(all. 1 - art. 1) (parte 2)
dell'Italia con i paesi di origine e di transito degli immigrati trae
ulteriore  impulso  dalla  legge  40/98.  L'assegnazione   di   quote
riservate  preferenziali  -  previste dall'art. 19 - per l'accesso al
mercato del lavoro anche  stagionale,  solo  nell'ambito  di  accordi
finalizzati  alla  regolamentazione  dei  flussi  di ingresso e delle
procedure di  riammissione,  consente  infatti  di  disporre  di  uno
strumento   tutt'altro  che  trascurabile  per  condurre  a  positiva
conclusione i negoziati con i paesi che si dimostrano piu' riluttanti
a stipulare accordi sulla riammissione degli immigrati clandestini.
  I due complementari versanti delle intese sulla riammissione e  sul
lavoro  costituiscono pertanto strumenti di politica internazionale e
non soltanto accordi di carattere tecnico.
  Gia' da tempo il nostro Paese e' impegnato nella  realizzazione  di
un'ampia   rete   di  accordi  di  riammissione.  Tale  obiettivo  e'
perseguito  in  una  strategia  di  negoziato  globale,  ponendo   in
relazione  tali accordi con altre intese, di reciproco interesse, sia
nel  settore  socio-migratorio  che  sul  piu'  vasto  fronte   della
cooperazione  bilaterale  nei  diversi  settori, ed in particolare in
quella della cooperazione allo sviluppo.
  L'impegno profuso consente gia' di disporre di un ampio reticolo di
accordi di riammissione con i paesi dell'Europa dell'Est e  dell'area
balcanica.  Non  possono  a  questo  proposito  non  sottolinearsi  i
positivi risultati dell'Accordo concluso con l'Albania, che  consente
di  respingere  coloro  che  non  hanno i requisiti per l'ingresso in
Italia.
  I nostri sforzi dovranno  ora  ancor  piu'  concentrarsi  sull'area
mediterranea  da  cui  proviene una consistente parte degli immigrati
presenti in Italia, e  dove  permangono  non  poche  difficolta'  per
pervenire  ad  intese  in  questa materia. Occorre soprattutto che le
Autorita' di quei  paesi  acquisiscano  una  maggiore  consapevolezza
dell'esigenza  di un efficace contrasto dell'immigrazione clandestina
nel Mediterraneo. Una immigrazione che avvenga in modo  incontrollato
e'  infatti incompatibile con un processo di reale integrazione degli
immigrati, con una costante e concreta progressione dei loro diritti,
e finisce in ultima analisi  per  nuocere  alle  collettivita'  degli
immigrati regolarmente soggiornanti nel nostro paese.
  Inoltre,   presentandosi   ancora  difficolta'  lungo  il  percorso
negoziale  per  la  definizione  di  specifiche  intese   bilaterali,
sembrerebbe  opportuno continuare ad insistere in sede U.E. - dove si
e' constatato, peraltro, un diffuso consenso tra  i  nostri  partners
europei  -  ed  a  livello della Commissione, perche' nel testo degli
Accordi di associazione euro-mediterranea con  l'Egitto,  il  Libano,
l'Algeria  e  la Siria trovi adeguata collocazione una clausola sulla
riammissione. Appare, altresi', utile evidenziare, nei  contatti  con
gli  interlocutori  mediterranei, l'estrema difficolta' di progredire
verso ulteriori intese di  reciproco  interesse  (sicurezza  sociale,
cooperazione  giudiziaria),  in  mancanza di un accordo sul contrasto
dei flussi clandestini. Cio', in quanto riteniamo indispensabile  che
sostanziali   progressi   siano   compiuti,   in  modo  parallelo  ed
equilibrato, su tutte le questioni  sociali  e  migratorie.  L'intesa
sulla  riammissione  resta  per  noi,  infatti, obiettivo di assoluto
riguardo, in quanto l'impostazione di una seria azione  di  contrasto
dell'immigrazione    clandestina    non    puo'   prescindere   dalla
collaborazione dei paesi originari dei maggiori flussi migratori.
  La rilevanza di alcuni Stati  dell'Africa  sub-sahariana  (Senegal,
Ghana,  Nigeria,  Somalia,  Etiopia)  nella geografia complessiva dei
flussi migratori ha fatto emergere la necessita'  di  definire  anche
per  tale regione un quadro d'azione analogo a quello delineato per i
Paesi mediterranei.
  Con il Senegal in particolare, si intenderebbe avviare - una  volta
raggiunto   il   necessario   coordinamento  con  le  Amministrazioni
competenti in materia della sicurezza sociale (Ministeri del Lavoro e
del Tesoro) - un negoziato parallelo a livello bilaterale, al fine di
addivenire alla conclusione di  un  Accordo  di  riammissione  e,  al
contempo, di una Convenzione di Sicurezza Sociale.
  Nel  quadro  del  complessivo  rilancio della politica italiana nei
confronti dell'Africa, si e'  provveduto  ad  istituire  un  foro  di
dialogo  fra  le  Amministrazioni italiane interessate alle tematiche
migratorie ed il Comitato Emigrazione creato  dal  corpo  diplomatico
africano accreditato a Roma.
  La  rilevanza rivestita dagli accordi con i paesi dell'Est europeo,
balcanici e del Mediterraneo, non deve far perdere di vista il nostro
interesse ad impostare negoziati socio-migratori, con un'impostazione
analoga a  quella  sopra  descritta  per  i  negoziati  con  i  Paesi
Mediterranei,  anche  con  alcuni Stati asiatici che producono flussi
verso l'Italia di una certa importanza, e sono anch'essi coinvolti in
misura crescente in movimenti di clandestini.
  Per  quanto  concerne  le  quote  riservate  da  assegnare  in  via
preferenziale, nell'ambito della programmazione dei flussi migratori,
andranno  privilegiati quegli Stati per i quali sono state avviate le
procedure di integrazione  europea.  Cio'  costituira'  un  tangibile
segno del nostro sostegno al processo di ampliamento dell'Unione.
  Va  tra  l'altro  sottolineato  che  tutti i paesi per i quali tali
procedure  sono  in  corso  hanno  gia'   perfezionato   accordi   di
riammissione con l'Italia o comunque esistono contatti in tal senso.
Cooperazione allo sviluppo e flussi migratori
  Gli  Indirizzi  di una nuova politica di cooperazione allo sviluppo
approvati  dal  CIPE  nel  giugno  1995  presentano  quale  finalita'
prioritaria delle politiche italiane di aiuto allo sviluppo quella di
"contribuire  allo  sforzo  internazionale  per  la  lotta  contro la
poverta' che, tra l'altro, e' la  principale  causa  della  crescente
pressione  migratoria  verso  i  Paesi  industrializzati...". L'ovvia
connessione fra le situazioni di estrema poverta' nei Paesi in via di
sviluppo ed i flussi migratori verso i Paesi piu' ricchi fa  si'  che
una  delle  grandi priorita' tematiche della comunita' internazionale
dei donatori e della Cooperazione Italiana cioe' la lotta  contro  la
poverta'  -  ben  si  concili  con  la  necessita'  di  controllare e
razionalizzare tali flussi. Se si considera  poi  che  un'altra  area
tematica   cui  la  Cooperazione  Italiana  riserva  tradizionalmente
particolare attenzione e' quella dello sviluppo della piccola e media
imprenditoria (PMI) nei Paesi  in  via  di  sviluppo  -  al  fine  di
innescare un circolo virtuoso di auto-sviluppo sostenibile nonche' di
generare  occasioni  occupazionali  -  si  comprende  come  le nostre
attivita'  di  cooperazione  allo  sviluppo  possano   indirettamente
contribuire ad intervenire sulle cause dell'emigrazione.
  Il  Bacino  del Mediterraneo - ovvero l'area geografica dalla quale
provengono i principali flussi migratori che  interessano  il  nostro
Paese  -  e'  una  delle  regioni  prioritarie  per  la  Cooperazione
Italiana: nel 1997 vi e' confluito quasi un terzo (31%)  degli  aiuti
complessivi.  In  particolare,  Albania  ed  Egitto  sono  due  fra i
principali beneficiari dell'Aiuto Pubblico  allo  Sviluppo  italiano.
Nei   Paesi   dell'area   mediterranea,   numerosi   progetti   della
Cooperazione Italiana sono concepiti ed attuati avendo in mente anche
il disegno di disincentivare  la  spinta  migratoria  verso  i  Paesi
dell'Unione  Europea,  attraverso  -  come gia' accennato - attivita'
volte a combattere le situazioni di estrema poverta' (servizi sociali
di  base,  microimpresa,  microcredito)  ed  a   creare   occupazione
(interventi  infrastrutturali,  sviluppo  della PMI) e capitale umano
(formazione professionale).
  La Dichiarazione  di  Intenti  sulla  Cooperazione  tra  Italia  ed
Albania - sottoscritta a Tirana il 18 dicembre 1997 - prevede che "un
criterio  comune  di particolare importanza nel valutare la priorita'
degli interventi di cooperazione  in  tutti  i  settori  (...)  sara'
quello  relativo  alla  loro  attitudine  a creare posti di lavoro in
loco, contrastando le tendenze incontrollate all'emigrazione." In tal
senso, l'intero Programma di cooperazione 1998-2000 con  l'Albania  -
per  il quale sono stati stanziati 210 miliardi di lire, di cui 180 a
credito di aiuto e 30  a  dono  -  accorda  in  tutti  i  settori  di
attivita'  (institution  building, infrastrutture, tutela ambientale,
PMI, sanita', etc.) la priorita' agli interventi ad  elevata  valenza
di  generazione  d'impiego. Per quanto concerne invece gli interventi
di cooperazione recentemente  conclusi  o  attualmente  in  corso  di
esecuzione,  paiono degni di menzione in questo contesto il Programma
di sostegno all'imprenditoria femminile, quello per il sostegno della
produzione agricola - eseguito dalla FAO con fondi italiani -  ed  il
Progetto  integrato zootecnico, nonche' un pacchetto di iniziative in
cofinanziamento con la Banca Mondiale volte a promuovere lo  sviluppo
rurale (anche attraverso la costruzione di strade e schemi irrigui) e
la riduzione della poverta'. Meritano attenzione ai nostri fini anche
i  grandi  interventi  infrastrutturali  in  corso  finanziati  dalla
Cooperazione Italiana - riabilitazione della rete idrica  di  Tirana,
acquedotto   di   Bovilla,  linea  ferroviaria  Tirana-Durazzo,  reti
elettriche urbane - che hanno la doppia valenza di creare occupazione
in loco nel breve periodo e di promuovere la  crescita  economica  ed
uno sviluppo sostenibile nel medio e lungo termine.
  Nei Paesi del Maghreb ed in Egitto lo sviluppo economico - e quindi
la  riduzione  della spinta migratoria - passa per la modernizzazione
dell'agricoltura e la ristrutturazione dell'industria. In Marocco  ed
in  Tunisia  i  Governi stanno cercando di adottare misure volte allo
sviluppo dei settori produttivi ed in  particolare  all'accrescimento
della   competitivita'   delle   piccole  e  medie  imprese,  che  vi
rappresentano  una  buona  fetta  del  tessuto  industriale  (93%  in
Marocco) ed impiegano un'alta percentuale della forza lavoro.
  Per questo motivo, i programmi della Cooperazione Italiana in corso
di esecuzione o di negoziato si concentrano soprattutto sull'appoggio
al  settore delle PMI (che, in virtu' del piu' basso costo del lavoro
in  tali  Paesi,  tendono  a  specializzarsi  nei  settori  ad   alta
intensita'   di   manodopera),   sulla   formazione  professionale  e
sull'assistenza tecnica  ai  centri  settoriali  di  assistenza  alle
imprese,  ma  anche negli interventi di sviluppo umano e di riduzione
della poverta' estrema nelle aree  particolarmente  svantaggiate.  In
effetti,  alle  linee di credito messe a disposizione delle piccole e
medie imprese locali (Tunisia,  Algeria,  Marocco,  Egitto)  e  delle
joint-ventures  a  partecipazione  italiana  (Tunisia)  si affiancano
interventi di sviluppo umano a livello locale (Tunisia) e di  poverty
alleviation  (Egitto).  In  genere,  la  strategia della Cooperazione
italiana nell'area volta a rafforzare  lo  sviluppo  della  PMI  -  e
quindi  a  creare  occupazione  - prevede di accompagnare le linee di
credito di cui sopra per il sostegno finanziario alle imprese  locali
ad   una   componente  di  assistenza  tecnica  (a  dono)  esercitata
attraverso la costituzione di centri per l'erogazione di servizi alle
imprese. Inoltre, attraverso l'OIL e l'UNIDO  si  stanno  attuando  -
ovvero  sono  in  corso  di definizione - un intervento di promozione
della microimpresa nella Regione  di  Jendouba  in  Tunisia  e  nelle
Province  di  Settat  ed  El  Jadida  in  Marocco e due interventi di
assistenza tecnica alle PMI tunisine  (settori  dell'abbigliamento  e
del  cuoio).  Per  quanto concerne invece il settore della formazione
professionale - altrettanto importante al fine di  disincentivare  la
spinta  migratoria  -  gli  sforzi  della  Cooperazione  Italiana nel
Maghreb si concentrano nell'inserimento dei  giovani  nel  mondo  del
lavoro locale e nella promozione di nuove iniziative imprenditoriali.
Infine,  degno  di  nota  e'  lo  studio  tematico "Le migrazioni dal
Maghreb e la pressione migratoria: situazione attuale  e  previsioni"
che  l'OIL  ha  compiuto  sempre con finanziamenti della Cooperazione
Italiana.
