(Allegato) (parte 1)
                                                             Allegato 
 
                 Autorita' Nazionale Anticorruzione 
                 Piano Nazionale Anticorruzione 2016 
 
PARTE GENERALE	1 
 
Premessa: il nuovo PNA e le recenti modifiche legislative 
1. Orientamenti internazionali 
2. Esiti della valutazione dei PTPC 2016-2018 
3. Soggetti tenuti all'adozione di misure di prevenzione della 
corruzione 
    3.1 Pubbliche amministrazioni 
    3.2 Enti pubblici economici, ordini professionali, societa' in 
controllo pubblico ed altri enti di diritto privato assimilati 
    3.3 Societa' in partecipazione pubblica ed altri enti di diritto 
privato assimilati 
4. Ulteriori contenuti dei PTPC alla luce delle recenti modifiche 
normative 
5. Soggetti interni coinvolti nel processo di predisposizione e 
adozione del PTPC 
    5.1 Organi di indirizzo 
    5.2 Responsabile della prevenzione della corruzione e della 
trasparenza 
    5.3 Organismi indipendenti di valutazione 
6. Gestione del rischio di corruzione 
7. Azioni e misure per la prevenzione 
    7.1 Trasparenza 
    7.2 Rotazione 
    7.3 Verifica delle dichiarazioni sulla insussistenza delle cause 
di inconferibilita' 
    7.4 Revisione dei processi di privatizzazione e esternalizzazione 
di funzioni, attivita' strumentali e servizi pubblici 
    7.5 Whistleblowing 
 
PARTE SPECIALE - APPROFONDIMENTI 
I - PICCOLI COMUNI 
 
Premessa 
1. I "piccoli comuni" nella normativa di prevenzione della corruzione 
2. Valutazione dei PTPC dei piccoli comuni 
3. Prevenzione della corruzione nelle forme associative tra enti 
locali 
    3.1 Unioni di comuni 
    3.2 Convenzioni di Comuni 
4. Altre semplificazioni per i piccoli comuni 
5. Coordinamento fra gli strumenti di programmazione 
 
II - CITTA' METROPOLITANE 
 
Premessa 
1. Valutazione dei PTPC delle citta' metropolitane 
2. Rapporto citta' metropolitane ed enti territoriali (regione, 
comune capoluogo, comuni del territorio) 
    2.1 Rapporto tra citta' metropolitana e regione per identificare 
le funzioni e i relativi processi da mappare nei PTPC 
    2.2 Rapporto tra citta' metropolitana e comune capoluogo al  fine
di favorire forme di coordinamento per la predisposizione dei 
rispettivi PTPC 
    2.3 Rapporto  tra  citta'  metropolitana  e  piccoli  comuni  del
territorio, per coordinare e semplificare l'attivita' di elaborazione 
dei rispettivi PTPC 
3. Individuazione dell'organo di indirizzo che adotta il PTPC 
4. Nomina del RPCT 
5. Obblighi di trasparenza 
6. Coordinamento fra gli strumenti di programmazione 
 
III - ORDINI E COLLEGI PROFESSIONALI 
 
Premessa 
1. Responsabile della prevenzione della corruzione e adozione del 
PTPC e di misure di prevenzione della corruzione 
1.1 Responsabile della Prevenzione della corruzione e della 
trasparenza 
    1.2 Predisposizione del PTPC e delle misure di prevenzione della 
corruzione 
    1.3 Organo che adotta il PTPC o le misure di prevenzione della 
corruzione 
2. Esemplificazione di aree di rischio specifiche negli ordini e 
collegi professionali 
    2.1 Formazione professionale continua 
    2.2 Adozione di pareri di congruita' sui corrispettivi per le 
prestazioni professionali 
    2.3 Indicazione di professionisti per lo svolgimento di incarichi 
3. Trasparenza ai sensi del d.lgs. 33/2013 
 
IV - ISTITUZIONI SCOLASTICHE 
 
Premessa 
1. Precisazioni in merito al RPCT e ai contenuti dei PTPC in 
relazione al d.lgs. 97/2016 
2. Istituzioni dell'Alta Formazione Artistica, Musicale e Coreutica 
(AFAM) 
 
V - TUTELA E VALORIZZAZIONE DEI BENI CULTURALI 
 
Premessa 
1. Programmazione delle misure di prevenzione e di trasparenza e 
nomina del RPCT nel MIBACT 
2. Procedimento per la dichiarazione di interesse culturale 
3. Circolazione internazionale intracomunitaria dei beni culturali 
4. Autorizzazioni paesaggistiche: il ruolo delle Soprintendenze 
 
VI - GOVERNO DEL TERRITORIO 
 
Premessa 
1. Pianificazione territoriale regionale, provinciale o metropolitana 
2. Processi di pianificazione comunale generale 
    2.1 Varianti specifiche 
    2.2 Fase di redazione del piano 
    2.3 Fase di pubblicazione del piano e raccolta delle osservazioni 
    2.4 Fase di approvazione del piano 
3. Processi di pianificazione attuativa 
    3.1 Piani attuativi d'iniziativa privata 
    3.2 Piani attuativi di iniziativa pubblica 
    3.3 Convenzione urbanistica 
    3.4 Approvazione del piano attuativo 
    3.5 Esecuzione delle opere di urbanizzazione 
4. Permessi di costruire convenzionati 
5. Il processo attinente al rilascio o al controllo dei titoli 
abilitativi edilizi 
    5.1 Assegnazione delle pratiche per l'istruttoria 
    5.2 Richiesta di integrazioni documentali 
    5.3 Calcolo del contributo di costruzione 
    5.4 Controllo dei titoli rilasciati 
6. Vigilanza 
 
VII - SANITA' 
 
Introduzione 
Ruolo del responsabile della prevenzione della corruzione 
Premessa 
1. Ambito soggettivo 
    1.1 Altri soggetti non di diritto pubblico: gli ospedali 
classificati e altri soggetti accreditati con il SSN 
2. Conoscenze e competenze generali e comuni del RPCT in ambito 
sanitario e requisiti soggettivi 
    2.1 Profili di competenza 
    2.2 Aspetti organizzativi 
3. Criteri di esclusione 
4. Criteri di scelta 
5. Fattori di rischio/criticita' 
6. Struttura di supporto 
7. Durata dell'incarico 
8. Formazione 
Acquisti in ambito sanitario 
1. Misure per la gestione dei conflitti di interessi nei processi di 
procurement in sanita' 
    1.1 Possibili ambiti di conflitto di interesse 
2. Rafforzamento della trasparenza nel settore degli acquisti 
    2.1 Altre proposte di misure di trasparenza nel settore degli 
acquisti 
3. Misure di controllo 
4. Sotto-processo di adesione agli strumenti delle centrali di 
committenza o dei soggetti aggregatori 
5. Rilevazione delle performance gestionali delle aziende sanitarie e 
degli enti del SSN in tema di acquisti: strumento operativo 
Nomine 
Premessa 
1. Dirigenza medica e sanitaria 
    1.1 Incarichi di direzione di struttura complessa 
    1.2 Incarichi di direzione di struttura semplice 
    1.3   Incarichi   di   natura   professionale   anche   di   alta
specializzazione, di consulenza, di studio, e ricerca, ispettivi, di 
verifica e di controllo 
2. Sostituzione della dirigenza medica e sanitaria 
3. Altre tipologie di incarichi 
    3.1 Incarichi conferiti ai sensi dell'art. 15 septies del d.lgs. 
502/1992 
    3.2 Personale proveniente dagli ospedali classificati 
Rotazione del personale 
Premessa 
1. Criticita' ed elementi di valutazione 
    1.1 Area clinica 
    1.2 Area tecnica e amministrativa 
    1.3 Altre professioni sanitarie 
2. Indicazioni generali e ulteriori 
Rapporti con i soggetti erogatori 
Premessa 
1. Autorizzazione all'esercizio 
    1.1 Rafforzamento della trasparenza 
    1.2 Rafforzamento dei controlli 
2. Accreditamento istituzionale 
    2.1 Rafforzamento della trasparenza 
    2.2 Rafforzamento dei controlli 
    2.3 Altre indicazioni 
3. Accordi/contratti di attivita' 
    3.1 Misure specifiche per la fase contrattuale 
4. Valutazione del fabbisogno 
Ulteriori temi di approfondimento 
1. Misure per l'alienazione degli immobili 
2. Sperimentazioni cliniche. Proposta di ripartizione dei proventi 
derivanti da sperimentazioni cliniche 
    2.1 Criteri per la ripartizione dei proventi 
3. Comodati d'uso/ valutazione "in prova" 
4. Ulteriori misure per la trasparenza, il governo e la gestione  dei
tempi e delle liste di attesa e dell'attivita' libero professionale 
intra moenia 
 
                           PARTE GENERALE 
 
Premessa: il nuovo PNA e le recenti modifiche legislative 
   Il presente Piano Nazionale Anticorruzione 2016 (di  seguito  PNA)
e'  il  primo  predisposto  e   adottato   dall'Autorita'   Nazionale
Anticorruzione (di seguito ANAC), ai sensi dell'art. 19  del  decreto
legge  24  giugno  2014,  n.  90,  che  ha   trasferito   interamente
all'Autorita'  le  competenze  in  materia   di   prevenzione   della
corruzione e della promozione della trasparenza nelle pubbliche 
amministrazioni. 
   Il  PNA  e'  in  linea  con  le  rilevanti  modifiche  legislative
intervenute recentemente, in molti casi dando attuazione  alle  nuove
discipline della materia, di cui le  amministrazioni  dovranno  tener
conto nella fase di attuazione del PNA nei loro  Piani  triennali  di
prevenzione della corruzione (di seguito PTPC), in particolare a 
partire dalla formazione dei PTPC per il triennio 2017-2019. 
   Si fa riferimento,  in  particolare,  al  decreto  legislativo  25
maggio 2016,  n.  97,  «Recante  revisione  e  semplificazione  delle
disposizioni in materia di prevenzione della corruzione,  pubblicita'
e trasparenza, correttivo della legge 6 novembre 2012, n. 190  e  del
decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, ai  sensi  dell'articolo  7
della legge 7 agosto 2015, n. 124,  in  materia  di  riorganizzazione
delle amministrazioni pubbliche» (di seguito  d.lgs.  97/2016)  e  al
decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 sul  Codice  dei  contratti
pubblici.  Innovazioni  rilevanti  deriveranno  anche   dai   decreti
delegati  in  materia  di  societa'   partecipate   dalle   pubbliche
amministrazioni, dai decreti sulla dirigenza pubblica e dal nuovo 
Testo Unico sul lavoro nelle pubbliche amministrazioni. 
   Le principali novita' del d.lgs. 97/2016 in materia di trasparenza
riguardano il definitivo chiarimento sulla natura,  sui  contenuti  e
sul  procedimento  di  approvazione  del  PNA  e,   in   materia   di
trasparenza, la definitiva delimitazione  dell'ambito  soggettivo  di
applicazione  della  disciplina,  la  revisione  degli  obblighi   di
pubblicazione nei siti delle pubbliche amministrazioni unitamente  al
nuovo diritto di accesso civico generalizzato ad atti, documenti e 
informazioni non oggetto di pubblicazione obbligatoria. 
   La nuova disciplina chiarisce che  il  PNA  e'  atto  generale  di
indirizzo rivolto a  tutte  le  amministrazioni  (e  ai  soggetti  di
diritto privato in controllo pubblico, nei limiti posti dalla  legge)
che adottano i PTPC (ovvero le misure di integrazione di quelle 
adottate ai sensi del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231). 
   Il PNA, in quanto atto  di  indirizzo,  contiene  indicazioni  che
impegnano le amministrazioni allo svolgimento di attivita' di analisi
della realta' amministrativa e organizzativa nella quale si  svolgono
le attivita' di esercizio di funzioni pubbliche  e  di  attivita'  di
pubblico interesse esposte a rischi di corruzione e  all'adozione  di
concrete misure di prevenzione della  corruzione.  Si  tratta  di  un
modello che contempera l'esigenza di uniformita' nel perseguimento di
effettive misure di  prevenzione  della  corruzione  con  l'autonomia
organizzativa,    spesso    costituzionalmente    garantita,    delle
amministrazioni nel definire esse stesse i  caratteri  della  propria
organizzazione e, all'interno di essa, le misure organizzative 
necessarie a prevenire i rischi di corruzione rilevati. 
   L'ANAC, ai fini dell'attuazione del PNA, e' dotata (art. 1,  commi
2 e 3, della legge 6 novembre 2012, n. 190) di  poteri  di  vigilanza
sulla qualita' di Piani adottati dalle pubbliche amministrazioni, che
possono comportare l'emissione di raccomandazioni  (ovvero  nei  casi
piu' gravi l'esercizio del potere  di  ordine)  alle  amministrazioni
perche' svolgano le attivita'  previste  dal  Piano  medesimo  (dalle
attivita' conoscitive  alla  individuazione  di  concrete  misure  di
prevenzione). L'ANAC ha, infine,  (art.  19,  co.  5,  d.l.  90/2014)
poteri di sanzione nei casi di mancata adozione dei PTPC (o di 
carenza talmente grave da equivalere alla non adozione). 
   La nuova disciplina tende a rafforzare il ruolo  dei  Responsabili
della prevenzione della corruzione (RPC) quali soggetti titolari  del
potere di predisposizione  e  di  proposta  del  PTPC  all'organo  di
indirizzo. E', inoltre, previsto  un  maggiore  coinvolgimento  degli
organi di indirizzo nella formazione e  attuazione  dei  Piani  cosi'
come di quello degli organismi  indipendenti  di  valutazione  (OIV).
Questi ultimi, in particolare, sono chiamati a rafforzare il raccordo
tra  misure  anticorruzione   e   misure   di   miglioramento   della
funzionalita' delle amministrazioni e della performance degli uffici 
e dei funzionari pubblici. 
   La nuova disciplina persegue, inoltre, l'obiettivo di semplificare
le  attivita'  delle  amministrazioni  nella  materia,   ad   esempio
unificando in un solo strumento il  PTPC  e  il  Programma  triennale
della trasparenza e dell'integrita' (PTTI) e prevedendo una possibile
articolazione delle attivita' in rapporto alle caratteristiche 
organizzative (soprattutto dimensionali) delle amministrazioni. 
   In piena aderenza agli obiettivi fissati dalla l. 190/2012 il  PNA
ha il compito di promuovere, presso le amministrazioni  pubbliche  (e
presso i soggetti di diritto privato in controllo pubblico), 
l'adozione di misure di prevenzione della corruzione. 
   Misure di prevenzione oggettiva che mirano,  attraverso  soluzioni
organizzative,  a  ridurre  ogni  spazio  possibile   all'azione   di
interessi particolari volti all'improprio condizionamento delle 
decisioni pubbliche. 
   Misure  di  prevenzione  soggettiva  che  mirano  a  garantire  la
posizione di imparzialita' del funzionario  pubblico  che  partecipa,
nei diversi modi  previsti  dall'ordinamento  (adozione  di  atti  di
indirizzo, adozione di atti  di  gestione,  compimento  di  attivita'
istruttorie a favore degli uni e degli altri), ad una decisione 
amministrativa. 
   L'individuazione   di   tali   misure    spetta    alle    singole
amministrazioni, perche' solo esse sono  in  grado  di  conoscere  la
propria condizione organizzativa, la situazione dei propri 
funzionari, il contesto esterno nel quale si trovano ad operare. 
   Il PNA, dunque, deve guidare le amministrazioni nel  percorso  che
conduce necessariamente all'adozione di concrete ed effettive  misure
di prevenzione della corruzione, senza  imporre  soluzioni  uniformi,
che finirebbero per calarsi in modo innaturale nelle diverse  realta'
organizzative compromettendone l'efficacia preventiva dei fenomeni di 
corruzione. 
   L'ANAC gia' con l'Aggiornamento 2015 al PNA (determinazione n.  12
del 28 ottobre 2015) ha dimostrato consapevolezza  delle  difficolta'
delle amministrazioni a compiere per intero questo percorso, come 
rilevato nell'analisi dei PTPC approvati negli anni 2014 e 2015. 
   L'analisi di un ristretto campione di PTPC adottati nel  2016  (di
cui  al  successivo  §  2)  mette  in  luce  che,  nonostante  alcuni
significativi  progressi,  le   difficolta'   delle   amministrazioni
permangono e  che  le  stesse  non  sembrano  legate  alla  specifica
complessita' delle  attivita'  di  prevenzione  della  corruzione  da
compiere, ma ad  una  piu'  generale  difficolta'  nella  autoanalisi
organizzativa, nella conoscenza sistematica dei processi svolti e dei
procedimenti   amministrativi   di    propria    competenza,    nella
programmazione unitaria di tutti questi processi di riorganizzazione. 
   Tali criticita' potranno essere  progressivamente  superate  anche
all'esito dei processi di riforma amministrativa introdotti dalla 
legge 7 agosto 2015, n. 124 e dai relativi decreti delegati. 
   Nel  campo  specifico  della  lotta  alla  corruzione  l'Autorita'
continua decisamente  nell'opera  di  prevenzione,  sottolineando  la
centralita' del risultato (le misure di prevenzione)  anche  rispetto
ai passaggi e al metodo generale per raggiungerlo. Di qui  la  scelta
nella   direzione   dell'approfondimento   di   specifiche    realta'
amministrative, per tipologie di amministrazioni o per settori 
specifici di attivita'. 
   Con il presente PNA 2016 la scelta viene confermata e  rafforzata.
A una parte  generale  volta  ad  affrontare  problematiche  relative
all'intero comparto delle pubbliche amministrazioni (e  dei  soggetti
di diritto privato in loro controllo) segue una parte dedicata ad una
piu'  ampia  serie  di  approfondimenti  specifici.   In   tal   modo
l'Autorita' continua a offrire un supporto  progressivo,  che  verra'
dunque  implementato  e  integrato  nel  corso  dei  prossimi   anni,
cominciando da alcune delle amministrazioni che in questi primi  anni
hanno mostrato maggiori problematiche nell'applicazione della legge e 
in alcuni settori particolarmente esposti a fenomeni di corruzione. 
Le tipologie di amministrazioni sono  i  piccoli  comuni,  le  citta'
metropolitane e gli ordini professionali. Sono state, inoltre, svolte
alcune  precisazioni  in  ordine  all'applicazione  della   normativa
anticorruzione nella Istituzioni scolastiche e negli Istituti di Alta
Formazione Artistica Musicale e Coreutica (AFAM)  ad  integrazione  e
aggiornamento   della    delibera    n.    43/2016    «Linee    guida
sull'applicazione alle istituzioni scolastiche delle disposizioni  di
cui alla legge 6 novembre 2012, n. 190 e al decreto legislativo 14 
marzo 2013, n. 33». 
Le materie riguardano la tutela e la valorizzazione dei beni 
culturali, il governo del territorio e la sanita'. 
Un approfondimento specifico e' dedicato alla misura della  rotazione
ed alcune indicazioni integrative concernono la tutela del dipendente
pubblico che segnala illeciti, determinazione n. 6/ 2015 «Linee guida
in materia di tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti 
(c.d. whistleblower)». 
 
