(all. 1 - art. 1)
                  CODICE DI BUONA PRATICA AGRICOLA
                        ORIGINE E SIGNIFICATO
 
  La  Direttiva  CEE  91/676,  relativa  alla  protezione delle acque
dall'inquinamento  provocato  dai  nitrati   provenienti   da   fonti
agricole, stabilisce che gli Stati membri elaborino uno o piu' codici
di  buona  pratica  agricola (CBPA) da applicarsi a discrezione degli
agricoltori.
  La motivazione di fondo del CBPA, nonche' delle altre  prescrizioni
della  Direttiva  richiamata,  concerne la tutela della salute umana,
delle risorse  viventi  e  degli  ecosistemi  acquatici,  nonche'  la
salvaguardia di altri usi legittimi dell'acqua.
  Il  presente  documento  e'  un  CBPA  che prende in considerazione
esclusivamente i problemi dell'azoto in ottemperanza  alla  Direttiva
comunitaria.
  Il  CBPA  potra'  costituire  la  base per l'elaborazione di codici
mirati ad esigenze regionali o locali a discrezione delle  competenti
Amministrazioni,  potra'  inoltre  rappresentare  la  base  anche per
l'elaborazione di altri CBPA riguardanti  i  problemi  piu'  diversi,
come  per  esempio  il  fosforo,  i prodotti organici di sintesi o le
pratiche irrigue, dato che e' stato  formulato  con  un'articolazione
flessibile che ne consente un piu' facile adeguamento ad esigenze fu-
ture di varia natura.
  Nel  CBPA,  in  modo  complementare  rispetto  allo  spirito  della
Direttiva comunitaria, si  e'  voluto  tener  conto  specificatamente
anche   del  ruolo  positivo  che  l'agricoltura  puo'  svolgere  nei
confronti di altre fonti di inquinamento di natura extra-agricola.
  Per le aree designate  vulnerabili  ai  sensi  della  Direttiva  in
discorso,  in  quanto  connesse  con le acque superficiali e profonde
inquinate o potenzialmente inquinabili  dai  nitrati  provenienti  da
fonti  agricole, la Direttiva prevede la predisposizione di programmi
di azione obbligatori per gli  agricoltori,  che  verranno  elaborati
separatamente.
  Con  un approccio analogo a quello adottato per la Direttiva 91/676
la Comunita' Europea ha  affrontato  il  problema  della  prevenzione
dell'inquinamento dei corpi idrici causato dalle acque reflue urbane.
La  Direttiva  in materia, la 91/271 concernente il trattamento delle
acque reflue urbane, prevede che siano individuate  "aree  sensibili"
costituite  da  "sistemi idrici" in cui l'inquinamento sia causato da
scarichi fognari, nelle quali attuare interventi di risanamento.
  Appare evidente come gli interventi previsti  dalle  due  Direttive
debbano  essere  coordinati, al fine principalmente di indirizzare in
maniera  corretta  l'azione  di  prevenzione  e  risanamento,  con  i
relativi  oneri,  verso  le principali fonti di inquinamento presenti
sul territorio.
  Questo CBPA e' dedicato in  primo  luogo  ai  servizi  di  sviluppo
agricolo,  cioe' ai divulgatori agricoli sia di base - operanti nelle
strutture pubbliche ed in  quelle  autogestite  delle  Organizzazioni
professionali,  - che, in particolar modo, specializzate in pedologia
e conservazione del suolo nonche' gestione degli allevamenti.
  Altri diretti utilizzatori del CBPA potranno comunque senza  dubbio
ritrovarsi  tra  gli  agricoltori  e  gli  allevatori, e nel relativo
cospicuo indotto interessato ai problemi dell'inquinamento.
  Le   Regioni   potranno  curare,  come  suggerito  dalla  Direttiva
richiamata, la formulazione e la realizzazione di  programmi  per  la
formazione  e l'informazione degli agricoltori, al fine di promuovere
l'applicazione del CBPA.
  Per  concludere,  mentre,  come  sopra  affermato,   il   CBPA   e'
applicabile a discrezione degli agricoltori, si deve far presente che
le   attivita'   agricole   attuate   nelle  aree  riconosciute  come
vulnerabili  saranno  oggetto  di  misure  restrittive   obbligatorie
nell'ambito   di   programmi  di  azione  definiti  dalle  competenti
autorita'.
  Infine le pratiche piu' incisive definite in questo  CBPA,  la  cui
adozione   risultasse   particolarmente   onerosa   da   parte  degli
agricoltori, potranno essere  opportunamente  incentivate  attraverso
una  applicazione  mirata  della  opportunita'  offerta dai Programmi
Agroambientali  predisposti   dalle   Regioni   in   attuazione   del
Regolamento CEE N. 2078/92.
                       OBIETTIVI  DEL  CODICE
  Obiettivo  principale  del  presente  CBPA e' quello di contribuire
anche a livello generale a realizzare la maggior protezione di  tutte
le  acque dall'inquinamento da nitrati riducendo l'impatto ambientale
dell'atti-vita agricola attraverso  una  piu'  attenta  gestione  del
bilancio dell'azoto.
  L'applicazione del CBPA puo' inoltre contribuire a:
- realizzare modelli di agricoltura economicamente e ambientalmente
  sostenibili;
- proteggere indirettamente l'ambiente dalle fonti di azoto combinato
anche di origine extra-agricola.
  Il CBPA si basa su criteri di flessibilita' sia nel tempo che nello
spazio per tener conto di:
- variabilita' delle condizioni agro-pedologiche e climatiche
  italiane;
- nuove conoscenze nel comparto ambientale;
- miglioramenti nel settore genetico;
- miglioramento nelle tecniche colturali;
- nuovi prodotti per la fertilizzazione e la difesa delle piante;
- miglioramenti nel trattamento degli effluenti zootecnici e delle
  biomasse di diversa provenienza convenientemente utilizzabili;
- cambiamenti di indirizzo del mercato dei prodotti agricoli;
- nuove tecniche di allevamento e di nutrizione animale.
  Il  CBPA  deve  ottimizzare  la  gestione  dell'azoto  nel  sistema
suolo/pianta (esistente, entrante, uscente) in  presenza  di  colture
agricole  che si succedono e alle quali occorre assicurare un livello
produttivo   e   nutrizionale   economicamente   ed    ambientalmente
sostenibile  al fine di minimizzare le possibili perdite con le acque
di ruscellamento e di drenaggio superficiale e profondo.
                             DEFINIZIONI
  Ai fini del presente CBPA vengono richiamate alcune definizioni  in
parte desunte dalla direttiva:
- per "COMPOSTO AZOTATO" si intende qualsiasi sostanza contenente
  azoto, escluso l'azoto allo stato molecolare gassoso;
- per "BESTIAME" si intendono tutti gli animali allevati per uso
  o profitto;
- per "FERTILIZZANTE" si intende qualsiasi sostanza contenente
  uno
  o piu' elementi fertilizzanti, applicata al terreno per favorire
  la crescita della vegetazione, compresi gli effluenti zootecnici,
  i residui degli allevamenti ittici e i fanghi degli impianti di
  depurazione (ai fini del presente CBPA si considerano
  principalmente i fertilizzanti azotati);
- per "CONCIME" si intende qualsiasi fertilizzante minerale,
  organico,
  organo-minerale, prodotto mediante procedimento industriale;
  triale;
- per "EFFLUENTE ZOOTECNICO" si intendono le deiezioni
  zootecniche
  o una miscela di lettiera e di deiezioni zootecniche, anche sotto
  forma di prodotto trasformato;
- per "APPLICAZIONE AL TERRENO" si intende l'apporto di materiale
  al terreno mediante distribuzione sulla superficie del terreno,
  iniezione nel terreno, interramento, miscelazione con gli strati
  superficiali del terreno;
- per "PERCOLAZIONE" si intende il passaggio agli acquiferi
  sottostanti
  dell'acqua in eccesso rispetto alla capacita' di
  ritenzione idrica del terreno e per lisciviazione il trasporto di
  composti chimici mediante l'acqua di percolazione;
- per "SCORRIMENTO SUPERFICIALE" si intende il movimento sulla
  superficie dell'acqua in eccesso rispetto a quella in grado di
  infiltrarsi nel terreno.
                            INTRODUZIONE
  Per  ottenere  un  rapporto corretto fra agricoltura, fertilizzanti
azotati e ambiente e' essenziale avere  una  conoscenza  approfondita
del  contesto agronomico nel quale i fertilizzanti vengono impiegati.
L'impano di un particolare tipo e di una certa quantita' di  prodotto
impiegato  dipende  da  una serie complessa di parametri ambientali e
antropogenici che favoriscono od ostacolano la  mobilizzazione  delle
diverse  sostanze  organiche  ed  inorganiche  dalla superficie verso
l'atmosfera per volatilizzazione e, piu'  spesso,  per  infiltrazione
verso  gli  strati  piu' profondi del suolo.  Di fatto per valutare i
rischi  di  possibile  contaminazione  delle  acque  superficiali   o
profonde  occorre  stabilire  preliminarmente quali siano i parametri
climatici generali.
  Successivamente bisognera' impostare la fertilizzazione azotata  su
semplici bilanci tra quanto azoto ogni coltura deve assorbire per far
fronte,  senza  insufficienze  e  senza  eccessi,  al  suo fabbisogno
fisiologico, e quanto azoto il terreno mette a disposizione  di  ogni
coltura; se la fornitura naturale di azoto, come quasi sempre accade,
e'  inadeguata  ai  fabbisogni  colturali,  la  fertilizzazione  deve
colmare le insufficienze in modo da renderne massima  l'utilizzazione
da  parte  delle colture e, contemporaneamente, minima la dispersione
per dilavamento.
  Per ogni coltura sono disponibili dati analitici  che  indicano  le
quantita'  di  azoto  assorbito ed il ritmo del suo assorbimento. Per
ogni terreno e' possibile stimare l'"offerta" di azoto che esso e' in
grado di fornire prontamente e il ritmo stagionale di questa.
  L'entita' della fornitura di azoto e' in funzione delle  scorte  di
questo  elemento  presenti  nel  terreno,  oltre  che degli eventuali
dilavamenti. Il ritmo e' a sua  volta  dipendente  dalle  condizioni,
stagionalmente  variabili,  di  temperatura  e  di  umidita', e dalle
condizioni  di aerazione del terreno, funzione della tessitura, della
struttura, ecc..
                              AMBIENTE
                         CLIMATICO ITALIANO
  L'ambiente climatico condiziona  la  possibilita'  di  impatto  dei
prodotti impiegati in agricoltura nei confronti delle acque.
  Nei   climi   umidi,   la  distribuzione  delle  precipitazioni  e'
relativamente omogenea nel corso dell'anno.  La  quantita'  di  acqua
apportata    dalle    precipitazioni    meno    quella    persa   per
evapotraspirazione e' spesso  vicina  a  quella  drenata  dal  suolo;
questo  eccesso  di umidita' nel suolo e' una caratteristica presente
per la maggior parte dell'anno, cosicche' i processi di lisciviazione
sono accentuati  e  la  somministrazione  di  fertilizzanti  comporta
maggiori rischi di trasporto alle acque sotterranee.
  In  climi  tendenzialmente  aridi piu' comuni nel sud dell'Italia e
nelle isole le precipitazioni si hanno solo in alcuni mesi dell'anno.
L'umidita' del suolo raramente  supera  la  capacita'  di  ritenzione
idrica, cosicche' l'acqua difficilmente penetra liberamente verso gli
strati inferiori.
  I  climi  temperati-mediterranei sono caratterizzati da temperature
intermedie, e la piovosita' annua totale  puo'  essere  relativamente
abbondante,  anche  se  la  distribuzione  nelle  diverse stagioni e'
piuttosto irregolare.  L'andamento  piu'  comune  e'  quello  di  una
stagione calda e secca con occasionali temporali.
  Cosi'    la   stagione   secca   coincide   con   quella   in   cui
l'evapotraspirazione raggiunge i suoi valori  massimi;  l'irrigazione
e'  essenziale  per  prevenire  stress  delle  colture  a causa della
mancanza  di  umidita'.  Tipicamente  in  queste   fasce   climatiche
l'umidita'  del  terreno  puo'  superare  la  capacita' di ritenzione
idrica solo per brevi periodi all'anno.
  Come conseguenza la percolazione delle  acque  verso  la  falda  e'
limitata  ad  un  periodo  definito,  per  cui  si  possono  studiare
possibili interventi per prevenire eventuali  processi  di  trasporto
indesiderati.
  La  maggior  parte  della  lisciviazione  dei  nitrati  si verifica
durante i mesi invernali ed all'inizio  della  primavera,  quando  le
precipitazioni   ed   i  fenomeni  di  percolazione  sono  elevati  e
l'evapotraspirazione  e'  limitata.   Durante   la   stagione   calda
l'umidita'  si  muove nel profilo del suolo verso l'alto; se si usano
correttamente le acque irrigue i movimenti  dell'acqua  si  invertono
senza comunque alterare la tendenza generale.
                         AMBIENTE PEDAGOGICO
  Come  e'  noto  ogni suolo e' frutto dell'interazione fra i diversi
fattori pedologici (roccia  madre,  clima,  vegetazione,  morfologia,
tempo  e  uomo),  che  non  sono  altro  che  l'espressione  completa
dell'ambiente. Non si puo' pertanto  procedere  allo  studio  globale
dell'ambiente,  senza  un'approfondimento sui suoli. E' dalla lettura
delle   caratteristiche   intrinseche   del   terreno   (profondita',
tessitura, pH, sostanza organica, ecc.) che e' possibile capire quali
sono i reali equilibri fra i diversi fattori ambientali.
  Il  suolo  e'  da  sempre il vero nodo degli equilibri ambientali e
come tale ogni  studio  del  territorio  teso  alla  riduzione  o  al
contenimento  di un impatto provocato da una qualsiasi specie chimica
ne deve tener conto adeguatamente.
  Nel  nostro  Paese gli studi sul suolo non sono molto numerosi e le
conoscenze sono assai differenziate. Per alcune  Regioni  si  sa  ben
poco,  in  altre  da  decenni  si lavora di buona lena e i suoli sono
stati studiati con approfondimenti crescenti .
  Per l'intero territorio nazionale, tralasciando la carta al milione
e la relativa memoria di F. Mancini e collaboratori che hanno  oramai
oltre  un  quarto  di  secolo, si puo' consultare la carta al milione
delle nazioni della comunita' europea aggiornata agli  anni  Î80.  Il
dettaglio  di  tali  elaborati,  vecchi  o  piu' recenti, e' tuttavia
insufficiente ai nostri fini e allora conviene verificare cosa esiste
per la zona che ci interessa. Per numerose regioni ci sono  carte  di
sintesi  recenti,  in  scala  1:200 oppure 250.000 (Piemonte, Emilia-
Romagna, Toscana, Sicilia, Sardegna) Per numerose provincie  esistono
carte  talora  non molto recenti altre volte edite da poco, ma frutto
tutte di attenti rilevamenti. Per non  piccole  aree,  a  livello  di
bacino   idrografico,  di  comprensorio,  di  comune  si  dispone  di
documenti di ottimo dettaglio. L'area  piu'  estesa  cartografata  al
50.000  e'  certo  quella che interessa la pianura lombarda (Progetto
ERSAL) ma anche altre Regioni posseggono elaborati in  tale  scala  o
addirittura  al  25.000 per ampie superfici (ad es. Sardegna, Emilia-
Romagna).
  Molti milioni di ettari di terreni di montagna e di  alta  collina,
coperti  da  boschi  che  vanno  crescendo  sia  di superficie che di
provvigione legnosa, o da prati naturali ricevono solo i nitrati  che
provengono dalle precipitazioni sia liquide che nevose.
  Nelle  aree  coltivate  di  colle  e  di piano sono tradizionali da
decenni somministrazioni di nitrati da parte degli agricoltori.  Tali
interventi in passato, quando il costo della mano d'opera era  minore
e  vigeva un po' dappertutto, ma in particolare nell'Italia centrale,
la mezzadria, avvenivano a piu' riprese e a  piccole  dosi,  oggi  e'
piu'  frequente un unico spargimento assai consistente. Il destino di
tale fertilizzante puo' essere assai diverso. Dipendera'  soprattutto
dall'andamento  stagionale  e  dallo  stato  della coltura, spesso un
cereale, a cui lo si e' somministrato.
  Se si vuoi fare un cenno alla distribuzione e diffusione dei  suoli
del  nostro  paese  non  pare  qui  il caso di parlare dei terreni di
montagna sotto boschi in prevalenza di conifere o prati.
  Grande diffusione hanno in Italia i vari  tipi  di  suoli  bruni  a
profilo  piu'  o  meno  differenziato. Li troviamo su vari substrati,
praticamente in tutta Italia,  dalle  Prealpi,  alla  Sicilia,  sotto
boschi  di  latifoglie  e  anche  in  molte  aree coltivate. Notevole
importanza assume altresi' il fenomeno della  lisciviazione  presente
soprattutto  in ambiente mediterraneo e nei suoli di non giovanissima
eta'.
  Caratteristiche della Puglia e della Sicilia, ma presenti anche  in
molte  altre regioni, sono le antiche terre rosse, oggi indicate come
suoli rossi o mediterranei e diffuse nei paesaggi calcarei e carsici,
spesso verdeggianti di vigneti e adorni di splendidi uliveti.
  I Vertisuoli, terre fortemente argillose molto fessurate nell'arida
estate, sono presenti in varie pianure centromeridionali,  spesso  di
non antica bonifica. Altre terre argillose, ma in paesaggi collinari,
si ritrovano nell'ampia area, dal Piemonte alla Sicilia, occupata dai
sedimenti   del   mare   pliocenico.   Quivi   si   alternano   suoli
tendenzialmente sabbiosi, derivanti dai depositi costieri del ciclo e
con  frequenza  investiti  da colture arboree, con altri invece assai
ricchi di limo ed argilla in paesaggi mammellomari o  rotondeggianti,
non di rado intagliati da profondi calanchi che creano localmente dei
veri  "bad lands". In tali aree sono tradizionali la cerealicoltura e
il pascolo ovino  mentre,  un  tempo,  larga  diffusione  avevano  il
rinnovo  di  favena  e  il  prato  di  sulla.    Grande importanza va
attribuita ai fertili suoli alluvionali che "coprono" purtroppo, solo
una piccola parte del territorio nazionale e che sono stati spesso  e
per vaste aree sottratti all'agricoltura e disordinatamente destinati
all'urbanizzazione,   all'industria   ecc.   I  terreni  alluvionali,
profondi,  solo  raramente   a   granulometria   sfavorevole,   hanno
un'elevata  fertilita'  e  possono  essere  utilizzati  per  un largo
ventaglio di colture. Di regola prevalgono le  colture  erbacee,  che
permettono  anche un rapido adeguamento alle esigenze del mercato con
l'introduzione di nuove specie e varieta' e  l'abbandono  di  colture
non  piu'  redditizie.   Queste terre, che possono risentire, in aree
depresse, di difficile scolo delle acque,  sono  state  soggette,  in
tempi antichi e piu' recentemente, a bonifiche idrauliche che bisogna
seguitare a curare con attenzione.
  Una  migliore  conoscenza  dei  terreni  e  della  loro dinamica, e
conseguenti scelte piu'  oculate  e  razionali  nella  pianificazione
territoriale,  permetterebbero  di utilizzare meglio e trasmettere in
buone condizioni alle  generazioni  che  verranno  questa  importante
risorsa, che il nostro Paese possiede in misura non illimitata.
     TIPO E COLLOCAZIONE DELLE ATTIVITA' AGRICOLE E ZOOTECNICHE
  La  superficie  territoriale  della  penisola italiana assomma a 30
milioni di ettari circa, il 56% dei quali costituisce  la  superficie
agraria  (seminativi,  colture  arboree,  prati e pascoli permanenti,
orti familiari, vivai e semenzai).
  Le pianure coprono meno di 1/3 della superficie territoriale  e  si
estendono per 4 milioni di ettari circa in Italia Settentrionale, per
2,2  milioni  in  Italia Meridionale e per solo 0,5 milioni in Italia
Centrale.
  Sempre con riferimento alla superficie territoriale,  i  seminativi
coprono  il  36%,  i  boschi  il  25%, i prati e i pascoli il 18%, le
coltivazioni legnose il 12%.
  Procedendo dal Nord verso il Sud, il territorio e' sede, in  grande
sintesi,  degli  investimenti  agricoli  e  forestali  descritti  nel
seguito.
  Sulle Alpi, specie in quota ed in presenza di  acclivita'  notevoli
predominano  i  boschi,  cui  seguono  verso valle i pascoli, i prati
pascoli, i prati permanenti.
  In ambiente settentrionale collinare  prealpino  ed  appeninico  e'
diffusa  la  vite;  scendendo  piu'  a  valle, specie nelle provincie
piemontesi e lombarde con grande  abbondanza  di  acque  irrigue,  e'
diffusa   la   coltura   del  riso  attuata  con  lunghi  periodi  di
sommersione.
  Altrove, nella Pianura Padana dal clima in genere temperato  fresco
ed  abbastanza  umido,  si praticano le colture del grano tenero, del
mais, della barbabietola, delle foraggere avvicendate, della  patata,
del  pomodoro  da industria, della soia e di varie orticole.  Il mais
e' particolarmente coltivato nel Veneto,  dove  in  regime  intensivo
puo' raggiungere produzioni molto alte.
  Sempre   in   pianura,  tra  le  colture  legnose  e'  diffusamente
rappresentata la vite, mentre le colture frutticole sono  molto  dif-
fuse in Emilia-Romagna.
  Tipica  della  Liguria, con il suo clima marittimo molto temperato,
e' la floricoltura in serra.
