(Allegato 1)
                                                           Allegato 1 
 
LINEE DI INDIRIZZO PER IL PASSAGGIO  ALLA  NUOVA  CONTABILITA'  DELLE
  REGIONI E DEGLI  ENTI  LOCALI  (D.LGS.  N.  118/2011,  INTEGRATO  E
  CORRETTO DAL D.LGS. N. 126/2014). 
 
1. TRASPARENZA E VERIDICITA' DEI CONTI 
    L'avvio dell'armonizzazione delle regole contabili e degli schemi
di bilancio, costituisce una irripetibile occasione per rendere  piu'
leggibili  i  conti  degli  enti  territoriali,  anche  al  fine  del
consolidamento della finanza pubblica. 
    L'impropria cancellazione - oltre  che  dei  residui  attivi  non
esigibili - di entrate  di  dubbia  e  difficile  esazione,  potrebbe
condurre ad una proliferazione dei  disavanzi,  con  un  allargamento
dell'area interessata dalle operazioni di ripiano pluriennale, che il
legislatore prevede, con una gradualita' di copertura, in un  periodo
massimo di dieci anni (esteso dalla legge di stabilita' 2015  fino  a
trenta anni). Cio' impone di contemperare il peso della  manovra  con
l'eccessiva  diluizione   nel   tempo   della   relativa   copertura:
nell'ambito di un cosi' esteso  arco  temporale  potrebbero  aprirsi,
infatti, spazi per l'effettuazione di  ulteriori  spese,  mettendo  a
rischio in tal modo lo stesso recupero di governabilita'  dei  conti,
in termini sia di competenza, sia di cassa. 
    D'altra parte, una eliminazione dei residui  attivi  inferiore  a
quanto previsto dalle nuove regole, potrebbe  attenuare  gli  effetti
dell'attivita'  di   riaccertamento   straordinario   e   prolungare,
sostanzialmente, la stagione dei "disavanzi occulti". 
    Un corretto riaccertamento straordinario dei residui -  dal  lato
sia delle entrate che delle spese - e l'istituzione  di  un  "idoneo"
Fondo  crediti  di  dubbia  esigibilita',   costituiscono   strumenti
basilari  per  la  partenza  della  nuova  contabilita'  e   per   la
salvaguardia dell'equilibrio unitario  della  finanza  pubblica,  che
trova nei novellati artt. 81, 97, 117 e 119 Cost.  il  parametro  cui
deve informarsi l'attuazione della predetta disciplina (in tal senso,
cfr. C. cost., sentenza n. 88 del 2014). 
    La cancellazione dei residui attivi pone  problemi  di  copertura
delle  corrispondenti  spese,  mentre  l'esatta  quantificazione  dei
residui  passivi  tende  ad   evitare   che,   in   futuro,   possano
ripresentarsi situazioni di incertezza  delle  partite  debitorie  e,
conseguentemente, a prevenire il ripetersi di iniziative  eccezionali
per la loro sistemazione, come si e' recentemente  verificato  con  i
provvedimenti  di  urgenza  adottati  per  il  pagamento  dei  debiti
pregressi. 
    Proprio  l'allocazione  e  l'utilizzo   delle   somme   messe   a
disposizione per  il  pagamento  dei  debiti  arretrati,  nonche'  le
incertezze legate alla definizione dei rapporti debitori e  creditori
tra lo Stato e le autonomie territoriali  -  nonche'  all'interno  di
quest'ultimo comparto tra Regioni ed Enti locali - potrebbero causare
ulteriori problemi per una precisa  ricognizione  dell'ammontare  dei
residui attivi e passivi da conservare nelle scritture degli enti. 
    Il nuovo impianto della contabilita' finanziaria delle Regioni  e
degli Enti locali -  imperniato,  sostanzialmente,  sulla  competenza
finanziaria potenziata  e  sulla  correlata  introduzione  del  Fondo
pluriennale vincolato (in cui assume rilievo  decisivo  la  variabile
temporale) -  dovrebbe  sortire  l'effetto,  in  prospettiva,  di  un
tendenziale  ridimensionamento  delle  poste  in  conto  residui,  da
collegare   a   veri   crediti   e   veri   debiti   della   pubblica
Amministrazione. 
    L'operazione  non  deve,  peraltro,   essere   vanificata   dalle
preoccupazioni per le possibili conseguenze legate  all'affiorare  di
passati  esiti  gestionali  poco  rappresentativi,  soprattutto   con
riferimento ai residui attivi, tanto piu' che  eventuali  scostamenti
sono connessi, sostanzialmente, alla diversa impostazione  del  nuovo
regime contabile rispetto a quello previgente. 
    L'esigenza di chiarezza, che e' sottesa alle novita'  di  cui  si
trattera' diffusamente  in  questo  documento,  deve  ispirare  tutta
l'attivita' di rivisitazione della contabilita' degli enti, anche per
quei profili che non sono oggetto di prescrizione normativa.  Benche'
i residui attinenti alla gestione del perimetro sanitario  non  siano
compresi tra  le  poste  oggetto  del  riaccertamento  straordinario,
tuttavia, nel quadro della sistemazione  complessiva  della  gestione
dei residui sembra utile  richiamare  l'attenzione  anche  su  questo
settore. Si rileva, in  proposito,  da  un  lato,  che  per  l'ambito
sanitario  e'  prevista  una  deroga  al  regime  della   "competenza
finanziaria potenziata", con l'obbligo per le Regioni di accertare ed
impegnare  immediatamente  tutte  le  risorse  destinate  ai  servizi
sanitari regionali, nell'intento di evitare -  come  verificatosi  in
alcuni casi - distrazioni di  risorse  ad  altre  finalita'.  D'altro
canto,  si  consente  alle  Regioni  di  non  trasferire  nella  loro
interezza gli importi impegnati (ragionevolmente per venire  incontro
alle esigenze di cassa), con la conseguenza che si  possono  generare
residui la  cui  gestione  deve  essere  attentamente  monitorata,  a
salvaguardia dell'equilibrio complessivo dei bilanci degli  enti  del
servizio sanitario. In questa  prospettiva  va  sottolineato  che  le
nuove modalita' di contabilizzazione  della  gestione  del  perimetro
sanitario presentano peculiarita' che richiedono  tecniche  contabili
specifiche e soluzioni condivise, ai fini del raccordo  tra  i  conti
sanitari e il bilancio regionale. 
    Analogamente, le diverse modalita' di applicazione della  riforma
nei confronti delle Regioni  a  statuto  speciale  e  delle  Province
autonome, compresi gli enti locali ivi ubicati, non escludono che  in
detti ambiti ordinamentali siano  stabilite,  in  conformita'  con  i
relativi statuti, regole e procedure attuative della legge delega  n.
42/2009 pienamente coerenti con i principi costituzionali,  affinche'
la copertura  finanziaria  delle  spese  che  si  intende  effettuare
risulti  credibile,  sufficientemente  sicura,   non   arbitraria   o
irrazionale (ex multis, Corte cost., sentenze nn. 178 del 2012, 106 e
68 del 2011, 141 e 100 del 2010). 
2. LA GIURISPRUDENZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE E  I  PRINCIPI  DELLA
  RIFORMA 
    L'impianto del  d.lgs.  n.  118/2011  (novellato  dal  d.lgs.  n.
126/2014)  si  pone  sulla  scia   dei   principi   affermati   dalla
giurisprudenza  del  Giudice  delle  leggi,  che  ha  accompagnato  e
"costituzionalizzato" alcuni principi che sono a fondamento del nuovo
ordinamento contabile armonizzato degli enti territoriali. 
    Dalla ricostruzione dei principi affermati  dalla  giurisprudenza
costituzionale in tema di tutela degli equilibri  di  bilancio  e  di
armonizzazione delle regole contabili emerge  la  necessita'  che  le
procedure  di  riaccertamento  straordinario  dei  residui  attivi  e
passivi  coinvolgano  tutti  i  responsabili  della  gestione  in  un
puntuale e rigoroso  lavoro  di  revisione  contabile,  affinche'  le
Amministrazioni pubbliche territoriali possano dotarsi  di  strumenti
di  programmazione  e  di  rendicontazione   che   siano   fedelmente
rappresentativi  della  loro   situazione   economico-finanziaria   e
pienamente rispettosi dei canoni della sana  gestione  finanziaria  e
contabile tutelati dal novellato art. 97 della Costituzione. 
    Per assicurare l'equilibrio dei bilanci e la  sostenibilita'  del
debito pubblico in coerenza con  l'ordinamento  dell'Unione  europea,
gli enti territoriali sono chiamati a concorrere alla costruzione  di
un quadro di consolidamento dei conti delle Amministrazioni pubbliche
ancorato a  criteri  di  prudenza,  affidabilita'  e  appropriatezza,
necessari a garantire una corretta verifica del raggiungimento  degli
obiettivi di finanza pubblica conseguenti ai vincoli comunitari. 
