(Allegato)
                                                             Allegato 
 
                   Al Presidente della Repubblica 
 
    Il comune  di  Campobello  di  Mazara  (Trapani),  i  cui  organi
elettivi sono stati rinnovati nelle consultazioni amministrative  del
29 e 30 maggio 2011, presenta  forme  di  ingerenza  da  parte  della
criminalita' organizzata che compromettono la libera determinazione e
l'imparzialita'  dell'amministrazione,  il  buon  andamento   ed   il
funzionamento  dei  servizi,  con  grave  pregiudizio  per  lo  stato
dell'ordine e della sicurezza pubblica. 
    Il 16 dicembre  2011,  nell'ambito  del  procedimento  penale  n.
11823/201 RGNR della DDA, e' stata eseguita un'ordinanza di  custodia
cautelare emessa dall'Ufficio  del  G.I.P.  presso  il  Tribunale  di
Palermo nei confronti di  alcune  persone,  tra  cui  il  sindaco  di
Campobello di Mazara, indiziato di colpevolezza in ordine al  delitto
di cui all'art. 416-bis c.p. 
    Conseguentemente, il prefetto di  Trapani,  con  decreto  del  23
dicembre 2011, ha disposto  l'accesso  presso  il  comune,  ai  sensi
dell'art. 59, comma 7, del decreto legislativo  18  agosto  2000,  n.
267, per gli accertamenti di rito. 
    A  seguito  della  citata  misura  restrittiva   della   liberta'
personale, in data 16 dicembre 2011,  il  sindaco  e'  stato  sospeso
dall'incarico, ai sensi  dell'art.  59  del  decreto  legislativo  18
agosto 2000, n. 267. La  funzionalita'  dell'ente  e'  stata  inoltre
compromessa per le dimissioni rassegnate dalla  quasi  totalita'  dei
consiglieri comunali, nonche' da tutti gli assessori. 
    Le dimissioni dei  componenti  dell'organo  consiliare  ne  hanno
determinato la decadenza, con la conseguente  nomina,  da  parte  del
Presidente della regione siciliana, in data 29 febbraio 2012,  di  un
commissario straordinario in sostituzione del consiglio. 
    Nei confronti della compagine eletta  nel  2006  era  gia'  stato
effettuato un precedente accesso ispettivo, nel periodo compreso  tra
il 2 luglio 2008 e il 30 gennaio 2009, ai  sensi  dell'art.  143  del
decreto legislativo 18 agosto 2000, n.  267;  le  relative  verifiche
avevano gia' posto in luce talune anomalie  nella  gestione,  sebbene
non sufficienti per l'applicazione della misura dissolutoria. 
    Al termine della procedura di accesso svolta nei confronti  della
rinnovata amministrazione,  la  commissione  all'uopo  incaricata  ha
depositato le proprie conclusioni, sulle cui risultanze  il  prefetto
di Trapani, sentito in data 16 maggio 2012  il  Comitato  provinciale
per l'ordine e la sicurezza pubblica integrato con la  partecipazione
del Procuratore distrettuale antimafia di Palermo e  del  Procuratore
della Repubblica di Marsala, ha redatto l'allegata relazione  del  25
maggio  2012,  che  costituisce  parte  integrante   della   presente
proposta. 
    In tale relazione si da'  atto  della  sussistenza  di  concreti,
univoci e rilevanti elementi su  collegamenti  diretti  ed  indiretti
degli amministratori locali con la criminalita' organizzata  di  tipo
mafioso e su forme  di  condizionamento  degli  stessi,  riscontrando
pertanto  i  presupposti  per  l'applicazione  delle  misure  di  cui
all'art. 143 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. 
    I lavori svolti dalla commissione d'indagine hanno preso in esame
il contesto ambientale su cui insiste  il  comune  di  Campobello  di
Mazara,  caratterizzato  dalla  presenza  di  sei  famiglie   mafiose
appartenenti  al   mandamento   di   Castelvetrano,   con   interessi
nell'edilizia, nel movimento terra, nelle forniture  e  nella  grande
distribuzione. 
    Le  risultanze  investigative  degli  ultimi   anni   hanno,   in
particolare, chiarito  l'importante  ruolo  di  supporto  e  sostegno
assicurato dalla famiglia mafiosa  campobellese  alla  latitanza  del
capo  del  mandamento  di  Castelvetrano  nonche'  la   funzione   di
collegamento tra il predetto latitante e i vertici assoluti  di  cosa
nostra palermitana. 
