(all. 1 - art. 1) (parte 2)
acquacoltura  come   strumento   di   supporto   alla   riduzione   e
razionalizzazione dello sforzo di pesca.
   In  tal  senso  un  maggiore  sviluppo della acquacoltura lungo la
fascia  costiera  necessita  di  rendere  tale  attivita'   altamente
compatibile con l'ambiente in cui si va ad inserire,
   In sintesi allo stato attuale acquacoltura italiana sta esprimendo
un   carattere   di  dinamicita'  che  se  inquadrato  in  un  quadro
programmatorio  corretto  potrebbe  dare  un  reale   contributo   ad
alleviare  la condizione deficitaria della nostra bilancia alimentare
in materia di prodotti ittici.
   Permangono comunque condizioni critiche, a causa della caduta  dei
prezzi,  per  quelle  aziende  che,  come  nel  caso delle produzioni
ittiche marine da acquacoltura, non dispongono di siti  e  tecnologie
competitive,  o  che  subiscono  gli effetti di politiche di gestione
dell'ambiente errate e non sensibili ad  attivita'  che  molto  hanno
contribuito   alla   conservazione  di  aree  critiche  della  fascia
costiera.
2. Produzioni della acquacoltura.
   2.1 Il termine acquacoltura si  riferisce  a  tutte  le  attivita'
finalizzate   alla   produzione  di  organismi  acquatici  attraverso
l'intervento dell'uomo, ove questo non sia finalizzato esclusivamente
alla  cattura  o  alla  raccolta.  In  tale  ampia   definizione   di
acquacoltura  rientrano  la  piscicoltura  intensiva, semintensiva ed
estensiva, la molluschicoltura, la crostaceicoltura, la  coltivazione
di  alghe.  Le  produzioni acquacoltura sono per lo piu' destinate al
consumo  umano  diretto,  ma  sono  da  considerare   produzioni   da
acquacoltura   anche  quelle  destinate  alla  produzione  di  specie
ornamentali o destinate all'estrazione di peculiari prodotti.
   La  gestione  produttiva delle lagune costiere dotate di controllo
idraulico e di opere fisse di cattura, la gestione di laghi  e  fiumi
interni   basata   sui  ripopolamenti,  sono  forme  di  acquacoltura
estensiva con carattere di  attivita'  di  transizione  tra  pesca  e
acquacoltura, comunque ascrivibili a quest'ultima attivita'.
   Le  attivita'  generalmente  definite come maricoltura sono quelle
riferite a barriere artificiali, il  termine  viene  comunque  spesso
generalizzato  per  tutte le attivita' di allevamento che si svolgono
in mare. Nel presente piano il termine acquacoltura  viene  impiegato
nel  senso piu' ampio. Tale impostazione rispetta quasi totalmente le
proposte di classificazione  a  livello  internazionale,  ove  emerge
comunque  chiaro  che  esistono  attivita' che presentano i requisiti
della pesca e della acquacoltura simultaneamente.
   2.2  Il  presente  piano  integrando  pesca  ed  acquacoltura,   e
ponendosi   obiettivi   di  coerenza  alle  politiche  comunitarie  e
nazionali di conservazione delle risorse interpreta  queste  aree  di
sovrapposizione  come  potenziali  nuclei di avvio per un processo di
riconversione parziale della pesca, e  come  modelli  per  sviluppare
simultaneamente   una   pesca   ed   una   acquacoltura  sempre  piu'
responsabili.
   Nella tabella 1 sono riportate le produzioni da  acquacoltura  per
l'anno 1995, per tutte le specie prodotte sul territorio nazionale ed
i relativi valori economici.
   Nella tabella 2 e' riportato l'andamento delle produzioni di trota
dal 1991 al 1995.
   Nella  tabella 3 sono riportate le produzioni di specie eurialine,
spigola, orata, anguilla e cefali, negli anni dal 1983  al  1995,  in
tale  tabella  sono separate le produzioni da estensivo da quelle in-
tensive.
   Nella tabella 4 sono riportate le produzioni di molluschi bivalvi,
mitili e vongola, nell'ultimo decennio, dal 1985 al 1995.
   2.3  Analizzando  sinteticamente  i  dati   di   produzione,   con
riferimento a quanto definito dal piano precedente si evince che:
- La troticoltura con una produzione di 50.000 tonnellate e' la forma
  di  allevamento  ittico  piu'  rilevante.  Questo  dato conferma la
  elevata competitivita' di questo sub-settore, che ha avuto maggiori
  attenzioni nell'ambito del IV Piano triennale,  e  che  ha  trovato
  giusta collocazione nell'ambito della acquacoltura nazionale con il
  trasferimento  delle  competenze in acquacoltura al Ministero delle
  Risorse Agricole, Alimentari e Forestali.  A  livello  dell'U.E  la
  troticoltura  italiana  si  colloca tra i primi produttori, seconda
  soltanto alla Francia.  La  troticoltura  italiana  deve  investire
  nella  ottimizzazione  tecnologica  al  fine  di ridurre i costi di
  produzione, migliorando gli impianti esistenti che spesso risultano
  datati  soprattutto  in  riferimento   alla   loro   compatibilita'
  ambientale.
-  L'anguillicoltura  italiana  con una produzione di 3000 tonnellate
  (1995) e' la prima dell'U.E. per  quanto  riguarda  l'ingrasso.  La
  tendenza  a  realizzare  centri  di svezzamento per le ceche appare
  come uno degli  elementi  centrali  del  consolidamento  di  questa
  produzione,  suscettibile  di  sviluppo  ma fortemente condizionata
  dalla limitata disponibilita' di prodotto da semina, che come  noto
  e'  solo  di  origine  selvatica.  Il  settore  domanda una oculata
  politica nazionale ed internazionale di tutela della  specie  anche
  in riferimento alla crescente domanda di materiale da semina.
-  Le  produzioni  di  spigola  ed  orata  evidenziano  una  crescita
  importante nonostante le difficolta' di mercato e le emergenze cre-
  ate  da  patologie  di  recente  comparsa  sul  nostro   territorio
  nazionale.    Nell'insieme  tale  crescita  e'  ascrivibile  ad una
  accresciuta competitivita' delle nostre aziende,  ad  una  maggiore
  disponibilita'  di  prodotto  da  semina  da produzioni interne. Lo
  sviluppo degli impianti in mare aperto avviato con il III  Piano  e
  consolidato  con  quello  successivo,  apre  nuove  prospettive per
  queste produzioni che trovano nel mercato italiano una collocazione
  preferenziale.
- La mitilicoltura, con una produzione di 132.000 tonnellate, di  cui
  almeno  20.000  pescate  su  banchi  naturali, sta evidenziando una
  tendenza generale  allo  sviluppo  di  strutture  in  mare  aperto,
  riducendo  dinamiche  meteomarine  i  rischi di mortalita' dovuti a
  crisi distrofiche frequenti nei bassi fondali e nelle  aree  marine
  meno soggette alle dinamiche meteomarine.
-  La  venericoltura,  dovuta  ad iniziali operazioni di semina della
  specie Tapes philippinarum ha raggiunto in 10 anni la produzione di
  oltre 65.000 tonnellate, rappresentando il fenomeno innovativo piu'
  rilevante  sul  piano  della  occupazione  e  dell'economia  ittica
  nazionale in generale.
3. Produzione di novellame di specie ittiche.
   3.1  Nella  tabella 5 e' riportato l'andamento della produzione da
avannotterie e del fabbisogno di novellame di spigola  ed  orata  dal
1987 al 1995.
Nella  tabella  6  e'  riportato  il  quadro riassuntivo dei prodotti
ittici impiegati nel ripopolamento delle acque interne.
3.2 Dalla analisi dei dati si evince quanto segue:
- la crescita osservata tra il 1992 ed il 1993, per  quanto  riguarda
  spigola  ed  orata,  non ha mantenuto la stessa tendenza negli anni
  successivi. Cio' e' dovuto da un  lato  all'effetto  del  calo  dei
  prezzi,   che   inizialmente   ha  disincentivato  gli  allevatori,
  dall'altro, ed in particolare per la spigola, alla  comparsa  delle
  gia'  citate  patologie  introdotte. Gli avannotti prodotti sono in
  parte esportati, cosi' come esiste una importazione,  che  comunque
  si e' ridotta nel tempo.
Anche  sul  piano  della riproduzione di specie ittiche le produzioni
italiane sono ormai tecnologicamente e qualitativamente avanzate.
4. Strutture e localizzazione produttiva
   4.1 Uno schema della distribuzione territoriale  delle  unita'  di
produzione  di specie marine e salmastre e' riportata nelle tabelle 7
e 8.
   Per  quanto  riguarda  l'allevamento  di   molluschi,   persistono
tecnologie con radici tradizionali, sempre piu' largamente vicariante
da  tecniche adatte ad ubicare gli allevamenti in mare aperto. Qui la
qualita' delle acque offre maggiori garanzie igieniche  al  prodotto,
anche  se  i rischi dovuti alla necessita' di affrontare le dinamiche
meteomarine costituiscano ancora un freno  allo  sviluppo  di  questa
forma di maricoltura.
   4.2 Allevamenti ittici estensivi
   L'allevamento ittico estensivo consiste nella vallicoltura e nella
stagnicoltura  costiera.  La  vallicoltura  e'  praticata su porzioni
lagunari confinate o su zone deltizie; le valli  di  superficie  piu'
ridotta  si  trovano  in  Friuli  Venezia  Giulia e le piu' grandi in
Veneto ed in Emilia Romagna.
In  questi allevamenti, la circolazione idraulica si attua sfruttando
le maree, e grazie agli apporti di acque continentali  per  gravita',
in  alcuni  casi  esistono  veri  e  propri  impianti di sollevamento
idraulico.  I  costi  relativi  alla  somministrazione  di   alimenti
dall'esterno sono per lo piu' limitati ai fabbisogni per aumentare la
sopravvivenza degli stadi giovanili.
   Rari  sono  gli  esempi  di  vallicoltura in altre regioni, mentre
nell'Italia centro meridionale si trovano in genere localizzazioni di
stagnicoltura costiera, si tratta della gestione ambientale  ai  fini
della  produzione  ittica di lagune costiere. Le principali aree sono
rappresentate nel centro  dalla  Laguna  di  Orbetello  e  dai  laghi
costieri   laziali  (circa  7.000  ha);  nelle  isole  maggiori  sono
interessati circa 10.000 ha, dei quali oltre 9.000  in  Sardegna.  La
stagnicoltura   costiera   rappresenta   una  forma  di  acquacoltura
estensiva a minor contenuto tecnologico rispetto  alla  vallicoltura.
Tali  produzioni  si  basano sulla gestione idraulica e sul controllo
delle migrazioni ittiche. Sono  forme  di  produzione  che  risentono
fortemente degli impatti dovuti allo sviluppo agricolo, industriale e
urbanistico.  Soltanto  una  politica  di  tutela  ambientale  severa
potrebbe  restituire   condizioni   produttive   adeguate,   il   che
significherebbe  disporre  di  ambienti di elevatissimo pregio per la
conservazione costiera in generale, per il turismo  e  per  tutte  le
attivita'  economiche  che dipendono da un ambiente sano. Non mancano
casi in cui nell'ambito lagunare si stanno sviluppando,  anche  fuori
delle  aree  nord-adriatiche,  forme di acquacoltura integrativa come
molluschicoltura e coltivazioni in recinti e  gabbie,  ma  in  questo
caso  si  pone il problema dei rischi connessi alla intensificazione.
La produttivita' per unita' di superficie risulta ridotta rispetto  a
quella  delle "valli", ormai consolidata tra 50 e 300 kg/ha. Infatti,
sebbene  non  manchino  esempi  di   elevata   produttivita',   nella
stagnicoltura   i  50  kg/ha  rappresentano  generalmente  il  limite
produttivo massimo. Va comunque sottolineato, che dei circa 63.000 ha
impiegati in Italia per l'acquacoltura estensiva,  circa  il  50%  e'
rappresentato dalla stagnicoltura, che contribuisce notevolmente alla
produzione nazionale.
   Il  valore  di  sistemi  estensivi  nella acquacoltura italiana e'
soprattutto legato al loro ruolo essenziale  nella  conservazione  di
zone  umide  di  interesse  ambientale  primario  in  una  fascia del
territorio nazionale soggetta a fortissimi impatti antropici.
   Il Piano triennale precedente ha dato spazi  in  ambienti  vallivi
proprio  per  attuare  un  rilancio  degli  estensivi per attuare una
politica  di  acquacoltura  coerente  a  principi  di   conservazione
ambientale,  in  questo  caso la crescita incontrollata degli uccelli
ittiofagi ha giuocato un ruolo determinante nelle cadute produttive e
nella  disincentivazione   degli   operatori   verso   queste   forme
produttive.
4.3 Allevamenti ittici intensivi
   L'allevamento  ittico  intensivo  in  Italia  e'  praticato ancora
prevalentemente in  impianti  a  terra  con  bacini  artificiali,  di
dimensioni  relativamente  ridotte  (100-1000  mq cadauno) ad elevato
carico di biomassa  per  unita'  di  superficie  (10-30  kg/mq):  Gli
allevamenti  sono  caratterizzati  da  una  elevata  specializzazione
produttiva  e  generalmente  operano  in  monocoltura.  La tecnologia
deriva  da  quella  sviluppata  in  precedenza   con   successo   per
l'allevamento  della  trota,  con  analoghi  sistemi  di circolazione
dell'acqua, di distribuzione del mangime e di areazione delle vasche.
   Nel caso dell'allevamento di spigola e orata, si tratta sempre  di
impianti  provvisti  di un sistema per il sollevamento delle acque in
ingresso, operanti con portate comprese tra 100 l/sec. e 2-3  mc/sec.
La   distribuzione   del  mangime  avviene  manualmente  nei  piccoli
impianti, oppure a mezzo di distributori automatici.  L'ossigenazione
e'  ottenuta  mediante impiego di aeratori a turbina o a pale, ovvero
mediante utilizzo di ossigeno puro, immagazzinato allo stato liquido.
   L'incremento degli uccelli ittiofagi, anche  in  questo  caso,  ha
vanificato  i  primi  investimenti basati su vasche in terra di ampia
superficie, dove il  controllo  e'  piu'  difficile,  accentuando  la
tendenza  alla  realizzazione  di  impianti  intensivi e maggiormente
controllabili, ed imponendo l'uso di reti di copertura che  oltreche'
aumentare  i  costi  di investimento aumentano l'impatto visivo degli
impianti.
   Le aziende che operano in mare sotto costa, in baie protette o  in
mare  aperto,  sono  ancora  in  numero  limitato,  benche'  le nuove
tecnologie ora disponibili facciano prevedere un crescente  interesse
per questa tipologia di allevamento.
   La  spinta  verso  lo  sviluppo  della  piscicoltura  in  mare  e'
riconducibile in  primo  luogo  a  motivazioni  di  ordine  economico
connesse  al  fatto che essa comporta investimenti di capitale minori
rispetto ai sistemi di produzione intensiva a  terra  che  utilizzano
acqua a flusso continuo o in riciclo.
   Nella  realta'  nazionale  giocano,  inoltre,  un ruolo decisivo i
numerosi vincoli strutturali che tendono sempre piu'  a  limitare  lo
sviluppo  della  piscicoltura tradizionale, quali l'antropizzazione e
l'urbanizzazione spinta del territorio, i conflitti d'uso che gravano
sui corpi idrici, l'elevato valore fondiario delle aree costiere,  il
degrado  generalizzato  delle  acque  interne  e,  a questo connessa,
l'esigenza di contenere ogni attivita' suscettibile di  accrescere  i
carichi inquinanti gravitanti sulle acque superficiali.
   Ulteriori motivi di interesse, di carattere congiunturale, sono da
collegarsi  alle progressive restrizioni imposte alla pesca marittima
dalle direttive comunitarie, il cui effetto sull'occupazione richiede
il   dispiegamento   di   un   organico   piano   di    riconversione
imprenditoriale   e  professionale,  piano  che  puo'  trovare  nella
maricoltura l'opportunita' di uno sbocco fisiologico per  il  settore
della  pesca,  oltre  che  congruente  con  le  esigenze nazionali in
materia di approvvigionamento ittico.
   La piscicoltura in mare costituisce in Italia un'attivita' recente
rispetto  ad  altri  Paesi  del  Nord-Europa  e   del   Mediterraneo:
attualmente  risultano  censiti  circa quindici impianti, ubicati sia
lungo le coste continentali che lungo quelle della  Sicilia  e  della
Sardegna,  per  la  maggior  parte  in  aree marine protette, con una
produzione valutata nell'ordine di 420 ton di spigole e orate, pari a
circa il 9% della produzione  nazionale  delle  stesse  specie  (dati
1994).
   Recenti  ricerche svolte nell'ambito del "Progetto finalizzato per
lo sviluppo dell'acquacoltura nazionale" (L.201/91) hanno fornito  un
ampio  e  dettagliato  inquadramento delle problematiche del settore,
unitamente alla individuazione dei principali indicatori tecnologici,
operativi ed economici del sistema produttivo, utili per la selezione
di   linee   guida   e  configurazioni  impiantistiche  e  gestionali
confacenti alle esigenze dello specifico nazionale. Emerge, comunque,
una  evoluzione  settoriale  ancora  largamente  affidata  a  modelli
derivati da esperienze estere, adattati su base empirica alle realta'
locali.
   Col  IV  Piano  triennale  si  e'  affrontato l'approfondimento di
alcuni aspetti riguardanti,  in  particolare,  il  miglioramento  dei
metodi di alimentazione delle biomasse in allevamento, l'accertamento
dell'influenza degli impianti sulla qualita' dell'ambiente marino, le
possibilita'  di  riciclo  energetico  dei  rifiuti  rilasciati dagli
allevamenti  mediante  l'associazione  agli  impianti  di  moduli  di
molluschicoltura.
   Lo  stadio  evolutivo  del  settore mette in luce, tuttavia, ampli
margini di miglioramento sotto  il  profilo  tecnologico,  biologico,
gestionale,  economico  ed  ambientale. La limitata disponibilita' di
siti marini protetti ed il  diffuso  degrado  che  caratterizza  gran
parte di quelli esistenti evidenziano, peraltro, l'opportunita' di un
congruente  supporto  scientifico  per lo sviluppo di sistemi atti ad
operare in aree marine ravvicinate non protette.
   In generale le produzioni di spigola ed orata, sono principalmente
concentrate in alcune regioni (Toscana, Sicilia e Puglia), dove  alle
condizioni  ambientali favorevoli si e' aggiunta la determinazione di
singoli imprenditori capaci e motivati, che hanno dato vita a  nuclei
di  produzione  sempre  piu' organizzati e tecnologicamente avanzati,
tanto da costituire una nuova tradizione locale.
   Per  quanto  attiene  l'anguilla,   l'allevamento   intensivo   ha
sostituito  in  gran  parte quello estensivo. Le regioni maggiormente
interessate a questa produzione  sono  Veneto,  Lombardia,  Piemonte,
Puglia, Toscana, Lazio, Sardegna.
   Considerando  l'allevamento intensivo di specie eurialine (spigola
orata  e  anguilla),  la  Toscana  risulta  la  regione  maggiormente
rappresentativa  con  oltre  300.000  mc  di  moduli  di allevamento,
insieme a Lombardia, Veneto (entrambe con oltre 160.000  mc),  Puglia
(oltre  130.000  mc)  e  Sicilia  (oltre 90.000 mc); seguono le altre
regioni con volumi inferiori.
Considerando il solo allevamento di anguilla,  risulta  dominante  la
posizione della Lombardia e del Veneto con oltre 160.000 mc, nel caso
di  spigola  ed  orata  sono  invece la Toscana (oltre 300.00 mc), la
Puglia (oltre 128.000 mc) e la Sicilia (oltre 90.000  mc)  ad  essere
maggiormente rappresentate.
5. Molluschicoltura
   5.1    Per    quanto    riguarda    la    mitilicoltura   (Mytilus
galloprovincialis) si sta registrando in  questi  anni  una  tendenza
generale a mettere in secondo piano gli impianti tradizionali in aree
a  bassa  profondita'  favorendo  la costruzione di strutture in mare
aperto, meno soggette al rischio di mortalita'  causati  dalle  crisi
distrofiche  frequenti  negli  ambienti  marini  costieri piu' o meno
confinati.  L'andamento  della  produzione  a  partire  dal  1986  e'
crescente.  Nel considerare i dati riportati in tabella si deve pero'
ricordare che da 20 a 30 mila ton sono pescati su banchi naturali.
   Il  fenomeno  piu'  rilevante  nel  settore  continua ad essere la
venericoltura  (Tapes  philippinarum,  cui  si   aggiungono   modeste
quantita'   di  Tapes  decussatus),  che  pur  essendo  relativamente
recente, ha avuto una sorprendente crescita. Oltre che  nella  Laguna
di  Venezia,  la  venericoltura  si  e'  diffusa  in  tutte le lagune
dell'alto Adriatico (Marano, Caleri,  Scardovari  e  nella  Sacca  di
Goro).  Non  sono mancati altri tentativi, finalizzati alla ricerca o
alla produzione, in  altre  parti  d'Italia,  come  nella  Laguna  di
Orbetello,  nel  lago  di  Varano,  nel lago di Sabaudia, in Sardegna
nella Laguna di S. Antioco e negli stagni di Olbia e Cagliari.
   Le buone capacita' di adattamento della specie hanno favorito  una
veloce  diffusione in aree costiere non soggette a semina volontaria,
fino e registrarne la presenza a sud del Delta del Po fino a Fano.