  In Italia Centrale il clima e' meno umido e  piu'  marittimo,  c'e'
minore  disponibilita' di acque irrigue e le pianure hanno estensioni
esigue.  Sulle  catene  montuose  sono  presenti  boschi  e   pascoli
appenninici,  mentre  sulle  colline  oltre ai prati avvicendati sono
presenti   colture   mediterranee,   come   la   vite   e    l'olivo.
Prevalentemente  in  pianura sono coltivati il tabacco, il girasole e
varie specie orticole, e su superfici di ampiezza molto piu'  modesta
rispetto  all'Italia Settentrionale continuano ad essere coltivate le
specie da pieno campo precitate, tranne il riso.
  Nell'Italia Meridionale e Insulare prevalgono condizioni  di  clima
temperato  caldo,  tendenzialmente  arido,  con notevole luminosita'.
Continuano  ad  essere  ben  rappresentati  i  boschi  ed  i  pascoli
appenninici  e le colture da pieno campo erbacee e arboree analoghe a
quelle dell'Italia Centrale, ma l'olivo tra le  colture  mediterranee
occupa  una  superficie  notevole, e sono anche estesamente coltivati
grano duro e agrumi.
  Orticoltura  e  floricoltura,  a  volte  in  regime   intensivo   e
frequentemente sotto serra, coprono ampie superfici.
  Quanto  alle  dimensioni  aziendali,  circa  il  73%  delle aziende
agricole italiane ha una dimensione non superiore ai 5  ettari,  pari
al  16%  della  superficie  totale,  mentre  le  aziende  di maggiore
estensione, presenti soprattutto nella Pianura Padana, pur di  numero
molto limitato, coprono la maggior parte della restante superficie.
  Relativamente   al  settore  zootenico,  le  aziende  agricole  con
allevamenti di bestiame sono circa 1  milione,  delle  quali  430.000
ospitano  8,1  milioni  di bovini (2,5 milioni sono vacche da latte),
410.000 ospitano 8,5 milioni di suini e 160.000 ospitano 10,4 milioni
di ovini.
  Per gli avicoli  circa  850.000  aziende  allevano  50  milioni  di
galline ovaiole e 74 milioni di polli da carne.
  A  livello  territoriale  la produzione di carne e' concentrata per
circa 2/3 in Italia Settentrionale, con prevalenza delle carni bovine
e  suine  nell'Italia  Nord-Occidentale,  e   delle   carni   avicole
nell'Italia  Nord-Orientale.  Le  carni  equine  ed  ovicaprine  sono
prevalentemente prodotte nell'Italia Meridionale.
  Il latte e' prodotto per oltre il 75%  nell'Italia  Settentrionale,
con una certa prevalenza nell'Italia Nord-Occidentale.
  Non  discostandosi  da  altri  paesi  mediterranei  comunitari, e a
differenza dei partner Centro e Nord europei, l'Italia ha, sia per la
produzione della carne bovina e suina,  sia  per  la  produzione  del
latte,   una   gamma  di  aziende  che  va  dalle  piccole,  presenti
prevalentemente in collina e in montagna, alle medie  e  alle  grandi
presenti, specie queste ultime, in pianura e nel settentrione.
  Le  aziende  medio  grandi  comprendono  sia per il lane che per la
carne bovina, e soprattutto per i suini, la maggior parte del  numero
complessivo di capi, infatti l'apporto produttivo delle molte aziende
piccole e' modesto.
                           SISTEMI IRRIGUI
  Secondo  statistiche  ISTAT  del  1988  le  aziende agricole che in
Italia praticano irrigazione sono circa 750.000  e  corrispondono  al
26%  del  totale.  Vengono  mediamente  irrigati 3.000.000 di ettari,
ossia il 19% della superficie agraria utile italiana (SAU).
  L'entita' della lisciviazione dei nitrati decresce con  l'aumentare
dell'efficienza  di  distribuzione dell'acqua. In linea generale, sia
per l'irrigazione a  pioggia  che  per  quella  localizzata  a  bassa
pressione,  la quantita' di acqua da somministrare ad ogni intervento
irriguo dovrebbe bagnare solo  lo  spessore  di  terreno  interessato
dalle radici della coltura.
  Le  tipologie  di  irrigazione maggiormente diffuse sono quelle per
sommersione,  per  scorrimento  superficiale  e   per   infiltrazione
laterale  da  solchi,  che  irrigano  circa il 14% della SAU; le piu'
moderne e in via di diffusione sono quella a pioggia  e  piu'  ancora
quella localizzata a bassa pressione.
L'IRRIGAZIONE PER SOMMERSIONE TOTALE E CONTINUA NEL TEMPO
  come ad esempio in risaia, determina nel terreno un moto dell'acqua
verticale,  dalla  superficie  verso  gli  strati profondi, spostando
nella  stessa   direzione   sostanze   solubili,   con   possibilita'
d'inquinamento delle acque di falda. Fenomeno che non si verifica per
i nitrati, perche' alle temperature richieste per la coltivazione del
riso il processo di denitrificazione viene inibito.
L'IRRIGAZIONE PER SCORRIMENTO SUPERFICIALE
  e'  caratterizzata  invece da un movimento dell'acqua verticale nel
terreno dagli strati superficiali a quelli profondi,  ed  orizzontale
sul  terreno,  parallelamente alla superficie. Essa puo' dare luogo a
perdite di nitrati, sia per percolazione profonda  che  per  colature
terminali.  Le  perdite per percolazione profonda decrescono passando
dall'inizio  alla  fine  dell'unita'  irrigua,  da  terreni  sabbiosi
permeabili  a terreni tendenzialmente argillosi, poco rigonfiabili ed
a bassa permeabilita', da terreni superficiali  a  terreni  profondi;
dalle  colture  con  apparato  radicale  superficiale  a  quelle  con
apparato radicale profondo.
L'IRRIGAZIONE PER INFILTRAZIONE LATERALE DA SOLCHI
  presenta caratteristiche molto simili a  quelle  della  irrigazione
per  scorrimento  superficiale,  con movimento dell'acqua nel terreno
verticale  al  di  sotto  del  solco  e  tendenzialmente  orizzontale
lateralmente  ad  esso, con movimento dell'acqua sul terreno, invece,
parallelo alla superficie. Pertanto anche con questo  metodo  possono
verificarsi  perdite  di  acqua  e  di  soluti  sia  per percolazione
profonda, al  di  sotto  dei  solchi,  che  per  colature  terminali,
all'estremita' inferiore dei solchi.
L'IRRIGAZIONE A PIOGGIA
  (e'  irrigato  in  tal  modo  il  5% della SAU), invece, prevedendo
l'applicazione dell'acqua contemporaneamente  sull'intera  superficie
disponibile,  non  dovrebbe  dare  luogo a problemi di disformita' di
distribuzione a causa di differenti tempi  di  permanenza  dell'acqua
nei    diversi   punti   della   superficie   di   terreno   irrigata
contemporaneamente.
L'IRRIGAZIONE LOCALIZZATA A BASSA PRESSIONE
  (1% rispetto alla  SAU),  prevedendo  la  distribuzione  dell'acqua
localizzata  e  con  bassa  intensita'  di erogazione, (irrigazione a
goccia e con spruzzatori) si adatta a tutte le situazioni di  terreno
e non da' generalmente luogo a ruscellamento.
                 TIPOLOGIA DEI FERTILIZZANTI AZOTATI
  L'apporto  di  azoto  alle colture puo' essere ottenuto utilizzando
sia i concimi che gli ammendanti. La scelta e quindi  le  aspettative
di  risposta  a livello produttivo ed ambientale sono da calibrare in
funzione della forma chimica in cui l'azoto e' presente nei  prodotti
usati. Per indirizzare tali scelte e' opportuno illustrare, in breve,
le  forme  di  azoto  presenti ed il loro comportamento nel terreno e
nella nutrizione vegetale.
CONCIMI CON AZOTO ESCLUSIVAMENTE NITRICO:
  lo  ione  nitrico  e'  di  immediata   assimilabilita'   da   parte
dell'apparato  radicale delle piante, e pertanto di buona efficienza.
Esso  e'  mobile  nel  terreno  e  quindi  esposto  ai  processi   di
dilavamento e di percolazione in presenza di surplus idrici.  L'azoto
nitrico  deve  essere  usato  nei  momenti di maggior assorbimento da
parte  delle  colture  (specie  in  copertura  e  meglio   in   quote
frazionate).
  I principali concimi contenenti solo azoto sotto forma nitrica sono
il  nitrato  di  calcio  (N=16%)  ed  il  nitrato di potassio (N=15%;
K20=45%).
CONCIMI CON AZOTO ESCLUSIVAMENTE AMMONIACALE:
  lo ione ammonio, a differenza dello ione nitrico, e' trattenuto dal
terreno e quindi non e' dilavabile e/o percolabile. La maggior  parte
delle  piante  utilizza  l'azoto  ammoniacale  solamente  dopo la sua
nitrificazione  da  parte  della  biomassa  microbica  del   terreno.
L'azoto  ammoniacale  ha pertanto un'azione piu' lenta e condizionata
dall'attivita' microbica.
  I  principali  concimi  contenenti  solo  azoto  ammoniacale   sono
l'ammoniaca  anidra  (N=82%),  il  solfato  ammonico  (N=20.21%),  le
soluzioni ammoniacali (titolo minimo:  10%  N),  i  fosfati  ammonici
(fosfato biammonico 18/46 e fosfato monoammonico: 12/51).
CONCIMI CON AZOTO NITRICO E AMMONIACALE:
  tali  tipi  di concimi rappresentano un compromesso posifivo fra le
caratteristiche dei due precedenti tipi di prodotti. In funzione  del
rapporto  fra  azoto  nitrico  ed  ammoniacale  essi  possono fornire
soluzioni valide ai diversi  problemi  di  concimazione  in  funzione
dello  stadio  delle  colture  e delle problematiche di intervento in
campo.
  Il  principale  dei  prodotti  nitro-ammoniacali  e'   il   nitrato
ammonico,  normalmente commercializzato in Italia al titolo 26-27% N,
meta' nitrico e meta' ammoniacale. Esistono pure soluzioni di nitrato
ammonico e urea (titolo minimo 26%  in  N;  titolo  commerciale  piu'
diffuso: N=30%).
CONCIMI CON AZOTO UREICO:
  la  forma  ureica  dell'azoto e' di per se' stessa non direttamente
assimilabile da parte delle piante. Essa deve essere trasformata  per
opera dell'enzima ureasi prima in azoto ammoniacale e successivamente
per  azione  dei microrganismi del terreno in azoto nitrico per poter
essere  metabolizzato  dalle  piante.  L'azoto  ureico  ha   pertanto
un'azione  lievemente  piu' ritardata rispetto all'azoto ammoniacale.
Si deve tener presente pero'  che  la  forma  ureica  e'  mobile  nel
terreno ed e' molto solubile in acqua.
  Il  prodotto  fondamentale  e'  l'urea (N=46%), il concime minerale
solido a piu' alto titolo in azoto.
CONCIMI CON AZOTO ESCLUSIVAMENTE ORGANICO:
  nei concimi organici l'azoto in forma organica  e'  prevalentemente
in  forma  proteica. La struttura delle proteine che lo contengono e'
piu' o meno  complessa  (proteine  globulari  o  comunque  facilmente
idrolizzabili e scleroproteine) in funzione della natura dei prodotti
organici di provenienza, e quindi la disponibilita' dell'azoto per la
nutrizione  delle  piante  e' piu' o meno differenziata nel tempo, da
alcune settimane ad alcuni mesi. Tale disponibilita' passa attraverso
una serie di trasformazioni: da amminoacidi, successivamente ad azoto
ammoniacale e poi ad azoto nitrico. Essi  pertanto  trovano  la  loro
migliore utilizzazione nelle concimazioni di pre-semina e per colture
di lungo ciclo.
  Fra  i  principali  concimi  organici  si  ricordano  il  cuoio, la
cornunghia, il sangue secco, la  farina  di  carne  e  di  pesce,  la
pollina, il letame essiccato ecc.
 
CONCIMI CON AZOTO ORGANICO E MINERALE
(CONCIMI ORGANOMINERALI):
  sono  prodotti  che  consentono di attivare l'azione dell'azoto nel
tempo:  contemporaneamente  assicurano  una   combinazione   sostanza
organica  di  elevata qualita'/elemento della nutrizione aumentandone
la disponibilita' per la pianta.
CONCIMI CON AZOTO CIANAMMIDICO:
  il prodotto tipico contenente azoto sotto forma cianammidica e'  la
calciocianammide   (titolo   minimo  in  azoto  18%).  Anche  l'azoto
cianammidico per essere assimilato dalle piante deve trasformarsi nel
terreno in azoto nitrico. I passaggi di questa trasformazione sono:
  -  liberazione  della  cianammide  per   azione   dell'umidita'   e
dell'anidride carbonica sulla calciocianammide di partenza;
  -  trasformazione  dell'azoto  cianammidico  in  azoto  ureico  per
idrolisi catalizzata dagli ossidi di manganese presenti nel suolo;
  - ammonizzazione dell'azoto ureico per azione enzimatica (ureasi);
  - ossidazione dell'azoto ammoniacale ad azoto  nitrico  per  azione
dei microrganismi specifici nel suolo.
  Per  questa  serie di passaggi l'azione dell'N cianammidico risulta
leggermente piu' ritardata rispetto a quella  dell'azoto  di  origine
ureica.
CONCIMI CON AZOTO A LENTA CESSIONE:
  lo  scopo  di  ottenere  prodotti  che hanno la capacita' di cedere
azoto in maniera  progressiva  nel  tempo  e  quindi  presentino  gli
aspetti  economici positivi di una concimazione in un'unica soluzione
senza o con ridotte  perdite  nell'ambiente,  e'  stato  raggiunto  o
almeno  avvicinato soprattutto seguendo due vie tecnologiche diverse.
La prima consiste nella preparazione di composti di condensazione tra
urea e  aldeidi.  A  questa  famiglia  di  prodotti  appartengono  la
formurea    (N=38%),    l'isobutilendiurea   (IBDU:   N=30%)   e   la
crotonilidendiurea (CDU: N=28%).
  La seconda via consiste nel rivestire  con  membrane  piu'  o  meno
permeabili i prodotti tradizionali.
EFFLUENTI ZOOTECNICI:
  la diversita' di effetti che gli effluenti zootecnici esplicano sul
sistema  agroambientale  si giustifica con la variabilita' della loro
composizione, riferita sia alle  quantita'  che  alla  qualita'.  Per
quanto  riguarda  l'azoto,  il confronto fra i diversi materiali deve
essere fatto non solo sulla base del contenuto totale, ma anche della
sua ripartizione qualitativa. Questo elemento, infatti,  e'  presente
nella  sostanza  organica  di  origine zootecnica in varie forme, che
possono essere funzionalmente aggregate in tre frazioni:
  - azoto minerale;
  - azoto organico facilmente mineralizzabile;
  - azoto organico residuale (a lento effetto).
  Si possono  cosi'  sintetizzare  le  caratteristiche  salienti  dei
diversi materiali.
LETAME BOVINO:
  costituisce  un  materiale a se', di difficile confrontabilita' con
gli  altri  a  motivo  dell'elevata  presenza  di  composti  a  lenta
degradabilita'.  La  particolare maturazione ne ha fatto un materiale
altamente polimerizzato al punto di risultare  "recalcitrante"  verso
la  microflora  e  da  scoraggiarne  percio'  la  demolizione. La sua
finzione e' in massima parte ammendante,  contribuendo  a  promuovere
l'aggregazione delle particelle terrose e la stabilita' dei glomeruli
formati.   L'effetto   nutritivo,   pur   presente,   ha   importanza
relativamente minore, ma si protrae per piu' annate  dopo  quella  di
somministrazione.  Si  indica  che questo effetto nutritivo nel primo
anno di apporto equivalga al 25% dell'azoto  totale  presente.  Nelle
sperimentazioni  italiane,  pero',  raramente  si e' potuto ritrovare
questa efficienza, rimanendo spesso al di sotto  del  20%.  L'effetto
residuo  assume  consistenza  rilevante  fino  a  diversi  anni dalla
cessazione degli apporti, in funzione del tipo di suolo,  del  clima,
delle  lavorazioni,  delle  altre concimazioni e della coltura che ne
approfitta.
LIQUAME BOVINO:
  presenta caratteristiche fortemente differenziate in  funzione  dei
sistemi  di allevamento, potendo andare da liquame vero e proprio (7%
di sostanza secca) fino alla consistenza  piu'  o  meno  pastosa  del
cosiddetto  liquiletame,  che  puo' arrivare ad un tenore in sostanza
secca del 15-20% quando viene usata lettiera in ragione di 3-4 kg per
capo e per giorno. L'effetto strutturale puo' far affidamento su  una
quantita' quasi dimezzata rispetto al letame di composti dell'azoto a
lenta degradabilita' (40%), mentre l'effetto nutritivo nel primo anno
di  mineralizzazione  puo'  arrivare  al massimo al 60%. In generale,
quindi, si tratta di un concime di media  efficienza  nel  corso  del
primo  anno  e di buon effetto residuo, ma la grande variabilita' del
materiale puo' far discostare di molto le caratteristiche  funzionali
da quelle medie appena indicate. In particolare, la maggiore presenza
di  lettiera  avvicinera'  maggiormente il comportamento a quello del
letame mentre i sistemi di separazione e di stoccaggio influenzeranno
il grado di maturazione e di stabilizzazione.
LIQUAME SUINO:
  pur nella inevitabile  variabilita'  di  composizione  in  funzione
delle  tipologie  di  allevamento  e   maggiormente in questo caso di
trattamento  delle  deiezioni,  risulta  piu'  facile   stimarne   la
composizione  e il valore fertilizzante. Infatti, e' un materiale che
puo' arrivare a fornire gia' nel  primo  anno  efficienze  dell'azoto
pari  all'80%.  E evidente, allora, che l'effetto residuo puo' essere
solo  limitato,  cosi  come  il  contributo  al  miglioramento  della
stabilita' strutturale.
POLLINA:
  in  questo  caso la quasi totalita' dell'azoto e' presente in forma
disponibile gia' nel  primo  anno  di  somministrazione.  Ne  risulta
quindi  un  concime  di efficacia immediata, paragonabile a quelli di
sintesi.  Anche  in  questo  caso,  l'effetto  residuo  puo'   essere
considerato  blando e quello strutturale praticamente insignificante.
E' un materiale molto difficile da utilizzare correttamente,  perche'
non  stabilizzato,  di  difficile  distribuzione,  soggetto  a  forti
perdite per volatilizzazione, con problemi di  emissioni  sgradevoli.
Tali  inconvenienti  possono essere pero' considerevolmente ridotti o
eliminati utilizzando sistemi di trattamento quali la preessiccazione
o  il  compostaggio  che  consentono  di  valorizzarne  le proprieta'
nutritive e strutturali.
COMPOST:
  i  compost  sono  ammendanti  ottenuti  mediante  un  processo   di
trasformazione  biologica  aerobica  di  matrici organiche di diversa
provenienza.
  Di particolare interesse per le aziende  che  possono  disporre  di
deiezioni    zootecniche    e'    il    compostaggio   di   materiali
lignocellulosici di  recupero  (paglie,  stocchi,  residui  colturali
diversi) che vengono mescolati alle deiezioni tal quali o trattate.
  A  questa grande variabilita' delle matrici di partenza si aggiunge
quella dei sistemi di  compostaggio,  relativamente  alle  condizioni
fisiche e ai tempi di maturazione.
  Diventa percio' difficile generalizzare il comportamento agronomico
dei  compost;  si puo' tuttavia ritenere che il risultato medio di un
processo  di  compostaggio,  correttamente  condotto  per  un   tempo
sufficiente e con materiali piu' tipici dell'azienda agraria, origini
un  fertilizzante  analogo  al letame. sara' quindi caratterizzato da
una bassa efficienza nel corso del primo anno, compensata da un  piu'
prolungato effetto; anche le proprieta' ammendanti possono essere as-
similate a quelle del letame.
  Sempre  in  considerazione della eterogeneita' di provenienza delle
matrici organiche compostabili, l'impiego del compost  deve  attuarsi
con   particolari   cautele  a  causa  della  possibile  presenza  di
inquinanti (principalmente metalli pesanti) che ne  possono  limitare
l'impiego  a  dosi definite, previa analisi del terreno e del compost
da utilizzare, sulla base di quanto disposto dalle normative vigenti.
FANGHI DI DEPUTAZIONE:
  e' possibile l'impiego come fertilizzanti di fanghi da processi  di
depurazione  di  acque  reflue  urbane o altri reflui analoghi aventi
caratteristiche  tali  da  giustificarne   un   utilizzo   agronomico
(adeguato   contenuto  in  elementi  della  fertilita',  in  sostanza
organica, presenza di inquinanti  entro  limiti  stabiliti).  L'azoto
contenuto   nei   fanghi   di  depurazione,  estremamente  variabile,
mediamente 3-5% sulla sostanza secca, e' disponibile dal primo anno.
  L'utilizzo agronomico di  questi  prodotti,  per  i  quali  valgono
cautele  analoghe a quelle espresse precedentemente per i compost, e'
normato dal Decreto legislativo n. 99 del 27 gennaio 1992, pubblicato
sulla Gazzetta Ufficiale n. 33 del 15 febbraio 1992;  questo  decreto
definisce  i  fanghi  e  le  dosi impiegabili, le caratteristiche dei
terreni recettori,  le  colture  ammesse,  le  procedure  autorizzate
richieste.
INIBITORI ENZIMATICI:
  uno   strumento   importante   per  influire  sulla  disponibilita'
dell'azoto non nitrico, e cioe' sulle trasformazioni biochimiche  che
avvengono  nel  terreno  e'  quello che agisce con opportune sostanze
chimiche sugli enzimi e/o sui batteri che provocano,  come  risultato
finale del processo, la formazione di ioni nitrato.
