(Annesso-art. 9)
                               Art. 9. 
 
 
                  Legame con l'ambiente geografico 
 
A) Informazione sulla zona geografica 
1) Fattori naturali rilevanti per il legame. 
    La IGT «Rubicone» ricalca grossomodo  i  tanto  discussi  confini
della Romagna, che di fatto non sono mai  stati  stabiliti  in  senso
amministrativo, ma definiscono un territorio piuttosto  uniforme  dal
punto di vista geo-pedologico e per il  carattere  della  sua  gente,
modellato su una storia comune di sacrifici e privazioni. 
    L'area  definita  dalla  IGT  «Rubicone»  ricomprende  tre   zone
geo-morfologicamente distinte, la pianura alluvionale, la pedecollina
e la  collina  vera  e  propria,  e  due  modi  di  fare  viticoltura
differenti riconducibili ai due  modelli  principali  di  viticoltura
storica, ovvero quello greco e quello etrusco. 
    L'Appennino romagnolo ha un'origine geologica comune, che  risale
all'Era terziaria, e si compone, in  linea  generale,  di  formazioni
calcaree e  argillose.  La  formazione  geologica  che,  per  la  sua
estensione,   maggiormente   caratterizza   la    Romagna    e'    la
«Marnoso-arenacea», una fascia piu' o meno ampia  di  stratificazioni
successive e alternate di arenarie torbiditiche e marne.  Durante  il
periodo Messiniano, quando il Mediterraneo rimase isolato dall'oceano
Atlantico,  si  depositarono  rocce  evaporitiche  (gesso,  anidrite,
salgemma) che in Romagna sono ben visibili nella  «Vena  del  gesso».
Seguono poi le deposizioni del Pliocene, a dominante  argillosa,  che
si  presentano  spesso  con  la  tipica  morfologia   a   «calanchi»,
riscontrabile nelle valli basse. 
    I terreni pedecollinari, tendenzialmente piani,  appartengono  al
Quaternario  recente  e  spesso  sono   terreni   molto   evoluti   e
tendenzialmente decarbonatati. 
    Da questa successione di rocce e' normale che siano derivati, per
effetto dell'erosione naturale e dell'intervento  dell'uomo,  terreni
piu' o meno calcarei,  argillosi,  misti  e,  dove  sono  intervenute
azioni di dilavamento  ed  erosione  chimica,  terreni  residuali  di
costituzione diversa. 
    La pianura, di origine  alluvionale,  si  compone  di  terreni  a
tessitura da franca ad argillosa, passando per  tutta  una  serie  di
composizioni intermedie, che i Romagnoli hanno sempre saputo valutare
ai fini della scelta colturale. 
    Quindi l'area dell'IGT comprende terreni anche piuttosto  diversi
tra loro, ma con una buona uniformita' all'interno di fasce,  piu'  o
meno ampie, parallele al crinale appenninico e che si ripropongono in
modo pressoche' simile nelle  varie  province  interessate:  Bologna,
Ravenna, Forli-Cesena e Rimini  (minor  presenza  di  suoli  derivati
dalla Marnoso-arenacea). 
    Dal punto di  vista  climatico,  l'indice  di  Winkler,  presenta
valori crescenti dall'Appennino verso la  pianura,  per  poi  ridursi
nuovamente verso il litorale per effetto dell'azione mitigatrice  del
mare. Valori dell'indice  di  Winkler  intorno  a  1.500-1.600  gradi
giorno, nelle zone piu' alte di coltivazione della  vite  (intorno  a
4-500 m slm),  salgono  a  2.000-2.200  gradi  giorno  in  pianura  e
scendono leggermente verso il mare (1.900-2.000 GG circa). 
2) Fattori umani rilevanti per il legame. 
    Un'importante via d'acqua come il  Po  e  la  vicinanza  al  mare
consentirono l'arrivo in Romagna di diverse civilta' e  con  loro  di
vitigni   e   tecniche   colturali   differenti.   Indubbiamente   la
domesticazione della  vite  silvestre  in  loco  e'  stato  un  fatto
importante, testimoniato ancora oggi dalla presenza di  viti  dioiche
nelle  Pinete  costiere,  ma  l'introgressione  genica  su  materiale
autoctono di varieta' medio-orientali e' stata la fondamentale per la
nascita di uve di buona qualita', adatte anche a situazioni fredde  e
umide come quelle della pianura romagnola. 
    Queste condizioni ambientali portarono ad  allevare  la  vite  su
alberi d'alto fusto, in modo da  sfuggire  alla  stratificazione  del
freddo verso il basso in primavera (gelate tardive)  e  all'umidita',
complice dello sviluppo di malattie fungine.  Nelle  aree  collinari,
invece, le varieta' introdotte trovarono  condizioni  piu'  simili  a
quelle di origine e poterono essere allevate  secondo  la  modalita',
tipicamente Greca, dell'alberello,  che  ancora  oggi  sporadicamente
persiste. 