   5.2 Tra i costi da  sostenere  per  la  realizzazione  dei  parchi
vivaio, le spese piu' ingenti sono state inizialmente quelle relative
alla  importazione del seme. Successivamente l'esigenza di schiuditoi
per queste  specie  e'  stata  superata.  Questa  specie  ha  infatti
colonizzato  spontaneamente  le  aree  costiere del nord adriatico, e
l'areale di distribuzione sta crescendo.
   Appare  comunque   evidente   l'eccezionale   progressione   della
produzione  di vongole filippine, che ha fatto seguito al progressivo
adattamento della specie, e quindi alla  sua  riproduzione  naturale,
nei vari ambienti.
   La produzione nazionale dopo il rallentamento del 1992-93, a causa
della  crisi  anossica  che  ha  colpito  l'area del Delta del Po, ha
superato nel 1995 le 50,000 ton destinate per una  buona  percentuale
all'esportazione.  I  dati  di  produzione  riportati  nelle  Tabelle
allegate  sono   in   realta'   una   sottostima   del   quantitativo
effettivamente  prelevato,  per  la  presenza  di forme di abusivismo
difficilmente quantificabili, che rappresentano, tra l'altro, uno dei
problemi del settore, sia per la interferenza sul mercato, sia per  i
rischi legati alla mancanza di controllo sulla qualita' di prodotto.
   Sul  piano  della diversificazione produttiva recentemente, grazie
ai buoni risultati ottenuti con l'applicazione di nuove  tecniche  di
preingrasso  di  Crassostrea  gigas  alcune  aziende  italiane  hanno
intrapreso la coltura delle ostriche mettendo sul mercato, seppure in
quantita'  ancora  ridotte,  un  prodotto  in  grado   di   competere
qualitativamente sul piano europeo.
   Nel  complesso  la  molluschicoltura  e'  esposta  ad una serie di
rischi,  tra  quelli  ambientali,  le  ricorrenti   crisi   anossiche
soprattutto   negli  impianti  di  tipo  lagunare,  la  presenza  di,
predatori  e  parassiti,  ma  soprattutto  la  ciclica  comparsa   di
microalghe  tossiche.  Questa  attivita' e' particolarmente sensibile
all'inquinamento, in particolare quello chimico e microbiologico.  Da
ultimo, il rischio della introduzione di specie alloctone (e relative
patologie  e parassiti) e la difficolta' del reperimento del seme per
alcune specie.
   E' soprattutto l'insostenibile  iter  burocratico  necessario  per
pervenire  al  rilascio  della  concessione  che  mette  a rischio la
crescita del settore.
6. Maricoltura e zone marine protette con barriere artificiali
   6.1 La riduzione dello sforzo di pesca a medio  e  breve  termine,
previsto  dalla  Politica Comunitaria della Pesca (PCP) in materia di
tutela  e  di  gestione  delle  risorse  alieutiche   e   indirizzato
soprattutto  alla  riduzione  della  pesca  a  strascico  e di pesche
speciali (spadare), pone il problema di prendere in considerazione la
possibilita' di attivita' alternative per gli addetti ora occupati in
questi settori.
   Nell'ambito  di  tali  possibilita', come gia' ribadito nel quarto
Piano triennale, andrebbero favorite quelle attivita' che tendono  al
mantenimento  ed alla valorizzazione delle caratteristiche proprie di
"gente di mare" dei pescatori. Tra queste, la maricoltura e i diversi
mestieri della piccola pesca, nel quadro di una gestione integrata di
aree marine, si collocano senza  dubbio  come  eventuali  alternative
soprattutto  per gli addetti alla piccola pesca a strascico, che piu'
frequentemente opera nella fascia costiera.
   Tra l'altro, la necessita' di uno sviluppo della maricoltura, e in
particolare della piscicoltura, e' resa inevitabile, in  Italia  come
negli  altri paesi, dalla crescente domanda di prodotti ittici, dallo
stato di depauperamento di alcuni stocks  e  da  una  ormai  assodata
constatazione  della maggiore redditivita' degli impianti di ingrasso
in mare rispetto a quelli a terra.
   In tale prospettiva,  si  devono  considerare  prioritarie  quelle
forme  di maricoltura compatibili con la conservazione dell'ambiente,
quindi  non  inquinanti,   e   votate   alla   valorizzazione   delle
potenzialita' naturali.
   6.2  Sono  pertanto  da  privilegiarsi,  come  gia'  previsto  dal
precedente Piano triennale, quelle iniziative tese allo  sviluppo  di
impianti  di  ingrasso  di  specie  ittiche  in  aree marine offshore
caratterizzate da elevato idrodinamismo, al fine di ridurre l'impatto
degli impianti a terra  e  nelle  aree  costiere  protette  (baie  ed
insenature)  dove, per la scarsa circolazione delle acque, potrebbero
verificarsi fenomeni di degrado ambientale. La ricerca, in tal senso,
dovrebbe essere  indirizzata  verso  l'individuazione  di  tecnologie
semplici  e  a  costo  contenuto,  al  fine  di  rendere possibile la
realizzazione e la successiva gestione degli impianti direttamente da
parte dei pescatori, previa una adeguata qualificazione dei medesimi.
   Parallelamente, si ritiene necessario sviluppare  delle  forme  di
maricoltura  di  tipo  "morbido", consistenti cioe' in allevamenti di
tipo estensivo o semi-estensivo, come quelli che si realizzano  nelle
acque  lagunari,  e  che prevedano l'allevamento di organismi ad alto
valore commerciale, con costi relativamente contenuti e con  tecniche
dal basso potere inquinante.
   6.3  Particolare  importanza  va  assegnata  alle  ricerche e alle
iniziative  aventi  lo  scopo  di  individuare  e  incentivare  forme
tecnologicamente  semplici  di  allevamento  al fine di potenziare la
produzione di specie autoctone la cui produzione  e  il  cui  consumo
sono  attualmente  circoscritti  ed  aree  molto  ristrette  (ad  es.
cappesante, cozze pelose,  datteri  bianchi).  Lo  sviluppo  di  tali
pratiche  permetterebbe di diversificare le monocolture esistenti (ad
es. mitilicoltura), riducendo cosi' i rischi economici, ambientali  e
sanitari ad esse legati.
   Rientra  altresi'  nell'ottica  di  adozione di tecnologie morbide
nell'ambiente marino la  costruzione  di  zone  marine  protette  con
barriere   artificiali,  volte  alla  protezione  delle  aree  marine
costiere  o   di   habitat   ecologicamente   importanti   (aree   di
riproduzione,  nursery  areas,  praterie  di  fanerogame marine) e al
recupero delle risorse ittiche oggetto di sovrasfruttamento,  tramite
la  protezione di forme giovanili e di aliquote di adulti. Tali zone,
consentendo solo pesche selettive, offrono possibilita' potenziali di
riconversione degli addetti della piccola pesca a strascico  verso  i
mestieri non a traino e, inoltre, possono rappresentare uno strumento
per  ridurre  le  conflittualita'  intrasettoriali ed intersettoriali
esistenti nella fascia costiera, ove si  assegnino  aree  ai  diversi
utilizzatori  (pesca  sportiva,  piccola  pesca  con  attrezzi fissi,
ecc.).  Pertanto,  se  opportunamente  sviluppate,  le  zone   marine
protette mediante strutture artificiali possono essere considerate un
mezzo  valido  per  la  gestione della pesca nella fascia costiera. A
cio' si aggiunge infine il loro ruolo come strumento di  monitoraggio
biologico   e   di   ricerca   sperimentale  volta  ad  una  maggiore
comprensione degli ecosistemi marini.
   6.4 La realizzazione di impianti di barriere artificiali lungo  la
costa   dell'Adriatico   centrosettentrionale   ha   dimostrato  come
l'immersione di tali substrati in acque idonee possa contribuire alla
creazione  di  nuovi  "campi  di  pesca"  rappresentati,   nel   caso
specifico,  da  imponenti  banchi  naturali di mitili la cui biomassa
puo' variare da 20 a 50 kg/mq di superficie di materiale immerso.
   E'  stata  inoltre  dimostrata  la  possibilita'   di   integrare,
nell'ambito  di  uno stesso impianto, diverse attivita': raccolta dei
mitili  insediati  sulle  strutture,   allevamento   su   long-lines,
piscicoltura  e  pesca  con  attrezzi  da posta. Pescate sperimentali
effettuate con rete  tramaglio  presso  alcune  barriere  artificiali
adriatiche hanno fornito rendimenti variabili tra 7 e 22 kg/CPUE (500
m  di rete e 12 ore di posa in mare), costituiti per la maggior parte
da specie di elevato valore commerciale.  Simili  valori  sono  stati
ottenuti  anche  nel  mar  Ligure. Si e' constatato inoltre come tali
rendimenti siano dipendenti dalla quantita' del materiale  immerso  e
dall'estensione dell'impianto.
   Il  collegamento  tra  le  zone  marine   protette   da   barriere
artificiali  ed  i centri di produzione di novellame a terra potrebbe
infine favorire lo sviluppo di iniziative  di  restocking  di  specie
ittiche pregiate da effettuarsi tramite semine di giovanili.
   6.5   Per  concretizzare  tale  tipo  di  interventi  e'  tuttavia
necessario che venga semplificata la procedura  di  attuazione  delle
iniziative,  dando  particolare priorita' a quanti, organizzandosi in
consorzi o cooperative,  presentino  domanda  per  l'ottenimento  dei
contributi  necessari  alla  realizzazione  degli  impianti  in  mare
aperto,  agevolando  l'accesso  alle  pratiche  di  finanziamento   e
rendendo  meno  complesse  le  pratiche  necessarie  per  ottenere le
autorizzazioni e/o le concessioni degli specchi  acquei.  E'  inoltre
necessario  un  maggiore  coordinamento  tra  gli  Enti  preposti  al
rilascio della documentazione prevista (capitanerie, unita' sanitarie
locali,  amministrazioni  locali  e   centrali).   I   ritardi   sono
identificabili  nella  mancata  attuazione  di  quanto previsto dalla
normativa vigente, in particolare dalla legge 165/92, in  materia  di
conferenze di servizi e di canoni ricognitori.
   In  questo  senso  i fondi per i contributi in conto capitale sono
destinati, in via prioritaria,  alla  realizzazione  di  progetti  di
maricoltura,  di  impianti  polivalenti  di barriere artificiali e di
impianti  a  terra  per  consorzi   o   cooperative   che   intendano
riconvertire  parte degli addetti o attuare forme di diversificazione
ed integrazione del reddito degli operatori.
   6.6 Particolare priorita' dovra' essere assegnata alle  iniziative
che prevedono un elevato livello di collegamento tra le sopraelencate
componenti,  con particolare riferimento all'integrazione tra imprese
di maricoltura, sistemi integrati con zone marine protette  e  centri
di produzione di novellame da semina a terra.
   Lo sviluppo della maricoltura, associata a zone marine protette da
barriere  artificiali,  assume notevole importanza nel rilancio della
politica nazionale in materia di tutela degli stocks ed aumento della
biomassa pescabile. In questa politica,  nella  quale  si  inquadrano
anche  il fermo biologico e tecnico, si intende infatti diversificare
le misure attuabili in materia di gestione delle risorse  alieutiche,
considerando  la  riduzione  dello  sforzo  di  pesca  solo una delle
variabili che non potra' subire riduzioni illimitate e reiterate  nel
tempo,  in  funzione della valenza sociale, economica e culturale del
settore.
7. Aspetti biotecnici, zootecnici, veterinari e di qualita' totale
   7.1 Come specificato nella analisi sulle produzioni l'acquacoltura
italiana e' fortemente diversificata e caratterizzata da dinamiche di
stagnazione e crescita delle varie  linee  produttive  dipendenti  da
fattori intrinseci ed estrinseci del settore.
   Anche  se  una  attenzione particolare va assegnata ai problemi di
mercato ed ambientali, rimane ancora evidente la  necessita'  di  una
continua  crescita  tecnologica, proprio per rispondere alle esigenze
di una maggiore competitivita' e di un migliore inserimento di questo
settore tra gli usi multipli degli ecosistemi acquatici.
   7.2 Al fine di facilitare  il  processo  di  programmazione  e  la
caratterizzazione dei fattori che limitano lo sviluppo, si e' avviato
un   processo   di  individuazione  delle  proprieta'  emergenti  che
caratterizzano le singole attivita' che nell'insieme costituiscono il
sistema  acquacoltura italiano, il cui ruolo e' crescente nel sistema
della economia ittica nazionale di  cui  la  pesca  rappresenta,  per
ragioni sociali ed economiche, l'attivita' principale.
   E'  dunque  possibile  identificare  una  acquacoltura intesa come
strumento di gestione ambientale, e' il caso delle  lagune  costiere,
dei  laghi  interni,  delle  attivita'  ancora inserite nella realta'
agricola,   cui   va   aggiunta    una    acquacoltura,    intensiva,
industrializzata e tecnologica.
   Le   stesse   attivita'   di  ripopolamento  delle  acque  interne
richiedono una serie di attivita' di piscicoltura di supporto  sempre
piu' attente alla conservazione delle popolazioni autoctone, cercando
di  contribuire  a superare la serie di errori che negli anni si sono
sommati modificando totalmente le comunita' ittiche nazionali.
   7.3 Nel primo caso tale attivita' e' collegata  strettamente  alle
politiche  di  conservazione  ambientale e ben si coniuga con i ruoli
dell'impegno  pubblico  per  la  ricerca  di  modelli   di   sviluppo
compatibili,  e  per  scelte programmatorie che possano supportare la
nascita di  attivita'  diffuse  sul  territorio  strettamente  legate
all'uso  ed  alla  conservazione  delle risorse acquatiche. In questo
caso e' necessario risolvere alcuni conflitti grazie ad una  migliore
conoscenza  dei  processi che regolano il funzionamento e l'uso degli
ecosistemi, per disporre  di  una  capacita'  previsionale  migliore.
Questo   grande   capitolo   potrebbe  dare  buoni  risultati  se  si
realizzera' in tempi brevi una politica sul territorio caratterizzata
da decentramento e da un continuo dialogo tra produttori  Regioni  ed
Amministrazioni  locali,  che  consenta  di  risolvere e conoscere le
problematiche a livello locale permettendo  un  adattamento  continuo
del quadro normativo di riferimento.
   7.4   Nel   secondo  caso  si  tratta  di  sviluppare  e  comunque
consolidare una moderna attivita' di allevamento, che deve tendere  a
produrre  con  tecnologie  d'avanguardia,  assumendo  nella zootecnia
italiana un ruolo crescente.
   In tal senso la crescita delle conoscenze biologiche,  zootecniche
e  veterinarie,  nonche'  tutto  cio'  che  migliorando  la  qualita'
tutelera' simultaneamente i consumatori  e  chi  produce  seriamente,
giuochera' un ruolo importante nella competizione internazionale.
   Da  tutto cio' acquacoltura Italiana non puo' prescindere se vuole
trarre vantaggio da un mercato interno che domanda, con tendenza alla
crescita, prodotti alimentari di origine acquatica.
   Per quanto concerne la qualita' le produzioni da acquacoltura sono
state fin qui impostate, spesso anche fuori dall'area  dei  15  Paesi
dell'UE,  su  un  Sistema  Quantita' e solo da poco tempo, in ritardo
rispetto ad altri settori produttivi, si parla di qualita'.
   Nata da  un'esigenza  di  tutela  del  consumatore  riguardo  alla
sicurezza, innocuita', igiene del prodotto la "qualita'" si e' estesa
nel  settore  agroalimentare  sino  ad  abbracciare l'intero processo
produttivo, divenendo una  filosofia  di  gestione,  la  cui  massima
espressione   concettuale   e'  rappresentata  dalla  definizione  di
"qualita' totale".
   7.5  Anche  nel  settore  dell'acquacoltura  quindi,   il   regime
concorrenziale  tra  produzione ittica Nazionale e d'importazione, la
politica  della  Qualita'  perseguita  in  ambito   Comunitario,   le
aumentate  esigenze dei consumatori in termini di sicurezza d'uso, di
caratteristiche   merceologiche,   nutrizionali,  organolettiche,  di
disponibilita'  e  facilita'  d'uso  dei   prodotti,   impongono   di
consolidare  ed accrescere la valorizzazione delle proprie produzioni
mediante l'ottenimento di elevati standards qualitativi.
   La Qualita' Totale deve quindi essere l'obiettivo di ogni processo
produttivo e deve poter  essere  nei  suoi  vari  aspetti,  igienico-
sanitario,  nutrizionale,  organolettico  e  tecnologico misurabile e
certificabile in base a  requisiti  oggettivi.  Deve  nascere  quindi
dalla  qualita'  della  filiera  produttiva,  numerosi sono infatti i
fattori che al termine di tale filiera determinano le caratteristiche
dei   singoli   prodotti   ittici:   genetici,   manageriali    (cure
d'allevamento,    farmaci),    ambientali   (qualita'   dell'ambiente
acquatico),  alimentari  (qualita'  e  composizione   delle   diete),
modalita'   di   cattura  e  mottazione  dell'animale,  modalita'  di
conservazione, trasporto, lavorazione e  trasformazione,  convenience
(prodotti pronti per l'uso, porzionati).
   E'   necessario   quindi  definire  Linee  di  Buone  Pratiche  in
Acquacoltura per  poter  ottenere  un  Sistema  Qualita'  che  potra'
permettere  la  certificazione,  sia  dei  processi  adottati che dei
prodotti  ottenuti  i   quali,   a   fronte   della   necessita'   di
certificazione  all'origine  imposta dalle norme che hanno realizzato
il Mercato Unico e la conseguente libera circolazione dei prodotti su
base certificata, potranno circolare liberamente entro e fuori l'area
dell'Unione Europea.
   7.6 Per quanto riguarda la Situazione sanitaria  dell'acquacoltura
nazionale,  lo  sviluppo dei sistemi d'allevamento intensivo ha messo
in  evidenza  una  situazione  sanitaria  sempre  piu'  complessa   e
diversificata.  Accanto  a  problematiche  patologiche  adeguatamente
affrontate, ve ne sono altre ancora in fase di studio e  risoluzione,
soprattutto   quelle  concernenti  le  patologie  emergenti  come  la
Pasteurellosi, la Nodavirosi e la Streptococcosi.
   Le  patologie  che  piu'  limitano  le  produzioni   ittiche   nel
territorio Italiano sono riassunte in tab. 10. In futuro il controllo
sanitario  nell'acquacoltura  non  dovra' limitarsi allo studio delle
patologie, ma deve adeguarsi alle nuove esigenze  quali  un  maggiore
contatto  con  il  sistema  produttivo, la realizzazione di controlli
sanitari  costanti  sul  territorio  al   fine   di   segnalare   con
tempestivita'  l'introduzione  di  nuove  malattie,  onde attuare, se
necessario,  un'efficace   azione   di   prevenzione   e   controllo.
Considerata  l'intensificazione  degli  scambi commerciali interni ed
esteri, particolare riguardo deve essere rivolto allo stato sanitario
dei prodotti commercializzati, effettuando controlli e  predisponendo
piani  di  quarantena.  In  questi  ultimi  anni, infatti, sono state
introdotte nuove e gravi patologie per  l'allevamento  a  seguito  di
introduzione incontrollate.
   Le  norme  di polizia sanitaria, attualmente vigenti in Italia, si
devono ancora adeguare in parte a quelle applicate negli altri  Paesi
dalla Comunita'. Queste di fatto, penalizzano gli scambi di animali e
prodotti  dell'acquacoltura nazionale nettamente a favore degli altri
partner  europei  che  godono  di  una  situazione   sanitaria   piu'
favorevole.
   Per quanto riguarda i molluschi bivalvi vivi, invece, la normativa
sanitaria  e'  stata  recentemente rivista sulla base delle direttive
comunitarie (Direttiva 91/492/CE, recepita  con  D.L.vo  5301/92;  la
normativa 791923/CE, recepita con Decreto Legge 1311/92; la direttiva
91/67/CE, recepita con DPR 555/92).
Rispetto alla situazione pregressa, le norme assicurano:
- migliore controllo sanitario sulla qualita' dell'acqua e sulle zone
  di produzione, con possibilita' di intervento della Amministrazione
  per  predisporre  azioni di risanamento delle aree interessate alla
  molluschicoltura;
- possibilita' di immettere direttamente al consumo, senza bisogno di
  depurazione, prodotti aventi idonee caratteristiche di salubrita';
-  autocontrollo  da  parte  dei  Titolari  di  concessione  e  delle
  strutture commerciali;
-  possibilita' di disporre di zone di stabulazione in mare o a terra
  in grado di garantire il risanamento biologico e microbiologico del
  prodotto finito;
- classificazione delle  zone  di  produzione  con  riferimento  alla
  presenza o meno di parassiti.
8. Aspetti economici
   8.1  L'acquacoltura e' caratterizzata da un'ampia gamma di fattori
di scelta che determinano un alto grado di incertezza  dei  risultati
tecnici  ma  soprattutto di quelli economici. Questo settore possiede
inoltre un'elevata  dinamicita'  di  offerta,  con  tendenza  ad  una
segmentazione  crescente  del  prodotto,  che  presenta  sia problemi
tecnici   (standardizzazioni,   qualita',   ecc.)    sia    economici
(qualita'/mercato).
   Si    assiste    altresi'    ad    un    crescente    livello   di
internazionalizzazione dei mercati (es. concorrenza  di  altri  paesi
che producono a minor costo).
   8.2   In   questo  quadro  i  principali  fattori  di  scelta  per
l'acquacoltore sono:
- l'ambiente vero e proprio (parametri territoriali, fisico-chimico e
  biologici, ecc.);
- la disponibilita' ed il livello del capitale  umano  (imprenditori,
  tecnici ed operatori in genere);
- la presenza e l'efficienza delle di strutture di servizio esistenti
  nell'area;
-  la possibilita' di collocare a prezzi remunerativi il prodotto sul
  mercato;
- la politica creditizia.
