(all. 1 - art. 1)
                                                             ALLEGATO
                    Al Presidente della Repubblica
  Nel comune  di Caccamo (Palermo)  il sindaco e' stato  eletto nelle
consultazioni amministrative del 14  maggio 1995, mentre il consiglio
comunale e'  stato rinnovato  nella tornata del  30 novembre  1997, a
conclusione di  un periodo  di gestione commissariale  conseguente al
provvedimento di decadenza, adottato con decreto del Presidente della
regione siciliana  del 1  luglio 1997  per le  intervenute dimissioni
della maggioranza dei consiglieri.
  In  data 30  ottobre  1998,  il sindaco  ha  rassegnato le  proprie
dimissioni  dalla  carica,  che  hanno  comportato,  ai  sensi  della
normativa regionale, la decadenza  della giunta. Pertanto, sempre con
decreto del presidente  della regione siciliana del  16 novembre 1998
e' stato  nominato un  commissario con le  attribuzioni di  sindaco e
giunta, sino alla prima tornata elettorale utile.
  L'area geografica in cui  e' collocato territorialmente il predetto
ente si caratterizza per una  massiccia presenza di organizzazioni di
stampo mafioso che, con il vincolo dell'intimidazione e dell'omerta',
hanno  trovato i  canali  per il  perseguimento  dei propri  illeciti
disegni  criminosi all'interno  della gestione  della cosa  pubblica.
Tanto che  gia' con decreto  del Presidente della  Repubblica dell'11
marzo  1993 si  era reso  necessario disporre  lo scioglimento  degli
organi elettivi del  comune di Caccamo, al tempo in  carica, ai sensi
del   decreto-legge  31   maggio  1991,   n.  164,   convertito,  con
modificazioni, dalla  legge 22 luglio  1991, n. 221, e  la successiva
proroga  della  gestione  straordinaria,  adottata  con  decreto  del
Presidente della Repubblica del 29 settembre 1994.
  Le persistenti  interferenze della malavita locale,  rese tangibili
da  alcuni  piu'  recenti  episodi criminosi  a  scopo  intimidatorio
verificatisi in quella  zona, hanno indotto il prefetto  di Palermo a
disporre l'accesso  presso l'ente  in parola,  ai sensi  dell'art. 1,
comma 4, del  decreto-legge 6 settembre 1982, n.    629,  convertito,
con  modificazioni,    dalla  legge    12 ottobre   1982, n.   726, e
successive modificazioni e integrazioni.
  Dall'esito  degli accertamenti  svolti e'  emerso che  il consiglio
comunale di Caccamo presenta forme  di condizionamento da parte della
criminalita' organizzata, che  compromettono la libera determinazione
e   l'imparzialita'  degli   organi  elettivi,   il  buon   andamento
dell'amministrazione  ed  il  funzionamento dei  servizi,  con  grave
pregiudizio per lo stato dell'ordine e della sicurezza pubblica.
  Il  notevole  livello  di  compromissione  degli  organi  elettivi,
conseguente   alla    permeabilita'   alle   infiltrazioni    ed   al
condizionamento  della malavita  locale,  nonche'  l'uso distorto  da
parte  di  alcuni amministratori  e  dipendenti  comunali della  cosa
pubblica, hanno  caratterizzato il perseguimento di  fini contrari al
pubblico  interesse  e   favorito  illecitamente  soggetti  collegati
direttamente o indirettamente con la criminalita' organizzata.
  Come  ampiamente esposto  nella relazione  commissariale conclusiva
dell'accesso,  cui  si  rinvia  integralmente,  le  connivenze  e  le
cointeressenze  pregiudizievoli  per   i  legittimi  interessi  della
comunita'  locale conseguono  all'intensa rete  di frequentazioni  ed
alle  molteplici   relazioni,  che  variano  dal   semplice  rapporto
interpersonale  al rapporto  di parentela  tra alcuni  componenti del
consiglio, della  giunta nonche'  tra alcuni dipendenti  comunali con
esponenti dei locali clan criminali.