 
   Procedimento di predisposizione del PNA 
 
   Per tutti  questi  ambiti  di  attenzione  sono  stati  costituiti
appositi   tavoli   tecnici   di   approfondimento    con    l'attiva
partecipazione delle amministrazioni direttamente interessate  e  dei
principali operatori del settore. 
   In particolare, gli approfondimenti sui piccoli comuni e le citta'
metropolitane hanno formato oggetto di un tavolo di lavoro con  ANCI,
UPI, Conferenza delle Regioni e delle Province  autonome,  Conferenza
dei Presidenti delle Assemblee  legislative  delle  Regioni  e  delle
Province autonome e Ministero dell'Interno. 
   Al tavolo sugli ordini professionali hanno  partecipato:  la  rete
delle  professioni   tecniche   in   rappresentanza   di   architetti
pianificatori paesaggisti e conservatori, chimici, dottori agronomi e
dottori forestali, geologi, geometri e geometri laureati,  ingegneri,
periti agrari e periti agrari laureati, periti industriali  e  periti
industriali laureati, tecnologi alimentari,  il  consiglio  nazionale
del notariato, il comitato  unico  delle  professioni,  il  consiglio
nazionale dei consulenti  del  lavoro,  il  consiglio  nazionale  dei
dottori commercialisti e degli esperti contabili, consiglio nazionale
degli architetti pianificatori paesaggisti e conservatori,  consiglio
nazionale degli ingegneri. 
   Sulla tutela e valorizzazione dei beni culturali, il referente  e'
stato il Ministero dei beni e delle attivita' culturali e del turismo
(di seguito MIBACT). 
   Al tavolo del governo del territorio hanno partecipato ANCI,  UPI,
Conferenza delle Regioni e delle Province  autonome,  Conferenza  dei
Presidenti delle Assemblee legislative delle Regioni e delle Province
autonome. 
   Le indicazioni relative alla misura  della  rotazione  sono  state
oggetto di un confronto con la Presidenza del Consiglio dei  Ministri
-  Dipartimento  della  funzione  pubblica  (di  seguito  DFP)  -  in
considerazione delle strette  connessioni  fra  l'applicazione  della
misura   e   la   normativa   sull'organizzazione   delle   pubbliche
amministrazioni e del pubblico impiego. 
   Le parti relative  alla  sanita'  sono  state  predisposte  grazie
all'ausilio  di  tavoli  di  lavoro  costituiti  insieme  all'Agenzia
Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali (di seguito AGENAS)  e  al
Ministero della salute. 
   Il lavoro svolto  ha  condotto  alla  individuazione,  sempre  con
finalita' di indirizzo piu' che di imposizione di obblighi, di misure
di  prevenzione  non  piu'  generali,  ma  specifiche,  calibrate  ai
processi  rilevati  ed  emerse  dalle   esperienze   concrete   delle
amministrazioni. 
   Nella definizione dei contenuti si e'  tenuto  conto  anche  delle
importanti  indicazioni  e  degli  orientamenti  che  provengono  dal
contesto  internazionale  (cfr.  §  1)  nonche'  degli  esiti   della
valutazione di un campione di  PTPC  di  amministrazioni  centrali  e
locali (cfr. § 2). 
   Ne  risulta  un  quadro  di  misure  sempre  piu'   articolato   e
differenziato, con effetti diversi  nei  settori  esaminati  e  nella
generalita' delle pubbliche amministrazioni. 
   Le misure, sia pure suggerite e non imposte, nascono  dall'analisi
dei rischi di  corruzione  che,  nelle  amministrazioni  considerate,
risultano ricorrenti. Nel rispetto del principio di non  aggravamento
del  procedimento,  le  amministrazioni  interessate  potranno  anche
adottare diverse misure preventive, sempre  che  dimostrino  la  loro
maggiore congruita' in relazione al proprio contesto organizzativo  e
a quanto indicato nel PNA. 
   Nella generalita' delle  amministrazioni,  le  misure  di  settore
hanno  un   valore   ancora   piu'   accentuatamente   indicativo   e
costituiscono pur  sempre  delle  valide  indicazioni  di  misure  da
adattare a casi simili. Per fare solo un esempio: se nel settore  del
governo del territorio  si  suggerisce  l'introduzione  di  controlli
successivi  a  campione   sui   titoli   abilitativi   rilasciati   o
sull'attivita' di vigilanza edilizia svolta  dagli  uffici,  analoghe
misure potranno  essere  introdotte  per  il  controllo  di  analoghe
attivita' dell'amministrazione in settori diversi. 
   Nei prossimi anni, con  gli  Aggiornamenti  al  presente  PNA,  si
proseguira' con  il  metodo  degli  approfondimenti  di  settore,  in
qualche caso dando continuita' ai  tavoli  gia'  insediati  (sanita',
beni culturali, piccoli  comuni),  in  altri  affrontando  settori  e
tematiche nuove (l'ambiente, la scuola, gli enti di  diritto  privato
in controllo pubblico). In questo senso, l'Autorita' propone  il  PNA
come strumento di indirizzo e sostegno alle amministrazioni orientato
a favorire l'attuazione sostanziale, secondo un principio  improntato
allo scopo, non meramente formale e adempitivo, della normativa. 
 
   Procedimento di approvazione del PNA 
 
   I lavori di predisposizione del PNA sono stati avviati in un  fase
in cui la l. 190/2012, art. 1, co. 4,  prevedeva  che  il  PNA  fosse
approvato «anche secondo linee di  indirizzo  adottate  dal  Comitato
interministeriale istituito e disciplinato con decreto del Presidente
del Consiglio dei Ministri». Ai sensi del novellato art. 1  della  l.
190/2012, da parte dell'art. 41, co. 1, lett. b) del d.lgs.  97/2016,
il  PNA  e',  invece,  adottato  dall'ANAC,   sentiti   il   Comitato
interministeriale istituito con d.p.c.m. del 16  gennaio  2013  e  la
Conferenza  unificata  di  cui  all'art.  8,  co.  1,   del   decreto
legislativo. 28 agosto 1997, n. 281. 
   Nella fase interlocutoria che ha caratterizzato la predisposizione
del presente PNA, l'Autorita' ha, da  un  lato,  formalmente  chiesto
alla Presidenza del Consiglio se  volesse  adottare  nuove  linee  di
indirizzo. Dall'altro, ha predisposto il PNA tenendo  conto  che,  in
base alla normativa vigente, l'adozione di nuove linee  di  indirizzo
non e' obbligatoria e non impedisce la sua approvazione. 
   Il presente PNA, pertanto, e' stato adottato  in  via  preliminare
dal Consiglio dell'Autorita' nella seduta del 18 maggio 2016,  ed  e'
stato sottoposto a consultazione pubblica aperta, al fine di ricevere
osservazioni   e   proposte   di   integrazione.    Sono    pervenuti
complessivamente 48 contributi da parte di regioni, enti locali, enti
del servizio sanitario nazionale,  enti  pubblici,  societa',  ordini
professionali, associazioni, dipendenti pubblici, soggetti privati. 
   Sono, inoltre, stati coinvolti 52 soggetti istituzionali nazionali
e internazionali (1) attraverso scambi di note. In particolare  hanno
fornito suggerimenti o riscontri: l'Avvocatura generale dello  Stato,
il Dipartimento della funzione pubblica, il Ministro per  le  riforme
costituzionali  e   rapporti   con   il   Parlamento,   il   Ministro
dell'interno, il Ministro  dello  Sviluppo  Economico,  il  Ministero
degli affari esteri e della cooperazione internazionale, il  Ministro
per   gli   affari    regionali,    il    Ministro    dell'istruzione
dell'universita' e della  ricerca,  il  Ministro  dei  beni  e  delle
attivita' culturali e del turismo,  la  Conferenza  delle  regioni  e
delle province autonome, la Banca d'Italia, l'Unita' di  informazione
finanziaria della Banca d'Italia (UIF), il Garante per la  protezione
dei dati personali, l'Unione delle province d'Italia (UPI), la  CGIL,
l'UGL, la Confindustria, il Consiglio  nazionale  dei  consumatori  e
degli utenti (CNCU) presso il Ministero dello sviluppo economico. 
   Lo schema di PNA e' stato anche oggetto di una specifica  sessione
di approfondimento nel corso della Seconda giornata nazionale dei RPC
che si e' svolta  il  24  maggio  2016  e  nella  quale  sono  emersi
importanti spunti di riflessione. 
   Le osservazioni e i suggerimenti pervenuti sono stati valutati  ai
fini della stesura del testo finale del PNA approvato  dall'Autorita'
in data 6 luglio 2016 e inviato per il  parere  previsto  dalla  piu'
recente normativa, al Comitato interministeriale  e  alla  Conferenza
unificata Stato, Regioni e Autonomie locali. In data 21 luglio  e  in
data 28 luglio 2016, rispettivamente, la Conferenza Unificata  (2)  e
il Comitato interministeriale hanno espresso  parere  favorevole.  La
Conferenza ha riportato anche osservazioni del 9 giugno 2016 valutate
ai fini della versione del PNA licenziata dal Consiglio il  6  luglio
2016. 
   L'auspicio dell'Autorita'  e'  che  il  PNA  possa  contribuire  a
responsabilizzare maggiormente tutti i soggetti che  a  vario  titolo
operano nelle amministrazioni - dagli organi di indirizzo, ai RPC, ai
dirigenti e  ai  dipendenti  tutti  -  nella  consapevolezza  che  la
prevenzione dei fenomeni corruttivi non possa che essere il frutto di
una necessaria interazione delle risorse, delle  competenze  e  delle
capacita' di ognuno. 
   Coordinamento con il PNA 2013 
   Come  anticipato,  il  presente  PNA  ha  un'impostazione  diversa
rispetto al precedente del 2013. Sia nella parte generale  che  nella
parte speciale l'Autorita' ha scelto di svolgere  approfondimenti  su
temi specifici senza soffermarsi su tutti  quelli  gia'  trattati  in
precedenza. Di seguito sono riportate alcune indicazioni sui  termini
della modifica o dell'integrazione fra i due documenti. 
   Alla  luce  delle  recenti  modifiche  normative,  in  particolare
dell'art. 2-bis del d.lgs. 33/2013, introdotto dall'art. 3 del d.lgs. 
97/2016 e dell'art. 1,  co.  2  bis  della  l.  190/2012,  introdotto
dall'art. 41 del d.lgs. 97/2016 (di seguito art.  1,  co.  2-bis,  l.
190/2012), il PNA 2013 e'  da  intendersi  superato  con  riferimento
all'identificazione delle  pubbliche  amministrazioni  e  degli  enti
direttamente destinatari del PNA. 
   Lo stesso puo' dirsi  per  la  misura  della  rotazione,  che  nel
presente PNA trova una piu' compiuta disciplina, e per la tutela  del
dipendente  che  segnala  illeciti   (cd.   whistleblower)   su   cui
l'Autorita' ha adottato apposite Linee guida a cui si rinvia. 
   Sulla trasparenza, oggetto di profonde innovazioni  apportate  dal
d.lgs.   97/2016,   vengono   forniti    alcuni    nuovi    indirizzi
interpretativi, salvo il rinvio a successive Linee guida. 
   Sui codici di comportamento e sulle altre misure generali, oggetto
di orientamenti dell'ANAC successivi all'adozione del PNA (es.  Linee
guida sui codici  di  comportamento),  l'Autorita',  pur  confermando
l'impostazione generale, si riserva di intervenire anche ai  fini  di
un maggior coordinamento. 
   Resta ferma l'impostazione  relativa  alla  gestione  del  rischio
elaborata nel PNA 2013, come  integrato  dall'Aggiornamento  2015  al
PNA, anche con riferimento alla distinzione tra misure  organizzative
generali e specifiche e alle loro caratteristiche. 
   Le amministrazioni e gli  enti  non  sono  invece  piu'  tenuti  a
trasmettere ad ANAC i dati  che  il  DFP  richiedeva  secondo  quanto
previsto nel § 4 del PNA 2013. 
   Quanto gia' indicato nell'Aggiornamento 2015 al PNA,  sia  per  la
parte generale che per quella speciale, e' da intendersi  integrativo
del presente PNA. 
 