   Le imprese incontrano pero' elementi  di  incertezza  che  possono
essere raggruppati come segue:
- di carattere tecnico, che possono dipendere da errata od inadeguata
  scelta delle tecnologie o da errori tecnici ad esempio sulla scelta
  del sito. Le aziende possono pertanto trarre grande dall'assistenza
  tecnica   e   dalla   fornitura   di   servizi   alle  imprese.  Il
  raggiungimento di piu' elevati livelli tecnologici rappresenta  una
  condizione   essenziale   per  la  competitivita'.  Occorre  quindi
  assicurare necessari interventi nel campo  della  ricerca  e  della
  sperimentazione,   nonche'   incentivi   alle   imprese   affinche'
  effettuino investimenti a piu' alto  contenuto  tecnologico.  Vanno
  considerati,  in  via  prioritaria,  gli  interventi destinati alla
  riconversione degli allevamenti  con  tecnologie  a  basso  impatto
  ambientale.     Ancora,    la    capacita'    degli    imprenditori
  nell'effettuazione  delle  scelte si avvale in misura considerevole
  dell'assistenza   gestionale   contabilita',   analisi   aziendale,
  controllo dei centri di costo, etc.
-  di  carattere  economico-finanziario, i quali possono dipendere da
  decisioni in merito all'organizzazione economico-aziendale,  oppure
  da  fenomeni  monetari  (es.  inflazione).  Tutti  questi  elementi
  possono comportare cambiamenti anche drastici nella  struttura  dei
  costi  per cui occorre intervenire tempestivamente, per non porre a
  rischio gli investimenti sin dalle loro prime fasi.
   8.3 Circa l'organizzazione aziendale occorre attenersi  a  scelte,
aventi   un   alto  grado  di  flessibilita'";  inoltre  un  costante
aggiornamento tecnologico puo'  consentire  alle  imprese  di  tenere
sotto controllo l'evoluzione dei costi di produzione, soprattutto per
la componente dei costi fissi. Per le ragioni sopraindicate l'impresa
acquicola   deve   prepararsi   ad   attuare   rapide   modificazioni
dell'assetto economico aziendale e non ci si deve illudere che basti,
nei prossimi anni, migliorare l'efficienza dei  mezzi  correnti  (es.
mangime)    per   essere   competitivi.   Scelte   di   questo   tipo
provocherebbero un appiattimento dei risultati economici con  ritorni
irrisori  che  non  assicurerebbero  una  adeguata  remunerazione dei
fattori produttivi.
   8.4  Circa  gli  aspetti  economico-mercantili  molti   produttori
acquicoli  sono  preoccupati  soprattutto  di  produrre molto e bene,
quindi attribuiscono scarsa attenzione alle esigenze del consumatore.
E' una visione  superata  dei  problemi  che  non  e'  sufficiente  a
conservare  in  futuro  tutte le attuali posizioni di produzione e di
reddito.  Per  questo  vanno  studiate  attentamente   le   fasi   di
distribuzione  e di consumo per quanto riguarda l'organizzazione, gli
strumenti  di  valorizzazione  e  le  tendenze.   In   altre   parole
l'imprenditore acquicolo non dove trascurare cio' che accade oltre la
soglia dell'allevamento.
   Nei  prossimi  anni  va anche tenuto conto che i prezzi finali dei
prodotti  saranno  sempre  piu'  rappresentati  da  quote  di  valore
aggiunto realizzato nelle fasi di trasformazione e distribuzione, per
cui  la difesa del reddito delle aziende dedite alla produzione sara'
possibile solo se il produttore non si astrarra' dalla  logica  della
filiera.
   Per  rafforzare  la  posizione del produttore nella filiera ittica
occorrera' operare in piu' direzioni  e  cioe':  standardizzazione  e
qualificazione  del prodotto, segmentazione dell'offerta, sviluppo di
forme  innovative  di   prodotto,   rafforzamento   degli   organismi
associativi  tra i produttori, promozione di consorzi tra aziende per
la concentrazione e la tipizzazione dei prodotti, ricerca di marchi.
9. Acquacoltura estensiva
   9.1 In questo contesto (zone lagunari e vallive) lo svolgimento di
attivita' ittiche deve essere visto in particolare in relazione  alla
possibilita'   di   intervenire   come   fattore  di  sviluppo  e  di
integrazione nelle economie locali.
   La proposta, del  resto  ormai  accettata  da  diversi  paesi  del
Mediterraneo, e' quella di promuovere e consolidare, attraverso forme
di  acquacoltura integrata, una sorta di economia delle zone umide la
quale puo' risultare di grande utilita' anche per la riqualificazione
di forze di lavoro in esubero nella pesca. La  suddetta  integrazione
deve  riguardare  sia  il  settore al suo interno sia le attivita' ad
essa collegate.
   Si possono pertanto promuovere interventi diretti:
-  da  una  parte al contenimento dei rischi legati alla gestione dei
  grandi spazi (controllo dei  parametri  ambientali,  controllo  dei
  predatori, ecc.);
-  dall'altra  a creare le necessarie sinergie, in chiave locale, con
  gli altri  settori  dell'economia,  a  partire  dalla  pesca,  alle
  attivita'  di  valorizzazione  delle  produzioni  ittiche,  sino al
  turismo.
   Questo quadro di integrazioni e di sinergie permettera'  anche  la
creazione  di  un  "business  ittico" avente capacita' di mitigazione
rispetto a particolari situazioni  socio  economiche  nelle  zone  di
costa meno avvantaggiate dal turismo.
   D'altra  parte  il  mantenimento  prevalente di forme estensive di
produzione ittica nelle valli e lagune contribuira' enormemente  alla
difesa  ambientale  nelle zone umide, aree in cui l'operatore svolge,
in contemporanea, sia operazioni a fini  produttivi  sia  a  fini  di
conservazione.
   In  questo contesto l'attivita' ittica verra' ad assumere un ruolo
sempre  piu'  importante  nella  salvaguardia  ambientale.  Nondimeno
occorrera'  promuovere  ulteriormente la innovazione tecnologica, dal
momento  che   la   produzione   dell'estensivo,   come   la   stessa
conservazione delle risorse richiedono una continua gestione dei siti
a partire dal controllo della qualita' delle acque.
   Per  l'acquacoltura  delle  aree  vallive  e  lagunari si potrebbe
inoltre studiare la possibilita' di adozione di un marchio di origine
geografica,  in  virtu'  della  specificita'  riconosciuta  a  queste
produzioni.
10. Ricerca
   10.1  La  ricerca ha un ruolo centrale nello sviluppo acquacoltura
essendo questa una attivita' innovativa, che  tende  a  scoprire  con
incredibile  velocita' nuove opportunita' produttive e nuovi spazi da
colonizzare.
   Basti pensare che il tasso di crescita annuo del settore a livello
mondiale e' di  circa  il  10%,  e  che  attualmente  la  tendenza  a
colonizzare  il  mare  aperto  non pone limiti spaziali alla crescita
produttiva mentre impone la ricerca di affidabili tecnologie per  gli
impianti   e   per   il   controllo,   naturalmente   cio'   modifica
sostanzialmente il rapporto tra domanda ed offerta  che  ha  fin  qui
caratterizzato   alcuni  prodotti  marini  da  pesca  limitati  dalla
disponibilita' di siti a terra.
   Le  ricerche  in  acquacoltura  svolte   nell'ambito   del   Piano
triennale, rappresentano il supporto piu' mirato da parte del Governo
al comparto. Queste si vanno a sommare a quanto svolto nell'ambito di
progetti CNR e di quelli promossi dalle Amministrazioni locali, dalle
Universita' e da altri Enti di ricerca, nonche' dal settore privato.
   10.2  Lo sviluppo di un "sistema acquacoltura" attraverso la messa
a punto di  tecnologie  competitive  per  le  aziende  e  di  modelli
gestionali  idonei  per  la  conservazione  attiva  degli  ecosistemi
acquatici  potrebbe  offrire  opportunita'  occupazionali  di   tutto
rispetto anche nel mezzogiorno d'Italia, che ha condizioni climatiche
ottimali. La ricerca scientifica in questo giuoca un ruolo essenziale
se  gli  obiettivi  della stessa sono ben identificati, tenendo conto
delle differenti priorita'  che  le  differenti  pratiche  produttive
domandano,  nelle diversificate realta' ambientali, socioculturali ed
economiche del Paese.
   La  scelta  del  piano  precedente  e'  stata  quella  di   creare
opportunita'  per  una ricerca in acquacoltura che potesse accelerare
lo sviluppo dei vari comparti. La presenza di competenze  diffuse  in
varie Istituti pubblici e la presenza di strutture private competenti
ha  portato  ad  avere una azione diffusa ma non dispersiva grazie ad
azioni di coordinamento piu'  efficaci  e  grazie  alla  presenza  di
operatori economici negli organi consultivi della legge 41, fatto che
consente un migliore avvicinamento tra ricerca e produzione.
   Sono   state  attivate  oltre  120  unita'  operative  che  stanno
lavorando su problemi relativi alle relazioni  acquacoltura-ambiente,
alla  messa  a  punto  di  tecniche  per  produrre  nuove  specie con
controllo  di  qualita'  delle  produzioni   innovative,   patologia,
nutrizione  animale, controllo di qualita', genetica e biotecnologia,
sviluppo di tecnologie con particolare riferimento alle produzioni in
mare  aperto,  studi  sulle   barriere   artificiali,   studi   sulla
molluschicoltura  per la rapida crescita del comparto e per sfruttare
le crescenti opportunita'. Sono stati  altresi'  assegnati  contratti
per lo studio degli aspetti economici, giuridici e di mercato.
   10.3  Il presente V Piano dovrebbe consentire di rafforzare questo
processo aumentando il livello di coordinamento tra le varie linee di
ricerca,  comportando  in  tal  modo  la   totale   eliminazione   di
duplicazioni  o  di  programmi  non  prioritari,  con  effetti  sulla
riduzione dei costi dei programmi stessi.
   Per quanto riguarda acquacoltura estensiva risulta prioritaria  la
conoscenza degli ambienti in cui si opera per definirne il livello di
compatibilita' tra i vari usi, anche al fine di determinarne le linee
di  gestione  integrata.  E'  necessario produrre giovanili adatti al
ripopolamento   delle   lagune,   salvaguardando   al   massimo    le
caratteristiche  delle  popolazioni  autoctone,  armonizzare l'uso di
aree costiere per  acquacoltura  con  la  presenza  incontrollata  di
uccelli  ittiofagi studiando metodi di intervento. Studiare sul piano
ecologico  ed  economico  modelli  gestionali   che   permettano   di
conservare attivita' tradizionali e compatibili con la conservazione.
   L'ambiente  di allevamento e' altro soggetto di ricerca importante
da un lato per la ricerca di tecnologie tese a migliorare la qualita'
dall'altro per ridurre gli impatti esterni. In tal senso nel caso  di
impianti  intensivi  l'ottimizzazione  dei  circuiti  chiusi potrebbe
ridurre gli impatti esterni ottimizzando l'uso dell'acqua.
   Lo sviluppo  di  attivita'  in  mare  apre  nuovi  capitoli  dalla
ecologia applicata alle barriere artificiali, a tutta quella serie di
ricerche   che   permetteranno   di  ottimizzare  le  tecnologie  per
conquistare il mare aperto e per consentire il controllo  remoto  dei
processi nonche' dell'impatto ambientale.
   Le  ricerche  genetiche e biotecnologiche dovranno comunque tenere
conto  delle  esigenze   di   tutelare   le   popolazioni   naturali,
controllando  quegli  interventi  che  comportano una riduzione della
biodiversita', e stimolando ricerche che attraverso programmi  mirati
di  selezione,  la  manipolazione cromosomica le moderne applicazioni
biotecnologiche consentano al  comparto  zootecnico  di  disporre  di
materiale  da  allevamento  sempre piu' performante e competitivo per
qualita' e per costi di produzione.
   Nella   ricerca  zootecnica  risulta  di  fondamentale  importanza
continuare ricerche tendenti a  meglio  comprendere  i  rapporti  tra
nutrizione  e  fattori  neuroendocrini  che  regolano lo sviluppo, la
crescita, il rapporto proteine / grassi corporei dei pesci  allevati.
Tutte  le  ricerche  su  fonti  proteiche  alternative alle farine di
pesce. Analogamente l'ottimizzazione dei  rapporti  proteina/energia,
l'identificazione  delle  fonti  lipidiche  e dei tassi di inclusione
negli alimenti, nonche' i fabbisogni in vitamine e minerali,  saranno
soggetti  di  ricerca  per accelerare i livelli di competitivita'. In
tal senso formulazioni ottimali dovranno  essere  definite  anche  al
fine di ridurre l'impatto ambientale dei reflui da intensivo.
   Le   ricerche   su   nuovi  candidati  per  l'allevamento  domanda
simultaneamente conoscenze biologiche e zootecniche,  per  affrettare
quel   processo  di  diversificazione  che  in  acquacoltura  si  sta
verificando  con  velocita'  crescente  a  livello  mondiale.   Basti
ricordare  che  il  numero di specie allevate e' di oltre 150, non si
tratta al momento di razze, ma per lo  piu'  di  organismi  che  sono
oggetto di manipolazione umana da pochissime generazioni.
   Le  ricerche  in  tema  di patologie delle specie allevate avviate
nell'ambito  del   IV   Piano   hanno   risposto   fondatamentalmente
all'esigenza  di definire la situazione epidemiologica sul territorio
nazionale. Il monitoraggio delle patologie presenti negli impianti  e
la  diffusione  e la standardizzazione delle metodiche di analisi tra
gli Istituti zooprofilattici specializzati in Ittiopatologia potranno
infatti  costituire  validi  strumenti  per  la  prevenzione  ed   il
controllo delle patologie.
   In  relazione  alle  patologie  batteriche  e virali emergenti, in
particolare per le specie ittiche marine, un supporto scientifico  e'
necessario   per   individuare   gli  agenti  eziologici,  meccanismi
patogenetici e possibili misure di terapia e profilassi prima che  la
diffusione di queste nuove patologie interessi tutto il territorio.
   Ulteriori  studi  sono  necessari per la messa punto di un vaccino
nei confronti della Pasteurellosi e per il  miglioramento  di  quelli
gia' in uso contro la Vibriosi.
   L'individuazione  di  nuovi  chemioterapici,  in  sostituzione  di
quelli attualmente in uso negli impianti intensivi,  che  abbiano  un
minore impatto sugli ecosistemi dei bacini riceventi.
   Sono   infine  da  sviluppare  programmi  di  ricerca  finalizzati
all'ottenimento di prodotti di qualita', intesa come qualita'  totale
per  il  consumatore.  A  tal  fine  sara' necessario approfondire la
conoscenza della influenza  della  composizione  della  alimentazione
delle   specie   allevate,   nonche'   di   quella  esercitata  dalle
caratteristiche  dell'ambiente  acquatico  sulla  qualita'  igienico-
sanitaria,   nutrizionale   ed   organolettica  dei  prodotti  ittici
allevati.  Sara' inoltre necessario controllare l'eventuale  presenza
di  residui  di  chemioterapici o loro prodotti di degradazione nelle
carni dei prodotti ittici.
   10.4 In generale la acquacoltura moderna, non  disponendo  di  una
forte  esperienza  necessita  di  ricerca  per  progredire e rimanere
competitiva, si tratta di ricerca che coinvolge singole discipline  e
livelli  di  integrazione sempre piu' complessi quando si considerano
tempi tra loro correlati come ambiente e salute del consumatore.
   Nell'attuazione del V  Piano  saranno  esclusivamente  considerati
quei programmi di ricerca coordinati e che preferibilmente forniscano
l'identificazione  di  tematiche  comuni per ricercatori e produttori
nell'interesse collettivo favorendo tra l'altro la salvaguardia delle
risorse.
Andamento della produzione di molluschi in Italia
Anno di Produzione   mitili (ton)      vongole veraci
                   (da allevamento          (ton)
                     e da banchi
                      naturali)
      1985             70,000                 0,9
      1986             67,000                30,2
      1987             85,000               285,1
      1988            105,000             1.937
      1989            110,000             7.119
      1990            110,000            16.710
      1991            101,000            27.116
      1992            116,000            27.740
      1993            120,000            23.908
      1994            126,000            39.976
      1995            132,000            60.850
Produzione di Tapes philippinarum in Italia
Anno     Laguna di     Delta       Delta       Totale
         Marano e      Veneto     Emiliano
         Venezia-
         Chioggia
1985         0.7          0.1         0.1         0.9
1986         4.1         26           0.1        30.2
1987        10.1        240          35         285.1
1988        17          320        1600        1937
1989        19         1800        5300        7119
1990      1310         6100        9300       16710
1991      2416         9200       15500       27116
1992      3340         9100       14300       27740
1993      5000         6908       12000       23908
1994     25000         5976        9000       39976
1995     45000         5850       10000       60850
                            PARTE SECONDA
                   TITOLO I - LE STRUTTURE A TERRA
1. L'INDUSTRIA CONSERVIERA ITTICA ITALIANA
   1.1 La struttura dell'industria  di  trasformazione  dei  prodotti
della  pesca  mostra  un  deterioramento delle tendenze di fondo, sia
positive  che  negative,  gia'  registrate   nel   precedente   Piano
Triennale.
   1.2  In  particolare,  le  novita'  che caratterizzano il comparto
possono essere sintetizzate nei seguenti punti:
- rallentamento  della  produzione  a  causa  del  peggioramento  dei
  termini  di  scambio che hanno determinato un aggravio dei costi di
  approvvigionamento della materia prima,
-   intensificazione   della   dipendenza   esterna    quanto    alla
  disponibilita' della materia prima,
-  intensificazione  delle  difficolta'  di approvvigionamento quanto
  alla materia prima di origine interna (vongole),
- incremento  delle  produzioni  trasformate  con  materia  prima  di
  origine  nazionale,  proveniente  da allevamenti in acque dolci. In
  particolare, va rilevato, il permanere di una tendenza ad integrare
  la fase dell'allevamento con quella della trasformazione.
   1.3 I livelli occupazionali del  settore  conserviero  industriale
confermando  le previsioni del precedente Piano Triennale, registrano
un andamento decrescente, tanto che gli addetti sono passati da 7.100
nel 1989 a 6.500 nel 1992 ed infine a ca 6.000 nel 1995. A tale cifra
vanno poi aggiunti ca 1800 addetti impegnati nel settore artigianale,
la gran parte dei quali assume caratteristiche stagionali.
   La utilizzazione degli impianti mostra un andamento fluttuante  in
funzione  della  domanda  da  un  lato,  ma  anche  e soprattutto, in
funzione degli investimenti diretti ad incrementare la  produttivita'
del   capitale   e  del  lavoro.  In  tal  senso  la  percentuale  di
utilizzazione  degli  impianti  rispetto  alla  capacita'  produttiva
totale  si e' attestata nel 1995 sul 53% rispetto al 60% del 1992. Da
questo punto di vista, gli investimenti registrati nel settore  sono,
ancora  oggi,  diretti al recupero di margini di produttivita', senza
che l'occupazione ne possa beneficiare. Il livello  di  utilizzazione
degli  impianti,  d'altra parte, mostra da anni una tendenza negativa
omogenea, anche in presenza di investimenti continui. La novita'  che
contraddistingue  quest'ultimo  triennio  riguarda  il  fatto  che la
tendenza negativa non riguarda solo piu' ed esclusivamente i  livelli
occupazionali  ed il tasso di utilizzazione degli impianti, ma a tali
indicatori si e' aggiunta anche la riduzione dei  livelli  produttivi
realizzati  dall'industria  delle  conserve, in particolare di quelle
del tonno. Al contrario, sempre per quel  che  riguarda  quest'ultimo
segmento  produttivo,  si  registra  una continua progressione quanto
alle importazioni di  prodotto  finito,  in  particolare  di  origine
spagnola.
   1.4  Andamento  della  produzione. Nel corso del periodo 92/95, il
comparto, nel suo complesso, mostra una tendenza  riflessiva  che  si
estende  a  tutti i segmenti produttivi. La produzione complessiva ha
raggiunto le 144.200 tonnellate di prodotto per un  valore  di  1.484
miliardi  di lire nel 1995, pari a -10,8% e -3,6% rispettivamente. In
particolare, si registra:
-  una  riduzione della produzione per le conserve di tonno e filetti
  di acciughe all'olio,
- una sostanziale stabilita'  per  tutte  le  altre  conserve,  fatto
  eccezione  per  le  acciughe  salate  che,  tuttavia, dopo il forte
  incremento registrato nel 1993, si  sono  anche  esse  stabilizzate
  intorno alle 11.000 tonnellate di prodotto finito,
-  un ulteriore sensibile regresso si registra nei casi delle sardine
  all'olio e delle vongole conservate e surgelate.
   1.5 Import-Export delle principali specie ittiche trasformate.  La
produzione  registrata  dal  comparto  conserviero implica un analogo
andamento dello sbilancio commerciale  quanto  all'approvvigionamento
della materia prima, stante l'irrilevante quota di origine interna.
Di conseguenza, l'interscambio con l'estero di prodotto finito mostra
un  forte  incremento con conseguente maggiore dipendenza interna. In
particolare,  le  importazioni  complessive  di  prodotti  conservati
passano dalle 122.014 tonnellate nel 1992 alle 125.527 tonnellate nel
1995   (+2,8%),  mentre  le  esportazioni  mostrano  una  sostanziale
stabilita' intorno alle 12.000 tonnellate.
2. ANALISI DELLE PROBLEMATICHE RELATIVE A CIASCUN COMPARTO
Stante  la  gia'  citata  invarianza  delle  problematiche  e   degli
andamenti  strutturali registrati nei singoli comparti si confermano,
ed in qualche caso si accentuano,  le  tendenze  e  le  analisi  gia'
contenute nel precedente Piano triennale.