    Il rispetto delle regole di convergenza e di stabilita' dei conti
pubblici presuppone, infatti, che i bilanci preventivi  e  successivi
delle Amministrazioni interessate al consolidamento non siano  frutto
di pratiche contabili - ancorche'  formalizzate  in  atti  di  natura
legislativa - suscettibili di alterare la consistenza  dei  risultati
economico-finanziari. Per realizzare in  concreto  le  finalita'  del
coordinamento finanziario, poste dall'art. 117, comma  3,  Cost.,  il
controllo dell'equilibrio di bilancio non  puo'  limitarsi  alla  sua
veridicita',  ma  deve   estendersi   alla   sua   sostenibilita'   e
conservazione nel tempo. Con la riforma l'accertamento delle  partite
attive provenienti da esercizi precedenti dovra' essere  ancora  piu'
rigoroso che in passato, per effetto dell'obbligatoria istituzione di
una  posta  correttiva  prudenziale,  il  "Fondo  crediti  di  dubbia
esigibilita'", diretta a contenere i  rischi  conseguenti  a  mancate
coperture finanziarie. In sostanza,  la  parte  attiva  del  bilancio
relativa ai residui attivi, gia' soggetta  a  riaccertamento  secondo
quanto in precedenza specificato, dovrebbe essere compensata  da  una
ulteriore decurtazione, secondo un  coefficiente  proporzionale  alla
capacita'  media  di  realizzazione  dei  crediti   del   quinquennio
precedente (cfr. Sentenza 138/2013). 
    Il principio della  copertura  finanziaria  di  cui  all'art.  81
Cost., di fatto, assurge a clausola generale inderogabile in grado di
abbracciare tutti i fenomeni di squilibrio strutturale dei bilanci  e
di colpire tutti gli enunciati normativi causa di effetti perturbanti
la sana gestione finanziaria e contabile. 
    Con la sentenza n. 70/2012, la Corte ha avuto modo  di  precisare
che nell'ordinamento finanziario delle Amministrazioni pubbliche,  "i
principi  del  pareggio  e   dell'equilibrio   tendenziale,   fissati
nell'art. 81 della Costituzione, si realizzano attraverso due regole,
una statica e l'altra dinamica: la prima consiste nella parificazione
delle  previsioni  di  entrata  e  spesa;  la  seconda,  fondata  sul
carattere autorizzatorio del bilancio  preventivo,  non  consente  di
superare  in  corso  di  esercizio  gli  stanziamenti  dallo   stesso
consentiti". Tale enunciato deve tradursi nel continuo  perseguimento
di una situazione di equilibrio tra  partite  attive  e  passive  che
compongono  il  bilancio,  attraverso   un'interazione   delle   loro
dinamiche. 
    Cio'  determina  la  necessita'  di  un  costante  controllo  del
mantenimento di un armonico e simmetrico  bilanciamento  tra  risorse
disponibili e spese necessarie per il perseguimento  delle  finalita'
pubbliche e della salvaguardia dell'equilibrio tendenziale  in  corso
di esercizio a condizione che le pertinenti risorse  correlate  siano
effettive e congruenti. 
    Il  principio  di  unita'  del  bilancio,  insieme  a  quelli  di
integrita'  ed   universalita',   costituisce   «profilo   attuativo»
dell'art. 81 della Costituzione. Esso  esige  che  tutte  le  entrate
correnti, a prescindere dalla loro origine, concorrano alla copertura
di tutte le spese correnti, con conseguente divieto di prevedere  una
specifica correlazione tra singola entrata e singola uscita, salvo le
deroghe espressamente previste dalla legge (Corte cost., sentenze nn.
192 del 2012 e 241 del 2013). 
3. L'ESITO DELLA SPERIMENTAZIONE 
    La  radicale  portata  innovativa  del  d.lgs.  n.  118/2011   e'
testimoniata dalla lunga fase di sperimentazione, intesa a verificare
l'effettiva rispondenza del nuovo  sistema  contabile  alle  esigenze
conoscitive della finanza pubblica. Tale fase - protrattasi  per  tre
anni - e' servita a sperimentare l'applicazione dei  nuovi  principi,
consentendo di apportare le modifiche volte a realizzare una efficace
disciplina  della  materia.  Questo  lungo  e  complesso  impegno  di
verifica  della  praticabilita'  della  riforma  si  e'   alla   fine
concretizzato nella  formulazione  del  d.lgs.  n.  126/2014  che  ha
ampiamente rivisitato il testo varato nel 2011. 
    Nell'ambito  della  sperimentazione  (che   ha   complessivamente
coinvolto  circa  400  enti),  numerose  criticita'  sono  venute  in
evidenza; tra esse spiccano - in termini generali -  quelle  relative
ai   profili   organizzativi,   alla   carenza   di   risorse   umane
professionalmente   formate,    all'adeguamento    delle    procedure
informatiche. I nodi tecnici, in particolare, hanno riguardato - come
del resto era prevedibile - il corretto  svolgimento  dell'operazione
di riaccertamento straordinario dei residui, la costruzione del Fondo
svalutazione crediti (ora  Fondo  crediti  di  dubbia  esigibilita'),
nonche' la determinazione del Fondo pluriennale vincolato. 
    Le difficolta'  incontrate  nell'adozione  dei  nuovi  schemi  di
bilancio, sia dagli enti locali che dalle Regioni, hanno  riguardato,
tra l'altro, le attivita' di riclassificazione dei capitoli e il loro
"spacchettamento";   adempimenti,   questi,   da    realizzare    con
tempestivita' in quanto propedeutici all'armonizzazione. 
    Le criticita' emerse nella sperimentazione sono  state  aggravate
anche dallo slittamento del termine per l'approvazione  del  bilancio
di previsione,  il  cui  endemico  rinvio  mal  si  concilia  con  il
principio della competenza finanziaria potenziata. 
    Gli  enti  sono  stati  assistiti  da  un   gruppo   di   lavoro,
appositamente istituito nell'ambito della COPAFF; questa  interazione
ha consentito di superare, in buona parte, problematiche di carattere
tecnico ed organizzativo. Il lavoro di accompagnamento  del  percorso
di riforma e di ulteriore affinamento dei principi contabili  e'  ora
affidato alla Commissione per l'armonizzazione dei conti  degli  enti
territoriali, costituita ai  sensi  dell'art.  3-bis  del  d.lgs.  n.
118/2011, chiamata a raccordarsi con l'Osservatorio sulla  finanza  e
la contabilita' degli enti locali di cui  all'art.  154  del  decreto
legislativo 18 agosto 2000, n. 267. 
    Gli sforzi degli enti sono stati diretti,  in  modo  particolare,
all'attuazione del principio della competenza finanziaria potenziata,
la cui corretta applicazione, gia' dal primo anno di sperimentazione,
avrebbe dovuto comportare, in generale, una consistente riduzione dei
residui. Circostanza quest'ultima  solo  in  parte  suffragata  dalle
evidenze contabili dei rendiconti 2012 e 2013, come la Corte ha avuto
modo di osservare nell'ultima relazione annuale  (cfr.  deliberazione
n. 29/SEZAUT2014/FRG). 
4. IMPATTO DELLA RIFORMA 
    Il riaccertamento straordinario  dei  residui  e'  operazione  da
correlare  ai  profondi  mutamenti  richiesti  dalle   nuove   regole
sull'armonizzazione contabile.  Trattasi  di  attivita'  che  sarebbe
riduttivo  demandare  in  via  esclusiva  alle  competenti  strutture
tecniche  delle  amministrazioni,  ma  deve  coinvolgere  -  nel  suo
complesso - la responsabilita' della classe politica e dirigenziale. 
    Dopo il terzo anno  di  sperimentazione  (caratterizzato  da  una
crescita  del  numero  di  enti  partecipanti)  le  nuove  norme   di
contabilita' stanno - sia pure gradualmente - entrando a  regime.  Al
riguardo la Sezione delle autonomie non  sottovaluta  le  difficolta'
connesse alla loro introduzione, che implica, peraltro, una  profonda
revisione   del   sistema   informativo   contabile,   una   adeguata
riorganizzazione degli uffici  ed  innovativi  schemi  operativi,  da
accompagnare con una adeguata formazione. 
    Si  sottolinea,  in  particolare,  l'esigenza  dell'adozione   di
soluzioni informatiche  standard  e  condivise  al  fine  di  evitare
incrementi di spesa - considerato che il decreto deve essere  attuato
senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica - e problemi  di
compatibilita'  tecnica,  che  potrebbero  rendere   piu'   difficile
l'acquisizione dei dati di tutti gli enti, indispensabili ai fini del
coordinamento della finanza pubblica. 
    Gli organi di revisione - cui sono intestati  molteplici  compiti
di verifica e  controllo  -  nonche'  i  direttori  delle  ragionerie
regionali ed i responsabili dei servizi finanziari degli Enti  locali
sono chiamati a svolgere un ruolo  decisivo  per  il  positivo  avvio
della  riforma,  che,  si  ribadisce,   coinvolge   anche   tutti   i
responsabili degli altri servizi. 
    La Sezione delle autonomie e le Sezioni  regionali  di  controllo
della Corte dei conti procederanno  ad  un  sistematico  monitoraggio
dell'attuazione della riforma. Cio' e' essenziale anche per garantire
la sana gestione finanziaria degli enti territoriali e per  prevenire
pratiche   lesive   del   principio   della   previa   copertura    e
dell'equilibrio dinamico del bilancio (Corte cost.  sentenze  nn.  40
del 2014, 266, 250  e  60  del  2013).  Le  Regioni  sono  pienamente
coinvolte nel processo di armonizzazione  contabile.  Al  pari  degli
altri enti territoriali, hanno l'obbligo  di  conformare  la  propria
gestione ai principi generali ed  applicati  allegati  al  d.lgs.  n.