  Le  sostanze  piu'  conosciute  e sperimentate a livello agronomico
sono quelle che rallentano la trasformazione dello  ione  ammonio  in
ione   nitrico.   Tali   sostanze   sono   denominate   inibitori  di
nitrificazione.  Attualmente  vi  sono  in  commercio  formulati  con
l'addizione di quantita' calibrate di diciandiammide (DCD).
  L'addizione  di  inibitori di nitrificazione e' stata sperimentata,
in Europa, anche per gli effluenti zootecnici, al fine  di  ritardare
la   nitrificazione  della  elevata  aliquota  di  azoto  ammoniacale
presente nei liquami, e quindi aumentarne l'efficienza.
                          CICLO DELL'AZOTO
  Il ciclo dell'azoto e' molto complesso, e soprattutto dal punto  di
vista  degli  equilibri  ambientali  e'  di difficile interpretazione
perche' vi sono molti ingressi  e  molte  uscite  della  natura  piu'
varia.
  La  prima  caratteristica importante del ciclo dell'azoto e' quella
di presentare una serie di trasformazioni consistenti in reazioni  di
ossidoriduzione.
  Per  schematizzare  il  ciclo  dell'azoto  in  natura  lo  si  puo'
immaginare composto da tre sottocicli distinti.
  Il primo sottociclo avviene praticamente senza alcuna  reazione  di
ossidoriduzione.
  Questo  sottociclo  si  riduce a un flusso di azoto ammoniacale fra
"riserve",  soluzione  del  suolo  e  pianta.  Nella  pianta  l'azoto
ammoniacale  viene  inserito  nel ciclo del carbonio e passa in forma
organica; dalle spoglie vegetali  che  pervengono  al  suolo  l'azoto
organico  viene  ritrasformato  in  azoto  ammoniacale  e il ciclo si
chiude.
  Si puo' aggiungere che ancor oggi le riserve dell'azoto del  nostro
pianeta  sono  costituite  per  il  94-98%, a seconda delle stime, da
azoto ammoniacale.
  Il   secondo   e   terzo   sottociclo   comportano   processi    di
ossidoriduzione  e  pertanto scambi di energia. Il secondo sottociclo
si svolge tutto fra suolo e pianta, o meglio fra  organismi  viventi,
vegetali  e  catene alimentari. I promotori di questo sottociclo sono
alcuni gruppi di batteri che ossidano l'azoto  ammoniacale  ad  azoto
nitrico   (processo  di  nitrificazione)  allo  scopo  di  utilizzare
l'energia che si libera nel processo di ossidazione e che  viene  poi
utilizzata per le biosintesi e per le varie esigenze cellulari.
  La  forte  quantita'  di  energia liberata nel corso del processo e
utilizzata dagli organismi nitrificanti deve essere spesa  poi  dalle
piante  con  una  significativa maggiorazione, per ridurre nuovamente
gli ioni nitrato  a  ioni  ammonio.  Mentre  gli  ioni  ammonio  sono
trattenuti dal terreno, gli ioni nitrato sono di solito completamente
liberi  nella soluzione del terreno, di modo che le radici li possono
assorbire con grande facilita'. La nitrificazione,  percio',  non  fa
altro  che facilitare l'assunzione dei nitrati da parte dei vegetali,
spostando l'equilibrio dall'azoto ammoniacale all'azoto nitrico.
  Il terzo sottociclo, infine, si svolge tutto fra suolo e atmosfera.
In questo caso i promotori del ciclo sono alcuni organismi capaci  di
"fissare"  l'azoto  elementare  N2 presente nell'atmosfera.   L'azoto
elementare viene trasformato in ioni ammonio NH4+ e questo  processo,
consistendo  in  una  riduzione,  richiede  una notevole quantita' di
energia. I piu' celebri azotofissatori sono quelli simbionti, come  i
rizobi  dell'erba medica e delle altre leguminose, che vivono a spese
delle piante  ospiti  per  quanto  riguarda  le  loro  necessita'  di
alimenti  e di energia, ma che cedono in cambio gran parte dell'azoto
fissato.
  L'effetto pratico di questo terzo sottociclo e' quello di immettere
azoto nei cicli biologici. Una conseguenza  e'  quella  di  aumentare
l'intensita'  del  processo  di  nitrificazione, che e' comune sia al
secondo che al terzo sottociclo. Per contro, l'azotofissazione  viene
inibita quando c'e' una certa quantita' di ioni ammonio gia' presente
nel  mezzo.  La  concimazione  azotata, ovviamente, puo' bloccare del
tutto i processi di azotofissazione.
  Il terzo sottociclo si conclude con  la  denitrificazione:  non  e'
possibile  il  passaggio  diretto dell'ammoniaca ad azoto elementare.
La  denitrificazione  trasforma  l'azoto  nitrico   NO3-   in   azoto
elementare  N2  ed  avviene  tipicamente  in  ambiente riducente: nei
terreni sommersi, che sono asfittici,  e  nelle  nicchie  anaerobiche
(microambienti  poveri  di  ossigeno)  dei  terreni  normali,  dove i
nitrati vengono utilizzati per la respirazione, ossia per  consumarne
l'ossigeno,  mentre  l'azoto  si  libera  come  azoto elementare N2 o
tutt'al piu'  con  un  piccolo  residuo  di  ossigeno,  in  forma  di
protossido N20.
  Se  si  riuniscono  i  tre  sottocicli si ottiene il ciclo completo
dell'azoto in natura. Poiche' molte delle  reazioni  del  ciclo  sono
reversibili  e  tutte  collegate,  qualunque  aggiunta  di un termine
intermedio provoca spostamenti e reazioni che interessano  gli  altri
termini  e  qualunque  inibizione di un passaggio puo' interagire con
l'intero ciclo.
                         BILANCIO DELL'AZOTO
  Poiche' il ciclo dell'azoto nel suolo e' estremamente complesso, la
formulazione  di  un  corretto  bilancio  dell'azoto  costituisce  un
problema di non facile soluzione in quanto solo una parte degli input
di  questo elemento viene ritrovata nel terreno, mentre non e' chiara
la destinazione di altre porzioni, peraltro  non  trascurabili,  date
per   perdute,   senza  sufficienti  dimostrazioni  scientifiche  del
fenomeno.  Anche  l'impiego  dell'isotopo  15N   non   ha   eliminato
completamente le incertezze esistenti riguardo alla caratterizzazione
delle  diverse  forme  di  azoto  indispensabili  per quantificare le
riserve azotate cui le piante possono ricorrere  per  sopperire  alle
loro esigenze nutritive. Stesse voci del bilancio dell'azoto quale ad
esempio l'ammonio fissato alle argille possano comparire come input o
output a seconda del diverso stato colturale del suolo.
  Nonostante tutte le incertezze sopraesposte, a titolo esemplicativo
un  bilancio dell'azoto potrebbe essere formulato tenendo conto delle
voci seguenti:
ENTRATE
  a)  Dotazione  iniziale  di   azoto   assimilabile   corrispondente
all'incirca  all'1%  dell'azoto totale presente in uno strato arabile
di 40 cm e valutato in  alcuni  casi  sperimentali  intorno  a  30-35
kg/ha.   A   questa   dotazione   di  azoto  puo'  contribuire  anche
massicciamente l'azoto in forma di ione ammonio fissato dalle argille
(vedi lettera 1).
  b) Azoto  che  potenzialmente  puo'  mineralizzare  dalla  sostanza
organica  del  terreno  durante  il ciclo colturale, puo' contribuire
alla nutrizione azotata delle colture fornendo in un anno anche  piu'
di  80  kg/ha  di  N  con  i  valori  massimi di cessione nei periodi
primaverili ed autunnali quando si verificano le condizioni  ottimali
per l'attivita' microbica.
  c)  Restituzioni  colturali:  per  queste  si  deve considerare che
l'interramento dei residui vegetali ad elevato rapporto  C/N,  quando
si   esegue,   provoca  una  momentanea  immobilizzazione  dell'azoto
solubile intercettando e riorganicando 1 kg di N per ettaro per  ogni
100  kg/ha  di  residui pagliosi ed inducendo un aumento del rapporto
C/N. La mineralizzazione di questa quantita' di azoto  immobilizzato,
tuttavia,  nel caso dell'interramento di residui pagliosi come quelli
del mais, non si verifica prima di 56 mesi e si  esaurisce  nell'arco
di due anni.
  d) Azoto delle deposizioni secche ed umide stimato, per esempio, in
zone  della pianura padana intorno a 10-15 kg/ha anno. Tale quantita'
puo' essere  notevolmente  incrementata  in  zone  industriali  o  ad
attivita' zootecnica.
  e)  Fissazione  simbiontica  dell'azoto  atmosferico in presenza di
leguminose: dipende dalla specie vegetale coltivata e puo'  oscillare
intorno  a  100-120  kg/ha  anno con massimi che superano anche i 300
kg/ha anno. Tale fissazione superando  il  fabbisogno  della  coltura
determina  un  effetto  residuo che nel caso di un medicaio di almeno
quattro anni e' stato valutato intorno a 80 kg/ha nel primo anno, con
valori di 50 nel secondo anno e cosi' via. Va inoltre tenuto presente
che  nel  caso   vengano   effettuate   delle   somministrazioni   di
fertilizzanti la fissazione simbiontica viene annullata.
  f) Fertilizzazione.
USCITE
  g)  L'organicazione  dell'N solubile ad opera dei microrganismi del
suolo e' stimabile intorno al 25% dell'azoto proveniente da a) a g) e
riguarda tutte le forme di fertilizzazione.
  h) La percolazione e' variabile con l'andamento  climatico,  e  non
dovrebbe  superare  valori  che  in  climi  mediterranei sono stimati
spesso intorno a pochi kg/ha/anno.
  i) L'erosione e scorrimento superficiale. La valutazione di  questi
processi dipende dalla struttura e granulometria del terreno, dal suo
stato  idrico,  dalle lavorazioni, dalla pendenza, dalla vegetazione,
ecc., nonche' dalla natura delle precipitazioni e  dal  loro  effetto
meccanico,  dalla  loro intensita' oraria, ecc.. In terreni coltivati
di pianura queste perdite sono trascurabili.
  l) L'azoto fissato dalle argille e' una voce ancora oggetto di stu-
dio e varia  con  le  condizioni  pedoclimatiche  e  costituisce  una
notevole  riserva  di  azoto  del  terreno.  Sulla base delle attuali
conoscenze puo' essere stimata dai 5 ai 30 kg/ha anno,  ma  in  certi
casi anche quantita' superiori.
  m)  La  denitrificazione  e'  una  voce  molto variabile, e dipende
soprattutto dal tipo di utilizzazione del suolo e delle  sistemazioni
idrauliche;  ad  esempio  per  i  terreni  sommersi puo' essere anche
dell'ordine delle decine  di  kg  per  ettaro  per  anno.  Si  tratta
comunque   di   perdite  innocue  che  in  casi  particolari  possono
rappresentare un mezzo di disinquinamento del suolo.
  n)  Le  asportazioni  colturali,  variabili   con   le   condizioni
pedoclimatiche  e  col  tipo di gestione colturale, sono strettamente
collegate all'obiettivo di produzione.
              APPLICAZIONE DEI FERTILIZZANTI AI TERRENI
     Periodi non opportuni per l'applicazione dei fertilizzanti
                             MOTIVAZIONI
  La concimazione azotata con concimi minerali  e'  pratica  adottata
per  tutte  le  colture  non  leguminose. Al fine di attuarla in modo
razionale occorre fornire concimi azotati il piu' vicino possibile al
momento della loro utilizzazione: e' questa una misura  efficace  per
ridurre  il  pericolo  che  l'azoto venga dilavato nel periodo tra la
concimazione e l'utilizzazione. Inoltre la  concimazione  azotata  si
basa sul principio di rendere massima l'efficacia di utilizzazione da
parte  delle  colture,  e minima complementarmente la dispersione per
dilavamento.
  Nel caso si utilizzino effluenti zootecnici e' importante ricordare
che la disponibilita' dell'azoto  dei  liquami  nei  confronti  delle
piante  dipende  dalla  presenza  di  forme  di  azoto  diverse quale
l'organico,  l'ureico,  l'ammoniacale  ed  il  nitrico.  Le  frazioni
prontamente  disponibili  sono  quelle  nitrica ed ammoniacale; quote
ulteriori  sono  rese  assimilabili  a   seguito   di   processi   di
mineralizzazione  della  frazione  organica.  Ulteriori  fattori  che
influenzano la disponibilita' dell'azoto di origine  zootecnica  sono
le  concentrazioni ed i rapporti tra i composti di azoto presenti, le
dosi somministrate, i metodi e le epoche di applicazione, il tipo  di
coltura, le condizioni del suolo e del clima, ecc..
  In confronto ai concimi minerali l'efficienza dell'azoto totale dei
liquami  nell'anno  di applicazione e' stimata mediamente tra il 50 e
il 70% con valori crescenti per  liquami  bovini,  suini  e  avicoli;
negli   anni  successivi  la  mineralizzazione  della  quota  residua
compensa parzialmente le suddette differenze.
  L'efficienza dell'azoto totale  dei  liquami  rispetto  ai  concimi
minerali varia inoltre notevolmente per ciascuna coltura in relazione
all'epoca   di   somministrazione   e   a   parita'   di   epoca   di
somministrazione si riduce all'aumentare della dose. Tale  efficienza
aumenta in terreni con tessitura franca o sciolta.
                               AZIONI
  -  Colture  a  ciclo  molto lungo, autunno-primaverile (tipicamente
frumento e cereali affini, colza, erbai di  graminacee):  va  evitata
categoricamente  la  concimazione  azotata  alla  semina;  questa  va
effettuata in  copertura  in  corrispondenza  dei  momenti  di  forte
fabbisogno:  segnatamente  durante  la fase di differenziazione delle
infiorescenze e  poco  prima  della  ripresa  vegetativa  primaverile
("levata").
  -  Colture perenni (prati, pascoli, arboreti, ortensi perenni): gli
apporti azotati  devono  precedere  di  poco  la  ripresa  vegetativa
primaverile che segna l'inizio del periodo di forte assorbimento.
  -  Colture  a  semina  primaverile  (barbabietola,  girasole, mais,
sorgo, pomodoro, peperone, melone, anguria,  ecc.):  la  concimazione
azotata  alla  semina  e' accettabile per il non lunghissimo lasso di
tempo che intercorre tra  il  momento  della  concimazione  e  quello
dell'assorbimento  purche'  una limitata piovosita' in questo periodo
renda il dilavamento poco probabile. Qualora la piovosita' media  del
periodo   primaverile   sia   invece  elevata  occorre  prevedere  il
frazionamento   dei   quantitativi    oppure    l'utilizzazione    di
fertilizzanti  a  lenta cessione e l'additivazione di inibitori della
nitrificazione.
  Sono comunque da incoraggiare  quelle  tecniche  con  le  quali  la
concimazione  azotata  viene effettuata con poco anticipo rispetto ai
momenti   di   forte   fabbisogno   (concimazione    in    copertura,
fertirrigazione).
  -  Colture  a  ciclo  breve  (ortensi): nel caso di colture a ciclo
breve, come la maggior parte delle ortensi da foglia, da frutto o  da
radice  (insalate,  cavoli,  zucchine, ravanelli, ecc.) il momento di
esecuzione della concimazione passa in secondo piano, come misura  di
contenimento  delle  perdite per dilavamento dei nitrati, rispetto al
rischio, ben maggiore, di  un  irrazionale  eccesso  di  concimazione
azotata molto ricorrente in questo tipo di colture.
  Nel caso si utilizzino effluenti zootecnici occorre preventivamente
pianificarne  la distribuzione in funzione del fabbisogno fisiologico
della coltura e delle epoche idonee e non in funzione delle  esigenze
dei  contenitori  di  stoccaggio;  e'  consigliata  l'applicazione  a
terreni agrari tra la fine dell'inverno e l'inizio dell'estate.
  E' praticabile l'applicazione al terreno degli effluenti ad  inizio
estate  o  in autunno dopo il raccolto solo se si prevede una coltura
che possa utilizzare l'azoto nel periodo invernale (cereali  autunno-
vernini, colture intercalari, cover crops, ecc.).
  E'  consigliabile  comunque prevedere l'applicazione al suolo degli
effluenti zootecnici quando maggiore e'  l'efficienza  dell'azoto  in
relazione alla coltura.
  Nel   caso   di  somministrazioni  elevate  occorre  frazionare  la
somministrazione in piu' dosi.
                   Applicazione dei fertilizzanti
                          CONCIMI MINERALI
                             MOTIVAZIONI
  L'applicazione dei  fertilizzanti  al  terreno  puo'  avvenire  con
distribuzione  su  tutta  la  superficie  o per localizzazione, con o
senza interramento per entrambe le tecniche. In  linea  di  principio
l'applicazione  dei  fertilizzanti  dovrebbe  interessare solo quello
spessore di terreno effettivamente esplorato dagli apparati  radicali
delle colture.
  La  scelta  delle  tecniche  di  applicazione  dei fertilizzanti e'
condizionata a livello di ottimizzazione delle operazioni da  diversi
fattori fra cui:
  caratteristiche chimiche dell'elemento e/o degli elementi nutritivi
da applicare nei confronti del suolo e/o dell'apparato radicale (es.:
modalita', immobilizzazione, indici di salinita', ecc.);
  natura   fisica   del   prodotto  fertilizzante  (solido,  liquido,
gassoso);
  concentrazione in elementi nutritivi del prodotto fertilizzante;
  esigenze  della  coltura  nelle  sue  diverse  fasi   di   sviluppo
(richiesta  totale di elementi nutritivi, possibilita' o utilita' del
loro frazionamento, periodi  ottimali  di  fornitura  degli  elementi
nutritivi in funzione anche dei periodi possibili di intervento);
  caratteristiche chimiche e fisiche del terreno;
  andamento climatico prevalente;
  costo   economico   globale   dell'operazione   di  fertilizzazione
(stoccaggio, trasporto, manipolazione applicazione al terreno,  costo
dei prodotti).
  Indipendentemente   dalle   soluzioni  tecniche  adottate  e  dalle
caratteristiche fisiche dei fertilizzanti da distribuire, in  special
modo stato fisico e contenuto in elementi fertilizzanti per unita' di
peso o di volume, il sistema di applicazione prescelto deve essere in
grado  di  distribuire  il fertilizzante con efficiente uniformita' e
regolarita' sia lungo la  direzione  di  avanzamento  della  macchina
(uniformita'   di   distribuzione   longitudinale)   che   in   senso
perpendicolare ad esso (uniformita' di distribuzione trasversale).
  I  sistemi  di  controllo  della dose di fertilizzante da applicare
devono essere tali da assicurare  una  costanza  di  applicazione  su
tutto  l'appezzamento  da  trattare.  Al  fine di evitare dispersioni
inutili,  negative  dal  punto  di  vista  ambientale  ed  economico,
particolare cura dovra' essere posta nelle operazioni di concimazione
di  appezzamenti confinanti con fossi di scolo od altre opere facenti
parte di reti idriche ed in prossimita' delle capezzagne.
                               AZIONI
  Per l'applicazione dei concimi (minerali, organici, organominerali)
le macchine impiegabili si  differenziano  in  funzione  dello  stato
fisico dei concimi da distribuire.
  Per  i  concimi solidi e' di notevole importanza per la regolarita'
del dosaggio la forma fisica, polvere o granuli e per  questi  ultimi
la omogeneita' granulometrica e la conformazione dei granuli.  Minore
e'  la  difformita'  granulometrica  e piu' tondeggiante la forma dei
granuli, minori inconvenienti si hanno nella regolarita' dei  sistemi
di dosaggio.
  Per  l'applicazione  di  concimi  solidi su tutta la superficie del
terreno le macchine esistenti sul mercato sono dei seguenti tipi:
  - spandiconcime per reazione centrifuga a dischi (uno o piu')  o  a
tubo oscillante;
  - spandiconcime per gravita' o distribuzione lineare;
  - spandiconcime con distribuzione a trasporto pneumatico.
  Dato  il  costo  e  la  semplicita'  costruttiva, gli spandiconcime
attualmente piu'  diffusi  in  Italia  sono  quelli  centrifughi.  La
regolarita'  di distribuzione, in tali macchine, e' influenzata dalla
omogeneita' della granulometria del prodotto, dal suo diametro  medio
e   dalle   caratteristiche  del  terreno.    L'accidentalita'  e  la
zollosita'  del  terreno,  determinando  fenomeni  di  ondeggiamento,
influiscono  sulla  dinamica  di  lancio  del  granulo e quindi sulla
larghezza di lavoro con conseguenti sovraddosaggi  e  dispersioni  di
concime;  pertanto  e' consigliabile ridurre la zollosita del terreno
prima dell'intervento di concimazione. La presenza di vento e la  sua
direzione  incidono  sulla  distribuzione  specie  in caso di concimi
polverulenti.
  Gli spandiconcime pneumatici sono quelli che assicurano la  massima
regolarita' di distribuzione.
  L'interramento  del  concime  distribuito  su  tutta  la superficie
avviene generalmente attraverso le lavorazioni del terreno.
  Per  quanto  riguarda  i  concimi  azotati  l'interramento  non  e'
consigliabile  salvo che per concimi ammoniacali od ureici in caso di
terreni a reazione alcalina. In tali casi l'interramento del  concime
evita le possibili perdite gassose di ammoniaca.
  La distribuzione localizzata in superficie si realizza seguendo due
tecniche  principali:  la localizzazione in banda e la localizzazione
in linea.
