddetti soggetti rappresentativi della pesca sportiva, un'indagine censitaria sulla consistenza del fenomeno). 2.21 Iniziative a sostegno dell'attivita' ittica. Priorita' in tale ambito va riservata al programma di cui al paragrafo 1.22 della Premessa Generale. Tra le iniziative meritevoli di incentivazione vanno comprese, in via subordinata, quelle intraprese dalle aziende speciali delle Camere di Commercio specificamente costituite per il sostegno dell'attivita' ittica, nonche' dalle Fiere specializzate nel comparto ittico. 2.22 Missioni. E' richiesta all'Amministrazione una presenza sempre piu' incisiva in tutte le sedi internazionali in cui si elaborano le strategie e si pianificano gli interventi sia di livello comunitario che di rilievo extracomunitario (FAO, ONU, etc.). Appare quindi opportuno prevedere che una parte delle dotazioni del Piano sia destinata a coprire le spese di missione all'estero che non siano prese a carico da altre Amministrazioni. Analogamente le necessita' di verifica e controllo delle iniziative strutturali ai sensi della legge 41/82 o dei regolamenti comunitari impongono un aumento della dotazione finanziaria per le missioni in campo nazionale. 2.23 Controllo attivita' pesca. Per la piu' incisiva azione di vigilanza e controllo delle attivita' di pesca, come richiesto dalle pertinenti norme nazionali e comunitarie, e' necessario predisporre, d'intesa con il Comando generale delle Capitanerie di porto, un piano di vigilanza pesca. Al riguardo e' necessario integrare le dotazioni finanziarie della Guardia Costiera per le funzioni di vigilanza. 2.24 I rapporti internazionali Lo sviluppo della pesca e dell'acquacoltura ha comportato un forte incremento della partecipazione italiana nelle sedi internazionali competenti. In tal senso, sia con l'obiettivo di tutelare i propri interessi sia per consolidare un processo di integrazione internazionale di cui la stessa amministrazione nazionale e' parte, e' richiesta una sempre piu' incisiva presenza cui occorre far fronte con risorse finanziarie addizionali ed integrative rispetto a quelle rese disponibili da altre amministrazioni dello Stato. Il soddisfacimento di tali esigenze implica, di conseguenza, che una parte della dotazione del Piano sia destinata a coprire le relative spese di missione che non siano prese a carico di altri enti o amministrazioni. 2.25 Acquacoltura. L'analisi settoriale acquacoltura italiana porta ad individuare i seguenti strumenti di intervento attivati dal Piano: - l'adeguamento strutturale degli impianti di produzione, il miglioramento della produttivita' e della redditivita' di esercizio, favorendo l'ingresso nel comparto di tutte le piu' moderne tecnologie e metodiche di conduzione, tenuto conto di quelle che sono le aree gia' vocate all'acquacoltura. Dovranno altresi' essere finanziati quegli interventi volti all'adeguamento degli impianti alle nuove normative sulla sicurezza dei luoghi di lavoro; - il corretto utilizzo della risorsa ambiente e l'incremento della compatibilita' ambientale degli impianti di acquacoltura esistenti, attraverso iniziative volte a sostenere le imprese del comparto nei relativi costi. Inoltre dovranno essere previste iniziative per incentivare l'uso di vaccini negli impianti di acquacoltura, prev- edendo contributi per campagne di vaccinazione allo scopo di ridurre l'incidenza delle ittiopatologie negli allevamenti nazionali. Tali iniziative devono essere viste, non solo sotto il profilo ittiopatologico, ma soprattutto devono essere considerate al fine di ridurre l'impatto ambientale, causato dall'utilizzo del chemioantibiotici. Nel breve termine risulta poi indispensabile sopportare tutte quelle iniziative volte a mettere a disposizione del comparto nuovi presidi e nuovi farmaci, piu' efficaci di quelli attualmente