PROGETTO DIPIANO STRALCIO per l'Assetto Idrogeologico Norme di attuazione Norme generali Art. 1. Finalita' e contenuti 1. Il Piano stralcio per l'Assetto Idrogeologico del bacino del fiume Po, denominato anche PAI o Piano, disciplina: a) con le norme contenute nel Titolo I, le azioni riguardanti la difesa idrogeologica e della rete idrografica del bacino del Po, nei limiti territoriali di seguito specificati, con contenuti interrelati con quelli del primo e secondo Piano Stralcio delle Fasce Fluviali di cui al successivo punto b); b) con le norme contenute nel Titolo II - considerato che con D.P.C.M. 24 luglio 1998 e' stato approvato il primo Piano Stralcio delle Fasce Fluviali che ha delimitato e normato le fasce relative ai corsi d'acqua del sottobacino del Po chiuso alla confluenza del fiume Tanaro, dall'asta del Po, sino al Delta, e degli affluenti emiliani e lombardi limitatamente ai tratti arginati - l'estensione della delimitazione e della normazione ora detta ai corsi d'acqua della restante parte del bacino, assumendo in tal modo i caratteri e i contenuti di secondo Piano Stralcio delle Fasce Fluviali. 2. Il PAI e' redatto, adottato e approvato ai sensi della L. 18 maggio 1989, n. 183; quale piano stralcio del piano generale del bacino del Po ai sensi dell'art. 17, comma 6 ter della legge ora richiamata. 3. Il Piano, attraverso le sue disposizioni persegue l'obiettivo di garantire al territorio del bacino del fiume Po un livello di sicurezza adeguato rispetto ai fenomeni di dissesto idraulico e idrogeologico, attraverso il ripristino degli equilibri idrogeologici e ambientali, il recupero degli ambiti fluviali e del sistema delle acque, la programmazione degli usi del suolo ai fini della difesa, della stabilizzazione e del consolidamento dei terreni, il recupero delle aree fluviali ad utilizzi ricreativi. Le finalita' richiamate sono perseguite mediante: - l'adeguamento della strumentazione urbanistico-territoriale; - la definizione del quadro del rischio idraulico e idrogeologico in relazione ai fenomeni di dissesto considerati; - la costituzione di vincoli, di prescrizioni, di incentivi e di destinazioni d'uso del suolo in relazione al diverso grado di rischio; - l'individuazione di interventi finalizzati al recupero naturalistico ed ambientale, nonche' alla tutela e al recupero dei valori monumentali ed ambientali presenti e/o la riqualificazione delle aree degradate; - l'individuazione di interventi su infrastrutture e manufatti di ogni tipo, anche edilizi, che determinino rischi idrogeologici, anche con finalita' di rilocalizzazione; - la sistemazione dei versanti e delle aree instabili a protezione degli abitati e delle infrastrutture adottando modalita' di intervento che privilegiano la conservazione e il recupero delle caratteristiche naturali del terreno; - la moderazione delle piene, la difesa e la regolazione dei corsi d'acqua, con specifica attenzione alla valorizzazione della naturalita' delle regioni fluviali; - la definizione delle esigenze di manutenzione, completamento ed integrazione dei sistemi di difesa esistenti in funzione del grado di sicurezza compatibile e del loro livello di efficienza ed efficacia; - la definizione di nuovi sistemi di difesa, ad integrazione di quelli esistenti, con funzioni di controllo dell'evoluzione dei fenomeni di dissesto, in relazione al grado di sicurezza da conseguire; - il monitoraggio dello stato dei dissesti. 4. I Programmi e i Piani nazionali, regionali e degli Enti locali di sviluppo economico, di uso del suolo e di tutela ambientale, devono essere coordinati con il presente Piano. Di conseguenza le Autorita' competenti provvedono ad adeguare gli atti di pianificazione e di programmazione previsti dall'art. 17, comma 4, della L. 18 maggio 1989, n. 183 alle prescrizioni del presente Piano. 5. Allorche' il Piano riguardante l'assetto della rete idrografica e dei versanti detta disposizioni di indirizzo o vincolanti per le aree interessate dal primo e dal secondo Piano Stralcio delle Fasce Fluviali, le previsioni integrano le discipline previste per detti piani, essendo destinate a prevalere nel caso che esse siano fra loro incompatibili. 6. Nei tratti dei corsi d'acqua a rischio di asportazione della vegetazione arborea in occasione di eventi alluvionali, cosi' come individuati nell'Allegato 3 delle Norme per l'assetto della rete idrografica e dei versanti, e' vietato, limitatamente alla Fascia A di cui al successivo art. 29 del Titolo II, l'impianto e il reimpianto delle coltivazioni a pioppeto. 7. Sono fatte salve in ogni caso le disposizioni piu' restrittive di quelle previste nelle presenti Norme, contenute nella legislazione statale in materia di beni culturali e ambientali e di aree naturali protette, negli strumenti di pianificazione territoriale di livello regionale, provinciale e comunale ovvero in altri piani di tutela del territorio ivi compresi i Piani Paesistici. 8. E' fatto salvo nella parte in cui deve avere ancora attuazione, il i'Piano stralcio per la realizzazione degli interventi necessari al ripristino dell'assetto idraulico, alla eliminazione delle situazioni di dissesto idrogeologico e alla prevenzione dei rischi idrogeologici nonche' per il ripristino delle aree di esondazione" approvato con deliberazione del Comitato Istituzionale n. 9 del 10 maggio 1995. 9. Le previsioni e le prescrizioni del Piano hanno valore a tempo indeterminato. Esse sono verificate almeno ogni 10 anni in relazione allo stato di realizzazione delle opere programmate e al variare della situazione morfologica, ecologica e territoriale dei luoghi ed all'approfondimento degli studi conoscitivi. 10. L'aggiornamento dei seguenti elaborati del Piano e' operato con deliberazione del Comitato Istituzionale sentiti i soggetti interessati: - Elaborato n. 2 i'Atlante dei rischi idraulici e idrogeologici - Inventario dei centri abitati montani esposti a pericolo"; - Allegato 3 al Titolo I delle presenti Norme: i'Tratti a rischio di asportazione della vegetazione arborea lungo la rete idrografica principale". Titolo I - Norme per l'assetto della rete idrografica e dei versanti Parte I - Natura, contenuti ed effetti del Piano Art. 2. Finalita' generali 1. Il Piano stralcio per l'Assetto Idrogeologico ha valore di piano territoriale di settore ed e' lo strumento conoscitivo, normativo, tecnico-operativo mediante il quale sono pianificate e programmate le azioni e le norme d'uso riguardanti l'assetto idraulico e idrogeologico del bacino idrografico, quale individuato al successivo art. 3. Art. 3. Ambito territoriale 1. L'ambito territoriale di riferimento del Piano e' costituito dall'intero bacino idrografico del fiume Po, come da perimetrazione approvata con D.P.R. 1 giugno 1998 pubblicato sulla G.U. n. 173 del 19/10/1998, chiuso all'incile del Po di Goro, ad esclusione del Delta, cosi' come perimetrato nell'Elaborato 6 i'Cartografia di Piano", Tav. 1 i'Ambito di applicazione del Piano", ivi comprendendo anche i Comuni di Alto, Caprauna, Garessio, Livigno, Piuro e Valdidentro, esterni parzialmente o totalmente al bacino. Art. 4. Elaborati del Piano 1. Il Piano riguardante l'assetto della rete idrografica e dei versanti e' costituito dai seguenti elaborati: 1. Relazione generale - Relazione di sintesi Allegato 1 - Analisi dei principali punti critici Allegato 2 - Programma finanziario 2. Atlante dei rischi idraulici e idrogeologici - Inventario dei centri abitati montani esposti a pericolo Allegato 1 - Elenco dei comuni per classi di rischio (art. 7 delle Norme di attuazione) Allegato 2 - Quadro di sintesi dei fenomeni di dissesto a livello comunale Allegato 3 - Inventario dei centri abitati montani esposti a pericolo Allegato 4 - Delimitazione delle aree in dissesto - Cartografia in scala 1:25.000 3. Linee generali di assetto idraulico e idrogeologico 3.1 Asta Po Allegato 1 - Navigazione interna 3.2 Mincio, Oglio, Adda Sottolacuale, Lambro, Olona, Ticino, Toce, Terdoppio, Agogna 3.3 Sesia, Dora Baltea, Orco, Stura di Lanzo, Dora Riparia, Sangone, Chisola, Pellice, Varaita, Maira, Tanaro, Scrivia 3.4 Oltrepo' Pavese, Trebbia, Nure, Chiavenna, Arda, Parma, Enza, Crostolo, Secchia, Panaro 3.5 Arno, Rile, Tenore Allegato 1 - Linee generali di assetto e quadro degli interventi in scala 1:10.000 3.6 Adda Sopralacuale (Valtellina e Valchiavenna) Allegato 1 - Linee generali di assetto e quadro degli interventi in scala 1:25.000 4. Caratteri paesistici e beni naturalistici, storico-culturali, ambientali 5. Quaderno delle opere tipo 6. Cartografia di Piano: Tav. 1. Ambito di applicazione del Piano (scala 1:250.000) Tav. 2. Ambiti fisiografici (scala 1:250.000) Tav. 3. Corsi d'acqua interessati dalle fasce fluviali (scala 1:500.000) Tav. 4. Geolitologia (scala 1:250.000) Tav. 5. Sintesi dell'assetto morfologico e dello stato delle opere idrauliche dei principali corsi d'acqua (scala 1:250.000) Tav. 6. Rischio idraulico e idrogeologico (scala 1:250.000) Tav. 7. Emergenze naturalistiche, paesaggistiche e storico -culturali presenti nelle aree di dissesto idraulico e idrogeologico (scala 1:250.000) Tav. 8. Sintesi delle linee di intervento sulle aste (scala 1:250.000) Tav. 9. Sintesi delle linee di intervento sui versanti (scala 1:250.000) 7. Norme di attuazione Titolo I - Norme generali per l'assetto della rete idrografica e dei versanti Allegato 1 al Titolo I - Comuni interessati dal Piano per l'intero territorio comunale Allegato 2 al Titolo I - Comuni interessati dal Piano per parte del territorio comunale Allegato 3 al Titolo I - Tratti a rischio di asportazione della vegetazione arborea lungo la rete idrografica principale Allegato 4 al Titolo I - Comuni del territorio collinare e montano interessati dalla delimitazione delle aree in dissesto Art. 5. Effetti del Piano 1. Agli effetti dell'art. 17, comma 5, della L. 18 maggio 1989, n. 183, sono dichiarate di carattere immediatamente vincolante per le Amministrazioni e gli Enti pubblici, nonche' per i soggetti privati, le prescrizioni di cui ai successivi artt. 9, 10, 11, 12, 19, 21, 22. Per le prescrizioni di cui al citato art. 9, sono fatti salvi gli interventi gia' autorizzati (o per i quali sia gia' stata presentata denuncia di inizio di attivita' ai sensi dell'art. 4, comma 7, della decreto legge 5 ottobre 1993, n. 398, cosi' come convertito in legge 4 dicembre 1993, n. 493 e successive modifiche) rispetto ai quali i relativi lavori siano gia' stati iniziati al momento di entrata in vigore del PAI e vengano completati entro il termine di tre anni dalla data di inizio. In ogni caso al titolare della concessione dovra' essere tempestivamente notificata la condizione di dissesto rilevata 2. Fermo il carattere immediatamente vincolante delle prescrizioni di cui al precedente comma, le Regioni, ai sensi del citato art. 17, comma 5, della L. 18 maggio 1989, n. 183, entro novanta giorni dalla data di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell'atto di approvazione del Piano, emanano, ove necessario, disposizioni concernenti l'attuazione del Piano stesso nel settore urbanistico. Decorso tale termine gli Enti territorialmente interessati dal Piano sono comunque tenuti a rispettarne le prescrizioni nel settore urbanistico, adottando i necessari adempimenti relativi ai propri strumenti urbanistici secondo il disposto dell'art. 17, comma 6, della L. n. 183/89. 3. In tutti i casi in cui gli interventi o le opere previsti dal Piano riguardino o interferiscano con beni o aree tutelati ai sensi della L. 1 giugno 1939, n. 1089 e della L. 29 giugno 1939, n. 1497 e loro successive modificazioni e integrazioni, essi saranno soggetti alle procedure autorizzative previste dalle leggi stesse. Parte II - Norme relative alle condizioni generali di assetto del bacino idrografico Art. 6. Linee generali di assetto idraulico e idrogeologico del bacino idrografico 1. Le linee generali di assetto idraulico e idrogeologico del bacino idrografico sono specificate nel Piano per i seguenti ambiti: a) la rete idrografica principale e i fondovalle, in cui i fenomeni di dissesto che predominano e il relativo stato di rischio per la popolazione e i beni sono collegati alla dinamica fluviale. Il Piano definisce l'assetto di progetto dei corsi d'acqua con finalita' prioritarie di protezione di centri abitati, infrastrutture, luoghi, ambienti e manufatti di pregio paesaggistico, culturale e ambientale rispetto a eventi di piena di gravosita' elevata, nonche' di riqualificazione e tutela delle caratteristiche e delle risorse del territorio. Per questo ambito le presenti Norme, anche attraverso successive apposite direttive: - regolamentano gli usi del suolo nelle fasce fluviali dei corsi d'acqua oggetto di delimitazione nel presente Piano; - definiscono valori limite di deflusso in punti singolari della rete idrografica, da rispettare per la progettazione degli interventi di difesa; - definiscono indirizzi e prescrizioni per la progettazione delle infrastrutture interferenti; - definiscono criteri e indirizzi per il recupero naturalistico e funzionale delle aree fluviali, golenali e inondabili in genere; - individuano criteri e indirizzi per la programmazione degli interventi di manutenzione sulle opere e sugli alvei; individuano le modalita' di attuazione degli interventi strutturali di difesa; b) la rete idrografica secondaria di pianura e la rete scolante artificiale, caratterizzate da fenomeni di dissesto diffusi, di interesse generalmente locale. Per questo ambito le presenti Norme: - definiscono gli indirizzi per la delimitazione delle fasce fluviali; - individuano criteri e indirizzi per la programmazione degli interventi di manutenzione e di realizzazione di nuove opere; - per la rete scolante artificiale definiscono indirizzi e criteri per gli interventi di manutenzione e per le relative fasce di rispetto; c) i versanti e il reticolo idrografico di montagna, in cui i fenomeni di dissesto che predominano e il relativo stato di rischio per la popolazione e i beni sono collegati alla dinamica torrentizia e dei versanti. Il Piano persegue finalita' prioritarie di protezione di abitati, infrastrutture, luoghi e ambienti di pregio paesaggistico, culturale e ambientale interessati da fenomeni di dissesto, nonche' di riqualificazione e tutela delle caratteristiche e delle risorse del territorio. Per questo ambito le presenti Norme, anche attraverso successive apposite direttive: - regolamentano gli usi del suolo nelle aree interessate da fenomeni di dissesto idrogeologico; - definiscono indirizzi alla programmazione a carattere agricolo- forestale per interventi con finalita' di protezione idraulica e idrogeologica; - individuano criteri e indirizzi per la programmazione degli interventi di manutenzione sulle opere, sugli alvei e sui versanti; - individuano le modalita' di attuazione degli interventi strutturali di difesa. 