dell'Italia con i paesi di origine e di transito degli immigrati trae ulteriore impulso dalla legge 40/98. L'assegnazione di quote riservate preferenziali - previste dall'art. 19 - per l'accesso al mercato del lavoro anche stagionale, solo nell'ambito di accordi finalizzati alla regolamentazione dei flussi di ingresso e delle procedure di riammissione, consente infatti di disporre di uno strumento tutt'altro che trascurabile per condurre a positiva conclusione i negoziati con i paesi che si dimostrano piu' riluttanti a stipulare accordi sulla riammissione degli immigrati clandestini. I due complementari versanti delle intese sulla riammissione e sul lavoro costituiscono pertanto strumenti di politica internazionale e non soltanto accordi di carattere tecnico. Gia' da tempo il nostro Paese e' impegnato nella realizzazione di un'ampia rete di accordi di riammissione. Tale obiettivo e' perseguito in una strategia di negoziato globale, ponendo in relazione tali accordi con altre intese, di reciproco interesse, sia nel settore socio-migratorio che sul piu' vasto fronte della cooperazione bilaterale nei diversi settori, ed in particolare in quella della cooperazione allo sviluppo. L'impegno profuso consente gia' di disporre di un ampio reticolo di accordi di riammissione con i paesi dell'Europa dell'Est e dell'area balcanica. Non possono a questo proposito non sottolinearsi i positivi risultati dell'Accordo concluso con l'Albania, che consente di respingere coloro che non hanno i requisiti per l'ingresso in Italia. I nostri sforzi dovranno ora ancor piu' concentrarsi sull'area mediterranea da cui proviene una consistente parte degli immigrati presenti in Italia, e dove permangono non poche difficolta' per pervenire ad intese in questa materia. Occorre soprattutto che le Autorita' di quei paesi acquisiscano una maggiore consapevolezza dell'esigenza di un efficace contrasto dell'immigrazione clandestina nel Mediterraneo. Una immigrazione che avvenga in modo incontrollato e' infatti incompatibile con un processo di reale integrazione degli immigrati, con una costante e concreta progressione dei loro diritti, e finisce in ultima analisi per nuocere alle collettivita' degli immigrati regolarmente soggiornanti nel nostro paese. Inoltre, presentandosi ancora difficolta' lungo il percorso negoziale per la definizione di specifiche intese bilaterali, sembrerebbe opportuno continuare ad insistere in sede U.E. - dove si e' constatato, peraltro, un diffuso consenso tra i nostri partners europei - ed a livello della Commissione, perche' nel testo degli Accordi di associazione euro-mediterranea con l'Egitto, il Libano, l'Algeria e la Siria trovi adeguata collocazione una clausola sulla riammissione. Appare, altresi', utile evidenziare, nei contatti con gli interlocutori mediterranei, l'estrema difficolta' di progredire verso ulteriori intese di reciproco interesse (sicurezza sociale, cooperazione giudiziaria), in mancanza di un accordo sul contrasto dei flussi clandestini. Cio', in quanto riteniamo indispensabile che sostanziali progressi siano compiuti, in modo parallelo ed equilibrato, su tutte le questioni sociali e migratorie. L'intesa sulla riammissione resta per noi, infatti, obiettivo di assoluto riguardo, in quanto l'impostazione di una seria azione di contrasto dell'immigrazione clandestina non puo' prescindere dalla collaborazione dei paesi originari dei maggiori flussi migratori. La rilevanza di alcuni Stati dell'Africa sub-sahariana (Senegal, Ghana, Nigeria, Somalia, Etiopia) nella geografia complessiva dei flussi migratori ha fatto emergere la necessita' di definire anche per tale regione un quadro d'azione analogo a quello delineato per i Paesi mediterranei. Con il Senegal in particolare, si intenderebbe avviare - una volta raggiunto il necessario coordinamento con le Amministrazioni competenti in materia della sicurezza sociale (Ministeri del Lavoro e del Tesoro) - un negoziato parallelo a livello bilaterale, al fine di addivenire alla conclusione di un Accordo di riammissione e, al contempo, di una Convenzione di Sicurezza Sociale. Nel quadro del complessivo rilancio della politica italiana nei confronti dell'Africa, si e' provveduto ad istituire un foro di dialogo fra le Amministrazioni italiane interessate alle tematiche migratorie ed il Comitato Emigrazione creato dal corpo diplomatico africano accreditato a Roma. La rilevanza rivestita dagli accordi con i paesi dell'Est europeo, balcanici e del Mediterraneo, non deve far perdere di vista il nostro interesse ad impostare negoziati socio-migratori, con un'impostazione analoga a quella sopra descritta per i negoziati con i Paesi Mediterranei, anche con alcuni Stati asiatici che producono flussi verso l'Italia di una certa importanza, e sono anch'essi coinvolti in misura crescente in movimenti di clandestini. Per quanto concerne le quote riservate da assegnare in via preferenziale, nell'ambito della programmazione dei flussi migratori, andranno privilegiati quegli Stati per i quali sono state avviate le procedure di integrazione europea. Cio' costituira' un tangibile segno del nostro sostegno al processo di ampliamento dell'Unione. Va tra l'altro sottolineato che tutti i paesi per i quali tali procedure sono in corso hanno gia' perfezionato accordi di riammissione con l'Italia o comunque esistono contatti in tal senso. Cooperazione allo sviluppo e flussi migratori Gli Indirizzi di una nuova politica di cooperazione allo sviluppo approvati dal CIPE nel giugno 1995 presentano quale finalita' prioritaria delle politiche italiane di aiuto allo sviluppo quella di "contribuire allo sforzo internazionale per la lotta contro la poverta' che, tra l'altro, e' la principale causa della crescente pressione migratoria verso i Paesi industrializzati...". L'ovvia connessione fra le situazioni di estrema poverta' nei Paesi in via di sviluppo ed i flussi migratori verso i Paesi piu' ricchi fa si' che una delle grandi priorita' tematiche della comunita' internazionale dei donatori e della Cooperazione Italiana cioe' la lotta contro la poverta' - ben si concili con la necessita' di controllare e razionalizzare tali flussi. Se si considera poi che un'altra area tematica cui la Cooperazione Italiana riserva tradizionalmente particolare attenzione e' quella dello sviluppo della piccola e media imprenditoria (PMI) nei Paesi in via di sviluppo - al fine di innescare un circolo virtuoso di auto-sviluppo sostenibile nonche' di generare occasioni occupazionali - si comprende come le nostre attivita' di cooperazione allo sviluppo possano indirettamente contribuire ad intervenire sulle cause dell'emigrazione. Il Bacino del Mediterraneo - ovvero l'area geografica dalla quale provengono i principali flussi migratori che interessano il nostro Paese - e' una delle regioni prioritarie per la Cooperazione Italiana: nel 1997 vi e' confluito quasi un terzo (31%) degli aiuti complessivi. In particolare, Albania ed Egitto sono due fra i principali beneficiari dell'Aiuto Pubblico allo Sviluppo italiano. Nei Paesi dell'area mediterranea, numerosi progetti della Cooperazione Italiana sono concepiti ed attuati avendo in mente anche il disegno di disincentivare la spinta migratoria verso i Paesi dell'Unione Europea, attraverso - come gia' accennato - attivita' volte a combattere le situazioni di estrema poverta' (servizi sociali di base, microimpresa, microcredito) ed a creare occupazione (interventi infrastrutturali, sviluppo della PMI) e capitale umano (formazione professionale). La Dichiarazione di Intenti sulla Cooperazione tra Italia ed Albania - sottoscritta a Tirana il 18 dicembre 1997 - prevede che "un criterio comune di particolare importanza nel valutare la priorita' degli interventi di cooperazione in tutti i settori (...) sara' quello relativo alla loro attitudine a creare posti di lavoro in loco, contrastando le tendenze incontrollate all'emigrazione." In tal senso, l'intero Programma di cooperazione 1998-2000 con l'Albania - per il quale sono stati stanziati 210 miliardi di lire, di cui 180 a credito di aiuto e 30 a dono - accorda in tutti i settori di attivita' (institution building, infrastrutture, tutela ambientale, PMI, sanita', etc.) la priorita' agli interventi ad elevata valenza di generazione d'impiego. Per quanto concerne invece gli interventi di cooperazione recentemente conclusi o attualmente in corso di esecuzione, paiono degni di menzione in questo contesto il Programma di sostegno all'imprenditoria femminile, quello per il sostegno della produzione agricola - eseguito dalla FAO con fondi italiani - ed il Progetto integrato zootecnico, nonche' un pacchetto di iniziative in cofinanziamento con la Banca Mondiale volte a promuovere lo sviluppo rurale (anche attraverso la costruzione di strade e schemi irrigui) e la riduzione della poverta'. Meritano attenzione ai nostri fini anche i grandi interventi infrastrutturali in corso finanziati dalla Cooperazione Italiana - riabilitazione della rete idrica di Tirana, acquedotto di Bovilla, linea ferroviaria Tirana-Durazzo, reti elettriche urbane - che hanno la doppia valenza di creare occupazione in loco nel breve periodo e di promuovere la crescita economica ed uno sviluppo sostenibile nel medio e lungo termine. Nei Paesi del Maghreb ed in Egitto lo sviluppo economico - e quindi la riduzione della spinta migratoria - passa per la modernizzazione dell'agricoltura e la ristrutturazione dell'industria. In Marocco ed in Tunisia i Governi stanno cercando di adottare misure volte allo sviluppo dei settori produttivi ed in particolare all'accrescimento della competitivita' delle piccole e medie imprese, che vi rappresentano una buona fetta del tessuto industriale (93% in Marocco) ed impiegano un'alta percentuale della forza lavoro. Per questo motivo, i programmi della Cooperazione Italiana in corso di esecuzione o di negoziato si concentrano soprattutto sull'appoggio al settore delle PMI (che, in virtu' del piu' basso costo del lavoro in tali Paesi, tendono a specializzarsi nei settori ad alta intensita' di manodopera), sulla formazione professionale e sull'assistenza tecnica ai centri settoriali di assistenza alle imprese, ma anche negli interventi di sviluppo umano e di riduzione della poverta' estrema nelle aree particolarmente svantaggiate. In effetti, alle linee di credito messe a disposizione delle piccole e medie imprese locali (Tunisia, Algeria, Marocco, Egitto) e delle joint-ventures a partecipazione italiana (Tunisia) si affiancano interventi di sviluppo umano a livello locale (Tunisia) e di poverty alleviation (Egitto). In genere, la strategia della Cooperazione italiana nell'area volta a rafforzare lo sviluppo della PMI - e quindi a creare occupazione - prevede di accompagnare le linee di credito di cui sopra per il sostegno finanziario alle imprese locali ad una componente di assistenza tecnica (a dono) esercitata attraverso la costituzione di centri per l'erogazione di servizi alle imprese. Inoltre, attraverso l'OIL e l'UNIDO si stanno attuando - ovvero sono in corso di definizione - un intervento di promozione della microimpresa nella Regione di Jendouba in Tunisia e nelle Province di Settat ed El Jadida in Marocco e due interventi di assistenza tecnica alle PMI tunisine (settori dell'abbigliamento e del cuoio). Per quanto concerne invece il settore della formazione professionale - altrettanto importante al fine di disincentivare la spinta migratoria - gli sforzi della Cooperazione Italiana nel Maghreb si concentrano nell'inserimento dei giovani nel mondo del lavoro locale e nella promozione di nuove iniziative imprenditoriali. Infine, degno di nota e' lo studio tematico "Le migrazioni dal Maghreb e la pressione migratoria: situazione attuale e previsioni" che l'OIL ha compiuto sempre con finanziamenti della Cooperazione Italiana. PARTE SECONDA: LINEE GENERALI PER LA DEFINIZIONE DEI FLUSSI DI INGRESSO NEL TERRITORIO DELLO STATO Criteri generali Nel quadro degli elementi della politica dell'immigrazione degli stranieri nel territorio dello Stato italiano, i criteri generali per la definizione dei flussi di ingresso in Italia, da porre come base per la successiva emanazione dei decreti annuali che stabiliscono le quote massime di stranieri da ammettere nel territorio dello Stato per lavoro subordinato a tempo indeterminato ed a tempo determinato, anche per esigenze di carattere stagionale, e per lavoro autonomo, sono i seguenti: a) adeguata considerazione dell'impatto sul mercato del lavoro dei ricongiungimenti familiari, effetto del radicamento delle comunita' degli stranieri nel territorio italiano, con la conseguente ricerca di lavoro da parte della seconda generazione presente in Italia; b) valutazione della situazione interna del mercato del lavoro nazionale, poiche' l'offerta di disponibilita' della manodopera straniera possa dirigersi verso spazi ed ambiti non completamente assorbiti dalla manodopera italiana; c) valutazione delle opportunita' offerte dalla conclusione di accordi bilaterali con i Paesi di origine, dalle azioni svolgibili in cooperazione con l'Unione Europea e con le organizzazioni non governative; d) valorizzazione della previsione legislativa che consente l'ingresso in Italia a predeterminati contingenti di persone per le finalita' di ricerca di un inserimento lavorativo, piuttosto che sulla base di un contratto di lavoro gia' esistente. 