in uso; - l'incremento dei livelli di competitivita' delle produzioni ittiche nazionali, che stanno subendo sempre piu' la concorrenza estera sia sul fronte delle produzioni di acqua dolce che di quelle in acque salmastre e marine, attraverso la promozione di tutte quelle azioni volte alla certificazione della qualita' per migliorare ulteriormente gli standard qualitativi delle produzioni dell'acquacoltura nazionale. Infatti i livelli quantitativi delle produzioni dell'acquacoltura nazionale, registrati e consolidati negli ultimi anni, impongono una piu' incisiva valorizzazione dei prodotti ittici di allevamento, attraverso l'uso di idonei strumenti e fra questi si ritiene particolarmente importante anche in un'ottica di crescita degli operatori del comparto - quello della "certificazione della qualita'"; - l'incremento delle ricerche applicate alle tecniche di allevamento, di salvaguardia ittiopatologica e di alimentazione, e per supportare modelli di sviluppo sostenibili sul piano ecologico ed economico; - l'attivazione di iniziative volte a salvaguardare l'attivita' di acquacoltura, intesa come "presidio ambientale" delle zone umide e lagunari del territorio nazionale; - gli interventi in grado di modulare il supporto finanziario pubblico in funzione dell'obiettivo che si intende realizzare, evitando che, con contributi in conto capitale, si favorisca l'ingresso nel settore di operatori non preparati, incapaci di realizzare e soprattutto gestire imprese di allevamento aventi una struttura non competitiva del costo di produzione. La limitazione degli interventi in conto capitale dovra' essere compensata con una maggiore diffusione di finanziamenti in conto interessi a tasso agevolato, ottenuti attraverso un sensibile abbattimento del tasso di riferimento delle operazioni a medio. I contributi in conto capitale dovranno essere previsti unicamente per investimenti o iniziative finalizzate alla riduzione dell'impatto ambientale e all'adeguamento degli impianti alle normative igieniche sanitarie e alla sicurezza sui luoghi di lavoro; - la stipula di polizze assicurative per gli stocks in allevamento, allo scopo di salvaguardare le imprese del settore da eventuali, sempre piu' frequenti danni causati da avversita' atmosferiche e ambientali; - l'aggiornamento tecnologico e l'adeguamento alle vigenti normative sanitarie comunitarie e nazionali (Direttiva CEE 91/493 e Decreto Legislativo 30/12/92 n. 531) degli impianti di trasformazione, lavorazione e commercializzazione di prodotti dell'acquacoltura privilegiando l'integrazione "allevamento-impianto di trasformazione", favorendo le produzioni dell'acquacoltura piu' idonee anche sotto il profilo economico, a subire processi di lavorazione e trasformazione; - il crescente coinvolgimento delle cooperative della pesca nella gestione della fascia costiera attraverso la maricoltura, fatto che richiede procedure snelle per la concessione delle aree marine con crescenti deleghe e responsabilita' per tali imprese, con un attivo processo di decentramento che veda operatori ed Amministrazioni locali sempre piu' impegnati nella gestione corretta delle proprie risorse ambientali. 2.26 Piccola pesca Entro il 31.12.1997 il Sottocomitato per la piccola pesca, costituito nell'ambito del Comitato di gestione ex articolo 3 della legge 41/82, elaborera' un programma settoriale per la piccola pesca, che tenga conto degli indicatori economici, della consistenza sociale del comparto e della incidenza del comparto stesso nelle zone dipendenti dalla pesca. Il Piano conterra' indicazioni di carattere gestionale anche con riferimento alle risorse finanziarie che potrebbero essere impiegate per l'attuazione del programma stesso. 