118/2011  nella  nuova   formulazione   (programmazione,   competenza
finanziaria,  contabilita'  economico  -  patrimoniale   e   bilancio
consolidato). Di conseguenza, per esse - pure nel rispetto delle loro
specifiche  peculiarita'  -  si  pongono  le  medesime  problematiche
riguardanti il riaccertamento  straordinario  dei  residui  attivi  e
passivi, il Fondo crediti di dubbia esigibilita' e la sua connessione
con il risultato di amministrazione. 
    Le nuove norme si applicano in via diretta alle Regioni a statuto
ordinario, ma ne e' opportunamente prevista l'estensione alle Regioni
a statuto speciale e alle Province  autonome,  attraverso  il  rinvio
alle procedure di cui all'art. 27, l. 5 maggio 2009, n. 42,  con  una
disposizione (l'art. 79) che riproduce una norma (l'art. 37, comma 1,
primo periodo) che ha superato indenne il vaglio di costituzionalita'
(Corte cost. sentenza n. 178 del 2012). 
    Cio' premesso, piu' forte risulta  l'impatto  dell'armonizzazione
contabile sul comparto regionale che, nel titolo  III  del  novellato
d.lgs. n. 118/2011, rinviene oggi il  proprio  ordinamento  contabile
(artt. 36 - 73). 
    Le rilevanti ricadute dell'armonizzazione contabile sul  "sistema
Regioni" sono da correlare, da un lato, alla  novella  costituzionale
che ha  ricondotto  l'armonizzazione  dei  bilanci  pubblici  tra  le
materie di legislazione esclusiva  dello  Stato  (art.  117,  co.  2,
Cost., modificato dall'art. 3, co. 1, lett. a,  l.  cost.  20  aprile
2012, n. 1) e,  dall'altro,  al  rafforzamento  dei  controlli  sulle
Regioni, mediante il d.l. 10 ottobre 2012, n. 174,  convertito  dalla
l. 7 dicembre 2012, n. 213,  nel  contesto  del  potenziamento  delle
verifiche della Corte dei conti sulla finanza territoriale. 
    Sotto il primo profilo, e' noto come l'esistenza di uno spazio di
autonomia legislativa regionale, sia pure nel rispetto  dei  principi
fondamentali posti  dalla  normativa  nazionale,  abbia  favorito  la
crescita di sistemi contabili  diversamente  articolati  in  ciascuna
Regione, sicche' il modello tendenzialmente uniforme delineato con il
d.lgs. n. 76/2000, e' stato, sostanzialmente disatteso  e,  comunque,
ampiamente derogato/rivisitato in ogni sua parte. 
    Nel nuovo quadro normativo sopravvive, a livello costituzionale e
di  norme  primarie,  la  competenza  normativa  regolamentare  delle
Regioni, evidenziata dall'art. 36, co. 5, d.lgs. n. 118/2011, secondo
cui "Le regioni adottano i principi contabili generali e  i  principi
contabili applicati di cui agli allegati 1 e 4 al presente decreto". 
    Per il secondo profilo, le novita' introdotte nel titolo III  del
d.lgs. n. 118/2011, devono essere lette in combinato disposto con  il
potenziamento  dei  controlli  della  Corte  dei  conti  sul  sistema
regionale operato con il d.l. n. 174/2012. 
    Il  modello  accolto  da  tale  provvedimento,  per   i   bilanci
preventivi e consuntivi delle  Regioni,  ricalca  le  procedure  gia'
previste per Enti locali ed enti del  Servizio  sanitario  nazionale,
trattandosi di controllo svolto in stretto raccordo con  il  Collegio
dei revisori dei conti, che diventa destinatario delle apposite Linee
guida volte alla standardizzazione  delle  metodologie  di  controllo
sugli enti territoriali. A tale organo sono rivolte, in  particolare,
le linee di indirizzo espresse dalla delibera. 
5. LEGGE DI STABILITA' 2015: PROFILI DI CRITICITA' 
    Nella   prospettiva   della   tenuta   del   rinnovato    assetto
dell'ordinamento contabile degli enti territoriali, occorre  valutare
gli "effetti cumulati" degli interventi  introdotti  dalla  legge  di
stabilita' 2015 con quelli di  altre  misure  di  rilievo  che  hanno
recentemente interessato la finanza locale. In tale ottica vengono in
evidenza: a) gli obblighi connessi agli interventi dello Stato per la
ricostituzione della liquidita' (d.l. nn. 35 e  102  del  2013),  che
impegnano gli  enti  alla  restituzione  delle  somme  ricevute,  con
interessi, in trent'anni; b) l'ipotizzato ripiano  del  disavanzo  di
amministrazione (art. 1, comma  538,  l.  n.  190/2014),  conseguente
all'operazione di riaccertamento straordinario  dei  residui  e  alla
costituzione  del  Fondo  crediti  di   dubbia   esigibilita',   pure
proiettato su un periodo massimo di trent'anni; c) la  rinegoziazione
dei mutui degli enti locali,  (art.  1,  comma  537)  anche  se  gia'
rinegoziati, di cui si prevede l'ammortamento sempre in trent'anni. 
    In  pratica,  laddove  tali  misure  dovessero   coesistere,   si
prefigurerebbe una  situazione  caratterizzata  dal  rilevante  peso,
sulla  situazione  corrente   del   bilancio,   delle   poste   degli
ammortamenti,  che  potrebbe  vincolare  sensibilmente  le  politiche
programmatorie. In un certo senso viene  messo  in  ombra  lo  stesso
criterio al quale si ispira la riforma del  federalismo  fiscale  che
vuole  legare,  saldamente,  "la  responsabilita'  di   presa"   alla
"responsabilita'   di   spesa".   Quest'ultima,   per    una    parte
significativa, finirebbe per essere legata a decisioni risalenti  nel
tempo, che di fatto,  restringendo  il  perimetro  di  manovrabilita'
delle decisioni  di  bilancio,  potrebbero  compromettere  lo  stesso
esercizio delle funzioni fondamentali. 
    Preoccupazioni, queste appena evidenziate, che sembrano  prendere
maggiore consistenza  alla  luce  degli  altri  interventi  normativi
sull'elevazione dei limiti di indebitamento  previsti  dall'art.  204
TUEL, innalzato dall'8 al 10%, (art. 1, comma 539), sulla proroga  al
31 dicembre 2015 del limite massimo del ricorso alle anticipazioni di
tesoreria, da tre a cinque dodicesimi (art. 1, comma  542),  e  sulla
previsione di un contributo in conto interessi agli  enti  locali  su
operazioni di indebitamento (art. 1, comma 540). 
    Non risponde, inoltre, ai criteri  di  una  convincente  politica
gestionale prolungare ancora la possibile destinazione  del  50%  dei
proventi delle concessioni edilizie e delle sanzioni previste dal  TU
dell'edilizia al finanziamento della spesa corrente  (art.  1,  comma
536), in quanto tali misure non vanno nella direzione  di  una  reale
sostenibilita' degli equilibri nel tempo. 
    In sostanza si realizza la combinazione di due fenomeni  critici:
da un lato, la traslazione su lungo  periodo  di  alcune  uscite  che
sembra alleggerire, momentaneamente,  la  rigidita'  del  bilancio  e
aprire spazio per nuova spesa corrente e, dall'altro, la spinta  alla
crescita dell'indebitamento, che non appare accompagnata  da  cautele
adeguate ad impedire effetti pregiudizievoli sui futuri equilibri  di
bilancio degli enti, la cui sostenibilita' e conservazione nel  tempo
e' tutelata in modo dinamico dall'art. 81 della  Costituzione  (Corte
cost., sentenza n. 70 del 2012). 
    Nell'ottica del rinvio al futuro della copertura di  rischi  gia'
in essere per l'ente si colloca anche la piu'  accentuata  diluizione
nel tempo (da 3 a 5 anni) degli accantonamenti di bilancio  al  Fondo
crediti di dubbia esigibilita', la cui misura passa, nel primo  anno,
dal 50 al 36% (cfr. comma 509, che modifica il par. 3.3 del principio
contabile applicato concernente la contabilita' finanziaria). 
6. RIACCERTAMENTO  STRAORDINARIO  DEI  RESIDUI  E  TENUTA  DEI  CONTI
  PUBBLICI 
    Il d.lgs.  n.  118/2011  modificato  e  integrato  dal  d.lgs  n.
126/2014 prevede che il riaccertamento straordinario dei residui  sia
effettuato  con  riferimento  alla  data   del   1°   gennaio   2015,
contestualmente all'approvazione del rendiconto 2014. L'operazione e'
straordinaria, non frazionabile e non  ripetibile  in  considerazione
delle finalita' che sono quelle di adeguare  l'ammontare  unitario  e
complessivo dei residui attivi e passivi  al  nuovo  principio  della
competenza finanziaria cosiddetta potenziata, con decorrenza  dal  1°
gennaio dell'anno in corso. 