1. Orientamenti internazionali 
   I contenuti e le raccomandazioni raccolte nel  presente  PNA  sono
strettamente  ancorati  ad  adempimenti   internazionali   alla   cui
attuazione l'ordinamento italiano e' tenuto. L'Autorita', infatti, e'
chiamata a dare il proprio apporto anche in sede  di  elaborazione  e
esecuzione di norme internazionali entro  l'ordinamento  italiano  in
coerenza di quanto previsto dall'art. 1, co. 2,  lett.  a)  della  l.
190/2012  secondo  cui  l'Autorita'  «collabora  con   i   paritetici
organismi stranieri, con le organizzazioni regionali e internazionali
competenti». In questa prospettiva l'ANAC partecipa attivamente  alle
attivita' svolte nelle  sedi  internazionali  quali  l'ONU,  il  G20,
l'OCSE, il Consiglio d'Europa e l'Unione europea da cui  emergono,  a
fianco dell'azione repressiva, importanti orientamenti e leve di tipo 
preventivo della corruzione di cui questo PNA fa parte. 
   Si   consideri,    anzitutto,    l'ambito    della    cooperazione
intergovernativa che si  situa  a  livello  internazionale  entro  le
Nazioni Unite. Il Report adottato  dallo  United  Nations  Office  on
Drugs and Crime (di seguito UNODC) nel  2015  al  termine  del  primo
esercizio di peer review, nel sottolineare  positivamente  il  lavoro
svolto dal nostro Paese (a legislazione vigente al termine del 2013),
ha tuttavia  indicato  taluni  punti  sui  quali  occorre  introdurre
miglioramenti. In particolare e' evidenziata la  necessita'  di  dare
corretta esecuzione ai procedimenti  disciplinari  nei  confronti  di
chi, all'interno della pubblica amministrazione e degli ordini 
professionali, venga coinvolto in fatti di corruzione. 
   Il Global Compact - che opera nel quadro dell'Agenda delle NU 2030
per lo sviluppo sostenibile - incoraggia le aziende  che  operano  in
campo sia pubblicistico che privatistico  ad  adottare  politiche  di
impresa socialmente responsabili, in adempimento  dell'Obiettivo  16°
dell'Agenda  stessa  indirizzato  alla  promozione  di  una  societa'
giusta, pacifica e inclusiva. Il 10°  Principio  del  Global  Compact
(2014) indica l'obiettivo di sviluppare politiche e programmi  contro
la  corruzione  con   riferimento   alle   catene   di   subfornitura
imprenditoriali: evidenti sono i riflessi della  tematica  sul  mondo
degli appalti di opere pubbliche. Il Global Compact ha anche  emanato
il Business for the Rule of Law Framework (2015) che impegna il mondo
imprenditoriale socialmente responsabile a iniziative di rilievo  per
il rafforzamento della trasparenza e  dello  stato  di  diritto,  con
diretta attenzione ai diritti  umani  e  agli  investimenti  sociali.
Nella stessa direzione  si  situa  il  Report  Ruggie  intitolato  al
Protect, Respect and Remedy Framework  (2008),  seguito  dal  Guiding
Principles  on  Business  and  Human  Rights  (2011):  la   comunita'
internazionale segnala la diretta responsabilita'  dell'attivita'  di
impresa nel  rispetto  di  standard  minimi  di  tutela  dei  diritti
dell'uomo gravemente pregiudicati anche da  pratiche  di  corruzione.
L'enfasi e' posta sul diritto di ciascuna  persona  a  vivere  in  un
ambiente legale ed integro e sul volano che quest'ultimo rappresenta 
per la crescita economica del paese. 
   Nell'ambito del G20 l'Anti Corruption Working  Group  (di  seguito
ACWG) lavora con l'OCSE e la Banca Mondiale per fornire indirizzi  di
policy  nella  definizione  e  attuazione  delle  misure  contro   la
corruzione:   gli   High   Level    Principles    sulla    governance
dell'anticorruzione mondiale vengono adottati dai  Leader  nel  corso
dei summit che, di volta in volta, concludono l'esercizio 
multilaterale annuale. 
   Tra i documenti piu' recenti, vi sono specifici  riferimenti  alle
aeree di approfondimento nel presente  PNA.  Si  segnalano,  tra  gli
altri: gli High Level Principles on Beneficial Ownership Transparency
(2014) sulla (effettiva) trasparenza degli  assetti  societari,  alla
base  dell'adozione  del  Piano  nazionale  italiano  sui  beneficial
ownership del 2015 e in linea con  la  IV  Direttiva  antiriciclaggio
dell'UE (849/2015) per l'adozione  del  registro  delle  imprese.  La
Direttiva riguarda, poi, piu' in generale i  presidi  di  prevenzione
antiriciclaggio  consistenti  in   misure   di   adeguata   verifica,
tracciabilita' delle  operazioni  e  di  segnalazione  di  operazioni
sospette. Rilevanti risultano anche  gli  High  Level  Principles  on
integrity and security in private sector (2015) sulla trasparenza nel 
settore privato. 
   Particolare importanza, in detto contesto, assumono gli High Level
Principles on integrity in Procurement (2015),  frutto  dello  sforzo
comune in ambito G20 di  OCSE,  Italia  e  Brasile:  essi  contengono
sempre specifici riferimenti agli appalti telematici e all'integrita'
e  trasparenza  delle  procedure.  Per  rimarcare   l'importanza   di
quest'ultimo  documento,  e  piu'  in  generale  la   necessita'   di
presidiare efficacemente il settore del  Procurement,  l'OCSE  ha  di
recente pubblicato un Report (3) in cui si sottolinea  come  il  tema
sia di rilievo fondamentale, sia per l'intrinseco legame tra  settore
pubblico e privato, sia perche' nei Paesi OCSE nel 2013  gli  appalti
pubblici hanno rappresentato il 12% del PIL e il 29% della spesa 
delle amministrazioni pubbliche. 
   Il G20,  in  collaborazione  con  OCSE,  con  il  Gruppo  d'Azione
Finanziaria Internazionale (di seguito GAFI),  UNODC  e  World  Bank,
adotta anche un Piano d'Azione biennale che individua, con la tecnica
del risk management, le aree piu' esposte e prioritarie per la  lotta
alla  corruzione.  Le  stesse  sono  censite  come  segue:  ownership
transparency; bribery; private  sector  transparency  and  integrity;
international cooperation; public sector transparency and  integrity,
extractives, fisheries, forestry, customs e, da ultimo,  sport),  per
una sempre piu' incisiva lotta alla corruzione nei settori pubblico e
privato, nonche' per  la  trasparenza  nei  rapporti  tra  imprese  e
Governi. A completamento si richiamano anche  le  40  Raccomandazioni
del GAFI che attribuiscono particolare rilievo al  rafforzamento  dei
presidi relativi alle persone politicamente esposte (PEP)  e  dettano
standard stringenti in materia di trasparenza delle  societa'  e  dei
trust, al fine di identificare i titolari effettivi e contrastare 
l'utilizzo illecito dei veicoli societari. 
   Dai tavoli di cooperazione multilaterale instaurati presso  l'OCSE
e dalle raccomandazioni e linee guida  di  orientamento  generale  in
essi prodotti giungono all'Italia importanti  sollecitazioni.  L'OCSE
ha infatti da anni attivato gruppi di lavoro e comitati sui temi, tra
gli altri, dell'integrita', della trasparenza, dell'anticorruzione  e
degli appalti pubblici, nell'ambito dei quali periodicamente  vengono
elaborati con il contributo di tutti i Paesi aderenti e dei  delegati
partecipanti, documenti che cristallizzano esperienze di  successo  e
forniscono indicazioni  metodologiche  e  pratiche  per  favorire  la
convergenza su standard e best practices internazionalmente 
riconosciuti. 
   E' il caso ad esempio della Recommendation on Public Integrity (la
cui  adozione  e'  prevista  per  l'autunno  del  2016)  destinata  a
sostituire la Recommendation on  Improving  Ethical  Conduct  in  the
Public Service (1998),  sviluppandone  ulteriormente  i  contenuti  e
rafforzando il presidio dei temi dell'integrita' e della trasparenza,
portando a frutto le piu' recenti  esperienze  e  lezioni  apprese  a
livello internazionale nel settore. Nel draft del documento all'esito
della  consultazione   pubblica   si   sottolinea   l'imprescindibile
necessita' di  garantire  l'integrita'  di  tutti  i  processi  e  le
attivita' pubbliche dei Paesi OCSE, a tutti i livelli di governo,  da
perseguire anche attraverso i principi  e  le  indicazioni  contenute
nelle Raccomandazioni. Esse riconoscono la necessita' di prevedere in
ogni  contesto  nazionale  un  "sistema   di   integrita'"   generale
nell'ambito del quale sviluppare "sotto-sistemi di integrita'" 
specifici. 
   Si raccomanda inoltre di sviluppare un approccio  strategico,  che
delinei gli obiettivi  e  le  priorita'  nella  gestione  dei  rischi
relativi  a  irregolarita',  corruzione,  frodi  e   illegalita'   in
generale. La gestione dei rischi dovrebbe portare in ciascun settore,
e all'interno di esso in particolare per i processi identificati come
critici, alla predisposizione di segnali di avvertimento  -  le  c.d.
red flags - che permettano di monitorarli efficacemente per prevenire 
la corruzione e le illegalita'. 
   Anche la Recommendation on Public Procurement  del  2015,  sebbene
focalizzata sull'ambito specifico degli appalti pubblici, delinea  un
piu'  generale  approccio  in  cui  viene   raccomandato   l'utilizzo
dell'analisi dei rischi per orientare le misure di prevenzione  della
corruzione e di  promozione  dell'integrita'  per  settori  e  ambiti
specifici  dei  diversi  livelli   di   governo   e   amministrazione
territoriale. Insieme alla trasparenza, alla piena accessibilita'  ai
dati e alle informazioni sulle attivita'  e  sull'uso  delle  risorse
pubbliche, alle procedure e le  pratiche  promosse  per  favorire  la
partecipazione degli stakeholder, questa  misura  e'  un  leit  motiv
della produzione documentale in ambito OCSE. Nella stessa prospettiva
si situano gli High Level Principles per l'integrita', la trasparenza
e  i  controlli  efficaci  di  grandi   eventi   e   delle   relative
infrastrutture elaborati da OCSE  e  ANAC  (2015)  sulla  base  della
comune esperienza di lavoro per EXPO Milano 2015: da  essi,  infatti,
sono state tratte lezioni e principi generali in tema di  trasparenza
e accountability, che possono rappresentare un modello a disposizione
della comunita' internazionale e degli attori  che  operano  ai  fini
della realizzazione di grandi eventi e delle relative infrastrutture. 
Nel documento  riferito  alle  grandi  infrastrutture  e  eventi,  ma
mutatis mutandis a ogni ambito di attivita' pubblica, la  trasparenza
e' concepita come il principio fondamentale per ottenere  la  fiducia
pubblica  e  per   assicurare   l'accountability   delle   attivita'.
L'apertura verso il pubblico puo' aiutare a  rispondere  all'esigenza
di informazione della societa' civile e  a  ridurre  in  questo  modo
possibili tensioni, oltre a coinvolgere i cittadini in una  forma  di
controllo sociale diffuso. «L'uso  dei  siti  web,  per  esempio,  si
rivela un mezzo molto utile per veicolare tra gli stakeholders  ed  i
cittadini  informazioni  sugli  appalti  pubblici,  sullo  stato   di
evoluzione dei progetti, sul modello di governance,  etc.,  cosi'  da
permettere anche l'interoperabilita' con il mondo  accademico  o  con
altre organizzazioni. Si raccomanda  la  pubblicazione  dei  dati  in
formato  aperto  e  in  sezioni  ben  evidenziate  dei  siti  web   e
strutturate in modo standardizzato, affinche' le  informazioni  siano
facilmente accessibili e efficacemente riutilizzabili da parte degli 
stakeholders». 
   Anche il Gruppo di lavoro dell'OCSE Working Group on  Bribery  (di
seguito  WGB)  -  competente  sulla   corruzione   nelle   operazioni
economiche internazionali  -  ha  espresso,  in  sede  di  Conferenza
Ministeriale  (16  marzo  2016)   un'importante   dichiarazione   con
specifici riferimenti alla trasparenza dell'azione  amministrativa  e
all'integrita' negli appalti pubblici, soprattutto in occasione dei 
grandi eventi. 
   Venendo all'ambito della cooperazione internazionale interessata a
livello europeo, l'Addendum al Rapporto  di  conformita'  sull'Italia
per il primo e secondo ciclo di valutazione  congiunti  adottato  nel
2013 dal Gruppo di Stati contro la  Corruzione  (GRECO),  nell'ambito
del Consiglio d'Europa, affronta in  modo  specifico  il  tema  della
trasparenza e dell'accesso ai dati e documenti rilevanti  dell'azione
amministrativa  negli  enti  locali,  raccomandando  l'apertura  alle
richieste di conoscenza dell'azione  amministrativa  di  cittadini  e
portatori di interesse e una maggiore  uniformita'  nell'applicazione
delle norme in materia di trasparenza e accesso civico negli enti 
locali. 
   Anche  dall'ambito   dell'Unione   europea   giungono   importanti
sollecitazioni. Nella Relazione della Commissione europea (COM (2014)
38 final, ANNEX 12), si sottolinea la  necessita'  che  l'ordinamento
italiano presidi in modo efficace gli enti  locali  e  i  livelli  di
governo territoriale  attraverso  misure  per  la  prevenzione  della
corruzione che siano in grado  di  promuovere  la  trasparenza  e  di
contrastare  i  conflitti  di  interesse,  le   infiltrazioni   della
criminalita' organizzata, la corruzione e  il  malaffare,  sia  nelle
cariche elettive  sia  nell'apparato  amministrativo.  Si  raccomanda
inoltre di garantire un quadro uniforme per i controlli e la verifica
dell'uso delle risorse pubbliche a livello regionale e locale, 
soprattutto in materia di appalti pubblici. 
   Una particolare enfasi e' posta sul tema della trasparenza ad ogni
livello di governo e  per  tutte  le  pubbliche  amministrazioni.  In
particolare la Commissione si sofferma sull'esigenza di rendere  piu'
trasparenti gli appalti pubblici, prima e dopo l'aggiudicazione, come
richiesto peraltro dalle Raccomandazioni del  2013  e  del  2014  del
Consiglio europeo sul  programma  nazionale  di  riforma  dell'Italia
(cfr. COM (2013) 362 final; COM (2014) 413 final),  anche  attraverso
l'obbligo per le strutture  amministrative  di  pubblicare  online  i
conti e i bilanci annuali, insieme alla ripartizione dei costi per  i
contratti pubblici di opere, forniture e servizi e all'apertura del 
mercato dei servizi pubblici locali. 
   Nel generale capitolo in cui viene effettuata una ricognizione sui
settori maggiormente esposti  alla  corruzione  in  tutti  gli  Stati
Membri, la Relazione ha anche raccomandato l'applicazione sistematica
dell'analisi dei  rischi  per  meglio  individuare  le  aree  in  cui
concentrare l'attenzione e gli sforzi per prevenire la  corruzione  e
disegnare strategie specifiche per il contrasto della corruzione. Tra
i settori individuati come particolarmente a  rischio  di  corruzione
sono indicati quello della pianificazione e dello sviluppo  urbano  e
ambientale nonche' quello della sanita', con riguardo soprattutto 
agli appalti e ai rapporti con le industrie farmaceutiche. 
 
2. Esiti della valutazione dei PTPC 2016-2018 
   Nel corso del 2016 e' stato individuato un campione  ristretto  di
amministrazioni  pubbliche  (198)  al  fine  di  analizzare  i   PTPC
2016-2018 adottati. Il  primo  dato  che  emerge  e'  la  percentuale
significativa di soggetti che, almeno fino al mese  di  aprile  2016,
risultavano non aver adottato il PTPC, pari al 31,8% del campione; in
particolare, per i comuni non metropolitani la percentuale si attesta
al 53,8%. 
   Il successivo ricampionamento  per  tipologia  di  amministrazione
(ove possibile) ha permesso di individuare un  ulteriore  insieme  di
186  amministrazioni;  i  PTPC  da  queste  ultime   adottati   hanno
costituito  l'oggetto  dell'analisi,  con  il  duplice  obiettivo  di
comprendere, alla luce dell'Aggiornamento 2015 al PNA, lo scostamento
rispetto alle indicazioni ivi contenute, nonche' il miglioramento dei
documenti adottati rispetto al precedente monitoraggio. 
   La metodologia di analisi dei PTPC e' stata improntata  a  criteri
qualitativi,   piuttosto   che   quantitativi.   Emerge   un   timido
miglioramento dei livelli qualitativi dei PTPC,  anche  se  l'analisi
effettuata lascia intravedere ampi margini di miglioramento. 
   Si continuano, tra l'altro, a rilevare criticita' in tutte le fasi
del processo di gestione del rischio,  cosi'  come  nella  governance
generale del sistema e nella previsione,  attuazione  e  monitoraggio
delle misure, confermando  una  certa  difficolta'  nell'applicazione
della normativa. 
   In  particolare,  i  principali  risultati  dell'analisi  sono   i
seguenti: 
Adozione del PTPC 
   Per le amministrazioni del campione (che  hanno  adottato  i  PTPC
2016-2018) risulta che il 19,89% ha adottato anche la prima  versione
del PTPC 2013-2015;  il  67,2%  ha  adottato  la  versione  del  PTPC
2014-2016; l'80,1% ha adottato la versione  del  PTPC  2015-2017.  Da
notare che tali dati si  riferiscono  non  soltanto  all'adozione  ma
anche alla pubblicazione sul sito istituzionale. 
   Pertanto, si rileva una diffusa propensione all'aggiornamento  dei
PTPC, pur se con livelli qualitativi differenziati,  da  parte  delle
amministrazioni adempienti. 
Il coinvolgimento degli stakeholder interni ed esterni 
   L'Aggiornamento 2015 al PNA sottolineava l'importanza di  adottare
i PTPC assicurando  il  pieno  coinvolgimento  di  tutti  i  soggetti
dell'amministrazione  e  degli  stakeholder  esterni,  al   fine   di
migliorare la strategia complessiva di prevenzione  della  corruzione
dell'amministrazione. 
   Sebbene  ancora  lontani  dai  livelli  ottimali,   i   dati   del
monitoraggio  vedono  emergere  un  miglioramento  significativo   in
termini  di  maggior  coinvolgimento  degli   organi   di   indirizzo
politico-amministrativo e/o degli uffici  di  diretta  collaborazione
(lo scorso anno nei PTPC non erano  presenti  indicazioni  di  questo
tipo) e degli stakeholder interni ed esterni. 
Il ruolo del RPC 
   Nei PTPC  analizzati  continuano  a  permanere  alcune  criticita'
generalizzate, anche se si sottolinea l'impegno delle amministrazioni
nel tentativo di una migliore  declinazione  ed  interpretazione  del
ruolo del RPC rispetto alle peculiarita' di ciascuna amministrazione. 
Una buona percentuale di  amministrazioni  ha  meglio  esplicitato  i
poteri  di  interlocuzione  e  di  controllo  (36,6%  dei  casi),  la
posizione di autonomia e indipendenza organizzativa del RPC  e  della
struttura di supporto (8,6% dei casi), nonche' l'attribuzione  di  un
supporto conoscitivo e operativo riconosciuto al RPC (nel  32,3%  dei
casi). 
Il sistema di monitoraggio 
   Il sistema di monitoraggio sull'implementazione del PTPC  continua
a essere una variabile particolarmente critica e un miglioramento  di
tale aspetto e' necessario per assicurare l'efficacia del sistema  di
prevenzione della corruzione delle singole amministrazioni. Quasi  la
meta' delle amministrazioni esaminate non vi fa riferimento (45,2%) e
buona parte delle restanti amministrazioni lo esplicita ma in termini
del tutto generici. Di contro, il 25,8% delle amministrazioni  indica
sia tempi che responsabili del monitoraggio e il restante 6% circa si
divide tra quelle amministrazioni che esplicitano i tempi  ma  non  i
responsabili (1,6%) e quelle che indicano i  responsabili  ma  non  i
tempi (4,3%). 
Analisi del contesto esterno 
   Si  e'   riscontrato   un   indubbio   sforzo   da   parte   delle
amministrazioni  analizzate   nel   rispondere   positivamente   alle
indicazioni dell'Aggiornamento 2015 al  PNA.  E'  cresciuta  in  modo
significativo la percentuale delle amministrazioni che ha  effettuato
l'analisi del contesto esterno. Inoltre, sembrano migliorare anche  i
livelli qualitativi di tale analisi. Se e' vero che  il  24,7%  delle
amministrazioni ha  realizzato  l'analisi  del  contesto  esterno  in
un'ottica di mera compliance e, quindi, con dati poco  significativi,
il 19,9% ha realizzato tale analisi dando anche evidenza dell'impatto
dei dati sul rischio corruttivo per  la  propria  organizzazione.  Il
restante 9,1%, pur avendo utilizzato dati significativi,  non  li  ha
interpretati alla luce delle dinamiche del rischio corruttivo per  la
propria organizzazione. 
Analisi del contesto interno 
   Con riferimento all'analisi del contesto  interno,  il  precedente
monitoraggio poneva l'accento quasi esclusivamente  sull'analisi  dei
processi organizzativi. A seguito dell'emanazione  dell'Aggiornamento
2015 al PNA, si e' ribadita l'importanza di segnalare la complessita'
organizzativa dell'amministrazione in esame, attraverso l'esame della
struttura organizzativa, dei ruoli e delle  responsabilita'  interne,
cosi' come delle politiche, degli obiettivi  e  strategie  dell'ente,
anche utilizzando dati su eventi o ipotesi di reato  verificatesi  in
passato o su procedure derivanti dagli esiti del  controllo  interno.
In tal senso, il monitoraggio 2016  mostra  come  il  66%  circa  del
campione di amministrazioni esaminate abbia segnalato nei propri PTPC
2016-2018  informazioni  mirate  alla  comprensione   della   propria
complessita' organizzativa e l'8% circa  ha  utilizzato  informazioni
concernenti eventi o ipotesi di reato verificatesi in  passato  o  su
procedure derivanti dagli esiti del controllo interno. 
   Con   riferimento    all'analisi    (mappatura)    dei    processi
organizzativi,  focus  del  precedente  monitoraggio,  la  situazione
appare  tendenzialmente   stabile,   non   evidenziando   particolari
scostamenti   tra   i   due   monitoraggi.   Nei   PTPC   analizzati,
tendenzialmente, il numero medio di  processi  censiti  per  ciascuna
area di rischio non supera le 10 unita',  suggerendo  un  livello  di
analiticita' piuttosto basso; a cio' si aggiunge, inoltre, che  circa
il 12% del campione ha individuato, per ciascun processo censito, sia
le fasi sia i responsabili dell'attuazione, percentuale  che  aumenta
al 19% circa, se si considera  esclusivamente  l'identificazione  dei
responsabili. 
Analisi e valutazione del rischio 
   Il precedente rapporto di monitoraggio lasciava emergere un quadro
di sostanziale inadeguatezza anche  del  cosiddetto  risk  assessment
(analisi e valutazione del rischio). Il monitoraggio  2016  evidenzia
un significativo miglioramento, con circa il 50% del campione che  ha
individuato gli eventi rischiosi per ciascun processo, di cui il  12%
ha  realizzato  una  puntuale   analisi   del   rischio,   attraverso
l'identificazione  delle  loro  cause,  dato  pressoche'  assente  in
precedenza. Anche con riferimento alla valutazione e ponderazione del
rischio si evince, un seppur lieve, miglioramento. In particolare, si
evidenzia un calo della percentuale di amministrazioni che non  hanno
effettuato alcun tipo di analisi, dal 31,5% dello scorso monitoraggio
all'11% circa del monitoraggio 2016. 
Misure di prevenzione 
   Ancora critica, seppure in miglioramento, appare la fase  relativa
al trattamento del rischio, sia  con  riferimento  all'individuazione
delle misure sia alla  loro  programmazione.  L'individuazione  delle
misure generali risulta prevalente rispetto a quelle  specifiche,  la
cui presenza nei PTPC delle amministrazioni  analizzate  oscilla  tra
l'88,2% (codice di comportamento) e  il  33,3%  (sensibilizzazione  e
rapporto con la societa' civile). 
   La programmazione delle misure generali  ha  registrato  un  certo
livello di miglioramento, anche se in  diversi  PTPC  risultano  solo
elencate e solo in una minoranza sono indicati  tempi,  responsabili,
indicatori  di  monitoraggio  e  viene  data  evidenza   della   loro
attuazione. Aumentano le amministrazioni  che  menzionano  le  misure
specifiche, anche se e' limitato il loro approfondimento. 
Approfondimento - Contratti pubblici 
   Con riferimento alle indicazioni fornite con l'Aggiornamento  2015
al PNA, nella parte dedicata ai Contratti pubblici, i PTPC analizzati
hanno presentato le maggiori criticita'. In tal senso, la gran  parte
delle amministrazioni non ha effettuato  l'autoanalisi  organizzativa
suggerita   dall'Autorita'.   Riguardo   all'analisi   dei   processi
organizzativi, l'auspicata considerazione delle  diverse  fasi  della
gara risulta presente in una bassa percentuale di  amministrazioni  e
oscilla  tra  il  25,8%  (progettazione  della  gara)  e   il   18,3%
(rendicontazione). Inoltre, anche la presenza  di  misure  specifiche
per le summenzionate fasi oscilla tra il 18,3%  (progettazione  della
gara)  e  l'11,8%  (rendicontazione).  Appare  evidente,  quindi,  la
difficolta' delle amministrazioni di recepire tali indicazioni  e  la
necessita' di un periodo di tempo maggiore per l'adeguamento. 
Approfondimento - Sanita' 
   Anche la parte specifica sulla sanita' risulta ancora lontana  dal
risultato atteso. Se si considerano le amministrazioni facenti  parte
del campione e interessate all'analisi, una bassa percentuale di  ASL
e Policlinici universitari hanno censito alcuni dei  processi  tipici
delle  amministrazioni  del  comparto  (tra  cui,  attivita'   libero
professionale  e  liste  di  attesa  per  circa  il  35%,   attivita'
conseguenti al decesso in ambito intraospedaliero, per circa  il  28%
delle amministrazioni campionate). Anche con riferimento alle  misure
specifiche suggerite dall'Aggiornamento 2015 al PNA nel  focus  sulla
sanita', i livelli di adempimento sono sempre  tendenzialmente  bassi
(comunque sempre inferiori al 40%). 
   Dalla  valutazione  effettuata,  l'Autorita'  ha   tratto   alcune
indicazioni per la predisposizione del presente PNA. 
   In primo luogo,  l'effetto  tempo  e,  presumibilmente,  anche  le
indicazioni contenute nell'Aggiornamento 2015 al  PNA  sembrano  aver
aiutato le amministrazioni a superare almeno alcune delle difficolta?
sperimentate    nelle    precedenti    annualita'    in     relazione
all'individuazione dei rischi  di  corruzione  e  alla  capacita'  di
collegarli adeguatamente ai processi organizzativi. 
   Cio' induce a valutare gli effetti della normativa  anticorruzione
in  una  prospettiva  temporale  ampia.  La  valenza  di  innovazione
amministrativa che la normativa anticorruzione comporta e  il  cambio
culturale ad essa connesso richiedono tempi medio lunghi, continuita'
e stabilita' di scelte di fondo. 
   In questa prospettiva, il PNA (che si muove sul solco metodologico
gia' introdotto dal PNA 2013 e  ripreso  nell'Aggiornamento  2015  al
PNA) ribadisce la centralita' dell'analisi del rischio e delle misure
specifiche  di   prevenzione   della   corruzione   contestualizzate,
fattibili e  verificabili  nonche'  offre  ulteriori  orientamenti  e
indicazioni a  supporto  delle  amministrazioni  favorendo  anche  lo
scambio di buone pratiche. 
   In secondo luogo, si e' riscontrata  una  tendenziale  difficolta'
delle amministrazioni ad adeguare autonomamente  misure  e  strumenti
previsti nel PNA 2013,  con  particolare  riferimento  alle  fasi  di
ponderazione del rischio. 
   Cio' evidenzia, ancora una volta, il disagio delle amministrazioni
di uscire da schemi pre-impostati, alla ricerca di  soluzioni  meglio
rispondenti alle peculiarita' delle stesse e la  necessita',  quindi,
di offrire strumenti differenziati a seconda del comparto  e/o  della
complessita' organizzativa. 
   Il PNA, cercando di superare la logica dell'applicazione  uniforme
e formalistica della disciplina, si muove proprio nella direzione  di
provare a dare indicazioni e strumenti differenziati, in  particolare
con riferimento a possibili semplificazioni organizzative, in caso di
ridotte dimensioni degli enti e con  riferimento  alla  tipologia  di
misure di prevenzione della corruzione. 
 