   2.1 Conserve di tonno
   2.1.1  Approvvigionamento  della  materia  prima.  Le  16  aziende
operanti nel comparto dispongono di una capacita' produttiva  che  si
aggira intorno alle 170 mila tonnellate di materia prima lavorata per
anno,  cui  fa  riscontro  una  effettiva  utilizzazione  di 118 mila
tonnellate di tonno  grezzo  nel  1995,  con  un  leggero  decremento
rispetto alle 133 mila tonnellate registrate nel 1992.
   2.1.2 Struttura del settore. Le strutture produttive, come gia' si
e'  accennato  in  precedenza,  sono  caratterizzate  da  un costante
processo di razionalizzazione ed ammodernamento  degli  impianti.  In
particolare  le  norme in materia igienico sanitaria, emanate in sede
comunitaria e recepite in sede nazionale, sono state recepite anche a
costo di un sostenuto e costoso  processo  di  adeguamento  da  parte
delle aziende produttrici.
   2.1.3   Concorrenza  estera.  L'andamento  delle  importazioni  di
prodotto finito conferma sempre piu' le  tendenze  alla  penetrazione
commerciale gia' in atto nel corso del precedente Piano. Infatti, pur
in  presenza  di una forte struttura commerciale e distributiva delle
aziende conserviere  italiane,  le  importazioni  sono  aumentate  da
14.530  a  18.348  ton.  (+26%),ed  anche le esportazioni mostrano un
andamento analogo passando da 3.395 a 4.902  ton.  (+44%).  Con  cio'
dimostrando la forte influenza del deterioramento dei tassi di cambio
che  ha caratterizzato il periodo in esame. Le implicazioni derivanti
da tali andamenti consentono di confermare l'esistenza di  una  forte
pressione  sui  meccanismi  concorrenziali,  aggravati  peraltro, dal
fatto che gli incrementi di valore unitari delle  conserve  di  tonno
prodotte  in Italia continuano a mantenersi al di sotto del saggio di
inflazione, con ovvia pressione sui margini operativi  delle  aziende
interne.
 _________________________________________________
|    PRINCIPALI INDICATORI DELL'INDUSTRIA DELLE   |
|    CONSERVE DI TONNO ANNI 1992/1995             |
|_________________________________________________|
|               |           |           |         |
|               |    1992   |    1995   |   VAR%  |
|_______________|___________|___________|_________|
|               |           |           |         |
| PRODUZIONE    |   93.100  |   83.000  |  -10,0  |
| (TON)         |           |           |         |
|_______________|___________|___________|_________|
|               |           |           |         |
| VALORE        |  744.800  |  755.300  |   +1,4  |
|(Milioni di    |           |           |         |
|  lire         |           |           |         |
|_______________|___________|___________|_________|
|               |           |           |         |
| PREZZO MEDIO  |    8.000  |    9.100  |  +13,7  |
| (LIRE/Kg)     |           |           |         |
|_______________|___________|___________|_________|
|               |           |           |         |
| IMPORT (Ton)  |   14.530  |   18.348  |  +26,3  |
|_______________|___________|___________|_________|
|               |           |           |         |
| EXPORT (Ton)  |    3.395  |    4.902  |  +44,4  |
|_______________|___________|___________|_________|
|               |           |           |         |
| CONSUMO       |  104.235  |   96.446  |   -7,4  |
| APPARENTE     |           |           |         |
|_______________|___________|___________|_________|
Fonte: ANCIT
   2.1.4 Consumo di tonno in Italia. Il consumo apparente di conserve
di  tonno  mostra  una  riduzione del 7,4%, passando dalle precedenti
104.235 nel 1992 alle 96.446 nel  1995.  Tali  andamenti  sono  stati
sostanzialmente determinati dalla variazione del tasso di cambio che,
da  un  lato  ha  imposto  una maggior cautela quanto all'acquisto di
materia prima, dall'altro ha reso  piu'  vantaggiosa  la  stipula  di
contratti  di  vendita  in  Paesi esteri, con cio' riducendo la quota
disponibile per i consumatori italiani.
   2.2 Conserve di sardine. Il comparto in esame attraversa anche  in
questo  periodo  una gravissima crisi che trova le sue radici in anni
non recenti. Nel corso di quest'ultimo triennio, infatti, le  aziende
attive  del  comparto  sono rimaste in tre. Tale crisi, come e' stato
piu' volte sottolineato nelle precedenti edizioni  del  Piano,  trova
motivazione  nella  scarsa competitivita' della produzione nazionale,
ma anche nella continua discesa dei consumi interni, che sono  oramai
ridotti a sole 3.421 tonnellate.
   L'insieme  delle  cause qui di nuovo ricordate non consente facili
ottimismi circa i livelli  produttivi  in  futuro.  Nel  corso  degli
ultimi anni il trend negativo, che gia' esisteva in precedenza, si e'
ulteriormente  consolidato. La produzione ha subito una riduzione del
58%, passando da 5.000 a 2.100 tonnellate,  mentre  il  valore  della
produzione  si  e'  attestato  sui  13,6  miliardi  di  lire  con una
variazione negativa del 51,4%. Anche il consumo  apparente,  a  causa
della  riduzione  della produzione interna registra una riduzione del
14% nel corso del periodo 1992/1995. Le  importazioni,  tuttavia,  si
mantengono  relativamente  sostenute  ed  hanno  raggiunto  le  2.648
tonnellate e rappresentano il 77% del consumo apparente.
 _________________________________________________
|    PRINCIPALI INDICATORI DELL'INDUSTRIA DELLE   |
|    CONSERVE DI SARDINE ANNI 1992/1995           |
|_________________________________________________|
|               |           |           |         |
|               |    1992   |    1995   |   VAR%  |
|_______________|___________|___________|_________|
|               |           |           |         |
| PRODUZIONE    |    5.000  |    2.100  |  -58,0  |
| (TON)         |           |           |         |
|_______________|___________|___________|_________|
|               |           |           |         |
| VALORE        |   28.000  |   13.600  |  -51,4  |
|Milioni di LIRE|           |           |         |
|_______________|___________|___________|_________|
|               |           |           |         |
| PREZZO MEDIO  |    5.700  |    4.760  |  -16,4  |
| (LIRE/Kg)     |           |           |         |
|_______________|___________|___________|_________|
|               |           |           |         |
| IMPORT (Ton)  |    1.661  |    2.648  |  +59,4  |
|_______________|___________|___________|_________|
|               |           |           |         |
| EXPORT (Ton)  |    2.668  |    1.327  |  -50,2  |
|_______________|___________|___________|_________|
|               |           |           |         |
| CONSUMO       |    3.973  |    3.421  |  -13,9  |
| APPARENTE     |           |           |         |
|_______________|___________|___________|_________|
Fonte: ANCIT
   2.3 Prodotti conservati a base di acciughe. La ripresa  produttiva
che  ha  caratterizzato  lo  sfruttamento  dello stock di acciughe ha
comportato una positiva  ricaduta  sia  dal  lato  dell'industria  di
trasformazione che dal lato della bilancia commerciale.
Infatti,   le   importazioni,   in  particolare  di  acciughe  salate
utilizzate come prodotto intermedio per la preparazione  dei  filetti
all'olio,  non  hanno  subito  alcuna  variazione,  mentre  e'  stata
registrata una ripresa delle relative esportazioni (+14%).
L'andamento complessivo del  settore,  sia  per  quanto  riguarda  il
prodotto salato che quello preparato all'olio, mantiene inalterate le
caratteristiche  positive  gia'  riscontrate  nel  corso  degli  anni
precedenti, anche se si  denotano  alcuni  segni  di  stanchezza,  in
particolare  nel  caso  dei  filetti all'olio. La domanda si presenta
complessivamente ancora sostenuta, cio' anche a causa del minor costo
del prodotto finito. Infatti, a seguito della maggiore disponibilita'
di materia  prima  e'  stata  registrata  una  riduzione  del  prezzo
corrispondente,  che  e'  stato  possibile  trasferire  sulla vendita
all'ingrosso.
La  produzione  aumenta  dell'83% nel caso del salato, mentre subisce
una riduzione nel caso del filetto all'olio (-16,1%). Il valore delle
due linee di lavorazione raggiunge nel 1995 i 390 miliardi  di  lire,
che  rappresenta ca il 50% del valore della produzione delle conserve
di  tonno.  In  considerazione  della  dimensione  produttiva  oramai
raggiunta e, soprattutto, tenuto conto del fatto che:
-   le   lavorazioni   di   acciughe   consentono   elevati   livelli
  occupazionali,
- la materia prima utilizzata risulta, ove  disponibile,  di  origine
  interna,
il   comparto   in   questione  si  pone  quale  importante  segmento
dell'industria conserviera italiana.
A seguito dell'abbattimento dei prezzi della materia prima  anche  il
prezzo  medio  del salato registra una forte flessione (-44%). Quanto
al prezzo dei filetti all'olio  non  si  registra  alcuna  variazione
significativa   data   la   minore   incidenza  della  materia  prima
nell'ambito del processo di lavorazione.  Nel  complesso  il  consumo
apparente,  gia'  sostenuto  negli  anni  precedenti,  si mantiene su
livelli notevoli ed, in assoluto, tra i piu' interessanti  nel  pano-
rama delle conserve ittiche italiane.
 _________________________________________________
|    PRINCIPALI INDICATORI DELL'INDUSTRIA DELLE   |
|    ACCIUGHE - ANNI 1992/1995                    |
|                                                 |
|  SALATO                                         |
|_________________________________________________|
|               |           |           |         |
|               |    1992   |    1995   |   VAR%  |
|_______________|___________|___________|_________|
|               |           |           |         |
| PRODUZIONE    |    6.000  |   11.000  |  +83,3  |
| (TON)         |           |           |         |
|_______________|___________|___________|_________|
|               |           |           |         |
| VALORE        |   67.200  |   68.200  |   +1,4  |
| (Milioni/Lit) |           |           |         |
|_______________|___________|___________|_________|
|               |           |           |         |
| PREZZO MEDIO  |   11.200  |    6.200  |  -44,6  |
| (LIT/Kg)      |           |           |         |
|_______________|___________|___________|_________|
|               |           |           |         |
| IMPORT (Ton)  |    5.589  |    5.524  |   -0,1  |
|_______________|___________|___________|_________|
|               |           |           |         |
| EXPORT (Ton)  |      629  |      722  |  +14,7  |
|_______________|___________|___________|_________|
|               |           |           |         |
| CONSUMO       |   10.960  |   15.002  |  +36,8  |
| APPARENTE     |           |           |         |
|_______________|___________|___________|_________|
   FILETTI ALL'OLIO
 _________________________________________________
|               |           |           |         |
| PRODUZIONE    |   15.500  |   13.000  |  -16,1  |
| (TON)         |           |           |         |
|_______________|___________|___________|_________|
|               |           |           |         |
| VALORE        |  372.000  |  312.000  |  -16,1  |
| (Milioni/Lit) |           |           |         |
|_______________|___________|___________|_________|
|               |           |           |         |
| PREZZO MEDIO  |   24.000  |   24.000  |   -7,7  |
| (LIT/Kg)      |           |           |         |
|_______________|___________|___________|_________|
|               |           |           |         |
| IMPORT (Ton)  |    1.256  |    2.543  | +102,4  |
|_______________|___________|___________|_________|
|               |           |           |         |
| EXPORT (Ton)  |      709  |    1.001  |  +41,8  |
|_______________|___________|___________|_________|
|               |           |           |         |
| CONSUMO       |   16.047  |   14.592  |   -9,3  |
| APPARENTE Ton |           |           |         |
|_______________|___________|___________|_________|
Fonte: ANCIT
   2.4  Conserve  di  vongole. Analogamente a quanto gia' riscontrato
nel caso delle conserve di sardine, anche gli indicatori del comparto
vongole definiscono una situazione di forte crisi laddove la  materia
prima  e' esclusivamente di origine interna. L'eccessivo sfruttamento
dei banchi di vongole negli anni passati ha determinato  infatti  una
situazione di impoverimento della risorsa e, di conseguenza, anche la
materia   prima   per   l'industria   di   trasformazione  e'  andata
progressivamente  riducendosi.  Tuttavia,  a  partire  dal  1992,  si
registra una lenta ripresa che ha consentito un parziale recupero dei
livelli precedenti, tanto da raggiungere le 2.500 tonnellate nel 1995
per un corrispondente valore di 40 miliardi.
A  causa  della  crisi, che oramai ha assunto caratteristiche di tipo
strutturale  stante  il  perdurare  delle  difficolta'  del   settore
produttivo  in  mare, le aziende ancora interessate a questo segmento
di mercato hanno da tempo trasferito gli impianti di  lavorazione  in
Paesi  terzi  in  cui vi e' materia prima. Tuttavia, sulla base delle
piu' recenti rilevazioni si nota come anche le  nuove  localizzazioni
sono   caratterizzate   da   una   incerta  continuita'  quanto  agli
approvvigionamenti.
 _________________________________________________
|    PRINCIPALI INDICATORI DELL'INDUSTRIA DELLE   |
| VONGOLE CONSERVATE E SURGELATE - ANNI 1992/1995 |
|_________________________________________________|
|               |           |           |         |
|               |    1992   |    1995   |   VAR%  |
|_______________|___________|___________|_________|
|               |           |           |         |
| PRODUZIONE    |    2.100  |    2.500  |  +19,0  |
| (TON)         |           |           |         |
|_______________|___________|___________|_________|
|               |           |           |         |
| VALORE        |   27.300  |   40.000  |  +46,5  |
| (Milioni/Lit) |           |           |         |
|_______________|___________|___________|_________|
|               |           |           |         |
| PREZZO MEDIO  |   13.000  |   16.000  |  +23,0  |
| (LIT/Kg)      |           |           |         |
|_______________|___________|___________|_________|
|               |           |           |         |
| IMPORT (Ton)  |    3.270  |    1.012  | -690    |
|_______________|___________|___________|_________|
|               |           |           |         |
| EXPORT (Ton)  |       56  |       50  |  -10,1  |
|_______________|___________|___________|_________|
|               |           |           |         |
| CONSUMO       |    5.314  |    3.462  |  -34,8  |
| APPARENTE Ton |           |           |         |
|_______________|___________|___________|_________|
Fonte: ANCIT
   2.5 Altre specie ittiche oggetto di trasformazione
Le  preparazioni  ittiche  afferenti  questo  comparto  sono da tempo
oggetto  di  una  maggior  attenzione  da  parte  delle  aziende   di
trasformazione,  tanto che in molti casi le linee di lavorazione sono
aggiuntive rispetto ad impianti piu'  tradizionali.  Gia'  nel  corso
della  precedente  edizione  del  Piano si ebbe modo di constatare la
crescente  importanza  di  tali   produzioni   che   possono   essere
raggruppate in funzione della materia prima utilizzata:
- molluschi, con provenienza sud est asiatico,
- calamari di origine polacca ed argentina,
- seppie di origine nord africana e francese.
La  produzione, pur differenziata in una moltitudine di preparazioni,
puo' essere stimata in circa 19.000 tonnellate  cui  corrisponde  una
utilizzazione di materia prima di ca. 20.000 tonnellate.
Va,  comunque,  rilevato  che, nell'ambito delle conserve ittiche, si
registra da tempo una forte espansione delle preparazioni di prodotti
realizzati con materia prima proveniente dagli allevamenti  in  acque
dolci.
Le   trote  filettate  ed  affumicate,  ma  anche  altre  produzioni,
realizzate in molti casi dagli stessi allevatori,  costituiscono  una
realta'   produttiva  di  notevole  interesse  cui  occorre  prestare
attenzione  e  collocare  nel  piu'  ampio  panorama  della  politica
alimentare  ittica  nazionale.  Cio'  anche alla luce degli sforzi da
tempo  sostenuti  dall'amministrazione  nazionale  nel  favorire   il
potenziamento delle strutture di allevamento in Italia.
   2.6  Prodotti  ittici  surgelati.  I  consumi  di  prodotti ittici
surgelati mostrano un trend crescente a ritmi sostenuti che nel  1995
ha  fatto  registrare  ca 70.000 tonnellate con un incremento del 32%
rispetto al 1992.
Parte di questi consumi sono prodotti  in  Italia  e,  nel  1995,  si
attestano  sulle 23.500 tonnellate per un valore di 131,6 miliardi di
lire. Nell'ambito delle produzioni  interne  si  rileva  una  duplice
tendenza,  la  prima  delle  quali  vede  le  aziende impegnate nella
realizzazione di prodotti di tipo tradizionale, il  cui  processo  di
lavorazione  si  limita  a poche operazioni di pulitura della materia
prima, mentre la seconda riguarda la produzione di precotti a base di
pesce. Questo segmento  produttivo  e'  caratterizzato  da  un  trend
crescente e ad elevato valore aggiunto.
3. COMPARTO COMMERCIALE
   3.1  Il  commercio  con  l'estero.  L'andamento  della  domanda di
prodotti  ittici  in  Italia  conferma  l'esistenza  di  una  marcata
tendenza  all'aumento, anche se, dopo gli incrementi registrati negli
ultimi anni, si  assiste  ad  una  stabilizzazione  dei  consumi  sui
precedenti  livelli.  Va,  comunque,  rilevato  che il buon andamento
della produzione interna ha  consentito  una  leggera  riduzione  dei
quantitativi   di   prodotto   importato   ed   un  incremento  delle
esportazioni, con cio' migliorando il grado di autoapprovvigionamento
di ben 4 punti percentuali. Tale risultato costituisce un segnale  di
indubbio  interesse  anche  perche',  pur  non  trascurando l'effetto
derivante  dalla  svalutazione  della  moneta  sugli  indicatori   di
quantita',   rappresenta   una   risposta  alla  continua  azione  di
razionalizzazione   dello   sforzo   di   pesca   e    di    sviluppo
dell'acquacoltura,  che  e'  stata  sviluppata in Italia negli ultimi
anni. E'  evidente  che  nella  misura  in  cui  tale  azione  potra'
ulteriormente   svilupparsi,   il   forte  divario  che  caratterizza
l'attuale  struttura  del  commercio  estero   potra'   ulteriormente
ridursi.
   3.2  Tuttavia,  il  contributo fornito dalla produzione interna al
riequilibrio della bilancia  commerciale,  non  trova  corrispondenza
nell'analisi  degli  stessi  dati  in  termini  di  valore.  Infatti,
nonostante la riduzione  delle  importazioni  da  634.512  a  582.111
tonnellate nel periodo 1991/1994 (-7,7%), il corrispondente valore ha
subito, al contrario, un incremento da 3.256 a 3.515 miliardi di lire
(+7,9%).  Di  conseguenza, l'incidenza del deficit ittico sul deficit
dell'intera bilancia agroalimentare e' aumentato dal 22,4%  al  24,5%
ed   inoltre  il  grado  di  autoapprovvigionamento  che  in  termini
quantitativi e' passata dal 56% al  60%,  in  termini  di  valore  ha
subito  un  peggioramento di un punto percentuale, passando dal 55,3%
al 56,3%. La dimensione del dato non lascia adito a  dubbi  circa  la
necessita'  di  adottare  misure  dirette  a potenziare ulteriormente
l'offerta interna ed a creare condizioni di maggiore  sostituibilita'
fra  i consumi di specie di acqua dolce e di mare e fra le produzioni
di allevamento e di cattura.