2. Per l'ambito territoriale di riferimento del Piano le presenti Norme dettano indirizzi e prescrizioni per il conseguimento della compatibilita' dell'assetto urbanistico e di uso del suolo, attraverso gli strumenti di pianificazione comunale, in relazione alla classificazione del rischio idraulico e idrogeologico di cui al successivo art. 7. Art. 7. Classificazione dei territori comunali in base al rischio idraulico e idrogeologico presente 1. Il Piano classifica i territori amministrativi dei comuni e le aree soggette a dissesto, individuati nell'Elaborato 2 i'Atlante dei rischi idraulici e idrogeologici - Inventario dei centri abitati montani esposti a pericolo", in funzione del rischio, valutato sulla base della pericolosita' connessa ai fenomeni di dissesto idraulico e idrogeologico, della vulnerabilita' e dei danni attesi. L'Atlante dei rischi e' redatto sulla base delle conoscenze acquisite dall'Autorita' di bacino al momento dell'adozione del presente atto mediante l'istruttoria compiuta e le risultanze acquisite attraverso le indicazioni delle Regioni, degli Enti locali e del Magistrato per il Po. Al fine di mantenere aggiornato il quadro delle conoscenze sulle condizioni di rischio, i contenuti del richiamato Elaborato n. 2 sono aggiornati a cura dell'Autorita' di bacino almeno ogni cinque anni, mediante le procedure di cui al precedente art. 1. Le Regioni e gli Enti locali interessati sono tenuti a comunicare all'Autorita' di bacino i dati e le variazioni sia in relazione allo stato di realizzazione delle opere programmate sia in relazione al variare dei rischi del territorio. 2. Sono individuate le seguenti classi di rischio idraulico e idrogeologico: R1 - moderato, per il quale sono possibili danni sociali ed economici marginali; R2 - medio, per il quale sono possibili danni minori agli edifici e alle infrastrutture che non pregiudicano l'incolumita' delle persone, l'agibilita' degli edifici e lo svolgimento delle attivita' socio- economiche; R3 - elevato, per il quale sono possibili problemi per l'incolumita' delle persone, danni funzionali agli edifici e alle infrastrutture con conseguente inagibilita' degli stessi e l'interruzione delle attivita' socio - economiche, danni al patrimonio culturale; R4 - molto elevato, per il quale sono possibili la perdita di vite umane e lesioni gravi alle persone, danni gravi agli edifici e alle infrastrutture, danni al patrimonio culturale, la distruzione di attivita' socio - economiche. Art. 8. Individuazione e delimitazione delle aree interessate da dissesto idraulico e idrogeologico 1. Il Piano individua, all'interno dell'ambito territoriale di riferimento, le aree interessate da fenomeni di dissesto idraulico e idrogeologico. Le aree sono distinte in relazione alle seguenti tipologie di fenomeni prevalenti: - frane, - esondazione e dissesti morfologici di carattere torrentizio lungo le aste dei corsi d'acqua (erosioni di sponda, sovraincisioni del thalweg, trasporto di massa), - trasporto di massa sui conoidi, - valanghe. 2. La delimitazione delle aree interessate da dissesto, articolate nelle classi di cui al successivo art. 9, e' rappresentata cartograficamente per la parte collinare e montana del bacino negli elaborati grafici alla scala 1:25.000, costituenti parte dell'Elaborato n. 2 del Piano i'Atlante dei rischi idraulici e idrogeologici - Inventario dei centri abitati montani esposti a pericolo". Art. 9. Limitazioni alle attivita' di trasformazione e d'uso del suolo derivanti dalle condizioni di dissesto idraulico e idrogeologico 1. Le aree interessate da fenomeni di dissesto per la parte collinare e montana del bacino sono classificate come segue, in relazione alla specifica tipologia dei fenomeni idrogeologici, cosi' come definiti nell'Elaborato 2 del Piano: - frane: - Fa, aree interessate da frane attive - (pericolosita' molto elevata), - Fq, aree interessate da frane quiescenti - (pericolosita' elevata), - Fs, aree interessate da frane stabilizzate - (pericolosita' media o moderata), - esondazioni e dissesti morfologici di carattere torrentizio lungo le aste dei corsi d'acqua: - Ee, aree potenzialmente coinvolte dai fenomeni con pericolosita' molto elevata o elevata, - Eb, aree potenzialmente coinvolte dai fenomeni con pericolosita' moderata o media, - trasporto di massa sui conoidi: - Ca, aree di conoidi attivi o potenzialmente attivi non protette da opere di difesa e di sistemazione a monte - (pericolosita' molto elevata), - Cp, aree di conoidi attivi o potenzialmente attivi parzialmente protette da opere di difesa e di sistemazione a monte - (pericolosita' elevata), - Cn, aree di conoidi non recentemente riattivatisi o completamente protette da opere di difesa - (pericolosita' media o moderata), - valanghe: - Ve, aree di pericolosita' elevata o molto elevata, - Vm, aree di pericolosita' media o moderata. 2. Nelle aree Fa sono esclusivamente consentiti: - gli interventi di demolizione senza ricostruzione; - gli interventi di manutenzione ordinaria degli edifici, cosi' come definiti alla lettera a) dell'art. 31 della L. 5 agosto 1978, n. 457; - gli interventi volti a mitigare la vulnerabilita' degli edifici esistenti e a migliorare la tutela della pubblica incolumita', senza aumenti di superficie e volume, senza cambiamenti di destinazione d'uso che comportino aumento del carico insediativo; - gli interventi necessari per la manutenzione ordinaria e straordinaria di opere pubbliche o di interesse pubblico e gli interventi di consolidamento e restauro conservativo di beni di interesse culturale, compatibili con la normativa di tutela; - le opere di bonifica e di sistemazione dei movimenti franosi; - le opere di regimazione delle acque superficiali e sotterranee. 3. Nelle aree Fq oltre agli interventi di cui al precedente comma 2 sono consentiti: - gli interventi di manutenzione straordinaria, restauro, risanamento conservativo, cosi' come definiti alle lettere b) e c) dell'art. 31 della L. 5 agosto 1978, n. 457, senza aumenti di superficie e volume; - gli interventi di adeguamento igienico-funzionale degli edifici esistenti, ove necessario, per il rispetto della legislazione in vigore anche in materia di sicurezza del lavoro connessi ad esigenze delle attivita' e degli usi in atto; - l'ampliamento o la ristrutturazione delle infrastrutture pubbliche o di interesse pubblico esistenti, purche' compatibili con lo stato di dissesto esistente. 4. Nelle aree Fs compete alle Regioni e agli Enti locali, attraverso gli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica, regolamentare le attivita' consentite, i limiti e i divieti, tenuto anche conto delle indicazioni dei programmi di previsione e prevenzione ai sensi della L. 24 febbraio 1992, n. 225. 5. Nelle aree Ee sono esclusivamente consentiti: - gli interventi di demolizione senza ricostruzione; - gli interventi di manutenzione ordinaria degli edifici, cosi' come definiti alla lettera a) dell'art. 31 della L. 5 agosto 1978, n.457; - gli interventi volti a mitigare la vulnerabilita' degli edifici esistenti e a migliorare la tutela della pubblica incolumita', senza aumenti di superficie e volume, senza cambiamenti di destinazione d'uso che comportino aumento del carico insediativo; - gli interventi necessari per la manutenzione ordinaria e straordinaria di opere pubbliche e di interesse pubblico e gli interventi di consolidamento e restauro conservativo di beni di interesse culturale, compatibili con la normativa di tutela; - i cambi colturali, purche' non interessanti una ampiezza di 4 m dal ciglio della sponda; - gli interventi volti alla ricostituzione degli equilibri naturali alterati e alla eliminazione, per quanto possibile, dei fattori incompatibili di interferenza antropica; - le opere di difesa e di sistemazione idraulica; - la realizzazione di nuovi interventi infrastrutturali e nuove opere pubbliche a condizione che sia dimostrata l'assenza di alternative di localizzazione. 6. Nelle aree Eb oltre agli interventi di cui al precedente comma 5 sono consentiti: - gli interventi di manutenzione straordinaria, restauro, risanamento conservativo, cosi' come definiti alle lettere b) e c) dell'art. 31 della L. 5 agosto 1978, n. 457, senza aumenti di superficie e volume; - gli interventi di adeguamento igienico-funzionale degli edifici esistenti, ove necessario, per il rispetto della legislazione in vigore anche in materia di sicurezza del lavoro connessi ad esigenze delle attivita' e degli usi in atto; - la realizzazione di nuove infrastrutture pubbliche o di interesse pubblico, nonche' l'ampliamento o la ristrutturazione delle esistenti, purche' compatibili con lo stato di dissesto esistente. 7. Nelle aree Ca sono esclusivamente consentiti: - gli interventi di demolizione senza ricostruzione; - gli interventi di manutenzione ordinaria degli edifici, cosi' come definiti alla lettera a) dell'art. 31 della L. 5 agosto 1978, n. 457; - gli interventi volti a mitigare la vulnerabilita' degli edifici esistenti e a migliorare la tutela della pubblica incolumita', senza aumenti di superficie e volume, senza cambiamenti di destinazione d'uso che comportino aumento del carico insediativo; - gli interventi necessari per la manutenzione ordinaria e straordinaria di opere pubbliche e di interesse pubblico e gli interventi di consolidamento e restauro conservativo di beni di interesse culturale, compatibili con la normativa di tutela; le opere di difesa e di sistemazione idraulica. 8. Nelle aree Cp oltre agli interventi di cui al precedente comma 7 sono consentiti: - gli interventi di manutenzione straordinaria, restauro, risanamento conservativo, cosi' come definiti alle lettere b) e c) dell'art. 31 della L. 5 agosto 1978, n. 457, senza aumenti di superficie e volume; - gli interventi di adeguamento igienico-funzionale degli edifici esistenti, ove necessario, per il rispetto della legislazione in vigore anche in materia di sicurezza del lavoro connessi ad esigenze delle attivita' e degli usi in atto senza ampliamento di volume; - la realizzazione di nuove infrastrutture pubbliche o di interesse pubblico, nonche' l'ampliamento o la ristrutturazione delle esistenti, purche' compatibili con lo stato di dissesto esistente. 9. Nelle aree Cn compete alle Regioni e agli Enti locali, attraverso gli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica, regolamentare le attivita' consentite, i limiti e i divieti, tenuto anche conto delle indicazioni dei programmi di previsione e prevenzione ai sensi della L. 24 febbraio 1992, n. 225. 10. Nelle aree Ve sono consentiti esclusivamente gli interventi di demolizione senza ricostruzione. 11. Nelle aree Vm sono esclusivamente consentiti: - gli interventi di demolizione senza ricostruzione; - gli interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria, restauro, risanamento conservativo, degli edifici, cosi' come definiti alla lettera a) dell'art. 31 della L. 5 agosto 1978, n. 457; - gli interventi volti a mitigare la vulnerabilita' degli edifici esistenti e a migliorare la tutela della pubblica incolumita', senza aumenti di superficie e volume, senza cambiamenti di destinazione d'uso che comportino aumento del carico insediativo; - gli interventi necessari per la manutenzione ordinaria e straordinaria di opere pubbliche e di interesse pubblico e gli interventi di consolidamento e restauro conservativo di beni di interesse culturale, compatibili con la normativa di tutela; - la realizzazione di nuove infrastrutture pubbliche o di interesse pubblico, nonche' l'ampliamento o la ristrutturazione delle esistenti, purche' compatibili con lo stato di dissesto esistente; - le opere di protezione dalle valanghe. 