    L'adeguamento opera sui residui attivi e passivi determinati alla
data del 31 dicembre 2014 e contenuti nel relativo rendiconto, che e'
costruito  e  approvato  sulla  base  dell'ordinamento  contabile   e
finanziario previgente. Tale rendiconto deve subire alla data del  1°
gennaio 2015 una rivisitazione complessiva che, in  applicazione  del
nuovo principio  della  competenza  finanziaria  potenziata,  mira  a
garantire il superamento  di  tutte  le  criticita'  contenute  nella
rappresentazione    contabile    derivante     dall'     applicazione
dell'ordinamento vigente nel 2014. 
    6.1. Residui attivi 
    Con riferimento ai residui attivi si dovranno individuare  quelli
che: 
      non corrispondono ad obbligazioni perfezionate e  scadute  alla
data del 1° gennaio 2015; 
      non corrispondono a crediti scaduti ed esigibili negli anni  di
provenienza  e  necessitano  di   una   reimputazione   ad   esercizi
successivi, ma antecedenti al  2015,  anno  in  cui  si  effettua  il
riaccertamento straordinario; 
      corrispondono a entrate  esigibili  nell'esercizio  2015  o  in
esercizi  futuri  e  successivi  a  quello  in  cui  si  effettua  il
riaccertamento straordinario; 
      risultano di dubbia e difficile esazione e necessitano  di  una
determinazione  oggettiva  e  puntuale  ai  fini  del  concorso  alla
definizione  del  risultato  di  gestione  e  di  amministrazione  e,
pertanto, devono essere assoggettati ad una adeguata "svalutazione". 
    Al termine dell'operazione  di  riaccertamento  straordinario,  i
residui attivi  al  1°  gennaio  2015  devono  rappresentare  crediti
effettivi ed esigibili dell'ente nei confronti di terzi e  costituire
il punto di partenza della  nuova  programmazione  e  gestione  delle
entrate secondo il principio di competenza potenziata. 
    L'occasione si presta anche per una compiuta analisi dei rapporti
finanziari tra i diversi livelli di governo, che presentano, nei loro
principali   documenti   contabili,   scritturazioni    di    residui
attivi/passivi spesso tra loro non concordanti. 
    L'ente  dovra'  garantire  che  siano   registrate   e   imputate
obbligazioni giuridiche attive perfezionate ed esigibili  negli  anni
di  rispettiva  imputazione.  L'intervento  sui  crediti  degli  enti
territoriali e' da interpretare quale inizio  di  un  nuovo  modo  di
rappresentare la programmazione,  gestione  e  rendicontazione  delle
entrate pubbliche. 
    I nuovi  principi  contabili  sono  finalizzati  a  garantire  il
rafforzamento  della  programmazione  delle  risorse  finanziarie  da
acquisire; a definire le regole di gestione  delle  risorse  medesime
che devono essere effettive, prontamente realizzabili in  termini  di
cassa, garantite agli effetti degli equilibri di finanza pubblica dei
bilanci, anche nella prospettiva  dell'applicazione  della  legge  n.
243/2012 recante l'attuazione del principio del pareggio di  bilancio
ai sensi dell'art. 81, sesto comma, della Costituzione. 
    Il rendiconto degli enti territoriali deve riacquisire la propria
forza rappresentativa sul versante delle risorse di entrata rilevando
esclusivamente crediti veritieri, anche  se  di  dubbia  e  difficile
esazione, opportunamente bilanciati dall'apposito Fondo, al  fine  di
un'adeguata   informazione   sui   risultati   di   gestione   e   di
amministrazione  degli  enti,  nonche'  sull'impiego  dell'avanzo  di
amministrazione per il finanziamento di spese pubbliche. 
    Si  attua,  in  tal  modo,  il   principio   di   veridicita'   e
attendibilita'  delle  entrate  pubbliche   accertate,   piu'   volte
richiamato  dalla   giurisprudenza   costituzionale,   affinche'   la
copertura  finanziaria   delle   spese   pubbliche   sia   credibile,
sufficientemente sicura,  non  arbitraria  o  irrazionale.  Requisiti
indefettibili dell'accertamento contabile dei residui attivi sono: la
ragione del credito,  il  titolo  giuridico,  il  soggetto  debitore,
l'entita' del credito e la sua scadenza (sentenze n. 309, n. 192 e n.
70 del 2012). Modalita' non  corrette  di  redazione  del  rendiconto
finanziario costituiscono  strumento  di  violazione  degli  obblighi
inerenti al rispetto  dei  canoni  della  sana  gestione  finanziaria
(sentenza n. 138 del 2013). 
    La determinazione delle entrate di dubbia e difficile esazione  e
la conseguente  "svalutazione"  deve  pertanto  avere  effetti  sulla
programmazione degli impieghi delle medesime,  in  termini  di  spesa
pubblica, al fine  di  tutelare  l'ente  dal  rischio  di  utilizzare
entrate non effettive, finanziando obbligazioni  passive  scadute  ed
esigibili  con  entrate  non  disponibili  e  quindi  finanziando  il
bilancio e la gestione in "sostanziale situazione di  disavanzo"  (in
tal senso, Corte cost., sentenze n. 250 del 2013 e n. 213  del  2008,
in ordine alla "necessaria" «contestualita' [...] dei presupposti che
giustificano le previsioni di spesa con  quelli  posti  a  fondamento
delle previsioni di entrata necessarie per la  copertura  finanziaria
delle prime»). 
    Cio' comporta il superamento della gestione di mera  cassa  delle
entrate  di  bilancio,  contraria  ai  principi  di   veridicita'   e
attendibilita' e  avente  impatti  negativi  e  non  perequati  delle
politiche  di  entrata  dell'ente   nei   confronti   dei   cittadini
contribuenti e utenti dei servizi pubblici. 
    Momento di particolare delicatezza e importanza e'  quello  della
determinazione  dei  crediti  di   dubbia   e   difficile   esazione.
L'operazione richiede, da un lato, una puntuale svalutazione di  tali
crediti  e,  dall'altro,  deve   essere   finalizzata   ad   impedire
atteggiamenti dell'ente volti a eliminare dal rendiconto obbligazioni
giuridiche perfezionate e scadute, ancorche' di  difficile  esazione.
Cio' avrebbe riflessi sulla responsabilita' connessa alla cura  delle
entrate  pubbliche  e  comporterebbe  alterazioni  dei  risultati  di
amministrazione  che,  qualora  dovessero  provocare  situazioni   di
disavanzo potrebbero,  impropriamente,  beneficiare  del  trattamento
agevolato previsto dal legislatore per i maggiori disavanzi derivanti
dal riaccertamento straordinario dei residui e dalla costituzione  di
un adeguato Fondo crediti di dubbia esigibilita'. 
    6.2. Residui passivi 
    Sul  versante  della  spesa,   l'operazione   di   riaccertamento
straordinario deve parimenti garantire il  superamento  di  tutte  le
criticita'  contenute  nella  rappresentazione  contabile   derivante
dall'applicazione dell'ordinamento vigente nel 2014. 
    Al riguardo si citano: 
      residui passivi a  cui  corrispondono  obbligazioni  giuridiche
perfezionate ma non scadute ed esigibili; 
      residui passivi a  cui  corrispondono  obbligazioni  giuridiche
perfezionate che scadono e divengono esigibili in esercizi successivi
a quello in cui si effettua il riaccertamento straordinario; 
      residui passivi che si riferiscono ad accantonamenti di risorse
a cui non corrispondono obbligazioni giuridiche perfezionate; 
      residui passivi, per gli enti locali, a cui  non  corrispondono
obbligazioni giuridiche perfezionate  perche'  riferibili  a  impegni
"tecnici o impropri" consentiti  dall'ordinamento  vigente  nel  2014
(art. 183, commi 3 e 5, TUEL vigente nel 2014). Al riguardo gli  enti
avranno cura di indicare le fonti di copertura degli impegni  tecnici
al fine di evitare che le relative risorse si  trasformino  in  quota
libera dell'avanzo. 
    Sempre in tema di veridicita' si  segnala,  per  le  Regioni,  la
problematica relativa a particolari tipologie di spesa tra cui quelle
relative  a  risorse  trasferite  per  le  quali  alcuni  ordinamenti
regionali  prevedono  il  "disimpegno"  a   fine   esercizio   e   la
reimputazione dei corrispondenti importi  alla  competenza  dell'anno
successivo; tale situazione, che nel  tempo  ha  dato  luogo  ad  una
sottostima della massa dei residui passivi, deve essere  superata  in
applicazione dei nuovi principi contabili. 
    Come osservato per le  entrate,  al  termine  dell'operazione  di
riaccertamento straordinario i residui passivi  al  1°  gennaio  2015
devono rappresentare debiti  effettivi  ed  esigibili  dell'ente  nei
confronti di terzi e costituire il  punto  di  partenza  della  nuova
programmazione e gestione delle spese pubbliche secondo il  principio
di competenza potenziata. 
    L'ente  dovra'  garantire  che  siano   registrate   e   imputate
obbligazioni giuridiche passive perfezionate, ed esigibili negli anni
di    rispettiva    imputazione:    va    superata    definitivamente
l'impossibilita', insita nell'ordinamento  contabile  precedente,  di
evidenziare nel rendiconto le effettive  situazioni  debitorie  degli
enti, per quanto riguarda sia la spesa  corrente,  sia  la  spesa  in
conto capitale. 