 ___________________________________________________________________
|                                                                   |
|  INDICATORI DEL COMMERCIO ESTERO                                  |
| (TON)                                                             |
|___________________________________________________________________|
|  Totale    |          |          |          |          |          |
| prodotti   |   1990   |   1991   |   1992   |   1993   |   1994   |
|  ittici    |          |          |          |          |          |
|____________|__________|__________|__________|__________|__________|
|            |          |          |          |          |          |
|Produzione  |   656.000|   704.000|   712.000|   736.000|   742.000|
|____________|__________|__________|__________|__________|__________|
|            |          |          |          |          |          |
|Import      |   593.564|   634.512|   605.376|   581.554|   582.111|
|____________|__________|__________|__________|__________|__________|
|            |          |          |          |          |          |
|Disponi-    | 1.249.564| 1.338.512| 1.317.376| 1.317.554| 1.324.111|
|bilita'     |          |          |          |          |          |
|____________|__________|__________|__________|__________|__________|
|            |          |          |          |          |          |
|Esporta-    |    67.720|    72.471|    74.099|    87.462|    97.843|
|zioni       |          |          |          |          |          |
|____________|__________|__________|__________|__________|__________|
|            |          |          |          |          |          |
|Saldo       |  -525.844|  -562.041|  -531.277|  -494.092|  -484.268|
|____________|__________|__________|__________|__________|__________|
|            |          |          |          |          |          |
|Movimento   |   661.284|   706.983|   679.475|   669.016|   679.954|
|____________|__________|__________|__________|__________|__________|
|            |          |          |          |          |          |
|Consumo     | 1.184.000| 1.256.000| 1.219.000|1.229.000 | 1.227.000|
|apparente   |          |          |          |          |          |
|____________|__________|__________|__________|__________|__________|
|            |          |          |          |          |          |
|Saldo       |  -79,5%  |  -79,5%  |  -78,2%  |  -73,9%  |  -71,2%  |
|normalizzato|          |          |          |          |          |
|____________|__________|__________|__________|__________|__________|
|            |          |          |          |          |          |
|Grado di    |   55,4%  |   56,1%  |   58,4%  |   59,9%  |   60,4%  |
|autoap-     |          |          |          |          |          |
|provvig.    |          |          |          |          |          |
|____________|__________|__________|__________|__________|__________|
|            |          |          |          |          |          |
 Grado       |   11,4%  |   11,4%  |   12,2%  |   15,0%  |   16,8%  |
|copertura   |          |          |          |          |          |
|import      |          |          |          |          |          |
|____________|__________|__________|__________|__________|__________|
|            |          |          |          |          |          |
|Propensione |   50,1%  |   50,5%  |   49,7%  |   47,3%  |   47,4%  |
|all'import  |          |          |          |          |          |
|____________|__________|__________|__________|__________|__________|
|            |          |          |          |          |          |
|Propensione |   10,3%  |   10,3%  |   10,4%  |   11,9%  |   13,3%  |
|all'export  |          |          |          |          |          |
|____________|__________|__________|__________|__________|__________|
|            |          |          |          |          |          |
|Grado di    |   46,1%  |   46,4%  |   45,4%  |   42,7%  |   42,5%  |
|apertura    |          |          |          |          |          |
|____________|__________|__________|__________|__________|__________|
(Miliardi di lire)
 ___________________________________________________________________
|Totale      |          |          |          |          |          |
|prodotti    |   1990   |   1991   |   1992   |   1993   |   1994   |
|ittici      |          |          |          |          |          |
|____________|__________|__________|__________|__________|__________|
|            |          |          |          |          |          |
|Plv         |     3.534|     3.659|     3.844|     3.813|     3.935|
|____________|__________|__________|__________|__________|__________|
|            |          |          |          |          |          |
|Import      |     2.876|     3.256|     3.170|     3.277|     3.515|
|____________|__________|__________|__________|__________|__________|
|            |          |          |          |          |          |
|Disponibi-  |     6.410|     6.915|     7.014|     7.090|     7.450|
|lita'       |          |          |          |          |          |
|____________|__________|__________|__________|__________|__________|
|            |          |          |          |          |          |
|Esportazioni|       272|       294|       301|       397|       458|
|____________|__________|__________|__________|__________|__________|
|            |          |          |          |          |          |
|Saldo       |    -2.604|    -2.962|    -2.869|    -2.880|    -3.057|
|____________|__________|__________|__________|__________|__________|
|            |          |          |          |          |          |
|Movimento   |     3.148|     3.549|     3.471|     3.674|     3.973|
|____________|__________|__________|__________|__________|__________|
|            |          |          |          |          |          |
|Consumo     |     6.139|     6.620|     6.713|     6.686|     6.992|
|apparente   |          |          |          |          |          |
|____________|__________|__________|__________|__________|__________|
|            |          |          |          |          |          |
|Saldo       |  -82,7%  |  -83,5%  |  -82,7%  |  -78,4%  |  -76,9%  |
|normalizzato|          |          |          |          |          |
|____________|__________|__________|__________|__________|__________|
|            |          |          |          |          |          |
|Grado di    |   57,6%  |   55,3%  |   57,3%  |   57,0%  |   56,3%  |
|autoap-     |          |          |          |          |          |
|provvig.    |          |          |          |          |          |
|____________|__________|__________|__________|__________|__________|
|            |          |          |          |          |          |
|Grado       |    9,5%  |    9,0%  |    9,5%  |   12,1%  |   13,0%  |
|copertura   |          |          |          |          |          |
|import      |          |          |          |          |          |
|____________|__________|__________|__________|__________|__________|
|            |          |          |          |          |          |
|Propensione |   46,9%  |   49,2%  |   47,2%  |   49,0   |   50,3%  |
|all'import  |          |          |          |          |          |
|____________|__________|__________|__________|__________|__________|
|            |          |          |          |          |          |
|Propensione |   7,7%   |    8,0%  |    7,8%  |   10,4%  |   11,6%  |
|all'export  |          |          |          |          |          |
|____________|__________|__________|__________|__________|__________|
|            |          |          |          |          |          |
|Grado di    |   43,5%  |   45,8%  |   43,8%  |   44,8%  |   45,8   |
|apertura    |          |          |          |          |          |
|____________|__________|__________|__________|__________|__________|
|            |          |          |          |          |          |
|Ragione di  |     .83  |     .79  |     .78  |     .81  |     .78  |
|scambio     |          |          |          |          |          |
|____________|__________|__________|__________|__________|__________|
Fonte: elaborazioni ISMEA su dati ISTAT, IREPA e ICRAM
3.3  La  dimensione  dell'import  italiano,  che  per  dimensione  si
posiziona  al  quinto  posto  tra i Paesi maggiormente importatori al
mondo, non puo' non influire,  ed  eventualmente  contrapporsi,  alla
stessa   organizzazione   commerciale   della   produzione   interna.
Quest'ultima,  infatti,   mantiene   ancora   inalterate   tutte   le
caratteristiche   che   ne   indeboliscono   la   propria   capacita'
contrattuale ed e' costretta a subire l'impatto sui prezzi interni  e
sui    margini    di    profitto    imprenditoriale   imposto   dalla
commercializzazione di prodotto importato.
   3.4 Resta, pertanto, inalterata  l'esigenza  di  contribuire  alla
definizione   di   una   organizzazione   distributiva  diretta  alla
valorizzazione del  pescato  ed  alla  salvaguardia  dei  margini  di
profitto  delle  imprese di pesca. In tal senso, un ruolo impegnativo
e' stato assegnato alle associazioni di  categoria  che,  nell'ambito
degli  obiettivi  del  consorzio unitario da esse stesse costituito a
seguito della  attivazione  del  programma  comunitario  SFOP,  hanno
previsto  la adozione di iniziative in grado di favorire una politica
di concentrazione del pescato nazionale.
   3.5 In tal senso,  la  realizzazione  di  poli  di  concentrazione
produttiva rappresenta, oltre che un fondamentale momento di difesa e
valorizzazione  della  produzione  interna, anche il momento iniziale
necessario all'avvio di  una  politica  commerciale  ed  industriale,
destinata  al consolidamento ed allo sviluppo di rapporti commerciali
con la Grande Distribuzione Organizzata (G.D.O.).
                 TITOLO II - AZIONI DI COMUNICAZIONE
   1.1 Come dinanzi evidenziato,  la  dimensione  internazionale  non
solo  economica,  ma  anche politico-sociale in cui il comparto della
pesca italiana si trova ad operare ha condizionato e  continuera'  ad
influenzare sempre piu' le strategie da intraprendere.
   Anche  dal  punto  di  vista  comunicazionale, il persistere delle
difficolta' del prodotto fresco nel fronteggiare la  concorrenza  del
prodotto  di  importazione,  pure  in  considerazione  di un naturale
aumento della domanda, che certo non va scoraggiato ma indirizzato, e
la realta' di una problematica ambientale, sempre piu' importante per
il mondo della pesca, anche per il duro attacco che ne e'  conseguito
alla stessa attivita' di pesca e all'immagine dei pescatori, dovranno
essere  oggetto  di  una  riflessione  che  non  escluda  il contesto
internazionale e le direttive o le indicazioni in materia provenienti
dalle Nazioni Unite e dalla Unione Europea.
   1.2 Cio' premesso si rende necessario intraprendere  un'azione  di
comunicazione  tesa  a  valorizzare  il  settore della pesca italiana
quale elemento importante e tradizionale  della  vita  socioeconomica
del   Paese,   attraverso  una  valorizzazione  dei  prodotti,  delle
abitudini alimentari e delle situazioni sociali e  culturali  che  ne
sono propri.
   Tale  azione dovra' soprattutto assolvere un ruolo di informazione
dei cittadini e dei consumatori sui diversi aspetti del  mondo  della
pesca,  nella  considerazione  della dimensione europea cui si faceva
riferimento.
   1.3 In maniera piu' specifica l'azione di comunicazione dovra':
-  valorizzare  il  ruolo  del  comparto  della  pesca per le valenze
  economiche, occupazionali e socioculturali che assolve e che dovra'
  assolvere nel  breve  periodo  anche  rispetto  alle  problematiche
  ambientali;
-  valorizzare  il  prodotto  fresco, in quanto tipico e prodotto che
  scaturisce direttamente dal lavoro dei pescatori e degli allevatori
  italiani, assecondandone le nuove strategie di  commercializzazione
  ad  esso applicabili ed evidenziandone le qualita' organolettiche e
  la  varieta',  sostenendo  le  specie  meno  apprezzate  e  ponendo
  particolare  attenzione  alla  informazione  sulle specie di cui e'
  vietato il consumo in assoluto ovvero in determinati periodi;
- assolvere una funzione di educazione alimentare  e  ambientale  non
  sottraendosi alle esigenze di contribuire ad una generale azione di
  educazione  civica  nei  confronti  del consumatore in genere e dei
  giovani in particolare.
   Tali azioni di informazione sono in parte  gia'  state  intraprese
nel precedente triennio con risultati oggettivamente apprezzabili, in
particolare  a  titolo  esemplificativo, nel contrastare dal punto di
vista comunicazionale gli effetti del caso "allarme colera".
   1.5  In  considerazione  di  quanto  sopra  si   rende   opportuno
confermare  in  via  generale  i  mezzi  di tali azioni (coproduzioni
televisive, campagne nelle scuole, campagne e iniziative promozionali
su    stampa,    radio,    televisione    e    nei    luoghi    della
commercializzazione).
   Per quanto attiene alla comunicazione istituzionale si provvedera'
a  scegliere  un'agenzia specializzata secondo le pertinenti norme in
materia  di  appalti  di  pubblici  servizi;  per   la   coproduzione
televisiva   si   provvedera'  a  rinnovare  la  convenzione  con  la
televisione  pubblica;  l'esperienza  positiva  registrata   con   le
campagne di informazione scolastica e di sensibilizzazione di "Vivere
il   mare"   e  di  "Una  sana  alimentazione  dal  mare"  suggerisce
all'Amministrazione di proseguire nella realizzazione delle  suddette
campagne.
   Non  si  esclude  l'attivazione  di  nuove  linee di comunicazione
innovativa particolarmente adatte, tra cui un'azione di  informazione
interattiva  e  diretta  con  il  cittadino,  auspicando altresi' una
maggiore  unita'  di  intenti  e  modi  fra  le  azioni  direttamente
intraprese  dall'Amministrazione e quelle autonomamente gestite dalle
associazioni.
      TITOLO III - GLI OBIETTIVI E GLI STRUMENTI DI INTERVENTO
1. GLI OBIETTIVI
   1.1  Le  Considerazioni  sviluppate  nel  corso  delle  precedenti
sezioni  consentono  una  agevole  definizione degli obiettivi che si
ritiene utile perseguire nel corso del quinto  Piano  triennale,  nel
rispetto  del  disposto  previsto dall'articolo 1 della legge 41/82 e
successive modificazioni.
   1.2 Di fatto, tenuto conto che:
- il processo di modernizzazione del settore e', ad oggi,  tutt'altro
  che  concluso.  Che  ed  anzi esso richiede una messa a punto della
  struttura organizzativa di governo del sistema, pur assicurando  le
  necessarie condizioni di continuita' rispetto ai precedenti piani;
-  la  politica  di  salvaguardia  delle  risorse,  nell'ambito della
  ricerca di un equilibrato rapporto fra pesca ed ambiente che  tenga
  conto degli aspetti sociali ed economici, richiede la continuazione
  della  strategia conservazionista e strutturale finora adottata dal
  Governo,   anche   se   con   le   necessarie   integrazioni   rese
  indispensabili  dal mutare delle circostanze. E' del tutto evidente
  che tale strategia, alla luce della stretta interdipendenza con  la
  politica   comunitaria  e  degli  altri  organi  sovranazionali  di
  gestione, non puo' che condividerne gli indirizzi ed i vincoli, pur
  all'interno della necessaria tutela degli interessi derivanti dalla
  specificita' mediterranea che costituisce il presupposto alla  base
  dell'intera  attivita'  di  gestione adottata dall'Amministrazione.
  Cio' anche alla luce delle  pesanti  ricadute  occupazionali  e  di
  reddito derivanti dalla adozione di misure di tipo conservazionista
  assunte  a livello comunitario indipendentemente da una valutazione
  delle implicazioni sociali ed economiche;
-  la  dinamica  dei  consumi,  pur  registrando  una  ripresa  della
  produzione   interna  e  delle  esportazioni,  rimane  sostenuta  e
  richiede  il  ricorso  ad  importazioni  per  oltre  la  meta'  del
  fabbisogno interno,
se  ne  ricava  che  gli  obiettivi del quinto Piano triennale devono
necessariamente   ripercorrere   quelli   gia'   sperimentati   nelle
precedenti edizioni, pur se con le integrazioni del caso.
Difatti, gli obiettivi dovranno consistere in:
1. Adeguamento dell'apparato produttivo ed organizzativo del settore;
2. Potenziamento dell'acquacoltura in generale e della maricoltura in
   particolare;
3. Salvaguardia dei livelli occupazionali.
   1.3  Adeguamento  dell'apparato  produttivo  ed  organizzativo del
       settore.
Il primo dei tre obiettivi, alla luce  delle  considerazioni  svolte,
richiede   particolare   cura,  sia  per  l'ampiezza  delle  aree  di
intervento, che per le diverse implicazioni  che  le  caratterizzano.
Infatti, sia che si guardi alle esigenze poste dal lato dell'apparato
produttivo  che  dal  lato  organizzativo  e'  evidente che le misure
dirette a sostanziarne l'applicazione non possono che  richiedere  un
forte  impegno  di  tutte  le  componenti  settoriali. In merito alle
questioni relative all'adeguamento dell'apparato produttivo  si  pone
ancora  oggi  la  necessita'  di  proseguire nell'azione di riduzione
dello sforzo di pesca.  Tale  obiettivo  che,  peraltro,  risponde  a
criteri  conservazionisti  non  solo nazionali ma anche comunitari e'
stato  finora  perseguito  con  impegno   soddisfacendo   i   livelli
programmati  di  abbattimento  della  flotta.  Tuttavia, la riduzione
della flotta, come precedentemente evidenziato,  non  e'  sufficiente
per  garantire  il reale perseguimento di un equilibrato rapporto fra
sforzo di pesca e risorse disponibili anche in  rapporto  ai  vincoli
posti  da  un  corretto  impatto  ambientale. E' necessario, infatti,
integrare tale misura con altre di tipo tecnico adeguate alla realta'
mediterranea da un lato; ma, soprattutto, e' necessario procedere  ad
un uso appropriato delle due componenti che vanno a formare lo sforzo
di   pesca,   la   dimensione   cioe'  della  capacita'  di  pesca  e
dell'attivita'  di  pesca.  In  funzione  della   diversa   struttura
biologica e produttiva di ciascun area occorre individuare la griglia
delle   misure   in   grado  di  assicurare  i  risultati  auspicati.
Esattamente come e' stato gia' sperimentato in alcune aree del  Paese
negli anni appena trascorsi.
   1.4  Affinche'  tali successi non siano episodici ed allo scopo di
non vanificare i benefici  conseguiti,  biologici  ed  economici,  si
ritiene  necessario  procedere  ad  un adeguamento della tradizionale
strategia mediante lo studio di alcune misure, che potrebbero  essere
introdotte a livello sperimentale:
1.   congelamento   della   capacita'   di   pesca   in  alcune  aree
   particolarmente sensibili,
2. revisione della attuale normativa in materia di abilitazione  alla
   pesca entro determinate distanze dalla costa,
3.  assegnazione  di  compiti  gestionali  in  favore  di consorzi di
   gestione di aree o distretti di pesca  che  insistono  all'interno
   delle 12 miglia dalla costa,
4. decentramento di alcune competenze relative alla pesca locale alle
   amministrazioni   regionali   che  le  attueranno  utilizzando  le
   indicazioni gestionali del  Comitato  scientifico  ex  articolo  6
   della legge 41/82.
   1.5  Per  quel  che  concerne  il secondo dei punti evidenziati, e
cioe'  l'esigenza  di  procedere  ad  un  adeguamento   dell'apparato
organizzativo  sottostante  la  gestione del settore, si tratta da un
lato rafforzare il ruolo  delle  associazioni  professionali  per  la
gestione  di  alcuni  strumenti;  dall'altro  di  procedere ad alcuni
aggiustamenti organizzativi limitatamente alla ricerca, sia di quella
scientifica che di quella a supporto della produzione. In merito alle
questioni relative alle misure che pure l'Amministrazione ritiene  di
dover  apportare  alla  propria  organizzazione,  la  prima  riguarda
ovviamente   l'esigenza    di    rafforzare,    qualitativamente    e
quantitativamente,  la  Direzione  Generale.  Ma  anche  altre misure
saranno adottate in modo da  rendere  piu'  funzionale  e  rapido  il
rapporto  fra  gli  uffici  e  l'utenza.  Potrebbero essere istituiti
gruppi   di   lavoro   consultivo,   riguardanti   materie   relative
all'efficienza dell'organizzazione (ad esempio: posizione italiana in
materie   internazionali;   ICCAT;   CGPM;   criteri  sottostanti  il
funzionamento degli strumenti di gestione).
   1.6 In merito all'obiettivo posto dall'esigenza di  completare  il
rafforzamento  del  ruolo delle associazioni di categoria, si ritiene
doversi procedere alla:
-  Attuazione  con  snellimento  delle  procedure   dello   strumento
  dell'accordo  di  programma fra l'amministrazione e le associazioni
  quale importante strumento di gestione,
- Riconoscimento del ruolo della cooperazione nonche' degli  armatori
  e del sindacato nell'ambito degli organismi di gestione della legge
  302/89.Tuttavia,  tale  misura  dovra' rientrare nell'ambito di una
  piu' generale riflessione sull'intera questione creditizia; in tale
  ambito potrebbe  studiarsi  apposito  provvedimento  finalizzato  a
  trasferire alla cooperazione la gestione del credito,
-  Semplificazione  delle  procedure in materia di ricapitalizzazione
  delle cooperative di pesca,
- Identificazione ai fini del successivo trasferimento nell'ambito di
  vigenza del Piano  di  compiti  di  assistenza  all'amministrazione
  nella  gestione  di alcune fasi del procedimento amministrativo (ad
  esempio:  fermo pesca).
   1.7 Ovviamente  altre  funzioni  potrebbero  essere  conferite  ai
Consorzi  di  gestione  dei  distretti  di  pesca.  Queste sono pero'
dipendenti dal grado di autonomia nella gestione dell'area.
   1.8 In merito alla esigenza di  adeguamento  della  organizzazione
della  ricerca,  per  i  motivi  gia' esposti in premessa, si ritiene
doversi procedere alla individuazione di una griglia di criteri utili
alla selezione dei progetti di ricerca.
   1.9 Per quel che concerne gli aspetti relativi alla organizzazione
dell'amministrazione  particolare attenzione sara' anche rivolta, tra
l'altro:
- alla semplificazione delle procedure. In tale ambito  si  inserisce
  la  modificazione  della normativa di attuazione della legge 41/82,
  anche a seguito della entrata in vigore della legge 165/92,
- alla creazione di gruppi di lavoro ad hoc per specifiche questioni,
- alla ridefinizione dei compiti delle Capitanerie di Porto,
- alla verifica dell'attuazione delle previsioni del Piano.  In  tale
  ottica  il Comitato di gestione valutera' la progressiva attuazione
  del Piano.
   1.10  -  Potenziamento  dell'acquacoltura  in  generale  e   della
maricoltura   in  particolare  -  Il  Piano  precedente  aveva  fatto
riferimento  ad  alcuni  orientamenti   prioritari:   aumento   della
capacita'  produttiva  rilevata dai costi di produzione e sviluppo di
una acquacoltura ad elevata compatibilita' ambientale, riduzione  dei
costi  di  produzione  attraverso una crescita tecnologica supportata
dalla ricerca scientifica maggiormente coordinata, un ruolo crescente
delle amministrazioni locali e delle associazioni dei produttori.
   Tali  orientamenti  hanno  in  parte  determinato  gli   obiettivi
prioritari  della  programmazione  nazionale  rispetto alle politiche
dell'Unione europea e sono stati  recepiti  nel  documento  unico  di
programma  ai  sensi dello SFOP nel tentativo di armonizzare tempi ed
azioni della programmazione nazionale  con  quelli  europei.  D'altro
canto  la  globalizzazione  del  mercato  e  la crescita degli scambi
impone  una  crescente  attenzione  a   tutto   lo   scenario   della
acquacoltura  sia  mediterranea  che nord europea. Cio' e' tanto piu'
importante per l'Italia che rimane un Paese a forte dipendenza  dalle
importazioni.
   Tali  obiettivi sono stati solo in parte perseguiti, tenendo anche
in considerazione  che  alcuni  degli  stessi  domandano  continuita'
d'azione e tempi che superano la durata di un piano, e ricordando una
serie  di dinamiche economiche e di mercato che comunque condizionano
fortemente  comparti  strategici,  ma  pur   sempre   marginali   per
dimensione come quello della acquacoltura.
   Di  grande  rilevanza  risulta  invece  il  raggiungimento  di  un
obiettivo generale che e' stato perseguito grazie ad alcune modifiche
delle normative vigenti e della organizzazione della  Amministrazione
centrale.   Tale   obiettivo  era  la  costituzione  di  un  "sistema
acquacoltura in Italia", che consentisse ai  produttori  delle  acque
interne  di  essere  collocati  in  una posizione coerente con quella
degli altri in Europa,  che  desse  spazio  ai  rappresentanti  della
Associazione  dei  piscicoltori italiani. In questo processo e' ancor
piu' importante la piena presa di coscienza, della  importanza  della
acquacoltura,  delle  associazioni  delle cooperative dei pescatori -
cio'  ha  stimolato  investimenti  e  lo  sviluppo   di   qualificati
ricercatori  e  tecnici  attenti e competenti del settore nell'ambito
dello stesso sistema associativo.
   Il fatto che il mondo della pesca tenda ad acquisire una visione a
carattere integrato della gestione della fascia costiera, dalla pesca
razionale all'allevamento, e' un fatto rilevante  che  se  proseguito
potrebbe  facilitare  il  processo  di  uso corretto degli ecosistemi
acquatici.