  Ad avvalorare la situazione  sopradescritta soccorre la circostanza
che  parte degli  amministratori eletti  erano componenti  del civico
consesso di Caccamo, sciolto per infiltrazioni mafiose nel 1993.
  Inoltre,  e' stato  diffusamente riscontrato  nella popolazione  un
clima  di  paura  e  di  timore  reverenziale  che  induce  a  subire
l'influenza e la volonta' della malavita organizzata.
  Le numerose vicende penali che  hanno coinvolto amministratori e in
particolar  modo dipendenti  comunali  hanno messo  in  luce come  la
criminalita'  non   solo  condiziona   dall'esterno  l'ente,   ma  e'
fortemente presente  all'interno di esso. Emblematica  al riguardo e'
la  circostanza che  all'atto di  scarcerazione di  alcuni dipendenti
comunali,  accusati  di  non  lievi reati,  i  medesimi  siano  stati
reintegrati nei  propri posti, in  settori strategici per  le logiche
affaristiche.
  La  tutela  degli  interessi pubblici  avrebbe,  invece,  richiesto
quantomeno  lo  spostamento degli  interessati  in  settori privi  di
potere  decisionale in  merito alle  scelte burocratiche  e politiche
dell'ente.
  Ha suscitato notevoli tensioni e negative ripercussioni nel settore
della polizia  municipale il  conferimento, su  pressioni di  un boss
locale, di un incarico ad un vigile urbano, in evidente contrasto con
la qualifica rivestita.
  Ancora  una   volta  l'amministrazione  ha  dimostrato   di  essere
ampiamente permeata da logiche affaristiche, che non le consentono di
sottrarsi all'influenza  delle consorterie  mafiose, atteso  che sono
stati riprodotti schemi organizzativi  sui quali era gia' intervenuta
la  commissione  straordinaria  nominata   nel  1993  per  sanare  le
riscontrate illegalita'.
  Altro elemento  rivelatore del clima fortemente  condizionato dalla
malavita organizzata  si puo'  evincere dal comportamento  tenuto, in
occasione  dell'omicidio di  matrice mafiosa  di un  sindacalista, ex
consigliere, dalla  civica amministrazione, che solo  tardivamente e,
comunque, in maniera indotta, ha condannato il grave attentato.
  Il  punto di  convergenza  tra gli  interessi delle  organizzazioni
criminali   e  l'amministrazione   comunale  di   Caccamo  e'   stato
individuato  nella revisione  del  piano  regolatore generale,  nelle
procedure di  gare e  nella gestione di  appalti pubblici  affidati a
ditte i  cui amministratori o  sono coinvolti in  vicende giudiziarie
penali  o  risultano  direttamente   o  indirettamente  collegati  ad
associazioni malavitose.
  In ordine  all'iter formativo del piano  regolatore, va evidenziato
che  sia  la  lungaggine  dei  tempi  intercorsi  tra  l'incarico  ai
progettisti  e   l'adozione  dello  strumento  urbanistico,   sia  la
strumentale  situazione di  incompatibilita', dichiarata  da tutti  i
consiglieri  comunali,  ad  approvare  lo  schema  di  massima  della
variante generale  al predetto  piano, sottintendano  una preordinata
volonta' di non munire il territorio cittadino di un valido strumento
urbanistico,  allo scopo  di  conservare un  potere decisionale  che,
avulso da  precise regole  e comportamenti legalitari  e trasparenti,
consente di continuare una politica di favore.
  E', infatti, da rilevare che,  nonostante il nuovo piano regolatore
fosse in itinere, sono state rilasciate molte concessioni edilizie, i
cui  intestatari  sono  direttamente  o  indirettamente  legati  alla
malavita  organizzata che  in tale  modo e  da tempo  condizionano le
scelte del comune.