    In siffatto ambito ha operato l'amministrazione comunale, il  cui
vertice, al secondo mandato elettorale consecutivo, e'  sostenuto  da
dodici consiglieri su venti  assegnati  all'ente.  Dieci  consiglieri
dell'attuale consiliatura erano presenti nel consiglio  eletto  nella
primavera del 2006, tra cui  il  presidente  e  il  vice  presidente,
confermati nella carica. Anche tre assessori della precedente  giunta
sono stati eletti consiglieri nel 2011 e il precedente vicesindaco e'
stato nominato assessore con delega alla pianificazione,  territorio,
urbanistica e protezione civile,  ruolo  che  aveva  gia'  esercitato
nell'amministrazione eletta nel 2006. 
    Cio' ha determinato la presenza di elementi di continuita' tra le
due amministrazioni e una  sostanziale  uniformita'  del  loro  modus
operandi. 
    Nel corso delle indagini condotte dalla  magistratura,  l'attuale
sindaco viene identificato  come  il  rappresentante  politico  della
famiglia mafiosa all'interno dell'amministrazione  comunale,  che  si
adoperava, in primo luogo nel settore  degli  appalti  pubblici,  per
favorire gli interessi riconducibili alla consorteria  ed  assicurare
il sostentamento  economico  dei  capimafia  detenuti  e  delle  loro
famiglie. Lo stesso  primo  cittadino  risulta  indiziato  per  reati
contro  la  pubblica  amministrazione,  commessi  nel   2005   quando
ricopriva la carica di consigliere comunale di  minoranza  presso  lo
stesso ente. 
    Secondo gli inquirenti, i rapporti  intrattenuti  dall'organo  di
vertice dell'ente con la locale famiglia mafiosa non si sono limitati
alle frequentazioni di persone controindicate  o  a  contiguita'  con
ambienti malavitosi, ma si sono risolti nel quadro indiziario di  cui
all'art. 416-bis del c.p., per  aver  fatto  parte  dell'associazione
mafiosa «cosa nostra» e,  segnatamente,  della  famiglia  mafiosa  di
Campobello  di  Mazara,   unitamente   ad   altri   esponenti   della
criminalita' organizzata. 
    Tale appartenenza si e' manifestata,  tra  l'altro,  nell'essersi
costoro avvalsi, insieme, della forza di  intimidazione  del  vincolo
associativo e della condizione di assoggettamento ed omerta'  che  ne
deriva per acquisire in  modo  diretto  o  indiretto  la  gestione  o
comunque il controllo di attivita'  economiche,  di  concessioni,  di
autorizzazioni,  di  appalti  e  servizi  pubblici,  per   realizzare
profitti e vantaggi ingiusti per se' e per altri. 
    E' significativo che il Tribunale del Riesame  di  Palermo  abbia
confermato la sussistenza  delle  esigenze  cautelari  segnalate  dal
G.I.P. e che il relativo ricorso presentato  dal  sindaco  sia  stato
rigettato dalla Corte di Cassazione. 
    Anche l'apparato burocratico, il consiglio comunale e  la  giunta
sono  caratterizzati  dalla  presenza  di  componenti   contigui   ad
esponenti delle consorterie malavitose locali e risultano,  a  carico
di  alcuni,  procedimenti  penali  per  reati  contro   la   pubblica
amministrazione. 
    I legami tra gli amministratori e la locale consorteria criminale
sono sfociati in situazioni di palese condizionamento  dell'attivita'
amministrativa  dell'ente,  spesso  esercitata  in   funzione   degli
interessi e delle  regole  della  criminalita'  organizzata.  Risulta
evidente, in particolare, come tali interessi siano prevalsi rispetto
alle esigenze del comune nella gestione degli appalti. 
    La   commissione   d'indagine   ha,   infatti,    rilevato    che
nell'aggiudicazione delle gare  pubbliche  indette,  nel  tempo,  dal
comune non sono state rispettate le disposizioni di legge riguardanti
gli affidamenti, ed e' stato  fatto  un  uso  eccessivo,  distorto  e
palesemente immotivato delle procedure d'urgenza. 