    L'operazione di  reimputazione  alla  competenza  degli  esercizi
successivi del complesso dei residui attivi e passivi deve  pertanto,
in modo puntuale, fare esclusivo riferimento, per ciascuno  di  essi,
alla "scadenza" delle obbligazioni, senza  tenere  in  considerazione
l'eventuale esistenza di specifici collegamenti di  destinazione  tra
singole poste di entrata e di uscita. 
    6.3. Riflessi organizzativi e tempestivita' dei pagamenti 
    Rilevanti sono  i  riflessi  organizzativi  e  procedimentali  in
termini di responsabilita' dei dirigenti e dei  preposti  ai  servizi
nell'assunzione degli impegni di spesa, che deve realizzarsi  con  la
contestuale definizione delle modalita' e  dei  tempi  dei  correlati
pagamenti, al fine di evitare la formazione  di  posizioni  debitorie
nei confronti dei terzi che vengono  in  rapporto  con  l'ente  e  di
osservare le direttive  comunitarie  sui  tempi  di  pagamento  della
pubblica amministrazione. 
    Lo strumento del bilancio di cassa e' momento strategico a questo
fine. 
    Gli  enti  che  si  accingono  ad  effettuare  le  operazioni  di
riaccertamento dei residui  dovranno,  allo  stesso  tempo,  inverare
nella gestione di competenza i principi della competenza potenziata. 
    Cio' vale a dire  che  gli  impegni  devono  essere  assunti  nel
rispetto  del  principio  contabile  applicato   della   contabilita'
finanziaria  con  riguardo   alla   registrazione   dell'obbligazione
giuridicamente perfezionata e la sua imputazione all'esercizio in cui
tale obbligazione viene a scadenza, ossia diventa esigibile. 
    Allo stesso  tempo,  le  disposizioni  del  d.lgs.  n.  118/2011,
riformato  con  d.lgs.  n.  126/2014,  impongono  che,   al   momento
dell'adozione  di  un  provvedimento  di  spesa,  sia  accertata   la
compatibilita' dei conseguenti  pagamenti  con  gli  stanziamenti  di
bilancio,  a  pena  di  responsabilita'  amministrativo-contabile   e
disciplinare (per il comparto Regioni/Province  autonome,  cfr.  art.
56, co. 6, d.lgs. n. 118/2011; per il settore degli enti  locali,  v.
l'art. 183, co. 8, d.lgs. n. 267/2000, emendato nel 2014). 
    Una norma di analogo contenuto era  stata  dettata,  in  passato,
nella vigenza del pregresso criterio della  "competenza  finanziaria"
correlato al momento in cui sorgono  le  obbligazioni  giuridicamente
perfezionate (art. 9, co. 2, d.l. 1° luglio 2009, n.  78,  convertito
dalla l. 3 agosto 2009, n. 102). 
    Oggi, come allora, la finalita' - si ribadisce - resta quella  di
"evitare ritardi nei pagamenti e la formazione dei debiti pregressi". 
    Permane,  comunque,  il  rischio  di  una  divaricazione  tra  la
gestione per cassa e la gestione per competenza, sia pure nella nuova
accezione del principio della "competenza finanziaria potenziata". 
    La puntuale applicazione  delle  richiamate  disposizioni  e'  di
fondamentale importanza per  il  corretto  avvio  dell'armonizzazione
contabile, la cui principale finalita', per il profilo  della  spesa,
e' quella di controllare la formazione e lo smaltimento dei  residui.
Cio' anche in considerazione  della  rilevante  problematica  che  ha
impegnato  il  legislatore  e   l'Amministrazione   finanziaria   nel
reperimento  delle  risorse  necessarie  al  pagamento   dei   debiti
pregressi degli Enti territoriali, mediante  gli  strumenti  messi  a
disposizione dal d.l. n. 35/2013 e da successivi provvedimenti. 
    L'attualita' della questione e' evidenziata  dalla  deliberazione
n. 29/SEZAUT/2014/FRG, da cui e' emerso,  con  riferimento  a  talune
Regioni  in  sperimentazione,  che  la  riduzione  dei  residui,  pur
favorita dalle operazioni di riaccertamento  straordinario  richieste
dall'art. 7, d.p.c.m. 28 dicembre 2011 e dalle risorse apprestate dal
d.l. n. 35/2013, non e' un risultato generalizzato.  Con  particolare
riferimento alla gestione di competenza, si e'  evidenziato  che  non
sempre sono stati compiutamente adottati i comportamenti  tendenti  a
contrarre la formazione dei residui e che non sono  state  pienamente
accolte le indicazioni  normative  volte  a  promuovere  il  criterio
dell'esigibilita' dell'obbligazione. 
    Di  conseguenza  resta   centrale   l'esigenza   di   consolidare
comportamenti virtuosi anche  sotto  il  profilo  della  gestione  di
competenza (assicurando il rispetto della  tempistica  fissata  dalle
norme, tra cui, da ultimo, il d.l. n. 66/2014), al  fine  di  evitare
che  i  provvedimenti  normativi  a  ripiano  dei  debiti   pregressi
acquistino natura ordinaria e ricorrente. 
7. IL  FONDO  PLURIENNALE  VINCOLATO:  RAFFORZAMENTO  DELLA  FUNZIONE
  PROGRAMMATORIA 
    Il nuovo modo di  rappresentare  la  programmazione,  gestione  e
rendicontazione  delle  spese  pubbliche   valorizza   la   variabile
temporale nell'impiego delle risorse acquisite. 
    L'ordinamento precedente era caratterizzato  da  una  sostanziale
a-temporalita' della programmazione  e  gestione  degli  impieghi  di
risorse:  con  i  residui  "tecnici"  e   con   gli   impegni   degli
accantonamenti di risorse, la rappresentazione contabile  si  rendeva
opaca e non consentiva di valutare i tempi dell'azione amministrativa
in termini di effettivo impiego delle risorse acquisite, misurato  da
obbligazioni   giuridicamente   perfezionate   e   scadute,   e    di
determinazione  della  distanza   temporale   tra   il   momento   di
acquisizione dei mezzi finanziari e il momento del loro impiego. 
    Si realizza nel nuovo contesto il vero significato programmatorio
e di  controllo  del  Fondo  pluriennale  vincolato  che  deriva  dal
riaccertamento straordinario dei residui: rappresentare e gestire, in
modo responsabile e controllato, il divario temporale  esistente  tra
il momento del reperimento  delle  entrate,  di  norma  vincolate,  e
quello del  loro  utilizzo  per  il  raggiungimento  delle  finalita'
istituzionali,  legate  all'esercizio  delle  funzioni   fondamentali
dell'ente. 
    Il  monitoraggio   e   il   controllo   dei   tempi   dell'azione
amministrativa  garantiscono  la  trasparenza  nei  confronti   della
comunita'  di  riferimento  e  l'utilizzo  efficiente  delle  risorse
prelevate  in  relazione  ai  servizi  effettivamente  resi  e   agli
investimenti concretamente realizzati. 
    Nella  stessa  ottica  la  corretta  determinazione  dei  residui
passivi quali debiti esigibili e scaduti deve consentire di calibrare
il reperimento delle entrate in relazione agli  effettivi  fabbisogni
di spesa evitando, tra l'altro, la formazione di  anomali  avanzi  di
amministrazione  che  divengono,  nelle  finalita'   della   riforma,
indicatori  di  inefficienza   nell'uso   delle   risorse   pubbliche
acquisite. 
    In riferimento alle entrate  con  vincolo  di  destinazione  alla
spesa, occorre richiamare  il  nuovo  principio  contabile  applicato
della contabilita' finanziaria e l'art 180, comma 3, lettera d),  del
TUEL, che definiscono la natura e  la  tipologia  dei  vincoli  delle
entrate  rispetto  alla  destinazione   di   spesa.   Cio'   consente
l'osservanza rigorosa del principio di unita' del bilancio, che resta
prevalente  in  tutta  la  dinamica  del  ciclo   finanziario   dalla
programmazione, alla gestione e rendicontazione (in tal  senso,  cfr.
Corte cost., sentenze n. 241 del 2013 e n. 192  del  2012,  le  quali
sottolineano, altresi',  come  l'economia  di  bilancio  relativa  ad
esercizi precedenti, ed in particolare quella  di  stanziamento,  sia
intrinsecamente incompatibile con il  concetto  di  riprogrammazione,
poiche' costituisce sopravvenienza  attiva  vera  e  propria  che  si
riversa - quale componente positiva - nella aggregazione  complessiva
degli elementi che determinano il risultato di amministrazione). 
    Dall'operazione di riaccertamento straordinario dei residui  deve
derivare anche la costituzione del  Fondo  pluriennale  da  iscrivere
nell'entrata del bilancio di previsione 2015  e  pluriennale  2015  -
2017 (al quale si applica ancora per il solo anno 2015 lo  schema  di
cui al D.P.R. n. 194/1996) e del bilancio di  previsione  armonizzato
2015-2017.  Si  tratta  del  Fondo   che   si   forma   per   effetto
dell'operazione  di  reimputazione  dei  residui  attivi  e  passivi,
secondo il nuovo  principio  della  competenza  potenziata  e  quindi
secondo "scadenza ed esigibilita'", e che si costituisce soltanto nel
primo esercizio di applicazione della riforma. 