  La prima consiste nell'applicare il concime in bande  di  larghezza
variabile.  Essa  e'  generalmente  usata nelle colture arboree. Tale
tipo  di  distribuzione  puo'  essere  realizzata  anche  modificando
opportunamente i normali spandiconcime centrifughi.
  La  seconda consiste nel collocare il concime in una striscia della
larghezza di alcuni centimetri tra le file delle piante. Tale tecnica
e' particolarmente seguita nella concimazione  azotata  di  copertura
del  mais.  La macchina piu' idonea, per garantire una uniformita' di
distribuzione, e' lo spandiconcime a distribuzione pneumatica.
  L'interramento  del  concime  con  la  tecnica  della  concimazione
localizzata  viene  normalmente  ottenuto  impiegando   spandiconcimi
sussidiari alle attrezzature per la semina o per la sarchiatura.
  Principio  fondamentale  di  questa tecnica e' quello di fornire in
loco e quindi con alto  gradiente  di  concentrazione,  gli  elementi
nutritivi  necessari.  Tale  tecnica  consente un risparmio di unita'
fertilizzante e la riduzione dei rischi di perdite per lisciviazione.
Nella localizzazione alla semina e' opportuno  utilizzare  concime  a
basso  indice di salinita' al fine di evitare danni al seme specie se
la localizzazione del concime avviene troppo vicino al seme stesso.
  Per  i  concimi  liquidi   le   tecniche   di   applicazione   sono
fondamentalmente le stesse. I sistemi di applicazione differiscono in
questo  caso  in  funzione  dello  stato fisico del concime liquido e
cioe' del fatto che si impieghi una soluzione o una  sospensione.  In
ogni   caso  le  macchine  utilizzate  devono  assicurare  una  buona
uniformita'   di   distribuzione   sul   terreno   e   una    ridotta
polverizzazione  del  liquido.  In  linea  generale  e' consigliabile
l'impiego di  macchine  dotate  di  un  sistema  di  regolazione  con
distribuzione  proporzionale  alla velocita' di avanzamento, in grado
di operare con pressioni di esercizio limitate e con elevata portata.
  La distribuzione dei concimi liquidi in linea di principio  avviene
con  macchine  simili  alle  irroratrici  a  barra  utilizzate  per i
trattamenti fitosanitari.
  Nel caso di  concimazioni  di  copertura  e'  opportuno  utilizzare
ugelli  a  piu'  getti  rettilinei  al fine di limitare al massimo la
polverizzazione del liquido e favorirne il gocciolamento a terra.
  Nel  caso  delle  sospensioni,  impiegate  principalmente  per   le
concimazioni  di  fondo,  le  macchine  utilizzate  devono presentare
particolari accorgimenti quali pompe di tipo centrifugo,  sistemi  di
filtrazione, sistemi di agitazione della massa del concime, tubazioni
di  grande  diametro,  sistemi  di  riciclo  per  evitare fenomeni di
deposito.
  Per la distribuzione delle sospensioni e' consigliabile  utilizzare
ugelli  a  specchio  con  elevato  angolo  di distribuzione e portate
sostenute.
  Particolare precauzione va posta per il  recupero  delle  acque  di
lavaggio  della  macchina  a  fine  giornata  di lavoro evitandone lo
scarico diretto nei fossi di scolo o nelle acque superficiali.
  Per la distribuzione localizzata in superficie,  da  impiegarsi  su
colture  sarchiate, si utilizzano le stesse macchine con gocciolatori
sistemati  a  livello  dell'interfilare  della  coltura  in  modo  da
consentire  il  gocciolamento  della  soluzione o della sospensione a
opportuna distanza dalle piante.
  Per la distribuzione localizzata  con  interramento  si  utilizzano
macchine  abbinate  alle seminatrici. Esse sono costituite, oltre che
dal serbatoio, da una pompa volumetrica e da una serie di assolcatori
per la localizzazione della soluzione o  sospensione  in  prossimita'
della linea di semina.
  Accanto  alle  predette modalita' tradizionali di distribuzione dei
concimi esistono ulteriori tecniche tra le quali la fertirrigazione.
  Per  fertirrigazione  si  intende  la  distribuzione di concimi con
l'acqua di irrigazione.
  Il sistema della fertirrigazione presenta vantaggi e svantaggi.
I PRINCIPALI VANTAGGI SONO:
  - poca manodopera per le operazioni di applicazione del concime;
  - non calpestamento del terreno con le macchine;
  - facilita' di esatto frazionamento della concimazione azotata;
  - possibilita' di intervento anche in momenti in cui il terreno non
e' praticabile per la presenza della coltura.
GLI ASPETTI NEGATIVI PRINCIPALI SONO COLLEGATI A:
  - limitazione alle sole coltivazioni irrigue;
  - necessita' di un impianto  di  irrigazione  piu'  perfezionato  e
costoso;
  -   interventi   di   irrigazione  non  strettamente  necessari  ma
effettuati a sola funzione concimante;
  - perdite per dilavamento e volatilizzazione.
  Tra le concimazioni  gassose  l'unica  che  ha  avuto  una  qualche
diffusione  in Italia e' quella dell'ammoniaca anidra che deve essere
applicata al terreno ad una profondita' compresa fra 15 e  20  cm  in
funzione delle caratteristiche del suolo (tessitura e umidita').
  L'ammoniaca  passa  dalla  fase liquida a quella gassosa all'uscita
dei tubi adduttori e viene successivamente fissata dal terreno. Se il
terreno non si trova nelle condizioni ottimali, e  risulta  o  troppo
secco  o troppo umido, i solchi scavati dai denti iniettori rimangono
parzialmente aperti con conseguenti possibili  perdite  di  ammoniaca
gassosa.  Analoghe perdite si possono verificare quando il conduttore
della macchina solleva i denti iniettori (es. a fine campo)  o  nelle
curve.
  Per  la  necessita'  di  iniezione  dell'ammoniaca  nel  terreno la
capacita' di lavoro di queste macchine e' relativamente contenuta.
 
                   Applicazione dei fertilizzanti
                        EFFLUENTI ZOOTECNICI
                             MOTIVAZIONI
  Le  tecniche  di  distribuzione  dei  reflui  zootecnici  hanno una
rilevante   influenza   tanto    nell'impatto    ambientale    quanto
nell'efficienza  produttiva.  Da esse dipende infatti il manifestarsi
di alcuni problemi connessi allo spandimento e la loro entita'.
  Lo spandimento dei liquami viene effettuato di norma in  superficie
mediante  serbatoi  trainati  o  semoventi, per lo piu' in pressione,
utilizzati sia per il trasporto che per la distribuzione.
  La distribuzione con i criteri convenzionali comporta oltre ad  una
scarsa  omogeneita'  emissioni  di  ammoniaca  e    di altre molecole
responsabili  della  produzione  di  odori,   sia   a   causa   dalla
polverizzazione del getto che si verifica con i comuni dispositivi di
distribuzione,  sia  soprattutto a causa della permanenza dei liquami
sul terreno.
  Infatti le  emissioni  si  verificano  in  prevalenza  nel  periodo
immediatamente   successivo   alla  distribuzione  e  le  perdite  di
ammoniaca nelle ore successive allo spandimento  possono  raggiungere
anche l'80% degli apporti.
  Inoltre  alcuni  dispositivi  utilizzati,  quali i getti irrigatori
alimentati ad alta pressione, provocano  una  spinta  polverizzazione
del  getto,  con  formazione  di  aerosol  e  conseguente  rischio di
veicolazione di microorganismi patogeni. Qualora nella  distribuzione
dei  liquami  si  utilizzino  mezzi  di  elevata capacita' al fine di
ridurre  i  costi  di  spandimento,  l'impiego  di  tali  mezzi  puo'
determinare danni alla struttura del terreno.
  Infine  la somministrazione dei liquami in copertura con la tecnica
"a pioggia", in particolare nel caso dei reflui ad elevato  contenuto
di sostanza secca, puo' comportare l'imbrattamento delle colture, con
effetti ustionanti e di depressione, delle rese.
                               AZIONI
  Al  fine  di  evitare  o  comunque  ridurre gli inconvenienti sopra
considerati e' opportuno, ove possibile, introdurre tecniche  innova-
tive di distribuzione quali:
  a)  la  separazione  delle  fasi  di trasporto e di spandimento dei
liquami;
  b) l'interramento mediante dispositivi iniettori;
  c)  la  distribuzione  in  superficie  con  dispositivi   a   bassa
pressione.
A) SEPARAZIONE DELLE FASI DI TRASPORTO E DI SPANDIMENTO DEI LIQUAMI
  La  separazione  delle  fasi di trasporto e di distribuzione limita
sostanzialmente il compattamento del suolo e permette l'intervento su
terreno lavorato, in prossimita' della semina e con colture in  atto,
cioe'  in  periodi nei quali la somministrazione dei liquami consegue
le  piu'  elevate  efficienze  produttive.  Inoltre,  l'adozione   di
soluzioni tecniche diverse per le due fasi di trasporto e spandimento
puo' portare a riduzioni consistenti dei costi di gestione.
  Al  fine  di ridurre gli oneri, il trasporto puo' essere effettuato
su ruote, utilizzando macchine operatrici di elevata capacita' o,  in
alternativa,  mediante tubazione. Per quanto riguarda il trasporto su
ruote possono essere impiegate cisterne a  pressione  atmosferica  di
capacita'  complessiva fino a 35 m3 che possono essere utilizzate per
alimentare stoccaggi opportunamente collocati sui terreni  aziendali.
Nel  trasporto  in  condotta,  l'adozione  di  linee  di adduzione di
piccolo  diametro  alimentate  in  pressione  consente   di   ridurre
sostanzialmente i costi di investimento.
  Nella  fase di distribuzione il ricorso a tubazioni avvolgibili che
alimentano  dispositivi  per  lo  spandimento  superficiale   o   per
l'interramento  riduce  sostanzialmente il compattamento del suolo in
fase   di   spandimento.   L'adozione   di   tale   sistema   risulta
particolarmente  opportuna  negli  interventi  primaverili, nel corso
delle operazioni di preparazione delle semine o con colture in  atto.
Esso  consente inoltre una notevole riduzione della potenza richiesta
in fase di distribuzione: nel caso in cui si effettui  l'interramento
diretto  del  liquame  e' possibile, ad esempio, limitare le forze di
trazione a quelle necessarie alla movimentazione degli iniettori. Una
alternativa alle tubazioni avvolgibili  per  le  somministrazioni  su
terreno  nudo  e  su  prato  e' il cosiddetto sistema ombelicale, nel
quale il collegamento tra lo stoccaggio e il dispositivo distributore
avviene mediante una tubazione flessibile e resistente all'abrasione.
B) INTERRAMENTO
  L'adozione di dispositivi iniettori che incorporano  i  liquami  al
terreno   all'atto   della   distribuzione   consente   di   limitare
sostanzialmente  le  emissioni  di  odori  e  di  ammoniaca  che   si
verificano  nel  corso dello spandimento dei liquami. Risultati delle
ormai numerose determinazioni effettuate  hanno  infatti  evidenziato
che,  per  questa  via, le perdite di azoto ammoniacale si riducono a
percentuali comprese, nella maggior parte dei casi, entro il  5%  del
totale   apportato.   Mediante  l'interramento  si  conseguono  altri
risultati quali:
  - assenza di formazione di aerosol durante la distribuzione;
  - eliminazione dello scorrimento superficiale;
  - eliminazione della possibilita' di contaminazione dei foraggi per
le applicazioni su prato.
  I  dispositivi  per  l'interramento  dei  liquami  possono   essere
installati  su  un  serbatoio, o in alternativa, essere alimentati da
tubazioni avvolgibili e trainati  da  trattore.  Per  l'apertura  del
solco  vengono  utilizzati  dischi,  zappette, assolcatori ad ancora,
posteriormente ai quali pervengono tubi di adduzione dei  liquami.  I
dispositivi  di  interramento  devono avere caratteristiche diverse a
seconda che vengano utilizzasi su terreno arativo o su prato.
  I principali limiti dell'interramento diretto dei liquami  rispetto
alla distribuzione superficiale sono l'elevata potenza richiesta e la
ridotta  capacita' di lavoro, che determinano incrementi dei costi di
spandimento compresi tra il 50% e il 100%.
  Se e' vero che l'interramento comporta maggiori oneri rispetto alla
distribuzione superficiale,  per  contro,  riducendo  le  perdite  di
ammoniaca,   permette   migliori   risultati  produttivi  rispetto  a
quest'ultima.   Una   soluzione   alternativa   all'interramento   e'
rappresentata  dalla  lavorazione  del terreno eseguita entro 3-5 ore
dallo spandimento.
C) DISTRIBUZIONE IN SUPERFICIE CON DISPOSITIVI A BASSA PRESSIONE
  La  distribuzione con dispositivi a bassa pressione (2-3 atmosfere)
consente di evitare la polverizzazione spinta del getto, riducendo  i
problemi di diffusione di odori, perdite di ammoniaca e formazione di
aerosol, migliorando nel contempo la omogeneita' di distribuzione.
  Tali  problemi  infatti  risultano  assai  contenuti  adottando ali
distributrici a bassa pressione, disponibili per  l'installazione  su
serbatoio  o  su  tubazione avvolgibile. La distribuzione avviene sia
attraverso ugelli dotati di piatto deviatore rompigetto sia  mediante
ugelli dotati di tubazioni mobili che depositano i liquami al livello
del  suolo. Quest'ultima soluzione e' adatta solo allo spandimento di
liquami chiarificati, in quanto la numerosita' degli ugelli e il loro
piccolo diametro comportano possibilita' di intasamenti con materiali
ad elevato contenuto di sostanza secca Una variante  del  dispositivo
in  grado  di assicurare una distribuzione omogenea e non "in file" e
rappresentata dalla  presenza  di  un  deflettore,  all'uscita  delle
tubazioni flessibili, che provvede a laminare il prodotto.
D) DISTRIBUZIONE CON TECNICHE CONVENZIONALI
  Qualora  si  adottino  invece tecniche convenzionali di spandimento
mediante serbatoio, ad esempio negli  interventi  postraccolta  sulle
colture  annuali e per le somministrazioni su prato, e' opportuno far
ricorso ad alcuni accorgimenti per ridurre i danni  di  compattamento
del terreno ed in particolare:
  - attenzione alle condizioni di umidita' del terreno;
  -  adozione  di mezzi di capacita' contenuta al fine di limitare il
peso delle macchine operatrici a non piu' di 10 t a pieno carico e  a
pesi per assale non superiori alle 5-6 t;
  - adozione di pneumatici larghi e a bassa pressione;
  -  adottare  la  maggiore  ampiezza possibile di lavoro, in modo da
limitare il numero dei passaggi e quindi la superficie  sottoposta  a
calpestamento,   anche   se   cio'  potra'  andare  a  scapito  della
omogeneita' di distribuzione.
  Qualora non sussistano rischi di compattamento si potra' perseguire
l'obiettivo della buona  omogeneita'  di  distribuzione  evitando  il
ricorso  al  getto  irrigatore  e operando con ampiezza di lavoro del
piatto deviatore inferiore a quella massima tecnicamente consentita.
  E' inoltre necessario adottare accorgimenti per meglio regolare  la
dose  applicata;  in  assenza  di  dispositivi  specifici  per questa
funzione  e'  possibile  conseguire  buoni  risultati   variando   la
velocita' di avanzamento del mezzo.
                          Casi particolari
        APPLICAZIONE DEI FERTILIZZANTI IN TERRENI IN PENDENZA
                             MOTIVAZIONI
  Per  una  corretta  applicazione  di  fertilizzanti  in  terreni in
pendenza  si  deve  tenere  conto  in  primo  luogo  dei  rischi   di
ruscellamento idrico superficiale che dipende principalmente da:
  - pendenza del suolo
  - caratteristiche del suolo
  - tipo di paesaggio
  - sistema colturale
  - condizioni climatiche.
  La  presenza  di  vari  fattori  e  le loro interazioni nel sistema
suolo-acqua-pianta-clima rendono difficile la scelta  delle  tecniche
da  mettere  in  atto. L'adozione di una tecnica volta a risolvere un
problema puo' collateralmente  aggravarne  o  crearne  un  altro,  si
possono  generare  dei  contrasti  tra  diverse  tecniche, vi possono
essere situazioni incontrollabili, come per esempio:
  le tecniche  di  contenimento  dell'erosione  possono  risolvere  i
problemi  dell'inquinamento  da  N  e  P, sebbene il loro effetto sia
maggiore nei confronti delle perdite nei  materiali  erosi  piuttosto
che  quelle  nell'acqua  di ruscellamento, ma non hanno alcun effetto
sulla percolazione dei nitrati e talvolta possono persino aggravarla;
  le lavorazioni ridotte  mantengono  i  residui  in  superficie  per
ridurre   l'erosione   e   conservare   il   suolo,   ma   ostacolano
l'incorporamento  dei  fertilizzanti  nel  terreno  auspicabile   per
aumentarne  l'efficienza  produttiva e ridurne le perdite nelle acque
superficiali;
  l'inquinamento delle  acque  per  ruscellamento  superficiale  puo'
difficilmente  essere prevenuto in caso di nubifragio e con tale tipo
di evento non ci sono molte differenze se erano  stati  somministrati
concimi chimici o effluenti zootecnici.
                               AZIONI
  Le perdite di elemento nutritivo sono particolarmente elevate se il
ruscellamento    avviene    poco   dopo   la   somministrazione   dei
fertilizzanti; l'interramento e' particolarmente importante  per  gli
effluenti  zootecnici  che  per la loro costituzione fisica tendono a
rimanere in superficie; una rapida incorporazione  nel  terreno  puo'
ridurre  le  perdite  per  ruscellamento  da  un campo concimato allo
stesso livello di un campo non concimato.
  Poiche'  il  rischio  di  erosione  e'  difforme  durante   l'anno,
intervenire  quando tale rischio e' minore, per esempio se l'erosione
risulta elevata in autunno, evitare di  arare  a  fine  estate  o  in
autunno, e non somministrare fertilizzanti.
  Evitare  somministrazioni in periodi di probabile ruscellamento, se
non si puo' provvedere all'interramento; per i prati, per i pascoli e
per i terreni sodi in genere, questo aspetto e' molto importante.
                          Casi particolari
 APPLICAZIONE DI FERTILIZZANTI AL TERRENO SATURO D'ACQUA, INONDATO,
                          GELATO O INNEVATO
                             MOTIVAZIONI
  Nel terreno saturo d'acqua l'azoto nitrico viene facilmente perduto
per  denitrificazione,  se  vi  e'  sufficiente   sostanza   organica
mineralizzabile e la temperatura non e' inferiore a 50C.
  Sul  terreno  gelato  o  innevato  il  fertilizzante  non  riesce a
infiltrarsi nel terreno  e  rischia  durante  il  disgelo  di  essere
trasportato  per  ruscellamento superficiale, soprattutto nei terreni
in pendio.
                               AZIONI
  La distribuzione di fertilizzante azotato in terreni saturi d'acqua
in inverno sarebbe di scarsa utilita' in quanto una  parte  rilevante
ne verrebbe perduta per denitrificazione.
  Nell'eventualita'  di  eccesso  idrico  durante il ciclo vegetativo
delle colture e' opportuno effettuare la fertilizzazione  non  appena
lo stato idrologico del terreno sara' ritornato normale.
  In  condizioni  di  terreno  gelato per tutte le 24 ore del giorno,
oppure coperto di neve, la fertilizzazione e'  da  evitare.  Tuttavia
sul  terreno  che  rimane gelato soltanto nelle ore piu' fredde della
giornata, la fertilizzazione con dosi molto basse di concimi  azotati
o  di liquami (non troppo densi) puo' essere effettuata per i cereali
vernini.
                          Casi particolari
 APPLICAZIONE DI FERTILIZZANTI AI TERRENI ADIACENTI AI CORSI D'ACQUA
                             MOTIVAZIONI
  L'adozione  di   particolari   cautele   e   di   tecniche   idonee
nell'applicazione  di  fertilizzanti,  minerali  ed  organici,  sugli
appezzamenti di  terreno  contigui  ai  corsi  d'acqua,  consente  di
limitare  al  minimo  i  rischi  di  eutrofizzazione dei corpi idrici
superficiali dovuti all'apporto di nitrati. Secondo le  tavolette  in
scala  1:25.000  dell'IGM  vengono  definiti  "corsi  d'acqua" fiumi,
torrenti o fossi in ordine decrescente d'importanza.
  In particolare, poiche' i nitrati risultano presenti per la maggior
parte nella soluzione del suolo e in  quota  minima  sono  debolmente
adsorbiti, il passaggio diretto o indiretto, nei corpi idrici avviene
principalmente  per  effetto  dello  scorrimento  in superficie e per
dilavamento sub-superficiale.
  Tale passaggio risulta tanto piu' veloce  quanto  piu'  intenso  e'
l'apporto  di  fertilizzante  e  quanto  minori  sono  i  fattori che
ostacolano il deflusso dei nitrati verso la rete scolante.
  In relazione a cio' le regole per  una  corretta  applicazione  dei
fertilizzanti   in   prossimita'   di   corsi  d'acqua,  naturali  ed
artificiali, riguardano in primo luogo le modalita' con  cui  avviene
l'applicazione  stessa  (quantita',  epoche,  tipo  di fertilizzante,
grado di frazionamento, ecc.)  ma  interessano  anche  altri  fattori
agronomici  in  grado di influenzare - accelerando o rallentando - il
passaggio dei nitrati nei corpi idrici superficiali (es. presenza  di
colture   di   copertura,   di  siepi  ripariali,  ecc.).  Va  infine
considerata la possibilita' che  suoli  adiacenti  ai  corsi  d'acqua
siano soggetti a periodiche esondazioni.