1. Situazione del mercato del lavoro italiano La caratteristica principale e' rappresentata da un forte divario tra il Nord dell'Italia e le regioni del Mezzogiorno, sia dal punto di vista dello sviluppo produttivo sia da quello della disoccupazione. Nella media nazionale del 1997, il tasso di disoccupazione risulta infatti del 12,3% con una marcata differenza tra le diverse aree del Paese: nel Centronord i tassi variano tra il 3% delle aree migliori (Veneto, Trentino Alto Adige) ed il 12% delle aree peggiori (Piemonte, Liguria, Lazio), nel Sud la percentuale dei senza lavoro e' superiore al 20% in molte regioni, con picchi particolarmente elevati in Campania, Calabria e Sicilia. Tali cifre medie sulla disoccupazione variano inoltre secondo la professionalita' e l'eta'. Al riguardo non puo' non rilevarsi come le richieste di manodopera non trovino adeguata risposta nelle regioni del Centronord relativamente a professionalita' a scarso contenuto di specializzazione e nel settore del lavoro stagionale. E', quindi, in tale scenario che nel corso degli anni precedenti si e' registrato un progressivo aumento del fenomeno immigratorio ed una tendenza al radicamento nella societa' italiana della presenza degli stranieri determinato da un crescente inserimento nel mondo del lavoro, in particolare nelle regioni del Nord e ancor piu' nel Nord- Est: dette regioni presentano i valori piu' elevati di occupazione straniera regolare e soprattutto nell'industria. Nel Mezzogiorno, per contro, il grado di utilizzo di forza lavoro regolare rimane molto basso. La situazione degli inserimenti lavorativi e' confermata indirettamente dal fenomeno delle iscrizioni al collocamento, in qualita' di disoccupati, dei lavoratori stranieri, che si concentra in modo sensibile nel mezzogiorno e nelle regioni del Nord-Ovest, coerentemente alla struttura della disoccupazione nazionale. Permane quindi, nelle aree territoriali e professionali suindicate, non in contrasto con le caratteristiche strutturali del mercato del lavoro italiano, un fabbisogno di inserimenti lavorativi extracomunitari, come si e' puntualmente registrato in sede di ripartizione dei flussi del 1998 (oltre 22.000 richieste dal Centro- Nord, delle quali 18.000 dal Nord-Est, 7.000 unita' dal Centro e 5.000 dal Mezzogiorno). Ai flussi di ingresso per motivi di lavoro subordinato, occorre poi affiancare quelli per lavoro autonomo, la cui quantificazione dovra' tener conto delle valutazioni sull'andamento dei relativi mercati locali, cosi' come rilevato dagli uffici preposti alla disciplina delle attivita' produttive e di servizio a livello locale. E' noto al riguardo che il mercato del lavoro italiano si connota per una forte incidenza del lavoro autonomo e che ulteriore sviluppo potra' aversi con gli importanti interventi di liberalizzazione in alcuni comparti. 2. Stranieri presenti in Italia per i quali puo' definirsi un inserimento lavorativo regolare Si deve innanzitutto tener conto della normalizzazione dei flussi che provengono dalle comunita' presenti sul territorio nazionale per motivi umanitari, tramite richieste di conversione del titolo di presenza in permesso di soggiorno per motivi di lavoro. Non puo' essere inoltre sottovalutato il fenomeno della presenza in Italia di lavoratori che, entrati regolarmente non si trovino piu' in regola con le norme di soggiorno, nonche' di stranieri in situazioni di irregolarita' per quanto concerne l'ingresso in Italia i quali siano, comunque, in grado di regolarizzare un loro verificabile inserimento di fatto nel mondo del lavoro. E' di recente elaborazione la "Relazione sulla presenza straniera in Italia e sulle situazioni di irregolarita'", predisposta per dare attuazione all'impegno che il Governo ha assunto accogliendo l'ordine del giorno n. 100 approvato dal Senato nella seduta del 19.2.98. Tale relazione rappresenta un contributo di conoscenza del complesso fenomeno dell'immigrazione anche attraverso l'analisi critica delle numerose statistiche esistenti ed elaborate da varie istituzioni (Ministero dell'Interno, ISTAT, INPS, Ministero del lavoro e della previdenza sociale, associazioni del volontariato, ecc.) e consente di fornire una stima circa la presenza irregolare degli stranieri. La relazione contiene in ultima analisi una stima circa la consistenza degli stranieri irregolarmente presenti sul territorio italiano rappresentata da una "forbice" che va da un minimo di poco meno di 200 mila unita' ad un massimo di 300 mila. Nell'ottica del presente documento programmatico, che riguarda sia la politica dell'immigrazione che la condizione degli stranieri nel territorio italiano, la programmazione dei flussi di ingresso per gli anni a venire deve tener conto dell'attuale presenza straniera in Italia e della possibile normalizzazione di specifiche situazioni in armonia con i principi ispiratori della legge. 3. Accordi finalizzati alla regolamentazione dei flussi di ingresso La legge 40 prevede che con i decreti annuali dei flussi di ingresso siano assegnate in via preferenziale quote riservate agli Stati non appartenenti all'Unione europea con i quali siano stati conclusi appositi accordi, di cui all'articolo 19 della legge. Si ritiene utile, in questo ambito, favorire le forme di inserimento lavorativo accompagnate da interventi formativi e di addestramento per un positivo reinserimento nei Paesi di origine. Viene qui richiamato quanto detto nella prima parte del documento, con riguardo in particolare alle scelte di cooperazione: con i Paesi del Mediterraneo, del Centro e dell'Est europeo ed, infine, dell'Africa sub-sahariana. Va rilevato poi come il fenomeno dell'immigrazione, nelle sue componenti storiche tradizionali, potrebbe a sua volta essere fonte di politiche di collaborazione che integrino le scelte strategiche, ai soli fini di migliorare le condizioni di vita, in coerenza con le politiche di integrazione: sono da segnalare quindi ulteriori criteri da prendere in considerazione come quelli della consistenza numerica delle comunita' esistenti in Italia, della pressione migratoria alle frontiere e ai confini italiani per situazioni contingenti e per eventi bellici. Anche per tali Paesi di provenienza potrebbe darsi luogo ad accordi bilaterali. Anche le quote da destinare all'ipotesi di cui all'articolo 21 della legge, ingressi assistiti da garanzie di soggetti terzi, possono essere riferite, nel primo triennio di programmazione, essenzialmente, ai Paesi indicati precedentemente. La consistenza di tale quota puo' essere programmata in maniera flessibile negli anni, in modo da verificare i risultati e la rispondenza del fenomeno migratorio alle finalita' della norma. Gli accordi e le intese bilaterali possono definire modalita' di formazione e di pubblicizzazione delle liste e la loro consistenza numerica; possono, altresi', stabilire specifiche modalita' per procedere ad attivita' di orientamento e di selezione da effettuarsi nei Paesi d'origine, presso le sedi delle ambasciate italiane, nei confronti degli stranieri aspiranti all'iscrizione nelle liste. Tali attivita' saranno svolte da esperti delle diverse amministrazioni competenti (Ministero degli affari esteri, Ministero del lavoro, Ministero dell'Interno, ecc.). Nella prima fase della programmazione triennale, si segnala l'opportunita' di indicare delle quote piu' generali per area geografica (Paesi dell'Europa Centrale ed Orientale e Paesi della sponda sud del Mediterraneo) piuttosto che indicare delle quote da assegnare ai singoli Paesi. Accordi con i singoli Paesi potranno poi riguardare settori specifici come quello del lavoro stagionale, come gia' avvenuto per l'Albania. In altre parole l'intesa bilaterale dovrebbe vertere sulla consistenza delle cosiddette liste di prenotazione e sulle piu' opportune e concordate modalita' per agevolare l'effettivo ingresso in Italia dei lavoratori, nei limiti delle quote complessive, e nel rispetto della facolta' accordata ai datori di lavoro di operare una selezione dei lavoratori piu' professionalmente preparati. Va da se' che la programmazione per Paese di origine potra' avere contingenti predeterminati nei casi di ingresso per ricerca di lavoro o a fronte di richieste non nominative (vedi il lavoro stagionale). 4. Anagrafe annuale informatizzata delle offerte e delle richieste di lavoro subordinato e servizi per l'impiego. 4.1 La legge 40 ha consentito una profonda revisione delle procedure in atto che regolano l'ingresso per motivi di lavoro, innestando, a fianco delle episodiche situazioni di richiesta di personale residente all'estero da parte dei datori di lavoro, modalita' di gestione di un piu' efficace servizio di incontro tra domanda ed offerta di lavoro. Va da se' che dette procedure ineriscono alle competenze dei diversi Ministeri a vari livelli e dovranno essere garantiti gli opportuni momenti di coordinamento. Dopo l'autorizzazione del Ministero del lavoro, infatti, devono seguire, per l'effettivo avvio dell'attivita' lavorativa in Italia, il visto di ingresso ed il permesso di soggiorno. Ai fini di un efficace coordinamento si potra' contare soprattutto sulla realizzazione dell'anagrafe informatizzata delle offerte e delle richieste di lavoro, che unitamente ai sistemi informativi collegati del Ministero dell'Interno e dell'INPS, dovrebbe produrre una accelerazione e nel contempo una maggiore penetrazione dei controlli di competenza delle varie amministrazioni. Il servizio di incontro tra domanda ed offerta di lavoro e' cosi' articolato: a) gli accordi e le intese bilaterali prevedono, nei limiti stabiliti dai decreti annuali dei flussi, la possibilita' per i cittadini di essere presenti nell'anagrafe informatizzata, previa formazione di apposite liste, anche per le attivita' di carattere stagionale, con un determinato ordine di priorita' per il caso di richieste numeriche; b) i lavoratori stagionali, che hanno rispettato le indicazioni del permesso di lavoro e sono rientrati nel loro Paese, hanno diritto di precedenza, rispetto ai connazionali ed a parita' di qualifica, verso il lavoro stagionale presso gli stessi datori di lavoro in Italia; c) singoli cittadini italiani o residenti stranieri regolari o specifici enti possono offrire la loro garanzia a favore di lavoratori provenienti dalle aree geografiche individuate dal presente documento programmatico, per la ricerca di un inserimento lavorativo; d) trascorsi i termini previsti per le procedure di cui al punto c), si dara' luogo alle procedure subordinate a favore dei lavoratori che propongano la loro candidatura per l'ingresso ai soli fini di ricerca di un inserimento lavorativo, previa iscrizione in apposite liste tenuta presso le ambasciate italiane. I datori di lavoro possono richiedere l'arrivo di stranieri residenti all'estero da essi preindividuati mediante conoscenza diretta, ovvero da essi preselezionati mediante consultazione dell'anagrafe informatizzata cui confluiscono i nominativi dei lavoratori stranieri inseriti nelle liste dianzi specificate. Per le ipotesi sopraindicate le procedure di ricerca dei lavoratori si risolvono principalmente nella scelta nominativa favorita da un'ampia promozione delle liste dei lavoratori stranieri. Nel caso di procedura di avviamento mediante richiesta numerica il criterio e' quello riferito all'anzianita' di iscrizione nelle liste medesime. Il Ministero del lavoro puo' peraltro effettuare avviamenti dalle liste formate con i Paesi con i quali sono stati raggiunti accordi, secondo ulteriori trasparenti criteri di priorita', in particolare per il lavoro stagionale. 