3. LA RICERCA SCIENTIFICA APPLICATA ALLA PESCA ED ALL'ACQUACOLTURA La produzione ittica ha due origini: da cattura e da allevamento. Queste due attivita', che concorrono unitamente ad approvvigionare prodotti alimentari di origine acquatica domandano, per il loro sviluppo e per il loro consolidamento, un forte supporto della ricerca scientifica. Nel caso della pesca si tratta di attuare con continuita' programmi finalizzati alla valutazione delle risorse biologiche (processo questo che richiede, oltre ad una continua messa a punto metodologica al fine di ottenere risultati quanto piu' affidabili ai fini gestionali, per alcune risorse un processo di standardizzazione delle metodiche utilizzate). Nel caso dell'acquacoltura si tratta di affrontare molteplici problemi che vanno dalla demotivazione delle specie agli aspetti zootecnici e veterinari per quei gruppi di organismi acquatici per i quali le metodiche produttive sono messe a punto. Nel corso dell'attuazione del quarto Piano triennale il grado di sensibilizzazione al settore indotto dal piano precedente ha comportato un'ulteriore crescita del numero di ricercatori impegnati in tematiche relative alla produzione ittica. L'aumento del numero dei ricercatori corrisponde naturalmente ad un aumento delle strutture di ricerca pubbliche e private coinvolte. A questo processo di crescita ha fatto corrispondenza anche una migliore qualita' dei relativi risultati, di cui l'aumentata presenza sulla letteratura internazionale risulta la prova tangibile. Un aspetto che domanda particolare attenzione e' quello relativo al consolidamento delle attivita' di ricerca svolte dalle cooper- ative. Unitamente a quella accademica e degli enti strumentali dello Stato la ricerca cooperativa si e' affermata per qualita', assumendo un crescente ruolo di trasferimento verso il mondo della produzione. Naturalmente nonostante i risultati conseguiti la ricerca nazionale del settore ha bisogno di maggiore coordinamento che superi il buon livello gia' raggiunto con il quarto Piano triennale. Cio' risulta necessario al fine di evitare duplicazioni nell'ambito del Piano stesso e soprattutto sulla base di contributi concessi da altre Amministrazioni nazionali, regionali ed internazionali, oltre che da enti territoriali autonomi. La mancanza di coordinamento rischia di vanificare gli sforzi, aumentando i costi. La ricerca in questo settore, infetti, e' storicamente frammentata in piu' siti di competenza (universita', CNR, ICRAM, ENEA, cooper- ative di ricerca, consorzi di ricerca ed altri). Questa struttura puo' anche offrire vantaggi per quanto riguarda la distribuzione sul territorio, lungo gli ottomila chilometri di costa. L'azione del pi- ano, la piu' incidente per mezzi profusi e per coerenza con le problematiche gestionali e produttive, se fortemente coordinata, realizza di fatto una rete funzionale. Cio' anche in direzione di servire le specificita' locali, che appaiono diversificate non solo sul piano ambientale, ma anche negli aspetti sociali ed economici. D'altra parte e' necessario superare la mancanza di azione coordinata tra gli stessi enti finanziatori, molti dei quali, nel quadro di programmi generali di ricerca, attivano soltanto alcune linee che riguardano pesca ed acquacoltura. La ricerca applicata nell'ambito del piano triennale - come gia' sopra rilevato - rappresenta l'impegno pubblico maggiore in pesca ed acquacoltura. Nel quarto piano triennale oltre 250 programmi sono stati attivati, mobilitando pressoche' tutte le competenze disponibili sul territorio nazionale, dal nord al sud, alle isole. Cio' stimolando l'interesse di molti gruppi di ricerca verso il settore. Il quarto piano triennale ha confermato le attivita' nella valutazione delle risorse, nell'ecologia applicata alla pesca. Durante questo periodo si e' aperto un dibattito costruttivo sulle metodiche di valutazione delle risorse e - grazie