   Tale  processo  di  riconversione  e'  stato  piu'  volte messo in
discussione  nella  sua  reale  fattibilita',  in  realta'   esistono
molteplici   esempi  di  pescatori  riconvertiti,  naturalmente  cio'
dipende dalle aree geografiche e dalle caratteristiche delle  risorse
disponibili,  nonche' da una serie di fattori di carattere culturale,
sociale ed economico.
   Prova ne sia che un settore  produttivo  innovativo,  come  quello
della  vongola (Tapes phylippinarum) introdotta a scopi sperimentali,
poi diffusa spontaneamente e per interventi gestionali,  pur  creando
conflitti di vario ordine, ha dimostrato come i pescatori organizzati
possono  trasformarsi  in  coltivatori.  Si tratta di quelle forme di
pesca su base colturale che potrebbe fornire molteplici  opportunita'
di  occupazione  in  fascia  costiera,  per  la loro potenzialita' di
offrire agli operatori spazi ampi dalla produzione ittica al  turismo
ad attivita' connesse con la gestione dell'ambiente.
   In  tal  senso gli obiettivi previsti dal piano precedente possono
essere  ancora  confermati  e  perseguiti  con  alcuni  aggiustamenti
necessari   per   completare   il   consolidamento   di  un  "sistema
acquacoltura  nazionale"  nell'ambito  della  economia  ittica,  come
strumento di supporto e non di concorrenza al mondo della pesca e con
un  riconoscimento  del  ruolo  delle produzioni in acque interne che
hanno dimostrato in questi anni una elevata competitivita'.
   In questo processo di omogeneizzazione  del  sistema  acquacoltura
nell'ambito  dell'economia  ittica nazionale, considerata la primaria
funzione  attribuita  dal  Piano  medesimo   alle   associazioni   di
categoria,  saranno  riconosciuti  il ruolo e le attivita' intraprese
dall'associazione dei  piscicoltori  nel  contesto  delle  iniziative
previste   dal  presente  Piano.  Tali  iniziative  potranno  trovare
adeguati strumenti operativi  nell'ambito  delle  misure  previste  a
sostegno  dell'attivita'  ittica.  Al  riguardo  si  rimanda  per  la
percentuale delle spese ammissibili al pertinente paragrafo.
   Anche la ricerca applicata all'acquacoltura, in questo processo di
crescita settoriale, attraverso il continuo confronto delle parti  e'
stata  orientata  verso un maggiore coordinamento, verso una maggiore
maturita' nell'impiego delle risorse disponibili, sia in  termine  di
competenze umane che di strutture ed equipaggiamenti.
L'identificazione  di  filiere  piu'  coerenti  alle  necessita'  del
settore  reale,  da  quella  zootecnica  e  veterinaria   fino   alle
componenti applicate della ecologia, unitamente a ricerche economiche
e  di  mercato,  ha  consentito  di  investire  in  una direzione che
ricadra' positivamente sulle produzioni, soprattutto in un quadro  di
tendenze  che  esprimono  crescente qualita' ed armonizzazioni severe
verso l'uso degli  ambienti  acquatici  e  delle  risorse  acquatiche
viventi.
   Di  grande  rilevanza risulta la maricoltura negli orientamenti di
Politica Comunitaria della Pesca (PCP).
   In materia di tutela e di gestione  delle  risorse  alieutiche  e'
individuata   nella   riduzione   della  capacita'  delle  flotte  la
principale misura da attuare a breve-medio termine. Cio' si riflette,
direttamente nella fissazione degli obiettivi dei  Piani  Pluriennali
di  Orientamento che comportano la riduzione del tonnellaggio e della
potenza motore principalmente del naviglio operante nello strascico.
   L'adozione  di  alcune  misure  tecniche (spadare, attrezzi fissi)
pone ulteriori limiti di esercizio delle attivita',  contribuendo  ad
acuire  i  problemi di redditivita' delle imprese e quindi di impiego
degli addetti.
   Impatti socioeconomici nel breve periodo sono peraltro previsti in
particolare per l'inevitabile allontanamento di fasce consistenti  di
operatori  dalle  attivita'  di  cattura  in  mare.  Per ammortizzare
quest'effetto della applicazione della  PCP  sono  al  momento  state
predisposte    limitate    misure    socioeconomiche    relative   al
prepensionamento degli addetti, senza che altri  fondi  o  iniziative
comunitarie  siano  risultate  al  momento  operative ed efficaci nel
collegare l'allontanamento dai mestieri con alternative occupazionali
e mantenimento del reddito.
   La ricerca di soluzioni al problema vede concentrare  l'attenzione
sulle  possibilita' di riconversione degli addetti che al momento non
trova esempi ed elementi  concreti  di  fattibilita',  risultando  di
complessa   attuazione   anche   le   iniziative   finalizzate   alla
diversificazione ed integrazione del reddito nell'ambito della stessa
filiera pesca. Sono in particolare le possibilita'  di  riconversione
ad  attivita'  extrasettoriali  quelle  a risultare di piu' difficile
attuazione, in considerazione dell'elevata eta' media degli operatori
e del gia' drammatico problema occupazionale di molte  delle  regioni
dipendenti dalla pesca, in particolare nelle Regioni dell'obiettivo
   1.  In  questo  quadro  le  iniziative  tese  a  riconvertire  gli
operatori verso comparti  collaterali  al  settore  ed  in  grado  di
valorizzare  la  vocazione  per  le  attivita'  in  mare  assumono un
particolare valore soprattutto quando comportino la  possibilita'  di
attuare  delle  valide  economie  di  scala e risultino culturalmente
proponibili. Tra queste la maricoltura si colloca senza dubbio tra le
attivita' piu' facilmente eleggibili.
   Per  rendere  la  maricoltura   una   concreta   possibilita'   di
riconversione  per  gli operatori della pesca, e' tuttavia necessario
che venga semplificata la procedura di attuazione  delle  iniziative,
dando  una  particolare priorita' a quanti, organizzandosi in cooper-
ative, presentino domanda per  l'ottenimento  di  contributi  per  la
realizzazione di impianti in mare ed agevolando in generale l'accesso
delle cooperative alle pratiche di finanziamento.
   Lo  stesso approccio risulta pienamente applicabile per iniziative
volte alla realizzazione di impianti  a  terra  (commercializzazione,
lavorazione,  trasformazione).  In  questo  senso  risulta necessario
riservare una quota significativa dei fondi per contributi  in  conto
capitale  di almeno il 40% del totale destinato alla realizzazione di
progetti di maricoltura e di impianti  a  terra  per  cooperative  di
pesca  che intendono riconvertire parte degli addetti o attuare forme
di diversificazione  ed  integrazione  del  reddito  degli  operatori
attraverso   acquacoltura.   Particolare   priorita'   dovra'  essere
assegnata alle iniziative che colleghino l'impresa di  maricoltura  a
sistemi integrati con zone marine protette e stabilimenti a terra per
la produzione di novellame da semina con tecnologie appropriate anche
allo sviluppo di programmi di ripopolamento.
   La   integrazione  della  maricoltura  con  zone  marine  protette
(barriere artificiali) assume  particolare  importanza  nel  rilancio
della politica nazionale in materia di tutela degli stocks ed aumento
della   biomassa  pescabile.  In  questa  politica,  nella  quale  si
inquadrano anche il fermo biologico e  tecnico,  si  intende  infatti
diversificare  le  misure  attuabili  in  materia  di  gestione delle
risorse alieutiche, considerando la riduzione dello sforzo  di  pesca
solo  una  delle variabili che non potra' essere oggetto di riduzioni
illimitate e reiterate nel tempo, in funzione della valenza  sociale,
economica e culturale del settore.
   1.11  Salvaguardia  dei  livelli  occupazionali. Il problema della
salvaguardia dei livelli occupazionali, terzo degli  obiettivi  prima
elencati,  si  pone  in modo sempre piu' complesso e, in taluni casi,
drammatico. Infatti, a situazioni seppur gravi, ma che  rimangono  in
una  normale  "eccezionalita'"  cadenzata  da  tempi  in qualche modo
controllabili, come ad esempio e' il caso posto  dalla  generalizzata
esigenza  di riduzione dello sforzo di pesca che produce una continua
espulsione degli addetti dall'attivita' direttamente  produttiva,  se
ne   associano   altre   determinate  dall'emergenza  che  richiedono
interventi molto piu' rapidi.
E' il caso del piano riguardante le reti derivanti che, in un arco di
tempo triennale, prevede le  modalita'  per  la  riconversione  degli
oltre 3000 addetti e la razionalizzazione del settore.
A  tale riguardo si fa rinvio all'apposito Piano per la riconversione
e la razionalizzazione della pesca con le  spadare,  presentato  alla
Commissione europea il 25 luglio 1996.
La  dimensione  del problema, la particolare fascia sociale che viene
colpita dai provvedimenti citati, richiedono sforzi diretti a trovare
occupazioni o forme di impresa alternative che, data la  specificita'
della  pesca,  non  sono  agevoli da trovare se non all'interno dello
stesso settore, seppure allargato a tutte le sue componenti. Per tali
motivi, pur ricordando in questa sede la possibilita'  di  accesso  a
programmi  di  formazione  professionale  di vario tipo, non puo' che
ribadirsi  l'impegno  a  sostenere  lo  sviluppo  di  iniziative   di
maricoltura  nella  convinzione che tale attivita' puo' rappresentare
una seria alternativa occupazionale quanto meno  per  un'aliquota  di
coloro che non potranno continuare ad esercitare il proprio lavoro.
2. GLI STRUMENTI DI INTERVENTO
   2.1   Analogamente   all'impostazione  seguita  in  occasione  dei
precedenti piani, si ritiene utile confermare  ancora  una  volta  la
distinzione  fra  le  misure che interessano orizzontalmente l'intero
sistema pesca, e che assumono valenza generale,  da  quelle  che,  al
contrario,  sono  destinate  ad  incidere  all'interno  di  specifici
segmenti produttivi che compongono il settore pesca ed acquacoltura.
   2.2 Quanto agli strumenti di intervento previsti dalla legge 41/82
che assumono valenza generale,  si  ritiene  prevederne  il  seguente
utilizzo:
A.  Gestione  dei  contributi  a  valere  sul  Fondo Centrale per gli
interventi appresso indicati:
-   Realizzazione   di   iniziative   consortili    destinate    alla
  valorizzazione della fascia costiera;
-   Costruzione   ed   ammodernamento   di  impianti  destinati  alla
  realizzazione di iniziative  di  allevamento  e  trasformazione  di
  prodotto allevato;
- Piani di ristrutturazione aziendale;
-  Costruzione  ed  ammodernamento  di navi da pesca, nell'ambito dei
  limiti previsti ai paragrafi 2.10 e successivi;
- impianti a terra.
B.  Gestione  dei  contributi  in  conto  capitale.  Tali  contributi
potranno essere concessi per gli interventi appresso indicati:
-  Realizzazione  di  iniziative  di  allevamento  ittico,  anche   a
  carattere pilota;
- Realizzazione di spacci cooperativi;
- Piani di ristrutturazione aziendale;
-   Programmi  di  formazione  professionale.  Tali  iniziative  sono
  realizzate dalle associazioni sindacali nazionali  del  settore  al
  fine  di  aggiornare  e  specializzare  i  lavoratori  operanti nel
  comparto ittico;
- iniziative associazionismo di cui al paragrafo 1.22 della  Premessa
  Generale.
Le  iniziative  presentate  ai  sensi  della  legge 41/82 non possono
beneficiare  anche  delle  agevolazioni  previste   dai   regolamenti
comunitari.  A  tal fine i richiedenti - dopo aver presentato istanza
ai sensi della legge 41/82 - sono obbligati  a  comunicare  eventuali
richieste   presentate  per  la  stessa  iniziativa  ai  sensi  della
regolamentazione comunitaria.
   2.3 Quanto agli strumenti di intervento  che  pure  hanno  valenza
generale,  ma  che non sono previsti dalla legge 41/82, si ritiene di
prevederne la seguente utilizzazione:
C. Realizzazione accordi di programma.
L'accordo  costituisce   uno   specifico   e   innovativo   strumento
finalizzato  a conseguire il rafforzamento del ruolo e della funzione
delle associazioni del movimento cooperativo  della  pesca  nel  piu'
ampio   contesto   del   processo   di  ristrutturazione  e  sviluppo
dell'economia del settore.
Nell'ambito  dell'accordo  si  inseriscono  progetti  integrati   che
prevedano iniziative finalizzate:
1.   alla  difesa  ed  alla  valorizzazione  del  prodotto  conferito
   attraverso la sua concentrazione e commercializzazione;
2.  alla   progressiva   riduzione   dei   costi   del   sistema   di
   intermediazione;
3.  all'incremento  del  valore aggiunto attraverso la qualificazione
   del prodotto;
4. alla ricerca di nuovi segmenti di mercato del sistema distributivo
   alimentare;
5. alla  definizione  di  modelli  di  riferimento  per  la  gestione
   produttiva di tratti omogenei della fascia costiera;
6. alla razionalizzazione dei costi di  gestione  delle  associazioni
   nazionali.
Stante  la  specificita'  dell'intervento  non saranno prese in esame
singole  iniziative   bensi'   progetti   articolati   che   dovranno
necessariamente   far   parte  di  programmi  unitari  predisposti  e
realizzati da una o piu' associazioni e  gestiti  direttamente  o  da
strutture aderenti.
I  tassi  di  intervento sono quelli indicati al paragrafo 1.26 della
Premessa Generale.
D. Ricapitalizzazione delle cooperative di pesca.
Alla luce di una analisi dei risultati  conseguiti  nel  corso  della
prima  fase  di  applicazione della norma sara' valutata l'ipotesi di
procedere alla modificazione della disciplina vigente.  Tale  analisi
sara' effettuata entro sei mesi dalla entrata in vigore del Piano.
E. Riorganizzazione del credito.
In  merito  alla esigenza di assicurare una piu' efficace ed organica
gestione della materia creditizia  sara'  predisposto  un  gruppo  di
lavoro ad hoc avente per obiettivo la razionalizzazione delle diverse
componenti  del  sistema, sia per quel che concerne la gestione della
legge 302/89, che per quanto riguarda i diversi  consorzi  fidi  oggi
esistenti.  Tra  le  ipotesi  di  lavoro  si  valuteranno  le diverse
soluzioni concernenti la riorganizzazione degli  organi  di  gestione
della  legge 302/89 e dei consorzi fidi. Il gruppo di lavoro fornira'
le conclusioni all'Amministrazione entro la fine del 1997.
F. Fermo pesca.
Nel triennio di validita' del piano  dovra'  essere  data  attuazione
alla misura del fermo biologico secondo le indicazioni del Parlamento
(legge  107/96).  In  sede di approvazione della legge 8 agosto 1991,
n.267, recante attuazione  del  terzo  piano  nazionale  della  pesca
marittima  e  misure  in  materia  di  credito  peschereccio, nonche'
riconversione delle unita' adibite  alla  pesca  con  reti  da  posta
derivante,  la  IX Commissione (trasporti, poste e telecomunicazioni)
della Camera dei deputati ha approvato un ordine del  giorno  con  il
quale  impegnava  il  Governo a dare nuovamente attuazione, a partire
dal 1992, al fermo biologico, individuando una nuova  disciplina  che
tenga  conto  degli "orientamenti comunitari in materia di una idonea
fissazione dei periodi ai fini dell'incremento della  biomassa  delle
risorse  alieutiche"  e  prevedendo  nella  legge  finanziaria 1992 i
necessari accantonamenti.
   Per il 1992 il fermo e' stato disciplinato con la legge 5 febbraio
1992, n.71; per il 1993, l'attuazione del fermo e' stata prevista con
il  decreto  legge  10  settembre  1993,   n.355,   convertito,   con
modificazioni,  dalla  legge 8 novembre 1993, n.446; per il 1994, con
il  decreto  legge   30   giugno   1994,   n.424,   convertito,   con
modificazioni,  dalla legge 8 agosto 1994, n.504; per il 1995, con il
decreto legge 16 gennaio 1996, n.16, convertito,  con  modificazioni,
dalla legge 28 febbraio 1996, n.107.
   Il  Parlamento,  in sede di esame di tale ultimo provvedimento, ha
riaffermato l'importanza decisiva di detto strumento  programmatorio,
stabilendo  che  il  Ministro  delle  risorse  agricole, alimentari e
forestali elabori un programma quinquennale di definizione del  fermo
biologico.
   Con il decreto legge 6 settembre 1996, n.463 si e' data attuazione
alla  misura  per  il  1996.  L'urgenza dell'adozione della misura e'
stata determinata dal fatto che lo scioglimento delle Camere  per  la
consultazione  elettorale ha di fatto impedito la presentazione di un
apposito disegno di legge nei tempi previsti.
   Occorrera' quindi dare attuazione alla misura per gli  anni  1997-
2000.  Secondo  le  indicazioni  del Parlamento nell'attuazione della
misura si eviteranno le sovrapposizioni dei periodi di  fermo  tra  i
diversi areali.
G. Studi del mercato.
Nel periodo di validita' del piano andra' proseguita - per i positivi
risultati  conseguiti - l'attuazione di intesa con l'Istituto per gli
studi  sul  mercato  agricolo,  del  sistema  di  rilevazione   sugli
andamenti  congiunturali di mercato e sui consumi in materia di pesca
e di acquacoltura.
H. Funzionamento del sistema statistico.
Analogamente  per  quanto  attiene  le  statistiche  della  pesca   e
dell'acquacoltura  andra'  previsto  ed  attuato il potenziamento del
sistema al fine di rendere il servizio piu'  aderente  alle  esigenze
dell'utenza  e  sempre piu' rispondente agli standards previsti dalla
Commissione europea.
I. Polizze assicurative per acquacoltura.
In merito all'esigenza di salvaguardare le imprese di acquacoltura da
eventuali sempre piu' frequenti  danni  agli  stocks  in  allevamento
causati  da avversita' atmosferiche e/o ambientali compresi quelli da
inquinamento, si ritiene che le dotazioni del  piano  possano  essere
utilizzate  per  la  concessione di contributi (fino alla percentuale
massima  del  40%)  sul  pagamento  del  premio  delle   polizze   di
assicurazione   stipulate  dalle  imprese  o  dalle  cooperative  per
garantire i suddetti stocks.
Saranno considerate  prioritarie  quelle  iniziative  promosse  dalle
associazioni  di  categoria  e  della  cooperazione  che,  attraverso
convenzioni con societa' assicuratrici, definiranno le  procedure  di
valutazione  del rischio garantendo una indispensabile unitarieta' di
indirizzo e coordinamento anche ai fini di una reale  quantificazione
e controllo degli stocks oggetto di assicurazione.
L. Sicurezza sul lavoro.
Al  fine  di  dare attuazione alle previsioni dei decreti legislativi
626/94 e 242/96 e' costituito un apposito gruppo di  lavoro,  formato
da    rappresentanti   dell'Amministrazione,   delle   Organizzazioni
sindacali e professionali. Il  gruppo  concludera'  i  propri  lavori
entro  quattro  mesi  dall'entrata  in  vigore  del  Piano  indicando
priorita' e strumenti di intervento, avuto riguardo  alle  iniziative
adottate    dagli   altri   competenti   Ministeri.   Gli   strumenti
riguarderanno da un lato l'adeguamento delle  imbarcazioni  da  pesca
alla  normativa  in  esame  (cui  potrebbe  essere  data  priorita'),
dall'altro l'individuazione della specifica figura del delegato e del
rappresentante alla sicurezza.
   2.4 Gli strumenti di intervento specifici,  destinati  ad  operare
nell'ambito   di  ciascuno  dei  settori  operativi,  richiedono  una
attenzione  particolare  anche  alla  luce  del  contributo  da  essi
apportati alla ricerca ed introduzione di nuovi modelli organizzativi
e   di   sviluppo.   Infatti,   le  difficolta'  di  gestione  finora
sperimentate in alcuni casi, come pure lo stato di sofferenza in  cui
versano  alcune marinerie italiane, il ruolo ancora incerto di alcuni
livelli  istituzionali,  impongono  la   individuazione   di   misure
praticabili  che  non  si  risolvano,  come pure potrebbe accadere in
alcuni casi, nell'introduzione di alternative traumatiche. Come  gia'
enunciato  nel corso del precedente piano, si tratta di elaborare una
strategia articolata che se da un lato deve consentire  la  riduzione
della pressione di pesca e la salvaguardia dei livelli di reddito per
gli   operatori,   dall'altro   deve  contribuire  all'aumento  della
produzione ittica complessiva. In tal senso,  si  ritiene  necessario
contribuire  alla  creazione  di  un  diverso modello di sviluppo del
settore  mediante  la  introduzione  di  talune  modifiche,  sia   di
carattere normativo che organizzativo.
   2.5  Modifica  delle  norme riguardanti l'abilitazione alla pesca.
Una prima  innovazione,  che  dovra'  formare  oggetto  di  studio  e
valutazione al fine dell'adozione delle eventuali misure di carattere
gestionale,  va individuata nella esigenza di ripartizione delle aree
di pesca  in  funzione  della  combinazione  spazio/dimensionale  che
caratterizza  l'attivita' del battello. In altri termini si tratta di
studiare  l'eventuale  modifica  delle  disposizioni  in  materia  di
abilitazione  alla pesca. Tale ipotesi di studio, dunque, riguarda la
creazione di una ripartizione  delle  aree  di  pesca,  con  relativa
assegnazione  di  quelle  aree  entro  cui  sara'  possibile svolgere
l'attivita'. Oggetto di studio sara' quindi, come  evidenziato  nella
premessa  generale  (cfr.  par.  1.3  e  1.16),  il trasferimento dei
motopesca da un'area di pesca ad un'altra ed il regime di  iscrizione
nei registri amministrativi.