3. Soggetti tenuti all'adozione di misure di prevenzione della 
corruzione 
   Sull'ambito  soggettivo  di  applicazione  delle  disposizioni  in
materia di trasparenza e degli indirizzi in  materia  di  prevenzione
della corruzione dettati  dal  PNA  e'  recentemente  intervenuto  il
d.lgs. 97/2016 che ha introdotto modifiche ed integrazioni sia al 
d.lgs. 33/2013 sia alla l. 190/2012. 
   Le modifiche hanno  delineato  un  ambito  di  applicazione  della
disciplina della trasparenza diverso, e piu' ampio, rispetto a quello
che individua i soggetti tenuti ad applicare le misure di prevenzione
della corruzione. Questi ultimi, inoltre, sono distinti tra  soggetti
che adottano il PTPC e quelli  che  adottano  misure  di  prevenzione
della corruzione integrative di quelle adottate ai sensi del decreto 
legislativo 8 giugno 2001, n. 231. 
   In particolare il d.lgs. 97/2016 inserisce all'interno del  d.lgs.
33/2013, specificamente dedicato alla trasparenza, un nuovo articolo,
l'art. 2-bis, rubricato  «Ambito  soggettivo  di  applicazione»,  che
sostituisce l'art. 11 del d.lgs. 33/2013, contestualmente abrogato 
dall'art. 43. 
   Esso individua tre  macro  categorie  di  soggetti:  le  pubbliche
amministrazioni (art. 2-bis, co. 1);  altri  soggetti  tra  cui  enti
pubblici economici, ordini professionali, societa'  in  controllo  ed
enti di diritto  privato  (art.  2-bis,  co.  2);  altre  societa'  a
partecipazione pubblica ed enti di diritto privato (art. 2-bis, co. 
3). 
   Per quanto riguarda in generale le  altre  misure  di  prevenzione
della corruzione in attuazione della l. 190/2012, il co. 1, lett.  a)
e b) dell'art. 41 del d.lgs. 97/2016,  modificando  la  l.  190/2012,
specifica che il PNA «costituisce atto di indirizzo per le  pubbliche
amministrazioni  di  cui  all'articolo  1,  comma  2,   del   decreto
legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ai fini dell'adozione  dei  propri
piani triennali di prevenzione della  corruzione,  e  per  gli  altri
soggetti di cui all'art. 2-bis, co.  2  del  decreto  legislativo  14
marzo 2013, n. 33, ai fini dell'adozione  di  misure  di  prevenzione
della corruzione integrative di quelle adottate ai sensi del  decreto
legislativo 8 giugno 2001, n. 231, anche per assicurare l'attuazione 
dei compiti di cui al comma 4, lettera a)». 
   A tal proposito, si ritiene utile fornire un quadro riassuntivo di
quanto recentemente previsto in relazione alle diverse  categorie  di
soggetti individuate dalle nuove disposizioni citate al fine di 
assicurare coerenza e coordinamento del dettato normativo. 
 
3.1 Pubbliche amministrazioni 
   La disciplina in materia di trasparenza si applica pienamente alle
pubbliche amministrazioni, intese come «tutte le  amministrazioni  di
cui all'articolo 1, comma 2 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 
165 e successive modificazioni, ivi comprese le  autorita'  portuali,
nonche'  le  autorita'  amministrative  indipendenti   di   garanzia,
vigilanza e regolazione» (art. 2-bis, co.  1,  d.lgs.  33/2013).  Con
riguardo alle  autorita'  amministrative  indipendenti  la  relazione
illustrativa del  decreto  contiene  un'elencazione  che  ricomprende
l'Autorita' Garante della concorrenza e del mercato,  la  Commissione
nazionale per le societa' e la borsa, l'Autorita' di regolazione  dei
trasporti, l'Autorita' per l'energia elettrica,  il  gas  il  sistema
idrico, l'Autorita' per le garanzie nelle comunicazioni,  il  Garante
per  la  protezione  dei  dati   personali,   l'Autorita'   nazionale
anticorruzione, la Commissione di vigilanza sui  fondi  pensione,  la
Commissione di garanzia dell'attuazione della  legge  sullo  sciopero
nei servizi pubblici essenziali, la Banca d'Italia. 
   Le pubbliche amministrazioni di cui all'art. 1, co. 2  del  d.lgs.
165/2001 e successive modificazioni, adottano PTPC per i quali il PNA
costituisce atto di indirizzo (art. 1, co. 2-bis, l. 190/2012). 
   Al fine di assicurare l'applicazione coordinata di tutte le misure
di  prevenzione  della  corruzione,   ivi   compresa   quella   della
trasparenza, e considerato che per  definire  i  soggetti  tenuti  ad
adottare  il  PTPC  o  le  misure  di  prevenzione  della  corruzione
integrative di quelle adottate ai sensi del d.lgs.  231/2001,  l'art.
1, co. 2-bis della l.  190/2012  rinvia  all'art.  2-bis  del  d.lgs.
33/2013, tale rinvio non puo' che essere interpretato  come  riferito
anche a tutti  i  soggetti  ivi  richiamati,  comprese  le  Autorita'
portuali e le  Autorita'  amministrative  indipendenti  di  garanzia,
vigilanza e regolazione, tenute ad adottare un proprio PTPC. 
 
3.2 Enti pubblici economici, ordini professionali, societa' in 
controllo pubblico ed altri enti di diritto privato assimilati 
   Il legislatore ha disciplinato in modo unitario, in via  residuale
e  speciale,  altri  soggetti  che  hanno  natura  e  caratteristiche
organizzative  differenti  fra  loro,  ovvero   gli   enti   pubblici
economici,  gli  ordini  professionali,  le  societa'  in   controllo
pubblico, le associazioni, le fondazioni e gli enti di diritto 
privato comunque denominati. 
   Per quanto concerne la  trasparenza,  l'art.  2-bis,  co.  2,  del
d.lgs. 33/2013, introdotto dal d.lgs. 97/2016, dispone infatti che la
normativa del d.lgs. 33/2013 si applica, in quanto compatibile, anche 
a: 
a) enti pubblici economici e ordini professionali; 
b) societa' in controllo  pubblico  come  definite  dallo  schema  di
decreto legislativo predisposto  in  attuazione  dell'art.  18  della
legge 7 agosto 2015, n. 124, «Testo Unico in materia di societa' a 
partecipazione pubblica» (4) (nel prosieguo schema di testo unico); 
Sono escluse, invece, le societa' quotate come definite dallo  stesso
decreto legislativo emanato in attuazione dell'art. 18 della legge 7 
agosto 2015, n. 124. (5) 
c) associazioni,  fondazioni  e  enti  di  diritto  privato  comunque
denominati, anche  privi  di  personalita'  giuridica,  con  bilancio
superiore a cinquecentomila euro, la cui attivita' sia finanziata  in
modo maggioritario per almeno  due  esercizi  finanziari  consecutivi
nell'ultimo  triennio  da  pubbliche  amministrazioni  e  in  cui  la
totalita'   dei   titolari   o   dei   componenti   dell'organo    di
amministrazione o di indirizzo sia designata da pubbliche 
amministrazioni. 
   I soggetti di cui alle lettere a)  b)  c)  applicano  la  medesima
disciplina   sulla   trasparenza   prevista    per    le    pubbliche
amministrazioni, con riguardo sia all'organizzazione sia 
all'attivita' svolta, «in quanto compatibile». 
   Per  quanto  concerne  le  altre  misure  di   prevenzione   della
corruzione, dall'art. 41 citato si evince che detti soggetti  debbano
adottare misure di prevenzione della corruzione integrative di quelle
adottate ai sensi del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231 (art. 
1, co. 2-bis, l. 190/2012). Essi, pertanto, integrano il  modello  di
organizzazione e gestione ex d.lgs. n. 231 del 2001 con misure idonee
a prevenire anche i  fenomeni  di  corruzione  e  di  illegalita'  in
coerenza  con  le  finalita'  della  l.  190/2012.  Le  misure   sono
ricondotte in un documento unitario che tiene luogo del PTPC anche ai
fini della valutazione dell'aggiornamento annuale e  della  vigilanza
dell'ANAC. Se riunite in un unico documento con  quelle  adottate  in
attuazione del d.lgs. n. 231/2001, dette misure sono collocate in una
sezione apposita e dunque chiaramente  identificabili,  tenuto  conto
che ad esse sono correlate forme di gestione e responsabilita' 
differenti. 
   Nei casi in cui ai soggetti di cui alle lettere a) b)  c)  non  si
applichi il d.lgs. 231/2001, o essi ritengano di non fare ricorso  al
modello di  organizzazione  e  gestione  ivi  previsto,  al  fine  di
assicurare lo scopo della norma e in una logica di semplificazione  e
non aggravamento, gli stessi adottano un PTPC ai sensi della l. 
190/2012 e s.m.i.. 
3.3 Societa' in partecipazione pubblica ed altri enti di diritto 
privato assimilati 
 
   Il  legislatore  ha  considerato   separatamente,   e   con   solo
riferimento alla disciplina in materia di trasparenza, le societa'  a
partecipazione pubblica e altri enti di diritto privato assimilati. 
   L'art. 2-bis, co. 3, del d.lgs. 33/2013, dispone infatti che  alle
societa' in partecipazione  come  definite  dal  decreto  legislativo
emanato in attuazione dell'articolo 18 della legge 7 agosto 2015,  n.
124 (schema di testo unico) e alle associazioni,  alle  fondazioni  e
agli enti di diritto privato, anche privi di personalita'  giuridica,
con  bilancio  superiore  a  cinquecentomila  euro,  che   esercitano
funzioni amministrative, attivita' di produzione di beni e servizi  a
favore delle amministrazioni  pubbliche  o  di  gestione  di  servizi
pubblici, si applica la medesima disciplina in materia di trasparenza
prevista per le pubbliche amministrazioni «in quanto  compatibile»  e
«limitatamente ai dati  e  ai  documenti  inerenti  all'attivita'  di
pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale  o  dell'Unione
europea». 
   Per i suddetti soggetti, invece, l'art. 1,  co.  2-bis,  della  l.
190/2012  non  prevede  alcuna  espressa  disciplina  in  materia  di
adozione di misure di prevenzione  della  corruzione.  In  linea  con
l'impostazione della determinazione ANAC 8/2015,  le  amministrazioni
partecipanti o che siano collegate a detti soggetti in relazione alle
funzioni amministrative o ai servizi pubblici da essi  svolti  ovvero
all'attivita' di produzione di beni  e  servizi  dovrebbero,  per  le
societa', promuovere  l'adozione  del  modello  di  organizzazione  e
gestione  ai  sensi  del   d.lgs.   231/2001,   ferma   restando   la
possibilita',   anche   su    indicazione    delle    amministrazioni
partecipanti,  di  programmare  misure  organizzative  ai   fini   di
prevenzione della corruzione ex l. 190/2012; per gli  altri  soggetti
indicati al citato co. 3, invece, promuovere l'adozione di protocolli
di legalita' che disciplinino specifici obblighi di prevenzione della
corruzione e, laddove compatibile con la dimensione organizzativa, 
l'adozione di modelli come quello previsto nel d.lgs. 231/2001 
 
                                ***** 
 
   Al momento della stesura del presente PNA il  decreto  legislativo
sulle societa' a partecipazione pubblica (schema di testo unico)  non
e' stato ancora adottato, circostanza che determina incertezze  sulla
definizione dell'ambito soggettivo di applicazione del d.lgs. 33/2013
e della l. 190/2012. Tenuto, inoltre, conto del fatto che l'Autorita'
deve individuare gli obblighi di pubblicazione  applicabili  a  dette
societa' e agli altri enti  di  diritto  privato  indicati  nell'art.
2-bis secondo il  criterio  della  "compatibilita'",  l'Autorita'  si
riserva l'approfondimento di tutte queste problematiche e  di  quelle
collegate all'applicazione della l.  190/2012  a  detti  soggetti  in
apposite Linee guida, di modifica della determinazione n. 8/2015,  da
adottare appena in vigore il decreto  sopra  citato,  da  considerare
parte integrante del presente PNA. 
   Giova fin da ora evidenziare che il comma 2 del nuovo  art.  2-bis
del d.lgs. 33/2013 esclude  le  societa'  quotate  controllate  dalla
categoria delle societa' in controllo pubblico, cui  si  applica,  in
quanto  compatibile,  il  regime  di  trasparenza   delle   pubbliche
amministrazioni. Le societa' quotate e quelle che emettono  strumenti
finanziari in mercati regolamentati non sono,  invece,  espressamente
escluse dall'applicazione  del  co.  3  dello  stesso  articolo,  che
prevede un regime di  trasparenza  per  le  societa'  partecipate  da
pubbliche  amministrazioni  limitato  alle  attivita'   di   pubblico
interesse  svolte.  Sarebbe  plausibile,  allora,  ritenere  che,  in
considerazione delle peculiarita' delle societa' quotate dovute  alla
quotazione delle azioni e alla  contendibilita'  delle  societa'  sul
mercato, indice dello svolgimento  di  attivita'  prevalentemente  in
regime di libera concorrenza, e valutata l'esistenza di una specifica
regolamentazione di settore,  le  societa'  quotate  o  che  emettono
strumenti  finanziari  quotati  in   mercati   regolamentati,   siano
considerate, ai fini della  trasparenza  e  della  prevenzione  della
corruzione,    quali    societa'    partecipate,    indipendentemente
dall'esistenza di una situazione di effettivo  controllo  pubblico  o
meno. 
4. Ulteriori contenuti dei PTPC alla luce delle recenti modifiche 
normative 
   Le amministrazioni e i soggetti specificamente indicati  nell'art.
2-bis, co. 2 del d.lgs. 33/2013, sono tenuti ad adottare il PTPC o le
misure di prevenzione della corruzione  integrative  di  quelle  gia'
adottate ai sensi del d.lgs. 231/2001. 
   Oltre ai contenuti evidenziati nel PNA 2013 e nella determinazione
12/2015, si evidenzia che il d.lgs. 97/2016, nel modificare il d.lgs. 
33/2013 e la  l.  190/2012,  ha  fornito  ulteriori  indicazioni  sul
contenuto del  PTPC.  In  particolare,  il  Piano  assume  un  valore
programmatico ancora piu' incisivo, dovendo necessariamente prevedere
gli obiettivi strategici per il  contrasto  alla  corruzione  fissati
dall'organo di indirizzo. L'elaborazione del PTPC presuppone, dunque,
il diretto coinvolgimento del vertice delle  p.a.  e  degli  enti  in
ordine alla determinazione  delle  finalita'  da  perseguire  per  la
prevenzione della corruzione, decisione che e' elemento essenziale  e
indefettibile del Piano stesso  e  dei  documenti  di  programmazione
strategico-gestionale. 
   Altro contenuto indefettibile del  PTPC  riguarda  la  definizione
delle misure organizzative per l'attuazione effettiva degli  obblighi
di  trasparenza.  La  soppressione  del  riferimento   esplicito   al
Programma triennale per la trasparenza e  l'integrita',  per  effetto
della nuova disciplina, comporta che l'individuazione delle modalita'
di attuazione della trasparenza non sia oggetto di un separato  atto,
ma  sia  parte  integrante  del   PTPC   come   "apposita   sezione".
Quest'ultima  deve  contenere,  dunque,  le  soluzioni  organizzative
idonee ad assicurare l'adempimento degli obblighi di pubblicazione di
dati e informazioni previsti dalla normativa vigente. In essa  devono
anche  essere   chiaramente   identificati   i   responsabili   della
trasmissione e della pubblicazione dei dati, dei  documenti  e  delle
informazioni. 
   Si raccomanda alle amministrazioni e agli altri  enti  e  soggetti
interessati dall'adozione di misure di prevenzione della  corruzione,
di curare la partecipazione degli stakeholder  nella  elaborazione  e
nell'attuazione delle misure di prevenzione della  corruzione,  anche
attraverso comunicati mirati, in una logica di sensibilizzazione  dei
cittadini alla cultura della legalita'. 
   Le nuove disposizioni normative  (art.  1,  co.  8,  l.  190/2012)
prevedono che il PTPC debba essere trasmesso all'ANAC. Al riguardo si
precisa  che,  in  attesa  della   predisposizione   di   un'apposita
piattaforma informatica,  in  una  logica  di  semplificazione  degli
adempimenti, non deve essere trasmesso alcun documento ad ANAC.  Tale
adempimento si intende assolto con la pubblicazione del PTPC sul sito
istituzionale, sezione "Amministrazione  trasparente/Altri  contenuti
Corruzione".  I  documenti  in  argomento  e  le  loro  modifiche   o
aggiornamenti devono rimanere pubblicati sul sito unitamente a quelli
degli anni precedenti. 
   Il rinvio alla comunicazione dei  PTPC  deve  intendersi  riferito
anche alle misure di prevenzione integrative di  quelle  adottate  ai
sensi del d.lgs. n. 231/2001. Anche queste ultime sono pubblicate sul
sito istituzionale degli  enti,  analogamente  a  quanto  evidenziato
sopra per i PTPC. 
 