PARTE  SECONDA:  LINEE  GENERALI  PER  LA  DEFINIZIONE  DEI FLUSSI DI
INGRESSO NEL TERRITORIO DELLO STATO
Criteri generali
  Nel quadro degli elementi della  politica  dell'immigrazione  degli
stranieri nel territorio dello Stato italiano, i criteri generali per
la  definizione  dei flussi di ingresso in Italia, da porre come base
per la successiva emanazione dei decreti annuali che stabiliscono  le
quote  massime  di  stranieri da ammettere nel territorio dello Stato
per lavoro subordinato a tempo indeterminato ed a tempo  determinato,
anche  per  esigenze  di carattere stagionale, e per lavoro autonomo,
sono i seguenti:
a) adeguata considerazione dell'impatto sul mercato  del  lavoro  dei
ricongiungimenti  familiari,  effetto del radicamento delle comunita'
degli stranieri nel territorio italiano, con la  conseguente  ricerca
di lavoro da parte della seconda generazione presente in Italia;
b)  valutazione  della  situazione  interna  del  mercato  del lavoro
nazionale,  poiche'  l'offerta  di  disponibilita'  della  manodopera
straniera  possa  dirigersi  verso  spazi ed ambiti non completamente
assorbiti dalla manodopera italiana;
c)  valutazione  delle  opportunita'  offerte  dalla  conclusione  di
accordi bilaterali con i Paesi di origine, dalle azioni svolgibili in
cooperazione  con  l'Unione  Europea  e  con  le  organizzazioni  non
governative;
d)  valorizzazione  della   previsione   legislativa   che   consente
l'ingresso  in  Italia a predeterminati contingenti di persone per le
finalita' di ricerca di  un  inserimento  lavorativo,  piuttosto  che
sulla base di un contratto di lavoro gia' esistente.
1. Situazione del mercato del lavoro italiano
  La  caratteristica  principale e' rappresentata da un forte divario
tra il Nord dell'Italia e le regioni del Mezzogiorno, sia  dal  punto
di   vista   dello   sviluppo   produttivo   sia   da   quello  della
disoccupazione.  Nella  media  nazionale  del  1997,  il   tasso   di
disoccupazione  risulta  infatti del 12,3% con una marcata differenza
tra le diverse aree del Paese: nel Centronord i tassi variano tra  il
3%  delle aree migliori (Veneto, Trentino Alto Adige) ed il 12% delle
aree peggiori (Piemonte, Liguria, Lazio), nel Sud la percentuale  dei
senza  lavoro  e'  superiore  al  20%  in  molte  regioni, con picchi
particolarmente elevati in Campania, Calabria e Sicilia.
  Tali cifre medie sulla disoccupazione variano  inoltre  secondo  la
professionalita' e l'eta'. Al riguardo non puo' non rilevarsi come le
richieste  di  manodopera non trovino adeguata risposta nelle regioni
del Centronord relativamente a professionalita' a scarso contenuto di
specializzazione e nel settore del lavoro stagionale.
  E', quindi, in tale scenario che nel corso degli anni precedenti si
e' registrato un progressivo aumento del fenomeno immigratorio ed una
tendenza al radicamento nella societa' italiana della presenza  degli
stranieri  determinato  da  un  crescente  inserimento  nel mondo del
lavoro, in particolare nelle regioni del Nord e ancor piu' nel  Nord-
Est:  dette  regioni  presentano i valori piu' elevati di occupazione
straniera regolare e soprattutto nell'industria. Nel Mezzogiorno, per
contro, il grado di utilizzo di forza lavoro  regolare  rimane  molto
basso.
  La   situazione   degli   inserimenti   lavorativi   e'  confermata
indirettamente dal fenomeno  delle  iscrizioni  al  collocamento,  in
qualita'  di  disoccupati, dei lavoratori stranieri, che si concentra
in modo sensibile nel mezzogiorno e  nelle  regioni  del  Nord-Ovest,
coerentemente alla struttura della disoccupazione nazionale.
  Permane quindi, nelle aree territoriali e professionali suindicate,
non  in  contrasto con le caratteristiche strutturali del mercato del
lavoro   italiano,   un   fabbisogno   di   inserimenti    lavorativi
extracomunitari,  come  si  e'  puntualmente  registrato  in  sede di
ripartizione dei flussi del 1998 (oltre 22.000 richieste dal  Centro-
Nord,  delle  quali  18.000  dal  Nord-Est, 7.000 unita' dal Centro e
5.000 dal Mezzogiorno).
  Ai flussi di ingresso per motivi di lavoro subordinato, occorre poi
affiancare quelli per lavoro autonomo, la cui quantificazione  dovra'
tener  conto  delle  valutazioni  sull'andamento dei relativi mercati
locali, cosi' come rilevato dagli  uffici  preposti  alla  disciplina
delle attivita' produttive e di servizio a livello locale. E' noto al
riguardo  che il mercato del lavoro italiano si connota per una forte
incidenza del lavoro autonomo e che ulteriore sviluppo potra'  aversi
con gli importanti interventi di liberalizzazione in alcuni comparti.
2.  Stranieri  presenti  in  Italia  per  i  quali  puo' definirsi un
inserimento lavorativo regolare
  Si deve innanzitutto tener conto della normalizzazione  dei  flussi
che  provengono dalle comunita' presenti sul territorio nazionale per
motivi umanitari, tramite richieste  di  conversione  del  titolo  di
presenza in permesso di soggiorno per motivi di lavoro.
  Non puo' essere inoltre sottovalutato il fenomeno della presenza in
Italia di lavoratori che, entrati regolarmente non si trovino piu' in
regola  con le norme di soggiorno, nonche' di stranieri in situazioni
di irregolarita' per quanto concerne l'ingresso  in  Italia  i  quali
siano,  comunque,  in  grado  di  regolarizzare  un loro verificabile
inserimento di fatto nel mondo del lavoro.
  E' di recente elaborazione la "Relazione sulla  presenza  straniera
in  Italia e sulle situazioni di irregolarita'", predisposta per dare
attuazione all'impegno che il Governo ha assunto accogliendo l'ordine
del giorno n. 100 approvato dal Senato nella seduta del 19.2.98. Tale
relazione rappresenta  un  contributo  di  conoscenza  del  complesso
fenomeno  dell'immigrazione  anche attraverso l'analisi critica delle
numerose statistiche esistenti  ed  elaborate  da  varie  istituzioni
(Ministero  dell'Interno,  ISTAT,  INPS, Ministero del lavoro e della
previdenza sociale, associazioni del volontariato, ecc.)  e  consente
di fornire una stima circa la presenza irregolare degli stranieri.
  La  relazione  contiene  in  ultima  analisi  una  stima  circa  la
consistenza degli stranieri irregolarmente  presenti  sul  territorio
italiano  rappresentata  da una "forbice" che va da un minimo di poco
meno di 200 mila unita' ad un massimo di 300 mila.
  Nell'ottica del presente documento programmatico, che riguarda  sia
la  politica  dell'immigrazione che la condizione degli stranieri nel
territorio italiano, la programmazione dei flussi di ingresso per gli
anni a venire deve tener conto  dell'attuale  presenza  straniera  in
Italia  e della possibile normalizzazione di specifiche situazioni in
armonia con i principi ispiratori della legge.
3. Accordi finalizzati alla regolamentazione dei flussi di ingresso
  La  legge  40  prevede  che  con  i  decreti  annuali dei flussi di
ingresso siano assegnate in via preferenziale  quote  riservate  agli
Stati  non  appartenenti  all'Unione  europea con i quali siano stati
conclusi appositi accordi, di cui all'articolo  19  della  legge.  Si
ritiene  utile,  in  questo  ambito, favorire le forme di inserimento
lavorativo accompagnate da interventi formativi  e  di  addestramento
per un positivo reinserimento nei Paesi di origine.
  Viene  qui richiamato quanto detto nella prima parte del documento,
con riguardo in particolare alle scelte di cooperazione: con i  Paesi
del   Mediterraneo,   del  Centro  e  dell'Est  europeo  ed,  infine,
dell'Africa sub-sahariana.
  Va rilevato poi  come  il  fenomeno  dell'immigrazione,  nelle  sue
componenti  storiche  tradizionali, potrebbe a sua volta essere fonte
di politiche di collaborazione che integrino le  scelte  strategiche,
ai  soli fini di migliorare le condizioni di vita, in coerenza con le
politiche di integrazione: sono da segnalare quindi ulteriori criteri
da prendere in considerazione come quelli della consistenza  numerica
delle  comunita' esistenti in Italia, della pressione migratoria alle
frontiere e ai confini italiani  per  situazioni  contingenti  e  per
eventi  bellici.  Anche  per tali Paesi di provenienza potrebbe darsi
luogo ad accordi bilaterali.
  Anche le quote da destinare  all'ipotesi  di  cui  all'articolo  21
della  legge,  ingressi  assistiti  da  garanzie  di  soggetti terzi,
possono  essere  riferite,  nel  primo  triennio  di  programmazione,
essenzialmente,  ai Paesi indicati precedentemente. La consistenza di
tale quota puo' essere programmata in maniera flessibile negli  anni,
in  modo  da  verificare  i  risultati  e la rispondenza del fenomeno
migratorio alle finalita' della norma.
  Gli accordi e le intese bilaterali possono  definire  modalita'  di
formazione  e  di  pubblicizzazione delle liste e la loro consistenza
numerica;  possono,  altresi',  stabilire  specifiche  modalita'  per
procedere  ad attivita' di orientamento e di selezione da effettuarsi
nei Paesi d'origine, presso le sedi delle  ambasciate  italiane,  nei
confronti  degli stranieri aspiranti all'iscrizione nelle liste. Tali
attivita' saranno svolte da  esperti  delle  diverse  amministrazioni
competenti  (Ministero  degli  affari  esteri,  Ministero del lavoro,
Ministero dell'Interno, ecc.).
  Nella  prima  fase  della  programmazione  triennale,  si   segnala
l'opportunita'  di  indicare  delle  quote  piu'  generali  per  area
geografica (Paesi dell'Europa Centrale ed  Orientale  e  Paesi  della
sponda  sud  del  Mediterraneo) piuttosto che indicare delle quote da
assegnare ai singoli Paesi. Accordi con i singoli Paesi potranno  poi
riguardare  settori specifici come quello del lavoro stagionale, come
gia' avvenuto per l'Albania.
  In  altre  parole  l'intesa  bilaterale  dovrebbe   vertere   sulla
consistenza  delle  cosiddette  liste  di  prenotazione  e sulle piu'
opportune e concordate modalita' per agevolare  l'effettivo  ingresso
in  Italia  dei lavoratori, nei limiti delle quote complessive, e nel
rispetto della facolta' accordata ai datori di lavoro di operare  una
selezione  dei lavoratori piu' professionalmente preparati. Va da se'
che la programmazione per Paese di origine potra'  avere  contingenti
predeterminati  nei casi di ingresso per ricerca di lavoro o a fronte
di richieste non nominative (vedi il lavoro stagionale).
4. Anagrafe annuale informatizzata delle offerte e delle richieste di
lavoro subordinato e servizi per l'impiego.
4.1  La legge 40 ha consentito una profonda revisione delle procedure
in atto che regolano l'ingresso per motivi di lavoro,  innestando,  a
fianco   delle   episodiche  situazioni  di  richiesta  di  personale
residente all'estero da parte dei  datori  di  lavoro,  modalita'  di
gestione  di  un  piu'  efficace  servizio di incontro tra domanda ed
offerta di lavoro.
  Va da se'  che  dette  procedure  ineriscono  alle  competenze  dei
diversi  Ministeri  a  vari  livelli  e dovranno essere garantiti gli
opportuni  momenti  di  coordinamento.  Dopo   l'autorizzazione   del
Ministero  del lavoro, infatti, devono seguire, per l'effettivo avvio
dell'attivita' lavorativa in Italia,  il  visto  di  ingresso  ed  il
permesso di soggiorno.
  Ai  fini di un efficace coordinamento si potra' contare soprattutto
sulla realizzazione  dell'anagrafe  informatizzata  delle  offerte  e
delle  richieste  di  lavoro,  che  unitamente ai sistemi informativi
collegati del Ministero dell'Interno e dell'INPS,  dovrebbe  produrre
una  accelerazione  e  nel  contempo  una  maggiore  penetrazione dei
controlli di competenza delle varie amministrazioni.
  Il servizio di incontro tra domanda ed offerta di lavoro  e'  cosi'
articolato:
a) gli accordi e le intese bilaterali prevedono, nei limiti stabiliti
dai  decreti  annuali  dei flussi, la possibilita' per i cittadini di
essere presenti nell'anagrafe informatizzata,  previa  formazione  di
apposite  liste,  anche per le attivita' di carattere stagionale, con
un  determinato  ordine  di  priorita'  per  il  caso  di   richieste
numeriche;
b)  i  lavoratori stagionali, che hanno rispettato le indicazioni del
permesso di lavoro e sono rientrati nel loro Paese, hanno diritto  di
precedenza, rispetto ai connazionali ed a parita' di qualifica, verso
il lavoro stagionale presso gli stessi datori di lavoro in Italia;
c)  singoli  cittadini  italiani  o  residenti  stranieri  regolari o
specifici  enti  possono  offrire  la  loro  garanzia  a  favore   di
lavoratori   provenienti   dalle  aree  geografiche  individuate  dal
presente documento programmatico, per la ricerca  di  un  inserimento
lavorativo;
d)  trascorsi i termini previsti per le procedure di cui al punto c),
si dara' luogo alle procedure subordinate a favore dei lavoratori che
propongano la loro candidatura per l'ingresso ai soli fini di ricerca
di un inserimento lavorativo, previa  iscrizione  in  apposite  liste
tenuta presso le ambasciate italiane.