4.2 Questo articolato servizio di incontro fra domanda ed offerta di lavoro va naturalmente coordinato con il piu' generale servizio per l'impiego, per tener conto delle effettive capacita' di assorbimento della domanda di lavoro locale, indirettamente misurabile dai tassi di disoccupazione territoriali, cui contribuiscono gli stessi lavoratori stranieri regolarmente soggiornanti, ma in stato di disoccupazione. Da questo punto di vista, si devono sottolineare due aspetti: a) si e' ritenuto, nell'ambito del decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, di riservare la materia inerente al controllo dei flussi di immigrazione allo Stato, non includendola nelle materie relative al collocamento che sono state trasferite alle regioni, in modo da poter assicurare, almeno nel primo periodo di applicazione della nuova legge 40, un piu' omogeneo comportamento in materia; b) il coinvolgimento delle regioni, cui e' stata conferita la materia delle politiche del lavoro, sara' peraltro totale nella definizione dell'andamento dei tassi di occupazione e di disoccupazione che dovranno essere messi a base dell'istruttoria tecnica del Ministero del lavoro, ai fini dei decreti annuali di programmazione delle quote di ingresso. Per quanto riguarda in particolare il lavoro stagionale, la programmazione e la politica del lavoro dovranno agevolare lo sviluppo della potenziale domanda in questo comprato, che appare il piu' idoneo a garantire un inserimento di lavoratori extracomunitari in linea con le esigenze del mercato del lavoro italiano e collegato a reali prospettive di rientro nella madrepatria. Per questi lavoratori temporaneamente presenti sul territorio nazionale, si chiede alle regioni ed ai centri per l'impiego provinciali di programmare parallelamente, con la dovuta gradualita', attivita' di formazione professionale che possano arricchire l'esperienza di lavoro in Italia. A tal fine la legge prevede che le Commissioni regionale per l'impiego ovvero le strutture che le regioni decideranno di istituire in loro vece, possono stipulare con le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello regionale dei lavoratori e dei datori di lavoro, e con gli enti locali, apposite convenzioni, in materia di lavoro stagionale, indicando il trattamento economico e normativo, le misure per assicurare idonee condizioni di vita, di lavoro ed alloggiative, nonche' incentivi per favorire l'ingresso ed il rientro dei lavoratori. 5. Indicazioni per la determinazione delle quote massime di stranieri da ammettere nel territorio dello Stato. La quantificazione dei flussi dovra' essere contenuta, come detto, per tener conto degli inserimenti lavorativi che provengono dal flusso dei ricongiungimenti familiari, nella accezione ancor piu' allargata che la nuova legge prevede. Sempre nell'ottica di una programmazione degli ingressi compatibile con il mercato del lavoro e con le politiche di integrazione, non puo' non essere valutato l'impatto potenziale delle modifiche dei permessi di soggiorno da altro titolo, in particolare per motivi di studio, a titolo di lavoro subordinato. Si ritiene infatti piu' prudente e piu' snello dal punto di vista amministrativo, valutare preliminarmente tale impatto, contenendo i flussi nei decreti, che non reintrodurre, per i predetti cambiamenti del titolo del permesso di soggiorno per stranieri gia' residenti in Italia, una diversa e piu' complessa istruttoria con l'intento di effettuare una sorta di filtro successivo. La programmazione dei flussi di ingresso per motivi di lavoro subordinato od autonomo, ancorche' non sia prevista una quantificazione che sara' successivamente individuata con specifici decreti, dovrebbe poi tener conto anche degli ingressi che potranno essere autorizzati ai sensi dell'articolo 25 della legge. In particolare, si rileva la portata delle autorizzazioni per fini misti di formazione e di lavoro, di cui all'articolo citato lettera f), che sembrerebbe delineare anche un successivo fabbisogno di inserimenti lavorativi a pieno titolo. In base alle considerazioni sin qui svolte, si delineano le prime indicazioni per l'elaborazione dei decreti annuali dei flussi di ingresso. La programmazione riguarda gli anni 1998, 1999 e 2000, in modo graduale ed equilibrato a partire dell'anno in corso, mediante un nuovo decreto interministeriale sui flussi, integrativo rispetto a quello gia' emanato in data 24.12.1997, anche per tener conto del primo accordo bilaterale stipulato con l'Albania: a) Si dovra', in primo luogo, tener conto della situazione interna del mercato del lavoro e dei limiti numerici risultanti dai piani previsionali del fabbisogno di manodopera elaborati dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale. b) La programmazione dei flussi nel triennio 1998-2000 terra' conto di una quota crescente di autorizzazioni al lavoro stagionale, destinate a diventare una componente importante delle intese bilaterali con i Paesi del Mediterraneo, dell'Europa Centrale e Orientale e dell'Africa Sub-Sahariana (le aree geografiche di preferenza). Il lavoro stagionale, se opportunamente regolamentato, puo' proprio per le sue caratteristiche meglio rispondere a quelle esigenze di mobilita' e di flessibilita' che caratterizzano i moderni flussi migratori; c) Tali limiti numerici dovranno tener conto non solo del fabbisogno di lavoratori subordinati, ma, altresi', del possibile sviluppo di attivita' di lavoro autonomo, compatibili con l'esercizio delle attivita' svolte dai locali e potenzialmente destinate a creare un maggiore incremento delle realta' produttive interne. d) In considerazione delle risultanze sulla presenza degli stranieri in Italia, anche in situazioni di irregolarita', il completamento del contingente relativo al 1998, potra' essere riservato a lavoratori stranieri: - che possano dimostrare con elementi oggettivi di essere gia' presenti in Italia prima dell'entrata in vigore della legge 6 marzo 1998, n. 40, - e che possano dimostrare di avere un rapporto di lavoro in corso ovvero un formale impegno di assunzione, comprovati entrambi dall'assenso del datore di lavoro. Inoltre, in via eccezionale, per il 1998 e, in parte minore, per il 1999, potra' essere consentito, per un limitato contingente di lavoratori presenti in Italia anche in situazione di irregolarita', l'attivazione del meccanismo delle garanzie prestate da terzi ai sensi dell'art. 21, con il rilascio di un permesso di soggiorno per un anno ai fini di inserimento nel mercato del lavoro. e) A partire dal 1999, sara' poi attivata, in misura adeguata, una quota riservata agli ingressi assistiti da sponsorizzazioni da parte di privati o enti autorizzati (art. 21, comma 1) o, in mancanza di questi, agli ingressi individuali per ricerca di lavoro (art. 21, comma 4). f) Una limitata quota di ingressi per lavoro subordinato sara' sempre riservata alle autorizzazioni basate sulle richieste nominative (da qualsiasi Paese estero). g) Per quanto attiene al lavoro autonomo sara' fatta una programmazione triennale, destinata, per il primo anno e parzialmente nel secondo, a stranieri - che hanno dimostrato con elementi oggettivi di essere gia' presenti in Italia prima dell'entrata in vigore della legge n. 40 del 1998 - che intendono avviare un'attivita' di lavoro autonomo, a condizione che essi chiedano un permesso provvisorio di soggiorno al solo fine di espletare le procedure previste nell'art. 24 della legge per ottenere l'autorizzazione all'attivita' autonoma, previa dimostrazione, con adeguata documentazione, circa il possesso delle strutture, attrezzature e capitali liquidi necessari per l'attivita' imprenditoriale. Mezzi di sussistenza per l'ingresso e il soggiorno degli stranieri Per quanto riguarda la disponibilita' dei mezzi di sussistenza sufficienti per la durata del soggiorno, l'art. 4, comma 3, della legge 40/98 stabilisce che i "mezzi di sussistenza sono definiti con apposita direttiva emanata dal Ministro dell'interno, sulla base dei criteri indicati nel documento di programmazione di cui all'art. 3, comma 1". Tali criteri non possono essere che di carattere generale e sono cosi' sintetizzabili: a) il reddito e le risorse comunque disponibili debbono comunque derivare da fonti lecite; b) la disponibilita' dei mezzi di sussistenza puo' essere comprovata non solo con l'esibizione della valuta ma anche, e meglio ancora, con documenti di credito, di atti comprovanti rapporti di lavoro in corso, di atti comprovanti la disponibilita' di immobili e risorse finanziarie e, nei casi previsti dall'articolo 21, la sussistenza delle garanzie ivi indicate. PARTE TERZA: POLITICHE DI INTEGRAZIONE 1. Che cosa si intende per integrazione La definizione di una strategia di integrazione degli immigrati impone la risposta ad un primo fondamentale quesito: se sia preferibile limitarsi ad estendere agli immigrati le misure di regolamentazione della vita collettiva in vigore per gli italiani o se, invece non occorra elaborare misure specifiche solo per gli stranieri. L'esperienza condotta in molti paesi europei suggerisce di costruire un equilibrio tra la tensione all'universalismo dei diritti e il riconoscimento delle differenze, individuando percorsi di inclusione dei cittadini stranieri sulla base dell'affermazione di diritti e di doveri di tutte le parti in causa (stranieri, nazionali, enti, associazioni) e nel rispetto delle specificita' culturali e religiose. Per integrazione in questo documento si intende pertanto un processo di non discriminazione e di inclusione delle differenze, quindi di contaminazione e di sperimentazione di nuove forme di rapporti e comportamenti, nel costante e quotidiano tentativo di tenere insieme principi universali e particolarismi. Essa dovrebbe quindi prevenire situazioni di emarginazione, frammentazione e ghettizzazione, che minacciano l'equilibrio e la coesione sociale e affermare principi universali come il valore della vita umana, della dignita' della persona, il riconoscimento della liberta' femminile, la valorizzazione e la tutela dell'infanzia, sui quali non si possono concedere deroghe, neppure in nome del valore della differenza. Il nostro paese, traendo insegnamento dall'esperienza di altri con una piu' lunga tradizione in questo campo, individua nella progressiva acquisizione dei diritti di cittadinanza la strada maestra verso l'integrazione e la partecipazione alla vita della societa'. Come tutte le moderne democrazie si sta tuttavia orientando verso un modello di societa' che riconosce al suo interno l'esistenza di una pluralita' culturale, lasciando pero' alla sfera privata l'espressione e la perpetuazione delle identita' culturali. La responsabilita' dello Stato nei confronti delle comunita' straniere che vivono sul territorio si concretizza pertanto da un lato nel promuovere procedure che garantiscano a tutti la possibilita' di integrazione e di partecipazione alla vita sociale, a prescindere dall'appartenenza etnica o dall'orientamento culturale e religioso e dall'altro nel garantirne misure che prevengono e combattono forme di discriminazioni e pregiudizi fondati su questi presupposti. Riconosce tuttavia agli stranieri la liberta', garantita anche dalla Costituzione purche' non confliggente con gli interessi dello Stato e la sicurezza della collettivita', di costituire associazioni, sulla base della nazionalita', delle credenze religiose e di interessi culturali in quanto possono rappresentare la risposta al bisogno individuale di mantenimento delle tradizioni e dei legami con i paesi di provenienza, al bisogno di rafforzare la propria identita' in un contesto vissuto come estraneo, all'esigenza di farsi conoscere e far conoscere il proprio paese. In quanto agenti di intercultura le associazioni degli immigrati che ne hanno i requisiti, possono partecipare, alla pari di altre associazioni di volontariato, a programmi di intervento sul territorio realizzati dagli enti locali. Per poter valorizzare inoltre la presenza degli immigrati sul territorio e poter tener conto di un punto di vista privilegiato sui temi dell'immigrazione si garantisce una presenza degli immigrati negli organismi consultivi nazionali e territoriali previsti dalla legge n. 40. Si raccomandano inoltre azioni positive che valorizzino la presenza degli immigrati all'interno di strutture o organismi esistenti nel nostro paese anche finalizzati a scopi diversi da quelli dell'immigrazione. Questo rafforzerebbe l'immagine positiva dell'immigrazione e renderebbe visibile i percorsi di integrazione gia' realizzati da molti stranieri che vivono nel nostro paese. 