12. Tutti gli interventi consentiti, di cui ai precedenti commi 3- ultima alinea, 5-ultima alinea 6-ultima alinea, 8-ultima alinea, 11- penultima alinea, sono subordinati ad una verifica tecnica, condotta anche in ottemperanza alle prescrizioni di cui al D.M. 11 marzo 1988, volta a dimostrare la compatibilita' tra l'intervento, le condizioni di dissesto e il livello di rischio esistente, sia per quanto riguarda possibili aggravamenti delle condizioni di instabilita' presenti, sia in relazione alla sicurezza dell'intervento stesso. Tale verifica deve essere allegata al progetto dell'intervento, redatta e firmata da un tecnico abilitato. Art. 10. Piena di progetto 1. L'Autorita' di bacino definisce, con propria direttiva: i valori delle portate di piena e delle precipitazioni intense da assumere come base di progetto e relativi metodi e procedure di valutazione per le diverse aree del bacino; i criteri e i metodi di calcolo dei profili di piena nei corsi d'acqua; - i tempi di ritorno delle portate di piena per il dimensionamento o la verifica delle diverse opere; - i franchi da assumere per i rilevati arginali e per le opere di contenimento e di attraversamento. 2. Nella progettazione delle opere di difesa idraulica, delle opere di consolidamento dei versanti e delle infrastrutture interferenti con i corsi d'acqua, le Amministrazioni competenti sono tenute a rispettare la direttiva di cui al precedente comma. Le stesse Amministrazioni possono applicare deroghe, in relazione a particolari situazioni collegate sia a specifiche modalita' di uso del territorio e ai relativi insediamenti, sia alle caratteristiche idrologiche dei corsi d'acqua, esplicitando le motivazioni delle scelte compiute e indicando gli effetti sulle opere progettate e sul livello di rischio per il territorio. 3. Ogni variazione rispetto ai valori definiti nella direttiva di cui al precedente comma 1, viene comunicata per l'approvazione dall'Amministrazione competente all'Autorita' di bacino che provvede, se del caso, a validare i dati ed eventualmente ad aggiornare le tabelle di riferimento. Art. 11. Portate limite di deflusso nella rete idrografica 1. I valori limite delle portate o dei livelli idrometrici nelle sezioni critiche per l'asta del fiume Po e per l'intero bacino idrografico del fiume Po, da assumere come base di progetto, sono definiti dall'Autorita' di bacino con apposita direttiva. 2. Le sezioni critiche indicate devono essere oggetto, a cura delle Amministrazioni competenti, di monitoraggio idrologico continuativo, con aggiornamento costante della geometria dell'alveo, misura dei livelli idrometrici, costruzione e aggiornamento della scala di deflusso. 3. I valori fissati rappresentano condizioni di vincolo per la progettazione degli interventi di difesa dalle piene sul reticolo idrografico del bacino. La sistemazione dei tratti fluviali a monte delle sezioni critiche indicate deve essere fatta in modo tale che nelle stesse sezioni non venga convogliata una portata massima superiore a quella limite. A questo fine i singoli interventi di difesa devono essere definiti dall'Autorita' idraulica competente all'interno di un progetto preliminare che interessi la porzione di corso d'acqua significativamente influenzabile dagli effetti delle opere. 4. Ai fini del rispetto dei valori limite di cui ai commi precedenti, le Amministrazioni competenti devono provvedere alla progettazione e alla realizzazione degli interventi necessari a garantire (mantenere o ripristinare) i volumi idrici invasabili all'interno della fascia B, cosi' come quantificati nel presente Piano per ciascun tratto di corso d'acqua oggetto di delimitazione delle fasce fluviali. Nell'ambito delle attivita' di progettazione e a seguito della realizzazione degli interventi, le Amministrazioni sopra indicate attuano adeguate operazioni di monitoraggio sulla morfologia e sulle caratteristiche idrauliche dell'alveo, finalizzate all'approfondimento alla scala progettuale della valutazione dei volumi invasati e al controllo nel tempo degli stessi. 5. Ogni variazione rispetto ai valori limite delle portate e dei livelli idrometrici viene comunicata dall'Amministrazione competente all'Autorita' di bacino che provvede a validare i dati e ad aggiornare le tabelle di riferimento. Art. 12. Limiti alle portate scaricate dalle reti di drenaggio artificiali 1. L'Autorita' di bacino definisce, con propria direttiva, le modalita' e i limiti cui assoggettare gli scarichi delle reti di drenaggio delle acque pluviali dalle aree urbanizzate e urbanizzande nel reticolo idrografico. Nella realizzazione dei nuovi interventi di urbanizzazione e di infrastrutturazione deve essere limitato lo sviluppo delle aree impermeabili e sono definite opportune aree atte a favorire l'infiltrazione e l'invaso temporaneo diffuso delle precipitazioni meteoriche. 2.Per i territori dei comuni individuati nella direttiva richiamata al precedente comma 1, gli strumenti urbanistici comunali generali, attuativi o esecutivi devono contenere la progettazione preliminare delle reti di raccolta e smaltimento delle acque meteoriche, comprensiva della verifica di compatibilita' delle portate scaricate nei corpi idrici ricettori nel rispetto dei limiti di cui al medesimo comma 1. 3. I Consorzi di Bonifica, ove presenti, verificano la compatibilita' degli scarichi delle nuove aree urbanizzate con i propri ricettori, proponendo gli interventi e le azioni necessari agli adeguamenti finalizzati a mantenere situazioni di sicurezza. Parte III - Norme sulla programmazione degli interventi Art. 13. Attuazione degli interventi e formazione dei Programmi triennali 1. Gli interventi previsti dal Piano sono attuati in tempi successivi, anche per singole parti del territorio, attraverso Programmi triennali di intervento, ai sensi dell'articolo 21 e seguenti della L. 18 maggio 1989, n. 183, redatti tenendo conto delle finalita' e dei contenuti del Piano stesso e dei suoi allegati. 2. I Programmi triennali di cui al precedente comma riguardano principalmente le seguenti categorie di intervento: - manutenzione degli alvei, delle opere di difesa e dei versanti; - opere di sistemazione e difesa del suolo; - interventi di rinaturazione dei sistemi fluviali e dei versanti; - opere nel settore agricolo e forestale finalizzate alla difesa idraulica e idrogeologica; - adeguamento delle opere viarie di attraversamento. 3. Il Piano puo' essere attuato, per gli interventi che coinvolgono piu' soggetti pubblici e privati ed implicano decisioni istituzionali e risorse finanziarie statali, regionali, delle province autonome nonche' degli enti locali, anche mediante le forme di accordo tra i soggetti interessati secondo i contenuti definiti dall'art. 1 della L. 7 aprile 1995, n.104 (Accordi di programma, Contratti di programma, Programmazione negoziata, Intese istituzionali di programma). 4. Nell'ambito delle procedure di cui al precedente comma, l'Autorita' di bacino puo' assumere il compito di promozione delle intese e anche di Autorita' preposta al coordinamento degli interventi programmati. 5. L'Autorita' di bacino, sulla base degli indirizzi e delle finalita' del Piano di bacino e dei suoi stralci, tenuto conto delle indicazioni delle Amministrazioni competenti, redige i Programmi triennali di intervento ai sensi degli artt. 21 e seguenti della L. 18 maggio 1989, n. 183 e aggiorna le direttive tecniche concernenti i criteri e gli indirizzi di formulazione della programmazione triennale, nonche' di progettazione degli interventi oggetto di programmazione. 6. L'Autorita' di bacino definisce e aggiorna un i'Quadro del fabbisogno di interventi" tenendo conto delle linee di intervento di cui all'Elaborato n. 3 i'Linee generali di assetto idraulico e idrogeologico", anche sulla base delle indicazioni delle Amministrazioni regionali. Il i'Quadro del fabbisogno di interventi" individua le opere strutturali da realizzare e i relativi costi di massima ed e' ordinato secondo criteri di priorita'. 7. Le Amministrazioni competenti, ai fini della programmazione triennale, sviluppano a livello di progetto preliminare gli interventi prioritari di cui al "Quadro del fabbisogno di interventi". L'Autorita' di bacino, su tale base, predispone un Parco progetti. 8. I Progetti preliminari costituenti il Parco progetti devono garantire un corretto inserimento paesaggistico-ambientale. A tal fine: - i progetti delle opere strutturali di modesta rilevanza devono uniformarsi alle indicazioni dell'Elaborato n. 5 i'Quaderno delle opere tipo"; - i progetti delle opere strutturali rilevanti devono contenere uno studio di inserimento ambientale che tenga conto degli elementi di rilevanza naturalistica e paesaggistica presenti, con riferimento a quanto indicato nell'Elaborato n. 4. i'Caratteri paesistici e beni naturalistici, storico - culturali e ambientali". 9. Il Programma triennale e' redatto sulla base del Parco progetti e tiene conto della programmazione finanziaria, con priorita' per gli interventi sui nodi critici individuati nell'ambito del presente Piano; possono inoltre essere considerati interventi di rilevanza locale sulla base di necessita' documentate e in coerenza con le linee di intervento fissate nell'Elaborato n. 3 i'Linee generali di assetto idraulico e idrogeologico" . 10. I progetti preliminari inseriti nel Programma triennale di cui al precedente comma, qualora riguardino o interferiscano con le aree o i beni tutelati ai sensi delle leggi 1 giugno 1939, n. 1089 e 29 giugno 1939, n. 1497, dovranno ottenere preventivo parere favorevole dagli Uffici competenti alla tutela archeologica, architettonica, storico- artistica, paesaggistica e ambientale. I progetti degli interventi inseriti nel Programma triennale devono contenere, unitamente alla definizione delle opere strutturali previste, la perimetrazione delle aree di dissesto conseguente alla realizzazione delle opere stesse e le relative norme d'uso del suolo. A opere realizzate, l'Amministrazione comunale provvede all'adeguamento eventuale dello strumento urbanistico sulla base degli effetti delle nuove opere realizzate. 12. Ai fini della programmazione degli interventi di manutenzione vengono costituiti e aggiornati appositi archivi presso l'Autorita' di bacino, sulla base delle indicazioni delle Amministrazioni competenti e degli elementi derivanti dal catasto delle opere di cui all'art.14, comma 5, delle presenti Norme; gli archivi contengono: - il censimento e la caratterizzazione dei tratti fluviali aventi maggiori necessita' di manutenzione periodica; - il parco dei progetti di manutenzione, redatti a livello preliminare. I progetti sono ordinati secondo un parametro di priorita' definito in base alle linee di intervento del Piano. 13. Il Programma triennale di manutenzione e' redatto sulla base del i'Parco progetti di manutenzione" e tiene conto della programmazione finanziaria. Art. 14. Interventi di manutenzione idraulica e idrogeologica 1. Il Piano ha l'obiettivo di promuovere gli interventi di manutenzione del territorio e delle opere di difesa, quali elementi essenziali per assicurare il progressivo miglioramento delle condizioni di sicurezza e della qualita' ambientale del territorio; in particolare di mantenere: - in buono stato idraulico e ambientale il reticolo idrografico, eliminando gli ostacoli al deflusso delle piene in alveo e in golena; - in buone condizioni idrogeologiche e ambientali i versanti; - in piena funzionalita' le opere di difesa essenziali alla sicurezza idraulica e idrogeologica. 2. Gli interventi di manutenzione idraulica devono mantenere le caratteristiche naturali dell'alveo e salvaguardare la varieta' e la molteplicita' delle biocenosi riparie, tenendo conto anche delle risultanze della Carta della natura di cui all'art. 3, comma 3, della L. 16 dicembre 1991, n. 394: i'Legge quadro sulle aree protette". Devono inoltre essere effettuati in maniera tale da non compromettere le funzioni biologiche del corso d'acqua e degli ecosistemi ripariali. 3. Gli interventi di manutenzione idraulica che comportano l'asportazione di materiale litoide dagli alvei devono essere conformi alla i'Direttiva in materia di attivita' estrattive nelle aree fluviali del bacino del fiume Po" approvata dal Comitato Istituzionale dell'Autorita' di bacino con deliberazione n. 26 dell'11 dicembre 1997, come Allegato n. 4 alle Norme di attuazione del primo i'Piano Stralcio delle Fasce Fluviali". 4. Gli interventi di manutenzione dei versanti e delle opere di consolidamento o protezione dai fenomeni di dissesto devono tendere al mantenimento di condizioni di stabilita', alla protezione del suolo da fenomeni di erosione accelerata e instabilita', al trattenimento idrico ai fini della riduzione del deflusso superficiale e dell'aumento dei tempi di corrivazione. In particolare privilegiano il ripristino di boschi, la ricostituzione di boschi degradati e di zone umide, i reimpianti, il cespugliamento, la semina di prati e altre opere a verde. Sono inoltre effettuati in maniera tale da non compromettere le caratteristiche naturali degli ecosistemi. 5. Le Amministrazioni competenti costituiscono e aggiornano, secondo modalita' coordinate con l'Autorita' di bacino, un catasto delle opere di difesa idraulica e di consolidamento dei versanti ai fini della programmazione degli interventi di manutenzione. Il catasto e i relativi aggiornamenti periodici vengono trasmessi da parte delle Amministrazioni competenti all'Autorita' di bacino. 