    Il Fondo  pluriennale  a  regime  assume  le  caratteristiche  di
strumento di programmazione e controllo delle modalita' e  dei  tempi
di impiego delle risorse, prevalentemente  vincolate.  E'  necessario
rappresentare contabilmente in modo rigoroso  la  destinazione  delle
risorse  stesse  che,  qualora  relative  alla  copertura  di   spese
"impegnate",  sono  contabilmente  descritte  nel  Fondo  pluriennale
vincolato, mentre, se destinate a finanziare spese  di  cui  non  sia
stata  perfezionata  la   relativa   obbligazione   giuridica,   sono
rappresentate contabilmente nel risultato di amministrazione  tra  le
quote vincolate. 
    La rappresentazione contabile nel  risultato  di  amministrazione
comporta la necessita' di analizzare e indicare puntualmente la fonte
di copertura della spesa: entrate vincolate  per  legge,  entrate  da
indebitamento,   entrate   da   trasferimenti   vincolati,    entrate
straordinarie vincolate dall'ente. 
    La sostanziale  differenza  tra  le  risorse  affluite  al  Fondo
pluriennale   vincolato   e   quelle   affluite   al   risultato   di
amministrazione non deve consentire una contabilizzazione carente del
presupposto giuridico voluto dal principio contabile. 
    A questo fine dovra' essere  analiticamente  motivato  l'afflusso
delle  risorse  al  Fondo  pluriennale  vincolato  con   una   chiara
descrizione  degli  atti  presupposto  che   sorreggono   l'esistenza
dell'obbligazione giuridicamente perfezionata. 
    Identica analitica motivazione e  descrizione  dovra',  altresi',
essere fornita per le deroghe che il principio contabile introduce  e
disciplina in relazione alla costituzione del Fondo  pluriennale  per
le voci di spesa ricomprese nei quadri economici relativi  ai  lavori
pubblici, qualora parzialmente impegnate. 
    L'ente dovra' dimostrare di avere effettivamente e  concretamente
avviato il procedimento d'impiego delle risorse per la  realizzazione
del lavoro pubblico e in tale senso non e' sufficiente la sola  spesa
di  progettazione.  Ancora  una  volta  la  variabile  temporale   e'
fondamentale nella prescrizione, introdotta dal principio  contabile,
che entro l'esercizio successivo a quello dell'avvio del procedimento
di  impiego  delle  risorse  del   quadro   economico   si   pervenga
all'aggiudicazione della gara con  l'individuazione  del  contraente,
pena l'eliminazione dell'afflusso delle risorse al Fondo  pluriennale
vincolato e il concorso delle  stesse  alla  formazione  della  quota
vincolata del risultato di amministrazione. 
8. IL  FONDO  VINCOLATO  PER  PERDITE   REITERATE   NEGLI   ORGANISMI
  PARTECIPATI 
    In coerenza con i principi fondamentali  che  ispirano  il  nuovo
ordinamento contabile,  volti  a  prevedere  adeguati  accantonamenti
destinati  a  salvaguardare  gli  equilibri  presenti  e  futuri  del
bilancio, si inserisce il Fondo di cui all'art. 1, comma  550  e  ss.
legge 27 dicembre 2013, n. 147/2013 (legge di stabilita' 2014). 
    Nel disegno di  armonizzazione  dei  sistemi  contabili  e  degli
schemi di bilancio delle  Regioni,  degli  Enti  locali  e  dei  loro
organismi  partecipati  o  controllati,  un  momento  essenziale   e'
costituito dall'adozione dei comuni schemi di bilancio consolidato di
cui all'art. 11, co. 1, d.lgs. n. 118/2011, modificato dal d.lgs.  n.
126/2014. 
    La previsione risponde  all'esigenza  di  verificare  l'effettiva
ricaduta  delle  gestioni  esternalizzate  sui  bilanci  degli   enti
proprietari; esigenza particolarmente sentita in relazione all'ambito
del consolidamento, che comprende un universo vasto, costituito dagli
enti strumentali, dai semplici organismi (tra cui le  gestioni  fuori
bilancio, a norma dell'art. 1, co. 2), dalle aziende, dalle  societa'
controllate e da quelle partecipate (artt. da 11-ter a  11-quinquies,
d.lgs. n. 118/2011, riformato). 
    Tuttavia,  l'applicazione  graduale   dell'armonizzazione   delle
regole contabili e degli  schemi  di  bilancio  allontana  nel  tempo
l'entrata a regime di tale istituto ampliando cosi' la differenza tra
gli enti che hanno partecipato alla  sperimentazione  e  la  restante
platea degli enti soggetti all'armonizzazione: l'art. 11-bis, co.  4,
d.lgs. n. 118/2011, concede a questi ultimi la facolta'  di  rinviare
l'adozione del bilancio  consolidato  con  riferimento  all'esercizio
2016. Parallelamente, e' consentito loro il rinvio dei comuni  schemi
di  bilancio  finanziario,  economico   e   patrimoniale   (ai   fini
autorizzatori ma anche ai soli fini conoscitivi). 
    Diversamente e' previsto per gli enti che hanno partecipato  alla
sperimentazione, con un'ulteriore distinzione in relazione  all'epoca
della loro  adesione.  Gli  enti  che  hanno  sperimentato  dal  2012
adottano dal  2013  la  contabilita'  economico-patrimoniale  a  fini
conoscitivi, mentre quelli che hanno partecipato alla sperimentazione
dal 2014  adottano  la  contabilita'  economico-patrimoniale  a  fini
conoscitivi dallo stesso anno. 
    A cio' si aggiunge che  il  bilancio  consolidato  presuppone  la
tenuta della contabilita' economico-patrimoniale nell'anno precedente
alla sua redazione, per cui il consolidato e' stato redatto dai primi
sperimentatori nel 2014 con riferimento all'esercizio  2013  e  sara'
predisposto nel 2015 con riferimento all'esercizio  2014  dagli  enti
che sperimentano dal  2014.  Tutti  gli  altri  enti  redigeranno  il
consolidato nel 2017, con riferimento all'esercizio 2016. 
    Nelle   more   della   piena   attuazione   delle   regole    sul
consolidamento, occorre procedere alla  corretta  applicazione  delle
disposizioni recate dall'art. 1, co. 550 e ss. della l. n.  147/2013,
in materia di accantonamenti per perdite  reiterate  negli  organismi
partecipati; disposizione a regime dal 2018 e, in prima applicazione,
negli anni 2015-2017. 
    Si tratta di norme a carattere prudenziale, dirette  ad  evitare,
in sede di bilancio di  previsione,  che  la  mancata  considerazione
delle perdite eventualmente riportate dall'organismo  possa  incidere
negativamente sui futuri equilibri di bilancio.  In  tal  senso,  gli
accantonamenti favoriscono una strategia di consolidamento dei  conti
delle Amministrazioni  pubbliche,  secondo  i  criteri  di  prudenza,
affidabilita' e appropriatezza, necessari a  garantire  una  corretta
verifica del  raggiungimento  degli  obiettivi  di  finanza  pubblica
(Corte cost., sentenza n. 40 del 2014). 
    Il  bilancio  di  previsione  2015  e'  la  sede  idonea  per  la
costituzione  dell'apposito  Fondo,  la  cui  dotazione  deve  essere
calibrata  in  relazione  ai  risultati  conseguiti  dagli  organismi
partecipati/controllati, nonche' alla quota di possesso. 
    Al fine di  una  puntuale  applicazione  delle  norme  in  esame,
occorre precisare che tale accantonamento e' effettuato  qualora  gli
Organismi partecipati presentino, nell'ultimo  bilancio  disponibile,
un risultato di  esercizio  o  un  saldo  finanziario  negativo,  non
immediatamente ripianato dall'ente partecipante (art.  1,  co.  551).
Nell'accezione  "Organismi  partecipati"  si  annoverano  le  aziende
speciali, le istituzioni e le societa'  partecipate  dalle  pubbliche
amministrazioni locali indicate nell'elenco di cui all'art. 1, co. 3,
l. 31 dicembre 2009, n. 196 (aggregato che comprende diverse  realta'
territoriali tra cui, Regioni, Province e Comuni). 
    Con riferimento alla generalita' degli organismi, per perdita  di
esercizio si intende il risultato netto di esercizio di cui  all'art.
2425 c.c. (voce 23); valore  che  prende  in  considerazione  sia  la
gestione caratteristica sia quella non caratteristica, che  comprende
le poste finanziarie (interessi, perdite su  cambi,  svalutazioni  di
partecipazioni,   etc.)   e   quelle   straordinarie    (plusvalenze,
minusvalenze, etc.), oltre alle imposte. 
    Un diverso criterio e' previsto  per  le  societa'  che  svolgono
servizi pubblici a rete  di  rilevanza  economica,  ivi  compresa  la
gestione dei rifiuti. 
    Qui per risultato di esercizio si intende il risultato  operativo
lordo (MOL), dato dalla differenza tra il valore  e  il  costo  della
produzione. Si  prende,  pertanto,  in  considerazione  un  risultato
parziale della complessa attivita' societaria, ossia la sola gestione
"caratteristica". 