2. Obiettivi e ambiti di applicazione di una politica di integrazione Tre sono i grandi obiettivi verso i quali deve tendere la politica di integrazione del nostro paese: A) Costruire relazioni positive. L'obiettivo "strategico" di una politica di integrazione consiste nel costruire relazioni positive tra cittadini italiani e immigrati. Integrazione significa infatti possibilita' di comunicazione profonda a piu' dimensioni (economica, sociale, culturale e politica) tra la maggioranza della popolazione autoctona e le diverse etnie che con essa convivono, da cui deriva un progressivo cambiamento della cultura e dei valori della societa' nel suo insieme. Questo e' un obiettivo molto difficile da raggiungere perche' presuppone da parte di tutti la consapevolezza dei propri pregiudizi, paure, ideologie che ostacolano la comunicazione. Le relazioni interetniche in tutti i paesi sono caratterizzate da diffidenza e timore reciproco. Una politica dell'integrazione deve puntare in primo luogo a superare questi atteggiamenti attraverso misure che mirino non solo a cambiare le percezioni errate, ma anche ad ammettere e chiarificare gli elementi reali sui quali i reciproci timori si fondano. Detto altrimenti, e' necessaria una politica dell'informazione, diretta agli immigrati e ai nazionali, che abbia si' come obiettivo di smontare pregiudizi e timori infondati, ma che rassicuri anche rispetto a timori fondati perche' capace di proporre soluzioni rispetto a situazioni di disagio reale. La politica dell'integrazione pertanto non deve essere rivolta soltanto agli immigrati. Essa avra' effetti irrilevanti sulle relazioni inter-comunitarie se non terra' conto anche delle aspettative e delle esigenze dei nazionali. Evitare il rifiuto degli stranieri da parte dei cittadini nazionali e' un obiettivo prioritario di una sensata politica dell'integrazione. Cio' significa rassicurare gli italiani rispetto alla concorrenza degli immigrati nel settore del Welfare e sul mercato del lavoro, rispetto alla minaccia rappresentata dagli immigrati all'identita' nazionale e ai valori fondamentali della nostra societa', rispetto alla sicurezza urbana (aumento di criminalita' dovuto ad immigrati). Integrazione significa pero' anche rassicurare gli immigrati rispetto alla paura di perdere la propria identita' e i propri valori; rispetto alle paure per la propria integrita' fisica in contesti urbani, percepiti come estranei ed ostili; offrire certezze rispetto alla soddisfazione di bisogni fondamentali come la conservazione di condizioni di vita dignitose, la possibilita' di usufruire di luoghi di comunicazione e scambio di esperienze e conoscenze, la certezza di poter mantenere nel tempo la condizione di legalita' sia di soggiorno che di lavoro; la possibilita' di esercitare il diritto di voto come espressione massima di partecipazione alla vita della comunita'. Per tutti l'obiettivo e' quello di una vita dignitosa. A questo proposito, e' necessario essere consapevoli del fatto che integrazione come opportunita' di vita dignitosa non e' sinonimo di egualitarismo, ma puo' contemplare anche situazioni di parziale e/o temporanea segregazione abitativa o lavorativa. Le comunita' abitative possono rappresentare un antidoto alla dispersione ed estraneita' urbana come l'accettazione di lavori non graditi ai nazionali puo' costituire il primo passo necessario per innescare il circolo virtuoso dell'integrazione. Ma deve anche significare accettare l'idea, e predisporre a questo scopo le misure necessarie, che gli immigrati possano con il tempo accedere a tutti i lavori, senza alcuna discriminazione, quindi anche a lavori qualificati. Per compiere passi avanti nel processo di integrazione nell'accezione fin qui delineata e' opportuno individuare un insieme di sotto- obiettivi di massima da perseguire a partire dai prossimi tre anni anche incominciando a pesare misure per avvicinarli che appaiano piu' convincenti e praticabili nell'ambito della legge: a) evitare che i cittadini nazionali percepiscano gli immigrati come persone di cui diffidare, da temere e da disprezzare perche': * consumatori di risorse scarse (welfare, occupazione); * soggetti che minacciano l'identita' nazionale; * soggetti che incrementano la criminalita' e stili di vita degradati; * residenti temporanei non collegati alla pressione migratoria e quindi alla necessita' di regolamentare i flussi di ingresso. b) evitare che gli immigrati e le minoranze percepiscano l'Italia come un paese ostile, ingiusto, da temere e disprezzare che: * nega diritti sociali di base e opportunita' di lavoro su basi discriminatorie; * minaccia l'identita' culturale attraverso l'istruzione delle nuove generazioni e i media; * minaccia l'incolumita' fisica e la loro integrita' morale; * emargina e relega a condizioni di vita degradate per lavoro, per abitazione, per salute; * non garantisce continuita' di permanenza sul territorio nazionale; crea incertezza e precarieta'; * nega opportunita' di inserimento. c) evitare che i cittadini italiani e gli immigrati percepiscano: * lo stato come agente di discriminazione * la pubblica amministrazione e le forze dell'ordine come interlocutori ostili e faticosi * la multiculturalita' come minaccia alla rispettiva integrita' fisica, culturale e sociale B) Garantire pari opportunita' di accesso e tutelare le differenze Come e' stato sottolineato nel punto precedente, la filosofia di fondo che ispira la politica di integrazione dell'Italia, condivisa oggi da gran parte dei paesi europei, consiste essenzialmente nel mettere gli stranieri nella condizione di vivere "normalmente", quindi colmare il divario di conoscenze derivante dalla specifica condizione di straniero (conoscenza della lingua, accesso all'istruzione, ai servizi sanitari, alla formazione professionale, alle politiche di alloggio pubblico etc.) che li penalizza rispetto ai cittadini italiani in condizioni economiche e sociali comparabili. Per quanto riguarda aspetti della condizione dello straniero, l'obiettivo della politica di integrazione e' quindi quello di includere gli immigrati nell'ambito di politiche volte a risolvere problemi di segmenti specifici della popolazione presente sul territorio (in particolare persone a basso reddito) della quale spesso gli immigrati sono una parte importante. Quindi avremo misure per l'integrazione degli immigrati in quanto segmento della struttura sociale avente caratteristiche particolari, dall'altro misure per la tutela degli immigrati che condividono con altri italiani condizioni di disagio o di basso reddito, quindi insieme a loro da tutelare. Multiculturalismo: l'accesso alla scuola dell'obbligo dei minori stranieri, indipendentemente dalla loro posizione giuridica, e' uno dei punti fondamentali della politica di integrazione e di costruzione di una societa' multiculturale. Anche in questo campo il nostro paese vuole dare piena applicazione alla convenzione sui diritti del fanciullo, ratificata con la legge n. 176 del 27 maggio 1991. La scuola italiana ha gia' attivato un processo di revisione dei programmi scolastici che danno largo spazio alla comunicazione interculturale. Piu' efficace dovra' pero' essere il sostegno all'apprendimento della lingua italiana da parte dei minori stranieri affinche' possano partecipare con profitto a tutto il programma di istruzione. Sara' importante anche l'intensificazione dell'insegnamento della lingua italiana agli adulti, sia attraverso il Ministero della Pubblica istruzione che con il sostegno degli enti locali e delle associazioni. Attenzione sara' inoltre riservata alla individuazione di occasioni e luoghi di incontro e di scambio di esperienze tra cittadini italiani e cittadini stranieri che favoriscono la conoscenza e la comprensione reciproca e la contaminazione tra culture. Inoltre, con riferimento alla formazione universitaria, saranno promosse iniziative presso le universita' allo scopo di favorire l'accesso di studenti stranieri. Alloggio: le politiche abitative, come quelle volte all'inserimento degli immigrati nel mondo del lavoro devono evitare di innescare situazione di concorrenza tra poveri. D'altra parte non si puo' ignorare la priorita' che questo aspetto riveste nell'ambito di una politica di accoglienza, tenendo conto delle difficolta' di accesso degli immigrati al mercato degli affitti e delle condizioni che spesso sono costretti a subire sia in termini di prezzo che di abitabilita' degli immobili. Per questa ragione, proprio in questo settore, notoriamente problematico anche per gli italiani, vanno promosse in via prioritaria misure per prevenire situazioni di sfruttamento e per sostenere situazioni di disagio abitativo sia di immigrati che di italiani nelle stesse condizioni attraverso la realizzazione di strutture alloggiative previste esplicitamente dalla legge a questo scopo anche favorendo convenzioni con associazioni e consorzi di impresa che si impegnino a garantire l'alloggio ai propri dipendenti immigrati stranieri. Oltre ad una politica degli alloggi volta a situazioni di grave deprivazione, e' importante favorire politiche di quartiere o all'interno di ambiti territoriali delimitati, anche sottolineando la possibile rivitalizzazione del territorio a seguito di una politica piu' liberistica degli insediamenti commerciali. Sanita': la difficolta' di utilizzare i servizi sanitari e' anch'esso un problema che molti stranieri condividono con i cittadini italiani. Anche in questo campo quindi l'obiettivo di una politica di integrazione e' quello di dare agli stranieri le informazioni necessarie sul funzionamento e sulle prestazioni del Servizio sanitario nazionale e sulle modalita' di accesso. Ci sono pero' due aspetti molto particolari da considerare nella previsione di un'assistenza sanitaria efficace: la forte connotazione culturale della malattia, della cura, del rapporto con il proprio corpo e della manifestazione agli altri della propria malattia; la condizione di illegalita' di alcuni stranieri presenti sul nostro territorio ai quali assicurare uno dei diritti fondamentali come quello della salute. Questo secondo aspetto e' risolto con quanto gia' previsto dalla legge attualmente in vigore; piu' articolate dovra' invece essere l'applicazione