all'azione di coordinamento - si e' giunti a definire approcci comuni. Cio' e' risultato necessario anche al fine di contribuire ad un'armonizzazione verso la politica comune della pesca che l'Amministrazione nazionale si trova ad applicare. Tale processo sara' continuato ed ottimizzato nell'ambito del presente piano al fine di rendere sempre piu' competitiva la nostra posizione in materia anche in riferimento al ruolo che l'Italia deve svolgere nell'ambito del Mediterraneo. La ricerca in acquacoltura e' stata fortemente diversificata con un accentuato sviluppo dei progetti sulle nuove specie, di quelle zootecniche e veterinarie. E' stato costruito un sistema di ricerca coerente con i bisogni della nostra acquacoltura che attualmente risulta essere la piu' diversificata nel contesto europeo. Questo punto di vantaggio e' stato considerato come elemento vincente della programmazione settoriale. In tal senso si e' inteso realizzare un'azione di ricerca diffusa fortemente coordinata. Nell'ambito di validita' del quinto piano si dovra' attuare definitivamente la rete di ricerca italiana in acquacoltura, valorizzando la capacita' delle unita' operative a collaborare con spirito di divisione del lavoro e di rispetto delle competenze. Tale razionalizzazione appare la piu' concreta perche' basata sulla motivazione dei gruppi di ricerca ad operare in siffatta maniera piuttosto che articolata su organigrammi calati dall'alto, non rispondenti per cio' stesso alla realta' del sistema ricerca nazionale nel settore. L'incisivita' dell'azione sopra descritta non indica comunque un livello ancora soddisfacente di ricaduta dei risultati della ricerca stessa. Tale obiettivo, solo in parte raggiunto, sara' perseguito attraverso un crescente coinvolgimento delle associazioni di categoria ed in particolare delle cooperative di ricerca in ragione dello specifico ruolo sopra menzionato. Per quanto riguarda le ricerche economiche sono da considerare prioritarie quelle dirette ad elaborare modelli di sviluppo sostenibile anche con riferimento alle interazioni esistenti tra pesca e ambiente, acquacoltura e ambiente, sviluppo dei processi economici nell'ambito della fascia costiera, nonche' quelle relative alla valutazione dell'impatto delle politiche di settore. Gli obiettivi del quinto piano troveranno nella ricerca un forte catalizzatore. Essi sono chiaramente delineati e debbono essere perseguiti con razionalita' e su base conoscitiva certa; di qui la rilevante percentuale di risorse dedicata alla ricerca stessa. Valutare correttamente le risorse per poterle gestire, nel rispetto delle esigenze di una concreta politica di conservazione, compatibile e non in perpetuo conflitto con le attivita' economiche in un momento in cui l'occupazione rappresenta uno dei principali obiettivi del Governo. Ridurre i costi di produzione in acquacoltura, aumentando la gamma di specie e consolidando la spinta che il terzo piano ha dato all'acquacoltura in mare aperto, invertendone la storica tendenza a sviluppare le attivita' a terra (con riferimento - come e' chiaro - alle produzioni ittiche), identificare misure gestionali attuali per la risorsa di vongole filippine, che, dopo la fase di colonizzazione nord-adriatica (dal delta del Po alla laguna di Venezia) contribuisce annualmente con oltre 50.000 tonnellate. La ricerca in acquacoltura dovra' inoltre contribuire allo sviluppo di piccole e medie aziende, basate su un modello che riduca la circolazione incontrollata di uova, larve e giovanili, considerati i crescenti rischi di diffusione di patologie e di perdita di identita' genetica delle popolazioni autoctone. Anche nel caso dell'acquacoltura la relazione di questa attivita' con l'ambiente deve essere armonizzata identificando la capacita' portante degli ecosistemi in cui tale