   2.6  I  Distretti di Pesca. Tale strumento - anche esso oggetto di
studio, ai fini dell'adozione delle  eventuali  misure  gestionali  -
consentirebbe  una  gestione  piu' razionale della fascia costiera ai
fini di pesca. In queste aree potrebbero essere  creati  consorzi  di
gestione  cui  aderiscono  le  imprese  di  pesca iscritte presso gli
uffici marittimi competenti per quell'area. A  tali  consorzi,  sulla
base  di  programmi di utilizzazione dell'area, di sfruttamento delle
risorse e di gestione interna dello stesso ente consortile,  potranno
essere   assegnati  compiti  gestionali  in  modo  che  gli  aderenti
all'iniziativa  potranno  essere  essi  stessi   responsabili   della
ricostituzione   degli  stocks,  nonche'  della  creazione  di  nuove
opportunita' occupazionali.
   2.7  E'  evidente  che  la  ratio  delle  due  modifiche   risiede
nell'esigenza di:
- esistenza di strutture biologiche, economiche e sociali diverse per
  ciascun aggregato geografico;
-  necessita'  di  individuare  strategie di gestione incisive la cui
  capacita'  di   risposta   e'   direttamente   proporzionale   alla
  omogeneita' e dimensione dell'area;
-  necessita'  di  introdurre  misure tecniche di conservazione delle
  risorse che non risultino penalizzati in alcuni casi e  vantaggiose
  in altre;
-  esigenza di sfruttare le sinergie poste dalla contestuale adozione
  di misure a carattere strutturale e conservazionista.
   2.8 Congelamento della flotta in entrata. Una  misura,  che  trova
fondamento proprio nella possibilita' offerte dalla creazione di aree
di  gestione omogenee, riguarda la necessita' di studiare l'adozione,
in  determinate  aree,  misure  di  "congelamento"  della  flotta  in
entrata. Tale misura risponde ad esigenze sia di tutela dei risultati
acquisiti  a  seguito  dell'attivita'  di  gestione e potrebbe essere
indispensabile nelle ipotesi in cui, alla luce degli andamenti  degli
indicatori  bio-economici,  vada  autorizzato solo a certe condizioni
ovvero impedito il  trasferimento  di  battelli  da  aree  a  maggior
redditivita'  verso  aree  che al contrario non registrano gli stessi
benefici economici a seguito delle misure di intervento adottate  nel
corso  degli  ultimi  anni (si veda, al riguardo, il precedente punto
2.5).
   2.9  Adeguamento  della   flotta.   Nell'ambito   dell'azione   di
regolamentazione  dello  sforzo  di  pesca  ed  in  riferimento  alla
riduzione della capacita' di pesca, sara' ulteriormente confermata la
strategia adottata nelle precedenti edizioni del Piano.
   Nel perseguimento  degli  obiettivi  del  POP  ed  allo  scopo  di
razionalizzare  la  evoluzione della flotta (evitando la creazione di
nuove capacita' od il loro ritiro in modo incoerente con lo stato del
naviglio e delle risorse alieutiche  nei  diversi  compartimenti)  si
ritiene  altresi'  necessario  considerare gli effetti della politica
strutturale in maniera dinamica,  con  particolare  riferimento  alla
attribuzione dell'ordine di priorita' alle varie iniziative collegate
alla evoluzione della flotta.
   In  particolare sara' costituito entro il 1997 un gruppo di lavoro
ad hoc con il compito di dare all'Amministrazione  indicazioni  utili
alla  assegnazione  delle  priorita'  sulla base dei dati disponibili
relativi alla situazione  della  flotta,  allo  stato  delle  risorse
alieutiche  nell'area,  alla  redditivita' delle imprese presenti nel
medesimo areale e ad altri indicatori economici relativi al  mercato.
Cio'  consentira' di superare il criterio della priorita' in funzione
del solo ordine cronologico di  presentazione  delle  domande,  ormai
inadeguato al perseguimento di un adeguamento della flotta che, oltre
al  raggiungimento  di  un  obiettivo  globale nazionale di riduzione
delle capacita' non puo' trascurare la ricerca di un  equilibrio  tra
distribuzione delle capacita' nei diversi areali, stato delle risorse
alieutiche  ed indicatori economici nei diversi compartimenti e per i
diversi segmenti della flotta.
   Il gruppo di  lavoro  sara'  costituito  da  rappresentanti  delle
associazioni di categoria, dai coordinatori dei gruppi di valutazione
delle risorse e da ricercatori competenti in materia socioeconomica.
   2.10  In  particolare,  quanto alle nuove costruzioni realizzate a
seguito  di  demolizioni  di  altri  battelli,  saranno  accolte   le
richieste  di  trasferimento  delle  licenze  che abbiano le seguenti
percentuali di ritiro:
- strascico, traino pelagico, e mestieri assimilati        120%
- pesca del tonno (ambito mediterraneo)                    120%
- tutti gli altri mestieri                                 100%
Le suddette percentuali potranno  essere  adattate  con  decreto  del
Ministro, su parere del Comitato finanziamenti, al fine di consentire
il  raggiungimento  degli obiettivi del POP IV. Particolare priorita'
potra' essere assegnata - ove ne ricorrano i presupposti rispetto  al
raggiungimento degli obiettivi del POP - alle iniziative realizzate a
seguito   di  demolizione  di  piu'  battelli  di  piccolo  strascico
(accorpamenti), che globalmente raggiungano le percentuali di  ritiro
sopra indicate.
Per  le  iniziative  riguardanti  nuove  costruzioni, per le quali il
richiedente offre in ritiro imbarcazioni di cui sia  proprietario  da
meno  di  tre  anni,  le  disponibilita'  del fondo centrale relative
all'iniziativa in questione sono utilizzabili fino al limite del 10%.
Inoltre,  non  saranno  ammesse  a  contributo  a  valere  sul  fondo
centrale,  ne'  per  esse  saranno  rilasciate  licenze  di pesca, le
iniziative di nuove costruzioni o ammodernamento di  battelli  aventi
potenza  massima continuativa ed effettiva superiore alla potenza del
motore  precedentemente  installato  sull'imbarcazione   offerta   in
demolizione o su quelle oggetto di ammodernamento e con motore tarato
sin dalla fase di costruzione.
Per  quanto  riguarda  la  flotta oceanica si fa riferimento a quanto
indicato al paragrafo relativo.
   2.11 Le richieste di ammodernamento delle  imbarcazioni  abilitate
al sistema operante con draga idraulica sono consentite al solo scopo
di  adeguare  le unita' in questione alla normativa tipo esistente in
materia.
   2.12 Le richieste di ammodernamento saranno  sostenute  con  mutui
agevolati, purche' le navi da ammodernare non risultino avere un'eta'
inferiore  ai  10  anni.  Sono  consentite  iniziative  in  deroga ai
suddetti limiti nell'ipotesi in cui si tratti:
a) di adeguamento delle apparecchiature tecnologiche  (meccaniche  ed
   elettroniche) per le navi di eta' compresa tra 5 e 10 anni;
b) di adeguamento strutturale finalizzato alla sicurezza del lavoro e
   del  miglioramento  delle condizioni di igiene a bordo per le navi
   di eta' superiore a 30 anni. In tale caso l'iniziativa e'  ammessa
   solo  in  presenza di certificazione RINA che attesti la validita'
   dell'iniziativa.
   2.13 Coerentemente con l'impostazione complessiva data  dal  Piano
alle  ragioni  della  salvaguardia  delle  risorse, nell'ambito delle
richieste di ritiro definitivo di cui al Reg. 3699/93, sara' adeguata
la normativa al fine di dare priorita' nell'ordine a:
- navi abilitate a mestieri in sofferenza da  determinarsi  da  parte
  del Comitato di gestione ex articolo 3 legge 41/82;
-  navi adibite alla pesca a strascico di tonnellaggio inferiore alle
  10 TSL,
- navi adibite alla pesca  a  strascico  e  volante  di  tonnellaggio
  inferiore alle 25 TSL,
- navi di eta' superiore ai 30 anni.
Pur  nella consapevolezza che tale misura rientra fra quelle previste
dalla normativa comunitaria va evidenziato,  in  linea  generale,  la
condivisione  da  parte  nazionale  dell'obiettivo di riduzione della
capacita' di pesca. Allo stesso tempo  con  tale  scelta  si  intende
riaffermare   la   titolarita'   della   amministrazione   nazionale,
nell'ambito  del  principio  di  sussidiarieta',  ad  individuare   i
segmenti  della  flotta che piu' di altri richiedono un intervento di
riduzione a salvaguardia della ricostituzione  degli  stocks  ittici.
Tale   scelta,   infatti,  non  puo'  essere  demandata  ad  astratte
considerazioni,  peraltro  non  giustificate  da  una  adeguata  base
scientifica e di conoscenza della stessa realta' operativa.
   2.14  Le  misure  tecniche di gestione. In aggiunta alle misure di
intervento ora  evidenziate  si  ritiene  necessario  procedere  alla
introduzione   di   misure   tecniche   di  gestione,  adeguate  alle
caratteristiche della struttura biologica delle risorse che insistono
nel  Mediterraneo. In particolare saranno introdotte limitazioni alla
pesca  delle  specie  demersali  nelle  aree   e   nei   periodi   di
concentrazione delle forme giovanili sulla base dei risultati forniti
dalla  ricerca  scientifica.  E',  comunque, possibile procedere alla
chiusura totale dell'area per periodi di tempo  stabiliti  su  parere
del  Comitato per la ricerca scientifica e tecnologica applicata alla
pesca e della Commissione Consultiva Centrale della pesca.
   2.15 Le pesche speciali. Per quanto  concerne  la  gestione  delle
pesche  speciali  a  valenza esclusivamente locale, l'amministrazione
centrale intende confermare la disponibilita' a favorire l'azione  di
decentramento  gia'  avviare con il quarto Piano triennale. Tuttavia,
in considerazione degli  effetti  biologici,  economici,  sociali  ed
ambientali  che  tali  pesche  comportano, l'amministrazione centrale
provvedera' alla redazione di una norma quadro in grado di  agevolare
il  momento  decisionale  periferico  ed  impedire la introduzione di
eventuali distorsioni nel sistema pesca nazionale.
In tale ambito sara' valutato il regime  delle  deroghe  all'articolo
111  del  regolamento  della  pesca  marittima, in materia di pesca a
strascico entro le  tre  miglia  dalla  costa  e  operante  in  acque
profonde meno di 50 metri.
   2.16  La  pesca oceanica. La flotta oceanica italiana rappresenta,
complessivamente, circa il 5% della capacita' peschereccia  nazionale
espressa   in  termini  di  strutture  (TSL).  L'attuale  consistenza
consegue alle  profonde  trasformazioni  quantitative  e  qualitative
realizzatesi  nel  settore  a partire dalla fine degli anni '80. Tali
trasformazioni   hanno   privilegiato,   almeno   inizialmente,    il
riorientamento  verso  navi  da  pesca  di  dimensioni  unitarie piu'
contenute,  dotate  di  autonomia  adeguata  a  minimizzare  i  costi
logistici  attrezzate per pescare e conservare un prodotto di elevati
contenuti   qualitativi   e,   conseguentemente,   di   buon   valore
commerciale. Il successo dell'attivita' politico-amministrativa volta
a  rafforzare  la  presenza  della  flotta  italiana nel quadro degli
accordi  di  pesca  negoziati  dalla  Commissione  europea,  ha   poi
ulteriormente    consolidato    l'esigenza    di   contribuire   alla
ricostruzione  di  un  segmento  relativamente  al   quale   non   si
manifestano  momenti  di fragilita' legati alle risorse o al mercato.
In epoca piu' recente l'evoluzione favorevole di una serie di fattori
decisivi quali la riuscita integrazione  dell'armamento  italiano  in
aree  di  recente  esperienza (Atlantico Sud-Occidentale, Indiano Sud
Occidentale), nonche' l'effettiva esistenza di ampi spazi di  mercato
interno ed estero per i prodotti della pesca di specie massive, hanno
determinato   l'esigenza   di   associare   alla   flotta  dedita  ad
un'attivita' piu' "regionale" navi che, per dimensioni e capacita' di
trasformazione a bordo in prodotti finiti e  semilavorati,  risultano
adatte   a   campagne   di   lunga  distanza  e  durata.  Altrettanta
opportunita' e'  emersa,  soprattutto  in  termini  di  sinergia  con
l'industria   conserviera   nazionale,  per  l'espressione  di  nuove
capacita' di pesca adeguate  alla  cattura  di  tonno  tropicale.  Il
programma  proposto  all'Amministrazione  sulle linee evolutive della
flotta oceanica riflette complessivamente l'evoluzione suesposta  che
-  in  vigenza del IV Piano triennale - e' stata condivisa attraverso
l'esenzione dall'obbligo del ritiro ai fini di cui  all'art.  11,  L.
41/82.  Nel periodo di attuazione del V Piano, mentre perdureranno le
azioni  avviate  nel  Piano  precedente  anche in attuazione del D.M.
26/7/1995 sulla disciplina del rilascio delle licenze di pesca  (art.
25),  gli  obiettivi  saranno  perseguiti  attraverso  il  meccanismo
previsto al precedente punto 2.10. In sede del POP 1997-2002 cio'  si
traduce  nella  sub-segmentazione della flotta oceanica nazionale nei
sistemi "strascico" e "polivalente - circuizione tropicale".
I presenti  orientamenti  tuttavia  potranno  essere  modificati  con
decreto  del  Ministro,  su  parere  del  Comitato  di gestione e del
Comitato finanziamenti, all'esito  dell'approvazione  del  POP  della
flotta italiana 1997-1999.
   2.17  Le strutture a terra. Il comparto industriale delle conserve
ittiche attraversa, come si e' avuto modo di evidenziare, un  periodo
di    riflessione    dipendente    da   un   lato   dalla   crescente
concorrenzialita'  delle  produzioni  importate,   dall'altro   dalle
turbative  monetarie  che  hanno  interessato  il  mercato dei cambi.
Quest'ultimo  aspetto  ha,  ovviamente,   indotto   le   aziende   di
conservazione  a  posticipare  le decisioni di acquisto non avendo la
possibilita' di scaricare sui prezzi gli incrementi di  costo  dovuti
all'acquisto  della  materia  prima.  Le difficolta' riscontrate, che
rappresentano   una   combinazione   di   aspetti   congiunturali   e
strutturali,  non  possono  trovare  sollievo nelle iniziative, negli
strumenti e nelle risorse  finanziarie  rese  disponibili  dal  Piano
triennale.  Di conseguenza, anche in occasione di questa edizione del
Piano si ritiene di  favorire  quelle  iniziative  predisposte  dalle
associazioni   di   categoria  che  meglio  di  altre  consentono  di
rafforzare il legame fra  lo  sfruttamento  delle  risorse  locali  e
l'industria  di  trasformazione.  In  tal senso, saranno agevolate le
iniziative destinate  a  sviluppare  una  maggiore  integrazione  fra
l'attivita'  produttiva in mare e quella di conservazione quanto alla
creazione di strutture distributive attrezzate.
Saranno ammesse, nell'ambito delle disponibilita' del fondo  centrale
per  il  credito peschereccio, le iniziative comportanti investimenti
fino a 2.000 milioni riguardanti, in via  prioritaria,  l'adeguamento
alla  normativa  sanitaria,  ed  in  subordine  la conservazione e la
distribuzione dei prodotti ittici.
   2.18 Azioni di comunicazione. Circa gli obiettivi e gli  strumenti
di  intervento  si fa rinvio a quanto esposto al titolo secondo della
parte seconda.
   2.19 Il controllo sulla utilizzazione dei  fondi.  Allo  scopo  di
agevolare   la   attivita'   di  controllo  e  rendicontazione  delle
iniziative realizzate dalle Associazioni di categoria, gli  organismi
beneficiari  prevederanno,  con spese a loro carico, l'istituzione di
Comitati di controllo, dei quali sono  chiamati  a  far  parte  anche
dipendenti   della  amministrazione,  cui  spettera'  un  trattamento
economico, fissato con i criteri di cui all'articolo 2222 del  codice
civile.
   2.20 La pesca sportiva.
   Nell'ambito  del  periodo  di validita' del Piano, vanno adottate,
tra le altre, le seguenti misure:
a) regolamentazione della licenza di pesca sportiva ovvero  di  altro
   documento  equivalente  realizzando  il  massimo  della  snellezza
   procedurale e del decentramento amministrativo;
b) previsione dei giorni di cui e' consentito l'esercizio della pesca
   sportiva;
c)  revisione  degli  attrezzi  consentiti,  con conseguente modifica
   della relativa norma del regolamento per la pesca marittima;
d) definizione dello status del pescatore sportivo anche al  fine  di
   prevenire  situazioni  d'illiceita' da parte di soggetti che nulla
   hanno a che fare con una sana pratica sportiva (a tale riguardo si
   prevede  di  effettuare,  di  intesa  con  i   suddetti   soggetti
   rappresentativi della pesca sportiva, un'indagine censitaria sulla
   consistenza del fenomeno).
   2.21 Iniziative a sostegno dell'attivita' ittica.
   Priorita'  in  tale  ambito  va  riservata  al programma di cui al
paragrafo 1.22 della Premessa Generale.
   Tra le iniziative meritevoli di incentivazione vanno comprese,  in
via  subordinata,  quelle  intraprese  dalle  aziende  speciali delle
Camere  di  Commercio  specificamente  costituite  per  il   sostegno
dell'attivita' ittica, nonche' dalle Fiere specializzate nel comparto
ittico.
   2.22 Missioni.
   E' richiesta all'Amministrazione una presenza sempre piu' incisiva
in tutte le sedi internazionali in cui si elaborano le strategie e si
pianificano  gli interventi sia di livello comunitario che di rilievo
extracomunitario (FAO, ONU, etc.). Appare quindi opportuno  prevedere
che  una  parte  delle dotazioni del Piano sia destinata a coprire le
spese di missione all'estero che non siano prese a  carico  da  altre
Amministrazioni.
   Analogamente   le   necessita'   di  verifica  e  controllo  delle
iniziative strutturali ai sensi della legge 41/82 o  dei  regolamenti
comunitari  impongono  un  aumento della dotazione finanziaria per le
missioni in campo nazionale.
   2.23 Controllo attivita' pesca.
   Per la  piu'  incisiva  azione  di  vigilanza  e  controllo  delle
attivita' di pesca, come richiesto dalle pertinenti norme nazionali e
comunitarie,  e'  necessario  predisporre,  d'intesa  con  il Comando
generale delle Capitanerie di porto, un piano di vigilanza pesca.  Al
riguardo  e'  necessario  integrare  le  dotazioni  finanziarie della
Guardia Costiera per le funzioni di vigilanza.
   2.24 I rapporti internazionali
Lo sviluppo della pesca e dell'acquacoltura ha  comportato  un  forte
incremento  della  partecipazione  italiana nelle sedi internazionali
competenti. In tal senso, sia con l'obiettivo di  tutelare  i  propri
interessi   sia   per   consolidare   un   processo  di  integrazione
internazionale di cui la stessa amministrazione nazionale  e'  parte,
e' richiesta una sempre piu' incisiva presenza cui occorre far fronte
con  risorse finanziarie addizionali ed integrative rispetto a quelle
rese  disponibili  da   altre   amministrazioni   dello   Stato.   Il
soddisfacimento  di  tali  esigenze  implica, di conseguenza, che una
parte della dotazione del Piano sia destinata a coprire  le  relative
spese  di  missione  che  non  siano  prese  a carico di altri enti o
amministrazioni.
   2.25 Acquacoltura.
   L'analisi settoriale acquacoltura italiana porta ad individuare  i
seguenti strumenti di intervento attivati dal Piano:
-   l'adeguamento   strutturale  degli  impianti  di  produzione,  il
  miglioramento  della  produttivita'   e   della   redditivita'   di
  esercizio,  favorendo  l'ingresso  nel  comparto  di  tutte le piu'
  moderne tecnologie e  metodiche  di  conduzione,  tenuto  conto  di
  quelle  che  sono  le  aree  gia' vocate all'acquacoltura. Dovranno
  altresi' essere finanziati quegli interventi volti  all'adeguamento
  degli  impianti  alle nuove normative sulla sicurezza dei luoghi di
  lavoro;
- il corretto utilizzo della risorsa ambiente  e  l'incremento  della
  compatibilita' ambientale degli impianti di acquacoltura esistenti,
  attraverso iniziative volte a sostenere le imprese del comparto nei
  relativi  costi.  Inoltre  dovranno  essere previste iniziative per
  incentivare l'uso di vaccini negli impianti di acquacoltura,  prev-
  edendo  contributi  per  campagne  di  vaccinazione  allo  scopo di
  ridurre  l'incidenza   delle   ittiopatologie   negli   allevamenti
  nazionali.
  Tali  iniziative  devono  essere  viste,  non solo sotto il profilo
  ittiopatologico, ma soprattutto devono essere considerate  al  fine
  di   ridurre   l'impatto   ambientale,  causato  dall'utilizzo  del
  chemioantibiotici. Nel breve  termine  risulta  poi  indispensabile
  sopportare  tutte  quelle iniziative volte a mettere a disposizione
  del comparto nuovi presidi e nuovi farmaci, piu' efficaci di quelli
  attualmente in uso;
- l'incremento dei livelli di competitivita' delle produzioni ittiche
  nazionali, che stanno subendo sempre piu' la concorrenza estera sia
  sul fronte delle produzioni di acqua dolce che di quelle  in  acque
  salmastre e marine, attraverso la promozione di tutte quelle azioni
  volte   alla   certificazione   della   qualita'   per   migliorare
  ulteriormente   gli   standard   qualitativi    delle    produzioni
  dell'acquacoltura nazionale.