della legge per venire incontro alle esigenze evidenziate nel primo punto, in quanto presuppongono, anche nell'ambito dei servizi sanitari pubblici, modalita' di prestazione che rispettino le esigenze di persone appartenenti ad altre culture (es. medici donne per alcune specializzazioni, mediatori culturali). Assistenza ai minori e alle fasce marginali dell'immigrazione: i minori sono i veri protagonisti del processo di integrazione. A cavallo tra la cultura dei genitori e quella del paese di accoglienza vivono tutte le contraddizioni dell'incontro tra culture, senza poterne godere i vantaggi. Come tutti i minori sono quindi soggetti a rischio, altamente vulnerabili. A differenza degli altri tuttavia, spesso non hanno intorno il sostegno di una famiglia e di un rete di rapporti parentali che da' sicurezza e rafforza il senso di identita'. Per queste regioni e' molto importante prevedere, oltre alle misure gia' attivate in ambito scolastico, l'accesso dei minori stranieri a servizi di doposcuola o di attivita' sportive che consentano di impiegare il tempo lasciato libero dalla scuola. Vi sono inoltre situazioni di bambini che non possono vivere con i propri genitori, in particolare quando sono donne sole impiegate in lavori in case altrui. Spesso la soluzione adottata e' il rinvio dei bambini presso i parenti nel paese di provenienza. Un importante aiuto a queste situazioni potrebbe provenire dalla individuazione di strutture alloggiative che consentano alla famiglia, comunque costituita, di vivere insieme anche solo temporaneamente, o a soluzioni di affidamento diurno dei minori ad altri genitori nel quartiere di residenza, un sistema piuttosto affermato all'estero che potrebbe rivelarsi utile anche in Italia. Vi sono inoltre fasce di popolazione immigrata che per malattia o per errori commessi o per ingiustizie subite non sono in grado di far fronte alla vita quotidiana e tantomeno a risolvere i loro particolari problemi. Anche questi casi devono essere tenuti in considerazione dalle politiche volte a combattere l'esclusione sociale, avendo pero' accortezza di considerare che molte di queste persone non hanno alcun punto di riferimento in Italia, quindi necessitano di quel tanto in piu' rispetto agli italiani, che normalmente e' fornito dalla solidarieta' della famiglia. Potrebbero essere utili quindi misure che garantiscano il gratuito patrocinio per i detenuti stranieri, la traduzione dei capi di imputazione e del regolamento carcerario. In questo contesto rientrano anche le norme di protezione sociale: l'articolo 16 della legge e' infatti particolarmente importante e riguarda la tutela di chiunque - prevalentemente donne - vittima di traffico per sfruttamento sessuale, voglia sottrarsi a questa condizione, che qualcuno ha chiamato "moderna schiavitu'". La legge prevede in questi casi non solo protezione fisica, ma anche programmi di sostegno psicologico e di reintegrazione nella societa'. Mercato del lavoro: la partecipazione degli immigrati al mercato del lavoro si caratterizza spesso per condizioni di impiego precarie, in mansioni dequalificate, in settori arretrati e spesso in lavorazioni malsane. Oltre ad una politica degli ingressi che deve essere tale da consentire ingressi legali per lavori regolari e spezzare quindi il legame immigrazione-lavoro nero, che preclude la strada a qualunque forma di integrazione sociale e politica, la condizione degli stranieri (in particolare giovani, donne, lavoratori qualificati) sara' tenuta presente all'interno di politiche volte a combattere il lavoro nero, la disoccupazione e l'esclusione sociale. Sara' riservata particolare attenzione a percorsi formativi volti a favorire la conoscenza della lingua italiana, l'emersione e la valorizzazione di specifiche professionalita' anche al fine di prevenire forme di discriminazione sul lavoro. C) Assicurare i diritti della presenza legale Uno dei presupposti di una politica di integrazione efficace e' la prospettiva e la sicurezza della continuita' della permanenza legale sul territorio italiano e la linearita' di percorsi di cittadinanza. La sicurezza della residenza e' infatti la condizione primaria per poter programmare il futuro sia dal punto di vista lavorativo che affettivo. Da questa condizione deriva il desiderio di regolarizzare o migliorare la propria condizione lavorativa, come quello di ricongiungere o di formare una nuova famiglia. La legge prevede da questo punto di vista un'importante innovazione normativa: l'istituzione della carta di soggiorno (art. 7), che sancisce una condizione di semicittadinanza, di partecipazione alla vita collettiva e sociale del luogo di residenza e consente l'accesso a tutti i diritti propri della cittadinanza, con la semplice esclusione di quegli istituti specifici della nazionalita' (es. difesa dello stato). Altrettanto importanti in termini di garanzia di continuita' sono le norme sui ricongiungimenti familiari (artt. 26 e successivi), piu' ampie rispetto al passato, il cui numero non e' regolamentato dal sistema delle quote, e che consente ai ricongiunti che ne abbiano l'eta', di lavorare dal momento dell'ingresso in Italia. In linea con le misure normative previste dalla legge volte a rafforzare lo status giuridico dei residenti di lungo periodo, potrebbero essere introdotte una serie di misure di carattere amministrativo volte a semplificare le procedure e a ridurre la duplicazione dei documenti. La macchinosita' e la rigidita' delle procedure sono infatti spesso causa di incertezza e di ritorno nell'illegalita'. Pertanto si propone un coordinamento delle amministrazioni per * la semplificazione delle procedure per: rinnovo del permesso di soggiorno; richiesta della carta di soggiorno; ricongiungimento familiare; riconoscimento dei titoli di studio; * il coordinamento delle procedure per il permesso di soggiorno, iscrizione all'anagrafe, iscrizione all'INPS, iscrizione al Servizio sanitario nazionale; * riduzione della duplicazione dei documenti per richiesta di visto, permesso di soggiorno, presentazione di garanzia, offerta di lavoro, etc. sia da parte degli stranieri che degli italiani coinvolti. Le misure di integrazione trovano il loro coronamento nella partecipazione alla vita collettiva, sociale e politica. Da questo punto di vista saranno favorite forme di associazionismo e di rappresentanza degli immigrati cosi' come previsto dalla legge (art. 3, comma 6). L'istituzione dei Consigli territoriali, di cui faranno parte amministrazioni centrali e locali, associazioni che si occupano di immigrati e associazioni che rappresentano gli immigrati, offre l'opportunita' per approfondire la riflessione sulle forme di rappresentanza degli immigrati nel nostro paese, partendo dalle numerose e positive esperienze gia' esistenti. Essa consentira' la valorizzazione delle associazioni degli immigrati che svolgono un ruolo importante nell'accompagnare il percorso di integrazione dei singoli individui, nel garantire il mantenimento delle radici culturali e nel valorizzare il contributo che gli immigrati portano al cambiamento culturale e sociale in atto nel nostro paese. Una riflessione a parte meritano le associazioni religiose e laiche che operano a favore degli immigrati, all'interno delle quali spesso gli immigrati hanno anche un ruolo formalizzato. La loro attivita' nel promuovere occasioni di incontro tra culture diverse e nel tutelare i diritti dei piu' deboli e' infatti fondamentale per la costruzione di una societa' multiculturale in particolare se svolta in un'ottica di complementarieta' e di sinergie con le istituzioni centrali e locali. La loro presenza negli organismi consultivi rappresenta un punto importante di riferimento per gli enti locali e per il governo centrale per l'attuazione della politica di immigrazione e la promozione dell'integrazione in norme della tutela e della certezza dei diritti degli immigrati. E' importante che gli immigrati regolari residenti nel territorio, siano presenti, alla pari dei cittadini italiani, nelle proposte legislative del governo, oltre che delle regioni e degli enti locali e nelle decisioni del Parlamento, riguardanti tutti gli aspetti della vita sociale ed economica. Per quanto riguarda il sociale e' necessario vigilare che le proposte gia' presentate con questo spirito (l. 28 agosto 1997, n. 285 "Disposizioni per la promozione di diritti e di opportunita' per l'infanzia e l'adolescenza"; Decreto legislativo sul reddito minimo di inserimento, disegno di legge recante "Disposizioni per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali"; disegno di legge A.S. 3142 "Disposizioni per facilitare la locazione o l'acquisto dell'abitazione da parte delle giovani coppie e delle famiglie monoparentali) abbiano una concreta attuazione. Il Governo si impegna affinche' l'iter legislativo del disegno di legge costituzionale A.C. 4167 recante "Disposizioni integrative dell'Art. 48 della Costituzione" che consente il diritto di voto alle elezioni comunali e provinciali allo straniero possa seguire il suo corso nel modo piu' celere e ad iniziare una riflessione critica della attuale normativa sulla cittadinanza che si ispira essenzialmente al principio dello jus sanguinis, un principio che premia l'ereditarieta' del diritto di cittadinanza a scapito della residenza e quindi della effettiva presenza sul territorio 3. Agenti e strumenti per le politiche di integrazione Secondo la legge 40 del '98 la politica di integrazione e' una parte integrante della politica migratoria e infeste organismi alle Amministrazioni centrale e degli enti locali, al fine di garantire da un lato omogeneita' di trattamento a tutti gli stranieri presenti sul territorio e dall'altro l'operativita' degli interventi. Nel documento programmatico sono delineate infatti le principali linee di intervento che caratterizzeranno la politica di integrazione nel nostro paese nel prossimo triennio, ma saranno gli enti locali a gestire gli interventi sul territorio, anche utilizzando i finanziamenti previsti dal fondo per l'immigrazione, istituito con la stessa legge. Regioni, provincie, comuni ed altri enti locali sono chiamati ad implementare, ciascuno con proprie competenze, anche in ottemperanza al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, sulla delega di funzioni agli enti locali, attuativo della legge 59 del 1997, i provvedimenti concorrenti al perseguimento dell'obiettivo di rimuovere gli ostacoli che di fatto impediscono il pieno riconoscimento dei diritti e degli interessi riconosciuti agli stranieri nel territorio dello Stato, con particolare riguardo a quelli inerenti all'alloggio, alla lingua, all'integrazione sociale, nel rispetto dei diritti fondamentali della persona umana (artt. 40 e 43). Lo Stato, le regioni, le provincie e i comuni adottano, nelle materie di propria competenza, programmi annuali o pluriennali relativi a proprie iniziative e attivita' concernenti l'immigrazione, con particolare riguardo alle attivita' culturali, formative, informative, di integrazione e di promozione di pari opportunita'. I programmi sono adottati secondo i criteri e le modalita' indicati dal regolamento di attuazione e indicano le iniziative pubbliche e private prioritarie per il finanziamento da parte del Fondo, compresa l'erogazione di contributi agli enti locali per l'attuazione del programma La legga 40/98 prevede tuttavia organismi appositi per supportare l'azione del governo nella definizione di una politica di integrazione, che si pensa aperta e flessibile alle esigenze che nel tempo dovessero emergere dal mondo dell'immigrazione. Essi sono: * la Commissione per le politiche di integrazione, (art. 44), istituita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento per gli affari sociali. La commissione ha il compito di predisporre per il Governo, anche al fine dell'obbligo di riferire al Parlamento, il rapporto annuale sullo stato di attuazione delle politiche per