    Gli importi accantonati  nell'apposito  Fondo  vincolato  saranno
nuovamente disponibili qualora l'ente partecipante ripiani la perdita
di esercizio o dismetta la partecipazione o il  soggetto  partecipato
sia posto in liquidazione. Lo stesso  risultato  si  realizza  se  le
perdite conseguite negli esercizi precedenti  vengono  ripianate  dai
soggetti  partecipati  (OO.PP.):  l'importo  accantonato  sara'  reso
disponibile  agli  enti  partecipanti  in  misura  corrispondente   e
proporzionale alla quota di partecipazione. 
    A regime, l'importo accantonato nel bilancio di previsione  sara'
equivalente al risultato negativo non  immediatamente  ripianato,  in
proporzione alla quota di partecipazione (art. 1, co. 551). 
    In sede di prima applicazione, per gli anni 2015, 2016 e 2017, il
legislatore   ha   previsto   un   periodo   transitorio    in    cui
l'accantonamento e' via via crescente, con un'importante  distinzione
tra la partecipazione in Organismi  che,  pur  avendo  riportato  una
perdita nell'ultimo bilancio disponibile, hanno peggiorato i conti  e
quelli che li hanno  migliorati  rispetto  alla  media  del  triennio
precedente. 
    La prima situazione comprende le ipotesi degli OO.PP.  che  hanno
fatto registrare una perdita dopo precedenti bilanci in utile  oppure
che hanno riportato un risultato negativo superiore  alla  media  del
triennio precedente. In questi casi,  la  quota  da  accantonare  nel
bilancio di previsione 2015 dell'Ente partecipante e' pari al 25% del
risultato    negativo    conseguito     nell'esercizio     precedente
dall'organismo. A scorrimento, le  quote  di  accantonamento  saranno
pari al 50% per il 2016, e al 75% per il 2017, sempre con riferimento
alle  perdite  riportate  dall'organismo  partecipato  nell'esercizio
precedente. 
    Ove, invece, la  perdita  nell'ultimo  bilancio  disponibile  sia
inferiore alla media del triennio precedente (facendo  registrare  un
miglioramento dei conti), l'accantonamento nel bilancio di previsione
2015 deve essere effettuato per un importo pari alla  differenza  tra
il risultato conseguito  nell'esercizio  precedente  e  il  risultato
medio 2011-2013 migliorato del 25% per il 2014. A scorrimento,  negli
esercizi successivi,  l'importo  va  calcolato  considerando  che  il
risultato medio deve essere migliorato del 50% per il 2015 e del  75%
per il 2016 (art. 1, co. 552). 
    Tanto e' stato previsto, nell'ottica, pienamente accolta dalla l.
n.  147/2013  (Legge   di   stabilita'   2014),   della   progressiva
responsabilizzazione  gestionale  degli  Enti  soci,   mediante   una
stringente correlazione tra le dinamiche economico-finanziarie  degli
organismi  partecipati  e  quelle  dei   soci-affidanti.   Cio'   pur
considerando che la perdita di esercizio riportata da una partecipata
non e' l'unico  elemento  degno  di  attenzione  da  parte  dell'Ente
proprietario il quale, tra  gli  aspetti  gestionali,  e'  tenuto  al
monitoraggio dei contratti di servizio, anche al fine di evitare quel
sovradimensionamento degli importi che, talora, si rivela foriero  di
perdite occulte. 
    Le citate disposizioni sugli accantonamenti (art. 1,  co.  551  e
552, l. n. 147/2013) vanno, necessariamente, coordinate con le  norme
del codice civile sull'automatico scioglimento della societa' il  cui
capitale  sia  sceso  al  di  sotto  del  limite  legale,  le   quali
facoltizzano l'Ente a decidere, in base ad  un  giudizio  prognostico
sulla  futura  redditivita'  della  societa',  se   provvedere   alla
reintegrazione   del   capitale   sociale,   oppure   prendere   atto
dell'automatica liquidazione dell'organismo (artt. 2484, co. 1, n.  4
e 2447 c.c.). 
    In  quest'ultimo  caso,  l'Ente   socio   non   procedera'   agli
accantonamenti in sede di bilancio di previsione, bensi' dovra'  dare
corso    alle    procedure    di    scioglimento    della    societa'
sottocapitalizzata. 
9. EQUILIBRIO REALE DI CASSA 
    La riforma contenuta nell'armonizzazione della contabilita' degli
enti territoriali di cui al d.lgs. n. 118/2011 introduce,  a  livello
di sistema, la necessita' di realizzare flussi finanziari di  entrata
in grado di alimentare i flussi di uscita.  Con  il  principio  della
contabilita' finanziaria potenziata si pone l'accento sui  crediti  e
debiti scaduti, abbandonando la tradizione  di  una  contabilita'  di
diritto  fatta  di  crediti  e  debiti  potenziali.   La   competenza
finanziaria diviene, cosi', una competenza  realizzativa,  in  cui  i
crediti e i debiti che scadono nell'esercizio devono poter garantire,
tra loro, un perfetto equilibrio di flussi finanziari. Non si  potra'
piu' pervenire al pareggio dei bilanci, prima solo  di  competenza  e
ora anche di cassa, esponendo le entrate proprie soggette a dubbia  o
difficile esazione senza averle opportunamente  controbilanciate  con
un Fondo crediti  di  dubbia  esigibilita'  almeno  pari  all'importo
derivante  dalla  valutazione  del  trend  storico  del   quinquennio
precedente  relativo  alle  entrate  che  presentano  una  accentuata
criticita' nella fase di riscossione. Cio', se da un lato  conferisce
indiscutibile   attendibilita'   al   documento   di   programmazione
finanziaria  ai  fini  dei  suoi  equilibri   effettivi,   dall'altro
costringe l'ente a ricondurre la spesa corrente  alla  sua  effettiva
potenzialita': non sara' piu' possibile spendere piu'  di  quanto  si
realizzi. 
    Invero,  l'elasticita'  concessa  dal  legislatore   nella   fase
transitoria (2015-2019), in ordine alla misura dell'accantonamento da
iscrivere  a  preventivo  per  fronteggiare  i  crediti   di   dubbia
esigibilita' riportati nella competenza, potrebbe  compromettere  gli
equilibri effettivi di  bilancio  appena  ritrovati.  Sarebbe  quindi
principio  di  sana  gestione,  ove  le  condizioni  finanziarie   lo
consentissero,  accantonare  quote  maggiori   rispetto   al   minimo
previsto, soprattutto se fosse prevedibile una flessione  di  entrate
nei bilanci futuri capaci di assorbire le  differenze  trasferite  in
avanti. 
    Le previsioni di cassa dovranno tener conto delle date  effettive
degli introiti iscritti a competenza (e incidentalmente  a  residui),
ed essere opportunamente decurtate della parte inesigibile in modo da
rappresentare compiutamente, e con elevata attendibilita', il  flusso
di  entrata  presumibile.  Proprio  la  presa  di   coscienza   della
differenza, talvolta anche sostanziosa, tra  le  entrate  iscritte  a
competenza  ed  il  loro  grado  di   realizzazione,   deve   indurre
amministratori e dipendenti pubblici a rivedere i loro  comportamenti
e a concentrarsi sul miglioramento della riscossione  in  termini  di
velocita' e di rendimento: soltanto la tempestivita' e  l'accuratezza
delle riscossioni  potranno  garantire  una  regolarita'  dei  flussi
finanziari e il mantenimento dei livelli di qualita' e quantita'  dei
servizi oggi resi. Se finora gli enti locali  hanno  speso  piu'  dei
loro mezzi o hanno speso in virtu' di entrate che potevano certamente
iscrivere, benche' scarsamente esigibili, d'ora in poi cio' non sara'
piu' possibile, sempreche' sia mantenuta una posizione di sostanziale
coerenza.  Queste  restrizioni,  pero',  impegneranno  piu'  che  mai
amministratori e funzionari a incrementare il grado  di  riscossione,
ripulendo  ruoli  e  liste  di  carico  di   partite   insussistenti,
intensificando i controlli sulle quote inesigibili e sulle  attivita'
affidate ai riscuotitori, rideterminando in maniera seria e  concreta
tariffe e contribuzioni, tenendo conto, peraltro, del  costo  sociale
connesso alle situazioni di particolare indigenza. La riuscita  della
riforma dipende  soprattutto  dalla  consapevolezza  da  parte  degli
amministratori e funzionari degli enti territoriali di un  necessario
controllo dell'equilibrio reale di cassa nel corso della gestione. La
presenza nell'Ente di disavanzi da ripianare nei prossimi  trent'anni
costituisce il sintomo evidente  di  una  deficitarieta'  strutturale
che, giocoforza, finira' per  rallentare  ulteriormente  i  tempi  di
pagamento, anche mantenendo al massimo le anticipazioni di  tesoreria
di cui all'art. 222 del TUEL. 