attivita' va ad incidere. Particolare attenzione va riservata poi alla ricerca nel campo della qualita' alimentare e conservabilita' dei prodotti ittici con particolare riguardo alle attivita' dell'Istituto nazionale della nutrizione. L'evidenziarsi, inoltre, nel periodo di validita' del precedente piano, di taluni fenomeni, che hanno causato anche allarme sociale (si pensi ad esempio al rinvenimento di mercurio nei prodotti ittici o all'allarme "colera" del 1994) ha posto in risalto la necessita' di un approfondimento della ricerca anche sul reale rapporto tra contaminanti e salute dell'uomo. Risponde pronte ed efficaci, anche al fine di informare ed orientare al meglio la pubblica opinione, sono state fornite grazie al supporto dell'Istituto dinanzi citato. Pertanto nel periodo di validita' del Piano e' auspicabile che l'Istituto, nell'ambito delle funzioni-obiettivo, relazioni ancor piu' la propria attivita' alla politica settoriale in pesca ed acquacoltura, istituendo una apposita unita' operative di rilievo dirigenziale. A tale riguardo si prevede di destinare, a valere sui fondi del Piano, l'importo di 500 miliardi annui all'Istituto. La ricerca economica e sociale, nonche' quella biologica devono operare in stretta collaborazione con la messa a punto e la valida azione di modelli bio-economici appropriati alla possibilita' di prevedere scenari di uso economicamente ed ecologicamente sostenibile delle risorse, cui pesca ed acquacoltura si riferiscono nell'ambito della fascia costiera. Lo stesso processo di riconversione di attivita' di pesca, soggette a riduzione dello sforzo, necessita di un'appropriata ricerca sociale e di calibrati strumenti di intervento. Lo sviluppo della maricoltura, gestita dai pescatori, potrebbe rappresentare un ambizioso obiettivo cui la ricerca dovrebbe contribuire, non esistendo un quadro di riferimento empirico, eccezione fatta per il caso della mitilicoltura. La ricerca deve produrre tecnologie appropriate, programmi di trasferimento; deve sviluppare azioni sinergiche con i programmi di formazione; supportare, con appropriati strumenti conoscitivi, il processo decisionale. La ricerca in materia ambientale gia' evocata dovra' essere spinta oltre quanto fatto nell'ambito di validita' dei piani precedenti. E' tempo di dotare il settore di dati piu' affidabili per cio' che concerne gli impianti dell'inquinamento sulle risorse biologiche del mare. Questo al fine di evitare che il settore della pesca sia considerato responsabile unico del depauperamento biologico dei mari. Il tutto nel quadro di azione obiettiva e non di difesa settoriale che il Governo deve attuare nel rispetto dei lavoratori del mare, delle comunita' biologiche e delle prossime generazioni. Nell'attuazione del V Piano saranno prioritariamente considerati quei programmi di ricerca coordinati o che favoriscano l'identificazione di tematiche comuni per ricercatori e produttori nell'interesse collettivo al fine di fornire crescita economica e salvaguardare le risorse biologiche e degli ecosistemi marini in generale. Le ricerche sono finanziate se ascrivibile alle seguenti aree tematiche: A. Risorse biologiche A1 Valutazione delle risorse - prosecuzione ricerche A2 Valutazione delle risorse - metodologie innovative A3 Ecologia applicata alla pesca B. Tecnologia B1 Tecnologia della pesca B2 Tecnologia acquacoltura C. Acquacoltura C1 Riproduzione artificiale e genetica applicata C2 Patologia C3 Definizione di diete artificiali C4 Ecologia applicata C5 Impianti sperimentali C6 Studi sul ripopolamento attivo D. Igiene e qualita' dei prodotti ittici D1 Igiene D2 Proprieta' alimentari dei prodotti ittici e prodotti innovativi E. Economia e sociologia della pesca e acquacoltura E1 Rilevazione sistematica degli indicatori economici E2 Modelli di sviluppo