l'integrazione degli immigrati, di formulare proposte per gli interventi di adeguamento di tali politiche nonche' di fornire risposta ai quesiti posti dal Governo concernenti le politiche per l'immigrazione, l'intercultura, e gli interventi contro il razzismo. E' evidente che anche il nostro paese si trovera' ad affrontare dilemmi cruciali sui quali si sono gia' confrontati altri paesi ad immigrazione piu' matura inerenti, ad esempio, la compatibilita' di pratiche religiose con i principi di liberta' e di democrazia sanciti dalla nostra Costituzione, la necessita' di garantire forme di conoscenza che preparino ad affrontare la vita da adulti nella societa' italiana e l'esigenza di mantenere il legame con le radici culturali della propria famiglia. * la Consulta per i problemi dei cittadini extracomunitari e delle loro famiglie (art. 42 del decreto legislativo recante il Testo Unico delle disposizioni concernente gli stranieri). Della Consulta, presieduta da un Ministro delegato dal Presidente del Consiglio, fanno parte rappresentanti delle amministrazioni Centrali, delle regioni e delle autonomie locali e delle associazioni operanti nel campo dell'assistenza all'immigrazione. La Consulta e' sentita per l'acquisizione delle osservazioni delle associazioni che ne fanno parte e per il collegamento dei consigli territoriali. * il CNEL svolge, nell'ambito delle proprie attribuzioni, compiti di studio e promozione di attivita' volte a favorire la partecipazione degli stranieri alla vita pubblica e la circolazione delle informazioni sulla applicazione della legge. * i Consigli territoriali per l'immigrazione (art. 3, comma 6) istituiti con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri da adottare di concerto con il Ministro dell'interno, in cui siano rappresentati le competenti amministrazioni locali dello Stato, la regione, gli enti locali, gli enti e le associazioni localmente attivi nel soccorso e nell'assistenza agli immigrati, le associazioni degli immigrati, le organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro, con compiti di analisi delle esigenze e di promozione degli interventi da attuare a livello locale. I Consigli territoriali fanno riferimento a livello locale all'ente Provincia e si raccordano con le prefetture, mentre hanno nella consulta per l'immigrazione istituita a livello nazionale un organismo di coordinamento. E' prevista inoltre l'istituzione di un albo presso la Presidenza del Consiglio, Dipartimento per gli affari sociali, delle associazioni di volontariato e delle associazioni degli immigrati abilitate a svolgere iniziative di integrazione con finanziamenti pubblici. 4. Risorse * Fondo nazionale per le politiche migratorie (art. 43). Presso la Presidenza del Consiglio dei ministri e' istituito il Fondo nazionale per le politiche migratorie, destinato al finanziamento delle iniziative di cui agli articoli 18, 36, 38, 40 e 44, inserite nei programmi annuali o pluriennali dello Stato, delle regioni, delle provincie, e dei comuni. La dotazione del Fondo, al netto delle somme derivanti dal contributo di cui al comma 3, e' stabilita in lire 12.500 milioni per l'anno 1997, in lire 58.000 milioni per l'anno 1998 e in lire 68.000 milioni per l'anno 1999. Il fondo sara' utilizzato per l'80% per il cofinanziamento di progetti di intervento presentati sulla base di accordi di programma tra regioni, provincie e comuni nel settore della formazione, intercultura, alloggio, informazione, assistenza ai minori e tutti gli altri ambiti previsti dall'art. 40; per il 20% per il finanziamento della commissione per l'integrazione, per interventi di emergenza, per la realizzazione di misure di integrazione aventi rilevanza nazionale. Si prevede naturalmente che regioni, provincie e comuni stanzino nel proprio bilancio fondi per le politiche di integrazione. * I finanziamenti possono essere utilizzati per sostenere iniziative delle associazioni ritenute valide dagli enti locali. 5. Valutazione dei processi di integrazione Se si considera l'entrata in vigore della nuova legge come un nuovo inizio della politica di integrazione, dovrebbe essere possibile incominciare ad introdurre anche in questo settore strumenti per la valutazione dei risultati delle misure attivate. Esistono a tal proposito pubblicazioni scientifiche, ed anche un recente documento del consiglio d'Europa da cui poter trarre ispirazione. Nel corso di questi anni si puo' mettere in piedi un sistema di valutazione che potra' avere un'applicazione piu' puntuale nel prossimo triennio. Un primo passo verso la realizzazione di questo programma consiste nella predisposizione, da parte delle amministrazioni, di moduli per la presentazione dei piani di intervento per l'integrazione delle regioni al fine di uniformare i dati e le informazioni in essi contenute. 6. Priorita' per il 1998-2000 Considerato il carattere propedeutico del primo piano per l'integrazione le priorita' di intervento previste per il primo triennio, alle quali saranno di preferenza destinate anche le risorse economiche previste dalla presente legge riguardano: * informazione sulla nuova legge per l'immigrazione e per l'integrazione. Sara' necessario prevedere una campagna informativa che utilizzando strumenti differenziati di comunicazione (vademecum, posters, spot, siti Internet) possa raggiungere tutti i possibili utenti (immigrati e operatori) e porre le basi per una comunicazione strutturata e sistematica su questi temi. Una particolare attenzione potrebbe essere dedicata alla individuazione di strumenti informativi per i nuovi arrivati, sul funzionamento delle istituzioni, i diritti e i doveri dei residenti. Utile potrebbe inoltre essere il collegamento con l'Istat e con il Ministero dell'Interno al fine di costruire un'informazione statistica attendibile e aggiornata. * ricognizione delle esperienze di integrazione realizzate fino ad oggi in Italia: chi, che cosa, dove, con quali risorse, al fine di far conoscere e di diffondere quelle piu' significative. A questo scopo potrebbero essere attivate risorse per ricerche da parte della Commissione per l'integrazione. Tutte le esperienze positive dovrebbero essere rese pubbliche per contrastare il dilagare di informazioni su conflitti e situazioni di difficile convivenza. Dovrebbe inoltre essere avviato un lavoro di ricognizione anche delle ricerche sul fenomeno del razzismo in Italia e sulle esperienze piu' significative messe in atto per combatterlo, in vista di un coordinamento con l'Osservatorio sul razzismo istituito a Vienna dalla Commissione europea. Ricognizione e valorizzazione delle esperienze di rappresentanza degli immigrati esistenti a livello nazionale e locale. * politiche sociali, da parte di tutti i soggetti (istituzioni, enti locali, associazioni) volti a favorire l'integrazione degli stranieri aventi come ambito di attivita' rispettivamente i settori della formazione, dell'alloggio e interventi di carattere sociale rivolti a particolari segmenti dell'immigrazione: donne, minori, soggetti particolarmente svantaggiati. Priorita' per le misure di integrazione per il triennio 1998-2000 _____________________________________________________________________ TARGET GROUPS | AMBITI DI ATTIVITA' ________________________________|____________________________________ INFORMAZIONE _____________________________________________________________________ => nuovi arrivati | * informazione-orientamento sulle | istituzioni italiane ________________________________|____________________________________ => immigrati lungo residenti | * informazione sulla carta di | soggiorno e sui diritti-doveri di | cittadinanza ________________________________|____________________________________ => nazionali | * informazione su immigrazione e | altre culture ________________________________|____________________________________ => tutti (immigrati, operatori, | * campagna informativa nuova legge amministrazioni) | immigrazione ________________________________|____________________________________ RICOGNIZIONE MISURE INTEGRAZIONE _____________________________________________________________________ => tutti gli immigrati | * ricognizione e valorizzazione | delle strutture di | rappresentanza/istituzione | consigli territoriali | * istituzione dell'albo nazionale | delle associazioni ________________________________|____________________________________ => ricercatori, istituti | * ricognizione e valorizzazione di universitari, operatori/enti | esperienze di integrazione locali/commissione per | realizzate a livello locale l'integrazione | * ricerche e osservatori sul | razzismo e misure per combatterlo | * sensibilizzazione | sull'applicazione delle norme | antidiscriminazione previste | dalle legge ________________________________|____________________________________ POLITICHE SOCIALI _____________________________________________________________________ => tutti gli immigrati | * alloggi sociali e centri | accoglienza | * alloggio per minori (sotto i tre | anni) e madri sole | * luoghi di incontro ________________________________|____________________________________ => minori | * lingua italiana | * doposcuola-attivita' sportive | * affidamento di quartiere ________________________________|____________________________________ => donne | * consulenza per normativa sul | lavoro domestico | * consulenza legale per le vittime | di molestie sessuali | * formazione sul diritto di | famiglia | * mediatori culturali nei | consultori ________________________________|____________________________________ => tutti gli immigrati | * lingua italiana | * formazione sul funzionamento | delle istituzioni e sulla cultura | italiana ________________________________|____________________________________ => soggetti svantaggiati | * assistenza malati lungo degenti | * assistenza detenuti/gratuito | patrocinio | * misure di protezione per le donne | vittime di tratta ________________________________|____________________________________ => amministrazioni e operatori | * coordinamento per la pubblici | semplificazione delle procedure e | la riduzione dei documenti | * linee guida sulle politiche di | integrazione a livello locale ________________________________|____________________________________ ALLEGATO: Il quadro demografico italiano e la pressione migratoria nella regione euro-africana (2) Le prospettive demografiche per la popolazione in eta' lavorativa nelle grandi ripartizioni italiane Una evoluzione demografica del tutto nuova e importante si avra' nei prossimi anni in Italia. Per la prima volta in epoca moderna e contemporanea diminuira' la popolazione in eta' lavorativa, quella in eta' compresa fra i 20 e i 59 anni. Nel complesso del Paese la diminuzione potrebbe risultare pari a 3 milioni e mezzo di persone, frutto di un calo di circa 3 milioni e 800 mila nel Centro-Nord e di un aumento di sole 300 mila persone circa nel Mezzogiorno (tab. 1). Particolarmente importante e significativo e' l'andamento della popolazione in eta' da 20 a 39 anni, perche' riguarda la parte piu' dinamica delle forze di lavoro e quella che teoricamente sul mercato del lavoro e' piu' esposta alla possibile "concorrenza" degli immigrati stranieri, sempre che di concorrenza si possa parlare. Nel Centro-Nord la diminuzione attesa fra il 1997 e i 2017 e' di 4,8 milioni ad un tasso medio annuo eccezionalmente elevato, pari al 2,8 per cento. E' l'effetto di un calo delle nascite anticipato, prolungato e intenso, di una fecondita' che si mantiene straordinariamente bassa, intorno a 1 figlio per donna, ormai da decenni. Anche nel Mezzogiorno ci si aspetta una diminuzione, di 1,2 milioni, a un tasso dell'1,0 per cento all'anno, diminuzione minore perche' l'intenso calo delle nascite e' stato ritardato rispetto al Centro-Nord. La diminuzione attesa per il totale della popolazione residente italiana di questa fascia d'eta' - compresi quindi gli stranieri gia' presenti in Italia, ma in assenza di ulteriore