    La  corretta  partenza  della  nuova   contabilita'   presuppone,
altresi', una  puntuale  ricostruzione  del  fondo  di  cassa  al  31
dicembre 2014 suddiviso tra fondi vincolati e fondi  liberi.  L'abuso
che si e' fatto del ricorso all'utilizzo  in  termini  di  cassa  dei
fondi a destinazione vincolata per il pagamento delle spese correnti,
senza  una  corretta  contabilizzazione  in  evidenze  extracontabili
tenute dall'ente e  dal  suo  tesoriere,  trova  la  sua  cartina  di
tornasole in residui passivi di parte capitale  non  controbilanciati
da altrettanti residui attivi iscritti ai titoli IV e V dell'entrata.
La  tematica  assume  un  ruolo   fondamentale   nel   contesto   del
riaccertamento straordinario dei residui ed impone  la  ricostruzione
attendibile delle partite debitorie da finanziare  con  entrate  gia'
riscosse  e  assorbite  nella  cassa  (senza  provvedere  alla   loro
ricostituzione con i primi introiti non soggetti a vincolo). 
    Proprio   nell'ottica   di   una   ricostruzione   fedele   della
contabilita' ed in una ripartenza che tenda sempre piu'  a  garantire
permanenti equilibri complessivi di bilancio, tanto nella  competenza
quanto nella cassa, si impone che l'operazione di riaccertamento  dei
residui attivi e passivi non  si  risolva  in  un  mero  adempimento.
Infatti, con il  coinvolgimento  di  tutti  i  funzionari  dell'ente,
devono essere individuati  correttamente  i  crediti  e  i  debiti  e
verificate le ragioni del loro mantenimento a residui,  limitatamente
a quelli  scaduti,  ovvero  della  loro  cancellazione  e  successiva
reimputazione  nei  bilanci  futuri  in  base  alla  loro   effettiva
scadenza. 
10. PIANO DI  RIEQUILIBRIO  FINANZIARIO  PLURIENNALE  E  CONTABILITA'
  ARMONIZZATA 
    Le procedure legislative di risanamento delle diverse  situazioni
di  precarieta'  dei  bilanci  costituiscono  misure  eccezionali   e
derogatorie  delle  ordinarie  regole  di  contabilita'  giustificate
dall'obiettivo   di   superare   la   condizione    strutturale    di
sbilanciamento  delle  gestioni.  In  funzione  di   tale   esigenza,
l'attuazione  in  corso  di  un  piano  di  riequilibrio  finanziario
pluriennale ex art. 243-bis del TUEL deve essere  coordinata  con  le
attivita'   propedeutiche   all'introduzione    della    contabilita'
armonizzata che,  in  ogni  caso,  devono  essere  tempestivamente  e
regolarmente eseguite. 
    Gli effetti che in questa fase  del  processo  di  armonizzazione
vengono  in  evidenza  sono:  a)  l'eventuale  ripiano  del   maggior
disavanzo   di   amministrazione   determinato   dal   riaccertamento
straordinario dei residui e dal primo accantonamento al Fondo crediti
di dubbia esigibilita'; b)  la  costituzione  del  Fondo  crediti  di
dubbia  esigibilita';  c)  la  costituzione  del  Fondo   pluriennale
vincolato. 
    Al verificarsi  di  tali  evenienze,  per  gli  enti  che  stanno
attuando un piano di riequilibrio, potrebbe  manifestarsi  l'esigenza
di aggiornare le previsioni del piano. 
    Poiche' gli eventuali effetti peggiorativi  dei  risultati  della
gestione sono da ricondursi ad adempimenti obbligatori per legge, pur
se il legislatore non si e' dato carico di  coordinare  la  normativa
sui piani di  riequilibrio  con  le  novita'  in  discorso,  si  deve
ipotizzare,  in  via  interpretativa,  che  sia  consentito  all'ente
interessato di rimodulare il piano gia' approvato anche al  di  fuori
della casistica tipizzata. 
    Al  riguardo  deve,  innanzitutto,  osservarsi  che   l'eventuale
maggiore disavanzo di amministrazione  che  emerge  a  seguito  delle
preliminari attivita' di armonizzazione dei bilanci e' riconducibile,
per una rilevante parte, all'operazione di cancellazione dei  residui
che non sottendono  un'obbligazione  giuridicamente  perfezionata.  I
relativi effetti, teoricamente sono gia' incorporati nelle previsioni
del piano pluriennale di riequilibrio, costituendo  obbligo  precipuo
dell'ente ai sensi dell'art. 243-bis  comma  8,  lett.  e)  TUEL.  In
secondo  luogo,  altro  elemento   potenzialmente   costitutivo   del
disavanzo e' l'accantonamento al Fondo crediti di dubbia esigibilita'
iscritto nel bilancio di previsione a partire dal 2015. Tale  fattore
dovrebbe rilevare solo nella misura eccedente  quella,  teoricamente,
gia' iscritta al Fondo svalutazione crediti che, dall'esercizio 2012,
doveva essere iscritto in bilancio ai sensi dell'art.  6,  comma  17,
d.l. 6 luglio 2012, n. 95 convertito dalla legge 7  agosto  2012,  n.
135 (disposizione, ora, abrogata dall'art. 77, comma 1, lett. e)  del
d.lgs.  n.  118/2011).  Solo  entro  questi  limiti  il  nuovo  fondo
costituirebbe  una  posta  contabile  incidente   sul   percorso   di
riequilibrio.  Il  Fondo  pluriennale  vincolato  influenza,  invece,
essenzialmente   la   rappresentazione    contabile,    nel    tempo,
dell'attivita' programmatoria, per  cui  solo  in  funzione  di  tale
esigenza dovrebbe essere ricompreso nel piano in corso di attuazione. 
    Cio'  premesso,  va  detto  che  per  gli  enti   in   piano   di
riequilibrio, le suddette  evidenze  contabili,  nei  termini  appena
illustrati,  devono  trovare  rappresentazione  nel  piano.  Cio'  e'
scontato per le nuove poste (Fondo crediti di dubbia  esigibilita'  e
Fondo pluriennale vincolato), ma non puo' escludersi che,  in  parte,
l'impatto sia determinato anche dal  manifestarsi  di  effetti  sulla
gestione non rilevabili all'epoca della presentazione  del  piano  di
riequilibrio. Sotto tale profilo vengono, infatti, in evidenza: a) la
riduzione delle risorse disponibili per effetto dei nuovi e  maggiori
accantonamenti;   b)   le   eventuali    insussistenze/inesigibilita'
sopravvenute in sede di ulteriore riaccertamento dei residui;  c)  il
ricalcolo della percentuale annua di ripiano del disavanzo sulla base
del nuovo criterio di imputazione dei debiti e dei crediti. 
    Tali fatti sopravvenuti possono rendere necessario,  come  detto,
rimodulare il piano di riequilibrio approvato, ma occorre individuare
anche i limiti di tale rimodulazione. 
    In proposito bisogna considerare che nel piano di riequilibrio la
congruenza delle  previsioni  rispetto  allo  scopo  di  ripristinare
l'equilibrio  strutturale  del  bilancio,  dipende  da  numerose   ed
articolate misure dirette ad aumentare le risorse e  a  diminuire  le
uscite. Misure che si bilanciano nel percorso di riequilibrio  e  che
non possono essere arbitrariamente rimodulate,  essendo  coperte  dal
giudizio di merito della Sezione regionale di  controllo  che  ne  ha
valutato   l'idoneita'   e   la   necessita'   per   il    ripristino
dell'equilibrio  finanziario,  ponderando   sia   il   merito   degli
interventi correttivi sia i previsti tempi di realizzazione. 
    In funzione di tali esigenze, l'ente che sta attuando un piano di
riequilibrio  finanziario,  all'esito  dell'attuazione  delle  misure
propedeutiche all'avvio dell'armonizzazione  dei  sistemi  contabili,
puo' rimodulare il piano di riequilibrio solo  ed  esclusivamente  in
riferimento  al  maggior  disavanzo  di  amministrazione,  ai   sensi
dell'art. 1, comma 538, della legge 190/2014. 
    Nessuna dilazione puo' essere apportata all'attuazione  di  tutte
le  altre  misure  indicate  nel  piano  approvato   concernenti   la
realizzazione di maggiori entrate e  la  riduzione  delle  spese,  in
special modo  di  quelle  finalizzate  al  riequilibrio  della  parte
corrente del bilancio in caso di accesso al Fondo di  rotazione  come
previsto dall'art. 243-bis, comma 9. 
    La proposta di rimodulazione del piano, simmetricamente a  quanto
previsto  dall'art.  243-bis,  comma  7-bis  del  TUEL,  deve  essere
corredata dal parere  positivo  dell'organo  di  revisione  economico
finanziaria dell'ente e  deve  essere  presentata  direttamente  alla
competente sezione regionale di controllo della Corte dei conti. 
    Tenuto conto che la problematica investe situazioni residuali, in
quanto una corretta ricostruzione  delle  partite  attive  e  passive
avrebbe dovuto ammortizzare  ab-origine  gli  effetti  della  riforma
contabile, e' necessario improntare il  riesame  del  nuovo  piano  a
criteri particolarmente rigorosi. 
    In altri termini, le conseguenze sul  maggiore  disavanzo  devono
essere riconducibili a profili meramente tecnici, non preventivamente
valutabili in sede di prima elaborazione del piano. 
    Restano ferme le  altre  disposizioni  riguardanti  il  controllo
dell'attuazione del piano di riequilibrio finanziario pluriennale  di
cui all'art. 243-quater, comma 6 TUEL.