6. L'Autorita' di bacino aggiorna la i'Direttiva per la progettazione degli interventi e la formulazione dei programmi di manutenzione" approvata con deliberazione del Comitato Istituzionale n. 1 del 15 aprile 1998, come Allegato 3 al i'Programma di rilancio degli interventi di manutenzione". 7. Al fine di consentire interventi di manutenzione con mezzi meccanici nelle reti di scolo artificiali, le aree di rispetto lungo i canali consortili sono estese, rispetto all'art. 140, lett. e) del Regolamento di cui al Regio Decreto 8 maggio 1904, n. 368, fino a 5 metri. Art. 15. Interventi di riqualificazione ambientale e di rinaturazione 1. Il Piano ha l'obiettivo di promuovere interventi di riqualificazione e rinaturazione, che favoriscano: - la riattivazione e l'avvio di processi evolutivi naturali e il ripristino di ambienti umidi naturali; - il ripristino e l'ampliamento delle aree a vegetazione spontanea, allo scopo di ripristinare, ove possibile, gli equilibri ambientali e idrogeologici; - il recupero dei territori perifluviali ad uso naturalistico e ricreativo. Art. 16. Interventi di sistemazione e difesa del suolo 1. Il complesso delle opere di sistemazione e difesa del suolo necessarie al conseguimento degli obiettivi di Piano e' definito sulla base delle indicazioni contenute nell'Elaborato n. 3 i'Linee generali di assetto idraulico e idrogeologico". 2. Gli interventi di cui al precedente comma 1 sono oggetto di una attivita' di verifica e monitoraggio di attuazione da svolgere a cura dell'Autorita' di bacino, in collaborazione con le Amministrazioni competenti, con le seguenti finalita': - la verifica dello stato di avanzamento dell'attuazione degli interventi finanziati; - l'individuazione di azioni correttive che dovessero risultare utili o necessarie, sulla base delle risultanze circa lo stato di avanzamento degli interventi; - la predisposizione degli aggiornamenti della programmazione; la rilevazione dello stato di attuazione della programmazione dal punto di vista dei finanziamenti impegnati; - l'analisi critica e la valutazione dei risultati raggiunti per ciascun intervento e nel complesso. Art. 17. Interventi nell'agricoltura e per la gestione forestale 1. Nella definizione di programmi di intervento in agricoltura e nella gestione forestale sono considerati prioritari interventi finalizzati a: - migliorare il patrimonio forestale esistente; - favorire l'instaurarsi delle successioni naturali in atto nei terreni abbandonati dall'agricoltura; - monitorare e controllare le successioni naturali al fine di evitare condizioni di dissesto conseguenti all'abbandono; - gestire e realizzare le adeguate sistemazioni idraulico-agrarie e idraulico-forestali; - incrementare la forestazione naturalistica lungo le aste fluviali; - mantenere una opportuna copertura erbacea nelle colture specializzate collinari (viticoltura e frutticoltura); - realizzare interventi coordinati di tipo estensivo (forestazione ed inerbimenti) a completamento di opere o interventi di tipo intensivo; - realizzare interventi intensivi, ove possibile, attraverso le tecniche di ingegneria naturalistica. 2. Ai sensi dell'art. 9 della L. 31 gennaio 1994, n. 97, le Comunita' montane sono tenute a promuovere la costituzione di forme consortili di gestione del patrimonio forestale nonche' a dotare le aziende costituite di piani di gestione (Piani di assestamento forestale). In conformita' a tali piani e' sviluppata la gestione compatibile delle superfici forestali. 3. Ai fini della salvaguardia e del ripristino delle condizioni di equilibrio del sistema idrogeologico e forestale, gli Enti competenti adottano i criteri e gli indirizzi di buona pratica agricola, funzionali a conseguire effetti di stabilizzazione e di consolidamento dei terreni e di riduzione dei deflussi di piena. Art. 18. Indirizzi alla pianificazione urbanistica 1. Le Regioni, nell'ambito di quanto disposto al precedente art. 5, comma 2, emanano le disposizioni concernenti l'adeguamento degli strumenti urbanistici comunali conseguenti alle condizioni di dissesto delimitate nella cartografia di cui all'Elaborato 2 del Piano i'Atlante dei rischi idraulici e idrogeologici - Inventario dei centri abitati montani esposti a pericolo" e alle corrispondenti limitazioni d'uso del suolo di cui all'art. 9 delle presenti Norme, provvedendo ove necessario all'indicazione dei Comuni esonerati in quanto gia' dotati di strumenti urbanistici compatibili con le condizioni di dissesto individuate nel presente Piano. 2. I Comuni, in sede di formazione e adozione degli strumenti urbanistici generali o di loro varianti di adeguamento alle prescrizioni del presente Piano, sono tenuti a conformare le loro previsioni alle delimitazioni e alle relative disposizioni di cui al precedente comma. In tale ambito, anche al fine di migliorare l'efficacia dell'azione di prevenzione, i Comuni possono effettuare una verifica della compatibilita' idraulica e idrogeologica delle previsioni degli strumenti urbanistici vigenti con le condizioni di dissesto presenti o potenziali rilevate nella citata cartografia di Piano, avvalendosi, tra l'altro, di analisi di maggior dettaglio eventualmente disponibili in sede regionale, provinciale o della Comunita' montana di appartenenza. 3. La verifica di compatibilita' e' effettuata con le seguenti modalita' e contenuti: a) rilevazione e caratterizzazione dei fenomeni di dissesto idraulico e idrogeologico, attivi o potenzialmente attivi, che, sulla base delle risultanze dell'Elaborato 2 i'Atlante dei rischi idraulici e idrogeologici - Inventario dei centri abitati montani esposti a pericolo", ovvero sulla base di ulteriori accertamenti tecnici condotti in sede locale, interessano il territorio comunale, con particolare riferimento alle parti urbanizzate o soggette a previsioni di espansione urbanistica; b) delimitazione alla scala opportuna delle porzioni di territorio soggette a dissesti idraulici e idrogeologici, prendendo a riferimento quelle contenute nell'Elaborato 2 i'Atlante dei rischi idraulici e idrogeologici - Inventario dei centri abitati montani esposti a pericolo" di cui all'art. 8, comma 3, in funzione delle risultanze degli accertamenti tecnici espressamente condotti di cui al punto precedente; c) descrizione, con elaborati adeguati e di maggior dettaglio, riferiti all'ambito territoriale ritenuto significativo, delle interferenze fra lo stato del dissesto presente o potenziale come sopra rilevato al paragrafo a) e le previsioni del piano regolatore generale ancorche' assoggettate a strumenti di attuazione; d) indicazione delle misure da adottare al fine di rendere compatibili le previsioni degli strumenti urbanistici con lo stato dei dissesti presenti o potenziali, in relazione al loro grado di pericolosita', ai tempi necessari per gli interventi, agli oneri conseguenti. 4. All'atto di approvazione delle varianti di adeguamento dello strumento urbanistico alle prescrizioni del Piano le delimitazioni zonali delle aree in dissesto e le relative norme d'uso del suolo, conseguenti alla verifica di compatibilita' di cui al precedente comma, sostituiscono quelle di cui agli artt. 8 e 9 delle presenti Norme. 5. I Comuni, in sede di adozione di strumenti urbanistici generali o relative varianti, allegano la verifica di compatibilita' idraulica e idrogeologica redatta in conformita' delle disposizioni richiamate nel presente articolo. 6. Gli stessi Comuni sono tenuti a trasmettere all'Autorita' di bacino le risultanza della verifica di compatibilita' di cui ai commi precedenti comprensiva delle eventuali modifiche apportate alle perimetrazioni delle aree in dissesto e alle relative limitazioni d'uso del suolo. 7. I Comuni sono tenuti a informare i soggetti attuatori delle previsioni dello strumento urbanistico sulle limitazioni di cui al precedente art. 9 e sugli interventi prescritti nei territori delimitati come aree in dissesto idraulico o idrogeologico per la loro messa in sicurezza. Provvedono altresi' ad inserire nel certificato di destinazione urbanistica, previsto dalle vigenti disposizioni di legge, la classificazione del territorio in funzione del dissesto operata dal presente Piano. Il soggetto attuatore e' tenuto a sottoscrivere un atto liberatorio che escluda ogni responsabilita' dell'amministrazione pubblica in ordine a eventuali futuri danni a cose e a persone comunque derivanti dal dissesto segnalato. 8. Nei Programmi triennali di intervento previsti dal successivo art. 24 delle presenti Norme sono indicate misure di finanziamento ai Comuni per lo svolgimento delle sopraddette operazioni di istruttoria tecnica. 9. Sono fatte salve in ogni caso le disposizioni e gli atti amministrativi ai sensi delle leggi 9 luglio 1908, n. 445 e 2 febbraio 1974, n. 64 nonche' quelli di cui alle leggi 1 giugno 1989, n. 1089, 29 giugno 1939, n. 1497 e dell'art. 82 del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 e successive modificazioni. 10. Nel territorio della Provincia autonoma di Trento agli adempimenti di cui al presente articolo provvedono gli enti competenti in materia ai sensi delle vigenti disposizioni provinciali, nel rispetto di quanto stabilito in materia dallo Statuto speciale di autonomia della Regione Trentino-Alto Adige e dalle relative norme di attuazione. Art. 19. Opere di attraversamento 1. Le nuove opere di attraversamento stradale o ferroviario, o comunque le infrastrutture a rete interessanti il reticolo idrografico non oggetto di delimitazione delle fasce fluviali nel Piano Stralcio delle Fasce Fluviali, approvato con D.P.C.M. 24 luglio 1998 e nel presente Piano, devono essere progettate nel rispetto dei criteri e delle prescrizioni tecniche per la verifica idraulica di cui ad apposita direttiva emanata dall'Autorita' di bacino del fiume Po. 2. Gli Enti proprietari delle opere viarie di attraversamento del reticolo idrografico predispongono, entro un anno dalla data di pubblicazione dell'atto di approvazione del Piano, una verifica di compatibilita' idraulica delle stesse sulla base di apposita direttiva emanata dall'Autorita' di bacino. Gli Enti medesimi, in relazione ai risultati della verifica menzionata, individuano e progettano gli eventuali interventi strutturali correttivi e di adeguamento necessari. 3. L'Autorita' di bacino, anche su proposta degli Enti proprietari e in coordinamento con le Regioni territorialmente competenti, delibera specifici Programmi triennali di intervento ai sensi degli artt. 21 e seguenti della L. 18 maggio 1989, n. 183, per gli interventi di adeguamento di cui al precedente comma, con priorita' per le opere che comportano condizioni di rischio idraulico per gli abitati o per la protezione di opere di notevole valore culturale ed ambientale. Art. 19 bis. Impianti di depurazione e di trattamento di rifiuti solidi 1. L'Autorita' di bacino stabilisce, con apposita direttiva avente anche carattere prescrittivo, i requisiti di sicurezza igienico- ambientale a cui devono essere adeguati gli impianti di trattamento d'acque reflue, esistenti o in progetto, nonche' di rifiuti solidi e prodotti di risulta, qualora esistenti, che ricadono all'interno delle fasce A e B e in aree potenzialmente interessate da condizioni di dissesto idrogeologico delimitate negli strumenti di piano dell'Autorita' di bacino stessa. Art. 20. Interventi per la realizzazione delle opere del Sistema idroviario Padano-Veneto 1. Le opere del Programma per il completamento del Sistema idroviario Padano-Veneto devono essere compatibili con gli obiettivi, gli indirizzi e le prescrizioni del Piano di bacino, relativi sia all'uso della risorsa idrica che alle interazioni con l'assetto fisico ed idraulico del reticolo idrografico naturale e artificiale, con particolare riferimento a quanto disposto nel Piano Stralcio Fasce Fluviali, approvato con DPCM 24 luglio 1998, e del presente Piano. Attraverso tali opere si persegue anche il miglioramento delle condizioni dell'ecosistema fluviale e dell'assetto idraulico e morfologico del fiume, nonche' il recupero ambientale delle aree al contorno. A tale fine i programmi di attuazione del Programma complessivo di completamento del sistema idroviario approvato con D.M. 25 giugno 1992, N. 759, sono sottoposti, a cura degli enti competenti, all'Autorita' di bacino che esprime uno specifico parere di compatibilita'. 2. Le nuove opere per il completamento del sistema idroviario contenute nei programmi di cui al precedente comma 1, che interessano le fasce A e B dell'asta del Po, devono essere progettate nel rispetto delle prescrizioni generali di cui all'art. 15 delle Norme di attuazione del Piano Stralcio delle Fasce Fluviali, approvato con D.P.C.M. 24 luglio 1998; i relativi progetti devono essere corredati da uno studio di compatibilita' che documenti l'assenza di interazioni negative con la morfologia dell'alveo fluviale, con particolare riferimento alle quote di fondo, e con le condizioni di deflusso in piena ed il complessivo miglioramento ambientale delle aree direttamente ed indirettamente interessate. I progetti e i relativi studi di compatibilita' sono sottoposti all'Autorita' di bacino ai fini dell'espressione del parere di compatibilita' con il richiamato Piano Stralcio delle Fasce Fluviali. 