  I  datori  di  lavoro  possono  richiedere  l'arrivo  di  stranieri
residenti  all'estero  da  essi  preindividuati  mediante  conoscenza
diretta,   ovvero   da  essi  preselezionati  mediante  consultazione
dell'anagrafe  informatizzata  cui  confluiscono  i  nominativi   dei
lavoratori stranieri inseriti nelle liste dianzi specificate.
Per  le  ipotesi sopraindicate le procedure di ricerca dei lavoratori
si risolvono  principalmente  nella  scelta  nominativa  favorita  da
un'ampia promozione delle liste dei lavoratori stranieri.
  Nel  caso di procedura di avviamento mediante richiesta numerica il
criterio e' quello riferito all'anzianita' di iscrizione nelle  liste
medesime. Il Ministero del lavoro puo' peraltro effettuare avviamenti
dalle  liste  formate  con  i  Paesi con i quali sono stati raggiunti
accordi, secondo  ulteriori  trasparenti  criteri  di  priorita',  in
particolare per il lavoro stagionale.
4.2  Questo articolato servizio di incontro fra domanda ed offerta di
lavoro va naturalmente coordinato con il piu' generale  servizio  per
l'impiego,  per tener conto delle effettive capacita' di assorbimento
della domanda di lavoro locale, indirettamente misurabile  dai  tassi
di   disoccupazione   territoriali,  cui  contribuiscono  gli  stessi
lavoratori  stranieri  regolarmente  soggiornanti,  ma  in  stato  di
disoccupazione.
  Da questo punto di vista, si devono sottolineare due aspetti:
a)  si  e'  ritenuto, nell'ambito del decreto legislativo 23 dicembre
1997, n. 469, di riservare  la  materia  inerente  al  controllo  dei
flussi  di  immigrazione  allo  Stato, non includendola nelle materie
relative al collocamento che sono state trasferite alle  regioni,  in
modo  da  poter  assicurare, almeno nel primo periodo di applicazione
della nuova legge 40, un piu' omogeneo comportamento in materia;
b) il coinvolgimento delle regioni, cui e' stata conferita la materia
delle politiche del lavoro, sara' peraltro totale  nella  definizione
dell'andamento  dei  tassi  di  occupazione  e  di disoccupazione che
dovranno essere messi a base dell'istruttoria tecnica  del  Ministero
del lavoro, ai fini dei decreti annuali di programmazione delle quote
di ingresso.
  Per  quanto  riguarda  in  particolare  il  lavoro  stagionale,  la
programmazione  e  la  politica  del  lavoro  dovranno  agevolare  lo
sviluppo  della  potenziale domanda in questo comprato, che appare il
piu' idoneo a garantire un inserimento di lavoratori  extracomunitari
in  linea con le esigenze del mercato del lavoro italiano e collegato
a reali prospettive di rientro nella madrepatria.
  Per  questi  lavoratori  temporaneamente  presenti  sul  territorio
nazionale,  si  chiede  alle  regioni  ed  ai  centri  per  l'impiego
provinciali di programmare parallelamente, con la dovuta gradualita',
attivita'  di  formazione  professionale   che   possano   arricchire
l'esperienza di lavoro in Italia.
  A  tal  fine  la  legge  prevede  che  le Commissioni regionale per
l'impiego ovvero le strutture che le regioni decideranno di istituire
in loro vece,  possono  stipulare  con  le  organizzazioni  sindacali
maggiormente rappresentative a livello regionale dei lavoratori e dei
datori  di  lavoro,  e  con gli enti locali, apposite convenzioni, in
materia di lavoro stagionale, indicando il  trattamento  economico  e
normativo,  le  misure  per  assicurare idonee condizioni di vita, di
lavoro ed alloggiative, nonche' incentivi per favorire l'ingresso  ed
il rientro dei lavoratori.
5. Indicazioni per la determinazione delle quote massime di stranieri
da ammettere nel territorio dello Stato.
  La  quantificazione dei flussi dovra' essere contenuta, come detto,
per tener conto  degli  inserimenti  lavorativi  che  provengono  dal
flusso  dei  ricongiungimenti  familiari,  nella accezione ancor piu'
allargata che la nuova legge prevede.
  Sempre nell'ottica di una programmazione degli ingressi compatibile
con il mercato del lavoro e con le  politiche  di  integrazione,  non
puo'  non  essere  valutato  l'impatto potenziale delle modifiche dei
permessi di soggiorno da altro titolo, in particolare per  motivi  di
studio,  a  titolo  di  lavoro  subordinato.  Si ritiene infatti piu'
prudente e piu' snello dal punto di  vista  amministrativo,  valutare
preliminarmente  tale  impatto,  contenendo i flussi nei decreti, che
non  reintrodurre, per i predetti cambiamenti del titolo del permesso
di soggiorno per stranieri gia' residenti in Italia,  una  diversa  e
piu'  complessa  istruttoria con l'intento di effettuare una sorta di
filtro successivo.
  La programmazione dei flussi  di  ingresso  per  motivi  di  lavoro
subordinato   od   autonomo,   ancorche'   non   sia   prevista   una
quantificazione che sara' successivamente individuata  con  specifici
decreti,  dovrebbe  poi tener conto anche degli ingressi che potranno
essere  autorizzati  ai  sensi  dell'articolo  25  della  legge.   In
particolare, si rileva la portata delle autorizzazioni per fini misti
di formazione e di lavoro, di cui all'articolo citato lettera f), che
sembrerebbe  delineare  anche un successivo fabbisogno di inserimenti
lavorativi a pieno titolo.
  In base alle considerazioni sin qui svolte, si delineano  le  prime
indicazioni  per  l'elaborazione  dei  decreti  annuali dei flussi di
ingresso.
  La programmazione riguarda gli anni 1998,  1999  e  2000,  in  modo
graduale  ed  equilibrato  a  partire dell'anno in corso, mediante un
nuovo decreto interministeriale sui flussi,  integrativo  rispetto  a
quello  gia'  emanato  in  data 24.12.1997, anche per tener conto del
primo accordo bilaterale stipulato con l'Albania:
a) Si dovra', in primo luogo, tener conto  della  situazione  interna
del  mercato  del  lavoro  e dei limiti numerici risultanti dai piani
previsionali del fabbisogno di manodopera elaborati dal Ministero del
lavoro e della previdenza sociale.
b) La programmazione dei flussi nel triennio 1998-2000  terra'  conto
di  una  quota  crescente  di  autorizzazioni  al  lavoro stagionale,
destinate  a  diventare  una  componente  importante   delle   intese
bilaterali  con  i  Paesi  del  Mediterraneo,  dell'Europa Centrale e
Orientale  e  dell'Africa  Sub-Sahariana  (le  aree  geografiche   di
preferenza).  Il  lavoro stagionale, se opportunamente regolamentato,
puo' proprio per le sue caratteristiche meglio  rispondere  a  quelle
esigenze di mobilita' e di flessibilita' che caratterizzano i moderni
flussi migratori;
c)  Tali limiti numerici dovranno tener conto non solo del fabbisogno
di lavoratori subordinati, ma, altresi', del  possibile  sviluppo  di
attivita'  di  lavoro  autonomo,  compatibili  con  l'esercizio delle
attivita' svolte dai locali e potenzialmente destinate  a  creare  un
maggiore incremento delle realta' produttive interne.
d)  In considerazione delle risultanze sulla presenza degli stranieri
in Italia, anche in situazioni di irregolarita', il completamento del
contingente relativo al 1998, potra' essere  riservato  a  lavoratori
stranieri:
-  che  possano  dimostrare  con  elementi  oggettivi  di essere gia'
  presenti in Italia prima dell'entrata in vigore della legge 6 marzo
  1998, n. 40,
- e che possano dimostrare di avere un rapporto di  lavoro  in  corso
  ovvero  un  formale  impegno  di  assunzione,  comprovati  entrambi
  dall'assenso del datore di lavoro.
Inoltre, in via eccezionale, per il 1998 e, in parte minore,  per  il
1999,  potra'  essere  consentito,  per  un  limitato  contingente di
lavoratori presenti in Italia anche in situazione  di  irregolarita',
l'attivazione  del  meccanismo  delle  garanzie  prestate da terzi ai
sensi dell'art. 21, con il rilascio di un permesso di  soggiorno  per
un anno ai fini di inserimento nel mercato del lavoro.
e)  A  partire  dal 1999, sara' poi attivata, in misura adeguata, una
quota riservata agli ingressi assistiti da sponsorizzazioni da  parte
di  privati  o  enti autorizzati (art. 21, comma 1) o, in mancanza di
questi, agli ingressi individuali per ricerca  di  lavoro  (art.  21,
comma 4).
f) Una limitata quota di ingressi per lavoro subordinato sara' sempre
riservata  alle  autorizzazioni basate sulle richieste nominative (da
qualsiasi Paese estero).
g)  Per  quanto  attiene  al  lavoro   autonomo   sara'   fatta   una
programmazione triennale, destinata, per il primo anno e parzialmente
nel  secondo,  a  stranieri  -  che  hanno  dimostrato  con  elementi
oggettivi di essere gia' presenti in  Italia  prima  dell'entrata  in
vigore   della   legge  n.  40  del  1998  -  che  intendono  avviare
un'attivita' di lavoro autonomo, a condizione che  essi  chiedano  un
permesso  provvisorio  di  soggiorno  al  solo  fine  di espletare le
procedure  previste   nell'art.   24   della   legge   per   ottenere
l'autorizzazione  all'attivita'  autonoma,  previa dimostrazione, con
adeguata  documentazione,  circa   il   possesso   delle   strutture,
attrezzature   e   capitali   liquidi   necessari   per   l'attivita'
imprenditoriale.
Mezzi di sussistenza per l'ingresso e il soggiorno degli stranieri
Per quanto  riguarda  la  disponibilita'  dei  mezzi  di  sussistenza
sufficienti  per  la  durata  del soggiorno, l'art. 4, comma 3, della
legge 40/98 stabilisce che i "mezzi di sussistenza sono definiti  con
apposita  direttiva emanata dal Ministro dell'interno, sulla base dei
criteri indicati nel documento di programmazione di cui  all'art.  3,
comma 1".
  Tali  criteri  non  possono essere che di carattere generale e sono
cosi' sintetizzabili:
a) il reddito e le  risorse  comunque  disponibili  debbono  comunque
derivare da fonti lecite;
b)  la disponibilita' dei mezzi di sussistenza puo' essere comprovata
non solo con l'esibizione della valuta ma anche, e meglio ancora, con
documenti di credito, di  atti  comprovanti  rapporti  di  lavoro  in
corso,  di  atti  comprovanti la disponibilita' di immobili e risorse
finanziarie e, nei casi previsti  dall'articolo  21,  la  sussistenza
delle garanzie ivi indicate.
PARTE TERZA: POLITICHE DI INTEGRAZIONE
1. Che cosa si intende per integrazione
La  definizione  di  una  strategia  di  integrazione degli immigrati
impone  la  risposta  ad  un  primo  fondamentale  quesito:  se   sia
preferibile  limitarsi  ad  estendere  agli  immigrati  le  misure di
regolamentazione della vita collettiva in vigore per gli  italiani  o
se,  invece  non  occorra  elaborare  misure  specifiche solo per gli
stranieri. L'esperienza condotta in molti paesi europei suggerisce di
costruire un equilibrio tra la tensione all'universalismo dei diritti
e  il  riconoscimento  delle  differenze,  individuando  percorsi  di
inclusione  dei  cittadini  stranieri sulla base dell'affermazione di
diritti e di doveri di tutte le parti in causa (stranieri, nazionali,
enti, associazioni) e nel rispetto  delle  specificita'  culturali  e
religiose.
Per  integrazione in questo documento si intende pertanto un processo
di non discriminazione e di inclusione delle  differenze,  quindi  di
contaminazione  e  di  sperimentazione  di  nuove forme di rapporti e
comportamenti, nel costante e quotidiano tentativo di tenere  insieme
principi  universali e particolarismi. Essa dovrebbe quindi prevenire
situazioni di emarginazione,  frammentazione  e  ghettizzazione,  che
minacciano  l'equilibrio  e  la coesione sociale e affermare principi
universali come il valore della  vita  umana,  della  dignita'  della
persona,    il    riconoscimento   della   liberta'   femminile,   la
valorizzazione e la tutela dell'infanzia, sui quali  non  si  possono
concedere deroghe, neppure in nome del valore della differenza.
Il  nostro  paese,  traendo insegnamento dall'esperienza di altri con
una  piu'  lunga  tradizione  in  questo   campo,   individua   nella
progressiva  acquisizione  dei  diritti  di  cittadinanza  la  strada
maestra verso l'integrazione e  la  partecipazione  alla  vita  della
societa'. Come tutte le moderne democrazie si sta tuttavia orientando
verso un modello di societa' che riconosce al suo interno l'esistenza
di  una  pluralita'  culturale,  lasciando  pero'  alla sfera privata
l'espressione  e  la  perpetuazione  delle  identita'  culturali.  La
responsabilita'  dello  Stato nei confronti delle comunita' straniere
che vivono sul territorio si concretizza  pertanto  da  un  lato  nel
promuovere  procedure  che  garantiscano  a  tutti la possibilita' di
integrazione e di partecipazione alla  vita  sociale,  a  prescindere
dall'appartenenza  etnica o dall'orientamento culturale e religioso e
dall'altro nel garantirne misure che prevengono e combattono forme di
discriminazioni e pregiudizi fondati su questi presupposti.