    I classici latini  parlano  di  viti  particolarmente  produttive
nelle aree  tra  Rimini  e  Faenza,  cio'  non  toglie  che  comunque
originassero vini di un certo pregio,  vista  la  fama  dei  vini  di
«Caesenas» e del «Faventinum». Dopo la caduta dell'Impero romano,  la
coltura della vite in Romagna viene mantenuta grazie alla continuita'
politica dell'Impero romano d'oriente e al contributo  dei  monasteri
nello sviluppo di tecniche atte al miglioramento delle coltivazioni. 
    Nel XV  secolo  si  diffonde,  accanto  alla  vigna,  la  coltura
promiscua della vite a «piantata», che raggiungera'  la  sua  massima
espressione nel XVIII  secolo  con  l'introduzione  della  Mezzadria,
poiche' consentiva di coltivare su tre livelli: al livello piu'  alto
si trovavano alberi d'alto fusto, che producevano  frutti,  foglie  e
legname, al livello intermedio si stendevano i tralci della vite  con
i loro grappoli e al suolo si mettevano per lo piu' fagioli  o  altre
colture erbacee poco esigenti in termini di luce. 
    Occorre sottolineare, poi, come la Romagna abbia attraversato  un
lungo periodo di arretratezza economica e sociale  durante  tutto  il
governo pontificio (fu domino papale dal 1559 al 1796 e dal  1815  al
1860).  Questa   situazione   di   arretratezza   colpi'   anche   la
vitivinicoltura,  tanto  che,  a  fine  Ottocento,   le   Commissioni
Provinciali del  Comitato  Centrale  Ampelografico  denunciarono  uno
stato molto grave del  settore,  caratterizzato  da  una  miriade  di
vitigni e mancanza di tecnologia. 
    Sicuramente la situazione non miglioro' dopo l'arrivo  di  oidio,
peronospora  e  fillossera  dall'America.  Dopo  il  Primo  conflitto
mondiale, parti'  la  ristrutturazione  dei  vigneti  rovinati  dalla
fillossera, con un notevole restringimento della base  ampelografica.
Per assistere ad  uno  sviluppo  e  ad  un  miglioramento  tecnico  e
tecnologico  della  vitivinicoltura  romagnola  piu'  decisi,  pero',
occorre aspettare gli anni '60. La stratificazione di  conoscenze  ed
esperienze  in  una  tradizione  che  partiva  da  molto  lontano  ha
consentito alla Romagna di arrivare, negli anni '90 del Novecento, ad
un buon livello qualitativo, con  una  gamma  di  tipologie  di  vino
idonee a soddisfare le piu' varie esigenze dei consumatori. 
B) Informazioni sulla qualita' o sulle caratteristiche  del  prodotto
  essenzialmente   o   esclusivamente    attribuibili    all'ambiente
  geografico 
    I terreni argillosi consentono  un  naturale  contenimento  della
vigoria e un buon equilibrio vegeto-produttivo, tanto che normalmente
su questi suoli di ottengono vini strutturati senza troppi interventi
agronomici, che possono diventare importanti man mano  ci  si  sposta
verso terreni di  medio-impasto,  o  comunque  piu'  freschi  e  piu'
fertili. 
    La presenza di calcare tende ad incentivare sensazioni floreali o
di fruttato fresco nei vini, diversamente dai  prodotti  ottenuti  su
suoli decarbonatati. 
    Le esposizioni verso nord e le altitudini maggiori tendono a  far
ottenere vini piu' freschi e profumati. 
C) Descrizione dell'interazione causale fra gli elementi di cui  alla
lettera A) e quelli di cui alla lettera B) 
    Non  bisogna  dimenticare   che   accanto   ad   una   tradizione
viti-vinicola importante, la Romagna e' stata anche  la  culla  della
frutticoltura moderna e le minori esigenze  della  vite  rispetto  ai
fruttiferi, hanno fatto si' che questa  venisse  collocata  solo  nei
terreni meno fertili, quindi in  collina  e  nelle  terre  «dure»  di
pianura. 
    Il gradiente termico tra collina e pianura e la maggiore umidita'
in quest'ultima area, hanno orientato la scelta degli agricoltori  di
pianura verso  vitigni  a  maturazione  piu'  tardiva  e  a  maggiore
tolleranza ai marciumi, riservando le varieta' precoci per  i  limiti
superiori e le esposizioni piu' a nord della viticoltura romagnola. 
    La raccolta  abbastanza  tardiva,  cui  soprattutto  nel  passato
seguivano autunni freddi, faceva si' che il vino mantenesse un  certo
residuo  zuccherino  durante  l'inverno  e,   messo   in   bottiglia,
riprendesse a fermentare con i primi caldi primaverili, ottenendo una
frizzantatura  naturale.   Da   questa   prassi   piuttosto   comune,
l'apprezzamento dei Romagnoli sia per i vini  abboccati,  che  secchi
fermi o frizzanti o spumanti. 
    A seconda dell'orografia, della  geo-pedologia  e  del  clima  e'
possibile trovare la migliore interazione tra  fattori  ambientali  e
vitigno per arrivare alla migliore espressione delle varie  tipologie
di vino previste dal disciplinare a IGT «Rubicone»  e  riprese  dalla
tradizione locale.