3. Le nuove opere per il completamento del sistema idroviario, contenute nei programmi di cui al precedente comma 1, che non interessano le fasce A e B dell'asta del Po devono essere progettate nel rispetto delle prescrizioni generali di cui al precedente art. 19. I progetti e i relativi studi di compatibilita' sono sottoposti all'Autorita' di bacino ai fini dell'espressione del parere di compatibilita' con il presente Piano. 4. L'Autorita' di bacino promuove, nell'ambito degli studi settoriali del piano di bacino, un approfondimento ed un aggiornamento delle indagini, dei monitoraggi e delle valutazioni relative alle condizioni morfologiche e idrodinamiche dell'alveo di magra del Po. 5. Gli interventi di infrastrutturazione per la navigazione di natura pubblica e privata lungo l'asta del Po e idrovie collegate, non compresi nel programma di cui al precedente comma 1, sono consentiti se individuati negli strumenti di pianificazione regionali e provinciali e nelle forme ivi previste. I relativi progetti sono sottoposti al disposto di cui all'art. 15 delle Norme di attuazione del Piano Stralcio delle Fasce Fluviali, approvato con D.P.C.M. 24 luglio 1998. Art. 21. Adeguamento dei tratti tombinati dei corsi d'acqua naturali 1. I soggetti pubblici o privati proprietari o concessionari predispongono, entro un anno dalla data di pubblicazione dell'atto di approvazione del Piano, una verifica idraulica delle opere di tombinamento dei corsi d'acqua naturali in corrispondenza degli attraversamenti dei centri urbani, sulla base di apposita direttiva emanata dall'Autorita' di bacino. Le Amministrazioni competenti in relazione ai risultati della verifica menzionata, individuano e progettano gli eventuali interventi strutturali di adeguamento necessari, privilegiando ovunque possibile il ripristino di sezioni di deflusso a cielo libero. 2. L'Autorita' di bacino, su proposta delle Amministrazioni competenti e in coordinamento con le Regioni territorialmente competenti, inserisce nei Programmi triennali di intervento di cui agli artt. 21 e seguenti della L. 18 maggio 1989, n. 183, gli interventi di adeguamento di cui al precedente comma, con priorita' per le opere che comportano condizioni di rischio idraulico per gli abitati. Art. 22. Compatibilita' delle attivita' estrattive 1. Le attivita' di escavazione di sabbia e ghiaia nell'alveo dei corsi d'acqua, al di fuori del demanio fluviale per il quale valgono le prescrizioni di cui al R.D. 25 luglio 1904 n. 523, e nelle spiagge e fondali lacuali e di coltivazione di cave e torbiere (cosi' come definite dal D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616) sono individuate nell'ambito dei piani di settore i quali devono garantire la compatibilita' delle stesse con le finalita' del Piano. A tal fine i Piani di settore regionali e provinciali o loro varianti devono essere corredati da uno studio di compatibilita' idraulico-geologico- ambientale. Dell'adozione del piano di settore deve essere data comunicazione all'Autorita' di bacino. 2. I medesimi piani di settore devono definire le modalita' di ripristino ambientale, coerente con le finalita' e gli effetti del Piano, delle aree estrattive al termine della coltivazione, nonche' di manutenzione e gestione a conclusione dell'attivita' e di recupero ambientale per quelle insistenti in aree protette. 3. I Piani di settore, vigenti alla data di approvazione del presente Piano, devono essere adeguati alle Norme del Piano medesimo. 4. Nelle more di approvazione dei Piani di settore, i progetti delle attivita' di cava devono essere corredati da uno studio di compatibilita' idraulico-geologica-ambientale. Art. 23. Protezione civile 1. Le Regioni e le Province ai sensi della L. 24 febbraio 1992, n. 225, predispongono Programmi di previsione e prevenzione, tenuto conto delle ipotesi di rischio derivanti dalle indicazioni del presente Piano, rappresentate dalla delimitazione della Fascia C di cui al successivo art. 33 e dalle classi di rischio R1, R2, R3, R4 dei territori comunali e degli interventi strutturali di difesa individuati dallo stesso Piano. 2. Gli Enti territoriali di cui al precedente comma, nell'ambito delle rispettive competenze, curano i rapporti con i Comuni interessati dal Piano per l'organizzazione e la dotazione di strutture comunali di Protezione Civile ai sensi dell'art. 15 della richiamata L. n. 225/92, ovvero per la stesura dei Piani comunali ed intercomunali di Protezione Civile, secondo quanto disposto dal dettato dell'art. 108 del D. Lgs. 31 marzo 1998, n. 112. 3. Gli organi tecnici dell'Autorita' di bacino si pongono come struttura di servizio a favore degli Enti competenti di cui alla L. 24 febbraio 1992, n. 225. Titolo II - Norme per le fasce fluviali Parte I - Natura, contenuti ed effetti del Piano per la parte relativa all'estensione delle fasce fluviali Art. 24. Finalita' generali 1. Il presente Piano, detto secondo Piano Stralcio delle Fasce Fluviali, estende la delimitazione e la normazione contenuta nel D.P.C.M. 24 luglio 1998 (primo Piano Stralcio delle Fasce Fluviali) alle fasce fluviali precisate all'art. 1, comma 1, lettera b). 2. Il Piano ha valore di Piano territoriale di settore ed e' lo strumento conoscitivo, normativo, tecnico-operativo, mediante il quale sono pianificate e programmate le azioni e le norme d'uso riguardanti le fasce fluviali, quali individuate al successivo art. 25. 3. Il Piano persegue gli obiettivi di settore, ai sensi dell'art. 3 e dell'art. 17 della L. 18 maggio 1989, n. 183, con particolare riferimento alle lettere a), b), c), i), l), m) e s) del medesimo art. 17. ll Piano definisce le sue scelte attraverso la valutazione unitaria e interrelata della regione fluviale, tenuto conto delle indicazioni e prescrizioni del primo Piano Stralcio delle Fasce Fluviali e dei vari settori di disciplina con l'obiettivo di assicurare un livello di sicurezza adeguato rispetto ai fenomeni alluvionali, il ripristino, la riqualificazione e la tutela delle caratteristiche del territorio e della risorsa idrica, la programmazione degli usi del suolo ai fini della difesa, della stabilizzazione e del consolidamento dei terreni. Art. 25. Ambito territoriale 1. L'ambito territoriale di riferimento del Piano e' costituito dal sistema idrografico dell'asta del Po e dei suoi affluenti, questi ultimi per la parte non considerata nel primo Piano Stralcio delle Fasce Fluviali, quali specificati nell'Allegato 1 "Corsi d'acqua oggetto di delimitazione delle fasce fluviali" al Titolo II delle presenti Norme. 2. Per i corsi d'acqua di cui all'Allegato 1 richiamato al comma precedente, la delimitazione territoriale delle fasce fluviali e' individuata e rappresentata nella cartografia del Piano e riguarda i territori dei Comuni elencati nell'Allegato 2 "Comuni interessati dalle fasce fluviali" al Titolo II delle presenti Norme. 3. Sono inoltre oggetto di prescrizioni nel presente Piano le aree del demanio fluviale ricadenti nell'ambito dei corsi d'acqua di cui all'Allegato 1 "Corsi d'acqua oggetto di delimitazione delle fasce fluviali" menzionato al comma 1. 4. Per la parte di rete idrografica non compresa nel richiamato Allegato 1, fatte salve le successive integrazioni degli ambiti territoriali interessati dal presente Piano, le Regioni e le Province, nei rispettivi strumenti di pianificazione territoriale, possono individuare corsi d'acqua per i quali procedere alla delimitazione delle fasce fluviali e all'applicazione ad esse delle Norme del presente Piano operando sulla base degli obiettivi e degli indirizzi dello stesso. 5. Per la parte di rete idrografica non interessata dalla delimitazione delle fasce fluviali nell'ambito del Piano Stralcio delle Fasce Fluviali, approvato con D.P.C.M. 24 luglio 1998 e nel presente Piano, in relazione a particolari situazioni locali, o per ragioni di urgenza, l'Autorita' di bacino, su richiesta delle Regioni o delle Province, procede alla delimitazione delle fasce fluviali con atti del Comitato Istituzionale, adottati ai sensi dell'art. 17, comma 6 bis, della L. 18 maggio 1989, n. 183. Le Regioni e le Province provvedono al recepimento delle medesime delimitazioni negli strumenti di pianificazione regionale o provinciale. Art. 26. Elaborati del Piano Il Piano e' costituito dai seguenti elaborati: a) Tavole di delimitazione delle fasce fluviali n.21 tavole in scala 1:50.000, n.122 tavole in scala 1:25.000 e n. 53 tavole in scala 1:10.000; b) Norme di attuazione con relativi allegati (Allegato 1 - Corsi d'acqua oggetto di delimitazione delle fasce fluviali; Allegato 2 - Comuni interessati dalle fasce A, B e C; Allegato 3 - Metodo di delimitazione delle fasce fluviali); c) Relazione generale al secondo Piano Stralcio delle Fasce Fluviali; Addendum 1: Progetto di delimitazione delle fasce fluviali - Torrente Banna (relazione illustrativa e n. 12 tavole in scala 1:10.000); Addendum 2: Progetto di delimitazione delle fasce fluviali - Torrente Chisola (relazione illustrativa e n. 3 tavole in scala 1:25.000); Addendum 3: Progetto di delimitazione delle fasce fluviali - Torrente Sangone (relazione illustrativa e n. 4 tavole in scala 1:25.000). Art. 27. Effetti del Piano 1. Agli effetti dell'art. 17, comma 5, della L. 18 maggio 1989, n. 183, sono dichiarate di carattere immediatamente vincolante per le Amministrazioni ed Enti pubblici, nonche' per i soggetti privati, le prescrizioni di cui all'art. 29, comma 2, lett. a) e b); art. 30, comma 2; art. 38, art. 39, commi 1,2,3,4,5,6 del presente Piano. Sono fatti salvi gli interventi gia' autorizzati autorizzati (o per i quali sia gia' stata presentata denuncia di inizio di attivita' ai sensi dell'art. 4, comma 7, della decreto legge 5 ottobre 1993, n. 398, cosi' come convertito in legge 4 dicembre 1993, n. 493 e successive modifiche) rispetto ai quali i relativi lavori siano gia' stati iniziati al momento di entrata in vigore del Piano e vengano completati entro il termine di tre anni dalla data di inizio. 2. Fermo il carattere immediatamente vincolante delle prescrizioni di cui al precedente comma 1, le Regioni, entro novanta giorni dalla data di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell'atto di approvazione del Piano, emanano ove necessario disposizioni di carattere integrativo concernenti l'attuazione del Piano stesso nel settore urbanistico. A mente dell'art. 17, comma 6, della richiamata L. n. 183/89, gli Enti territorialmente interessati dal Piano, sono tenuti a rispettare le prescrizioni nel settore urbanistico con l'obbligo di adeguare i propri strumenti urbanistici entro nove mesi dalla pubblicazione dell'atto di approvazione del presente Piano. 3. In sede di adeguamento, gli strumenti di pianificazione provinciali e comunali, possono fare coincidere i limiti delle Fasce A, B e C, cosi' come riportati nelle tavole grafiche di cui all'art. 26, con elementi fisici rilevabili alla scala di maggior dettaglio della cartografia dei citati piani rispettandone comunque l'unitarieta'. 4. In tutti i casi in cui gli interventi o le opere previsti dal Piano riguardino e interferiscano con beni o aree tutelati ai sensi della L. 1 giugno 1939, n. 1089 e della L. 29 giugno 1939, n. 1497 e loro successive modificazioni e integrazioni, essi saranno soggetti alle procedure autorizzative previste dalle leggi stesse. 5. Sono fatte salve in ogni caso le disposizioni piu' restrittive di quelle previste nelle presenti Norme contenute nella legislazione statale in vigore in materia di beni culturali e ambientali e di aree naturali protette, negli strumenti di pianificazione territoriale di livello regionale, provinciale o comunale ovvero in altri Piani di tutela del territorio, ivi compresi i Piani paesisitici. Art. 28. Classificazione delle Fasce Fluviali 1. Apposito segno grafico, nelle tavole di cui all'art. 26, individua le fasce fluviali classificate come segue. - Fascia di deflusso della piena (Fascia A), costituita dalla porzione di alveo che e' sede prevalente del deflusso della corrente per la piena di riferimento, come definita nell'Allegato 3 " Metodo di delimitazione delle fasce fluviali" al Titolo II delle presenti Norme, ovvero che e' costituita dall'insieme delle forme fluviali riattivabili durante gli stati di piena. - Fascia di esondazione (Fascia B), esterna alla precedente, costituita dalla porzione di territorio interessata da inondazione al verificarsi della piena di riferimento come definita nell'Allegato 3 al Titolo II sopra richiamato. Il limite di tale fascia si estende fino al punto in cui le quote naturali del terreno sono superiori ai livelli idrici corrispondenti alla piena di riferimento, ovvero sino alle opere idrauliche esistenti o programmate di controllo delle inondazioni (argini o altre opere di contenimento). Il Piano indica con apposito segno grafico, denominato "limite di progetto tra la Fascia B e la Fascia C", le opere idrauliche programmate per la difesa del territorio. Allorche' dette opere saranno realizzate, i confini della Fascia B si intenderanno definiti in conformita' al tracciato dell'opera idraulica eseguita e la delibera del Comitato Istituzionale dell'Autorita' di bacino del fiume Po di presa d'atto del collaudo dell'opera varra' come variante automatica del presente Piano per il tracciato di cui si tratta. - Area di inondazione per piena catastrofica (Fascia C), costituita dalla porzione di territorio esterna alla precedente (Fascia B), che puo' essere interessata da inondazione al verificarsi di eventi di piena piu' gravosi di quella di riferimento, come definita nell'Allegato 3 al Titolo II sopra richiamato. Art. 29. Fascia di deflusso della piena (Fascia A) 1. Nella Fascia A il Piano persegue l'obiettivo di garantire le condizioni di sicurezza assicurando il deflusso della piena di riferimento, il mantenimento e/o il recupero delle condizioni di equilibrio dinamico dell'alveo, e quindi favorire, ovunque possibile, l'evoluzione naturale del fiume in rapporto alle esigenze di stabilita' delle difese e delle fondazioni delle opere d'arte, nonche' a quelle di mantenimento in quota dei livelli idrici di magra. 