Riconosce tuttavia agli stranieri la liberta', garantita anche  dalla
Costituzione purche' non confliggente con gli interessi dello Stato e
la  sicurezza  della collettivita', di costituire associazioni, sulla
base della nazionalita', delle  credenze  religiose  e  di  interessi
culturali  in  quanto  possono  rappresentare  la risposta al bisogno
individuale di mantenimento delle tradizioni e dei legami con i paesi
di provenienza, al bisogno di rafforzare la propria identita'  in  un
contesto vissuto come estraneo, all'esigenza di farsi conoscere e far
conoscere  il  proprio  paese.  In  quanto  agenti di intercultura le
associazioni degli  immigrati  che  ne  hanno  i  requisiti,  possono
partecipare,  alla  pari  di  altre  associazioni  di volontariato, a
programmi di intervento sul territorio realizzati dagli enti locali.
Per  poter  valorizzare  inoltre  la  presenza  degli  immigrati  sul
territorio  e poter tener conto di un punto di vista privilegiato sui
temi dell'immigrazione si garantisce  una  presenza  degli  immigrati
negli  organismi  consultivi  nazionali e territoriali previsti dalla
legge n. 40. Si raccomandano inoltre azioni positive che  valorizzino
la  presenza  degli  immigrati  all'interno  di strutture o organismi
esistenti nel nostro paese  anche  finalizzati  a  scopi  diversi  da
quelli  dell'immigrazione.  Questo  rafforzerebbe l'immagine positiva
dell'immigrazione e renderebbe visibile i  percorsi  di  integrazione
gia' realizzati da molti stranieri che vivono nel nostro paese.
2. Obiettivi e ambiti di applicazione di una politica di integrazione
Tre sono i grandi obiettivi verso i quali deve tendere la politica di
integrazione del nostro paese:
A) Costruire relazioni positive.
  L'obiettivo  "strategico"  di una politica di integrazione consiste
nel costruire relazioni positive tra cittadini italiani e  immigrati.
Integrazione significa infatti possibilita' di comunicazione profonda
a  piu'  dimensioni (economica, sociale, culturale e politica) tra la
maggioranza  della  popolazione  autoctona e le diverse etnie che con
essa convivono,  da  cui  deriva  un  progressivo  cambiamento  della
cultura  e  dei  valori  della societa' nel suo insieme. Questo e' un
obiettivo molto difficile da raggiungere perche' presuppone da  parte
di  tutti  la  consapevolezza dei propri pregiudizi, paure, ideologie
che ostacolano la comunicazione.
  Le relazioni interetniche in tutti i paesi sono  caratterizzate  da
diffidenza  e  timore  reciproco. Una politica dell'integrazione deve
puntare in primo luogo a  superare  questi  atteggiamenti  attraverso
misure  che mirino non solo a cambiare le percezioni errate, ma anche
ad ammettere e chiarificare gli elementi reali sui quali i  reciproci
timori  si  fondano.  Detto  altrimenti,  e'  necessaria una politica
dell'informazione, diretta agli immigrati e ai nazionali,  che  abbia
si'  come obiettivo di smontare pregiudizi e timori infondati, ma che
rassicuri anche rispetto a timori fondati perche' capace di  proporre
soluzioni rispetto a situazioni di disagio reale.
  La  politica  dell'integrazione  pertanto  non  deve essere rivolta
soltanto  agli  immigrati.  Essa  avra'  effetti  irrilevanti   sulle
relazioni   inter-comunitarie   se   non  terra'  conto  anche  delle
aspettative e delle esigenze dei nazionali. Evitare il rifiuto  degli
stranieri   da   parte   dei  cittadini  nazionali  e'  un  obiettivo
prioritario di una sensata politica dell'integrazione. Cio' significa
rassicurare gli italiani rispetto alla  concorrenza  degli  immigrati
nel  settore  del  Welfare  e  sul  mercato del lavoro, rispetto alla
minaccia rappresentata dagli immigrati all'identita' nazionale  e  ai
valori  fondamentali  della  nostra societa', rispetto alla sicurezza
urbana (aumento di criminalita' dovuto ad immigrati).
  Integrazione  significa  pero'  anche  rassicurare  gli   immigrati
rispetto  alla  paura  di  perdere  la  propria  identita' e i propri
valori; rispetto alle paure  per  la  propria  integrita'  fisica  in
contesti  urbani, percepiti come estranei ed ostili; offrire certezze
rispetto  alla  soddisfazione  di  bisogni   fondamentali   come   la
conservazione  di  condizioni  di  vita dignitose, la possibilita' di
usufruire di luoghi  di  comunicazione  e  scambio  di  esperienze  e
conoscenze, la certezza di poter mantenere nel tempo la condizione di
legalita'  sia  di  soggiorno  che  di  lavoro;  la  possibilita'  di
esercitare  il  diritto  di  voto   come   espressione   massima   di
partecipazione alla vita della comunita'.
  Per  tutti  l'obiettivo  e'  quello di una vita dignitosa. A questo
proposito,  e'  necessario   essere   consapevoli   del   fatto   che
integrazione  come  opportunita' di vita dignitosa non e' sinonimo di
egualitarismo, ma puo' contemplare anche situazioni di  parziale  e/o
temporanea   segregazione   abitativa   o  lavorativa.  Le  comunita'
abitative possono  rappresentare  un  antidoto  alla  dispersione  ed
estraneita'  urbana  come  l'accettazione  di  lavori  non graditi ai
nazionali puo' costituire il primo passo necessario per innescare  il
circolo   virtuoso   dell'integrazione.  Ma  deve  anche  significare
accettare l'idea, e predisporre a questo scopo le misure  necessarie,
che  gli  immigrati  possano  con il tempo accedere a tutti i lavori,
senza alcuna discriminazione, quindi anche a lavori qualificati.
Per compiere passi avanti nel processo di integrazione nell'accezione
fin qui delineata e'  opportuno  individuare  un  insieme  di  sotto-
obiettivi  di  massima  da perseguire a partire dai prossimi tre anni
anche incominciando a pesare misure per avvicinarli che appaiano piu'
convincenti e praticabili nell'ambito della legge:
a)  evitare che i cittadini nazionali percepiscano gli immigrati come
persone di cui diffidare, da temere e da disprezzare perche':
* consumatori di risorse scarse (welfare, occupazione);
* soggetti che minacciano l'identita' nazionale;
*  soggetti  che  incrementano  la  criminalita'  e  stili  di   vita
  degradati;
*  residenti  temporanei  non  collegati  alla pressione migratoria e
  quindi alla necessita' di regolamentare i flussi di ingresso.
b) evitare che gli immigrati e  le  minoranze  percepiscano  l'Italia
come un paese ostile, ingiusto, da temere e disprezzare che:
*  nega  diritti  sociali  di  base  e opportunita' di lavoro su basi
  discriminatorie;
* minaccia l'identita' culturale attraverso l'istruzione delle  nuove
  generazioni e i media;
* minaccia l'incolumita' fisica e la loro integrita' morale;
*  emargina  e  relega a condizioni di vita degradate per lavoro, per
  abitazione, per salute;
* non garantisce continuita' di permanenza sul territorio  nazionale;
  crea incertezza e precarieta';
* nega opportunita' di inserimento.
c) evitare che i cittadini italiani e gli immigrati percepiscano:
* lo stato come agente di discriminazione
*   la   pubblica   amministrazione   e  le  forze  dell'ordine  come
  interlocutori ostili e faticosi
* la  multiculturalita'  come  minaccia  alla  rispettiva  integrita'
  fisica, culturale e sociale
B) Garantire pari opportunita' di accesso e tutelare le differenze
Come  e'  stato  sottolineato  nel  punto precedente, la filosofia di
fondo che ispira la politica di integrazione  dell'Italia,  condivisa
oggi  da  gran  parte  dei paesi europei, consiste essenzialmente nel
mettere gli  stranieri  nella  condizione  di  vivere  "normalmente",
quindi  colmare  il  divario  di conoscenze derivante dalla specifica
condizione   di   straniero   (conoscenza   della   lingua,   accesso
all'istruzione,  ai  servizi sanitari, alla formazione professionale,
alle politiche di alloggio pubblico etc.) che li  penalizza  rispetto
ai cittadini italiani in condizioni economiche e sociali comparabili.
Per   quanto  riguarda  aspetti  della  condizione  dello  straniero,
l'obiettivo della  politica  di  integrazione  e'  quindi  quello  di
includere  gli  immigrati  nell'ambito di politiche volte a risolvere
problemi  di  segmenti  specifici  della  popolazione  presente   sul
territorio  (in  particolare  persone  a  basso  reddito) della quale
spesso gli immigrati sono una parte importante. Quindi avremo  misure
per l'integrazione degli immigrati in quanto segmento della struttura
sociale  avente caratteristiche particolari, dall'altro misure per la
tutela degli immigrati che condividono con altri italiani  condizioni
di disagio o di basso reddito, quindi insieme a loro da tutelare.
Multiculturalismo:  l'accesso  alla  scuola  dell'obbligo  dei minori
stranieri, indipendentemente dalla loro posizione giuridica,  e'  uno
dei   punti   fondamentali   della  politica  di  integrazione  e  di
costruzione di una societa' multiculturale. Anche in questo campo  il
nostro  paese  vuole  dare  piena  applicazione  alla convenzione sui
diritti del fanciullo, ratificata con la legge n. 176 del  27  maggio
1991.  La  scuola  italiana ha gia' attivato un processo di revisione
dei programmi scolastici che danno largo  spazio  alla  comunicazione
interculturale.   Piu'  efficace  dovra'  pero'  essere  il  sostegno
all'apprendimento della lingua italiana da parte dei minori stranieri
affinche' possano partecipare con profitto a tutto  il  programma  di
istruzione.     Sara'     importante     anche     l'intensificazione
dell'insegnamento della lingua italiana agli adulti,  sia  attraverso
il Ministero della Pubblica istruzione che con il sostegno degli enti
locali  e delle associazioni. Attenzione sara' inoltre riservata alla
individuazione di occasioni e luoghi di  incontro  e  di  scambio  di
esperienze   tra   cittadini   italiani  e  cittadini  stranieri  che
favoriscono  la  conoscenza  e  la  comprensione   reciproca   e   la
contaminazione tra culture.
Inoltre,  con  riferimento  alla  formazione  universitaria,  saranno
promosse iniziative presso le  universita'  allo  scopo  di  favorire
l'accesso di studenti stranieri.
Alloggio:  le  politiche abitative, come quelle volte all'inserimento
degli immigrati nel mondo del  lavoro  devono  evitare  di  innescare
situazione  di  concorrenza  tra  poveri.  D'altra  parte non si puo'
ignorare la priorita' che questo aspetto riveste nell'ambito  di  una
politica  di  accoglienza, tenendo conto delle difficolta' di accesso
degli immigrati al mercato  degli  affitti  e  delle  condizioni  che
spesso  sono  costretti  a  subire  sia  in  termini di prezzo che di
abitabilita' degli immobili. Per questa ragione,  proprio  in  questo
settore,  notoriamente  problematico  anche  per  gli italiani, vanno
promosse in  via  prioritaria  misure  per  prevenire  situazioni  di
sfruttamento  e  per sostenere situazioni di disagio abitativo sia di
immigrati che di  italiani  nelle  stesse  condizioni  attraverso  la
realizzazione di strutture alloggiative previste esplicitamente dalla
legge  a  questo scopo anche favorendo convenzioni con associazioni e
consorzi di impresa che si impegnino a garantire l'alloggio ai propri
dipendenti immigrati stranieri. Oltre ad una politica  degli  alloggi
volta  a  situazioni  di  grave  deprivazione, e' importante favorire
politiche  di  quartiere  o  all'interno   di   ambiti   territoriali
delimitati,  anche  sottolineando  la  possibile rivitalizzazione del
territorio  a  seguito  di  una  politica  piu'   liberistica   degli
insediamenti commerciali.
Sanita': la difficolta' di utilizzare i servizi sanitari e' anch'esso
un problema che molti stranieri condividono con i cittadini italiani.
Anche   in  questo  campo  quindi  l'obiettivo  di  una  politica  di
integrazione  e'  quello  di  dare  agli  stranieri  le  informazioni
necessarie   sul  funzionamento  e  sulle  prestazioni  del  Servizio
sanitario nazionale e sulle modalita' di accesso. Ci sono  pero'  due
aspetti   molto   particolari  da  considerare  nella  previsione  di
un'assistenza sanitaria efficace:  la  forte  connotazione  culturale
della malattia, della cura, del rapporto con il proprio corpo e della
manifestazione  agli  altri  della propria malattia; la condizione di
illegalita' di alcuni stranieri presenti  sul  nostro  territorio  ai
quali  assicurare  uno  dei  diritti  fondamentali  come quello della
salute. Questo secondo aspetto e' risolto con  quanto  gia'  previsto
dalla  legge  attualmente  in  vigore;  piu' articolate dovra' invece
essere l'applicazione della legge per venire incontro  alle  esigenze
evidenziate   nel   primo   punto,  in  quanto  presuppongono,  anche
nell'ambito dei servizi sanitari pubblici, modalita'  di  prestazione
che  rispettino  le esigenze di persone appartenenti ad altre culture
(es. medici donne per alcune specializzazioni, mediatori culturali).