  Sintomatico  e' che  la documentazione  relativa alla  variante del
piano  regolatore e'  stata  sequestrata  dagli organi  investigativi
nell'ambito  delle indagini  di  polizia avviate  in conseguenza  del
citato delitto di stampo mafioso.
  Nel   settore   degli   appalti    di   opere   pubbliche   risulta
inequivocabilmente coinvolta  parte della struttura  burocratica, che
avrebbe posto in  essere gravi irregolarita' in occasione  di gare di
appalto per la realizzazione della  rete fognante e del parco urbano,
per favorire gli interessi economici di indiziati mafiosi.
  Le  allarmanti interferenze  della criminalita'  organizzata, ancor
piu'  insidiose in  quanto  manifestatesi anche  attraverso legami  e
connessioni trasversali, pongono in  pericolo lo stato generale della
sicurezza  pubblica ed  evidenziano, specie  in relazione  alle gravi
carenze   gestionali  del   comune,   la   lesione  degli   interessi
costituzionalmente garantiti della comunita' amministrata.
  Il  clima  di grave  condizionamento  e  degrado  in cui  versa  il
consiglio  comunale  di  Caccamo   (Palermo),  la  cui  capacita'  di
determinazione   risulta  assoggettata   alle  scelte   delle  locali
organizzazioni  criminali, la  palese inosservanza  del principio  di
legalita'  nella  gestione  dell'ente  e l'uso  distorto  della  cosa
pubblica,   utilizzata  per   il  perseguimento   di  fini   contrari
all'interesse  della collettivita',  hanno minato  ogni principio  di
salvaguardia  della  sicurezza  pubblica   e,  nel  compromettere  le
legittime  aspettative della  popolazione ad  essere garantita  nella
fruizione dei diritti fondamentali, hanno ingenerato diffusa sfiducia
nella legge e nelle istituzioni da parte dei cittadini.
  La  descritta condizione  esige un  intervento risolutore  da parte
dello Stato, finalizzato a rimuovere i legami tra esponenti dell'ente
locale e  la criminalita' organizzata,  a tutela dell'ordine  e della
sicurezza  pubblica  ed  a  garanzia dei  valori  costituzionali  che
risultano  in  larga  misura   compromessi  dal  diffuso  sistema  di
illegalita'.
  Per le  suesposte considerazioni si ritiene  necessario provvedere,
con   urgenza,  ad   eliminare  ogni   ulteriore  deterioramento   ed
inquinamento  della  vita  amministrativa  e  democratica  dell'ente,
mediante   provvedimenti   incisivi   dello   Stato   nei   confronti
dell'amministrazione comunale  di Caccamo, che  rispondano, altresi',
all'esigenza   di   evitare   il   riprodursi   di   una   situazione
politicoamministrativa collegata  al fenomeno criminale  in occasione
dell'imminente tornata  elettorale utile  per il  rinnovo dell'organo
monocratico.
  A tal fine  il prefetto di Palermo, ai sensi  dell'art. 1, comma 2,
del   decreto-legge  31   maggio  1991,   n.  164,   convertito,  con
modificazioni, dalla  legge 22 luglio  1991, n. 221, ha  dato l'avvio
alla procedura di scioglimento del  consiglio comunale di Caccamo con
relazione  del 14  gennaio  1999, che  si  intende qui  integralmente
richiamata.
  La  valutazione  della  situazione   in  concreto  riscontrata,  in
relazione  alla presenza  e all'estensione  dell'influenza criminale,
rende  necessario  che la  durata  della  gestione commissariale  sia
determinata in diciotto mesi.
  Ritenuto, per quanto esposto,  che ricorrano le condizioni indicate
nell'art. 1 del decreto-legge 31 maggio 1991, n. 164, convertito, con
modificazioni, dalla legge 22 luglio 1991, n. 221, che legittimano lo
scioglimento del consiglio comunale  di Caccamo (Palermo), si formula
rituale proposta per l'adozione della misura di rigore.
    Roma, 24 febbraio 1999
                            Il Ministro dell'interno: Russo Jervolino