sostenibile E3 Sociologia della pesca e acquacoltura F. Diritto della pesca e acquacoltura G. Attivita' funzionale alla ricerca in pesca ed acquacoltura G1 Divulgazione e pubblicazione dei risultati delle ricerche G2 Organizzazione da parte del Ministero di seminari e convegni sulla pesca e l'acquacoltura G3 Contributi per l'organizzazione di seminari e convegni sulle tematiche e sui risultati delle ricerche G4 Spese per la realizzazione di scambi culturali e scientifici nel campo della pesca e dell'acquacoltura G5 Partecipazione dell'Italia alle attivita' relative agli organi regionali della FAO in pesca ed acquacoltura Le risorse assegnate alla ricerca saranno ripartite tra le aree tematiche nella misura percentuale appresso indicata, fermo restando la possibilita' di compensazioni in sede di approvazione del programma d'intervento: A. Risorse biologiche: 39% B. Tecnologia: 5% C. Acquacoltura: 39% D. Igiene e qualita' dei prodotti ittici: 4% E. Economia e sociologia della pesca e acquacoltura: 5% F. Diritto della pesca e acquacoltura: 2% G. Attivita' funzionale alla ricerca in pesca ed aquacoltura: 6% PARTE TERZA - IL BILANCIO PREVENTIVO Il fabbisogno finanziario necessario alla realizzazione del presente Piano e' quantificato in lire 270.000 milioni, in ragione di 90.000 milioni per ciascuno degli anni 1997, 1998 e 1999. Alla copertura del fabbisogno in questione si provvedera' mediante l'utilizzazione delle risorse all'uopo destinate dalla legge finanziaria 1997: di essi 90.000 milioni relativi all'anno 1997 sono iscritti nella tabella C allegata al disegno di legge finanziaria 1997 (A.C. 2371). Per le due restanti annualita' la citata tabella C prevede 45.000 milioni per ciascuno degli anni 1998 e 1999; per la copertura dell'onere derivante dalla copertura del restante fabbisogno si provvedera' con apposito disegno di legge di utilizzazione di lire 45.000 milioni per ciascuno degli anni 1998 e 1999 a valere sugli accantonamenti recati dalla tabella A della legge finanziaria 1997. La disponibilita' annuale e' cosi' ripartita fra i vari settori di intervento, fermo restando, a fine esercizio, la possibilita' di compensazione fra i singoli settori e, nell'ambito di ciascuno di essi, tra le iniziative ammesse: RIPARTIZIONE DEGLI STANZIAMENTI (Importi in miliardi) SETTORI DI INTERVENTO 1. Interventi: a) Fondo centrale credito peschereccio 1,0 1. Nuove costruzioni 30,0% 2. Ammodernamenti 17,0% 3. Acquacoltura 15,0% 4. Piani di ristrutturazione aziendale 20,0% 5. Iniziative consortili 8,0% 6. Impianti a terra 10,0% b) Contributi a fondo perduto 10,0 1. Spacci cooperativi 5,0% 2. Piani di ristrutturazione aziendale 30,0% 3. Formazione professionale 10,0% 4. Acquacoltura 30,0% 5. Iniziative associazionismo 25,0% c) Contributi per incentivi alla cooperazione 15,0 d) Ricerca applicata alla pesca e acquacoltura 14,5 e) Campagne promozionali 8,6 f) Realizzazione sistema statistico 3,7 g) Funzionamento degli organi collegiali 0,2 h) Missioni all'estero 0,2 i) Iniziative a sostegno dell'attivita' ittica 0,5 l) Missioni per vigilanza 0,2 m) Controllo attivita' di pesca (Capitanerie di porto) 3,1 n) Ricerca nel campo della qualita' alimentare 0,5 (Istituto nazionale della nutrizione) 2. Credito peschereccio (legge 302/89) 14 3. Fondo di solidarieta' (legge 72/92) 5 4. Accordi di programma 6 5. Studi mercato (ISMEA) 3 6. Ricapitalizzazione cooperative 4,5 _____________________________________________________________________ TOTALE 90 Le risorse del Fondo centrale vanno ad incrementare la disponibilita' residua del fondo stesso costituita da "rientri" per rate scadute e per estinzioni anticipate, nonche' dal versamento degli stanziamenti relativi al precedente piano. Per detta disponibilita' si applicano le stesse percentuali di intervento sopra riportate.