    Tale condotta, evidenziata dall'ordinanza di  custodia  cautelare
in carcere che ha interessato il sindaco, ha favorito, con una logica
spartitoria dei lavori pubblici gestiti dall'ente,  le  ditte  locali
collegate alla consorteria mafiosa,  con  particolare  riferimento  a
quelle operanti nel  settore  del  movimento  terra  e  nell'edilizia
pubblica, le quali attraverso accordi gestiti  dal  locale  esponente
malavitoso   hanno   reiteratamente   ottenuto,   nel   corso   delle
consiliature che hanno fatto capo al sindaco arrestato, la gran parte
degli affidamenti, tutti in esito a procedure gravemente inficiate da
irregolarita' amministrative ed illegittimita'. 
    A detto sistema risalgono  le  procedure  per  l'affidamento  dei
lavori di manutenzione di alcune vie comunali disposto in  favore  di
una delle ditte in questione nel corso  della  passata  consiliatura,
guidata come gia' detto dallo stesso soggetto  che  oggi  riveste  la
carica di sindaco. Con due diverse delibere, la giunta  proponeva  di
appaltare  i  lavori  con  la   procedura   del   pubblico   incanto,
richiamando, tuttavia, la  normativa  che  prevede  il  ricorso  alla
trattativa  privata.  Con  determinazione  dirigenziale,  emanata  in
occasione dell'approvazione del bando di gara, il comune forniva  una
interpretazione circa la volonta'  della  giunta  di  ricorrere  alla
trattativa privata; successivamente ed a procedura avviata, anche  il
sindaco comunicava al settore competente  che,  stante  l'avvicinarsi
della stagione estiva, si doveva ricorrere alla trattativa privata. 
    Alla selezione partecipava una sola  ditta  rispetto  alle  dieci
invitate, ma agli atti risultano ulteriori offerte da parte di  sette
ditte, non invitate, a conferma dell'interesse di altri  soggetti  di
concorrere alla gara. 
    Sul  requisito  dell'urgenza,  la   commissione   d'indagine   ha
evidenziato il lungo tempo intercorso tra l'avvio della  procedura  e
l'affidamento dei lavori alla ditta che li ha poi realizzati. 
    Il  ricorso  alla  trattativa  privata  deve  essere  considerato
un'eccezione  al  principio  della  pubblicita'   e   della   massima
concorsualita' tipica della procedura aperta ed i presupposti per  la
sua ammissibilita' debbono essere accertati con  il  massimo  rigore,
senza possibilita' di un ricorso all'interpretazione estensiva. 
    Il perpetuarsi di questo sistema  di  favoritismi  e'  confermato
dalla circostanza che alla stessa ditta, dal gennaio 2009 al dicembre
2011, e' stato affidato un rilevante numero di lavori comunali. 
    Nello  stesso  arco  temporale  in  cui  hanno  operato  le   due
amministrazioni guidate sempre dallo stesso  vertice,  il  comune  ha
aggiudicato ad un'altra ditta, con procedure viziate, diversi appalti
di lavori  e  servizi,  tra  cui  l'estrazione,  il  trasporto  e  lo
smaltimento del percolato prodotto in una discarica di rifiuti solidi
urbani.  Detta  ditta  aveva  acquisito,  nel  2006,  l'attivita'  di
un'altra societa', della quale era  titolare  di  quote  uno  stretto
congiunto di un amministratore comunale, a sua volta  titolare  della
maggioranza delle quote sociali della ditta  che  si  e'  aggiudicata
l'appalto per lo smaltimento della sostanza inquinante. 
    Anche le verifiche effettuate sull'affidamento  del  servizio  di
vigilanza e salvataggio presso la spiaggia libera, per l'estate 2009,
concorrono  a  delineare  il  quadro  di   cointeressenze   che   gli
amministratori hanno alimentato con il loro comportamento. Rileva,  a
tal riguardo, che le procedure seguite per l'assegnazione dei  lavori
siano risultate, in sede di verifica, illegittime e che  il  relativo
contratto  sia   stato   sottoscritto   a   distanza   di   un   anno
dall'aggiudicazione della gara di appalto. 