5. Soggetti interni coinvolti nel processo di predisposizione e 
adozione del PTPC 
   L'Autorita' conferma le indicazioni gia'  date  nell'Aggiornamento
2015 al  PNA,  cui  si  rinvia,  con  riferimento  al  ruolo  e  alle
responsabilita' di tutti i soggetti che a  vario  titolo  partecipano
alla programmazione, adozione, attuazione e monitoraggio delle misure 
di prevenzione della corruzione. 
   Si evidenzia che le nuove disposizioni ribadiscono che l'attivita'
di elaborazione dei PTPC, nonche' delle misure di  prevenzione  della
corruzione  integrative  di  quelle  adottate  ai  sensi  del  d.lgs.
231/2001,   non   puo'   essere   affidata   a   soggetti    estranei
all'amministrazione o ente (art. 1, co. 8, l. 190/2012, come 
modificato dall'art. 41, co. 1, lett. g) del d.lgs. 97/2016). 
   Lo scopo della norma e' quello di considerare  la  predisposizione
del PTPC un'attivita' che deve essere necessariamente svolta  da  chi
opera esclusivamente  all'interno  dell'amministrazione  o  dell'ente
interessato, sia perche' presuppone  una  profonda  conoscenza  della
struttura  organizzativa,  di  come   si   configurano   i   processi
decisionali  (siano  o  meno  procedimenti  amministrativi)  e  della
possibilita' di conoscere quali profili di rischio siano involti; sia
perche' comporta l'individuazione delle  misure  di  prevenzione  che
piu' si attagliano alla fisionomia dell'ente e  dei  singoli  uffici.
Tutte queste attivita',  da  ricondurre  a  quelle  di  gestione  del
rischio, trovano il  loro  logico  presupposto  nella  partecipazione
attiva e nel coinvolgimento di tutti i dirigenti e di  coloro  che  a
vario titolo sono responsabili dell'attivita' delle PA e degli  enti.
Sono quindi da  escludere  affidamenti  di  incarichi  di  consulenza
comunque considerati nonche' l'utilizzazione di  schemi  o  di  altri
supporti forniti da soggetti esterni. In entrambi  i  casi,  infatti,
non viene soddisfatto lo scopo della  norma  che  e'  quello  di  far
svolgere alle amministrazioni e agli enti un'appropriata ed effettiva
analisi e valutazione dei rischio e  di  far  individuare  misure  di
prevenzione proporzionate e contestualizzate rispetto alle 
caratteristiche della specifica amministrazione o ente. 
   D'altra parte, la citata disposizione va  letta  anche  alla  luce
della clausola di invarianza della spesa che  deve  guidare  p.a.  ed
enti nell'attuazione della l. 190/2012 e dei decreti delegati ad essa 
collegati. 
   Di seguito si riportano solamente alcune  indicazioni  integrative
alla luce di richieste di chiarimenti e delle modifiche normative 
intervenute. 
5.1 Organi di indirizzo 
   Gli  organi  di  indirizzo  nelle  amministrazioni  e  negli  enti
dispongono di competenze rilevanti  nel  processo  di  individuazione
delle misure di prevenzione della corruzione ossia la nomina del  RPC
e l'adozione del PTPC (art. 41, co. 1, lett. g) del d.lgs.  97/2016).
Per gli enti locali la norma precisa che «il piano e' approvato dalla 
giunta». 
   Per quanto riguarda le Province, la legge 7  aprile  2014,  n.  56
«Disposizioni  sulle  citta'  metropolitane,  sulle  province,  sulle
unioni e fusioni di comuni»,  nel  ridefinire  la  forma  di  governo
provinciale (cui sono dedicati i commi da 54 a 56) non  prevede  piu'
la "giunta", a favore di una gestione collegiale  di  "presidente"  e
"consiglio delle funzioni provinciali".  Si  ritiene,  pertanto,  che
nelle Province, attesa  l'assenza  di  Giunta,  l'adozione  del  PTPC
debba, di norma, prevedere un  doppio  passaggio:  l'approvazione  da
parte del Consiglio provinciale di un documento di carattere generale
sul contenuto del PTPC e l'adozione da parte  del  Presidente,  fatta
salva  una  diversa  previsione  statutaria.  Ne  consegue   che   la
responsabilita' in caso di "omessa adozione"  si  configura  in  capo
all'organo competente all'adozione finale, individuato, salvo diversa
disposizione statutaria, nel Presidente. Resta fermo che  per  omessa
adozione si intende tutto quanto evidenziato dall'Autorita' nell'art. 
1, lett. g) del «Regolamento  in  materia  di  esercizio  del  potere
sanzionatorio dell'Autorita' Nazionale  Anticorruzione  per  l'omessa
adozione dei Piani triennali di  prevenzione  della  corruzione,  dei
Programmi triennali di trasparenza, dei Codici di comportamento»  del
9 settembre 2014. Quanto previsto sull'organo competente ad  adottare
il PTPC e' da intendersi riferito anche all'adozione dei codici di 
comportamento. 
   La medesima indicazione vale altresi' per le citta'  metropolitane
come precisato al § 3 dell'approfondimento del  presente  PNA.  Resta
fermo quanto previsto dall'Aggiornamento 2015 al PNA (§ 4.1) per quel
che riguarda gli enti territoriali caratterizzati dalla  presenza  di
due organi di indirizzo politico, uno  generale  (Consiglio)  ed  uno
esecutivo (Giunta) nonche' per quelli dotati di un solo organo di 
indirizzo. 
   Tra  i  contenuti  necessari  del  PTPC  vi  sono  gli   obiettivi
strategici  in  materia  di  prevenzione  della  corruzione  e  della
trasparenza (art 1, co 8, come  novellato  dall'art.  41  del  d.lgs.
97/2016).  Si  raccomanda  agli  organi  di  indirizzo  di   prestare
particolare attenzione alla individuazione di detti  obiettivi  nella
logica di una effettiva e consapevole partecipazione alla costruzione
del sistema di prevenzione. Tra questi gia' l'art.  10,  co.  3,  del
d.lgs. 33/2013, come  novellato  dall'art.  10  del  d.lgs.  97/2016,
stabilisce che la  promozione  di  maggiori  livelli  di  trasparenza
costituisce obiettivo strategico di ogni  amministrazione,  che  deve
tradursi in obiettivi organizzativi e individuali. In  tal  caso,  ad
esempio, puo' darsi  come  indicazione  quella  di  pubblicare  "dati
ulteriori" in relazione a specifiche aree a rischio. La  mancanza  di
tali obiettivi puo' configurare un elemento che rileva ai fini  della
irrogazione delle sanzioni di cui all'art. 19, co. 5, lett. b) del 
d.l. 90/2014. 
   Sempre nell'ottica di un effettivo coinvolgimento degli organi  di
indirizzo nella impostazione della  strategia  di  prevenzione  della
corruzione,  ad  essi   spetta   anche   la   decisione   in   ordine
all'introduzione di modifiche organizzative  per  assicurare  al  RPC
funzioni e poteri idonei allo svolgimento del ruolo con autonomia  ed
effettivita'. Si  ricorda,  inoltre,  che  gli  organi  di  indirizzo
ricevono la relazione annuale del RPC, possono chiamare  quest'ultimo
a riferire sull'attivita' e ricevono  dallo  stesso  segnalazioni  su
eventuali disfunzioni riscontrate inerenti l'attuazione delle misure 
di prevenzione e di trasparenza. 
   In relazione al coinvolgimenti  degli  organi  di  indirizzo,  nei
termini sopra evidenziati, l'Autorita' si riserva di poter chiedere 
informazioni in merito direttamente agli stessi. 
 