Assistenza ai minori e  alle  fasce  marginali  dell'immigrazione:  i
minori  sono  i  veri  protagonisti  del  processo di integrazione. A
cavallo tra la cultura dei genitori e quella del paese di accoglienza
vivono tutte  le  contraddizioni  dell'incontro  tra  culture,  senza
poterne godere i vantaggi. Come tutti i minori sono quindi soggetti a
rischio,  altamente  vulnerabili.  A differenza degli altri tuttavia,
spesso non hanno intorno il sostegno di una famiglia e di un rete  di
rapporti   parentali  che  da'  sicurezza  e  rafforza  il  senso  di
identita'. Per queste regioni e' molto  importante  prevedere,  oltre
alle  misure gia' attivate in ambito scolastico, l'accesso dei minori
stranieri a  servizi  di  doposcuola  o  di  attivita'  sportive  che
consentano  di  impiegare  il  tempo lasciato libero dalla scuola. Vi
sono inoltre situazioni di bambini  che  non  possono  vivere  con  i
propri  genitori,  in particolare quando sono donne sole impiegate in
lavori in case altrui. Spesso la soluzione adottata e' il rinvio  dei
bambini  presso  i  parenti  nel  paese di provenienza. Un importante
aiuto a queste situazioni potrebbe provenire dalla individuazione  di
strutture   alloggiative   che  consentano  alla  famiglia,  comunque
costituita,  di  vivere  insieme  anche  solo  temporaneamente,  o  a
soluzioni  di  affidamento  diurno  dei  minori ad altri genitori nel
quartiere di residenza, un sistema piuttosto affermato all'estero che
potrebbe rivelarsi utile anche in Italia.
Vi sono inoltre fasce di popolazione immigrata che per malattia o per
errori  commessi  o  per  ingiustizie subite non sono in grado di far
fronte  alla  vita  quotidiana  e  tantomeno  a  risolvere   i   loro
particolari  problemi.  Anche  questi  casi  devono  essere tenuti in
considerazione  dalle  politiche  volte  a  combattere   l'esclusione
sociale,  avendo  pero' accortezza di considerare che molte di queste
persone non hanno  alcun  punto  di  riferimento  in  Italia,  quindi
necessitano  di  quel  tanto  in  piu'  rispetto  agli  italiani, che
normalmente e' fornito dalla solidarieta' della famiglia.  Potrebbero
essere  utili  quindi  misure che garantiscano il gratuito patrocinio
per i detenuti stranieri, la traduzione dei capi di imputazione e del
regolamento carcerario.
In questo contesto rientrano anche le norme  di  protezione  sociale:
l'articolo  16  della  legge  e' infatti particolarmente importante e
riguarda la tutela di chiunque - prevalentemente donne -  vittima  di
traffico   per  sfruttamento  sessuale,  voglia  sottrarsi  a  questa
condizione, che qualcuno ha chiamato "moderna schiavitu'".  La  legge
prevede in questi casi non solo protezione fisica, ma anche programmi
di sostegno psicologico e di reintegrazione nella societa'.
Mercato  del lavoro: la partecipazione degli immigrati al mercato del
lavoro si caratterizza spesso per condizioni di impiego precarie,  in
mansioni  dequalificate, in settori arretrati e spesso in lavorazioni
malsane. Oltre ad una politica degli ingressi che deve essere tale da
consentire ingressi legali per lavori regolari e spezzare  quindi  il
legame  immigrazione-lavoro  nero, che preclude la strada a qualunque
forma  di  integrazione  sociale  e  politica,  la  condizione  degli
stranieri  (in  particolare  giovani,  donne, lavoratori qualificati)
sara' tenuta presente all'interno di politiche volte a combattere  il
lavoro   nero,   la  disoccupazione  e  l'esclusione  sociale.  Sara'
riservata  particolare  attenzione  a  percorsi  formativi  volti   a
favorire  la  conoscenza  della  lingua  italiana,  l'emersione  e la
valorizzazione  di  specifiche  professionalita'  anche  al  fine  di
prevenire forme di discriminazione sul lavoro.
C) Assicurare i diritti della presenza legale
Uno  dei  presupposti  di una politica di integrazione efficace e' la
prospettiva e la sicurezza della continuita' della permanenza  legale
sul  territorio italiano e la linearita' di percorsi di cittadinanza.
La sicurezza della residenza e' infatti la  condizione  primaria  per
poter  programmare  il  futuro  sia dal punto di vista lavorativo che
affettivo. Da questa condizione deriva il desiderio di  regolarizzare
o  migliorare  la  propria  condizione  lavorativa,  come  quello  di
ricongiungere o di formare una nuova famiglia. La  legge  prevede  da
questo   punto   di   vista   un'importante   innovazione  normativa:
l'istituzione della carta di soggiorno (art.  7),  che  sancisce  una
condizione   di   semicittadinanza,   di   partecipazione  alla  vita
collettiva e sociale del luogo di residenza e  consente  l'accesso  a
tutti i diritti propri della cittadinanza, con la semplice esclusione
di  quegli  istituti  specifici  della nazionalita' (es. difesa dello
stato).
Altrettanto importanti in termini di garanzia di continuita' sono  le
norme  sui  ricongiungimenti  familiari (artt. 26 e successivi), piu'
ampie rispetto al passato, il cui numero  non  e'  regolamentato  dal
sistema  delle  quote,  e  che consente ai ricongiunti che ne abbiano
l'eta', di lavorare dal momento dell'ingresso in Italia.
In  linea  con  le  misure  normative  previste  dalla  legge volte a
rafforzare lo  status  giuridico  dei  residenti  di  lungo  periodo,
potrebbero  essere  introdotte  una  serie  di  misure  di  carattere
amministrativo volte a semplificare  le  procedure  e  a  ridurre  la
duplicazione  dei  documenti.  La  macchinosita' e la rigidita' delle
procedure sono infatti  spesso  causa  di  incertezza  e  di  ritorno
nell'illegalita'.   Pertanto   si   propone  un  coordinamento  delle
amministrazioni per
* la semplificazione delle procedure per:  rinnovo  del  permesso  di
  soggiorno;  richiesta  della  carta  di soggiorno; ricongiungimento
  familiare; riconoscimento dei titoli di studio;
* il coordinamento delle procedure  per  il  permesso  di  soggiorno,
  iscrizione   all'anagrafe,   iscrizione   all'INPS,  iscrizione  al
  Servizio sanitario nazionale;
* riduzione della duplicazione dei documenti per richiesta di  visto,
  permesso  di  soggiorno,  presentazione  di  garanzia,  offerta  di
  lavoro, etc. sia  da  parte  degli  stranieri  che  degli  italiani
  coinvolti.
Le   misure   di  integrazione  trovano  il  loro  coronamento  nella
partecipazione alla vita collettiva, sociale e  politica.  Da  questo
punto  di  vista  saranno  favorite  forme  di  associazionismo  e di
rappresentanza degli immigrati cosi' come previsto dalla legge  (art.
3,  comma 6). L'istituzione dei Consigli territoriali, di cui faranno
parte amministrazioni centrali e locali, associazioni che si occupano
di immigrati e associazioni che rappresentano  gli  immigrati,  offre
l'opportunita'   per  approfondire  la  riflessione  sulle  forme  di
rappresentanza degli  immigrati  nel  nostro  paese,  partendo  dalle
numerose  e  positive  esperienze gia' esistenti. Essa consentira' la
valorizzazione delle associazioni degli  immigrati  che  svolgono  un
ruolo  importante  nell'accompagnare  il percorso di integrazione dei
singoli  individui,  nel  garantire  il  mantenimento  delle   radici
culturali  e  nel valorizzare il contributo che gli immigrati portano
al cambiamento culturale e sociale in atto nel nostro paese.
Una riflessione a parte meritano le associazioni religiose  e  laiche
che  operano a favore degli immigrati, all'interno delle quali spesso
gli immigrati hanno anche un ruolo formalizzato.  La  loro  attivita'
nel  promuovere  occasioni  di  incontro  tra  culture  diverse e nel
tutelare i diritti dei piu' deboli e'  infatti  fondamentale  per  la
costruzione  di  una societa' multiculturale in particolare se svolta
in un'ottica di complementarieta' e di sinergie  con  le  istituzioni
centrali  e  locali.  La  loro  presenza  negli  organismi consultivi
rappresenta un punto importante di riferimento per gli enti locali  e
per   il   governo   centrale  per  l'attuazione  della  politica  di
immigrazione e la promozione dell'integrazione in norme della  tutela
e della certezza dei diritti degli immigrati.
E'  importante  che  gli immigrati regolari residenti nel territorio,
siano presenti, alla pari  dei  cittadini  italiani,  nelle  proposte
legislative  del governo, oltre che delle regioni e degli enti locali
e nelle decisioni del Parlamento, riguardanti tutti gli aspetti della
vita  sociale  ed  economica.  Per  quanto  riguarda  il  sociale  e'
necessario  vigilare  che  le  proposte  gia'  presentate  con questo
spirito (l. 28 agosto 1997, n. 285 "Disposizioni per la promozione di
diritti e di opportunita' per l'infanzia  e  l'adolescenza";  Decreto
legislativo  sul  reddito  minimo  di  inserimento,  disegno di legge
recante "Disposizioni per la realizzazione del sistema  integrato  di
interventi   e   servizi   sociali";   disegno  di  legge  A.S.  3142
"Disposizioni   per   facilitare   la    locazione    o    l'acquisto
dell'abitazione  da  parte  delle  giovani  coppie  e  delle famiglie
monoparentali) abbiano una concreta attuazione.
Il Governo si impegna affinche' l'iter  legislativo  del  disegno  di
legge  costituzionale  A.C.  4167  recante  "Disposizioni integrative
dell'Art. 48 della Costituzione" che consente il diritto di voto alle
elezioni comunali e provinciali allo straniero possa seguire  il  suo
corso  nel  modo  piu'  celere  e ad iniziare una riflessione critica
della  attuale   normativa   sulla   cittadinanza   che   si   ispira
essenzialmente  al  principio  dello  jus sanguinis, un principio che
premia l'ereditarieta' del diritto di cittadinanza  a  scapito  della
residenza e quindi della effettiva presenza sul territorio
3. Agenti e strumenti per le politiche di integrazione
Secondo  la legge 40 del '98 la politica di integrazione e' una parte
integrante  della  politica  migratoria  e  infeste  organismi   alle
Amministrazioni centrale e degli enti locali, al fine di garantire da
un lato omogeneita' di trattamento a tutti gli stranieri presenti sul
territorio   e   dall'altro   l'operativita'  degli  interventi.  Nel
documento programmatico sono delineate infatti le principali linee di
intervento che caratterizzeranno  la  politica  di  integrazione  nel
nostro  paese  nel  prossimo  triennio,  ma saranno gli enti locali a
gestire  gli  interventi  sul   territorio,   anche   utilizzando   i
finanziamenti previsti dal fondo per l'immigrazione, istituito con la
stessa  legge.  Regioni,  provincie, comuni ed altri enti locali sono
chiamati ad implementare, ciascuno con proprie competenze,  anche  in
ottemperanza  al  decreto  legislativo  31  marzo 1998, n. 112, sulla
delega di funzioni agli enti locali, attuativo  della  legge  59  del
1997,  i provvedimenti concorrenti al perseguimento dell'obiettivo di
rimuovere  gli  ostacoli  che   di   fatto   impediscono   il   pieno
riconoscimento  dei  diritti  e  degli  interessi  riconosciuti  agli
stranieri nel territorio dello  Stato,  con  particolare  riguardo  a
quelli  inerenti all'alloggio, alla lingua, all'integrazione sociale,
nel rispetto dei diritti fondamentali della persona umana (artt. 40 e
43). Lo Stato, le regioni, le provincie e i  comuni  adottano,  nelle
materie  di  propria  competenza,  programmi  annuali  o  pluriennali
relativi a proprie iniziative e attivita' concernenti l'immigrazione,
con  particolare  riguardo  alle  attivita'   culturali,   formative,
informative,  di integrazione e di promozione di pari opportunita'. I
programmi sono adottati secondo i criteri e le modalita' indicati dal
regolamento di  attuazione  e  indicano  le  iniziative  pubbliche  e
private prioritarie per il finanziamento da parte del Fondo, compresa
l'erogazione  di  contributi  agli  enti  locali per l'attuazione del
programma
La legga 40/98 prevede tuttavia  organismi  appositi  per  supportare
l'azione   del   governo   nella   definizione  di  una  politica  di
integrazione, che si pensa aperta e flessibile alle esigenze che  nel
tempo dovessero emergere dal mondo dell'immigrazione. Essi sono:
*  la  Commissione  per  le  politiche  di  integrazione,  (art. 44),
  istituita  presso  la  Presidenza  del  Consiglio   dei   Ministri,
  Dipartimento  per  gli affari sociali. La commissione ha il compito
  di predisporre per  il  Governo,  anche  al  fine  dell'obbligo  di
  riferire   al  Parlamento,  il  rapporto  annuale  sullo  stato  di
  attuazione delle politiche per l'integrazione degli  immigrati,  di
  formulare  proposte  per  gli  interventi  di  adeguamento  di tali
  politiche nonche' di fornire risposta ai quesiti posti dal  Governo
  concernenti  le politiche per l'immigrazione, l'intercultura, e gli
  interventi contro il razzismo. E'  evidente  che  anche  il  nostro
  paese  si trovera' ad affrontare dilemmi cruciali sui quali si sono
  gia' confrontati altri paesi ad immigrazione piu' matura  inerenti,
  ad  esempio, la compatibilita' di pratiche religiose con i principi
  di liberta' e di democrazia sanciti dalla nostra  Costituzione,  la
  necessita'  di  garantire  forme  di  conoscenza  che  preparino ad
  affrontare la vita da adulti nella societa' italiana  e  l'esigenza
  di  mantenere  il  legame  con  le  radici  culturali della propria
  famiglia.