immigrazione - e' pari a oltre 6 milioni. Le tendenze demografiche della popolazione piu' giovane o in eta' lavorativa - del tutto attendibili facendo esse riferimento a persone gia' tutte nate - potranno contribuire: a) al riassorbimento - tenendo conto, naturalmente, della diversa situazione di molte aree del mezzogiorno rispetto al contesto nazionale - della disoccupazione giovanile, effetto questo che dovrebbe essere assai sensibile nel nostro Paese dove il calo della popolazione giovane in eta' lavorativa e' molto intenso, ma peraltro atteso anche nel resto dell'Unione europea, come mettono in luce studi ad hoc commissionati dalla Commissione di Bruxelles; b) alla creazione nel mercato del lavoro di possibili squilibri quantitativi, anche forti, fra domanda e offerta. Tali squilibri si affiancheranno per la prima volta agli squilibri qualitativi ormai largamente presenti gia' da molti anni nel Paese e ai pali in buona misura si devono i consistenti flussi immigratori degli ultimi anni. L'immigrazione dall'estero potrebbe cosi' aumentare per soddisfare una domanda di lavoro che potrebbe essere fortemente squilibrata, quantitativamente oltre che qualitativamente, rispetto alla offerta e che in ogni caso non sembra essere del tutto riequilibrabile attraverso migrazioni interne sud-nord; c) ad un intenso incremento della offerta di lavoro e dell'occupazione femminile, che ancora oggi si trovano a livelli molto bassi rispetto ad altri Paesi europei e presentano larghi squilibri territoriali (per la classe di eta' 25-34 anni i tassi di attivita' del 1997 nel Centro-Nord sono pari a 89,4 per cento per i maschi e 71,8 per le femmine; nel Mezzogiorno pari a 81,9 e 42,8 rispettivamente). Se questo dovesse accadere, allora anche per questa via la domanda di lavoratori stranieri potrebbe aumentare. C'e' infatti da considerare che il lavoro domestico e di cura, tradizionalmente affidato alle donne, e' una delle attivita' lavorative piu' frequenti per gli immigrati stranieri in Italia e che proprio la loro presenza, di diritto o di fatto, ha consentito il sempre maggiore inserimento della donna nei processi produttivi. __________ (2) La presente nota e' stata redatta da Antonio Golini, professore di Demografia all'Universita' "La Sapienza" di Roma. Il paragrafo 3 e' stato predisposto con Alessandro De Simoni, professore di Demografia all'Universita' di Cassino. Tabella 1 - Popolazione in eta' da 20 a 59 anni e da 20 a 39 anni per ripartizione, 1997-2017 (migliaia di persone) _____________________________________________________________________ Ripartizione Popolazione al Variazione Tasso 1997 2017 assoluta % % medio annuo _____________________________________________________________________ 20-59 anni Centro-Nord 21 077 17 294 -3 738 -18,0 -1,0 Mezzogiorno 11 454 11 742 + 288 + 2,5 +0,1 Italia 32 532 29 035 -3 497 -10,7 -0,6 di cui 20-39 anni Centro-Nord 11 198 6 381 -4 817 -43,0 -2,8 Mezzogiorno 6 560 5 337 -1 223 -18,6 -1,0 Italia 17 757 11 720 -6 037 -34,0 -2,1 _____________________________________________________________________ N.B. - Proiezioni della popolazione residenze italiana al 1 gennaio 1997, compresi quindi gli stranieri presenti legalmente sul territorio ed esclusi nuovi flussi migratori Fonte: Golini A. e De Simoni A., Tre scenari per il futuro sviluppo della popolazione delle regioni italiane al 2047, in corso di stampa L'immigrazione finora ha dimostrato di essere del tutto conveniente per il nostro Paese dal punto di vista economico. Ha coperto segmenti importanti del mercato del lavoro lasciati scoperti dalla manodopera italiana, rivitalizzando importanti settori economico-produttivi: dalla pesca, all'agricoltura, alla pastorizia, all'industria delle costruzioni, all'industria manifatturiera; oltre, come si e' detto, al lavoro di assistenza a domicilio, all'industria manifatturiera; oltre, come si e' detto, al lavoro di assistenza a domicilio, particolarmente utile per gli anziani piu' o meno non autosufficienti, il che, fra l'altro, ha consentito importanti economie per il sistema sanitario nazionale (per esempio riducendo drasticamente l'assistenza domiciliare integrata o il ricovero in ospedale). Ha contribuito, per di piu', al mantenimento o anche alla creazione di posti di lavoro per gli italiani, a monte e a valle dei settori rivitalizzati. Nel caso dell'industria della pesca, per fare solo un esempio, la sua rivitalizzazione ha trascinato con se' da un lato, a monte, una rivitalizzazione dell'industria cantieristica di costruzione e manutenzione dei pescherecci e dall'altro, a valle, del commercio del pesce nei luoghi di origine e nei luoghi di destinazione del prodotto. Nel prossimo futuro l'immigrazione straniera dovrebbe risultare ancora piu' conveniente per effetto dei ricordati possibili squilibri quantitativi del mercato del lavoro. In queste condizioni i nuovi flussi migratori andrebbero programmati, nell'ambito delle quote, in modo tale da assicurare una sufficiente flessibilita' per quanto riguarda l'inserimento nel mondo del lavoro. La pressione migratoria nella regione euro-africana Le migrazioni volontarie di natura economica sono largamente determinate dalla pressione demografica differenziale che esiste fra i possibili Paesi di origine e quelli possibili di destinazione. Tanto maggiore e' lo squilibrio fra la crescita demografica ed economica di Paesi diversi - cioe' fra l'aumento, o addirittura la diminuzione, del reddito pro-capite in un possibile Paese d'origine e l'aumento in uno possibile di destinazione - e tanto maggiori sono i differenziali nel tenore di vita e nei salari fra i due Paesi, tanto maggiore sara' la pressione migratoria che si verra' a creare. La pressione cosi' intesa definisce il contesto generale nel quale si trova, nel Paese d'origine, la singola persona che e' poi quella che deve prendere dapprima coscienza della sua condizione, attuale e sperata, nel luogo d'origine e in secondo luogo la decisione di emigrare, sempre che vi sia la possibilita', giuridica o di fatto, di lasciar il Paese di origine e quella, giuridica o di fatto, di entrare nel Paese di destinazione. Queste considerazioni valgono tanto piu' quanto piu' un Paese e' "esposto" nelle sue frontiere. Con l'entrata in vigore dell'accordo di Schengen, con il previsto allargamento dell'Unione europea a Est, con una possibile forte crescita economica e il previsto declino demografico dei Paesi di transizione, il vero Paese di frontiera per le migrazioni dell'Unione europea non e' piu' la Germania, che lo e' stato per lungo tempo, ma l'Italia. Il "muro" e' ormai costituito dal Mediterraneo, che si ritrova a separare Paesi a elevato benessere economico e con regimi democratici da Paesi con forme piu' o meno grafi e diffuse di malessere economico e in alcuni casi con carenza di democrazia. Se si riguardano le tendenze demografiche generali - o, piu' in particolare, quelle della popolazione giovane in eta' lavorativa, di 20-39 anni che sono le eta' di gran lunga piu' esposte al rischio di emigrazione - delle regioni del mondo che piu' direttamente gravitano sull'Unione europea e sull'Italia (tabella 2), ci si deve attendere un non trascurabile aumento della pressione migratoria e da qui un proseguimento dei flussi di immigrazione negli anni a venire. Si attira l'attenzione su alcune tendenze demografiche particolarmente significative dei prossimi due decenni della popolazione in eta' lavorativa piu' giovane: a) l'Italia avra', lo si e' gia' visto, un calo davvero sensibile, con un tasso medio annuo - -2,2 per cento - molto forte. Una tendenza simile si avra' per l'Unione europea nel suo complesso, sia pure con intensita' minore, e per un buon numero di paesi centro-meridionali, con particolare riferimento a Spagna (-2,1 per cento) e Germania (- 1,1 per cento); b) anche in Europa orientale si registrera' un calo non trascurabile della popolazione giovani in eta' lavorativa (-11 per cento di variazione totale). Se gli investimenti stranieri dovessero mantenersi alti e le condizioni economiche dovessero migliorare velocemente, i Paesi di tale area potrebbero non solo non alimentare una forte emigrazione verso l'Occidente, ma finanche trovarsi di fronte a carenza di forza lavoro; c) Medio Oriente e Nord Africa per la giovane popolazione in eta' lavorativa, vedranno rallentare vistosamente il ritmo di crescita che le ha caratterizzate nei passati 20 anni: da tassi del 3,0-3,3 per cento all'anno passeranno a tassi dell'1,8-1,9. Ma la crescita in termini assoluti restera' la stessa; i Paesi di queste due aree hanno avuta una crescita di 52 milioni di giovani nei 20 anni passati e ne avranno una di 50 milioni nei prossimi 20 anni; d) l'Africa sub-sahariana (Africa orientale e occidentale nella tab. 2) continuera' a registrare una crescita eccezionalmente rapida: tassi del 2,9-3,2 si sono avuti negli ultimi 20 anni e tassi del 3,2 per centro si avranno nei prossimi 20. Ma l'incremento assoluto di popolazione in giovane eta' lavorativa quasi si raddoppia, essendo stato di 61 milioni nell'ultimo ventennio ed essendo di 119 milioni nel prossimo. Tabella 2 - Popolazione in eta' da 20 a 39 anni e sue variazioni per l'Italia e alcune grandi aree geografiche, 1980-2000 e 2000-2020 (migliaia di persone) _____________________________________________________________________ Aree Popolazione Variazione assoluta al 2000 1980-00 2000-20 _____________________________________________________________________ Italia 17 504 + 2 149 - 6 373 Europa orientale (a) 88 448 + 1 021 - 9 582 Asia occidentale (b) 58 406 +27 615 +25 528 Africa settentr. (c) 54 616 +24 249 +24 993 Africa orientale (d) 70 474 +32 580 +61 816 Africa occident. (e) 65 420 +28 837 +57 328 _____________________________________________________________________ (segue tabella) _____________________________________________________________________ Aree Variazione percentuale Tasso % medio annuo 1980-00 2000-20 1980-00 2020-20 _____________________________________________________________________ Italia +14,0 -36,4 + 0,7 - 2,2 Europa orientale (a) + 1,2 +10,8 + 0,1 - 0,6 Asia occidentale (b) +89,7 +43,7 + 3,3 + 1,8 Africa settentr. (c) +79,9 +45,8 + 3,0 + 1,9 Africa orientale (d) +86,0 +87,7 + 3,2 + 3,2 Africa occident. (e) +78,8 +87,6 + 2,9 + 3,2 _____________________________________________________________________ N.B. - Le definizioni delle regioni sono quelle adottate dall'Onu e comprendono: (a) - Bielorussia, Bulgaria, Federazione Russa, Polonia, Repubblica Ceca, Repubblica di Moldova, Romania, Ungheria, Slovacchia, Ucraina. (b) - Armenia, Azerbaijan, Bahrain, Cipro, Gaza Strip, Georgia, Iraq, Israele, Giordania, Kuwait, Libano, Oman, Qatar, Arabia Saudita, Syrian Arab Republic, Turchia, Emirati Arabi Uniti, Yemen. (c) - Algeria, Egitto, Libyan Arab Jamahiria, Marocco, Sudan, Tunisia, Western Sahara. (d) - Burundi, Comoros, Djibouti, Eritrea, Etiopia, Kenya, Madagascar, Malawi, Mauritius, Mozambico, Reunion, Ruanda, Seychelles, Somalia, Uganda, Repubblica Unita di Tanzania, Zambia, Zimbawe. (e) - Benin, Burkina Faso, Capo Verde, Costa d'Avorio, Gambia, Ghana, Guinea, Guinea-Bissau, Liberia, Mali, Mauritania, Niger, Nigeria, St. Helena, Senegal, Sierra Leone, Togo. Le proiezioni per il periodo 2000-2020 si rifanno alla "variante media" che tiene conto di saldi migratori assai modesti o nulli fino al 2000-05. Le proiezioni, dal momento che si riferiscono a popolazione gia' tutta nata (o quasi), sono largamente attendibili a meno di eventi tragici di vastissima portata. Fonte: elaborazioni su dati Onu, The sex and age distribution of the World population. The 1996 revision, New York, 1997 Sembrano non esserci dubbi che almeno negli ultimi anni di questo secolo e nei primi decenni del prossimo i differenziali di variazione demografica fra Italia e Unione europea da un lato e i Paesi in via di sviluppo (che piu' direttamente gravano su di esse) dall'altro saranno fra i piu' alti mai registrati