5.2 Responsabile della prevenzione della corruzione e della 
trasparenza 
   La figura del RPC e' stata interessata in modo significativo dalle
modifiche introdotte dal d.lgs. 97/2016. La nuova disciplina e' volta
a unificare in capo ad un solo soggetto  l'incarico  di  Responsabile
della  prevenzione  della  corruzione  e  della   trasparenza   e   a
rafforzarne il ruolo,  prevedendo  che  ad  esso  siano  riconosciuti
poteri e funzioni idonei a garantire lo svolgimento dell'incarico con
autonomia  ed  effettivita',  eventualmente   anche   con   modifiche
organizzative. 
   D'ora in avanti, pertanto, il Responsabile viene identificato  con
riferimento ad entrambi i ruoli come Responsabile  della  prevenzione
della corruzione e della trasparenza (RPCT). Si precisa  sin  da  ora
che in attuazione delle nuove disposizioni normative, gli  organi  di
indirizzo formalizzano con apposito atto l'integrazione  dei  compiti
in materia di trasparenza agli attuali RPC, avendo cura  di  indicare
la relativa decorrenza. 
   Altro elemento di novita' e' quello della interazione fra  RPCT  e
organismi indipendenti di valutazione. 
   Si evidenzia, infine, quanto disposto dal  decreto  del  Ministero
dell'interno  del  25  settembre  2015  (6)   «Determinazione   degli
indicatori di anomalia  al  fine  di  agevolare  l'individuazione  di
operazioni sospette di riciclaggio e di finanziamento del  terrorismo
da parte degli uffici della pubblica amministrazione»  che,  all'art.
6, co. 5 prevede che nelle amministrazioni indicate all'art. 1, lett. 
h)  del  decreto,  la  persona  individuata  come   "gestore"   delle
segnalazioni  di  operazioni  sospette   puo'   coincidere   con   il
Responsabile della prevenzione della corruzione,  in  una  logica  di
continuita' esistente fra i presidi anticorruzione e  antiriciclaggio
e l'utilita' delle misure di prevenzione del riciclaggio  a  fini  di
contrasto  della  corruzione.  Le  amministrazioni   possono   quindi
valutare e decidere, motivando congruamente, se  affidare  l'incarico
di "gestore" al RPCT oppure  ad  altri  soggetti  gia'  eventualmente
provvisti di idonee competenze e risorse organizzative garantendo, in
tale  ipotesi,  meccanismi  di  coordinamento  tra  RPCT  e  soggetto
"gestore". 
   Si ritiene opportuno, pertanto, precisare e modificare, alla  luce
del d.lgs. 97/2016 le indicazioni del PNA 2013 e quelle  fornite  con
l'Aggiornamento 2015 al PNA. 
a) Criteri di scelta 
   Nelle pubbliche amministrazioni 
   Come anticipato, la recente normativa ha optato per l'unificazione
in capo ad un unico soggetto delle  funzioni  di  Responsabile  della
prevenzione della corruzione e della trasparenza, anche  in  coerenza
alla ormai completa integrazione della definizione organizzativa  dei
flussi informativi per la pubblicazione dei dati  di  cui  al  d.lgs.
33/2013   all'interno   del   PTPC   e   della   eliminazione   della
predisposizione di un autonomo Programma triennale per la trasparenza
e l'integrita'. In via generale, per declinare i  criteri  di  scelta
del  Responsabile  e'   importante   tenere   conto   dell'estensione
definitiva delle sue competenze anche alla materia della trasparenza. 
   L'art. 1, co. 7, della l. 190/2012, come  novellato,  prevede  che
«l'organo di indirizzo individua, di norma tra i dirigenti  di  ruolo
in servizio il responsabile  della  prevenzione  della  corruzione  e
della trasparenza.» (41, co.  1,  lett.  f,  d.lgs.  97/2016).  Viene
superata  la  precedente  disposizione   che   considerava   in   via
prioritaria i dirigenti amministrativi di prima fascia quali soggetti
idonei all'incarico. Tale nuovo orientamento, che risponde a esigenze
di amministrazioni con un numero ridotto di dirigenti di vertice,  e'
tuttavia opportuno sia letto in relazione alla necessita' che il RPCT
debba poter adeguatamente svolgere il proprio ruolo con  effettivita'
e poteri di interlocuzione reali con gli organi di  indirizzo  e  con
l'intera struttura amministrativa. Laddove  possibile,  pertanto,  e'
altamente consigliabile  mantenere  in  capo  a  dirigenti  di  prima
fascia, o equiparati, l'incarico di RPCT. 
   La nomina di un dipendente con  qualifica  non  dirigenziale  deve
essere adeguatamente motivata con  riferimento  alle  caratteristiche
dimensionali e organizzative dell'ente.  Poiche'  il  legislatore  ha
ribadito che  l'incarico  di  RPCT  sia  attribuito  di  norma  a  un
dirigente di ruolo in servizio, e' da  considerare  come  un'assoluta
eccezione la nomina di un dirigente esterno, con onere di una congrua
e analitica motivazione  anche  in  ordine  all'assenza  di  soggetti
aventi i requisiti previsti dalla legge. Resta quindi ferma la sicura
preferenza  per  personale   dipendente   dell'amministrazione,   che
assicuri  stabilita'  ai  fini   dello   svolgimento   dei   compiti.
Considerata la posizione di autonomia che deve essere  assicurata  al
RPCT, e  il  ruolo  di  garanzia  sull'effettivita'  del  sistema  di
prevenzione della corruzione, non appare coerente con i requisiti  di
legge la nomina di un dirigente che provenga direttamente  da  uffici
di diretta collaborazione con l'organo di indirizzo laddove esista un
vincolo fiduciario. 
   Si evidenzia, inoltre,  l'esigenza  che  il  RPCT  abbia  adeguata
conoscenza     dell'organizzazione      e      del      funzionamento
dell'amministrazione,   sia   dotato   della   necessaria   autonomia
valutativa, che non sia in una  posizione  che  presenti  profili  di
conflitto di interessi e  scelto,  di  norma,  tra  i  dirigenti  non
assegnati  ad  uffici  che  svolgano  attivita'  di  gestione  e   di
amministrazione attiva. In  questa  ottica  va  evitato,  per  quanto
possibile, che il RPCT sia scelto tra i dirigenti assegnati a  uffici
che  svolgono  attivita'  nei  settori  piu'   esposti   al   rischio
corruttivo, come l'ufficio contratti o quello preposto alla  gestione
del patrimonio. Per il tipo di funzioni svolte dal  RPCT,  improntate
alla collaborazione e  all'interlocuzione  con  gli  uffici,  occorre
valutare con molta attenzione la possibilita'  che  il  RPCT  sia  il
dirigente  che  si  occupa  dell'ufficio  procedimenti  disciplinari.
Questa soluzione, peraltro, sembra ora preclusa  da  quanto  previsto
nel nuovo co. 7 dell'art. 1, l. 190/2012 secondo cui il  Responsabile
della prevenzione della corruzione e della trasparenza  indica  «agli
uffici   competenti   all'esercizio   dell'azione   disciplinare»   i
nominativi dei dipendenti che  non  hanno  attuato  correttamente  le
misure  in  materia  di  prevenzione   della   corruzione   e   della
trasparenza. A questo riguardo, si ritiene che la comunicazione  agli
uffici competenti all'esercizio dell'azione disciplinare debba essere
preceduta,  nel  rispetto  del  principio  del  contraddittorio,   da
un'interlocuzione formalizzata con l'interessato. 
   Parimenti, il RPCT  deve  essere  una  persona  che  abbia  sempre
mantenuto una condotta integerrima, escludendo coloro che siano stati
destinatari di provvedimenti giudiziali di condanna  o  provvedimenti
disciplinari. 
   Alla luce di quanto sopra e'  rimessa  agli  organi  di  indirizzo
delle amministrazioni, cui  compete  la  nomina,  in  relazione  alle
caratteristiche strutturali dell'ente  e  sulla  base  dell'autonomia
organizzativa,  la  valutazione  in  ordine  alla  scelta  del  RPCT,
compatibilmente con i vincoli posti dal  legislatore  in  materia  di
dotazione organica. 
   Nella nuova normativa rimane la previsione che negli enti  locali,
la scelta ricada,  di  norma,  sul  segretario,  in  continuita'  con
l'orientamento delineato nel previgente  art.  1,  co.  7,  della  l.
190/2012. Tuttavia, considerate le modifiche normative previste dalla
l. 124/2015 che  interessano  le  figure  dei  segretari,  il  d.lgs.
97/2016 ha espressamente  contemplato  la  possibilita'  di  affidare
l'incarico anche a un dirigente apicale, salva una diversa e motivata
determinazione dell'ente. Per quanto riguarda le unioni di comuni, e'
prevista la  possibilita'  di  nominare  un  unico  responsabile.  Al
riguardo si rinvia all'approfondimento del presente PNA riguardante i
piccoli comuni (§ 3.1.2) in cui si da' conto anche delle  indicazioni
in questo senso della l. 56/2014 e del d.lgs.  97/2016.  In  caso  di
carenza di  posizioni  dirigenziali,  soprattutto  per  gli  enti  di
piccole  dimensioni,  puo'  essere  individuato  un  dipendente   con
posizione organizzativa, fermo restando quanto sopra esposto nel caso
di nomina di dipendenti con qualifica non dirigenziale. 
   Nelle societa' controllate e negli altri soggetti di cui 
all'art.2-bis, co. 2, del d.lgs. 33/2013 
   Per le societa' controllate e gli altri soggetti indicati all'art.
2-bis, co. 2,  del  d.lgs.  33/2013,  si  osserva  che  l'obbligo  di
adottare misure di prevenzione integrative del modello  organizzativo
e gestionale ex d.lgs. 231/2001, espressamente previsto al co.  2-bis
della l. 190/2012, a seguito  del  recente  intervento  di  modifica,
risulta del tutto coerente con la linea interpretativa gia' suggerita
dall'Autorita' nella determinazione n. 8 del 2015 a cui si rinvia. 
   L'Autorita' si  riserva  di  formulare  ulteriori  indicazioni  al
riguardo, a seguito dell'emanazione delle norme  attuative  dell'art.
18 della l. 124/2015 in materia  di  societa'  pubbliche  (schema  di
testo unico). 
   Si rammenta l'obbligo di  comunicare  all'ANAC  i  nominativi  dei
RPCT,  utilizzando  il  modulo  pubblicato  sul  sito   istituzionale
dell'Autorita'. 
b) Posizione di indipendenza e di autonomia dall'organo di indirizzo 
   L'intento principale del legislatore,  nelle  modifiche  apportate
alla l. 190/2012 (art.  41,  co.  1  lett.  f)  d.lgs.  97/2016),  e'
chiaramente quello di rafforzare e tutelare il ruolo  del  RPCT,  nel
senso auspicato dall'Autorita' nell'Aggiornamento 2015 al PNA. 
   Il decreto, infatti, stabilisce che l'organo di indirizzo disponga
eventuali modifiche organizzative necessarie per  assicurare  che  al
RPCT siano attribuiti funzioni e poteri  idonei  per  lo  svolgimento
dell'incarico con piena autonomia ed effettivita'. 
   Inoltre, il medesimo decreto, da un lato, attribuisce al  RPCT  il
potere  di  indicare  agli  uffici  della  pubblica   amministrazione
competenti all'esercizio dell'azione disciplinare  i  nominativi  dei
dipendenti che non hanno attuato correttamente le misure  in  materia
di prevenzione della corruzione e di  trasparenza.  Dall'altro  lato,
stabilisce il dovere del RPCT di segnalare all'organo di indirizzo  e
all'OIV «le  disfunzioni  inerenti  all'attuazione  delle  misure  in
materia di prevenzione della corruzione e di trasparenza». 
   In considerazione dei numerosi compiti direttamente attribuiti  al
RPCT nei confronti del personale dell'ente, ed eventualmente per quel
che concerne le disfunzioni  anche  nei  confronti  degli  organi  di
indirizzo, e' indispensabile  che  tra  le  misure  organizzative  da
adottarsi da parte degli organi di indirizzo vi  siano  anche  quelle
dirette ad assicurare che il RPCT svolga il suo delicato  compito  in
modo  imparziale,  al  riparo  da  possibili  ritorsioni,  come  gia'
indicato nell'Aggiornamento 2015 al  PNA.  Si  ribadisce  l'invito  a
tutte le amministrazioni e ai soggetti di cui all'art. 2-bis, co.  2,
del d.lgs. 33/2013 a  regolare  adeguatamente  la  materia  con  atti
organizzativi generali (ad esempio negli enti locali  il  regolamento
degli Uffici e  dei  servizi)  e  comunque  nell'atto  con  il  quale
l'organo di indirizzo individua e nomina il RPCT. 
   A garanzia dello svolgimento delle funzioni del RPCT in condizioni
di autonomia e indipendenza,  occorre  considerare  anche  la  durata
dell'incarico di RPCT che deve essere fissata tenendo conto della non
esclusivita' della funzione. Il RPCT, infatti, come anticipato,  puo'
essere un dirigente  che  gia'  svolge  altri  incarichi  all'interno
dell'amministrazione. La durata dell'incarico di RPCT in questi casi,
dunque,  e'  correlata  alla   durata   del   contratto   sottostante
all'incarico   dirigenziale   gia'   svolto.   Nelle    ipotesi    di
riorganizzazione o di modifica del  precedente  incarico,  quello  di
RPCT e'  opportuno  che  prosegua  fino  al  termine  della  naturale
scadenza del contratto legato al precedente incarico (o di quella che
sarebbe dovuta essere la naturale scadenza) e, comunque, in  coerenza
di quanto previsto nel PTPC. 
   Per incrementare le garanzie del  ruolo  esercitato  dal  RPCT  e'
intervenuta l'estensione generalizzata della previsione di doveri  di
segnalazione all'ANAC di eventuali misure  discriminatorie  -  quindi
non piu' solo in caso di revoca - dirette o indirette  nei  confronti
del RPCT comunque  collegate,  direttamente  o  indirettamente,  allo
svolgimento delle sue funzioni. In tal caso  l'ANAC  puo'  richiedere
informazioni all'organo di indirizzo e intervenire con  i  poteri  di
cui all'art. 15, co. 3 del decreto legislativo 8 aprile 2013,  n.  39
«Disposizioni in materia di inconferibilita'  e  incompatibilita'  di
incarichi presso le  pubbliche  amministrazioni  e  presso  gli  enti
privati in controllo pubblico, a norma dell'articolo 1,  commi  49  e
50, della legge 6 novembre 2012, n. 190». 
   Inoltre, sempre a maggiore tutela del RPCT, puo' essere  letta  la
novella legislativa laddove prevede l'esclusione dall'imputazione  di
responsabilita'  del  RPCT   (per   omesso   controllo,   sul   piano
disciplinare)  nei  casi  di  ripetute  violazioni  delle  misure  di
prevenzione previste dal Piano, qualora lo stesso possa  provare  «di
avere comunicato agli uffici le misure  da  adottare  e  le  relative
modalita' e di avere vigilato sull'osservanza del  Piano»  (art.  41,
co. 1, lett. l), d.lgs. 97/2016). 
c) Supporto conoscitivo e operativo al RPCT 
   Al fine di garantire che il RPCT possa svolgere il  proprio  ruolo
con autonomia ed effettivita', come previsto dall'art. 41 del  d.lgs.
97/2016,  l'organo  di  indirizzo  dispone  «le  eventuali  modifiche
organizzative necessarie per assicurare funzioni e poteri idonei»  al
RPCT. 
   E', dunque, altamente auspicabile, da una parte, che il  RPCT  sia
dotato di una  struttura  organizzativa  di  supporto  adeguata,  per
qualita' del personale e per mezzi tecnici, al compito  da  svolgere.
Dall'altra,  che  vengano  assicurati  al  RPCT   poteri   effettivi,
preferibilmente  con  una  specifica  formalizzazione  nell'atto   di
nomina, di interlocuzione nei confronti di tutta  la  struttura,  sia
nella fase della predisposizione del Piano  e  delle  misure  sia  in
quella del controllo sulle stesse. 
   Per quanto riguarda  gli  aspetti  organizzativi,  ferma  restando
l'autonomia di ogni amministrazione  o  ente,  appare  necessaria  la
costituzione di un apposito ufficio dedicato allo  svolgimento  delle
funzioni poste in capo al  RPCT.  Ove  cio'  non  sia  possibile,  e'
opportuno rafforzare la struttura di supporto mediante appositi  atti
organizzativi che consentano al RPCT di  avvalersi  di  personale  di
altri  uffici.  Tale  struttura,  che  potrebbe  anche   non   essere
esclusivamente dedicata a tale scopo, puo', in una necessaria  logica
di integrazione delle attivita', essere anche a disposizione  di  chi
si  occupa  delle  misure  di   miglioramento   della   funzionalita'
dell'amministrazione (si pensi, ad  esempio,  ai  controlli  interni,
alle strutture di audit, alle strutture che curano la predisposizione
del piano della performance). A tal riguardo, e' opportuno  prevedere
un'integrazione  di  differenti   competenze   multidisciplinari   di
supporto  al  RPCT.  Nel   PTPC   sono   esplicitate   le   soluzioni
organizzative adottate in tal senso. 
   La necessita' di rafforzare il ruolo e la struttura  organizzativa
a supporto del RPCT e' tanto piu'  evidente  anche  alla  luce  delle
ulteriori  e  rilevanti  competenze  in  materia  di  accesso  civico
attribuite al RPCT dal d.lgs. 97/2016.  In  tale  contesto  il  RPCT,
oltre  alla  facolta'  di  chiedere  agli   uffici   della   relativa
amministrazione   informazioni   sull'esito   delle   istanze,   deve
occuparsi, per espressa disposizione normativa (art. 5, co. 7, d.lgs. 
33/2013, come novellato dal d.lgs. 97/2016), dei casi di riesame (sia
che l'accesso riguardi dati a pubblicazione obbligatoria o meno). 
d) Poteri di interlocuzione e controllo 
   Come gia' evidenziato nell'Aggiornamento 2015  al  PNA,  nella  l.
190/2012 sono stati succintamente definiti i poteri  del  RPCT  nella
sua   interlocuzione   con   gli   altri   soggetti   interni    alle
amministrazioni o enti, nonche'  nella  sua  attivita'  di  vigilanza
sull'attuazione delle misure di prevenzione della corruzione. 
   All'art. 1, co. 9, lett.  c)  e'  disposto  che  il  PTPC  preveda
«obblighi di informazione nei confronti del RPC chiamato  a  vigilare
sul  funzionamento  e  sull'osservanza  del  Piano».  Tali   obblighi
informativi ricadono su tutti i soggetti coinvolti, gia'  nella  fase
di formazione del Piano e,  poi,  nelle  fasi  di  verifica  del  suo
funzionamento e dell'attuazione  delle  misure  adottate.  L'atto  di
nomina del RPCT dovrebbe essere accompagnato da un comunicato con cui
si invitano tutti i dirigenti e il personale a dare  allo  stesso  la
necessaria collaborazione. Al riguardo si rammenta che l'art.  8  del
d.p.r. 62/2013 prevede un dovere di collaborazione dei dipendenti nei
confronti  del  RPCT,  dovere  la  cui  violazione  e'   sanzionabile
disciplinarmente  e  da   valutare   con   particolare   rigore.   E'
imprescindibile,  dunque,   un   forte   coinvolgimento   dell'intera
struttura in tutte le fasi di predisposizione e di  attuazione  delle
misure anticorruzione. Per la fase di elaborazione  del  PTPC  e  dei
relativi aggiornamenti, lo stesso PTPC e' necessario contenga  regole
procedurali fondate  sulla  responsabilizzazione  degli  uffici  alla
partecipazione  attiva,  sotto  il  coordinamento   del   RPCT.   Ove
necessario, il PTPC puo' rinviare la definizione  di  tali  regole  a
specifici atti organizzativi interni. 
   Nelle modifiche apportate  dal  d.lgs.  97/2016  risulta  evidente
l'intento di rafforzare i poteri di interlocuzione e di controllo del
RPCT nei confronti di tutta la struttura. Emerge piu' chiaramente che
il  RPCT  deve  avere  la  possibilita'  di  incidere  effettivamente
all'interno   dell'amministrazione   o   dell'ente   e    che    alla
responsabilita' del RPCT si affiancano con maggiore decisione  quelle
dei  soggetti  che,  in  base  alla  programmazione  del  PTPC,  sono
responsabili dell'attuazione delle misure di prevenzione.  Lo  stesso
d.lgs. 165/2001 all'art. 16, co. 1 lett. l-bis) l-ter)  e  l-quater),
prevede, d'altra  parte,  tra  i  compiti  dei  dirigenti  di  uffici
dirigenziali generali quello di concorrere alla definizione di misure
idonee a prevenire e a contrastare i fenomeni di corruzione  fornendo
anche informazioni necessarie per  l'individuazione  delle  attivita'
nelle quali e' piu' elevato il rischio corruttivo  e  provvedendo  al
loro monitoraggio. 
   Un modello a rete, quindi, in cui  il  RPCT  possa  effettivamente
esercitare poteri di programmazione, impulso e coordinamento e la cui
funzionalita' dipende dal coinvolgimento e dalla responsabilizzazione
di tutti coloro che, a  vario  titolo,  partecipano  dell'adozione  e
dell'attuazione delle misure di prevenzione. 
   Dal d.lgs. 97/2016 risulta  anche  l'intento  di  creare  maggiore
comunicazione tra le attivita'  del  RPCT  e  in  particolare  quelle
dell'OIV, come specificato al § 5.3. Cio' al fine di  sviluppare  una
sinergia  tra  gli   obiettivi   di   performance   organizzativa   e
l'attuazione delle misure di prevenzione. In tal senso,  si  prevede,
da un lato, la facolta' all'OIV di richiedere al RPCT informazioni  e
documenti necessari per lo svolgimento dell'attivita' di controllo di
sua competenza (art. 41, co. 1 lett. h), d.lgs. 97/2016).  Dall'altro
lato, si prevede  che  la  relazione  annuale  del  RPCT,  recante  i
risultati  dell'attivita'  svolta  da   pubblicare   nel   sito   web
dell'amministrazione,  venga  trasmessa  oltre  che   all'organo   di
indirizzo dell'amministrazione anche all'OIV (art. 41, co.  1,  lett.
l), d.lgs. 97/2016). 
e) Responsabilita' 
   Le modifiche apportate dal d.lgs. 97/2016 precisano che in caso di
ripetute violazioni del PTPC sussiste la responsabilita' dirigenziale
e per omesso controllo, sul piano disciplinare, se il RPCT non  prova
di aver comunicato agli uffici le misure da adottare  e  le  relative
modalita' e di aver vigilato sull'osservanza del Piano. I  dirigenti,
pertanto,  rispondono  della  mancata  attuazione  delle  misure   di
prevenzione  della  corruzione,  ove  il  RPCT  dimostri   di   avere
effettuato le dovute comunicazioni agli uffici e  di  avere  vigilato
sull'osservanza del Piano. 
   Resta immutata, in  capo  al  RPCT,  la  responsabilita'  di  tipo
dirigenziale, disciplinare, per danno erariale e  all'immagine  della
pubblica amministrazione, prevista  all'art.  1,  co.  12,  della  l.
190/2012, in caso di commissione di un reato di corruzione, accertato
con sentenza passata in giudicato, all'interno  dell'amministrazione.
Il RPCT puo' andare esente  dalla  responsabilita'  ove  dimostri  di
avere proposto un PTPC con misure adeguate e  di  aver  vigilato  sul
funzionamento e sull'osservanza dello stesso. 
f) RPCT e RASA 
   Al  fine  di   assicurare   l'effettivo   inserimento   dei   dati
nell'Anagrafe unica delle stazioni appaltanti (AUSA) (7), il RPCT  e'
tenuto  a  sollecitare   l'individuazione   del   soggetto   preposto
all'iscrizione e all'aggiornamento dei dati e  a  indicarne  il  nome
all'interno del PTPC. 
   Occorre considerare, infatti,  che  ogni  stazione  appaltante  e'
tenuta a nominare il soggetto responsabile (RASA) dell'inserimento  e
dell'aggiornamento  annuale  degli  elementi   identificativi   della
stazione appaltante stessa.  Si  evidenzia,  al  riguardo,  che  tale
obbligo informativo - consistente nella implementazione  della  BDNCP
presso l'ANAC dei dati  relativi  all'anagrafica  della  s.a.,  della
classificazione della stessa e dell'articolazione in centri di  costo
- sussiste fino alla  data  di  entrata  in  vigore  del  sistema  di
qualificazione delle stazioni appaltanti previsto  dall'art.  38  del
nuovo Codice dei contratti pubblici (cfr. la  disciplina  transitoria
di cui all'art. 216, co. 10, del  d.lgs.  50/2016).  L'individuazione
del RASA e'  intesa  come  misura  organizzativa  di  trasparenza  in
funzione di prevenzione della corruzione. 
   In caso di mancata indicazione nel PTPC del nominativo  del  RASA,
previa richiesta di chiarimenti al RPCT, l'Autorita'  si  riserva  di
esercitare il potere di ordine ai sensi dell'art. 1, co. 3, della  l.
190/2012, nei confronti dell'organo amministrativo di  vertice,  che,
nel silenzio del legislatore, si ritiene il soggetto  piu'  idoneo  a
rispondere dell'eventuale  mancata  nomina  del  RASA.  Nel  caso  di
omissione da parte del RPCT, il potere di ordine viene esercitato nei
confronti di quest'ultimo. 
   Resta salva la facolta' delle amministrazioni,  nell'ambito  della
propria  autonomia  organizzativa,  di  valutare  l'opportunita'   di
attribuire a un unico soggetto entrambi i ruoli (RASA e RPCT) con  le
diverse funzioni previste, rispettivamente, dal d.l. 179/2012 e dalla
normativa sulla trasparenza, in  relazione  alle  dimensioni  e  alla
complessita' della propria struttura. 
g) Eventuali "referenti" 
   Come gia'  chiarito  nell'Aggiornamento  2015  al  PNA,  eventuali
"referenti" del RPCT devono essere individuati nel PTPC. I  referenti
possono  rivelarsi   utili   nelle   organizzazioni   particolarmente
complesse, quali, ad esempio, un Ministero  dotato  di  una  rete  di
uffici periferici. Fermo restando il regime delle responsabilita'  in
capo al RPCT, i referenti possono svolgere attivita' informativa  nei
confronti  del  responsabile,  affinche'  questi  abbia  elementi   e
riscontri  per  la  formazione  e  il   monitoraggio   del   PTPC   e
sull'attuazione delle misure. La stessa soluzione non  e'  opportuna,
invece, nelle strutture meno complesse nelle quali  il  successo  del
PTPC e delle sue misure e' affidato alla diretta  interlocuzione  tra
RPCT e responsabili degli uffici. 
   Nelle Linee guida di cui alla determinazione n. 8/2015 sugli  enti
di diritto privato, e' stata prevista  la  possibilita'  di  nominare
referenti del RPCT nelle societa' di ridotte dimensioni  appartenenti
ad un gruppo  societario,  laddove  sia  stato  predisposta  un'unica
programmazione delle misure di prevenzione ex l.  190/2012  da  parte
del RPCT della capogruppo. 
5.3 Organismi indipendenti di valutazione 
   Gli Organismi indipendenti di valutazione (OIV) rivestono un ruolo
importante  nel  sistema  di  gestione  della  performance  e   della
trasparenza nelle  pubbliche  amministrazioni,  svolgendo  i  compiti
previsti dall'art. 14 del decreto legislativo  27  ottobre  2009,  n.
150. Al riguardo si rinvia al  d.p.r.  del  9  maggio  2016,  n.  105
«Regolamento di disciplina  delle  funzioni  del  Dipartimento  della
funzione pubblica della Presidenza  del  Consiglio  dei  Ministri  in
materia  di  misurazione  e  valutazione  della   performance   delle
amministrazioni pubbliche» e, in  particolare  all'art.  6.  Gli  OIV
validano la relazione sulle  performance,  di  cui  all'art.  10  del
d.lgs. 150/2009, dove sono riportati i risultati raggiunti rispetto a
quelli programmati e alle risorse; propongono all'organo di indirizzo
la valutazione dei dirigenti; promuovono e  attestano  l'assolvimento
degli obblighi di trasparenza (art.  14,  co.  1,  lett.  g),  d.lgs.
150/2009). 
   La connessione fra gli obiettivi di performance  e  le  misure  di
trasparenza ha  trovato  conferma  nel  d.lgs.  33/2013,  ove  si  e'
affermato che  la  promozione  di  maggiori  livelli  di  trasparenza
costituisce un obiettivo strategico  di  ogni  amministrazione  (art.
10). Gli OIV sono tenuti a verificare la coerenza tra  gli  obiettivi
di  trasparenza  e  quelli  indicati  nel  piano  della  performance,
utilizzando altresi' i dati relativi all'attuazione degli obblighi di
trasparenza ai fini della valutazione delle  performance  (art.  44).
L'attivita'  di  controllo   sull'adempimento   degli   obblighi   di
pubblicazione, posta in capo al RPCT, e' svolta con il coinvolgimento
dell'OIV, al quale il RPCT segnala i  casi  di  mancato  o  ritardato
adempimento (art. 43). Resta fermo il compito degli  OIV  concernente
l'attestazione  dell'assolvimento  degli  obblighi  di   trasparenza,
previsto dal d.lgs. 150/2009. 
   L'OIV,  inoltre,  esprime  parere  obbligatorio  sul   codice   di
comportamento che ogni amministrazione adotta ai sensi dell'art.  54,
co. 5, d.lgs. 165/2001. 
   Le modifiche che il d.lgs. 97/2016 ha apportato alla  l.  190/2012
rafforzano  le  funzioni  gia'  affidate  agli  OIV  in  materia   di
prevenzione della corruzione e trasparenza dal d.lgs. 33/2013,  anche
in una logica di coordinamento con il RPCT e di relazione con l'ANAC. 
   In linea con quanto gia' disposto dall'art. 44 del d.lgs. 33/2013,
detti organismi, anche ai  fini  della  validazione  della  relazione
sulla performance, verificano che  i  PTPC  siano  coerenti  con  gli
obiettivi    stabiliti    nei     documenti     di     programmazione
strategico-gestionale  e,   altresi',   che   nella   misurazione   e
valutazione delle performance si tenga conto degli obiettivi connessi
all'anticorruzione e alla trasparenza. 
   In  rapporto  agli  obiettivi  inerenti   la   prevenzione   della
corruzione  e  la  trasparenza  l'OIV  verifica  i  contenuti   della
relazione recante i  risultati  dell'attivita'  svolta  che  il  RPCT
predispone e trasmette all'OIV, oltre che all'organo di indirizzo, ai
sensi dell'art. 1, co. 14, della l.  190/2012.  Nell'ambito  di  tale
verifica l'OIV ha la possibilita' di chiedere al RPCT informazioni  e
documenti che ritiene necessari ed effettuare audizioni di dipendenti
(art. 1, co. 8-bis, l. 190/2012). 
   Nell'ambito  dei  poteri  di  vigilanza  e  controllo   attribuiti
all'ANAC, l'Autorita'  si  riserva  di  chiedere  informazioni  tanto
all'OIV quanto al RPCT in  merito  allo  stato  di  attuazione  delle
misure di prevenzione della corruzione e  trasparenza  (art.  1,  co.
8-bis, l. 190/2012), anche tenuto conto che l'OIV riceve dal RPCT  le
segnalazioni riguardanti eventuali disfunzioni inerenti  l'attuazione
dei PTPC (art. 1, co. 7, l. 190/2012). 
   Cio' in linea di continuita' con quanto  gia'  disposto  dall'art.
45, co. 2, del d.lgs. 33/2013, ove e' prevista  la  possibilita'  per
l'ANAC di coinvolgere l'OIV per acquisire ulteriori informazioni  sul
controllo dell'esatto adempimento degli obblighi di trasparenza. 
   Ulteriori indicazioni  sull'attivita'  degli  OIV  in  materia  di
prevenzione della corruzione e di trasparenza potranno essere oggetto
di  atti  di  regolamentazione   da   valutarsi   congiuntamente   al
Dipartimento della funzione pubblica. 
 