* la Consulta per i problemi dei cittadini  extracomunitari  e  delle
  loro  famiglie  (art.  42  del decreto legislativo recante il Testo
  Unico  delle  disposizioni  concernente   gli   stranieri).   Della
  Consulta,  presieduta  da  un  Ministro delegato dal Presidente del
  Consiglio,  fanno  parte   rappresentanti   delle   amministrazioni
  Centrali,   delle   regioni   e  delle  autonomie  locali  e  delle
  associazioni operanti nel campo  dell'assistenza  all'immigrazione.
  La  Consulta e' sentita per l'acquisizione delle osservazioni delle
  associazioni che ne fanno parte e per il collegamento dei  consigli
  territoriali.
*  il CNEL svolge, nell'ambito delle proprie attribuzioni, compiti di
  studio e promozione di attivita' volte a favorire la partecipazione
  degli  stranieri  alla  vita  pubblica  e  la  circolazione   delle
  informazioni sulla applicazione della legge.
*  i  Consigli  territoriali  per  l'immigrazione  (art.  3, comma 6)
  istituiti con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri  da
  adottare  di  concerto  con  il Ministro dell'interno, in cui siano
  rappresentati le competenti amministrazioni locali dello Stato,  la
  regione,  gli  enti  locali,  gli enti e le associazioni localmente
  attivi  nel  soccorso  e   nell'assistenza   agli   immigrati,   le
  associazioni  degli  immigrati,  le organizzazioni dei lavoratori e
  dei datori di lavoro, con compiti di analisi delle  esigenze  e  di
  promozione degli interventi da attuare a livello locale. I Consigli
  territoriali  fanno riferimento a livello locale all'ente Provincia
  e si raccordano con le prefetture, mentre hanno nella consulta  per
  l'immigrazione  istituita  a  livello  nazionale  un  organismo  di
  coordinamento. E' prevista inoltre l'istituzione di un albo  presso
  la  Presidenza  del Consiglio, Dipartimento per gli affari sociali,
  delle associazioni  di  volontariato  e  delle  associazioni  degli
  immigrati  abilitate  a  svolgere  iniziative  di  integrazione con
  finanziamenti pubblici.
4. Risorse
* Fondo nazionale per le politiche migratorie (art.  43).  Presso  la
  Presidenza  del  Consiglio  dei  ministri  e'  istituito  il  Fondo
  nazionale per le politiche migratorie, destinato  al  finanziamento
  delle iniziative di cui agli articoli 18, 36, 38, 40 e 44, inserite
  nei  programmi  annuali  o  pluriennali dello Stato, delle regioni,
  delle provincie, e dei comuni. La dotazione  del  Fondo,  al  netto
  delle  somme  derivanti  dal  contributo  di  cui  al  comma  3, e'
  stabilita in lire 12.500 milioni per l'anno 1997,  in  lire  58.000
  milioni  per  l'anno 1998 e in lire 68.000 milioni per l'anno 1999.
  Il fondo sara' utilizzato  per  l'80%  per  il  cofinanziamento  di
  progetti   di  intervento  presentati  sulla  base  di  accordi  di
  programma  tra  regioni,  provincie  e  comuni  nel  settore  della
  formazione,  intercultura,  alloggio,  informazione,  assistenza ai
  minori e tutti gli altri ambiti previsti dall'art. 40; per  il  20%
  per  il  finanziamento  della  commissione  per l'integrazione, per
  interventi  di  emergenza,  per  la  realizzazione  di  misure   di
  integrazione  aventi  rilevanza  nazionale. Si prevede naturalmente
  che regioni, provincie e comuni stanzino nel proprio bilancio fondi
  per le politiche di integrazione.
* I finanziamenti possono essere utilizzati per sostenere  iniziative
  delle associazioni ritenute valide dagli enti locali.
5. Valutazione dei processi di integrazione
Se  si  considera l'entrata in vigore della nuova legge come un nuovo
inizio della politica  di  integrazione,  dovrebbe  essere  possibile
incominciare  ad  introdurre anche in questo settore strumenti per la
valutazione dei risultati  delle  misure  attivate.  Esistono  a  tal
proposito  pubblicazioni  scientifiche, ed anche un recente documento
del consiglio d'Europa da cui poter trarre ispirazione. Nel corso  di
questi  anni  si  puo' mettere in piedi un sistema di valutazione che
potra' avere un'applicazione piu' puntuale nel prossimo triennio.  Un
primo passo verso la realizzazione di questo programma consiste nella
predisposizione,  da  parte  delle  amministrazioni, di moduli per la
presentazione  dei  piani  di  intervento  per  l'integrazione  delle
regioni  al  fine  di  uniformare  i  dati  e le informazioni in essi
contenute.
6. Priorita' per il 1998-2000
Considerato  il  carattere   propedeutico   del   primo   piano   per
l'integrazione  le  priorita'  di  intervento  previste  per il primo
triennio, alle quali saranno di preferenza destinate anche le risorse
economiche previste dalla presente legge riguardano:
*  informazione  sulla  nuova  legge   per   l'immigrazione   e   per
  l'integrazione. Sara' necessario prevedere una campagna informativa
  che    utilizzando   strumenti   differenziati   di   comunicazione
  (vademecum, posters, spot, siti Internet) possa raggiungere tutti i
  possibili utenti (immigrati e operatori) e porre le  basi  per  una
  comunicazione   strutturata  e  sistematica  su  questi  temi.  Una
  particolare attenzione potrebbe essere dedicata alla individuazione
  di strumenti informativi per i nuovi  arrivati,  sul  funzionamento
  delle  istituzioni,  i  diritti  e  i  doveri  dei residenti. Utile
  potrebbe inoltre essere  il  collegamento  con  l'Istat  e  con  il
  Ministero   dell'Interno   al  fine  di  costruire  un'informazione
  statistica attendibile e aggiornata.
* ricognizione delle esperienze di integrazione  realizzate  fino  ad
  oggi  in Italia: chi, che cosa, dove, con quali risorse, al fine di
  far conoscere e di diffondere quelle piu' significative.  A  questo
  scopo  potrebbero  essere  attivate  risorse  per ricerche da parte
  della Commissione per l'integrazione. Tutte le esperienze  positive
  dovrebbero  essere  rese  pubbliche  per contrastare il dilagare di
  informazioni su conflitti e  situazioni  di  difficile  convivenza.
  Dovrebbe  inoltre  essere  avviato  un lavoro di ricognizione anche
  delle  ricerche  sul  fenomeno  del  razzismo  in  Italia  e  sulle
  esperienze  piu'  significative  messe  in atto per combatterlo, in
  vista di un coordinamento con l'Osservatorio sul razzismo istituito
  a Vienna dalla Commissione europea. Ricognizione  e  valorizzazione
  delle  esperienze  di  rappresentanza  degli  immigrati esistenti a
  livello nazionale e locale.
* politiche sociali, da parte di tutti i soggetti (istituzioni,  enti
  locali,   associazioni)   volti  a  favorire  l'integrazione  degli
  stranieri aventi come ambito di attivita' rispettivamente i settori
  della formazione, dell'alloggio e interventi di  carattere  sociale
  rivolti  a  particolari  segmenti dell'immigrazione: donne, minori,
  soggetti particolarmente svantaggiati.
Priorita' per le misure di integrazione per il triennio 1998-2000
_____________________________________________________________________
          TARGET GROUPS         |         AMBITI DI ATTIVITA'
________________________________|____________________________________
                            INFORMAZIONE
_____________________________________________________________________
=> nuovi arrivati               | * informazione-orientamento sulle
                                |   istituzioni italiane
________________________________|____________________________________
=> immigrati lungo residenti    | * informazione sulla carta di
                                |   soggiorno e sui diritti-doveri di
                                |   cittadinanza
________________________________|____________________________________
=> nazionali                    | * informazione su immigrazione e
                                |   altre culture
________________________________|____________________________________
=> tutti (immigrati, operatori, | * campagna informativa nuova legge
   amministrazioni)             |   immigrazione
________________________________|____________________________________
                  RICOGNIZIONE MISURE INTEGRAZIONE
_____________________________________________________________________
=> tutti gli immigrati          | * ricognizione e valorizzazione
                                |   delle strutture di
                                |   rappresentanza/istituzione
                                |   consigli territoriali
                                | * istituzione dell'albo nazionale
                                |   delle associazioni
________________________________|____________________________________
=> ricercatori, istituti        | * ricognizione e valorizzazione di
   universitari, operatori/enti |   esperienze di integrazione
   locali/commissione per       |   realizzate a livello locale
   l'integrazione               | * ricerche e osservatori sul
                                |   razzismo e misure per combatterlo
                                | * sensibilizzazione
                                |   sull'applicazione delle norme
                                |   antidiscriminazione previste
                                |   dalle legge
________________________________|____________________________________
                         POLITICHE SOCIALI
_____________________________________________________________________
=> tutti gli immigrati          | * alloggi sociali e centri
                                |   accoglienza
                                | * alloggio per minori (sotto i tre
                                |   anni) e madri sole
                                | * luoghi di incontro
________________________________|____________________________________
=> minori                       | * lingua italiana
                                | * doposcuola-attivita' sportive
                                | * affidamento di quartiere
________________________________|____________________________________
=> donne                        | * consulenza per normativa sul
                                |   lavoro domestico
                                | * consulenza legale per le vittime
                                |   di molestie sessuali
                                | * formazione sul diritto di
                                |   famiglia
                                | * mediatori culturali nei
                                |   consultori
________________________________|____________________________________
=> tutti gli immigrati          | * lingua italiana
                                | * formazione sul funzionamento
                                |   delle istituzioni e sulla cultura
                                |   italiana
________________________________|____________________________________
=> soggetti svantaggiati        | * assistenza malati lungo degenti
                                | * assistenza detenuti/gratuito
                                |   patrocinio
                                | * misure di protezione per le donne
                                |   vittime di tratta
________________________________|____________________________________
=> amministrazioni e operatori  | * coordinamento per la
   pubblici                     |   semplificazione delle procedure e
                                |   la riduzione dei documenti
                                | * linee guida sulle politiche di
                                |   integrazione a livello locale
________________________________|____________________________________
ALLEGATO:  Il  quadro  demografico italiano e la pressione migratoria
nella regione euro-africana (2)
Le prospettive demografiche per la  popolazione  in  eta'  lavorativa
nelle grandi ripartizioni italiane
  Una  evoluzione  demografica  del tutto nuova e importante si avra'
nei prossimi anni in Italia. Per la prima volta in  epoca  moderna  e
contemporanea diminuira' la popolazione in eta' lavorativa, quella in
eta'  compresa  fra  i  20  e  i  59 anni. Nel complesso del Paese la
diminuzione potrebbe risultare pari a 3 milioni e mezzo  di  persone,
frutto  di un calo di circa 3 milioni e 800 mila nel Centro-Nord e di
un aumento di sole 300 mila persone circa nel Mezzogiorno (tab. 1).
  Particolarmente importante e  significativo  e'  l'andamento  della
popolazione  in  eta' da 20 a 39 anni, perche' riguarda la parte piu'
dinamica delle forze di lavoro e quella che teoricamente sul  mercato
del  lavoro  e'  piu'  esposta  alla  possibile  "concorrenza"  degli
immigrati stranieri, sempre che di concorrenza si possa parlare.  Nel
Centro-Nord  la  diminuzione  attesa  fra  il 1997 e i 2017 e' di 4,8
milioni ad un tasso medio annuo eccezionalmente elevato, pari al  2,8
per  cento.  E'  l'effetto  di  un  calo  delle  nascite  anticipato,
prolungato  e  intenso,   di   una   fecondita'   che   si   mantiene
straordinariamente  bassa,  intorno  a  1  figlio per donna, ormai da
decenni. Anche nel Mezzogiorno ci si aspetta una diminuzione, di  1,2
milioni,  a  un tasso dell'1,0 per cento all'anno, diminuzione minore
perche' l'intenso calo delle nascite e' stato ritardato  rispetto  al
Centro-Nord.  La  diminuzione  attesa per il totale della popolazione
residente italiana di questa fascia  d'eta'  -  compresi  quindi  gli
stranieri  gia'  presenti  in  Italia,  ma  in  assenza  di ulteriore
immigrazione - e' pari a oltre 6 milioni.
  Le tendenze demografiche della popolazione piu' giovane o  in  eta'
lavorativa - del tutto attendibili facendo esse riferimento a persone
gia' tutte nate - potranno contribuire:
a)  al  riassorbimento  -  tenendo conto, naturalmente, della diversa
   situazione di molte aree  del  mezzogiorno  rispetto  al  contesto
   nazionale  -  della  disoccupazione  giovanile, effetto questo che
   dovrebbe essere assai sensibile nel  nostro  Paese  dove  il  calo
   della  popolazione giovane in eta' lavorativa e' molto intenso, ma
   peraltro atteso anche nel resto dell'Unione europea, come  mettono
   in luce studi ad hoc commissionati dalla Commissione di Bruxelles;
b)  alla  creazione  nel  mercato  del  lavoro di possibili squilibri
   quantitativi, anche forti, fra domanda e offerta.  Tali  squilibri
   si  affiancheranno  per  la prima volta agli squilibri qualitativi
   ormai largamente presenti gia' da molti anni nel Paese e  ai  pali
   in  buona  misura si devono i consistenti flussi immigratori degli
   ultimi anni.