  Infatti  i  livelli quantitativi delle produzioni dell'acquacoltura
  nazionale, registrati e consolidati negli  ultimi  anni,  impongono
  una   piu'   incisiva   valorizzazione   dei   prodotti  ittici  di
  allevamento, attraverso l'uso di idonei strumenti e fra  questi  si
  ritiene  particolarmente  importante anche in un'ottica di crescita
  degli operatori del comparto - quello della  "certificazione  della
  qualita'";
- l'incremento delle ricerche applicate alle tecniche di allevamento,
  di   salvaguardia   ittiopatologica   e  di  alimentazione,  e  per
  supportare modelli di sviluppo sostenibili sul piano  ecologico  ed
  economico;
-  l'attivazione  di  iniziative volte a salvaguardare l'attivita' di
  acquacoltura, intesa come "presidio ambientale" delle zone umide  e
  lagunari del territorio nazionale;
-  gli  interventi  in  grado  di  modulare  il  supporto finanziario
  pubblico in funzione  dell'obiettivo  che  si  intende  realizzare,
  evitando  che,  con  contributi  in  conto  capitale,  si favorisca
  l'ingresso nel settore di  operatori  non  preparati,  incapaci  di
  realizzare  e soprattutto gestire imprese di allevamento aventi una
  struttura non competitiva del costo di produzione.
  La limitazione degli interventi in  conto  capitale  dovra'  essere
  compensata  con  una  maggiore diffusione di finanziamenti in conto
  interessi a  tasso  agevolato,  ottenuti  attraverso  un  sensibile
  abbattimento  del  tasso di riferimento delle operazioni a medio. I
  contributi in conto capitale dovranno  essere  previsti  unicamente
  per   investimenti   o   iniziative   finalizzate   alla  riduzione
  dell'impatto  ambientale  e  all'adeguamento  degli  impianti  alle
  normative  igieniche  sanitarie  e  alla  sicurezza  sui  luoghi di
  lavoro;
- la stipula di polizze assicurative per gli stocks  in  allevamento,
  allo  scopo  di  salvaguardare le imprese del settore da eventuali,
  sempre piu' frequenti danni causati da  avversita'  atmosferiche  e
  ambientali;
-  l'aggiornamento tecnologico e l'adeguamento alle vigenti normative
  sanitarie comunitarie e nazionali (Direttiva CEE 91/493  e  Decreto
  Legislativo  30/12/92  n.  531)  degli  impianti di trasformazione,
  lavorazione e  commercializzazione  di  prodotti  dell'acquacoltura
  privilegiando      l'integrazione      "allevamento-impianto     di
  trasformazione", favorendo  le  produzioni  dell'acquacoltura  piu'
  idonee  anche  sotto  il  profilo  economico,  a subire processi di
  lavorazione e trasformazione;
- il crescente coinvolgimento delle  cooperative  della  pesca  nella
  gestione della fascia costiera attraverso la maricoltura, fatto che
  richiede  procedure snelle per la concessione delle aree marine con
  crescenti deleghe e responsabilita' per tali imprese, con un attivo
  processo di decentramento che  veda  operatori  ed  Amministrazioni
  locali  sempre piu' impegnati nella gestione corretta delle proprie
  risorse ambientali.
   2.26 Piccola pesca
   Entro  il  31.12.1997  il  Sottocomitato  per  la  piccola  pesca,
costituito  nell'ambito  del Comitato di gestione ex articolo 3 della
legge 41/82, elaborera' un programma settoriale per la piccola pesca,
che tenga conto degli indicatori economici, della consistenza sociale
del comparto  e  della  incidenza  del  comparto  stesso  nelle  zone
dipendenti  dalla  pesca. Il Piano conterra' indicazioni di carattere
gestionale  anche  con  riferimento  alle  risorse  finanziarie   che
potrebbero essere impiegate per l'attuazione del programma stesso.
3. LA RICERCA SCIENTIFICA APPLICATA ALLA PESCA ED ALL'ACQUACOLTURA
   La  produzione ittica ha due origini: da cattura e da allevamento.
Queste due attivita', che concorrono  unitamente  ad  approvvigionare
prodotti  alimentari  di  origine  acquatica  domandano,  per il loro
sviluppo e per  il  loro  consolidamento,  un  forte  supporto  della
ricerca  scientifica.  Nel  caso della pesca si tratta di attuare con
continuita' programmi  finalizzati  alla  valutazione  delle  risorse
biologiche (processo questo che richiede, oltre ad una continua messa
a  punto  metodologica  al  fine  di  ottenere  risultati quanto piu'
affidabili ai fini gestionali, per  alcune  risorse  un  processo  di
standardizzazione delle metodiche utilizzate).
   Nel  caso  dell'acquacoltura  si  tratta  di affrontare molteplici
problemi che vanno dalla  demotivazione  delle  specie  agli  aspetti
zootecnici  e veterinari per quei gruppi di organismi acquatici per i
quali le metodiche produttive sono messe a punto.
   Nel corso dell'attuazione del quarto Piano triennale il  grado  di
sensibilizzazione   al   settore  indotto  dal  piano  precedente  ha
comportato un'ulteriore crescita del numero di ricercatori  impegnati
in  tematiche  relative  alla produzione ittica. L'aumento del numero
dei  ricercatori  corrisponde  naturalmente  ad  un   aumento   delle
strutture di ricerca pubbliche e private coinvolte. A questo processo
di  crescita  ha fatto corrispondenza anche una migliore qualita' dei
relativi risultati, di cui  l'aumentata  presenza  sulla  letteratura
internazionale risulta la prova tangibile.
   Un  aspetto  che domanda particolare attenzione e' quello relativo
al consolidamento delle attivita' di  ricerca  svolte  dalle  cooper-
ative.  Unitamente a quella accademica e degli enti strumentali dello
Stato la ricerca cooperativa si e' affermata per qualita',  assumendo
un crescente ruolo di trasferimento verso il mondo della produzione.
   Naturalmente   nonostante   i   risultati  conseguiti  la  ricerca
nazionale del settore ha bisogno di maggiore coordinamento che superi
il buon livello gia' raggiunto con il quarto  Piano  triennale.  Cio'
risulta  necessario  al  fine di evitare duplicazioni nell'ambito del
Piano stesso e soprattutto sulla base di contributi concessi da altre
Amministrazioni nazionali, regionali ed internazionali, oltre che  da
enti territoriali autonomi.
   La  mancanza  di  coordinamento  rischia di vanificare gli sforzi,
aumentando i costi.
   La ricerca in questo settore, infetti, e' storicamente frammentata
in piu' siti di competenza (universita', CNR,  ICRAM,  ENEA,  cooper-
ative  di  ricerca,  consorzi  di ricerca ed altri). Questa struttura
puo' anche offrire vantaggi per quanto riguarda la distribuzione  sul
territorio, lungo gli ottomila chilometri di costa.  L'azione del pi-
ano,  la  piu'  incidente  per  mezzi  profusi  e per coerenza con le
problematiche gestionali  e  produttive,  se  fortemente  coordinata,
realizza  di  fatto  una  rete funzionale. Cio' anche in direzione di
servire le specificita' locali, che appaiono diversificate  non  solo
sul piano ambientale, ma anche negli aspetti sociali ed economici.
   D'altra  parte  e'  necessario  superare  la  mancanza  di  azione
coordinata tra gli stessi enti finanziatori,  molti  dei  quali,  nel
quadro  di  programmi  generali  di ricerca, attivano soltanto alcune
linee che riguardano pesca ed acquacoltura.
   La ricerca applicata nell'ambito del piano triennale -  come  gia'
sopra  rilevato - rappresenta l'impegno pubblico maggiore in pesca ed
acquacoltura. Nel quarto piano triennale  oltre  250  programmi  sono
stati   attivati,   mobilitando   pressoche'   tutte   le  competenze
disponibili sul territorio nazionale, dal nord al  sud,  alle  isole.
Cio'  stimolando  l'interesse  di  molti  gruppi  di ricerca verso il
settore.
   Il  quarto  piano  triennale  ha  confermato  le  attivita'  nella
valutazione   delle  risorse,  nell'ecologia  applicata  alla  pesca.
Durante questo periodo si e' aperto un  dibattito  costruttivo  sulle
metodiche  di  valutazione  delle  risorse  e  - grazie all'azione di
coordinamento - si e' giunti a  definire  approcci  comuni.  Cio'  e'
risultato    necessario    anche    al   fine   di   contribuire   ad
un'armonizzazione  verso  la  politica   comune   della   pesca   che
l'Amministrazione  nazionale  si  trova  ad  applicare. Tale processo
sara' continuato ed ottimizzato nell'ambito  del  presente  piano  al
fine  di  rendere  sempre  piu'  competitiva  la  nostra posizione in
materia anche in riferimento al  ruolo  che  l'Italia  deve  svolgere
nell'ambito del Mediterraneo.
   La  ricerca  in acquacoltura e' stata fortemente diversificata con
un accentuato sviluppo dei progetti sulle  nuove  specie,  di  quelle
zootecniche  e  veterinarie. E' stato costruito un sistema di ricerca
coerente con i bisogni  della  nostra  acquacoltura  che  attualmente
risulta  essere  la  piu'  diversificata nel contesto europeo. Questo
punto di vantaggio e' stato considerato come elemento vincente  della
programmazione  settoriale.  In  tal  senso  si  e' inteso realizzare
un'azione di ricerca diffusa fortemente coordinata.
   Nell'ambito di  validita'  del  quinto  piano  si  dovra'  attuare
definitivamente   la   rete  di  ricerca  italiana  in  acquacoltura,
valorizzando la capacita' delle unita' operative  a  collaborare  con
spirito  di divisione del lavoro e di rispetto delle competenze. Tale
razionalizzazione  appare  la  piu'  concreta  perche'  basata  sulla
motivazione  dei  gruppi  di  ricerca  ad operare in siffatta maniera
piuttosto  che  articolata  su  organigrammi  calati  dall'alto,  non
rispondenti   per  cio'  stesso  alla  realta'  del  sistema  ricerca
nazionale nel settore.
   L'incisivita' dell'azione sopra descritta non indica  comunque  un
livello  ancora soddisfacente di ricaduta dei risultati della ricerca
stessa. Tale obiettivo, solo in  parte  raggiunto,  sara'  perseguito
attraverso   un   crescente   coinvolgimento  delle  associazioni  di
categoria ed in particolare delle cooperative di ricerca  in  ragione
dello specifico ruolo sopra menzionato.
   Per  quanto  riguarda  le  ricerche economiche sono da considerare
prioritarie  quelle  dirette  ad  elaborare   modelli   di   sviluppo
sostenibile  anche  con  riferimento  alle  interazioni esistenti tra
pesca e ambiente, acquacoltura  e  ambiente,  sviluppo  dei  processi
economici  nell'ambito della fascia costiera, nonche' quelle relative
alla valutazione dell'impatto delle politiche di settore.
   Gli obiettivi del quinto piano troveranno nella ricerca  un  forte
catalizzatore.  Essi  sono  chiaramente  delineati  e  debbono essere
perseguiti con razionalita' e su base conoscitiva certa;  di  qui  la
rilevante percentuale di risorse dedicata alla ricerca stessa.
   Valutare   correttamente  le  risorse  per  poterle  gestire,  nel
rispetto delle esigenze di una concreta  politica  di  conservazione,
compatibile  e  non in perpetuo conflitto con le attivita' economiche
in un momento in cui l'occupazione  rappresenta  uno  dei  principali
obiettivi del Governo.
   Ridurre i costi di produzione in acquacoltura, aumentando la gamma
di  specie  e  consolidando  la  spinta  che  il  terzo piano ha dato
all'acquacoltura in mare aperto, invertendone la storica  tendenza  a
sviluppare  le  attivita' a terra (con riferimento - come e' chiaro -
alle produzioni ittiche), identificare misure gestionali attuali  per
la  risorsa di vongole filippine, che, dopo la fase di colonizzazione
nord-adriatica (dal delta del Po alla laguna di Venezia) contribuisce
annualmente con oltre 50.000 tonnellate.
   La  ricerca  in  acquacoltura  dovra'  inoltre  contribuire   allo
sviluppo  di piccole e medie aziende, basate su un modello che riduca
la circolazione incontrollata di uova, larve e giovanili, considerati
i crescenti rischi  di  diffusione  di  patologie  e  di  perdita  di
identita' genetica delle popolazioni autoctone.
   Anche  nel caso dell'acquacoltura la relazione di questa attivita'
con l'ambiente deve essere  armonizzata  identificando  la  capacita'
portante degli ecosistemi in cui tale attivita' va ad incidere.
   Particolare  attenzione  va  riservata  poi alla ricerca nel campo
della qualita' alimentare e conservabilita' dei prodotti  ittici  con
particolare  riguardo  alle  attivita'  dell'Istituto nazionale della
nutrizione. L'evidenziarsi, inoltre, nel  periodo  di  validita'  del
precedente piano, di taluni fenomeni, che hanno causato anche allarme
sociale (si pensi ad esempio al rinvenimento di mercurio nei prodotti
ittici  o  all'allarme  "colera"  del  1994)  ha  posto in risalto la
necessita' di  un  approfondimento  della  ricerca  anche  sul  reale
rapporto  tra  contaminanti  e  salute  dell'uomo. Risponde pronte ed
efficaci, anche al fine  di  informare  ed  orientare  al  meglio  la
pubblica   opinione,   sono   state   fornite   grazie   al  supporto
dell'Istituto dinanzi citato.
   Pertanto nel periodo di validita' del  Piano  e'  auspicabile  che
l'Istituto,  nell'ambito  delle  funzioni-obiettivo,  relazioni ancor
piu' la propria  attivita'  alla  politica  settoriale  in  pesca  ed
acquacoltura,  istituendo  una  apposita  unita' operative di rilievo
dirigenziale. A tale riguardo si prevede di destinare, a  valere  sui
fondi del Piano, l'importo di 500 miliardi annui all'Istituto.
   La  ricerca  economica  e sociale, nonche' quella biologica devono
operare in stretta collaborazione con la messa a punto  e  la  valida
azione  di  modelli  bio-economici  appropriati  alla possibilita' di
prevedere scenari di uso economicamente ed ecologicamente sostenibile
delle risorse, cui pesca ed acquacoltura si  riferiscono  nell'ambito
della fascia costiera.
   Lo  stesso  processo  di  riconversione  di  attivita'  di  pesca,
soggette  a  riduzione  dello  sforzo,  necessita  di  un'appropriata
ricerca  sociale  e di calibrati strumenti di intervento. Lo sviluppo
della maricoltura, gestita dai pescatori, potrebbe  rappresentare  un
ambizioso   obiettivo   cui  la  ricerca  dovrebbe  contribuire,  non
esistendo un quadro di riferimento empirico, eccezione fatta  per  il
caso della mitilicoltura.
   La  ricerca  deve  produrre  tecnologie  appropriate, programmi di
trasferimento; deve sviluppare azioni sinergiche con i  programmi  di
formazione;  supportare,  con  appropriati  strumenti conoscitivi, il
processo decisionale.
   La ricerca in materia ambientale gia' evocata dovra' essere spinta
oltre quanto fatto nell'ambito di validita' dei piani precedenti.  E'
tempo  di  dotare  il  settore  di  dati piu' affidabili per cio' che
concerne gli impianti dell'inquinamento sulle risorse biologiche  del
mare.  Questo  al  fine  di  evitare  che  il settore della pesca sia
considerato responsabile unico del depauperamento biologico dei mari.
Il tutto nel quadro di azione obiettiva e non  di  difesa  settoriale
che  il  Governo  deve  attuare nel rispetto dei lavoratori del mare,
delle comunita' biologiche e delle prossime generazioni.
   Nell'attuazione del V Piano saranno  prioritariamente  considerati
quei    programmi   di   ricerca   coordinati   o   che   favoriscano
l'identificazione di tematiche comuni per  ricercatori  e  produttori
nell'interesse  collettivo  al  fine  di fornire crescita economica e
salvaguardare le risorse biologiche  e  degli  ecosistemi  marini  in
generale.
   Le  ricerche  sono  finanziate  se  ascrivibile alle seguenti aree
tematiche:
A. Risorse biologiche
   A1 Valutazione delle risorse - prosecuzione ricerche
   A2 Valutazione delle risorse - metodologie innovative
   A3 Ecologia applicata alla pesca
B. Tecnologia
   B1 Tecnologia della pesca
   B2 Tecnologia acquacoltura
C. Acquacoltura
   C1 Riproduzione artificiale e genetica applicata
   C2 Patologia
   C3 Definizione di diete artificiali
   C4 Ecologia applicata
   C5 Impianti sperimentali
   C6 Studi sul ripopolamento attivo
D. Igiene e qualita' dei prodotti ittici
   D1 Igiene
   D2 Proprieta' alimentari dei prodotti ittici e prodotti innovativi
E. Economia e sociologia della pesca e acquacoltura
   E1 Rilevazione sistematica degli indicatori economici
   E2 Modelli di sviluppo sostenibile
   E3 Sociologia della pesca e acquacoltura
F. Diritto della pesca e acquacoltura
G. Attivita' funzionale alla ricerca in pesca ed acquacoltura
   G1 Divulgazione e pubblicazione dei risultati delle ricerche
   G2 Organizzazione da parte del Ministero di  seminari  e  convegni
      sulla pesca e l'acquacoltura
   G3  Contributi  per  l'organizzazione di seminari e convegni sulle
      tematiche e sui risultati delle ricerche
   G4 Spese per la realizzazione di scambi  culturali  e  scientifici
      nel campo della pesca e dell'acquacoltura
   G5  Partecipazione dell'Italia alle attivita' relative agli organi
      regionali della FAO in pesca ed acquacoltura
Le risorse assegnate alla  ricerca  saranno  ripartite  tra  le  aree
tematiche  nella misura percentuale appresso indicata, fermo restando
la  possibilita'  di  compensazioni  in  sede  di  approvazione   del
programma d'intervento:
A. Risorse biologiche:                                         39%
B. Tecnologia:                                                  5%
C. Acquacoltura:                                               39%
D. Igiene e qualita' dei prodotti ittici:                       4%
E. Economia e sociologia della pesca e acquacoltura:            5%
F. Diritto della pesca e acquacoltura:                          2%
G. Attivita' funzionale alla ricerca in pesca ed aquacoltura:   6%
                PARTE TERZA - IL BILANCIO PREVENTIVO
   Il   fabbisogno  finanziario  necessario  alla  realizzazione  del
presente Piano e' quantificato in lire 270.000 milioni, in ragione di
90.000 milioni per ciascuno degli anni 1997, 1998 e 1999.
   Alla copertura del fabbisogno in questione si provvedera' mediante
l'utilizzazione  delle  risorse  all'uopo   destinate   dalla   legge
finanziaria  1997: di essi 90.000 milioni relativi all'anno 1997 sono
iscritti nella tabella C allegata al  disegno  di  legge  finanziaria
1997  (A.C. 2371). Per le due restanti annualita' la citata tabella C
prevede 45.000 milioni per ciascuno degli anni 1998 e  1999;  per  la
copertura   dell'onere   derivante   dalla   copertura  del  restante
fabbisogno  si  provvedera'  con  apposito  disegno   di   legge   di
utilizzazione  di  lire 45.000 milioni per ciascuno degli anni 1998 e
1999 a valere sugli accantonamenti recati dalla tabella A della legge
finanziaria 1997.
La disponibilita' annuale e' cosi' ripartita fra i  vari  settori  di
intervento,  fermo  restando,  a  fine  esercizio, la possibilita' di
compensazione fra i singoli settori e,  nell'ambito  di  ciascuno  di
essi, tra le iniziative ammesse:
                   RIPARTIZIONE DEGLI STANZIAMENTI
                                                          (Importi in
                                                            miliardi)
                       SETTORI DI INTERVENTO
1. Interventi:
   a) Fondo centrale credito peschereccio                       1,0
      1. Nuove costruzioni                          30,0%
      2. Ammodernamenti                             17,0%
      3. Acquacoltura                               15,0%
      4. Piani di ristrutturazione aziendale        20,0%
      5. Iniziative consortili                       8,0%
      6. Impianti a terra                           10,0%
   b) Contributi a fondo perduto                               10,0
      1. Spacci cooperativi                          5,0%
      2. Piani di ristrutturazione  aziendale       30,0%
      3. Formazione professionale                   10,0%
      4. Acquacoltura                               30,0%
      5. Iniziative associazionismo                 25,0%
   c) Contributi per incentivi alla cooperazione               15,0
   d) Ricerca applicata alla pesca e acquacoltura              14,5
   e) Campagne promozionali                                     8,6
   f) Realizzazione sistema statistico                          3,7
   g) Funzionamento degli organi collegiali                     0,2
   h) Missioni all'estero                                       0,2
   i) Iniziative a sostegno dell'attivita' ittica               0,5
   l) Missioni per vigilanza                                    0,2
   m) Controllo attivita' di pesca (Capitanerie di porto)       3,1
   n) Ricerca nel campo della qualita' alimentare               0,5
      (Istituto nazionale della nutrizione)
2. Credito peschereccio (legge 302/89)                         14
3. Fondo di solidarieta' (legge 72/92)                          5
4. Accordi di programma                                         6
5. Studi mercato (ISMEA)                                        3
6. Ricapitalizzazione cooperative                               4,5
_____________________________________________________________________
                                                  TOTALE       90
Le risorse del Fondo centrale vanno ad incrementare la disponibilita'
residua  del  fondo stesso costituita da "rientri" per rate scadute e
per estinzioni anticipate, nonche' dal versamento degli  stanziamenti
relativi  al  precedente piano. Per detta disponibilita' si applicano
le stesse percentuali di intervento sopra riportate.