nella storia. Se poi si tiene conto anche di aspetti socio-economici allora i differenziali diventano fortissimi e lasciano intendere come la pressione migratoria potrebbe crescere intensamente nei prossimi decenni (nella tabella 3 compaiono alcuni indicatori relativi a Italia, Egitto, preso come esempio dei Paesi nord-africani, ed Etiopia, presa come esempio dei Paesi dell'Africa sub-sahariana). Infatti, in presenza di tali differenziali demografici, soltanto la riduzione dei differenziali economico-sociali tra Paesi di origine e di destinazione dovrebbe consentire in futuro il contenimento delle correnti migratorie di massa. Attualmente la differenza nel reddito medio pro-capite tra l'Italia e i due Paesi africani presi come esempio rappresenta una chiara evidenza dell'enorme divario nel livello di vita che e' particolarmente basso in Etiopia, dove si stima che un terzo della popolazione viva con meno di 1 dollaro al giorno. Permane in questi due Paesi africani un sistema produttivo caratterizzato dalla presenza di un ampio settore primario che assorbe nel caso dell'Egitto il 41 e in quello dell'Etiopia l'80 per cento degli occupati, producendo rispettivamente circa il 20 e quasi il 60 per cento del Pil. Tabella 3 - Indicatori di sviluppo economico e sociale. Italia, Egitto ed Etiopia, anni '90 _____________________________________________________________________ Variabili Riferimento Italia Egitto Etiopia temporale _____________________________________________________________________ * Reddito pro-capite 1995 19 020 790 100 (in dollari) * Reddito pro-capite 1995 19 870 3 820 450 a parita' di potere d'acquisto (in dollari) * % di popolazione 1981-95 0 8 34 con meno di 1 dollaro al giorno _____________________________________________________________________ * % del PNL derivante 1995 3 20 57 dall'agricoltura * % addetti 1990 9 41 80 all'agricoltura _____________________________________________________________________ * % di analfabeti 1995 <5 49 65 * Telefoni ogni 1995 434 46 2 1000 abitanti _____________________________________________________________________ Fonti: World Bank Atlas, 1997, World Development Report, 1997 In presenza di un settore primario tanto largo e importante l'ammodernamento dell'agricoltura, pure necessario, potrebbe portare a consistenti espulsioni di manodopera dal settore e quindi a una offerta di lavoro addizionale rispetto a quella gia' cosi' forte di origine demografica. In una speculazione sul possibile futuro migratorio pare esserci ogni evidenza che i flussi Sud-Nord, in particolare quelli diretti verso la Ue e l'Italia continueranno. Questa conclusione si basa su quattro considerazioni principali: a) alla luce degli andamenti passati sembra esservi la impossibilita' per i Paesi del Sud di creare tanti posti di lavoro quanto ne richiederebbe l'attesa crescita di popolazione in eta' lavorativa e, quindi, di forze di lavoro; b) gli squilibri quantitativi, qualitativi e territoriali nei mercati di lavoro italiano (ed europeo) dovrebbero persistere per decenni a venire, anche perche' le leve sempre piu' ridotte di giovani, con crescente livello di istruzione e sostenuti dalla collettivita' e/o famiglie continueranno a rifiutare i lavori poco graditi o poca pagati o che comportano spostamenti territoriali ritenuti non accettabili; c) si puo' immaginare che l'innalzamento del tasso di scolarita' e del grado di istruzione, in particolare fra le donne, nei Paesi di origine possa generare maggiori aspettative di realizzazione personale che potrebbero tradursi in una maggiore spinta all'emigrazione; d) la ulteriore, crescente, fortissima urbanizzazione del Sud del mondo (ad esempio, fra il 1995 e il 2015 fonti Onu valutano che Il Cairo passerebbe da 9,7 a 14,4 milioni; Addis Abeba da 2,4 a 6,6 milioni) potrebbe portare a un peggioramento delle condizioni di vita delle popolazioni urbane, le piu' esposte all'emigrazione verso l'estero. Ci si puo' quindi ragionevolmente aspettare che i) nel breve-medio periodo di 5-10 anni continui in Italia l'immigrazione dagli attuali Paesi di origine, con particolare riferimento all'area mediterranea; ii) nel secondo decennio del prossimo secolo, superata la soglia di sviluppo minimo al di sotto della quale non si prende nemmeno in considerazione l'emigrazione come scelta di sopravvivenza, cresca la pressione migratoria da parte delle popolazioni dell'Africa sub- sahariana. In queste condizioni, con pressione migratoria crescente e con flussi migratori continui e non facilmente contenibili, risulta di gran lunga piu' opportuno gestire il fenomeno dell'immigrazione che non subirla. Gestire il fenomeno non solo, come prevede la legge, stabilendo delle quote, ma anche regolando al meglio tutto il mercato del lavoro italiano, con particolare riferimento al lavoro stagionale, dal momento che l'economia sommersa e il diffuso lavoro nero spingono piu' che mai i datori di lavoro a valersi di immigrati irregolari, che sono i lavoratori piu' flessibili e piu' economici presenti sul mercato, e spingono i potenziali emigranti dei Paesi di origine a tentare l'avventura dell'arrivo e della presenza irregolare. Scenari di sviluppo demografico della popolazione straniera in Italia. Se si deve quindi immaginare - per motivi di convenienza e per motivi di necessita', oltre che per effetto dei ricongiungimenti familiari - il persistere di flussi migratori diretti verso l'Italia, si deve allora valutare quanto larga possa essere la quota di immigrati da immettere ogni anno nel Paese. Al 1 gennaio 1997 si puo' stimare da un lato che la popolazione straniera presente regolarmente nel Paese fosse pari a circa 1 milione e 86 mila persone, delle quali 986 mila con permesso di soggiorno e circa 100 mila minori non in possesso di un proprio autonomo permesso di soggiorno. Se poi si considera il valore massimo (295 mila) della stima degli immigrati irregolari recentemente effettuata per conto del Ministero dell'Interno, allora d'altro lato il totale degli immigrati comunque presenti nel Paese assommerebbe a circa 1 milione e 381 mila persone. Si puo' quindi ritenere che dall'inizio degli anni '80 ad oggi, si sia venuta accumulando una popolazione straniera a un ritmo di circa 50-65 mila immigrati l'anno, popolazione che a sua volta ha avuto un suo proprio incremento naturale, arrivando cosi' alla dimensione attuale. Alla luce della esperienza passata e degli attesi futuri squilibri demografici ed economici fra i possibili Paesi d'origine e l'Italia, si puo' ritenere ragionevole per i prossimi anni una forchetta che abbia come minimo un flusso di 50 mila immigrati netti l'anno e come massimo un flusso di 80 mila. Nella presente situazione di stock di immigrati (1 milione 381 mila, che qui viene considerata ipotesi A alta, o 1 milione 86 mila, ipotesi B bassa) e di prospettiva di flussi (a regime, flusso di 80 mila immigrati l'anno, ipotesi A alta, o 50 mila, ipotesi B bassa) puo' diventare allora utile effettuare un esercizio per valutare a quanto potrebbe ammontare, a distanza di 10 e di 20 anni, la popolazione straniera in Italia. In base a queste ipotesi l'ammontare della popolazione straniera al 2007 potrebbe ammontare a una cifra compresa fra 1,9 e 2,5 milioni di persone, con una percentuale sul totale della popolazione oscillante fra 3,2 e 4,2. Al 2017 invece l'ammontare potrebbe ascendere a un valore compreso fra 2,6 e 3,5 milioni di persone, con una percentuale sul totale oscillante fra 4,5 e 6,2 (tabella 4). Alla luce delle esperienze di altri Paesi europei si tratterebbe di dimensioni del tutto accettabili, considerando che gia' al 1995 in Francia gli stranieri costituivano il 6,3 per cento del totale della popolazione e in Germania l'8,8. Il processo di integrazione riguarderebbe in Italia una proporzione assai piu' ridotta di immigrati, il che significa, fra l'altro, avere molto maggior tempo e molta maggiore gradualita' nello stabilire una coesistenza corretta e fruttuosa fra popolazione autoctona e popolazione immigrata. Tabella 4 - Proiezioni del futuro ammontare della popolazione straniera in Italia, in base alle ipotesi, Alta o Bassa, di stock e di flusso, 2007 e 2017 (in corsivo la percentuale di popolazione straniera sul totale della popolazione complessiva) _____________________________________________________________________ Ammontare al 2007 Ammontare al 2017 Stock iniziale Flussi futuri Flussi futuri 1 gen. 1997 A-80 mila B-50mila A-80 mila B-50 mila _____________________________________________________________________ A- 1.381 2.456 2.293 3.535 3.011 2,4 4,2 4,0 6,2 5,3 B- 1.086 2.025 1.861 3.078 2.554 1,9 3,5 3,2 5,4 4,5 _____________________________________________________________________ Fonte: Golini A. e De Simoni A., Tre scenari per il futuro sviluppo della popolazione delle regioni italiane al 2047, in corso di stampa Certamente importante, ai fini del processo di integrazione risulta essere la struttura per eta' della popolazione immigrata. Se si prende come riferimento la sola ipotesi "AA" (piu' elevato stock iniziale e piu' intenso flusso immigratorio), che negli scenari disegnati e' quella che fornisce il valore massimo, allora si nota (tabella 5): a) che gli immigrati con meno di 20 anni dovrebbero piu' che raddoppiare nel giro dei primi 10 anni, da 214 mila a 487 mila, mentre in seguito il ritmo di crescita dovrebbe essere meno intenso. I problemi piu' importanti per il sistema scolastico si avrebbero quindi nel primo decennio; b) che gli immigrati in eta' lavorativa, da 20 a 59 anni, dovrebbero incrementarsi di gran lunga piu' velocemente per la componente 40-59 anni che non per quella 20-39; questo soprattutto per l'effetto della struttura dello stock esistente, che sopravanzerebbe l'effetto dell'arrivo di nuovi flussi. In ogni caso quindi i flussi sarebbero in grado di compensare solo assai parzialmente il forte calo della popolazione italiana in eta' 20-39 anni, a meno che non si abbiano flussi straordinariamente intensi; c) che piccolo in cifra assoluta, ma intensissimo come velocita' (tasso medio annuo di accrescimento pari all'11 per cento) sarebbe l'aumento della popolazione immigrata con 60 anni e piu' fra il 1997 e il 2017. Questo a ulteriore dimostrazione che l'immigrazione straniera - pur necessaria e conveniente - non puo' risolvere ne' il problema dell'invecchiamento della popolazione italiana, ne' contribuire sensibilmente a mitigare gli squilibri previsti per il sistema pensionistico. Tabella 5 - Proiezioni per l'Italia della popolazione per classi di eta' e cittadinanza al 1 gennaio degli anni indicati (valori assoluti in migliaia) Ipotesi AA _____________________________________________________________________ Popolazione Variazioni Tassi % medi annui 1997 2007 2017 1997-07 2007-17 1997-07 2007-17 _____________________________________________________________________ 0-19 anni Italiani 11.666 10.314 8.812 -1.352 -1.502 - 1,2 - 1,6 Stranieri 214 487 739 273 252 8,2 4,2 Totale 11.880 10.801 9.551 -1.250 -1.250 - 1,0 - 1,2 % stranieri 1,8 4,5 7,7 20-39 anni Italiani 17.200 14.823 11.567 -2.377 -3.256 - 1,5 - 2,5 Stranieri 780 985 1.106 205 121 2,3 1,2 Totale 17.980 15.808 12.673 -2.172 -3.135 -1,3 - 2,2 % stranieri 4,3 6,2 8,7 40-59 anni Italiani 14.530 15.774 16.775 1.244 1.001 0,8 0,6 Stranieri 343 856 1.309 513 453 9,1 4,2 Totale 14.873 16.630 18.084 1.757 1.454 1,1 0,8 % stranieri 2,3 5,1 7,2 60 + anni Italiani 13.080 14.907 16.495 1.827 1.588 1,3 1,0 Stranieri 43 129 381 86 252 11,0 10,8 Totale 13.123 15.036 16.876 1.913 1.840 1,4 1,2 % stranieri 0,3 0,9 2,3 Totale Italiani 56.475 55.818 53.649 - 658 -2.169 - 0,1 - 0,4 Stranieri 1.381 2.457 3.535 1.077 1.078 5,8 3,6 Totale 57.856 58.275 57.184 419 -1.091 0,1 - 0.2 % stranieri 2,4 4,2 6,2 _____________________________________________________________________ Fonte: Golini A. e De Simoni A., Tre scenari per il futuro sviluppo della popolazione delle regioni italiane al 2047, in corso di stampa