                               AZIONI
  Le  buone pratiche agricole da adottare nell'ambito di una corretta
applicazione di fertilizzanti su terreni contigui  ai  corsi  d'acqua
interferiscono con i seguenti meccanismi:
  - riduzione della disponibilita' di sostanze nutrienti in soluzione
e adsorbite sulle particelle di terreno;
  -  creazione  di  fasce  di interposizione che rallentino il flusso
verso   il   recapito   delle   acque   di   scolo   superficiali   e
sottosuperficiali;
  -  riduzione  della  velocita'  del  deflusso  idrico  superficiale
attraverso l'aumento della scabrezza del terreno e della capacita' di
invaso superficiale, nonche' diminuzione della pendenza superficiale.
  Per le modalita'  di  somministrazione  dei  fertilizzanti  occorre
attenersi  ai  criteri enunciati in precedenza (vedi Applicazione dei
fertilizzanti), tenendo comunque presente  che  in  tali  terreni  il
rischio  e'  piu' accentuato. Di conseguenza le applicazioni dovranno
essere  possibilmente  frazionate  mentre  si   dovra'   evitare   la
somministrazione di concimi in corrispondenza dei periodi piovosi.
  Particolarmente   utile   per   tali   appezzamenti,  ai  fini  del
contenimento dei  processi  di  dilavamento,  e'  l'effettuazione  di
colture  di  copertura  durante  il  periodo invernale (vedi Gestione
dell'uso del terreno) o la conservazione dei residui  vegetali  sulla
superficie del terreno stesso.
  In  particolare  si  dovra' prevedere il mantenimento di una fascia
perennemente inerbita - sottoposta periodicamente a sfalcio  -  lungo
il corso d'acqua per una larghezza tanto maggiore quanto minore e' la
pendenza  delle  sponde; su tali fasce di rispetto, che corrispondono
alle superfici piu' frequentemente soggette  ad  esondazione,  dovra'
essere evitata la somministrazione di liquami e di concimi minerali.
  Le pratiche di concimazione dovranno altresi' favorire l'apporto di
sostanza organica e quindi la formazione di humus stabile, allo scopo
di  migliorare  la  struttura  del  terreno  con  conseguente  minore
compattazione e piu' ridotto grado di ruscellamento.
  Accanto alle pratiche colturali  piu'  direttamente  connesse  alla
fase   di   somministrazione   dei   fertilizzanti  rivestono  grande
importanza, ai fini della limitazione dei rischi di dilavamento negli
appezzamenti contigui ai corsi d'acqua,  le  sistemazioni  idraulico-
agrarie e la presenza o meno di siepi campestri.
  In  tal  senso sono da favorire sistemazioni di piano che prevedano
ridotta baulatura e falde di lunghezza contenuta, compatibilmente con
le necessita' di allontanamento delle acque in  eccesso;  infine,  la
conservazione o l'introduzione, laddove possibile, di siepi campestri
lungo  i  corsi  d'acqua e' una pratica da favorire per proteggere le
rive dall'erosione e per aumentare  l'effetto  di  interposizione  al
flusso di elementi nutritivi verso la rete scolante.
                           Avvicendamenti
                             MOTIVAZIONI
  In  linea  di principio l'adozione di opportuni avvicendamenti deve
assicurare un certo livello di sostanza organica nel terreno al  fine
di  ridurre  gli  apporti  azotati.  Quando  passa molto tempo tra la
raccolta di una coltura e la  semina  di  quella  successiva  l'azoto
solubile  esistente  nel  terreno e' esposto ad essere dilavato dalle
piogge. I periodi piu' critici per la percolazione sono quelli in cui
le precipitazioni sono tanto abbondanti da superare la  capacita'  di
ritenzione  idrica  del terreno e quindi tali da far percolare i sali
azotati solubili in profondita' fino agli acquiferi.
  La presenza di specie leguminose nella rotazione non e'  scevra  da
inconvenienti per quanto riguarda la tutela degli acquiferi.  L'azoto
fissato  da  un sistema simbiotico "leguminosa - Bacillus radicicola"
entra a far parte dello stock di  azoto  del  terreno  e  subisce  lo
stesso  destino dell'azoto proveniente da altre fonti, tra cui quello
di essere nitrificato e percolato.
  Tutti i residui colturali che contengono poco azoto  (rapporto  C/N
alto: >40-50) hanno l'interessante prerogativa, una volta incorporati
nel   terreno   ed   entrati   nel   ciclo  della  decomposizione  ed
umificazione, di prelevare l'azoto solubile presente  ed  utilizzarlo
nel metabolismo degli organismi decompositori.
  L'interramento della paglia dei cereali e di altri residui pagliosi
(stocchi  di mais e di sorgo, steli di colza e girasole, ecc.) e' una
pratica di grande efficacia antilisciviazione.
                               AZIONI
  E' consigliabile evitare monosuccessioni o successioni  di  colture
primaverili-estive   che  lasciano  il  terreno  privo  di  copertura
vegetale dall'autunno alla primavera (es.  mais  in  monosuccessione,
successione mais-soia, ecc.).
  Le  rotazioni  colturali  piu'  rispondenti  al  fine di ridurre le
perdite per percolazione sono quelle che assicurano la copertura  del
terreno  durante la stagione piovosa: i cereali vernini innanzitutto,
in monosuccessione o, meglio, in rotazione con altre colture autunno-
vernine (es.: colza, erbai di graminacee  o  di  crucifere,  cartamo,
ecc.).
  Occorre  porre  particolare attenzione alla rotazione colturale che
include una specie leguminosa in quanto e' necessario far seguire  ad
una leguminosa una specie in grado di utilizzare l'azoto fissato.
  In ogni caso l'avvicendamento delle colture deve essere programmato
al  fine  di  ottimizzare l'utilizzazione dell'azoto solubile residuo
dalla coltura precedente e di  quello  mineralizzato  della  sostanza
organica.
  Una  misura  atta a contenere la percolazione dei nitrati e' quella
di assicurare, nel periodo piu' critico, la presenza di una copertura
vegetale attiva nell'assorbire e assimilare  i  nitrati  sottraendoli
cosi' al dilavamento.
  L'interramento  dei  residui pagliosi puo' comportare che 100 kg di
paglia di frumento intercettino oltre 1 kg di N solubile, che cosi e'
sottratto alla possibile percolazione.
E'  possibile  ridurre  le  perdite  indesiderate  di   nitrati   per
percolazione mediante un'appropriata gestione dell'uso del terreno.
Le  linee  operative possibili vanno dalla adozione di avvicendamenti
colturali  che   non   lascino   il   terreno   scoperto   a   lungo,
all'interramento  dei  residui  colturali  pagliosi  ed alla corretta
gestione delle lavorazioni del terreno.
                Mantenimento della copertura vegetale
                             MOTIVAZIONI
  La presenza di una copertura  vegetale  impedisce  un  accumulo  di
nitrati  grazie  al loro assorbimento da parte delle radici. Oltre ad
intercettare i nitrati naturalmente presenti nel  suolo  o  apportati
con  le  fertilizzazioni,  la  copertura vegetale puo' assicurare una
protezione delle acque sotterranee nei confronti di quelli di origine
extragricola. Particolare importanza viene  assunta  dalla  copertura
vegetale nelle superfici temporaneamente ritirate dalla produzione ai
sensi della normativa comunitaria.
                               AZIONI
  Le coperture vegetali potenzialmente realizzabili sono le seguenti:
  -  vegetazione  spontanea: l'inerbimento naturale che si produce in
fine estate-autunno dopo la raccolta delle  colture  dovrebbe  essere
visto  molto  positivamente  nelle  zone  a  rischio,  come mezzo per
contrastare la percolazione dei nitrati; quindi non  dovrebbe  essere
ostacolato  con  lavorazioni,  ma  lasciato  svolgere la sua funzione
quanto piu' a lungo possibile, compatibilmente  con  le  esigenze  di
preparazione  del  terreno per la coltura che seguira'; l'inerbimento
spontaneo  potrebbe  trarre  utile   applicazione   sulle   superfici
temporaneamente ritirate dalla produzione (set-aside);
  - colture intercalari: l'inserimento, ogni volta che sia possibile,
di  colture intercalari tra la raccolta della coltura precedente e la
semina di quella successiva  e'  una  misura  di  notevole  efficacia
antidilavamento;  tali  colture intercalari possono configurarsi come
colture  foraggere  (erbai),  colture  ortensi  o  anche  colture  di
interesse apistico (es. Phacelia) o igienizzante (specie nematocide e
nematofughe);
  -  colture  di  copertura  ("catch  crops"):  si  tratta di colture
intercalari  senza  finalizzazione  utilitaristica,   ma   unicamente
finalizzate  ad  intercettare  l'azoto  solubile;  in altre parole si
tratta di realizzare un "inerbimento  controllato"  seminando  specie
vegetali  capaci  di nascere e crescere durante i periodi critici per
il dilavamento dei nitrati; la biomassa vegetale prodotta  sara'  poi
sovesciata  in  tempo  utile  per  la semina della successiva coltura
prevista dalla rotazione.
  Le specie  da  considerare  idonee  a  questa  funzione  dovrebbero
soddisfare le seguenti condizioni:
  -  avere  basse  esigenze  termiche  in  modo da poter crescere nel
periodo autunno-inverno;
  - avere seme poco costoso, reperibile e di facile emergenza;
  - essere dotate di scarsa capacita' infestante;
  -  essere  consumatrici  di  azoto  (con  esclusione  quindi  delle
leguminose);
  -  non  creare problemi fitosanitari o di infestazione alla coltura
che seguira'.
  Le famiglie botaniche piu' rispondenti a  questo  modello  sono  le
graminacee, le crucifere, le composite e le chenopodiacee.
  Per  tutte  le famiglie sopradicate la tecnica colturale che appare
consigliabile tecnicamente ed economicamente e' la seguente.
  Preparazione del terreno con la tecnica  della  lavorazione  minima
(erpicatura).
  Semina  a  spaglio con abbondanza di seme alle prime piogge di fine
estate e interramento con erpice.
  Concimazione: nessuna.
  Interramento: all'uscita dall'inverno,  mediante  aratura  a  media
profondita' (0,20-0,25 cm), comunque prima che le piante disseminino.
 
                 Lavorazioni e struttura del terreno
                             MOTIVAZIONI
  Nell'ambito  delle  lavorazioni principali, la tradizionale aratura
e, all'opposto,  la  non  lavorazione  o  l'inerbimento  del  terreno
sembrano  essere le tecniche maggiormente in grado di determinare nel
tempo piu' o meno consistenti modificazioni dell'ambiente pedagogico.
  Le lavorazioni hanno effetti profondi ed evidenti, anche se piu'  o
meno  duraturi,  sulla struttura del suolo, coinvolgendo i molteplici
fattori che la influenzano.
  Le lavorazioni profonde causano  la  distribuzione  delle  sostanze
organiche  in  tutto  lo spessore interessato; viene cosi' ridotto il
livello umico nello strato piu' superficiale e, in  complesso,  viene
aumentata   la  velocita'  di  mineralizzazione;  aumenta  quindi  la
produzione di azoto nitrico, utile per la nutrizione delle piante, ma
anche potenzialmente lisciviabile.
  Nelle colture arative le lavorazioni determinano  a  lungo  termine
abbassamenti  del  livello di sostanza organica con tendenza verso un
punto di equilibrio piu' basso  di  quello  iniziale;  nel  caso  del
passaggio  da  prato  stabile  a  seminativo,  il calo della sostanza
organica puo' essere  piu'  rapido;  letamazioni  e  interramenti  di
residui  tendono  a  innalzare il livello di sostanza organica, ma in
tempi comunque lunghi e dove l'effetto inverso delle lavorazioni  non
annulli  gli  incrementi.  Al di sotto di livelli critici di sostanza
organica. sono possibili effetti negativi sulla struttura  e/o  sulla
fertilita' attuale e potenziale.
  Le   lavorazioni   principale  e  secondaria  del  terreno  causano
variazioni di porosita' che non sono uniformi nel profilo ne',  tanto
meno, interessano indifferentemente i pori di tutte le dimensioni.
  L'aumento  di porosita' interessa soltanto lo strato lavorato, dove
si incrementano i pori di dimensioni maggiori e praticamente  restano
invariati  quelli  di  dimensioni  minori. Tale macroporosita' creata
dalle lavorazioni  e'  nel  tempo  soggetta  a  diminuzioni,  la  cui
intensita'  e'  funzione  del tipo di suolo, degli agenti meteorici e
delle pratiche colturali.
  La non lavorazione e l'inerbimento  se,  da  un  lato,  favoriscono
entrambe  il  mantenimento  o  la  crescita del contenuto di sostanza
organica del terreno,  dall'altro  lato,  singolarmente  prese  hanno
effetti  opposti  sulla  ripartizione  dell'acqua tra ruscellamento e
infiltrazione: la non lavorazione favorisce il  primo,  l'inerbimento
facilita la seconda.
  Con  queste  pratiche  colturali conservative, la macroporosita' e'
ridotta  al  minimo,  salvo  il   caso   di   terreni   soggetti   al
crepacciamento.  Riguardo  alla  capacita'  del  terreno a trattenere
l'acqua, i macropori hanno un ruolo di serbatoio  transitorio,  utile
per  evitare  il ruscellamento e favorire l'infiltrazione; l'acqua e'
invece trattenuta piu' stabilmente nei micropori  che  sono  pertanto
importanti  nel sottrarre l'acqua alla percolazione, mettendola poi a
disposizione delle piante.
                               AZIONI
  L'inerbimento e' particolarmente efficace sui terreni  in  pendenza
nel   ridurre   il  ruscellamento  superficiale  e,  di  conseguenza,
l'apporto di nitrati nelle acque  dei  corpi  idrici  di  superficie.
Inoltre, il terreno ha una minore potenzialita' di lasciare percolare
l'acqua  a  causa  della  sua maggiore capacita' di immagazzinamento,
conseguenza del consumo idrico del manto erboso.
  E' ormai  sufficientemente  assodato  che  e'  possibile  diminuire
l'intensita'  delle  lavorazioni  del  terreno (profondita', numero e
tipo) senza riduzione della  produzione  delle  colture  in  numerose
situazioni  pedoclimatiche.  La  natura  del  terreno  e'  l'elemento
determinante  la  decisione  sull'opportunita'  di  una   lavorazione
principale.  Su  terreni  massivi  per  caratteristiche di tessitura,
quali quelli  limosi  o  anche  limoso  sabbiosi,  oppure  in  quelli
asfittici  perche' di cattiva struttura, saranno necessari interventi
piu'  frequenti  con  lavorazioni  atte  a   creare   macroporosita'.
L'opportunita'  di fare lavorazioni puo' derivare dalla necessita' di
interrare   residui   colturali   o   materiali   organici,    oppure
dall'esigenza di pareggiare il terreno sul quale siano rimaste tracce
marcate  di  passaggio  di macchine. Va comunque tenuto presente che,
nella maggioranza dei casi, non  appare  opportuno  fare  lavorazioni
principali  di  una  certa  consistenza tutti gli anni e per tutte le
colture. Per esempio, puo' non essere necessaria  l'aratura  dopo  la
bietola  che  sara'  seguita dal frumento; dopo le colture da rinnovo
l'aratura eseguita post-raccolta specie su terreno argilloso e  umido
produce effetti negativi.
  Le  lavorazioni secondarie che riguardano la preparazione del letto
di semina devono tener conto delle diverse esigenze delle colture, ma
senza sminuzzare  troppo  in  anticipo  il  terreno  per  evitare  la
formazione  di  croste  superficiali.  Inoltre, si stanno sempre piu'
diffondendo seminatrici capaci di operare su terreni anche compatti.
  Nel  caso  in  cui  le piogge autunnali o primaverili ostacolino le
lavorazioni in presemina, puo' essere opportuna una semina su sodo.
  Per il contenimento delle malerbe, le  lavorazioni  possono  essere
sostituite  da  operazioni  di  diserbo  effettuate  con  conveniente
anticipo sulla semina e con prodotti di cui sia ampiamente dimostrata
la compatibilita' ambientale.
 
                            Sistemazioni
                             MOTIVAZIONI
  Scopi  delle  sistemazioni  idraulico-agrarie dei terreni coltivati
sono,  tradizionalmente,   quello   di   ridurre   il   ruscellamento
superficiale   nei   terreni   declivi  e  quello  di  assicurare  la
evacuazione delle acque saturanti nei terreni piani.
  Nel primo caso lo scopo si persegue con affossature che frenano  il
ruscellamento,   nel   secondo  caso  con  un  sistema  di  drenaggio
sotterraneo o, piu' comunemente, con affossature a cielo aperto.
  E' nei terreni di pianura che la sistemazione idraulico-agraria  fa
conseguire  importanti  benefici  ambientali oltreche' agronomici: il
rapido smaltimento idrico conseguente alla  sistemazione  fa  si  che
l'acqua  gravitazionale  con i nitrati in soluzione ha meno tempo per
percolare verso la falda trovando  vie  di  piu'  rapida  evacuazione
nella  rete di fossi o dreni che la convogliano nella rete idrologica
superficiale.
                               AZIONI
  Nelle  aree  vulnerabili,  le   sistemazioni   di   pianura   vanno
incoraggiare  al  massimo,  in  quanto consentono anche la protezione
delle acque profonde.
  Vanno previsti fossi o dreni  razionalmente  disposti,  specie  per
quanto  riguarda  la  distanza,  la  quale dovra' essere stabilita in
funzione delle caratteristiche tessiturali e strutturali del  terreno
e  pluviometriche  del  sito. Molto utile ad accelerare l'evacuazione
delle acque saturanti superficiali verso le  affossature  risulta  la
"baulatura" dei campi.
  Per  contenere l'erosione vanno auspicate le sistemazioni collinari
classiche, che hanno  svolto  in  passato  un  ruolo  fondamentale  e
conservano  tuttora  piena  validita'  tecnica,  ma  oggi sono spesso
trascurate  o  abbandonate  per  motivi  economici  e   di   gestione
aziendale;  le tecniche alternative piu' semplici e meno costose oggi
disponibili (non  lavorazione  o  lavorazione  minima,  pacciamatura,
inerbimento  parziale  o  totale,  diserbo chimico parziale o totale)
sono   caratterizzate   da   differenti   livelli   di   contenimento
dell'erosione  e delle perdite di elementi nutritivi e pertanto vanno
scelte e calibrate in relazione alla singola situazione reale.
     La produzione di effluenti zootecnici da parte del bestiame
 allevato e' la conseguenza della normale attivita' biologica; essa
 dipende dalla efficienza con la quale l'organismo animale trasforma
                       gli alimenti ingeriti.
Vi e' stato in questi ultimi  decenni  un  consistente  miglioramento
nell'efficienza  degli  organismi  ammali allevati, per effetto della
selezione e della migliore conoscenza da parte degli allevatori delle
tecniche di allevamento e' di alimentazione.
La composizione degli effluenti zootecnici e' variabile in dipendenza
della specie allevata, delle tecniche di allevamento, delle modalita'
di raccolta e  manipolazione  delle  deiezioni.    Nell'ambito  delle
tecniche   di   allevamento   si   devono   considerare  gli  effetti
dell'allevamento  su  lettiera  di  paglia  di  cereali  o  su  altri
materiali,  come  segature  di  legno,  torbe ecc., dell'asportazione
delle  deiezioni  con  tecniche  innovative  e  delle  modalita'   di
alimentazione.  In  ogni  caso  la quantita' globale di deiezioni, di
azoto, di fosforo, di potassio,  di  metalli  e  di  residui  che  si
trovano  nelle  deiezioni  dipende  dalla  differenza  fra  la  quota
ingerita con gli alimenti e la quota di elementi nutritivi trattenuta
e trasformata in produzioni.
Per ridurre la  produzione  di  deiezioni,  in  termini  generali  di
sostanza  secca  eliminata con gli effluenti zootecnici, l'intervento
piu' efficace e' quello di rendere massima l'efficienza con la  quale
funziona in generale la macchina animale.
Si  tratta di rendere il piu' basso possibile l'indice di conversione
per qualsiasi produzione si intenda realizzare. In  pratica  si  deve
tendere  a  rendere minima la quantita' di sostanza secca di alimento
per unita' di prodotto ottenuto (carne,  latte,  lana,  uova;  ecc.).
Questo  obiettivo  e' perseguibile seguendo due strade: miglioramento
genetico e corretta formulazione della dieta.
Miglioramento genetico
MOTIVAZIONI
  Il  miglioramento  genetico  si  pone  l'obiettivo  di   migliorare
l'efficienza  della  macchina  animale,  inteso fondamentalmente come
rapporto fra unita' di prodotto (alimenti)  ingerito  per  unita'  di
prodotto fornito (latte, carne, uova, ecc.) nell'unita' di tempo.
  La  correlazione  genetica  fra  quantita' di alimenti ingeriti per
unita' di prodotto fornito e queste stesse unita' e' molto prossima a
meno uno.
  Le ragioni di questa stretta  relazione  sono  da  ricercare  nella
ripartizione  dell'energia  e  dei elementi nutritivi ingeriti in una
quota di mantenimento e in una di produzione. Accade che l'energia  e
la  quota  di principi nutritivi da impegnare per l'ottenimento della
quota di produzione sono  difficilmente  modificabili  in  una  dieta
correttamente  predisposta,  mentre  si  puo' incidere sulla quota di
mantenimento necessaria per unita' di prodotto.