    Gli aspetti di condizionamento e  di  illegalita'  dell'attivita'
amministrativa  risultano  evidenti  in  una  serie  di  condotte   o
procedimenti, quali i conferimenti di incarichi all'interno dell'ente
da parte  del  sindaco,  elusivi  della  normativa  in  materia,  nei
confronti di soggetti legati da vincoli parentali con esponenti della
criminalita' organizzata o con frequentazioni  di  appartenenti  alle
cosche mafiose. 
    In particolare, il prefetto  di  Trapani  segnala  l'incarico  di
collaborazione conferito dal sindaco,  dal  gennaio  2007  al  maggio
2011, ad uno stretto congiunto  di  un  soggetto  riconducibile  alla
locale organizzazione  criminale.  In  questa  circostanza  emergono,
inequivocabilmente, univoci  e  concludenti  tratti  di  orientamento
delle scelte del vertice dell'ente in favore  di  persone  legate  da
vincoli di parentela a persone gravitanti in ambienti malavitosi.  Il
predetto soggetto, infatti, e' destinatario della citata ordinanza di
custodia cautelare in carcere per il delitto di cui all'art. 416-bis,
per avere svolto un ruolo operativo, partecipando a riunioni  con  il
capofamiglia, contribuendo alla risoluzione di controversie in ambito
associativo, nonche' per aver svolto la funzione di collegamento  tra
il sindaco ed il capomafia, cosi' costituendo lo snodo centrale nella
spartizione degli appalti comunali,  a  vantaggio  della  consorteria
mafiosa. 
    Nella gestione dei beni confiscati l'atteggiamento del sindaco e'
risultato sintomatico della vicinanza agli ambienti malavitosi  e  si
e'  caratterizzato  per  la  sostanziale   inerzia   nel   promuovere
iniziative per l'utilizzazione del  patrimonio.  Sebbene,  in  alcune
circostanze, il primo cittadino si sia pubblicamente impegnato per la
ricerca di forme  di  finanziamento  per  adeguare  gli  immobili  ai
criteri di utilizzo e alle finalita' stabilite dalla legge, non  sono
state poste in essere concrete azioni per il perseguimento  dei  fini
sociali che ne consentissero il mantenimento al comune. 
    Nella cura degli interessi della  collettivita'  e'  obbligo  del
comune svolgere le attivita' di  contrasto  all'abusivismo  edilizio;
l'atteggiamento dell'amministrazione comunale si e', invece, rivelato
inadeguato:  nell'arco  temporale  che  va  dal  2009  al  2011,   le
violazioni accertate e perseguite sono scarsamente  significative  se
rapportate all'entita' del fenomeno, della cui portata e'  indicativo
il consistente numero di condoni concessi. 
    Sotto il profilo amministrativo-contabile, sono stati riscontrati
numerosi e consistenti debiti fuori bilancio, che appaiono  privi  di
una legittima giustificazione  ed,  inoltre,  risulta  frequentemente
disatteso l'ordine cronologico per  la  liquidazione  dei  debiti  da
parte del comune. 
    Le vicende analiticamente esaminate e  dettagliatamente  riferite
nella  relazione  del  Prefetto   hanno   rivelato   una   serie   di
condizionamenti  nell'amministrazione  comunale  di   Campobello   di
Mazara, volti a perseguire fini diversi da quelli istituzionali,  con
pregiudizio  dei  principi  di  buon   andamento,   imparzialita'   e
trasparenza. 
    Rilevato che, per  le  caratteristiche  che  lo  configurano,  il
provvedimento  dissolutorio  previsto  dall'art.  143   del   decreto
legislativo 18 agosto 2000, n. 267, puo' intervenire finanche  quando
sia   stato   gia'   disposto   provvedimento   per   altra    causa,
differenziandosene per funzioni ed  effetti,  si  propone  l'adozione
della misura di rigore nei confronti  del  comune  di  Campobello  di
Mazara  (Trapani),  con  conseguente   affidamento   della   gestione
dell'ente  ad  una  commissione  straordinaria  cui,  in  virtu'  dei
successivi articoli 144 e 145, sono attribuite specifiche  competenze
e metodologie di intervento finalizzate a garantire,  nel  tempo,  la
rispondenza   dell'azione   amministrativa   alle   esigenze    della
collettivita'. 
    L'estensione dell'influenza criminale  rende  necessario  che  la
durata della gestione commissariale sia determinata in diciotto mesi. 
      Roma, 20 luglio 2012 
 
                                Il Ministro dell'interno: Cancellieri