   L'immigrazione dall'estero potrebbe cosi' aumentare per soddisfare
   una domanda di lavoro che potrebbe essere fortemente  squilibrata,
   quantitativamente   oltre   che  qualitativamente,  rispetto  alla
   offerta  e  che  in  ogni  caso  non  sembra  essere   del   tutto
   riequilibrabile attraverso migrazioni interne sud-nord;
c)   ad   un   intenso   incremento   della   offerta   di  lavoro  e
   dell'occupazione femminile, che ancora oggi si trovano  a  livelli
   molto  bassi  rispetto  ad altri Paesi europei e presentano larghi
   squilibri territoriali (per la classe di eta' 25-34 anni  i  tassi
   di  attivita'  del 1997 nel Centro-Nord sono pari a 89,4 per cento
   per i maschi e 71,8 per le femmine; nel Mezzogiorno pari a 81,9  e
   42,8  rispettivamente).  Se  questo dovesse accadere, allora anche
   per  questa  via  la  domanda  di  lavoratori  stranieri  potrebbe
   aumentare.  C'e'  infatti da considerare che il lavoro domestico e
   di cura,  tradizionalmente  affidato  alle  donne,  e'  una  delle
   attivita' lavorative piu' frequenti per gli immigrati stranieri in
   Italia  e  che proprio la loro presenza, di diritto o di fatto, ha
   consentito il sempre maggiore inserimento della donna nei processi
   produttivi.
          __________
          (2) La presente nota e' stata redatta  da  Antonio  Golini,
              professore  di Demografia all'Universita' "La Sapienza"
              di Roma.  Il  paragrafo  3  e'  stato  predisposto  con
              Alessandro   De   Simoni,   professore   di  Demografia
              all'Universita' di Cassino.
Tabella 1 - Popolazione in eta' da 20 a 59 anni e da 20 a 39 anni per
                       ripartizione, 1997-2017
                        (migliaia di persone)
_____________________________________________________________________
Ripartizione          Popolazione al          Variazione        Tasso
                      1997      2017          assoluta %          %
                                                                medio
                                                                annuo
_____________________________________________________________________
                          20-59 anni
Centro-Nord           21 077  17 294        -3 738  -18,0        -1,0
Mezzogiorno           11 454  11 742         + 288  + 2,5        +0,1
Italia                32 532  29 035        -3 497  -10,7        -0,6
di cui 20-39 anni
Centro-Nord           11 198   6 381        -4 817  -43,0        -2,8
Mezzogiorno            6 560   5 337        -1 223  -18,6        -1,0
Italia                17 757  11 720        -6 037  -34,0        -2,1
_____________________________________________________________________
          N.B. - Proiezioni della popolazione residenze italiana al 1
          gennaio  1997,  compresi  quindi  gli  stranieri   presenti
          legalmente sul territorio ed esclusi nuovi flussi migratori
Fonte:  Golini  A. e De Simoni A., Tre scenari per il futuro sviluppo
della popolazione delle regioni italiane al 2047, in corso di stampa
  L'immigrazione finora ha dimostrato di essere del tutto conveniente
per il nostro Paese dal punto di vista economico. Ha coperto segmenti
importanti del mercato del lavoro lasciati scoperti dalla  manodopera
italiana,  rivitalizzando  importanti  settori  economico-produttivi:
dalla pesca, all'agricoltura, alla  pastorizia,  all'industria  delle
costruzioni,  all'industria  manifatturiera; oltre, come si e' detto,
al lavoro di assistenza a  domicilio,  all'industria  manifatturiera;
oltre,  come  si  e'  detto,  al  lavoro  di  assistenza a domicilio,
particolarmente   utile   per   gli   anziani   piu'   o   meno   non
autosufficienti,  il  che,  fra  l'altro,  ha  consentito  importanti
economie per il sistema sanitario nazionale  (per  esempio  riducendo
drasticamente  l'assistenza  domiciliare  integrata  o il ricovero in
ospedale). Ha contribuito, per di piu', al mantenimento o anche  alla
creazione  di posti di lavoro per gli italiani, a monte e a valle dei
settori  rivitalizzati. Nel caso dell'industria della pesca, per fare
solo un esempio, la sua rivitalizzazione ha trascinato con se' da  un
lato,  a  monte, una rivitalizzazione dell'industria cantieristica di
costruzione e manutenzione dei pescherecci e dall'altro, a valle, del
commercio  del  pesce  nei  luoghi  di  origine  e  nei   luoghi   di
destinazione   del   prodotto.  Nel  prossimo  futuro  l'immigrazione
straniera dovrebbe risultare ancora piu' conveniente per effetto  dei
ricordati possibili squilibri quantitativi del mercato del lavoro. In
queste  condizioni  i  nuovi flussi migratori andrebbero programmati,
nell'ambito delle quote, in modo tale da assicurare  una  sufficiente
flessibilita' per quanto riguarda l'inserimento nel mondo del lavoro.
La pressione migratoria nella regione euro-africana
  Le  migrazioni  volontarie  di  natura  economica  sono  largamente
determinate dalla pressione demografica differenziale che esiste  fra
i  possibili  Paesi  di  origine  e quelli possibili di destinazione.
Tanto maggiore e'  lo  squilibrio  fra  la  crescita  demografica  ed
economica  di  Paesi  diversi - cioe' fra l'aumento, o addirittura la
diminuzione, del reddito pro-capite in un possibile Paese d'origine e
l'aumento in uno possibile di destinazione - e tanto maggiori sono  i
differenziali  nel tenore di vita e nei salari fra i due Paesi, tanto
maggiore sara' la pressione migratoria che si  verra'  a  creare.  La
pressione  cosi'  intesa  definisce il contesto generale nel quale si
trova, nel Paese d'origine, la singola persona che e' poi quella  che
deve  prendere  dapprima  coscienza  della  sua condizione, attuale e
sperata, nel luogo d'origine e  in  secondo  luogo  la  decisione  di
emigrare, sempre che vi sia la possibilita', giuridica o di fatto, di
lasciar  il  Paese  di  origine  e  quella,  giuridica o di fatto, di
entrare nel Paese di destinazione.
  Queste considerazioni valgono tanto piu' quanto piu'  un  Paese  e'
"esposto"  nelle  sue frontiere. Con l'entrata in vigore dell'accordo
di Schengen, con il previsto allargamento dell'Unione europea a  Est,
con  una  possibile  forte  crescita  economica e il previsto declino
demografico dei Paesi di transizione, il vero Paese di frontiera  per
le  migrazioni dell'Unione europea non e' piu' la Germania, che lo e'
stato per lungo tempo, ma l'Italia. Il "muro" e' ormai costituito dal
Mediterraneo, che si ritrova a separare  Paesi  a  elevato  benessere
economico  e  con  regimi  democratici da Paesi con forme piu' o meno
grafi e diffuse di malessere economico e in alcuni casi  con  carenza
di democrazia.
  Se  si  riguardano  le  tendenze demografiche generali - o, piu' in
particolare, quelle della popolazione giovane in eta' lavorativa,  di
20-39  anni che sono le eta' di gran lunga piu' esposte al rischio di
emigrazione - delle regioni del mondo che piu' direttamente gravitano
sull'Unione europea e sull'Italia (tabella 2), ci si  deve  attendere
un  non  trascurabile  aumento della pressione migratoria e da qui un
proseguimento dei flussi di immigrazione negli anni a venire.
  Si   attira   l'attenzione   su   alcune   tendenze    demografiche
particolarmente   significative   dei   prossimi  due  decenni  della
popolazione in eta' lavorativa piu' giovane:
a) l'Italia avra', lo si e' gia' visto, un  calo  davvero  sensibile,
   con  un  tasso  medio  annuo  -  -2,2 per cento - molto forte. Una
   tendenza simile si avra' per l'Unione europea nel  suo  complesso,
   sia  pure  con  intensita'  minore,  e per un buon numero di paesi
   centro-meridionali, con particolare riferimento a Spagna (-2,1 per
   cento) e Germania (- 1,1 per cento);
b)  anche in Europa orientale si registrera' un calo non trascurabile
   della popolazione giovani in eta' lavorativa  (-11  per  cento  di
   variazione   totale).  Se  gli  investimenti  stranieri  dovessero
   mantenersi alti e le condizioni  economiche  dovessero  migliorare
   velocemente,  i  Paesi  di  tale  area  potrebbero  non  solo  non
   alimentare una forte emigrazione verso  l'Occidente,  ma  finanche
   trovarsi di fronte a carenza di forza lavoro;
c)  Medio  Oriente  e  Nord Africa per la giovane popolazione in eta'
   lavorativa, vedranno rallentare vistosamente il ritmo di  crescita
   che le ha caratterizzate nei passati 20 anni: da tassi del 3,0-3,3
   per cento all'anno passeranno a tassi dell'1,8-1,9. Ma la crescita
   in termini assoluti restera' la stessa; i Paesi di queste due aree
   hanno  avuta  una  crescita  di  52 milioni di giovani nei 20 anni
   passati e ne avranno una di 50 milioni nei prossimi 20 anni;
d) l'Africa sub-sahariana (Africa orientale e occidentale nella  tab.
   2)  continuera'  a registrare una crescita eccezionalmente rapida:
   tassi del 2,9-3,2 si sono avuti negli ultimi 20 anni e  tassi  del
   3,2  per  centro  si  avranno  nei  prossimi  20.  Ma l'incremento
   assoluto di  popolazione  in  giovane  eta'  lavorativa  quasi  si
   raddoppia,  essendo  stato  di 61 milioni nell'ultimo ventennio ed
   essendo di 119 milioni nel prossimo.
Tabella 2 - Popolazione in eta' da 20 a 39 anni e sue variazioni
per l'Italia e alcune grandi aree geografiche, 1980-2000 e 2000-2020
(migliaia di persone)
_____________________________________________________________________
Aree                       Popolazione         Variazione assoluta
                             al 2000           1980-00     2000-20
_____________________________________________________________________
Italia                        17 504           + 2 149     - 6 373
Europa orientale (a)          88 448           + 1 021     - 9 582
Asia occidentale (b)          58 406           +27 615     +25 528
Africa settentr. (c)          54 616           +24 249     +24 993
Africa orientale (d)          70 474           +32 580     +61 816
Africa occident. (e)          65 420           +28 837     +57 328
_____________________________________________________________________
(segue tabella)
_____________________________________________________________________
Aree                    Variazione percentuale    Tasso % medio annuo
                          1980-00   2000-20       1980-00     2020-20
_____________________________________________________________________
Italia                     +14,0     -36,4         + 0,7       - 2,2
Europa orientale (a)       + 1,2     +10,8         + 0,1       - 0,6
Asia occidentale (b)       +89,7     +43,7         + 3,3       + 1,8
Africa settentr. (c)       +79,9     +45,8         + 3,0       + 1,9
Africa orientale (d)       +86,0     +87,7         + 3,2       + 3,2
Africa occident. (e)       +78,8     +87,6         + 2,9       + 3,2
_____________________________________________________________________
          N.B. - Le definizioni delle regioni  sono  quelle  adottate
          dall'Onu e comprendono:
          (a)  -  Bielorussia,  Bulgaria, Federazione Russa, Polonia,
                Repubblica  Ceca,  Repubblica  di  Moldova,  Romania,
                Ungheria, Slovacchia, Ucraina.
          (b)  -  Armenia,  Azerbaijan,  Bahrain,  Cipro, Gaza Strip,
                Georgia, Iraq, Israele,  Giordania,  Kuwait,  Libano,
                Oman,  Qatar,  Arabia  Saudita, Syrian Arab Republic,
                Turchia, Emirati Arabi Uniti, Yemen.
          (c) - Algeria,  Egitto,  Libyan  Arab  Jamahiria,  Marocco,
                Sudan, Tunisia, Western Sahara.
          (d)  - Burundi, Comoros, Djibouti, Eritrea, Etiopia, Kenya,
                Madagascar, Malawi,  Mauritius,  Mozambico,  Reunion,
                Ruanda, Seychelles, Somalia, Uganda, Repubblica Unita
                di Tanzania, Zambia, Zimbawe.
          (e)  -  Benin,  Burkina  Faso,  Capo Verde, Costa d'Avorio,
                Gambia, Ghana, Guinea, Guinea-Bissau, Liberia,  Mali,
                Mauritania,  Niger,  Nigeria,  St.   Helena, Senegal,
                Sierra Leone, Togo.
Le proiezioni per il periodo  2000-2020  si  rifanno  alla  "variante
media"  che tiene conto di saldi migratori assai modesti o nulli fino
al  2000-05.  Le  proiezioni,  dal  momento  che  si  riferiscono   a
popolazione  gia' tutta nata (o quasi), sono largamente attendibili a
meno di eventi tragici di vastissima portata. Fonte: elaborazioni  su
dati  Onu,  The sex and age distribution of the World population. The
1996 revision, New York, 1997
  Sembrano non esserci dubbi che almeno negli ultimi anni  di  questo
secolo e nei primi decenni del prossimo i differenziali di variazione
demografica  fra  Italia e Unione europea da un lato e i Paesi in via
di sviluppo (che piu' direttamente gravano  su  di  esse)  dall'altro
saranno  fra i piu' alti mai registrati nella storia. Se poi si tiene
conto  anche  di  aspetti  socio-economici  allora  i   differenziali
diventano   fortissimi   e   lasciano  intendere  come  la  pressione
migratoria potrebbe crescere intensamente nei prossimi decenni (nella
tabella 3 compaiono alcuni  indicatori  relativi  a  Italia,  Egitto,
preso  come  esempio  dei Paesi nord-africani, ed Etiopia, presa come
esempio dei Paesi dell'Africa sub-sahariana).