  Infatti, la quota di elementi nutritivi e di energia necessaria per
ottenere una unita' di prodotto, ovvero la quota  di  produzione,  e'
relativamente costante ed indipendente dall'entita' della produzione,
mentre  la  quota  di  mantenimento  per  unita'  di prodotto dipende
dall'entita' della produzione. Ne deriva  che,  entro  i  limiti  del
potenziale genetico, quante piu' quote di prodotto si ottengono da un
singolo  animale  allevato  tanto maggiore e' l'efficienza per minore
quantita' di elementi nutritivi e di energia necessari per soddisfare
la quota di mantenimento. La quota di mantenimento  e'  funzione  del
peso vivo o piu' correttamente del peso metabolico degli animali. Per
cui  se,  ad  esempio,  si confrontano i fabbisogni di due vacche del
peso di 600 kg con produzioni differenziate, una di 20 kg di latte al
giorno, l'altra di 40  kg  di  latte,  con  la  stessa  composizione,
l'energia  richiesta per kg di latte prodotto e' analoga per la quota
di produzione, ma l'energia richiesta per la quota di mantenimento da
attribuire a ciascun kg di latte e' doppia. I due animali di identico
peso hanno le stesse necessita' di mantenimento  da  dividere  in  un
diverso  quantitativo  di  latte.  Lo stesso dicasi per le scrofe che
producono piu' o meno suinetti, per le ovaiole e  per  i  maggiori  o
minori incrementi degli animali in accrescimento.
                               AZIONI
  Si  puo'  intervenire  sia  potenziando  geneticamente l'attitudine
produttiva, sia soprattutto accrescendo il rapporto  fra  animali  in
produzione  e  animali  non  in  produzione  attraverso  la riduzione
dell'intervallo anteparto e  di  quello  fra  i  parti  e  attraverso
l'allungamento della carriera produttiva.
  Metodologicamente,  oltre all'adozione delle modalita' usuali per i
caratteri quantitativi, non vanno trascurate  tecniche  innovative  -
trasferimento  e  sessaggio degli embrioni, splitting ecc.  - qualora
ne sia dimostrato nella pratica attuazione,  non  solo  il  vantaggio
economico.
                      GESTIONE DELL'ALLEVAMENTO
                      Formulazione della dieta
                             MOTIVAZIONI
  I   fattori   alimentari   che   influiscono   sull'efficienza   di
utilizzazione  dei  componenti  della  dieta  attengono   all'apporto
quantitativo e qualitativo dei componenti gli alimenti, e soprattutto
ai  rapporti  fra  i  vari  elementi  nutritivi.  I  rapporti  fra  i
componenti  la  dieta  con  lo  svilupparsi  delle   conoscenze   sul
metabolismo  dei  principi nutritivi stanno acquisendo una importanza
sempre maggiore. Una particolare  attenzione  e'  stata  posta,  fino
dalla  fine  degli  anni  settanta,  ai  rapporti fra i componenti le
frazioni azotate. In particolare sono stati oggetto di attenzione  il
rapporto  fra  azoto  non proteico ed azoto proteico vero, i rapporti
fra gli amminoacidi componenti le proteine vere, con l'indicazione di
rapporti  generici  fra  gli  aminoacidi  non  essenziali  e   quelli
essenziali  e  piu'  specificatamente  con  la  proposta  di proteine
ideali, definite dal rapporto  fra  gli  amminoacidi  essenziali.  In
misura  maggiore  o  minore  questo  problema e' stato affrontato per
tutte le specie.
  A prescindere dalla mancanza di concordanza fra i vari  ricercatori
nella definizione dei parametri della proteina ideale e' emersa molto
chiara  la constatazione che le diete che non tengono conto di questi
aspetti, comportano eccessi proteici e per di piu' ridotta efficienza
di utilizzazione. Nelle diete a ridotta  efficienza  e'  maggiore  la
quota  di  azoto  eliminato con le urine; e' questa la quota di azoto
piu' facilmente volatilizzabile e che in relazione alle condizioni di
allevamento e di utilizzo agronomico  dei  reflui,  puo'  raggiungere
percentuali  molto  rilevanti.  I  sistemi  normalmente applicati dai
formulisti nello studio e nella ottimizzazione  dei  razionamenti  si
basano  su criteri che poco tengono in considerazione questi aspetti.
Basti pensare che, rispetto ai normali  livelli  di  tenore  proteico
utilizzati  nelle  diete  per  suini,  teoricamente sarebbe possibile
ridurre l'apporto azotato di oltre il 50%, assicurando ugualmente  il
soddisfacimento  dei  fabbisogni  azotati anche in animali ad elevato
livello produttivo.
  Inoltre  va  considerato  che  di  norma  non  vengono   presi   in
considerazione   gli   effetti   dei   fattori   che   peggiorano  la
utilizzabilita' degli alimenti, detti fattori  antinutrizionali,  che
agiscono  sia  peggiorando  la digeribilita' sia aumentando, anche in
misura molto rilevante, le perdite di azoto endogeno  a  livello  del
tubo digerente.
  Queste  considerazioni  valgono  anche  per  altri componenti della
dieta che possono contribuire a dare origine a residui inquinanti.
                               AZIONI
  Devono  tendere  all'ottimizzazione  della  dieta commisurandone la
composizione ai fabbisogni. Lo si puo' realizzare attraverso:
  a) la formulazione e l'adozione di diete appropriate  in  rapporto,
nell'ambito  della specie, sia alle fasi biologica e fisiologica, sia
all'entita' e alla qualita' delle produzioni;
  b) un equilibrio dei componenti azotati fra loro e  con  gli  altri
componenti che possono agire sulla loro utilizzazione;
  c)   l'esclusione   o   la   riduzione   al   minimo   di   fattori
antinutrizionali;
  d) l'aumento della percentuale di sostanza secca della dieta;
  e)  l'inclusione  di  sostanze  che  permettono   di   ridurre   la
percentuale  di  azoto  escreto  con  le  urine  (carboidrati a buona
fermentescibilita' cecale, estratti di vegetali, alluminosilicati).
  E' evidente che l'allevatore in generale non sempre puo'  assolvere
da  solo  alla  corretta formulazione della dieta per i suoi animali,
motivo per cui e'  opportuno  si  rivolga  ai  Servizi  regionali  di
assistenza  tecnica,  ovvero si avvalga dei risultati della ricerca e
sperimentazione promossa e coordinata dalla Pubblica Amministrazione.
  Il tenore in azoto delle deiezioni e la loro qualita' agronomica
 sono influenzati da numerosi fattori che hanno peso, alcuni, sulla
 qualita' escreta (condizioni di allevamento, razione alimentare ed
 in particolare tenore proteico e qualita' delle proteine) ed altri
 sulle perdite che si verificano durante la conservazione (tipologia
 degli stoccaggi, trattamenti di stabilizzazione, di separazione dei
  solidi, ecc.) ed al momento e successivamente alla distribuzione
      (sistemi di distribuzione ad alta e bassa pressione, per
  strisciamento o interramento; presenza o assenza di vegetazione,
                               ecc.).
L'elevato  numero  di  fattori  interessati  e  le  loro   reciproche
interazioni  rendono  necessario  intervenire  sia sulle strutture di
allevamento che sui successivi trattamenti degli effluenti prevedendo
adeguati stoccaggi.
La diffusione di odori sgradevoli rappresenta inoltre un ulteriore  e
serio  condizionamento  all'impiego,  quali fertilizzanti, dei reflui
zootecnici soprattutto se questi possono interessare terreni agricoli
in prossimita' di zone abitate.
Strutture dell'allevamento
MOTIVAZIONI
  Sia negli insediamenti esistenti che soprattutto in quelli di nuova
impostazione  si  dovra'  considerare  l'opportunita'   di   adottare
soluzioni  d'allevamento  in  grado  di  migliorare  sia  la qualita'
dell'ambiente interno, sia le  caratteristiche  dei  reflui  ai  fini
dell'utilizzo agronomico.
  Gli effluenti, infatti, in funzione della tipologia del ricovero (e
del management) possono essere:
  liquami:  deiezioni  piu'  o meno diluite con acque di lavaggio, di
veicolazione o  per  perdite  dell'impianto  idrico  e  sprechi  agli
abbeveratoi.  Si  considerano  liquami  anche  i  materiali ispessiti
derivanti da sedimentazione e le acque utilizzate per il lavaggio  di
pavimentazioni  o  impianti  (es.  tipico la sala di mungitura) o che
comunque dilavano  deiezioni  anche  se  in  quantita'  relativamente
contenute  (es.  acque  piovane  che  dilavano  le  aree di esercizio
scoperte);
  materiali  solidi: effluenti in forma palabile che danno luogo alla
formazione di cumuli.
  Sono da adottare le soluzioni costruttive che limitano  il  consumo
idrico ai fabbisogni fisiologici degli animali
                               AZIONI
  Applicando, a livello operativo, tali considerazioni si ricavano le
seguenti indicazioni.
NEGLI ALLEVAMENTI PER BOVINI:
  a)   Evitare   stalle   libere  "aperte"  con  zone  di  riposo  ed
alimentazione separate da una zona di esercizio scoperta.
  E' una soluzione ancora molto diffusa, soprattutto per  il  giovane
bestiame da rimonta, e che va invece decisamente sconsigliata.
  b)  Privilegiare  le  soluzioni "accorpate" nelle quali, durante le
stagioni sfavorevoli, sia possibile escludere le zone scoperte.
  c)  Favorire  le  soluzioni  "elastiche"  che,   in   presenza   di
disponibilita'  di materiali da lettiera, consentono di passare dalla
produzione di liquame alla produzione di deiezioni solide (cio' porta
a limitare l'uso del pavimento fessurato).
  d) Fare particolare attenzione al settore della mungitura  prevede-
ndo  soluzioni  che  evitino/riducano  l'uso di acqua per il lavaggio
delle pavimentazioni e degli impianti.
NEGLI ALLEVAMENTI SUINI:
  e) Evitare soluzioni costruttive che richiedono le effettuazioni di
lavaggi delle pavimentazioni e l'impiego di acqua per la veicolazione
delle deiezioni.
  L'adozione della pavimentazione fessurata su tutta, o parte,  della
superficie  del  box  consente  di evitare i lavaggi. Per ottenere la
movimentazione delle deiezioni raccolte nelle  fosse  sottostanti  e'
necessario   che   queste   siano   realizzate   e  gestite  in  modo
particolarmente  accurato.  In  particolare  sono   da   privilegiare
soluzioni  che prevedono lo svuotamento discontinuo e frequente o che
consentono l'allontanamento, per semplice gravita', dei solidi.
  f) Evitare la realizzazione delle fosse di stoccaggio  dei  liquami
sotto al fessurato ed all'interno del ricovero.
  Tale  situazione,  oltre  che  di  solito  piu'  costosa,  presenta
numerose controindicazioni, in particolare:
  - induce un aumento delle emissioni di gas  nocivi  (NH3,  H2S)  in
ambiente a causa della maggior permanenza dei liquami nel ricovero;
  -  la  maggior  profondita'  delle fosse aumenta la probabilita' di
interessare per  impermeabilizzazione  non  perfetta  le  falde  piu'
superficiali con pericoli di diluizione dei liquami per l'ingresso di
acqua, o inquinamento delle falde per fuoriuscita di liquami;
  - in caso di presenza di fosse dovra' essere realizzato un adeguato
stoccaggio  esterno ove effettuare il trattamento di omogeneizzazione
dei liquami, pratica indispensabile per  un  loro  corretto  utilizzo
agronomico;
  -  non  e' possibile conservare i liquami, per il periodo minimo di
"cautela sanitaria", evitando la immissione di materiale fresco nelle
fosse;
  Le fosse interne al ricovero dovranno quindi essere progettate solo
per la "veicolazione" dei  liquami  e  non  per  il  loro  stoccaggio
prolungato. In pratica non si dovra' superare una altezza complessiva
di 80-100 cm.
  g)  Adottare  accorgimenti  per  evitare  ogni spreco d'acqua degli
abbeveratoi. E' questo un problema ancora  troppo  spesso  trascurato
che  deve  invece  rientrare  nelle  specifiche dei requisiti di ogni
impianto idrico. Un ruolo importante, oltre  al  tipo  ed  al  numero
degli  abbeveratoi,  e' svolto dalle modalita' di installazione e dal
livello della pressione di erogazione.
  h) Optare, nella progettazione di nuovi insediamenti, a  favore  di
soluzioni  che prevedano un maggior tempo di permanenza degli animali
nello stesso ambiente. In questo modo se ne riducono gli  spostamenti
e,  di conseguenza, anche le operazioni di lavaggio richieste ad ogni
ristallo.
NEGLI ALLEVAMENTI AVICOLI IN GABBIA:
  i) Per quanto riguarda gli interventi strutturali e' consigliabile:
  - installare all'interno  del  ricovero,  o  in  ricovero  annesso,
sistemi  che utilizzano l'aria esausta per la predisidratazione della
pollina, in modo da portare l'umidita' relativa a un  livello  al  di
sotto  del  quale si riducono sensibilmente l'attivita' ureasica e le
fermentazioni. Si viene cosi a disporre di un materiale che  conserva
il proprio tenore in azoto, non maleodorante, di volume piu' ridotto,
facilmente spandibile;
  -  l'installazione  di  abbeveratoi  e di mangiatoie antispreco: si
riducono il volume e la  diluizione  della  pollina  e,  assieme,  le
emissioni di odori;
  -  la  coibentazione  adeguata  del  ricovero al fine di consentire
elevati  volumi  di   ventilazione   con   effetto   positivo   sulla
predisidratazione della pollina nonche' sul benessere degli animali.
  l)   Relativamente   alle   buone  pratiche  gestionali  bisognera'
prevedere:
  - una riduzione del numero di animali per gabbia in accordo con  la
normativa   sul  benessere  degli  animali:  la  distribuzione  delle
deiezioni su di una superficie piu' ampia, favorisce la riduzione del
tenore di umidita' delle medesime;
  - ventilazione efficace nel periodo estivo, eventualmente  abbinata
al   raffrescamento,   per  contenere  l'innalzamento  termico  e  la
conseguente eccessiva  assunzione  di  acqua  di  abbeverata  che  si
traduce, a sua volta, in deiezioni piu' liquide.
NEGLI ALLEVAMENTI AVICOLI A TERRA:
  m) Per quanto riguarda gli interventi struttuali e' consigliabile:
  -  la  coibentazione  adeguata dei ricoveri, compreso il pavimento,
con eliminazione dei ponti termici e con barriera  vapore:  oltre  al
beneficio  del  risparmio  energetico,  si  evita  la  formazione  di
condensa e, di conseguenza, la umidificazione della lettiera;
  - l'installazione di sistemi di abbeverata studiati per evitare  la
dispersione   di  acqua  sulla  lettiera,  con  erogatori  in  numero
sufficiente ad evitare il medesimo effetto;
  - un numero di alimentatori sufficiente ad evitare competizione tra
gli animali e conseguenti spargimenti di mangime sulla lettiera.
  n) Relativamente alle buone pratiche gestionali  bisognera'  tenere
presente che:
  -  gli  erogatori  dell'acqua dovranno essere aggiustati ad altezza
degli occhi, man mano che i soggetti crescono,  in  modo  da  evitare
sprechi e bagnamento della lettiera;
  -  la lettiera dovra' essere mantenuta ad uno spessore adeguato per
una incorporazione efficace delle deiezioni;
  -  la  formulazione del mangime deve essere tale da non favorire la
formazione di deiezioni acquose;
  - la densita' di  animali  dovra'  rispettare  gli  standard  della
normativa sul benessere: ne consegue un carico ridotto sulla lettiera
che   favorisce   una  trasformazione  corretta  della  medesima  con
riduzione delle emissioni di azoto e di odori.
               GESTIONE DEGLI EFFLUENTI DI ALLEVAMENTO
               Caratteristiche stoccaggi per effluenti
                             MOTIVAZIONI
  La corretta utilizzazione agricola degli effluenti  di  allevamento
presuppone  che questi siano resi disponibili nei periodi piu' idonei
sotto il profilo agronomico, e nelle condizioni piu' vantaggiose  per
la loro distribuzione.
  Per questo e' necessario disporre di adeguati contenitori che siano
in grado di assicurare agli effluenti di allevamento:
  un periodo di stoccaggio sufficiente a programmare la distribuzione
nei periodi piu' adatti alle colture;
  la  riduzione  della  carica  microbica  con  la eliminazione degli
eventuali agenti patogeni presenti;
  una sufficiente "maturazione" per garantire la stabilizzazione  con
valide caratteristiche agronomiche.
  I  contenitori dovranno essere realizzati e gestiti in modo tale da
evitare rischi di inquinamento delle acque superficiali e sotterranee
e da ridurre le emissioni in atmosfera.
                               AZIONI
DIMENSIONAMENTO
  I  contenitori  degli  effluenti  di  allevamento  dovranno  essere
dimensionati  considerandone  la  complessiva  produzione giornaliera
(deiezioni palabili, liquami, acque di lavaggio e acque  piovane)  ed
il  periodo  di  stoccaggio  necessario  per programmare una corretta
distribuzione. Quest'ultimo e'  strettamente  legato  all'ordinamento
colturale  aziendale  ed  alle  caratteristiche  pedoclimatiche della
zona.
  Difficilmente comunque risulta possibile un  corretto  impiego  dei
liquami se non si dispone di contenitori in grado di garantire almeno
i 140-150 giorni di stoccaggio.
  Un  orientamento  prudenziale,  che  tenga  quindi  conto  anche di
possibili andamenti climatici sfavorevoli, porta a  considerare,  per
il Nord-Italia, una estensione di tale periodo a 180 giorni.
  Meno  pressante e' questa esigenza al Centro-Sud dove le condizioni
climatiche piu' favorevoli risultano meno vincolanti per il  corretto
impiego dei liquami.
  Piu'  contenuto  puo'  essere  il  periodo  di  stoccaggio  per  le
deiezioni pagliose ed i materiali solidi palabili (90-120 giorni) che
sono caratterizzati da una  maggiore  compatibilita'  ambientale  che
puo'  consentire,  se  necessario, sia la distribuzione invernale sui
prati, sia il prolungamento dello stoccaggio direttamente a  pie'  di
campo.  In  tal  caso lo stoccaggio temporaneo su terreno nudo dovra'
essere evitato in prossimita' di terreni particolarmente permeabili e
comunque dovra' prevedere  la  formazione  di  un  solco  perimetrale
isolato idraulicamente dal reticolo scolante.
CARATTERISTCHE COSTRUTTIVE
  Per  i  materiali  liquidi e' necessario prevedere lo stoccaggio in
bacini  a  perfetta  tenuta,  impermeabili  per  natura  del  sito  o
impermeabilizzati   artificialmente;   qualora  siano  interamente  o
parzialmente interrati dovranno essere realizzati  al  di  sopra  del
livello  massimo  di  escursione  del  pelo  libero della prima falda
acquifera.
  Mentre per  i  contenitori  di  stoccaggio  realizzati  in  cemento
armato,  se  correttamente costruiti, la impermeabilita' e' garantita
dalle caratteristiche stesse del materiale, per le  lagune  in  terra
tale  impermeabilita'  dovra' essere assicurata dalle caratteristiche
proprie del terreno  e  da  uno  spessore  sufficiente  dello  strato
compattato (almeno 50 cm).
  Nel  caso in cui il coefficiente di permeabilita' del fondo e delle
pareti non risulti  sufficiente  (K<1  x  l0-7  cm/s)  e'  necessario
provvederne   l'impermeabilizzazione   con  rivestimenti  artificiali
(geomembrane) che abbiano  garanzie  di  congrua  durata  (almeno  10
anni).
  Per  avere  garanzie  sul livello di autodisinfezione e' necessario
che i  liquami  siano  stati  conservati  per  almeno  40-5O  giorni,
evitando la immissione di materiale fresco. A tale fine lo stoccaggio
dovra'  essere  realizzato  con  piu'  comparti  o  suddiviso in piu'
bacini.
  Motivi di sicurezza e di facilita' di gestione consigliano  di  non
realizzare  bacini con volume unitario superiore ai 5000 mc, anche se
per facilita' di gestione e' opportuno non superare i 2000-3000 mc.
  E' necessario inoltre prevedere un sufficiente franco di  sicurezza
(30-50  cm)  tra  livello massimo del battente liquido e il bordo del
bacino, per fare fronte a situazioni improvvise ed impreviste.
  Il volume dei contenitori dovra' essere  aumentato  del  volume  di
acqua piovana che vi si raccoglie nel periodo di stoccaggio
  E'   opportuno   infine   prevedere  la  possibilita'  di  accedere
all'interno dei bacini per poter eseguire, con  cadenza  pluriennale,
operazioni  di pulizia e controllo delle eventuali attrezzature fisse
(saracinesche, tubazioni, ecc.).
  Sono consigliabili bacini a pareti verticali per liquami tal  quali
o   frazioni   dense   derivanti  da  processi  di  sedimentazione  o
flottazione.  Cio'  al  fine   di   migliorare   l'efficienza   delle
attrezzature  di  miscelazione.  Sono  accettabili,  per  le frazioni
chiarificate, bacini con un rapporto superficie/volume superiore (nei
liquami  chiarificati  l'azoto,  presente  prevalentemente  in  forma
ammoniacale,  si diffonde naturalmente in modo uniforme e pertanto e'
meno sentita l'esigenza della miscelazione).
  Per i materiali palabili e' necessario prevedere lo  stoccaggio  in
apposite  concimaie, realizzate su platee impermeabilizzate dotate di
cordolo  perimetrale  e  provviste  di  pozzetti  di   raccolta   del
percolato, di adeguate dimensioni.
  La  semplice  formazione  di un cumulo di altezza non superiore a 2
metri  e  il  suo  eventuale  rivoltamento  garantiscono  una  idonea
maturazione  del letame e lo sviluppo di temperature sufficientemente
elevate per controllare i patogeni, tanto che ne puo' essere previsto
l'impiego con sufficiente tranquillita' dopo tre settimane.