2. Nella Fascia A sono vietate: a) le attivita' di trasformazione dello stato dei luoghi, che modifichino l'assetto morfologico, idraulico, infrastrutturale, edilizio, fatte salve le prescrizioni dei successivi articoli; b) l'installazione di impianti di smaltimento dei rifiuti ivi incluse le discariche di qualsiasi tipo sia pubbliche che private, il deposito a cielo aperto, ancorche' provvisorio, di materiali o di rifiuti di qualsiasi genere; c) le coltivazioni erbacee non permanenti e arboree per una ampiezza di 10 m dal ciglio della sponda, al fine di assicurare il mantenimento o il ripristino di una fascia continua di vegetazione spontanea lungo le sponde dell'alveo inciso, avente funzione di stabilizzazione delle sponde e riduzione della velocita' della corrente. 3. Sono per contro consentiti: a) i cambi colturali; b) gli interventi volti alla ricostituzione degli equilibri naturali alterati e alla eliminazione, per quanto possibile, dei fattori incompatibili di interferenza antropica; c) le occupazioni temporanee se non riducono la capacita' di portata dell'alveo, realizzate in modo da non arrecare danno o da risultare di pregiudizio per la pubblica incolumita' in caso di piena; d) i prelievi manuali di ciottoli, senza taglio di vegetazione, per quantitativi non superiori a 150 m= annui; e) la realizzazione di accessi per natanti alle cave di estrazione ubicate in golena, per il trasporto all'impianto di trasformazione, purche' inserite in programmi individuati nell'ambito dei Piani di settore; f) i depositi temporanei conseguenti e connessi ad attivita' estrattiva autorizzata ed agli impianti di trattamento del materiale estratto in loco e da realizzare secondo le modalita' prescritte dal dispositivo di autorizzazione; g) il miglioramento fondiario limitato alle infrastrutture rurali compatibili con l'assetto della fascia. 4. Per esigenze di carattere idraulico connesse a situazioni di rischio, l'Autorita' idraulica preposta puo' in ogni momento effettuare o autorizzare tagli di controllo della vegetazione spontanea eventualmente presente nella Fascia A. Art. 30. Fascia di esondazione (Fascia B) 1. Nella Fascia B il Piano persegue l'obiettivo di mantenere e migliorare le condizioni di funzionalita' idraulica ai fini principali dell'invaso e della laminazione delle piene, unitamente alla conservazione e al miglioramento delle caratteristiche naturali e ambientali. 2. Nella Fascia B sono vietati: a) gli interventi che comportino una riduzione apprezzabile o una parzializzazione della capacita' di invaso, salvo che questi interventi prevedano un pari aumento delle capacita' di invaso in area idraulicamente equivalente; b) l'installazione di impianti di smaltimento dei rifiuti ivi incluse le discariche di qualsiasi tipo sia pubbliche che private, il deposito a cielo aperto, ancorche' provvisorio, di materiali o di rifiuti di qualsiasi genere; c) in presenza di argini, interventi e strutture che tendano a orientare la corrente verso il rilevato e scavi o abbassamenti del piano di campagna che possano compromettere la stabilita' delle fondazioni dell'argine. 3. Sono per contro consentiti: a) gli interventi volti alla ricostituzione degli equilibri naturali alterati e all'eliminazione, per quanto possibile, dei fattori incompatibili di interferenza antropica; b) gli interventi di sistemazione idraulica quali argini o casse di espansione e ogni altra misura idraulica atta ad incidere sulle dinamiche fluviali, solo se compatibili con l'assetto di progetto dell'alveo derivante dalla delimitazione della fascia; c) i depositi temporanei conseguenti e connessi ad attivita' estrattive autorizzate ed agli impianti di trattamento del materiale estratto in loco e da realizzare secondo le modalita' prescritte dai dispositivi autorizzativi; d) gli impianti di trattamento d'acque reflue, qualora sia dimostrata l'impossibilita' della loro localizzazione al di fuori delle fasce, nonche' gli ampliamenti e messa in sicurezza di quelli esistenti; i relativi interventi sono soggetti a parere di compatibilita' dell'Autorita' di bacino ai sensi e per gli effetti del successivo art. 38, espresso anche sulla base di quanto previsto all'art. 19 bis. 4. Gli interventi consentiti debbono assicurare il mantenimento o il miglioramento delle condizioni di drenaggio superficiale dell'area, l'assenza di interferenze negative con il regime delle falde freatiche presenti e con la sicurezza delle opere di difesa esistenti. Art. 31. Area di inondazione per piena catastrofica (Fascia C) 1. Nella Fascia C il Piano persegue l'obiettivo di integrare il livello di sicurezza alle popolazioni, mediante la predisposizione prioritaria da parte degli Enti competenti ai sensi della L. 24 febbraio 1992, n. 225 e quindi da parte delle Regioni o delle Province, di Programmi di previsione e prevenzione, tenuto conto delle ipotesi di rischio derivanti dalle indicazioni del presente Piano. 2. I Programmi di previsione e prevenzione e i Piani di emergenza per la difesa delle popolazioni e del loro territorio, investono anche i territori individuati come Fascia A e Fascia B. 3. In relazione all'art. 13 della L. 24 febbraio 1992, n. 225, e' affidato alle Province, sulla base delle competenze ad esse attribuite dagli artt. 14 e 15 della L. 8 giugno 1990, n. 142, di assicurare lo svolgimento dei compiti relativi alla rilevazione, alla raccolta e alla elaborazione dei dati interessanti la protezione civile, nonche' alla realizzazione dei Programmi di previsione e prevenzione sopra menzionati. Gli Organi tecnici dell'Autorita' di bacino del fiume Po e delle Regioni si pongono come struttura di servizio nell'ambito delle proprie competenze, a favore delle Province interessate per le finalita' ora menzionate. Le Regioni e le Province, nell'ambito delle rispettive competenze, curano ogni opportuno raccordo con i Comuni interessati per territorio per la stesura dei piani comunali di protezione civile, con riferimento all'art. 15 della L. 24 febbraio 1992, n. 225. 4. Compete alle Regioni e agli Enti locali, attraverso gli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica, regolamentare le attivita' consentite, i limiti e i divieti per i territori ricadenti nella Fascia C. 5. Nei territori della Fascia C, delimitati con segno grafico indicato come i'limite di progetto tra la Fascia B e la Fascia C" nelle tavole grafiche, il Comune competente puo' applicare, in sede di adeguamento degli strumenti urbanistici, anche sulla base degli indirizzi emanati dalle Regioni ai sensi del precedente art. 27, comma 2, in tutto o in parte gli articoli di norma relativi alla Fascia B in via transitoria fino alla avvenuta realizzazione delle opere programmate. Art. 32. Demanio fluviale e pertinenze idrauliche e demaniali 1. Il Piano assume l'obiettivo di assicurare la migliore gestione del demanio fluviale. A questi fini l'Amministrazione competente dello Stato e' impegnata a costruire presso gli Organi dell'Autorita' di bacino del fiume Po, appositamente organizzati allo scopo, i documenti di ricognizione anche catastale del demanio dei corsi d'acqua interessati dalle prescrizioni delle presenti Norme, nonche' le concessioni in atto relative a detti territori, con le date di rispettiva scadenza. 2. Fatto salvo quanto previsto dalla L. 5 gennaio 1994, n. 37, per i territori demaniali, i soggetti di cui all'art. 8 della citata legge, formulano progetti di utilizzo con finalita' di recupero ambientale e tutela del territorio in base ai quali esercitare il diritto di prelazione previsto dal medesimo art. 8, per gli scopi perseguiti dal presente Piano. Per le finalita' di cui al presente comma, l'Autorita' di bacino del fiume Po, nei limiti delle sue competenze, si pone come struttura di servizio. 3. Le aree del demanio fluviale di nuova formazione, ai sensi della L. 5 gennaio 1994, n. 37, a partire dalla data di approvazione del presente Piano, sono destinate esclusivamente al miglioramento della componente naturale della regione fluviale e non possono essere oggetto di sdemanializzazione. 4. Nei terreni demaniali ricadenti all'interno delle fasce A e B, fermo restando quanto previsto dall'art. 8 della L. 5 gennaio 1994, n. 37, il rinnovo ed il rilascio di nuove concessioni sono subordinati alla presentazione di progetti di gestione, d'iniziativa pubblica e/o privata, volti alla ricostituzione di un ambiente fluviale tradizionale e alla promozione dell'interconnessione ecologica di aree naturali, nel contesto di un processo di progressivo recupero della complessita' e della biodiversita' della regione fluviale. I predetti progetti di gestione, riferiti a porzioni significative e unitarie del demanio fluviale, devono essere strumentali al raggiungimento degli obiettivi del Piano, di cui all'art. 1, comma 3 e all'art. 15, comma 1, del presente Piano e devono contenere: - l'individuazione delle emergenze naturali dell'area e delle azioni necessarie alla loro conservazione, valorizzazione e manutenzione; - l'individuazione delle aree in cui l'impianto di specie arboree e/o arbustive, nel rispetto della compatibilita' col territorio e con le condizioni di rischio alluvionale, sia utile al raggiungimento dei predetti obiettivi; - l'individuazione della rete dei percorsi d'accesso al corso d'acqua e di fruibilita' delle aree e delle sponde. Le aree individuate dai progetti cosi' definiti costituiscono ambiti prioritari ai fini della programmazione dell'applicazione dei regolamenti (U.E.) 2078/92 e 2080/92 e successive modificazioni. L'organo istruttore trasmette i predetti progetti all'Autorita' di bacino del fiume Po che, entro tre mesi, esprime un parere vincolante di compatibilita' con le finalita' del presente Piano. In applicazione dell'art. 6, comma 3, della L. 5 gennaio 1994, n. 37, le Commissioni provinciali per l'incremento delle coltivazioni arboree sulle pertinenze demaniali dei corsi d'acqua costituite ai sensi del R.D.L. 18 giugno 1936, n. 1338, convertito, con modificazioni, dalla L. 14 gennaio 1937, n. 402, e successive modificazioni, devono uniformarsi, per determinare le modalita' d'uso e le forme di destinazione delle pertinenze idrauliche demaniali dei corsi d'acqua, ai contenuti dei progetti di gestione approvati dall'Autorita' di bacino. Nel caso in cui il progetto, sulla base del quale e' assentita la concessione, per il compimento dei programmi di gestione indicati nel progetto stesso, richieda un periodo superiore a quello assegnato per la durata dell'atto concessorio, in sede di richiesta di rinnovo l'organo competente terra' conto dell'esigenza connessa alla tipicita' del programma di gestione in corso. In ogni caso e' vietato il nuovo impianto di coltivazioni senza titolo legittimo di concessione. Parte II - Norme sulla programmazione degli interventi Art. 33. Attuazione del Piano 1. Per la realizzazione delle finalita' generali indicate nelle precedenti Norme, il Piano e' attuato in tempi successivi, anche per singole parti del territorio interessato, attraverso Programmi triennali di intervento redatti tenendo conto delle indicazioni e delle finalita' del Piano stesso, a mente degli artt. 21 e seguenti della L. 18 maggio 1989, n. 183. 2. Per l'attuazione delle previsioni del presente Piano che richiedono la partecipazione di piu' soggetti pubblici, l'Amministrazione competente al rilascio del provvedimento puo' convocare una Conferenza di servizi ai sensi dell'art. 14, L. 7 agosto 1990, n. 241. Negli articoli che seguono sono individuati i settori nei quali vengono previsti Programmi di intervento ritenuti di carattere prioritario. 3. Il Piano puo' essere attuato anche mediante accordi di programma, contratti di programma, intese di programma, secondo i contenuti definiti all'art. 1 della L. 7 aprile 1995, n. 104. 4. Opere singole ed iniziative determinate, previste nel Piano, possono essere attuate mediante convenzioni tra l'Autorita' di bacino del fiume Po e l'Amministrazione pubblica o il soggetto privato di volta in volta interessato. 