6. Gestione del rischio di corruzione 
   Partendo dalla considerazione che  gli  strumenti  previsti  dalla
normativa anticorruzione richiedono  un  impegno  costante  anche  in
termini di comprensione effettiva della loro portata da  parte  delle
amministrazioni per produrre  gli  effetti  sperati,  l'Autorita'  in
questa fase ha deciso di confermare le indicazione gia' date  con  il
PNA 2013 e con l'Aggiornamento 2015 al PNA per quel che  concerne  la
metodologia di analisi e valutazione  dei  rischi.  Sono  indicazioni
centrali per la corretta progettazione di misure di prevenzione 
contestualizzate rispetto all'ente di riferimento. 
   In particolare  l'Autorita'  ribadisce  quanto  gia'  precisato  a
proposito delle caratteristiche delle  misure  di  prevenzione  della
corruzione che devono essere adeguatamente progettate, sostenibili  e
verificabili. E' inoltre necessario che siano individuati i  soggetti
attuatori, le modalita' di attuazione di monitoraggio e i relativi 
termini. 
   Alcune semplificazioni, per i comuni di piccole  dimensioni,  sono
possibili grazie al supporto tecnico e informativo delle Prefetture 
in termini di analisi dei dati del contesto esterno. 
   Fermo restando che, come anche specificato nel PNA 2013  (All.  1,
p. 24) e nell'Aggiornamento 2015 al PNA, le indicazioni metodologiche
non sono  vincolanti,  con  successive  linee  guida  l'Autorita'  si
riserva di apportare le modifiche necessarie al sistema di 
misurazione. 
 
7. Azioni e misure per la prevenzione 
   Fermo  restando   quanto   gia'   riportato   nel   PNA   2013   e
nell'Aggiornamento 2015 al PNA,  l'Autorita'  ha  inteso,  in  questa
sede, dare alcune indicazioni  piu'  specifiche  sulla  misura  della
trasparenza, in relazione alle modifiche apportate al d.lgs.  33/2013
dal d.lgs. 97/2016,  sulla  rotazione  del  personale  nonche'  sulle
misure   di   revisione   dei   processi   di    privatizzazione    e
esternalizzazione  di  funzioni,  attivita'  strumentali  e   servizi
pubblici. In materia di  inconferibilita'  e  incompatibilita'  degli
incarichi, in considerazione dei problemi applicativi  registrati,  e
sulla tutela del  dipendente  pubblico  che  sagnala  illeciti  (c.d.
whistleblowing), l'Autorita' ha adottato apposite Linee guida  a  cui
viene fatto rinvio. 
   Per quel che concerne  i  codici  di  comportamento,  si  richiama
quanto gia' previsto nell'Aggiornamento 2015  al  PNA  circa  i  loro
contenuti e la loro valenza. In particolare si ribadisce che gli enti
sono tenuti all'adozione di codici che contengano norme e  doveri  di
comportamento destinati a durare nel tempo, da calibrare in relazione
alla peculiarita'  delle  finalita'  istituzionali  perseguite  dalle
singole amministrazioni: non  quindi  una  generica  ripetizione  dei
contenuti del codice di cui al d.p.r. 62/2013, ma una disciplina che,
a partire da quella generale, diversifichi i doveri dei dipendenti  e
di coloro che vi entrino in relazione, in funzione delle specificita'
di ciascuna amministrazione. 
   Al riguardo l'Autorita' si riserva  di  adottare  linee  guida  di
carattere generale, ove ritenuto  necessario  procedere  a  modifiche
della delibera n. 75 del 24 ottobre 2013, e linee guida per tipologia
di amministrazioni e enti. 
   In questa ottica  e'  stato  gia'  avviato  un  tavolo  di  lavoro
«Conflitto di interessi e  Codici  di  comportamento»  con  AGENAS  e
Ministero  della  salute   volto   ad   esaminare   il   livello   di
implementazione dei  codici  di  comportamento  negli  enti  del  SSN
destinatari del presente PNA e a fornire indicazioni migliorative. Il
tavolo di lavoro ha operato un'analisi su un campione di  60  aziende
ed enti del SSN rappresentativo per area geografica e  per  tipologia
di  aziende/enti.  Lo  studio  ha  messo  in  rilievo,  a  fronte  di
differenziazioni tra aziende nell'applicazione  del  d.p.r.  62/2013,
anche la presenza  di  buone  prassi  trasferibili  quali  esempi  di
implementazione delle previsioni contenute nella normativa di settore
in maniera da incidere sulle tipicita' dell'organizzazione  dell'ente
di riferimento. 
7.1 Trasparenza 
   La trasparenza e' una misura di estremo rilievo e fondamentale per
la prevenzione della corruzione. Essa e' posta  al  centro  di  molte
indicazioni e  orientamenti  internazionali  (cfr.  §  1)  in  quanto
strumentale alla  promozione  dell'integrita',  allo  sviluppo  della
cultura della  legalita'  in  ogni  ambito  dell'attivita'  pubblica.
L'Autorita' raccomanda, quindi, alle amministrazioni e  a  tutti  gli
altri soggetti destinatari del presente PNA di rafforzare tale misura
nei propri PTPC anche oltre al  rispetto  di  specifici  obblighi  di
pubblicazione gia' contenuti in disposizioni vigenti. 
   All'attuale quadro normativo in materia di trasparenza  il  d.lgs.
97/2016 ha apportato rilevanti innovazioni. 
   Un nuovo ambito soggettivo di applicazione degli obblighi e  delle
misure in materia di trasparenza e' definito all'art. 2-bis rubricato
«Ambito soggettivo di applicazione», che sostituisce  l'art.  11  del
d.lgs. 33/2013. Si rinvia in merito ai contenuti del § 3. 
   Il  decreto   persegue,   inoltre,   l'importante   obiettivo   di
razionalizzare gli obblighi  di  pubblicazione  vigenti  mediante  la
concentrazione  e   la   riduzione   degli   oneri   gravanti   sulle
amministrazioni pubbliche. 
   In  questa  direzione  vanno  interpretate  le   due   misure   di
semplificazione introdotte all'art. 3 del d.lgs.  33/2013.  La  prima
(co.  1-bis)  prevede  la  possibilita'  di  pubblicare  informazioni
riassuntive,  elaborate  per  aggregazione,  in  sostituzione   della
pubblicazione  integrale,   conferendo   all'ANAC   il   compito   di
individuare i dati oggetto di pubblicazione riassuntiva  con  propria
delibera da adottare  previa  consultazione  pubblica  e  sentito  il
Garante per la protezione dei dati personali, qualora siano coinvolti
dati   personali.   Cio'   in   conformita'   con   i   principi   di
proporzionalita' e di semplificazione e all'esclusivo fine di ridurre
gli oneri gravanti sui soggetti tenuti a  osservare  le  disposizioni
del d.lgs. 33/2013. 
   La seconda (co. l-ter) consente all'ANAC, in sede di adozione  del
PNA,  di  modulare  gli  obblighi  di  pubblicazione  e  le  relative
modalita' di attuazione in relazione alla natura dei  soggetti,  alla
loro dimensione organizzativa e alle attivita' svolte prevedendo,  in
particolare, modalita' semplificate  per  i  comuni  con  popolazione
inferiore a 15.000 abitanti, per gli ordini e collegi professionali. 
   Si consideri, inoltre, quanto previsto all'art. 9-bis  del  d.lgs.
33/2013, introdotto dal d.lgs. 97/2016, in base al  quale  qualora  i
dati che le amministrazioni e gli enti sono tenute  a  pubblicare  ai
sensi del d.lgs. 33/2013 corrispondano a quelli gia'  presenti  nelle
banche  dati  indicate  nell'allegato  B)  del  d.lgs.  33/2013,   le
amministrazioni e gli enti assolvono agli obblighi  di  pubblicazione
mediante  la  comunicazione  dei  dati,  delle  informazioni  e   dei
documenti dagli stessi detenuti  all'amministrazione  titolare  della
corrispondente   banca   dati.   Nella    sezione    "Amministrazione
trasparente" dei rispettivi siti istituzionali e'  inserito  un  mero
collegamento ipertestuale alle banche  dati  contenenti  i  dati,  le
informazioni e i documenti oggetto di pubblicazione. 
   A  fronte  della   rimodulazione   della   trasparenza   on   line
obbligatoria, l'art. 6, nel novellare l'art. 5 del d.lgs. 33/2013, ha
disciplinato anche un nuovo  accesso  civico,  molto  piu'  ampio  di
quello  previsto  dalla  precedente  formulazione,   riconoscendo   a
chiunque,   indipendentemente   dalla   titolarita'   di   situazioni
giuridicamente rilevanti, l'accesso ai dati e ai  documenti  detenuti
dalle pubbliche amministrazioni, nel  rispetto  dei  limiti  relativi
alla tutela di interessi pubblici  e  privati,  e  salvi  i  casi  di
segreto o di divieto di divulgazione previsti dall'ordinamento. 
   Alla luce di quanto sopra, l'Autorita' si riserva  di  intervenire
con appositi atti di regolazione. Oltre alle specifiche  Linee  guida
dedicate  alle  societa'  e  agli  altri  enti  di  diritto   privato
partecipati, destinate alla modifica della determinazione  n.  8  del
2015, questa Autorita' adottera' Linee guida, sempre integrative  del
PNA, con le  quali  operare  una  generale  ricognizione  dell'ambito
soggettivo e oggettivo degli obblighi di trasparenza delle  p.a.,  in
sostituzione delle Linee guida di cui alla delibera CIVIT n.  50/2013
(8). Con riguardo al c.d. "accesso civico generalizzato", l'Autorita'
e' stata investita, d'intesa con il Garante  per  la  protezione  dei
dati personali e  sentita  la  Conferenza  Unificata  Stato,  Regioni
Autonomie locali di cui all'art. 8 del d.lgs. 28 agosto 1997, n. 281,
della regolazione attraverso l'adozione  di  specifiche  Linee  guida
recanti indicazioni operative. Dette Linee guida  e'  previsto  siano
adottate entro dicembre 2016. 
   Si precisa sin da ora che le disposizioni transitorie  dettate  al
co. 1 dell'art. 42 del d.lgs. 97/2016 prevedono che i soggetti di cui
all'art. 2-bis del d.lgs. 33/2013 si  adeguino  alle  modifiche  allo
stesso decreto legislativo, introdotte dal d.lgs. n.  97/2016,  entro
sei mesi dalla data di  entrata  in  vigore  del  decreto  correttivo
medesimo (23 dicembre 2016), sia con  riferimento  agli  obblighi  di
trasparenza sia all'accesso civico generalizzato.  L'Autorita',  come
precisato sopra, si propone di supportare  tali  soggetti  con  Linee
guida di generale ricognizione degli obblighi di pubblicazione. 
   Fino al 23 dicembre 2016  resta  ferma  la  disciplina  vigente  e
l'attivita' di vigilanza dell'ANAC avra' a oggetto  gli  obblighi  di
trasparenza non modificati dal  d.lgs.  97/2016.  Invece,  sui  nuovi
obblighi e su quelli oggetto di modifica da parte del d.lgs. 97/2016,
l'attivita' di  vigilanza  sara'  svolta  nella  fase  immediatamente
successiva  al  termine  del  periodo  di   adeguamento.   Non   sono
considerati modificati gli obblighi di cui all'art.  14,  del  d.lgs.
33/2013 riferiti allo Stato, alle Regioni e agli enti locali e quelli
di cui all'art. 22, co. 2, del medesimo decreto. 
   Sempre in  un'ottica  di  semplificazione  e  coordinamento  degli
strumenti  di  programmazione  in  materia   di   prevenzione   della
corruzione possono interpretarsi le modifiche all'art. 10 del  d.lgs.
33/2013. In base a queste ultime il PTPC contiene,  in  una  apposita
sezione, l'individuazione dei responsabili della trasmissione e della
pubblicazione dei documenti, delle informazioni e dei dati  ai  sensi
del d.lgs. 33/2013. Si e' cosi' disposta la confluenza dei  contenuti
del  PTTI  all'interno  del  PTPC.  Non  per   questo   l'organizzata
programmazione della trasparenza perde il suo peso: anzi, chiaramente
le  nuove  disposizioni  normative  stabiliscono  che  devono  essere
indicati i soggetti cui compete la trasmissione  e  la  pubblicazione
dei  dati,  in  un'ottica  di  responsabilizzazione  maggiore   delle
strutture  interne  delle  amministrazioni  ai  fini   dell'effettiva
realizzazione di elevati standard di trasparenza. 
   Si ricorda, infine, che oltre alla trasparenza intesa come  misura
generale quale adeguamento agli obblighi  di  pubblicazione  previsti
dal d.lgs. 33/2013 e dalla normativa vigente,  le  amministrazioni  e
gli  enti  possono  pubblicare  i   c.d.   "dati   ulteriori",   come
espressamente previsto dalla l. 190/2012, art. 1, co. 9, lett.  f)  e
dall'art. 7-bis, co. 3 del d.lgs.  33/2013.  L'ostensione  di  questi
dati on line deve avvenire nel rispetto della normativa sulla  tutela
della riservatezza e procedendo all'anonimizzazione di dati personali
eventualmente presenti. Negli approfondimenti del presente  PNA  sono
esemplificate numerose ulteriori misure specifiche di trasparenza  in
funzione di prevenzione della corruzione. 
 
7.2 Rotazione 
   Nell'ambito del PNA la  rotazione  del  personale  e'  considerata
quale misura  organizzativa  preventiva  finalizzata  a  limitare  il
consolidarsi di relazioni che possano alimentare dinamiche  improprie
nella gestione amministrativa, conseguenti alla permanenza nel  tempo
di determinati dipendenti nel medesimo ruolo o funzione. L'alternanza
riduce il rischio che un dipendente pubblico, occupandosi  per  lungo
tempo  dello  stesso  tipo  di  attivita',  servizi,  procedimenti  e
instaurando relazioni sempre con  gli  stessi  utenti,  possa  essere
sottoposto a pressioni esterne o possa instaurare rapporti 
potenzialmente in grado di attivare dinamiche inadeguate. 
   In  generale  la   rotazione   rappresenta   anche   un   criterio
organizzativo che puo' contribuire  alla  formazione  del  personale,
accrescendo  le  conoscenze  e  la  preparazione  professionale   del
lavoratore. In tale  direzione  va  anche  l'esperienza  del  settore
privato dove, a fronte di un mondo del lavoro sempre piu'  flessibile
e di rapido cambiamento delle competenze  richieste,  il  livello  di
professionalita' si fonda non tanto o, non solo, sulle capacita' 
acquisite e dimostrate, ma anche su quelle potenziali e future. 
   La rotazione e' una tra le diverse misure che  le  amministrazioni
hanno a disposizione in materia di prevenzione della  corruzione.  Il
ricorso alla rotazione  deve,  infatti,  essere  considerato  in  una
logica  di  necessaria  complementarieta'  con  le  altre  misure  di
prevenzione  della  corruzione  specie  laddove  possano  presentarsi
difficolta'  applicative  sul  piano  organizzativo.  In  particolare
occorre  considerare  che  detta   misura   deve   essere   impiegata
correttamente  in   un   quadro   di   elevazione   delle   capacita'
professionali  complessive  dell'amministrazione  senza   determinare
inefficienze e malfunzionamenti. Per le considerazioni di cui  sopra,
essa  va  vista  prioritariamente   come   strumento   ordinario   di
organizzazione  e  utilizzo  ottimale  delle  risorse  umane  da  non
assumere in via emergenziale o con valenza punitiva e, come tale,  va
accompagnata  e  sostenuta  anche  da  percorsi  di  formazione   che
consentano una riqualificazione professionale. Ove, pertanto, non sia
possibile utilizzare la rotazione come misura di  prevenzione  contro
la corruzione,  le  amministrazioni  sono  tenute  a  operare  scelte
organizzative, nonche' ad adottare altre misure di natura  preventiva
che possono avere effetti analoghi, quali a  titolo  esemplificativo,
la previsione da parte  del  dirigente  di  modalita'  operative  che
favoriscono  una  maggiore  condivisione  delle  attivita'  fra   gli
operatori, evitando cosi' l'isolamento di certe mansioni, avendo cura
di  favorire  la  trasparenza  "interna"  delle  attivita'  o  ancora
l'articolazione delle competenze, c.d. "segregazione delle funzioni". 
   Restano, naturalmente, ferme le discipline speciali  di  rotazione
previste per particolari categorie di personale non 
contrattualizzato. 
 