                      Trattamento degli effluenti
                      LA SEPARAZIONE DEI SOLIDI
                             MOTIVAZIONI
  Nei liquami zootecnici  sono  presenti  solidi  sospesi,  di  varia
granulometria,  che  si  possono  ripartire,  approssimativamente, in
particelle grossolane (dimensioni > 0,1  mm)  e  in  particelle  fini
(dimensioni <0,1 mm).
  L'applicazione  di tecniche di separazione consente di ottenere una
frazione chiarificata ed  una  frazione  inspessita,  di  consistenza
pastosa  o  palabile  a  seconda  del  dispositivo  adottato,  la cui
gestione risulta, nella maggior  parte  delle  situazioni  aziendali,
piu' razionale di quella del liquame tal quale.
  Sulla frazione chiarificata risultano infatti piu' agevoli:
  il  pompaggio  per  l'uso  fertirriguo e per la rimozione idraulica
delle deiezioni dai ricoveri;
  la miscelazione e la stabilizzazione, con riduzione  delle  potenze
installate  e,  di conseguenza, dei consumi di energia elettrica, per
le  attrezzature  di  movimentazione  (pompe,   miscelatori)   e   di
trattamento (aeratori);
  il  convogliamento mediante tubazione e/o l'impiego di attrezzature
per lo spandimento caratterizzate dalla presenza di ugelli di piccolo
diametro.
  Anche la gestione  agronomica  dei  liquami  trae  vantaggio  dalla
separazione  dei  liquami  in  due  frazioni  a  diverso contenuto di
sostanza secca e di elementi nutritivi.
  La frazione chiarificata puo' essere utilizzata nelle aree a  minor
distanza  dai  contenitori  di  stoccaggio: grazie alla riduzione del
contenuto di azoto  e  fosforo  ottenuta  con  la  separazione,  tale
frazione  puo'  essere  applicata  con  volumi  superiori rispetto al
liquame   tal   quale.   Puo'   inoltre   essere    destinata    alle
somministrazioni  in  copertura,  sia  perche'  la minore presenza di
solidi   in   sospensione   riduce   sostanzialmente   il    fenomeno
dell'imbrattamento  fogliare,  sia  perche'  l'azoto  e'  presente in
prevalenza in forma  minerale  (azoto  ammoniacale)  ed  e'  pertanto
immediatamente disponibile per la nutrizione vegetale.
  La frazione inspessita e' caratterizzata, oltre che da una maggiore
concentrazione  di sostanza secca, di sostanza organica e di elementi
nutritivi, da una percentuale piu' elevata di azoto in forma organica
e, quindi, a lento rilascio (tra il 65  e  l'80%  dell'azoto  totale)
rispetto  al  liquame  tal  quale.  Grazie  a tali caratteristiche si
presta a essere impiegata come  ammendante  prima  delle  lavorazioni
principali dei terreni.
  La   separazione  solido-liquido,  oltre  che  per  ottimizzare  la
gestione dei liquami in ambito  aziendale,  puo'  avere  una  valenza
positiva  ai  fini della compatibilita' ambientale della zootecnia in
aree ad  elevata  vulnerabilita'.  La  quota  di  elementi  nutritivi
contenuta  nella  frazione  solida  puo'  infatti essere trasferita a
distanza, in aree non soggette a vincoli ambientali, con minori oneri
rispetto alla movimentazione di liquami tal quali. Inoltre, nel  caso
di  conferimento  a terzi, tale frazione, opportunamente stabilizzata
ed eventualmente valorizzata, puo' essere piu'  facilmente  richiesta
dagli agricoltori.
                               AZIONI
  E'  particolarmente utile effettuare la separazioni (dei solidi dai
reflui zootecnici prodotti in forma di liquame quando si verifica una
delle seguenti condizioni:
  - per dimensioni di stoccaggio superiori a 500 m3 :  le  operazioni
di  omogeneizzazione,  richieste in fase di prelievo dallo stoccaggio
del liquame tal quale per lo spandimento, sono complesse,  richiedono
forte  impegno  di  potenza;  operando  su  liquami  chiarificati  e'
possibile invece limitare la potenza installata e conseguire risparmi
energetici significativi (15-20%);
  - nella situazione in cui i vari appezzamenti a disposizione per lo
spandimento non siano accorpati e alcuni di essi siano posti a grande
distanza:  e'  economicamente  conveniente  trasportare  i  solidi su
questi ultimi, riservando alla frazione liquida i terreni posti a mi-
nor distanza dal centro aziendale;
  - quando il piano di spandimento  preveda  le  somministrazioni  di
liquami in copertura, ai fini di evitare gli imbrattamenti fogliari;
  -  nel caso in cui si utilizzino, per lo spandimento, linee fisse o
semifisse e/o dispositivi irrigatori  dotati  di  ugelli  di  piccolo
diametro.
  E' poi necessario distinguere tra:
  -  dispositivi per la separazione dei soli solidi grossolani (vagli
rotativi, statici e vibranti, vaglio centrifugo  ad  asse  verticale,
separatore cilindrico rotante, separatore a compressione elicoidale);
  -  dispositivi  per  la separazione dei solidi grossolani e fini, a
loro volta distinti in separatori per  gravita',  per  flottazione  e
meccanici (centrifughe e nastropresse).
                     Trattamento degli effluenti
                            MISCELAZIONE
                             MOTIVAZIONI
  Il  peso  specifico  delle  frazioni  solide sospese dei liquami e'
diverso;  a   cio'   consegue,   nella   fase   di   stoccaggio,   la
stratificazione  di  una  frazione  densa  di  fondo, di una frazione
intermedia chiarificata  e  di  una  frazione  flottante,  contenente
solidi  a  basso peso specifico, che gradualmente si asciuga. A parte
l'azoto ammoniacale e il potassio,  che,  essendo  presenti  in  fase
disciolta,  sono  uniformemente  distribuiti  nella  massa, gli altri
elementi della fertilita', in  particolare  il  fosforo,  seguono  la
disomogeneita' di distribuzione dei solidi sospesi.
  E' opportuno intervenire con mezzi atti a contrastare tale tendenza
alla  stratificazione, ai fini di ottenere un liquame di composizione
uniforme, per diversi motivi:
  facilitare il funzionamento dei dispositivi di movimentazione,  sia
che  si  debbano  trasferire i liquami tra contenitori di stoccaggio,
sia che si debba procedere allo spandimento;
  favorire la distribuzione dei liquami, soprattutto nel caso in  cui
si  impieghino  tubazioni  di  adduzione  e mezzi dotati di ugelli di
piccolo diametro;
  favorire lo svuotamento dei bacini nelle operazioni di spurgo;
  effettuare campionamenti rappresentativi dei liquami da  sottoporre
all'analisi  chimica  per  determinarne  il  potere  fertilizzante  e
calibrare le dosi di somministrazione;
  effettuare apporti omogenei  di  elementi  della  fertilita'  sulla
superficie trattata con i liquami.
  Alcune attrezzature effettuano la miscelazione contestualmente alla
immissione di aria nel liquame, operazione finalizzata alla riduzione
del   problema  degli  odori.  Il  trattamento  di  aerazione  verra'
esaminato in dettaglio successivamente.
                               AZIONI
  Per  miscelazione e/o omogeneizzazione, si intende una tecnica che,
mediante l'impiego di apposite  attrezzature  e  rispettando  precise
modalita'  operative, consente di ottenere un liquame di composizione
uniforme. Le linee guida nelle  applicazioni  della  miscelazione  ai
liquami zootecnici sono le seguenti.
  Nel   caso   di  liquami  tal  quali  sarebbe  opportuno  procedere
periodicamente  alla  miscelazione  durante  tutto  il   periodo   di
stoccaggio. Si puo' ritenere adeguata una miscelazione effettuata per
almeno 0,5-1 ora/settimana. Il consumo energetico risulta in tal modo
assai  modesto,  3-12  Wh-m-3  di  vasca alla settimana. E' opportuno
adottare per la miscelazione apposite attrezzature.  La  miscelazione
mediante ricircolo con pompa di sollevamento o con immissione di aria
in  pressione  o liquame da carrobotte non risulta efficace se non in
caso  di  bacini  di  dimensione   inferiore   a   200-300   m3.   Le
apparecchiature   che   permettono   la   maggiore   elasticita'   di
funzionamento e che meglio si adattano alle  differenti  geometrie  e
volumi   dei   bacini   sono   gli  agitatori  meccanici  posizionati
all'interno del  bacino.  E'  opportuno  sottoporre  i  liquami  alla
separazione solido/liquido prima della omogeneizzazione.
  In  tal modo e' possibile ridurre la potenza installata (la potenza
specifica richiesta dipende anche dal contenuto di solidi sospesi del
liquame) e ridurre i tempi di funzionamento dei miscelatori.
STABILIZZAZIONE
  La stabilizzazione facilita il processo di umificazione e  comporta
la  mineralizzazione  del  contenuto  di sostanza organica facilmente
degradabile. Essa consente di raggiungere due  obiettivi  principali:
ridurre  significativamente  i  processi  putrefattivi  a  carico del
materiale  trattato,  processi  di  decomposizione   della   sostanza
organica,  in  genere  anaerobici, che danno luogo alla formazione di
composti maleodoranti; ridurre  la  concentrazione  di  microrganismi
patogeni.
 
                     Trattamento degli effluenti
                        TRATTAMENTO AEROBICO
                             MOTIVAZIONI
  L'insufflazione  di  aria  nel  liquame  ha la funzione di favorire
l'azione  di  batteri  aerobici  facoltativi   che   indirizzano   la
degradazione  della sostanza organica verso la produzione di composti
non maleodoranti. Per il controllo degli  odori  e'  sufficiente  una
parziale  stabilizzazione  che si ottiene instaurando nella massa dei
liquami condizioni di ossigeno disciolto di poco superiori allo zero.
                               AZIONI
  Le macchine utilizzabili per il trattamento  aerobico  dei  liquami
zootecnici sono:
  - aeratori superficiali;
  - aeratori sommersi (a elica o eiettori);
  - aeratori con eiettori verticali su circuito.
  Tra queste attrezzature e' importante scegliere quelle che:
  -  garantiscano un'ossigenazione piu' uniforme della massa alle di-
verse profondita' (esigenza particolarmente sentita per i  liquami  a
elevata sedimentabilita', come quelli suini);
  - limitino la formazione di aerosol;
  -  consentano  di mantenere una temperatura dei liquami leggermente
superiore a quella rilevata con gli aeratori di superficie.
  Nella scelta e nel dimensionamento  dei  dispositivi  di  aerazione
andranno presi in considerazione i seguenti fattori:
  - caratteristiche dei liquami da ossigenare;
  - caratteristiche dei bacini di aerazione;
  - caratteristiche degli aeratori;
  - potenza specifica.
  Relativamente   alle   modalita'  di  impiego  degli  aeratori,  le
esperienze gia' maturate per i liquami zootecnici  consigliano  cicli
di  trattamento di 10-20 minuti all'ora sull'intero arco giornaliero,
per un totale di 4-8 ore al giorno.
  Tempi di trattamento prolungati  sono  richiesti  per  liquami  nei
quali  si  sono gia' attivati processi di degradazione anaerobica che
sono all'origine dei cattivi odori; e' quindi  consigliabile,  quando
si deve ossigenare, ottimizzare e rendere piu' frequente la rimozione
dei  liquami  dalle  stalle,  per  impedirne  il ristagno nelle fosse
sottostanti i fessurati e/o nella rete fognaria.
  E' consigliabile, inoltre,  che  il  liquame,  prima  di  qualsiasi
trattamento di ossigenazione, sia sottoposto a separazione dei solidi
sospesi.
  La rimozione dei solidi grossolani mediante vagliatura consente una
riduzione  di  circa  il 20% della potenza richiesta per l'aerazione.
La rimozione dei solidi fini mediante sedimentazione o con centrifuga
e nastropressa aumenta ulteriormente l'efficienza dell'ossigenazione.
                     Trattamento degli effluenti
                       TRATTAMENTO ANAEROBICO
                             MOTIVAZIONI
  Il  trattamento  anaerobico  in  condizioni  controllate porta alla
degradazione  della  sostanza  organica,  alla  stabilizzazione   dei
liquami  e  alla  produzione  di  energia  sotto forma di biogas, una
miscela formata per il 60-75% da metano e,  per  la  quota  restante,
quasi esclusivamente da anidride carbonica.
  La   digestione  anaerobica  del  liquame  non  comporta  riduzione
significativa ne' del volume ne' del contenuto di  azoto  e  fosforo.
Un buon abbattimento degli odori, pressoche' completo per quelli piu'
sgradevoli,  e'  ottenibile  con  impianti  nei  quali il processo di
digestione anaerobica sia condotto in condizioni mesofile (30-350C) o
termofile (50-550C).
  Buoni risultati possono essere raggiunti anche con la digestione  a
temperature  piu'  basse,  nell'intervallo  10-25  0C,  purche' siano
assicurati tempi adeguati di permanenza.
  L'abbattimento  del  carico  organico  carbonioso   ottenibile   in
digestione   anaerobica   conferisce   al  liquanne  una  sufficiente
stabilita' anche nei successivi  periodi  di  stoccaggio:  si  ha  un
rallentamento dei processi degradativi e fermentativi con conseguente
diminuzione nella produzione di composti maleodoranti.
  La   digestione  anaerobica  in  mesofilia  riduce  solo  in  parte
l'eventuale carica patogena presente nei liquami.
  Operando in termofilia (oltre 55C) e' possibile,  invece,  ottenere
l'effettiva igienizzazione del liquame.
  Tra   i   benefici   della  digestione  anaerobica  si  riporta  il
miglioramento della qualita' agronomica dei liquami. In questo  senso
puo'  interpretarsi  la trasformazione, che si verifica nel processo,
dell'azoto  organico,  a  lento  rilascio,   in   azoto   ammoniacale
prontamente   disponibile   per   la   nutrizione  vegetale.     Tale
modificazione  puo'  rappresentare  un  vantaggio  per  impieghi   in
presenza  delle  colture o in prossimita' della semina; tuttavia puo'
comportare perdite di maggiore entita' per volatilizzazione nel corso
dello spandimento  ed  accentuare  il  pericolo  di  percolazione  di
nitrati conseguenti a somministrazioni estive ed autunnali.
  Non  e'  poi  apprezzabile  il  miglioramento  della qualita' della
sostanza  organica,  in  quanto  la  digestione  anaerobica  comporta
principalmente  mineralizzazione  della  frazione organica facilmente
degradabile presente nei liquami.
  Il trattamento; anaerobico convenzionale (impianti mesofili ad alto
carico) puo' essere convenientemente impiegato:
  nell'ambito del ciclo depurativo di reflui zootecnici, per la  sola
stabilizzazione dei fanghi di supero primari e secondari;
  previa  una  accurata verifica dei bilanci energetici ed economici,
per la stabilizzazione  dei  liquami  in  impianti  interaziendali  o
consortili  di  potenzialita'  adeguata  e  che  prevedano  l'impiego
fertirriguo degli effluenti.
                               AZIONI
  Gli impianti proposti fino  a  un  recente  passato  dall'industria
(impianti  mesofili,  completamente  miscelati, ad alto carico) hanno
evidenziato  una  serie   di   limiti   non   superabili,   ai   fini
dell'inserimento in aziende zootecniche:
  -  costi  elevati  dovuti alla complessita' costruttiva: sistemi di
miscelazione e riscaldamento,  volumi  rilevanti  in  relazione  alla
diluizione  dei reflui zootecnici, complessi sistemi di utilizzazione
dell'energia prodotta;
  -  complessita'  gestionale  spesso non adeguatamente affrontata (e
affrontabile) nell'azienda agricola;
  - difficolta' nell'utilizzazione completa dell'energia prodotta.
  Una proposta tecnologica che ovvia almeno in parte a tali limiti  e
che  riveste  pertanto interesse per la singola azienda zootecnica e'
la digestione anaerobica in impianto semplificato.
  L'impianto  e'  ricavato  dalla  copertura   del   contenitore   di
stoccaggio  dei  liquami o di una sua parte. La copertura consente di
recuperare  il  biogas   che   spontaneamente   si   sviluppa   dalla
fermentazione anaerobica dei liquami a temperatura ambiente (nel caso
degli impianti a freddo) e in assenza di miscelazione.
  Nel caso degli impianti riscaldati, parte del calore ottenuto dalla
combustione  del  biogas  in caldaia o in cogeneratore viene inviata,
sotto forma di acqua calda, in  scambiatori  di  calore  semplificati
(serpentine) immersi nella vasca di stoccaggio.
LE APPLICAzIONI AZIENDALI
  E'  consigliabile che il liquame, prima di essere avviato al bacino
coperto, sia sottoposto a un trattamento di vagliatura per  rimuovere
i  solidi  sospesi  grossolani  che potrebbero dar luogo a formazioni
flottanti  al  di  sotto  della  copertura,  di  ostacolo   al   buon
funzionamento dell'impianto.
  Lo schema operativo piu' semplice consiste nel coprire, con il telo
in  materiale  plastico,  il  bacino utilizzato per lo stoccaggio dei
liquami zootecnici. E' questo uno schema che in genere comporta ampie
superfici coperte e basse rese in termini di  biogas  recuperato  per
unita' di superficie coperta.
  E'  difficile  infatti, in questo caso, localizzare la copertura al
di sopra di una zona di sedimentazione dei liquame; zona ove tende ad
accumularsi quel fango  organico  la  cui  mineralizzazione  comporta
produzione di biogas e stabilizzazione-deodo-rizzazione del liquame.
  Lo  schema  operativo  piu'  efficiente prevede la presenza di piu'
bacini, dei quali il primo ha funzione di sedimentatore, i successivi
di bacini di stoccaggio. La copertura ai fini  della  captazione  del
biogas  viene  prevista sul primo, dove e' maggiore la concentrazione
di sostanza organica digeribile.
  In tal modo, a parita' di efficienza nella  produzione  di  biogas,
risulta ridotta al minimo la superficie coperta.
                     Trattamento degli effluenti
                       COMPOSTAGGIO DEI SOLIDI
                             MOTIVAZIONI
  Il  compostaggio  e'  un  processo  controllato  di  decomposizione
ossidativa della sostanza organica operato da  microrganismi  aerobi;
rispetto  ai processi naturali conosciuti che portano ad esempio alla
formazione di letame e lettiera di bosco, e'  caratterizzato  da  una
maggiore  velocita' di trasformazione e da una notevole produzione di
calore che assicura la distruzione dei  germi  patogeni  e  dei  semi
delle   erbe   infestanti   eventualmente   presenti,  garantendo  un
sufficiente grado di igienizzazione del prodotto.
  Il prodotto ottenuto (compost) ha  un  elevato  valore  agronomico,
soprattutto  se  confrontato  con  i  reflui  zootecnici  tal  quali.
Infatti:
  e' un prodotto caratterizzato da un contenuto di sostanza secca del
60-70%,  stabilizzato  e non maleodorante. Cio' implica una riduzione
in peso (il peso del prodotto finale rappresenta il 25-30% di  quello
iniziale),  un  minore  volume  occupato, una piu' omogenea struttura
fisica, una gestione semplificata e agevole (e' stoccabile in  cumulo
e convenientemente trasportabile a distanza);
  la  sostanza  organica  presente  e'  stabilizzata  e  parzialmente
umificata; risulta, quindi,  convenientemente  impiegabile  in  pieno
campo,  anche  a  diretto  contatto  con le radici, per migliorare il
tenore di sostanza organica dei terreni e quindi la loro fertilita';
  fornisce le migliori garanzie di igienizzazione, grazie  alle  ele-
vate temperature che si raggiungono nel corso del processo;
  pur  essendo  un  ammendante, in funzione del materiale di partenza
(refluo  bovino,  suino  o  avicolo),  puo'  apportare  una  discreta
qualita' di elementi nutritivi;
  grazie  alle  caratteristiche  fisicochimiche che gli sono proprie,
trova impiego come substrato di coltivazione nel settore  orto-floro-
vivaistico,  e  anche in settori extra-agricoli; nel recupero di aree
degradate, nella realizzazione di manti erbosi.  quali parchi,  campi
sportivi. ecc.
  Per  tali caratteristiche puo' trovare una collocazione all'esterno
dell'area di  produzione  del  refluo  zootecnico  di  provenienza  e
rappresentare   pertanto   una  soluzione  quando  si  verifichi  una
situazione di eccedenza di  liquami  rispetto  alla  possibilita'  di
ufilizzazione agronomica in prossimita' dell'allevamento.
                               AZIONI
  Il compostaggio puo' essere applicato:
  -  a  deiezioni tal quali solo se il contenuto di sostanza secca e'
superiore al 2025% (pollina di ovaiole);
  - a deiezioni miste a lettiera;
  - a frazioni solide ottenute con dispositivi atti ad  assicurare  i
valori di secco opportuni (almeno il 25%).
  Tra  le  soluzioni  impiantistiche  attualmente disponibili le piu'
idonee  per  una  conveniente  applicazione  su  scala  aziendale   o
interaziendale sono:
  a)  Impianti  semplificati per la trasformazione in cumulo, di tipo
aperto. Sono utilizzabili per le frazioni solide di reflui suini, per
miscele di deiezioni bovine con  residui  organici,  per  miscele  di
fanghi di depurazione di liquami zootecnici con residui vegetali, per
le    polline   preessiccate.   Sono   costituiti   da   una   platea
impermeabilizzata,  correttamente  dimensionata,  attrezzata  per  il
convogliamento  e  la  raccolta  dei  percolati  (da  ricircolare sul
materiale in fase di attiva trasformazione). La platea  ospita  tanto
la   fase   attiva   del  processo,  durante  la  quale  si  facilita
l'arieggiamento mediante periodici rivoltamenti,  tanto  la  fase  di
maturazione.    Lo    stoccaggio    dei   composti   prodotti   prima
dell'utilizzazione agronomica potra' prevedere ulteriori superfici di
platea.
  b) Reattori chiusi. Sono preferibili per il trattamento di  residui
che  svolgono  elevate  quantita' di ammoniaca (ad esempio le polline
tal quali) e nei casi in cui risulti necessario ridurre drasticamente
le emissioni ammoniacali, in quanto l'aria esausta dell'impianto puo'
essere avviata a "scrubber" chimici o biologici.