5. Nell'ambito delle procedure di cui ai commi precedenti, l'Autorita' di bacino del fiume Po puo' assumere il compito di promozione delle intese e anche di Autorita' preposta al coordinamento degli interventi programmati. Art. 34. Interventi di manutenzione idraulica 1. Il Piano ha l'obiettivo di promuovere gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria e di modificazione delle opere idrauliche allo scopo di mantenere la piena funzionalita' delle opere di difesa essenziali alla sicurezza idraulica; di migliorare le caratteristiche naturali dell'alveo, salvaguardando la vegetazione di ripa con particolare riguardo alla varieta' e di eliminare gli ostacoli al deflusso della piena in alveo e in golena. 2. Nell'ambito delle finalita' di cui al precedente comma, l'Autorita' di bacino del fiume Po, anche su proposta delle Amministrazioni competenti, delibera Programmi triennali di intervento ai sensi degli artt. 21 e seguenti della L. 18 maggio 1989, n. 183. 3. Gli interventi di manutenzione idraulica possono prevedere l'asportazione di materiale litoide dagli alvei, in accordo con quanto disposto all'art. 97, lettera m) del R.D. 25 luglio 1904, n. 523, se finalizzata esclusivamente alla conservazione della sezione utile di deflusso, al mantenimento della officiosita' delle opere e delle infrastrutture, nonche' alla tutela dell'equilibrio geostatico e geomorfologico dei terreni interessati e alla tutela e al recupero ambientale. 4. L'Autorita' di bacino del fiume Po aggiorna le direttive tecniche concernenti i criteri, gli indirizzi e le prescrizioni di progettazione degli interventi di manutenzione e di formulazione dei programmi triennali. Nell'ambito della direttiva sono definite in particolare le specifiche di progettazione degli interventi di manutenzione che comportino asportazione di materiali inerti dall'alveo e i criteri di inserimento degli stessi nei programmi triennali. Art. 35. Interventi di regimazione e di difesa idraulica 1. Il complesso delle opere di regimazione e di difesa idraulica per i corsi d'acqua oggetto del presente Piano e' definito nell'ambito delle Norme per l'assetto della rete idrografica e dei versanti di cui al precedente Titolo I. 2. Nel caso in cui gli interventi di sistemazione dell'alveo prevedano, unitamente o meno alla realizzazione di opere, l'asportazione di materiali inerti dall'alveo inciso o di piena, il progetto deve contenere anche la quantificazione dei volumi di materiale da estrarre. Qualora gli interventi non siano a carattere locale ma estesi a un tratto di dimensioni significative e comportino l'asportazione di quantita' rilevanti di materiali inerti, il progetto di intervento deve valutare le condizioni di assetto morfologico, idraulico, naturalistico e paesaggistico dell'intero tronco interessato, con particolare riferimento al bilancio del trasporto solido interessante il tronco stesso. Art. 36. Interventi di rinaturazione 1. Nelle Fasce A e B e in particolare nella porzione non attiva dell'alveo inciso sono favoriti gli interventi finalizzati al mantenimento ed ampliamento delle aree di esondazione, anche attraverso l'acquisizione di aree da destinare al demanio, il mancato rinnovo delle concessioni in atto non compatibili con le finalita' del Piano, la riattivazione o la ricostituzione di ambienti umidi, il ripristino e l'ampliamento delle aree a vegetazione spontanea. 2. Gli interventi devono assicurare la compatibilita' con l'assetto delle opere idrauliche di difesa, la riqualificazione e la protezione degli ecosistemi relittuali, degli habitat esistenti e delle aree a naturalita' elevata e la ridotta incidenza sul bilancio del trasporto solido del tronco fluviale interessato; qualora preveda l'asportazione di materiali inerti dall'alveo inciso o di piena, il progetto deve contenere la quantificazione dei volumi di materiale da estrarre. 3. Nell'ambito delle finalita' di cui al precedente comma, l'Autorita' di bacino del fiume Po, anche su proposta delle Amministrazioni competenti, delibera Programmi triennali di intervento ai sensi dell'art. 21 e seguenti della L. 18 maggio 1989, n. 183. 4. L'Autorita' di bacino del fiume Po approva una direttiva tecnica concernete i criteri, gli indirizzi e le prescrizioni per gli interventi di rinaturazione e del loro monitoraggio e di formulazione dei Programmi triennali. 5. Al fine di valutare gli effetti e l'efficacia degli interventi programmati, l'Autorita' di bacino del fiume Po predispone il monitoraggio degli interventi di rinaturazione effettuati nell'ambito territoriale del presente Piano di cui all'art. 25. 6. Il monitoraggio potra' avere ad oggetto anche il controllo di singole fasi operative agli effetti della valutazione delle interazioni delle azioni programmate con il sistema fluviale interessato, anche per un eventuale adeguamento e miglioramento del Programma sulla base dei risultati progressivamente acquisiti e valutati. Art. 37. Interventi nell'agricoltura e per la gestione forestale 1. Le zone ad utilizzo agricolo e forestale all'interno delle Fasce A e B sono qualificate come zone sensibili dal punto di vista ambientale ai sensi delle vigenti disposizioni dell'U.E. e possono essere soggette alle priorita' di finanziamento previste a favore delle aziende agricole insediate in aree protette da programmi regionali attuativi di normative ed iniziative comunitarie, nazionali e regionali, finalizzati a ridurre l'impatto ambientale delle tecniche agricole e a migliorare le caratteristiche delle aree coltivate. 2. Le aree comprese nelle Fasce A e B possono essere considerate prioritarie per le misure di intervento volte a ridurre le quantita' di fertilizzanti, fitofarmaci e altri presidi chimici; a favorire l'utilizzazione forestale, con indirizzo a bosco, dei seminativi ritirati dalla coltivazione ed a migliorare le caratteristiche naturali delle aree coltivate. 3. Nell'ambito delle finalita' di cui ai commi precedenti, l'Autorita' di bacino del fiume Po, anche in riferimento ai programmi triennali, e su eventuale proposta delle Amministrazioni competenti, emana criteri ed indirizzi per programmare le azioni che possono avere l'obiettivo di ridurre o annullare la lavorazione del suolo in determinati territori interessati dal presente Piano, la riduzione o l'esclusione di determinati interventi irrigui, la riconversione dei seminativi in prati permanenti o pascoli, la conservazione degli elementi del paesaggio agrario, la cura dei terreni agricoli e forestali abbandonati. Per l'attuazione di singoli interventi programmati, l'Autorita' di bacino del fiume Po puo' deliberare convenzioni di attuazione ai sensi di quanto previsto all'art. 33. Art. 38. Interventi per la realizzazione di infrastrutture pubbliche o di interesse pubblico 1. All'interno della fascia A e B e' consentita la realizzazione di nuove opere pubbliche di competenza degli organi statali, regionali o degli altri enti territoriali e quelle di interesse pubblico a condizione che non modifichino i fenomeni idraulici naturali che possono aver luogo nelle fasce, costituendo significativo ostacolo al deflusso e non limitino in modo significativo la capacita' di invaso. I progetti devono essere corredati da uno studio che documenti l'assenza dei suddetti fenomeni. Gli interventi e gli studi sono sottoposti all'Autorita' Idraulica competente ai fini dell'espressione di parere di compatibilita' rispetto al Piano di Bacino o ai suoi stralci. 2. L'Autorita' di bacino del fiume Po emana ed aggiorna direttive tecniche concernenti i criteri, gli indirizzi e le prescrizioni sulla base dei quali predisporre gli studi di compatibilita' e individuare gli interventi a maggiore criticita' in termini di impatto sull'assetto della rete idrografica da sottoporre a specifico parere dell'Autorita' di bacino stessa. 3. Le nuove opere di attraversamento, stradale o ferroviario, e comunque delle infrastrutture a rete, devono essere progettate nel rispetto dei criteri e delle prescrizioni tecniche per la verifica idraulica di cui ad apposita direttiva emanata dall'Autorita' di bacino del fiume Po. Art. 39. Interventi urbanistici e indirizzi alla pianificazione urbanistica 1. I territori delle Fasce A e B individuati dal presente Piano, sono soggetti ai seguenti speciali vincoli e alle limitazioni che seguono, che divengono contenuto vincolante dell'adeguamento degli strumenti urbanistici comunali, per le ragioni di difesa del suolo e di tutela idrogeologica perseguite dal Piano stesso: a) le aree non edificate ed esterne al perimetro del centro edificato dei comuni, cosi' come definito dalla successiva lett. c), sono destinate a vincolo speciale di tutela idrogeologica ai sensi dell'art. 5, comma 2, lett. a) della L. 17 agosto 1942, n. 1150; b) alle aree esterne ai centri edificati, di cui ai commi precedenti, si applicano le norme delle Fasce A e B, di cui ai successivi commi 3 e 4; c) per centro edificato, ai fini dell'applicazione delle presenti Norme, si intende quello di cui all'art. 18 della L. 22 ottobre 1971, n. 865, ovvero le aree che al momento dell'approvazione del presente Piano siano edificate con continuita', compresi i lotti interclusi ed escluse le aree libere di frangia. Laddove sia necessario procedere alla delimitazione del centro edificato ovvero al suo aggiornamento, l'Amministrazione comunale procede all'approvazione del relativo perimetro. 2. All'interno dei centri edificati, cosi' come definiti dal precedente comma 1 lettera c), si applicano le norme degli strumenti urbanistici generali vigenti; qualora all'interno dei centri edificati ricadano aree comprese nelle Fasce A e/o B, l'Amministrazione comunale e' tenuta a valutare, d'intesa con l'Autorita' di bacino, le condizioni di rischio, provvedendo, qualora necessario, a modificare lo strumento urbanistico al fine di minimizzare tali condizioni di rischio. 3. Nei territori della Fascia A, sono esclusivamente consentite le opere relative a interventi di demolizione senza ricostruzione, manutenzione ordinaria e straordinaria, restauro, risanamento conservativo, come definiti all'art. 31, lettere a), b), c) della L. 5 agosto 1978, n. 457, senza aumento di superficie o volume e con interventi volti a mitigare la vulnerabilita' dell'edificio. 4. Nei territori della Fascia B, sono inoltre esclusivamente consentite: a) opere di nuova edificazione, di ampliamento e di ristrutturazione edilizia, comportanti anche aumento di superficie o volume, interessanti edifici per attivita' agricole e residenze rurali connesse alla conduzione aziendale, purche' le superfici abitabili siano realizzate a quote compatibili con la piena di riferimento; b) interventi di ristrutturazione edilizia interessanti edifici residenziali, comportanti anche sopraelevazione degli edifici con aumento di superficie o volume, non superiori a quelli potenzialmente allagabili, con contestuale dismissione d'uso di queste ultime; c) interventi di adeguamento igienico - funzionale degli edifici esistenti, ove necessario, per il rispetto della legislazione in vigore anche in materia di sicurezza del lavoro connessi ad esigenze delle attivita' e degli usi in atto. 5. La realizzazione di opere pubbliche o di interesse pubblico, che possano limitare la capacita' di invaso delle fasce fluviali, e' soggetta ai procedimenti di cui al comma 1 del precedente art. 38. 6. Fatto salvo quanto specificatamente disciplinato dalle precedenti Norme, i Comuni, in sede di adeguamento dei rispettivi strumenti urbanistici per renderli coerenti con le previsioni del presente Piano, nei termini previsti all'art. 27, comma 2, devono rispettare i seguenti indirizzi: a) evitare nella Fascia A e contenere, nella Fascia B la localizzazione di opere pubbliche o di interesse pubblico destinate ad una fruizione collettiva; b) favorire l'integrazione delle Fasce A e B nel contesto territoriale e ambientale, ricercando la massima coerenza possibile tra l'assetto delle aree urbanizzate e le aree comprese nella fascia; c) favorire la destinazione prevalente delle Fasce A e B ad aree a primaria funzione idraulica e di tutela naturalistica e ambientale prevedendo destinazioni che ne migliorino le caratteristiche. 7. Sono fatti salvi gli interventi gia' autorizzati (o per i quali sia gia' stata presentata denuncia di inizio di attivita' ai sensi dell'art. 4, comma 7, della decreto legge 5 ottobre 1993, n. 398, cosi' come convertito in legge 4 dicembre 1993, n. 493 e successive modifiche) rispetto ai quali i relativi lavori siano gia' stati iniziati al momento di entrata in vigore del presente Piano e vengano completati entro il termine di tre anni dalla data di inizio. 8. Sono fatte salve in ogni caso le disposizioni e gli atti amministrativi ai sensi delle leggi 9 luglio 1908, n. 445 e 2 febbraio 1974, n. 64, nonche' quelli di cui alle leggi 1 giugno 1939, n. 1089, 29 giugno 1939, n. 1497 e dell'art. 82 del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 e successive modificazioni e integrazioni. Art. 40. Procedure a favore della rilocalizzazione degli edifici in aree a rischio 1. I Comuni, anche riuniti in consorzio, in sede di formazione dei rispettivi P.R.G. o dei Piani particolareggiati e degli altri strumenti urbanistici attuativi, anche mediante l'adozione di apposite varianti agli stessi, possono individuare comprensori di aree destinate all'edilizia residenziale, alle attivita' produttive e alla edificazione rurale, nei quali favorire il trasferimento degli insediamenti siti nei territori delle Fasce A e B. Negli strumenti di pianificazione esecutiva comunale tali operazioni di trasferimento sono dichiarate di pubblica utilita'. I trasferimenti possono essere operati con convenzioni che assicurino le aree e i diritti edificatori gia' spettanti ai proprietari. I valori dei terreni espropriati ai fini della rilocalizzazione sono calcolati sulla base delle vigenti leggi in materia di espropriazione per pubblica utilita'. Le aree relitte devono essere trasferite al demanio pubblico libere da immobili. Art. 41. Compatibilita' delle attivita' estrattive 1. Fatto salvo, qualora piu' restrittivo, quanto previsto dalle vigenti leggi di tutela, nei territori delle Fasce A e B le attivita' estrattive sono ammesse se individuate nell'ambito dei Piani di settore. Restano comunque escluse dalla possibilita' di attivita' estrattive le aree del demanio fluviale. 