(Allegato-art. 7)
                               Art. 7. 
 
    La coltura della mela annurca  ha  da  sempre  caratterizzato  il
paesaggio campano, grazie alle condizioni pedoclimatiche  favorevoli,
che ne hanno permesso la diffusione laddove i terreni o  per  matrice
pedologica o per azione delle piogge (6000-7000 m³/ha dalla primavera
all'autunno) una profondita' utile alle radici  maggiore  di  80  cm,
presentano valori di calcare inferiore a 10 e una salinita'  espressa
in ms/cm  minore  di  2.  La  mela  annurca  inizia  a  fiorire  e  a
germogliare tardi sfuggendo cosi'  alle  conseguenze  negative  delle
basse temperature coincidenti con la fioritura ed il  germogliamento.
L'area interessata alla produzione I.G.P.  e'  caratterizzata  da  un
buon drenaggio; il  terreno  si  distingue  per  la  media  tessitura
(franco-limosa), nonche' per il Ph compreso nell'intervallo  6,5-7,5.
Il fattore  umano  che  accompagna  attentamente  l'intero  ciclo  di
produzione della mela annurca  e'  fondamentale  dalla  coltivazione,
alla raccolta, fino alla costruzione dei  melai  e  alla  tecnica  di
arrossamento.  Il  rapporto   dell'annurca   con   la   Campania   e'
antichissimo, un legame che, partendo dall'epoca romana e dalla  zona
flegrea,   e'   andato   consolidandosi   nei   secoli   e   che   ha
progressivamente coinvolto molte zone del territorio regionale;  zone
che, per selezionarsi in funzione  dell'idoneita'  ambientale,  hanno
richiesto secoli  di  laboriosa  e  paziente  opera  degli  operatori
agricoli locali. Da  tempo  immemorabile  e  in  tutti  i  testi  che
trattano la materia, dire mela Annurca e' dire Campania. In Campania,
definita dai Romani Campania Felix per la sua straordinaria posizione
geografica,  esiste  da  millenni  una   frutticoltura   estremamente
composita e ricca: in questo quadro  assume  primaria  importanza  la
mela Annurca definita a ragione «la regina delle mele».  Scoprire  le
radici dell'Annurca, significa ripercorrere elementi di alta  memoria
storica, visto che essa e' riconoscibile in alcuni dipinti  pompeiani
ed in particolare  della  «Casa  dei  Cervi»  ad  Ercolano.  Cio'  fa
supporre  che  gli  antichi  abitanti  di  tali  zone  fossero   gia'
consumatori di tali mele. Plinio il Vecchio le  descrisse  per  primo
nella sua monumentale enciclopedia «Naturalis Historia».