                     Trattamento degli effluenti
          EFFLUENTI DAI SILI PER LO STOCCAGGIO DEI FORAGGI
                             MOTIVAZIONI
  Le  perdite  per  percolazione  dai foraggi insilati rappresentano,
oltre che una causa di  riduzione  del  loro  valore  nutritivo,  una
possibile fonte di inquinamento.
  Il  loro volume e' determinato essenzialmente dal tipo e dal tenore
in sostanza secca del materiale insilato; con un contenuto di  solidi
totali  (S.T.)  superiore  al  28-30%  la  formazione  di colature e'
praticamente nulla.
  L'insilamento  di  erbai  raccolti  in  primavera  (in  genere   di
graminacee  in  purezza)  puo' pero' comportare, a causa di andamenti
metereologici avversi,  la  necessita'  di  effettuare  l'insilamento
anche  di  foraggio dotato di un basso tenore di S.T., rendendo cosi'
inevitabile la formazione di coli.
                               AZIONI
  Occorre seguire due linee di  intervento,  una  gestionale  ed  una
relativa   alle   caratteristiche   delle  strutture  destinate  alla
conservazione dei foraggi insilati.
  Per la prima e' evidente la necessita' di  tendere  all'insilamento
di  materiale  con un sufficiente tenore di S.T. In questo senso puo'
essere utile effettuare, in caso di foraggi troppo umidi, aggiunte di
materiali piu' secchi (ad esempio polpe secche di  barbabietola)  per
arrivare  ad  un contenuto di S.T. almeno pari al 30% bloccando cosi'
la potenziale fonte di inquinamento sin dall'origine.
  Per  quanto  relativo  alle  strutture  per  l'insilamento  occorre
prevedere  la  raccolta  e l'invio ad uno stoccaggio (che puo' essere
quello  stesso  previsto  per  i  liquami  zootecnici  opportunamente
aumentato di volume) degli effluenti provenienti dall'insilato.
  La   produzione   di   questi  effluenti  e'  massima  nei  periodi
immediatamente successivi  all'insilamento,  ma  si  evidenzia  anche
nella successiva fase di utilizzo.
  Mentre,  in  presenza  di  sili  verticali, il volume dei reflui e'
limitato  alle  effettive  percolazioni  del  prodotto,   quando   si
utilizzano   i   sili   orizzontali   a  platea  questo  puo'  essere
notevolmente aumentato a causa delle acque piovane che si  raccolgono
sulle pavimentazioni.
  Per  questo  e'  importante  predisporre,  nei  pozzetti  e/o nella
fognatura, la possibilita'  di  escludere  dalla  raccolta  le  acque
piovane provenienti dalla platea quando (o perche' il silo e' vuoto o
per  il  sufficiente  livello  della  sostanza  secca  del  materiale
insilato) a queste non si aggiungono i percolati.
  Un  altro  aspetto  importante  riguarda   la   prevenzione   della
fuoriuscita  degli  eventuali liquidi di colo del foraggio attraverso
la pavimentazione deteriorata.
  Tali  liquidi,  infatti,  sono  caratterizzati  da   una   notevole
aggressivita'  nei confronti del calcestruzzo che, con il tempo, puo'
perdere la sua integrita'.
  Per ovviare a questo inconveniente si  puo'  intervenire  stendendo
sulla  pavimentazione  esistente un manto in conglomerato bituminoso,
dello spessore minimo di 5-6 cm, in modo da  evitare  ogni  ulteriore
contatto tra i liquidi di colo e la pavimentazione in calcestruzzo.
  Tale pratica e' da raccomandare anche nelle nuove realizzazioni per
le  quali  puo'  essere prevista una pavimentazione costituita da una
massicciata ben assestata e  da  sovrastante  manto  in  conglomerato
bituminoso dello spessore di circa 10 cm.
  PREVENZIONE DELL'INQUINAMENTO DELLE ACQUE DOVUTO ALLO SCORRIMENTO
           ED ALLA PERCOLAZIONE NEI SISTEMI DI IRRIGAZIONE
                             MOTIVAZIONI
  L'irrigazione   puo'   contribuire   all'inquinamento  delle  acque
mediante il movimento  dell'acqua  irrigua  sia  in  verticale  dalla
superficie    agli    strati   piu'   profondi   (percolazione)   che
orizzontalmente per scorrimento superficiale.
  I rischi dell'inquinamento per  irrigazione  variano  in  relazione
alle   caratteristiche   del  terreno  (permeabilita',  capacita'  di
ritenzione idrica, profondita', pendenza,  profondita'  della  falda,
ecc.),   alle   pratiche   agronomiche  (modalita'  di  concimazione,
ordinamenti colturali, lavorazione  del  terreno,  ecc.),  al  metodo
irriguo ed alle variabili irrigue adottate.
  Le  zone  ove  l'irrigazione  e'  a piu' elevato rischio presentano
almeno una delle seguenti  caratteristiche:  terreni  sabbiosi  molto
permeabili  ed a limitata capacita' di ritenzione idrica; presenza di
falda  superficiale  (profondita'  non  superiore  a  2  m);  terreni
superficiali  (profondita'  inferiore  a 1520 cm) poggianti su roccia
fessurata; terreni con pendenza elevata superiore al 23%; pratica  di
una agricoltura intensa con apporti elevati di fertilizzanti; terreni
ricchi in sostanza organica e lavorati frequentemente in profondita';
presenza di risale su terreni con media permeabilita', ecc.
  Le  zone  a rischio moderato sono invece caratterizzate: da terreni
di media composizione granulometrica,  a  bassa  permeabilita'  ed  a
discreta capacita' di ritenzione idrica; presenza di falda mediamente
profonda  (da  2  a  15-20  m);  da terreni di media profondita' (non
inferiore  a  50-60  cm);  terreni  con  pendenza  moderata;  apporto
moderato di fertilizzanti ecc.
  Le  zone  a  basso  rischio sono quelle con terreni tendenzialmente
argillosi, poco permeabili e  con  elevata  capacita'  di  ritenzione
idrica, profondi piu' di 60-70 cm con falda oltre i 20 m e con scarsa
pendenza, inferiore al 10%.
                               AZIONI
  Una buona pratica irrigua deve mirare a contenere la percolazione e
lo  scorrimento  superficiale  delle  acque  e  dei  nitrati  in esse
contenuti e a conseguire valori elevati  di  efficienza  distributiva
dell'acqua.
  Per  quanto riguarda il primo punto, il concetto-base e' di fornire
ad ogni adacquatura volumi  esattamente  adeguati  a  riportare  alla
capacita' idrica di campo lo strato di terreno maggiormente esplorato
dalle  radici  della  coltura.  Cio'  presuppone  la conoscenza delle
caratteristiche idrologiche del terreno e la misura o  la  stima  del
suo stato idrico al momento dell'adacquamento (che varia da coltura a
coltura).  Sia  la  profondita'  da bagnare sia il punto d'intervento
irriguo sono facilmente reperibili  per  le  principali  colture  sui
manuali.
  Ai  fini  della  realizzazione  di  valori  elevati  di  efficienza
distributiva  dell'acqua  il   metodo   irriguo   assume   un   ruolo
determinante.  I  principali  fattori  agronomici  che influenzano la
scelta del metodo irriguo sono le caratteristiche  fisiche,  chimiche
ed  orografiche  del  terreno,  le esigenze o/e caratteristiche delle
colture da irrigare, la qualita' e quantita' di acqua  disponibile  e
le caratteristiche dell'ambiente in cui si deve operare.
  Per  contenere  le perdite di nitrato per irrigazione a scorrimento
superficiale e per percolazione profonda tale metodo dovrebbe  essere
adottato  su terreni profondi, tendenzialmente argillosi, per colture
dotate di apparato radicale  profondo  e  che  richiedono  interventi
irrigui frequenti.
  L'irrigazione  per scorrimento superficiale e' sconsigliata in zone
a rischio elevato e moderato.
  Qualora si  adotti  l'irrigazione  per  infiltrazione  laterale  da
solchi  e'  bene ricordare che il rischio di percolazione dei nitrati
decresce  passando  dall'inizio  alla  fine  del  solco,  da  terreni
tendenzialmente   sabbiosi,  poco  rigonfiabili  ed  a  permeabilita'
relativamente   elevata,   a   terreni   tendenzialmente   argillosi,
rigonfiabili  ed  a  bassa  permeabilita';  da terreni superficiali a
quelli profondi; da colture  con  apparato  radicale  superficiale  a
quelle con apparato radicale profondo.
  In  terreni fortemente rigonfiabili sono sconsigliati turni irrigui
molto  lunghi  per  evitare  la  formazione  di  crepacciature  molto
profonde  attraverso cui potrebbero disperdersi notevoli quantita' di
acqua  negli  strati  profondi,  con  trasporto  in  essi  di  soluti
lisciviati degli strati piu' superficiali.
  Nel caso si pratichi una irrigazione a pioggia, per evitare perdite
di  nitrati  per percolazione e ruscellamento superficiale bisognera'
porre particolare  attenzione  alla  distribuzione  degli  irrigatori
sull'appezzamento,  all'intensita'  di  pioggia elevata rispetto alla
permeabilita' del terreno, all'interferenza del vento  sul  diagramma
di  distribuzione  degli  irrigatori, all'influenza della vegetazione
sulla distribuzione dell'acqua nel terreno.
  Nel caso si effettui una fertirrigazione per prevenire fenomeni  di
inquinamento  essa  deve  essere  praticata  con  metodi  irrigui che
assicurano  una  elevata  efficienza  distributiva   dell'acqua;   il
fertilizzante  non  deve essere immesso nell'acqua di irrigazione sin
dall'inizio   dell'adacquata,   ma    preferibilmente    dopo    aver
somministrato   circa  il  20-25%  del  volume  di  adacquamento;  la
fertirrigazione dovrebbe completarsi quando  e'  stato  somministrato
l'80-90% del volume di adacquamento.
                  PIANI DI FERTILIZZAZIONE AZOTATA
                             MOTIVAZIONI
  Ogni  specie  vegetale  e/o varieta' ha un livello di produttivita'
che dipende, oltre che dal proprio patrimonio genetico,  dal  livello
di  disponibilita'  dei vari fattori necessari alla sua crescita e al
suo sviluppo, fattori che per  i  vegetali  sono  la  luce,  la  C02,
l'acqua,  gli  elementi  micro  e macronutritivi. Secondo la ben nota
legge del minimo qualsiasi fattore puo' limitare  la  produzione;  la
scienza  delle  coltivazioni  ha tra i suoi compiti proprio quello di
rimuovere tutti i fattori limitanti  tecnicamente  ed  economicamente
rimovibili  (elementi  nutritivi sempre, acqua e quando disponibile),
accettando solo i limiti alla produttivita' imposti  da  fattori  non
modificabili: l'energia luminosa, la C02 e talora, l'acqua.
  In altre parole, per ogni coltura e' possibile stabilire il livello
di  produttivita'  massima che essa e' capace di realizzare, quando i
fattori limitanti agronomicanniente regolabili sono stati corretti.
  Si  intende  che  vanno  tenuti  presenti   i   limiti   economici,
riconducibili alla legge degli incrementi produttivi decrescenti.  In
base  a  questa,  ci  si  deve  limitare alle dosi dei fattori, nella
fattispecie dell'azoto, al livello che assicura  risposte  produttive
tecnicamente ed economicamente significative, senza salire al livello
massimo,  di  stretta marginalita': si tratta quindi di stabilire gli
obiettivi  di  produzione,  quelli  che  conciliano  al   meglio   la
remunerazione  dei produttori, l'approvvigionamento dei consumatori e
la minimizzazione del rischio ambientale.
  E' su questo concetto di produttivita' potenziale che proponiamo di
definire il fabbisogno massimo di azoto delle varie specie  coltivate
da  considerarsi  come  livello  massimo  consentito  di concimazione
azotata; in questo modo si eviteranno gli eccessi che sono  la  causa
piu' importante di rischio di rilascio di azoto.
  Nello  stimare  i  fabbisogni  di  azoto  si e' seguita la linea di
prendere  come  base  i  livelli  medioalti  di  produttivita'  e   i
conseguenti  prelevamenti  di  azoto da parte delle colture (salvo le
leguminose),  quali  risultanio  dalla  composizione  chimica   delle
biomasse prodotte.
  Le  stime  per  tutte  le  colture  erbacee  elencale nel Compendio
Statistico Italiano (ISTAT 1992) sono riportate nella Tabella 1.
  Questi  valori  potrebbero  far  conseguire  con  il   massimo   di
semplicita' il risultato di evitare eccessi clamorosi di concimazione
azotata.
  Quanto  detto  non  esclude  che  gli  agricoltori  considerino  la
possibilita' di ridurre ulteriormente le  dosi  d'impiego  dell'azoto
secondo le peculiarita' della loro azienda tenendo conto della natura
del loro terreno e del sistema colturale del quale le singole colture
fanno   parte.   Si   tratta   quindi  di  veri  e  propri  piani  di
fertilizzazione.
                               AZIONI
  Il Piano di Fertilizzazione e' il documento che, in funzione  delle
caratteristiche  del suolo, del clima, delle colture previste e della
loro  produzione  attesa   (obiettivo   di   produzione),   determina
quantita',  tempi  e  modalita'  di  distribuzione  dei fertilizzanti
naturali e di sintesi.
  Il Piano  di  Fertilizzazione  aziendale,  articolato  per  singole
colture,  deve  mirare  a ottimizzare le risorse disponibili, tenendo
conto  di  tutti  i  fattori  che  interagiscono   con   il   sistema
suolopianta.  pianta.
  Presupposti per i Piani di Fertilizzazione sono:
  -  la  conoscenza  del grado di fertilita' del suolo e la stima dei
fabbisogni delle diverse colture;
  -  la   conoscenza   delle   caratteristiche   pedoclimatiche   che
condizionano  il  comportamento  nel  suolo  degli elementi nutritivi
nelle loro diverse forme.
  Ne consegue che una adeguata conoscenza dei suoli e del clima,  che
non  si  basi  sulle  sole  analisi  chimico-fisiche routinarie dello
strato arato, ma che tenga conto anche dei rischi di inquinamento del
suolo  e  delle  acque  superficiali  e  profonde,   costituisce   il
presupposto   indispensabile   per   la  redazione  di  un  Piano  di
Fertilizzazione.
  Tale conoscenza dei suoli oltre che derivare dall'uso di  strumenti
di  riferimento  quali le carte pedologiche, le carte attitudinali da
esse  derivate,  le  carte  della  fertilita'  dei  suoli,   discende
soprattutto dalle osservazioni di campagna effettuate direttamente da
un tecnico.
  Indispensabile,   inoltre,   e'   avere   un   quadro   complessivo
dell'azienda soprattutto relativamente a:
  - colture e rotazioni praticate e praticabili;
  - disponibilita' aziendale  ed  extra  aziendale  di  fertilizzanti
organici;
  -  possibilita'  di irrigazione e metodo utilizzato; disponibilita'
di mezzi tecnici per la distribuzione dei fertilizzanti;
  - tipi di lavorazioni e sistemazioni idrauliche adottate.
  La redazione del Piano di Fertilizzazione  deve  porre  particolare
attenzione  ad  evitare  il  pericolo  di  dilavamento  dei  nitrati,
prendendo  in  considerazione  le  caratteristiche  dei  suoli  e  la
distribuzione  ed  entita' delle precipitazioni, fondandosi su un pur
semplificato bilancio dell'azoto. Deve essere presa in considerazione
la possibilita' di utilizzare sostanza organica prodotta in azienda o
disponibile in altre  aziende  agricole  o  comunque  reperibile  sul
mercato, valorizzandola opportunamente come illustrato nei precedenti
capitoli.
  Il  Piano  di  Fertilizzazione  assume speciale rilevanza quando si
intendono   impiegare   anche   reflui   zootecnici   aziendali    ed
extraziendali  che,  per  la loro natura e continuita' di produzione,
richiedono particolare  attenzione  per  una  corretta  utilizzazione
agricola.  Il  Piano di Fertilizzazione diventa infine indispensabile
nel caso si vogliano utilizzare  reflui  di  origine  extra-agricola,
tenuto   conto   di  quanto  indicato  nel  capitolo  "Tipologia  dei
fertilizzanti azotati". In tal  caso  oltre  al  bilancio  dell'azoto
dovranno essere valutati gli accorgimenti e le soluzioni necessari ad
evitare  i rischi di ruscellamento ed altresi' l'accumulo nel terreno
di fosforo, potassio, rame, zinco ed altri metalli pesanti nonche' la
possibile emergenza di problemi igienico-sanitari.
  Un bilancio dell'azoto sia pure approssimato dovrebbe basarsi sulla
stima delle  diverse  entrate  ed  uscite  determinando  gli  apporti
azotati  in funzione dell'obiettivo di produzione secondo la semplice
relazione di seguito riportata:
concimazione azotata =
             fabbisogni colturali - (apporti naturali di N) +
                    + (immobilizzazioni e dispersioni di N)
  I  fattori  da  prendere  in  pratica  considerazione   in   quanto
quantificabili abbastanza facilmente sono i seguenti.
  Apporti (da defalcare dal fabbisogno)
  a)   Fornitura   da   parte   del   terreno:  in  una  stagione  di
mineralizzazione (dalla primavera all'autunno)  l'humus  del  terreno
puo'  mediamente  contribuire  alla  nutrizione azotata delle colture
fornendo complessivamente  30-35  kg/ha  di  azoto  per  ogni  unita'
percentuale di humus presente nel terreno.
  b)  Residui  della coltura precedente; la quantita', composizione e
destinazione dei residui colturali  determina  la  disponibilita'  di
azoto  assimilabile  per  la coltura successiva. A titolo di esempio,
valori indicativi, validi per qualche precedente  colturale,  sono  i
seguenti:
 - dopo prato di erba medica     60-80 kg/ha di N
 - dopo leguminose da granella   30-40 kg/ha di N
 - dopo barbabietola             40-50 kg/ha di N
 - dopo frumento                 tracce
c) Post-effetto di precedenti concimazioni organiche:
 - dopo letamazione (30 t/ha)    10 anno 40-50 kg/ha di N
                                20 anno 20-25 kg/ha di N
  d) Azoto delle deposizioni atmosferiche secche e umide; 10-15 kg/ha
anno.
  Immobilizzazioni   e   dispersioni   di  azoto  (da  aggiungere  al
fabbisogno)
  e)  Riorganizzazione:  dopo  interramento   di   residui   pagliosi
considerare 8-10 kg di N/t.
  f)  Lisciviazione:  l'azoto  di  cui  alle voci a) e b) puo' essere
totalmente o parzialmente dilavato durante la stagione  piovosa.  Nei
piani  di  fertilizzazione  delle  colture  a semina primaverile puo'
essere stimato, ancorche'  grossolanamente,  se  e  quante  volte  le
piogge  autunno  invernali  hanno superato la capacita' di ritenzione
idrica dei terreni provocando dilavamento dei nitrati.  Si  considera
che ogni saturazione idrica di un suolo seguita da sgrondo dell'acqua
gravitazionale riduce a meta' la quantita' di sali solubili.
  g)  Efficienza  degli  effluenti  zootecnici:  quando  il  piano di
concimazione  prevede   l'utilizzo   di   effluenti   zootecnici   e'
indispensabile  considerarne  l'efficienza  nella  stagione colturale
nella quale essi vengono impiegati e poi gli  effetti  residui  (cfr.
capitolo "Tipologia dei fertilizzanti azotati").
                  PIANI DI FERTILIZZAZIONE AZOTATA
                              Tabella 1
    LE PRINCIPALI SPECIE AGRARIE E I LIMITI FISIOLOGICI DEL LORO
          FABBISOGNO AZOTATO PER UNA PRODUZIONE MEDIO-ALTA
                     (a cura di F. Bonciarelli)
===================================================================
                              FABBISOGNO DI AZOTO   RESA IPOTIZZATA
                                     kg/ha                t/ha
===================================================================
 CEREALI
Frumento tenero (CentroNord)          180                   6
Frumento duro (Sud)                   140                   4
Orzo                                  120                   5
Avena                                 100                   4,5
Segale                                 80                   4
Riso                                  160                   7
Mais (irrigato)                       280                  10
 LEGUMINOSE DA GRANELLA
Fava                                   20                   3
Fagiolo                                20                   3
Pisello                                20                   3,5
 PIANTE DA TUBERO
Patata                                150                  30
 PIANTE INDUSTRIALI
Barbabietola da zucchero              150                   4,5
Colza                                 180                   3,5
Girasole                              100                   3
Soia                                   20                   3
 PIANTE ORTICOLE
Aglio                                 120                  12
Carota                                150                  40
Cipolla                               120                  30
Rapa                                  120                  25
Asparago                              180                   5
Bietola da coste                      130                  50
Carciofo                              200                  15
Cavolo verza e cappuccio              200                  30
Cavolo broccolo                       150                  15
Cavolfiore                            200                  30
Finocchio                             180                  30
Insalata (Lattuga)                    120                  25
Insalata (Cicoria)                    180                  35
Sedano                                200
Spinacio                              120                  15
Cetriolo                              150                  60
Cocomero                              100                  50
Fragola                               150                  20
Melanzana                             200                  40
Melone                                120                  35
Peperone                              180                  50
Pomodoro                              160                  60
Zucchina                              200                  30