2. I Piani di settore devono garantire che gli interventi estrattivi rispondano alle prescrizioni e ai criteri di compatibilita' fissati nel presente Piano. In particolare deve essere assicurata l'assenza di interazioni negative con l'assetto delle opere idrauliche di difesa e con il regime delle falde freatiche presenti. I Piani di settore devono inoltre verificare la compatibilita' delle programmate attivita' estrattive sotto il profilo della convenienza di interesse pubblico comparata con riferimento ad altre possibili aree di approvvigionamento alternative, site nel territorio regionale o provinciale, aventi minore impatto ambientale. I medesimi Piani devono definire le modalita' di ripristino delle aree estrattive e di manutenzione e gestione delle stesse, in coerenza con le finalita' e gli effetti del presente Piano, a conclusione dell'attivita'. I Piani di settore delle attivita' estrattive, vigenti alla data di approvazione del presente Piano devono essere adeguati alle norme del Piano medesimo. 3. Gli interventi estrattivi non possono portare a modificazioni indotte direttamente o indirettamente sulla morfologia dell'alveo attivo, devono mantenere o migliorare le condizioni idrauliche e ambientali della fascia fluviale. 4. I piani di settore devono essere corredati da uno studio di compatibilita' idraulico-ambientale, relativamente alle previsioni ricadenti nelle Fasce A e B, e comunicati all'atto dell'adozione all'Autorita' di bacino del fiume Po e all'Autorita' idraulica competente. 5. In mancanza degli strumenti di pianificazione di settore e in via transitoria, per un periodo massimo di due anni dall'approvazione del presente Piano, e' consentito procedere a eventuali ampliamenti delle attivita' estrattive esistenti, per garantire la continuita' del soddisfacimento dei fabbisogni a livello locale, previa verifica della coerenza dei progetti con le finalita' del presente Piano. 6. Nei territori delle Fasce A, B e C sono consentiti spostamenti degli impianti di trattamento dei materiali di coltivazione, nell'ambito dell'area autorizzata all'esercizio dell'attivita' di cava, limitatamente al periodo di coltivazione della cava stessa. 7. Ai fini delle esigenze di attuazione e aggiornamento del presente Piano, le Regioni attuano e mantengono aggiornato un catasto delle attivita' estrattive ricadenti nelle fasce fluviali con funzioni di monitoraggio e controllo. Per le cave ubicate all'interno delle fasce fluviali il monitoraggio deve segnalare eventuali interazioni sulla dinamica dell'alveo, specifici fenomeni eventualmente connessi al manifestarsi di piene che abbiano interessato l'area di cava e le interazioni sulle componenti ambientali. Art. 42. Interventi di monitoraggio morfologico e del trasporto solido degli alvei 1. Il Piano considera di carattere prioritario un Programma di intervento, da realizzarsi a cura dell'Autorita' idraulica competente, relativo al monitoraggio delle caratteristiche fisiche e idrologiche degli alvei finalizzato, a fornire elementi conoscitivi in grado di rappresentare l'evoluzione morfologica dei corsi d'acqua principali, in termini di erosione e sovralluvionamento, e l'andamento del trasporto solido, di fondo e in sospensione, anche attraverso l'affinamento dei modelli numerici di bilancio del trasporto solido e il confronto con le sezioni morfologiche storiche del fiume . 2. Il monitoraggio viene svolto secondo le indicazioni di tipologia di rilevazione e secondo le priorita' indicate per ciascun corso d'acqua nell'annesso i'Monitoraggio morfologico e del trasporto solido degli alvei" alla relazione del primo Piano Stralcio delle Fasce Fluviali. Art. 43. Durata di validita' della delimitazione delle fasce fluviali 1. Le previsioni e le prescrizioni del presente Piano hanno valore a tempo indeterminato. Tuttavia, esse sono verificate almeno ogni 10 anni in relazione allo stato di realizzazione delle opere programmate e al variare della situazione morfologica, ecologica e territoriale dei luoghi. 2. Le Regioni e le Province, mediante i loro rispettivi piani territoriali, possono proporre all'Autorita' di bacino del fiume Po varianti alle delimitazioni delle fasce fluviali individuate dal presente Piano, a seguito di approfondimenti di natura idraulica, geomorfologica e ambientale. Art. 44. Attivita' dell'Autorita' di bacino del fiume Po 1. Ai fini di attuare le previsioni e le prescrizioni del presente Piano, l'Autorita' di bacino del fiume Po puo' approvare, con deliberazione del Comitato Istituzionale, un regolamento di attuazione e di organizzazione delle proprie funzioni. Le norme regolamentari assicurano l'ordinato svolgimento, da parte della stessa Autorita' di bacino, del compito di approfondire e dare continuita' nel tempo al processo di pianificazione del territorio delle Fasce A, B e C interessate dal presente Piano, ponendo la sua attivita' al servizio delle Regioni e degli Enti locali competenti, in una visione di tutela unitaria e integrata dell'ambiente naturale, della produzione agricola e della difesa del territorio. 2. In collegamento con le Regioni, l'Autorita' di bacino del fiume Po cura la messa a disposizione ai Comuni e alle Province interessati di: - cartografia aggiornata del territorio; - dati relativi alle condizioni fisiche, geologiche e idrogeologiche del suolo; - studi e piani di settore gia' redatti o in corso di preparazione; - dati quantitativi e qualitativi derivanti dall'analisi del territorio in relazione alle sue condizioni di uso e allo stato dei pubblici servizi; - dati quantitativi eventualmente disaggregati per ambiti intercomunali e per Province; - quote delle piene di riferimento. 3. L'Autorita' di bacino del fiume Po, inoltre: - fornisce pareri nei casi previsti dal presente Piano sulle opere di rilevanza idraulica; - coordina gli interventi degli enti regionali e sub-regionali competenti nella realizzazione delle opere pubbliche o di interesse pubblico interessanti i territori delle fasce fluviali; - fornisce alle Regioni e alle Province pareri preventivi in materia di escavazioni, di derivazioni d'acqua, di regolamentazione della caccia e della pesca nei territori delle fasce fluviali; - promuove l'erogazione di contributi ed indennizzi quale corrispettivo di provvedimenti limitativi o compressivi del diritto di proprieta' privata dei suoli in relazione alle opere previste dal presente Piano. Art. 45. Norma finale 1. Nelle tavole grafiche in scala 1:50.000, 1:25.000 e 1:10.000 che costituiscono elaborato del presente Piano sono indicate con apposito segno grafico talune modifiche alla delimitazione del primo Piano Stralcio delle Fasce Fluviali approvato con D.P.C.M. 24 luglio 1998 e cio' in conseguenza di studi e valutazioni piu' approfonditi sulla situazione dei territori. 2. Conseguentemente per tali aree interessate da modifica producono effetto le Norme del presente Piano destinate a modificare la disciplina del primo Piano Stralcio delle Fasce Fluviali soprarichiamato in quanto incompatibile. Art. 46. Disposizioni particolari riguardanti la Provincia autonoma di Trento 1. Nelle materie in cui lo Statuto speciale di autonomia della Regione Trentino Alto-Adige ha attribuito alla Provincia autonoma di Trento competenza legislativa primaria, i riferimenti alle leggi statali contenuti nel presente Piano si intendono sostituiti con quelli alle corrispondenti leggi provinciali approvate nel rispetto dello Statuto e delle norme di attuazione. Titolo III - Attuazione dell'art. 8, comma 3, della L. 2 maggio 1990, n.102 Art. 47. Attuazione dell'art. 8, comma 3, della L. 2 maggio 1990 n. 102 1. Per il sottobacino idrografico dell'Adda sopralacuale, sotteso alla sezione di chiusura del lago di Como, nell'Allegato 1 "Bilancio idrico per il sottobacino dell'Adda Sopralacuale" al Titolo III delle presenti Norme e' riportato il bilancio idrico, redatto per le finalita' dell'art. 3 della L. n. 183/89 e in coerenza con quanto disposto all'art. 3 della L. n. 36/94 con riferimento ai corsi d'acqua principali del sottobacino idrografico. Per i singoli corsi d'acqua considerati il bilancio riporta il saldo idrico, inteso come valore medio annuo della portata presente al netto delle derivazioni in atto. Il bilancio e' redatto sulla base delle conoscenze acquisite dall'Autorita' di bacino al momento dell'adozione del presente atto relativamente sia alle misure idrologiche sul sistema idrico del bacino sia ai volumi idrici derivati dalle diverse utilizzazioni. Il bilancio idrico viene aggiornato a cura dell'Autorita' di bacino almeno ogni cinque anni, mediante le procedure di cui al precedente art. 1 delle presenti Norme. 2. Il Piano classifica i corsi d'acqua principali, individuati nel richiamato Allegato 1, in funzione del grado di utilizzazione in atto della risorsa idrica, valutato sulla base del rapporto tra la disponibilita' naturale della risorsa stessa e il saldo idrico di cui al precedente comma. 3. In relazione ai risultati ottenuti dal bilancio idrico, i corsi d'acqua principali del bacino idrografico di cui al precedente comma 1 sono ripartiti in tratti a diversa classe di criticita', in dipendenza dello scostamento tra la disponibilita' media naturale della risorsa idrica e il saldo idrico derivante dalla presenza delle derivazioni. Sono individuate le seguenti classi di criticita': C1 - moderata, in cui il saldo idrico medio annuo, valutato nel bilancio idrico, e' superiore alla portata con durata 182 giorni; C2 - media, in cui il saldo idrico medio annuo, valutato nel bilancio idrico, e' compreso tra le portate di durata 182 e 274 giorni nell'anno medio; C3 - elevata, in cui il saldo idrico medio annuo, valutato nel bilancio idrico, e' compreso tra le portate di durata 274 e 355 giorni nell'anno medio; C4 - molto elevata, in cui il saldo idrico medio annuo, valutato nel bilancio idrico, e' inferiore alla portata di durata 355 giorni nell'anno medio. 4. I corsi d'acqua ripartiti in tratti a diversa classe di criticita' sono riportati nel richiamato Allegato 1 al Titolo III delle presenti Norme. 5. Ai fini del rilascio di nuove concessioni di utilizzazione per grandi derivazioni d'acqua le Amministrazioni competenti sono tenute a rispettare le seguenti prescrizioni: - nei tratti di corsi d'acqua classificati a criticita' C4, molto elevata, e C3, elevata, non possono essere rilasciate nuove concessioni di derivazione; - nei tratti di corsi d'acqua classificati a criticita' C2, media, possono essere rilasciate nuove concessioni di derivazione, a condizione che tali nuove derivazioni non comportino un aumento della criticita' dell'area, valutato sulla base del bilancio idrico secondo la metodologia utilizzata nel presente Piano; - nei tratti di corsi d'acqua classificati a criticita' C1, moderata, possono essere rilasciate nuove concessioni di derivazione, a condizione che la classe di criticita' dell'area non superi per l'effetto della nuova concessione il valore C2, sopra definito. Alle domande di nuove concessioni e' allegata una verifica di compatibilita' dell'utilizzazione idrica che determina il saldo idrico nel tratto di corso d'acqua interessato dalla derivazione. 6. Per le richieste di rinnovo o di variante di concessioni esistenti di utilizzazione per grandi derivazioni d'acqua le Amministrazioni competenti sono tenute a rispettare le seguenti prescrizioni: - nei tratti di corsi d'acqua classificati a criticita' C4, molto elevata, e C3, elevata, il rilascio della concessione e' subordinato a una riduzione della portata media derivata, definita dall'Autorita' di bacino in funzione degli obiettivi di riequilibrio del bilancio idrico; - nei tratti di corsi d'acqua classificati a criticita' C2, media, e C1, moderata, il rilascio della concessione e' soggetto alle stesse prescrizioni di cui al precedente comma 5. 7. Per i corsi d'acqua non individuati come principali, di cui al precedente comma 2, e per tutte le piccole derivazioni il rilascio di nuove concessioni di utilizzazione e' regolato dalla Regione Lombardia in relazione agli indirizzi emergenti dal Piano degli usi delle acque di cui alla L.R. 20 ottobre 1998, n. 21. 8. L'Autorita' di bacino emana una direttiva relativa al metodo di redazione della verifica di compatibilita' delle concessioni di cui ai precedenti commi 5 e 6. 9. E' fatto salvo comunque quanto disposto dall'art. 25 della L. 5 gennaio 1994, n. 36, relativamente alla disciplina delle acque nelle aree protette.