  Infatti, in presenza di tali differenziali demografici, soltanto la
riduzione dei differenziali economico-sociali tra Paesi di origine  e
di  destinazione  dovrebbe consentire in futuro il contenimento delle
correnti migratorie di massa. Attualmente la differenza  nel  reddito
medio  pro-capite  tra  l'Italia  e  i  due Paesi africani presi come
esempio rappresenta  una  chiara  evidenza  dell'enorme  divario  nel
livello  di  vita  che  e'  particolarmente basso in Etiopia, dove si
stima che un terzo della popolazione viva con meno di  1  dollaro  al
giorno.  Permane  in  questi due Paesi africani un sistema produttivo
caratterizzato dalla  presenza  di  un  ampio  settore  primario  che
assorbe  nel caso dell'Egitto il 41 e in quello dell'Etiopia l'80 per
cento degli occupati, producendo rispettivamente circa il 20 e  quasi
il 60 per cento del Pil.
Tabella  3  -  Indicatori  di  sviluppo  economico e sociale. Italia,
            Egitto ed Etiopia, anni '90
_____________________________________________________________________
Variabili               Riferimento     Italia     Egitto     Etiopia
                         temporale
_____________________________________________________________________
* Reddito pro-capite       1995         19 020        790        100
  (in dollari)
* Reddito pro-capite       1995         19 870      3 820        450
  a parita' di potere
  d'acquisto
  (in dollari)
* % di popolazione        1981-95            0          8         34
  con meno di 1
  dollaro al giorno
_____________________________________________________________________
* % del PNL derivante      1995              3         20         57
  dall'agricoltura
* % addetti                1990              9         41         80
  all'agricoltura
_____________________________________________________________________
* % di analfabeti          1995             <5         49         65
* Telefoni ogni            1995            434         46          2
  1000 abitanti
_____________________________________________________________________
Fonti: World Bank Atlas, 1997, World Development Report, 1997
  In  presenza  di  un  settore  primario  tanto  largo  e importante
l'ammodernamento dell'agricoltura, pure necessario, potrebbe  portare
a  consistenti  espulsioni  di  manodopera dal settore e quindi a una
offerta di lavoro addizionale rispetto a quella gia' cosi'  forte  di
origine demografica.
  In  una  speculazione  sul possibile futuro migratorio pare esserci
ogni evidenza che i flussi Sud-Nord, in  particolare  quelli  diretti
verso  la  Ue e l'Italia continueranno. Questa conclusione si basa su
quattro considerazioni principali:
a) alla luce degli andamenti passati sembra esservi la impossibilita'
   per i Paesi del Sud di creare tanti  posti  di  lavoro  quanto  ne
   richiederebbe  l'attesa crescita di popolazione in eta' lavorativa
   e, quindi, di forze di lavoro;
b) gli squilibri quantitativi, qualitativi e territoriali nei mercati
   di lavoro italiano (ed europeo) dovrebbero persistere per  decenni
   a  venire,  anche  perche' le leve sempre piu' ridotte di giovani,
   con  crescente   livello   di   istruzione   e   sostenuti   dalla
   collettivita' e/o famiglie continueranno a rifiutare i lavori poco
   graditi  o  poca  pagati o che comportano spostamenti territoriali
   ritenuti non accettabili;
c) si puo' immaginare che l'innalzamento del tasso  di  scolarita'  e
   del grado di istruzione, in particolare fra le donne, nei Paesi di
   origine  possa  generare  maggiori  aspettative  di  realizzazione
   personale  che  potrebbero  tradursi  in   una   maggiore   spinta
   all'emigrazione;
d)  la  ulteriore,  crescente,  fortissima urbanizzazione del Sud del
   mondo (ad esempio, fra il 1995 e il 2015 fonti Onu valutano che Il
   Cairo passerebbe da 9,7 a 14,4 milioni; Addis Abeba da 2,4  a  6,6
   milioni)  potrebbe  portare a un peggioramento delle condizioni di
   vita delle popolazioni urbane,  le  piu'  esposte  all'emigrazione
   verso l'estero.
  Ci  si puo' quindi ragionevolmente aspettare che i) nel breve-medio
periodo di 5-10 anni continui in Italia l'immigrazione dagli  attuali
Paesi  di origine, con particolare riferimento all'area mediterranea;
ii) nel secondo decennio del prossimo secolo, superata la  soglia  di
sviluppo  minimo  al  di  sotto  della quale non si prende nemmeno in
considerazione l'emigrazione come scelta di sopravvivenza, cresca  la
pressione  migratoria  da  parte  delle  popolazioni dell'Africa sub-
sahariana.
  In queste condizioni, con  pressione  migratoria  crescente  e  con
flussi  migratori  continui  e non facilmente contenibili, risulta di
gran lunga piu' opportuno gestire il fenomeno  dell'immigrazione  che
non  subirla.  Gestire  il  fenomeno non solo, come prevede la legge,
stabilendo delle quote, ma anche regolando al meglio tutto il mercato
del  lavoro  italiano,  con   particolare   riferimento   al   lavoro
stagionale,  dal  momento che l'economia sommersa e il diffuso lavoro
nero spingono piu' che mai i datori di lavoro a valersi di  immigrati
irregolari,  che  sono  i lavoratori piu' flessibili e piu' economici
presenti sul mercato, e spingono i potenziali emigranti dei Paesi  di
origine   a   tentare   l'avventura   dell'arrivo  e  della  presenza
irregolare.
Scenari  di  sviluppo  demografico  della  popolazione  straniera  in
Italia.
  Se  si  deve  quindi  immaginare  - per motivi di convenienza e per
motivi di necessita', oltre  che  per  effetto  dei  ricongiungimenti
familiari - il persistere di flussi migratori diretti verso l'Italia,
si  deve  allora  valutare  quanto  larga  possa  essere  la quota di
immigrati da immettere ogni anno nel Paese.
  Al 1 gennaio 1997 si puo' stimare da un  lato  che  la  popolazione
straniera  presente  regolarmente  nel  Paese  fosse  pari  a circa 1
milione e 86 mila persone, delle  quali  986  mila  con  permesso  di
soggiorno  e  circa  100  mila  minori  non in possesso di un proprio
autonomo permesso di soggiorno. Se poi si considera il valore massimo
(295  mila)  della  stima  degli  immigrati  irregolari  recentemente
effettuata  per conto del Ministero dell'Interno, allora d'altro lato
il totale degli immigrati comunque presenti nel Paese assommerebbe  a
circa  1  milione  e  381  mila  persone. Si puo' quindi ritenere che
dall'inizio degli anni '80 ad oggi, si  sia  venuta  accumulando  una
popolazione  straniera  a  un  ritmo  di  circa  50-65 mila immigrati
l'anno,  popolazione  che  a  sua  volta  ha  avuto  un  suo  proprio
incremento naturale, arrivando cosi' alla dimensione attuale.
  Alla  luce della esperienza passata e degli attesi futuri squilibri
demografici ed economici fra i possibili Paesi d'origine e  l'Italia,
si  puo'  ritenere  ragionevole per i prossimi anni una forchetta che
abbia come minimo un flusso di 50 mila immigrati netti l'anno e  come
massimo un flusso di 80 mila.
  Nella  presente  situazione  di  stock  di immigrati (1 milione 381
mila, che qui viene considerata ipotesi A alta, o 1 milione 86  mila,
ipotesi  B  bassa) e di prospettiva di flussi (a regime, flusso di 80
mila immigrati l'anno, ipotesi A alta, o 50 mila,  ipotesi  B  bassa)
puo'  diventare  allora  utile effettuare un esercizio per valutare a
quanto potrebbe ammontare,  a  distanza  di  10  e  di  20  anni,  la
popolazione straniera in Italia.
  In base a queste ipotesi l'ammontare della popolazione straniera al
2007 potrebbe ammontare a una cifra compresa fra 1,9 e 2,5 milioni di
persone,  con una percentuale sul totale della popolazione oscillante
fra 3,2 e 4,2. Al 2017 invece l'ammontare  potrebbe  ascendere  a  un
valore compreso fra 2,6 e 3,5 milioni di persone, con una percentuale
sul  totale  oscillante  fra  4,5  e 6,2 (tabella 4). Alla luce delle
esperienze di altri Paesi europei si tratterebbe  di  dimensioni  del
tutto  accettabili,  considerando  che  gia'  al  1995 in Francia gli
stranieri costituivano il 6,3 per cento del totale della  popolazione
e  in  Germania  l'8,8.  Il processo di integrazione riguarderebbe in
Italia una proporzione  assai  piu'  ridotta  di  immigrati,  il  che
significa,  fra  l'altro,  avere molto maggior tempo e molta maggiore
gradualita' nello stabilire una coesistenza corretta e fruttuosa  fra
popolazione autoctona e popolazione immigrata.
Tabella  4  -  Proiezioni  del  futuro  ammontare  della  popolazione
straniera in Italia, in base alle ipotesi, Alta o Bassa, di  stock  e
di flusso, 2007 e 2017
(in  corsivo la percentuale di popolazione straniera sul totale della
popolazione complessiva)
_____________________________________________________________________
                      Ammontare al 2007         Ammontare al 2017
Stock iniziale          Flussi futuri             Flussi futuri
 1 gen. 1997         A-80 mila  B-50mila       A-80 mila  B-50 mila
_____________________________________________________________________
A- 1.381               2.456      2.293          3.535      3.011
     2,4                 4,2        4,0            6,2        5,3
B- 1.086               2.025      1.861          3.078      2.554
     1,9                 3,5        3,2            5,4        4,5
_____________________________________________________________________
Fonte: Golini A. e De Simoni A., Tre scenari per il  futuro  sviluppo
della popolazione delle regioni italiane al 2047, in corso di stampa
  Certamente importante, ai fini del processo di integrazione risulta
essere  la  struttura  per  eta'  della  popolazione immigrata. Se si
prende come riferimento la sola  ipotesi  "AA"  (piu'  elevato  stock
iniziale  e  piu'  intenso  flusso  immigratorio),  che negli scenari
disegnati e' quella che fornisce il valore massimo,  allora  si  nota
(tabella 5):
a)  che  gli  immigrati  con  meno  di  20  anni  dovrebbero piu' che
   raddoppiare nel giro dei primi 10 anni, da 214 mila  a  487  mila,
   mentre  in  seguito  il  ritmo  di  crescita  dovrebbe essere meno
   intenso.  I problemi piu' importanti per il sistema scolastico  si
   avrebbero quindi nel primo decennio;
b)  che gli immigrati in eta' lavorativa, da 20 a 59 anni, dovrebbero
   incrementarsi di gran lunga piu'  velocemente  per  la  componente
   40-59  anni  che  non  per  quella  20-39;  questo soprattutto per
   l'effetto   della   struttura   dello   stock    esistente,    che
   sopravanzerebbe  l'effetto  dell'arrivo  di  nuovi flussi. In ogni
   caso quindi i flussi sarebbero in grado di compensare  solo  assai
   parzialmente  il  forte  calo  della  popolazione italiana in eta'
   20-39 anni, a meno che non si  abbiano  flussi  straordinariamente
   intensi;
c)  che  piccolo  in  cifra  assoluta, ma intensissimo come velocita'
   (tasso medio annuo di accrescimento pari all'11 per cento) sarebbe
   l'aumento della popolazione immigrata con 60 anni e  piu'  fra  il
   1997   e   il   2017.   Questo   a   ulteriore  dimostrazione  che
   l'immigrazione straniera - pur necessaria e conveniente - non puo'
   risolvere ne' il problema  dell'invecchiamento  della  popolazione
   italiana,  ne'  contribuire sensibilmente a mitigare gli squilibri
   previsti per il sistema pensionistico.
Tabella  5  - Proiezioni per l'Italia della popolazione per classi di
            eta' e cittadinanza al 1 gennaio degli anni indicati
                    (valori assoluti in migliaia)
Ipotesi AA
_____________________________________________________________________
                   Popolazione          Variazioni        Tassi %
                                                        medi annui
              1997    2007    2017   1997-07  2007-17 1997-07 2007-17
_____________________________________________________________________
0-19 anni
Italiani     11.666  10.314   8.812   -1.352  -1.502   - 1,2   - 1,6
Stranieri       214     487     739      273     252     8,2     4,2
Totale       11.880  10.801   9.551   -1.250  -1.250   - 1,0   - 1,2
% stranieri     1,8     4,5     7,7
20-39 anni
Italiani     17.200  14.823  11.567   -2.377  -3.256   - 1,5   - 2,5
Stranieri       780     985   1.106      205     121     2,3     1,2
Totale       17.980  15.808  12.673   -2.172  -3.135    -1,3   - 2,2
% stranieri     4,3     6,2     8,7
40-59 anni
Italiani     14.530  15.774  16.775    1.244   1.001     0,8     0,6
Stranieri       343     856   1.309      513     453     9,1     4,2
Totale       14.873  16.630  18.084    1.757   1.454     1,1     0,8
% stranieri     2,3     5,1     7,2
60 + anni
Italiani     13.080  14.907  16.495    1.827   1.588     1,3     1,0
Stranieri        43     129     381       86     252    11,0    10,8
Totale       13.123  15.036  16.876    1.913   1.840     1,4     1,2
% stranieri     0,3     0,9     2,3
Totale
Italiani     56.475  55.818  53.649   -  658  -2.169   - 0,1    - 0,4
Stranieri     1.381   2.457   3.535    1.077   1.078     5,8      3,6
Totale       57.856  58.275  57.184      419  -1.091     0,1    - 0.2
% stranieri     2,4     4,2     6,2
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Fonte: Golini A. e De Simoni A., Tre scenari per il  futuro  sviluppo
della popolazione delle regioni italiane al 2047, in corso di stampa