7.2.1 Inquadramento normativo: rotazione ordinaria e straordinaria 
   La   rotazione   del   personale   all'interno   delle   pubbliche
amministrazioni nelle aree a piu' elevato rischio  di  corruzione  e'
stata  introdotta  come  misura  di  prevenzione   della   corruzione
dall'art. 1, co. 5, lett. b) della l. 190/2012, ai sensi del quale le
pubbliche amministrazioni  devono  definire  e  trasmettere  all'ANAC
«procedure appropriate per selezionare e formare,  in  collaborazione
con la Scuola superiore della pubblica amministrazione, i  dipendenti
chiamati  ad  operare  in  settori   particolarmente   esposti   alla
corruzione,  prevedendo,  negli  stessi  settori,  la  rotazione   di
dirigenti e funzionari». Inoltre, secondo quanto  disposto  dall'art.
1, co. 10, lett. b) della  l.  190/2012,  il  RPCT  deve  verificare,
d'intesa con il dirigente competente,  «l'effettiva  rotazione  degli
incarichi negli uffici preposti allo svolgimento delle attivita'  nel
cui ambito e' piu' elevato il rischio che  siano  commessi  reati  di
corruzione». Questo tipo di  rotazione,  c.d.  "ordinaria"  (si  veda
infra § 7.2.2) e' stata, quindi, inserita dal  legislatore  come  una
delle misure organizzative generali a efficacia preventiva  che  puo'
essere utilizzata nei confronti di  coloro  che  operano  in  settori
particolarmente esposti alla corruzione. 
   L'istituto della rotazione era stato gia' previsto dal  d.lgs.  30
marzo 2001 n. 165, c.d. Testo Unico sul pubblico  impiego,  dall'art.
16, co. 1, lett. l-quater) (lettera aggiunta  dall'art.  1,  co.  24,
d.l. 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla l.  7
agosto 2012, n. 135), sia pure come misura di carattere successivo al
verificarsi di fenomeni corruttivi. La norma citata prevede, infatti,
la rotazione «del personale nei casi di avvio di procedimenti  penali
o disciplinari per condotte di natura corruttiva».  Di  tale  misura,
c.d. rotazione straordinaria, che solo nominalmente  puo'  associarsi
all'istituto generale della rotazione, si trattera' nel § 7.2.3. 
7.2.2 Rotazione ordinaria 
   La rotazione ordinaria del personale e'  espressamente  richiamata
nelle Linee guida adottate dal Comitato interministeriale,  istituito
con d.p.c.m. 16  gennaio  2013,  come  misura  da  valorizzare  nella
predisposizione del Piano Nazionale Anticorruzione. L'art. 1, co.  4,
lett. e) della l. 190/2012, dispone che spetta  all'ANAC  definire  i
criteri che le  amministrazioni  devono  seguire  per  assicurare  la
rotazione dei dirigenti  nei  settori  particolarmente  esposti  alla
corruzione. 
   Si ricorda, infatti, che l'art. 19, co. 15, del  d.l.  90/2014  ha
previsto che «Le funzioni del Dipartimento  della  funzione  pubblica
della Presidenza del Consiglio dei Ministri in materia di trasparenza
e prevenzione della corruzione di cui all'articolo 1, commi 4, 5 e 8,
della legge 6 novembre 2012 n. 190, e le funzioni di cui all'articolo
48 del decreto legislativo 14 marzo  2013,  n.  33,  sono  trasferite
all'Autorita' nazionale anticorruzione». 
   L'ambito   soggettivo   di   applicazione   della   rotazione   va
identificato con riguardo sia alle organizzazioni alle quali essa  si
applica, sia ai soggetti interessati dalla  misura.  Con  riferimento
alle organizzazioni, ai sensi dell'art. 1, co. 59, della l. 190/2012,
si deve trattare delle pubbliche amministrazioni di cui  all'art.  1,
co. 2, del d.lgs. 165/2001. 
   Pur in mancanza di una  specifica  previsione  normativa  relativa
alla rotazione negli enti di diritto privato a controllo  pubblico  e
negli enti pubblici economici, l'Autorita' ritiene opportuno  che  le
amministrazioni controllanti e  vigilanti  promuovano  l'adozione  da
parte dei suddetti enti di misure di rotazione come  gia',  peraltro,
indicato nelle Linee guida di cui alla determinazione  n.  8  del  17
giugno  2015.  In  tale  sede,  sono  inoltre  state  suggerite,   in
combinazione o in alternativa alla  rotazione,  misure  quali  quella
della  articolazione  delle  competenze  (c.d.  "segregazione   delle
funzioni") con cui sono  attribuiti  a  soggetti  diversi  i  compiti
relativi a: a) svolgimento di istruttorie e accertamenti; b) adozione
di decisioni; c) attuazione delle decisioni prese;  d)  effettuazione
delle verifiche. 
   Per quanto concerne l'individuazione specifica di  quali  siano  i
dipendenti pubblici interessati dalla misura, la lettura  sistematica
delle disposizioni normative, (co. 4, lett. e), e  co.  5,  lett.  b)
dell'art. 1 della l. 190/2012), tenuto anche  conto  della  finalita'
sostanziale della misura e dello scopo della norma  e,  peraltro,  in
continuita' con le indicazioni gia' fornite nel PNA 2013, inducono  a
ritenere che l'ambito soggettivo sia  riferito  a  tutti  i  pubblici
dipendenti. 
Vincoli alla rotazione 
   Le condizioni in cui e' possibile  realizzare  la  rotazione  sono
strettamente connesse a vincoli di  natura  soggettiva  attinenti  al
rapporto  di  lavoro  e  a  vincoli  di  natura  oggettiva,  connessi
all'assetto organizzativo dell'amministrazione. 
• Vincoli soggettivi 
   Le amministrazioni sono tenute ad  adottare  misure  di  rotazione
compatibili  con  eventuali  diritti   individuali   dei   dipendenti
interessati soprattutto laddove le misure si riflettono sulla sede di
servizio del dipendente. Si fa riferimento a  titolo  esemplificativo
ai diritti sindacali, alla legge 5 febbraio  1992  n.  104  (tra  gli
altri il permesso di assistere un familiare  con  disabilita')  e  al
d.lgs. 26 marzo 2001, n. 151 (congedo parentale). 
   Con riferimento all'applicabilita' della misura  della  rotazione,
se attuata tra sedi di lavoro differenti, nei confronti del personale
dipendente che riveste il ruolo di dirigente  sindacale,  si  ritiene
necessaria,    in    conformita'     con     recenti     orientamenti
giurisprudenziali,  una  preventiva   informativa   da   indirizzarsi
all'Organizzazione  sindacale  con   lo   scopo   di   consentire   a
quest'ultima di formulare in tempi brevi osservazioni e  proposte  in
ragione dei singoli casi. 
• Vincoli oggettivi 
   La rotazione va  correlata  all'esigenza  di  assicurare  il  buon
andamento e la continuita' dell'azione amministrativa e di  garantire
la  qualita'  delle  competenze  professionali  necessarie   per   lo
svolgimento di talune attivita' specifiche, con particolare  riguardo
a quelle con elevato contenuto tecnico. Si tratta  di  esigenze  gia'
evidenziate dall'ANAC nella propria delibera n.  13  del  4  febbraio
2015, per l'attuazione dell'art. 1, co. 60 e 61, della  l.  190/2012,
ove si esclude che la rotazione possa implicare  il  conferimento  di
incarichi a soggetti privi delle competenze necessarie per assicurare
la continuita' dell'azione amministrativa. 
   Tra i condizionamenti all'applicazione  della  rotazione  vi  puo'
essere   quello    della    cosiddetta    infungibilita'    derivante
dall'appartenenza a categorie o  professionalita'  specifiche,  anche
tenuto conto di ordinamenti peculiari di  settore  o  di  particolari
requisiti di reclutamento. 
   Occorre tenere presente, inoltre, che sussistono alcune ipotesi in
cui e' la stessa legge  che  stabilisce  espressamente  la  specifica
qualifica professionale che  devono  possedere  alcuni  soggetti  che
lavorano in determinati uffici, qualifica direttamente correlata alle
funzioni attribuite a detti uffici; cio' avviene di norma nei casi in
cui lo svolgimento di una prestazione e'  direttamente  correlato  al
possesso  di  un'abilitazione  professionale  e  all'iscrizione   nel
relativo albo. 
   Nel caso in cui si tratti di categorie professionali omogenee  non
si  puo'  invocare  il  concetto  di  infungibilita'.  Rimane  sempre
rilevante, anche  ai  fini  della  rotazione,  la  valutazione  delle
attitudini e delle capacita' professionali del singolo. 
   Proprio per prevenire situazioni come questa, in cui la  rotazione
sembrerebbe esclusa da circostanze dovute esclusivamente alla elevata
preparazione di determinati dipendenti, le amministrazioni dovrebbero
programmare adeguate attivita' di  affiancamento  propedeutiche  alla
rotazione. 
Rotazione e formazione 
   La formazione e' una misura fondamentale  per  garantire  che  sia
acquisita dai dipendenti la qualita' delle competenze professionali e
trasversali necessarie per dare luogo alla rotazione. Una  formazione
di  buon  livello  in  una  pluralita'  di  ambiti   operativi   puo'
contribuire a rendere il personale piu' flessibile e  impiegabile  in
diverse  attivita'.  Si  tratta,  complessivamente,   attraverso   la
valorizzazione della formazione, dell'analisi dei carichi di lavoro e
di  altre  misure  complementari,  di  instaurare  un   processo   di
pianificazione volto a rendere fungibili le competenze,  che  possano
porre le basi per  agevolare,  nel  lungo  periodo,  il  processo  di
rotazione. 
   In una logica  di  formazione  dovrebbe  essere  privilegiata  una
organizzazione del lavoro che preveda periodi  di  affiancamento  del
responsabile di una certa attivita', con un altro operatore  che  nel
tempo potrebbe sostituirlo. Cosi' come dovrebbe  essere  privilegiata
la  circolarita'  delle  informazioni  attraverso   la   cura   della
trasparenza interna delle attivita', che, aumentando la  condivisione
delle  conoscenze  professionali  per  l'esercizio   di   determinate
attivita', conseguentemente aumenta le possibilita' di impiegare  per
esse personale diverso. 
Misure alternative in caso di impossibilita' di rotazione 
   Non sempre la rotazione e' misura che si puo'  realizzare,  specie
all'interno di amministrazioni di piccole  dimensioni.  In  casi  del
genere e' necessario che le  amministrazioni  motivino  adeguatamente
nel PTPC le ragioni  della  mancata  applicazione  dell'istituto.  In
questi casi le  amministrazioni  sono  comunque  tenute  ad  adottare
misure per evitare che il soggetto non sottoposto a  rotazione  abbia
il controllo esclusivo dei processi, specie di quelli piu' esposti al
rischio di corruzione. In particolare  dovrebbero  essere  sviluppate
altre misure organizzative di prevenzione che sortiscano  un  effetto
analogo a quello della rotazione, a cominciare, ad esempio, da quelle
di trasparenza. 
   A titolo esemplificativo potrebbero essere previste dal  dirigente
modalita' operative che favoriscano  una  maggiore  compartecipazione
del personale alle attivita' del proprio ufficio. Inoltre,  perlomeno
nelle aree identificate come piu' a rischio e per le istruttorie piu'
delicate, potrebbero essere promossi meccanismi di condivisione delle
fasi  procedimentali,  prevedendo  di   affiancare   al   funzionario
istruttore  un  altro  funzionario,  in  modo  che,  ferma   restando
l'unitarieta'  della  responsabilita'  del  procedimento  a  fini  di
interlocuzione esterna,  piu'  soggetti  condividano  le  valutazioni
degli elementi rilevanti per la decisione finale dell'istruttoria. 
   Altro criterio  che  potrebbe  essere  adottato,  in  luogo  della
rotazione, e'  quello  di  attuare  una  corretta  articolazione  dei
compiti e  delle  competenze.  Infatti,  la  concentrazione  di  piu'
mansioni e piu' responsabilita' in capo ad  un  unico  soggetto  puo'
esporre l'amministrazione  a  rischi  come  quello  che  il  medesimo
soggetto possa compiere errori o tenere comportamenti scorretti senza
che questi vengano alla luce. Sarebbe auspicabile, quindi, che  nelle
aree a rischio le varie fasi procedimentali  siano  affidate  a  piu'
persone, avendo  cura  in  particolare  che  la  responsabilita'  del
procedimento  sia  sempre  assegnata  ad  un  soggetto  diverso   dal
dirigente, cui compete l'adozione del provvedimento finale. 
Attuazione della rotazione 
   Per l'attuazione della misura e' necessario che  l'amministrazione
nel  proprio  PTPC  chiarisca  i  criteri,  individui  la  fonte   di
disciplina e sviluppi  un'adeguata  programmazione  della  rotazione.
Tali contenuti sono mirati ad evitare che la rotazione sia  impiegata
al di fuori di un programma predeterminato e possa  essere  intesa  o
effettivamente utilizzata in maniera non funzionale alle esigenze  di
prevenzione di fenomeni di cattiva amministrazione e corruzione. 
- Criteri della rotazione e informativa sindacale 
   Il PTPC deve indicare i criteri della rotazione. Tra i criteri  vi
sono, ad esempio:  a)  quello  dell'individuazione  degli  uffici  da
sottoporre a rotazione; b) la  fissazione  della  periodicita'  della
rotazione; c) le caratteristiche della  rotazione,  se  funzionale  o
territoriale. 
   Sui criteri di rotazione declinati  nel  PTPC  le  amministrazioni
devono dare preventiva e adeguata  informazione  alle  organizzazioni
sindacali, cio' al fine di consentire a queste ultime  di  presentare
proprie osservazione e proposte. Cio' non comporta l'apertura di  una
fase di negoziazione in materia. 
- Fonti della disciplina in materia di rotazione 
   Se e' necessario che il PTPC di ogni  amministrazione  contenga  i
criteri di rotazione, lo stesso, invece, puo' rinviare la  disciplina
della rotazione a ulteriori atti organizzativi. A  tal  fine  possono
essere utili i regolamenti di organizzazione sul  personale  o  altri
provvedimenti  di  carattere  generale  gia'  adottati.  Il  PTPC  e'
necessario chiarisca sempre qual e' l'atto a cui si rinvia. 
   Per quanto riguarda la rotazione dei  dirigenti,  il  PTPC  potra'
rinviare  alla  disciplina  piu'  specifica   quale   la   "direttiva
incarichi" o atti equivalenti. 
- Programmazione pluriennale della rotazione 
   E'  fondamentale  che  la  rotazione  sia  programmata   su   base
pluriennale,  tenendo  in  considerazione  i  vincoli  soggettivi   e
oggettivi come sopra descritti, dopo che sono  state  individuate  le
aree a rischio corruzione e al loro interno gli  uffici  maggiormente
esposti a fenomeni corruttivi. Cio' consente di  rendere  trasparente
il processo di rotazione e di stabilirne i nessi con le altre  misure
di prevenzione della corruzione. La  programmazione  della  rotazione
richiede non solo il coordinamento del RPCT, ma anche  e  soprattutto
il forte coinvolgimento di tutti i  dirigenti  e  dei  referenti  del
RPCT, se presenti  all'interno  della  struttura.  Come  ogni  misura
specifica, la rotazione  deve  essere  calibrata  in  relazione  alle
caratteristiche peculiari di ogni struttura  (dimensione  e  relativa
dotazione organica, qualita'  del  personale  addetto,  modalita'  di
funzionamento  degli  uffici,  distribuzione  del  lavoro   e   delle
mansioni). 
- Gradualita' della rotazione 
   Tenuto  conto  dell'impatto  che  la  rotazione   ha   sull'intera
struttura  organizzativa,  e'  consigliabile  programmare  la  stessa
secondo  un  criterio  di  gradualita'   per   mitigare   l'eventuale
rallentamento dell'attivita' ordinaria. A tal  fine  dovranno  essere
considerati, innanzitutto, gli uffici  piu'  esposti  al  rischio  di
corruzione,  per  poi  considerare  gli  uffici  con  un  livello  di
esposizione al rischio piu' basso. 
   Con  specifico  riferimento  al  personale  non  dirigenziale,  il
criterio della gradualita' implica, ad  esempio,  che  le  misure  di
rotazione riguardino in primo luogo i responsabili  dei  procedimenti
nelle aree a piu'  elevato  rischio  di  corruzione  e  il  personale
addetto a funzioni e compiti a diretto contatto con il pubblico. 
   Allo scopo di evitare che  la  rotazione  determini  un  repentino
depauperamento delle conoscenze e delle  competenze  complessive  dei
singoli uffici interessati, potrebbe risultare utile  programmare  in
tempi diversi, e quindi non simultanei,  la  rotazione  dell'incarico
dirigenziale e del  personale  non  dirigenziale  all'interno  di  un
medesimo ufficio. 
- Monitoraggio e verifica 
   Nel PTPC e' necessario siano indicate le modalita' attraverso  cui
il RPCT effettua il monitoraggio riguardo all'attuazione delle misure
di rotazione previste e  al  loro  coordinamento  con  le  misure  di
formazione. In ogni caso, tanto  gli  organi  di  indirizzo  politico
amministrativo   che   i   dirigenti   generali,   con    riferimento
rispettivamente agli incarichi dirigenziali di livello generale e  al
personale dirigenziale, sono tenuti a mettere a disposizione del RPCT
ogni  informazione  utile  per  comprendere  come  la  misura   venga
progressivamente applicata e quali  siano  le  eventuali  difficolta'
riscontrate.  Analogamente,  il  dirigente  con  responsabilita'   in
materia di formazione rende disponibile  al  RPCT  ogni  informazione
richiesta da quest'ultimo sull'attuazione delle misure di  formazione
coordinate con quelle di rotazione. 
   Nella relazione annuale il RPCT espone il  livello  di  attuazione
delle misure di rotazione e  delle  relative  misure  di  formazione,
motivando  gli  eventuali  scostamenti  tra  misure   pianificate   e
realizzate.  Quest'ultima,   insieme   alle   segnalazioni   comunque
pervenute all'Autorita', costituira' una base informativa  di  grande
rilievo da cui muovera' l'azione di vigilanza di ANAC. 
Rotazione del personale dirigenziale 
   Per  quanto  riguarda  i  dirigenti  la  rotazione  ordinaria   e'
opportuno venga programmata  e  sia  prevista  nell'ambito  dell'atto
generale approvato dall'organo di indirizzo  politico,  contenente  i
criteri di  conferimento  degli  incarichi  dirigenziali  che  devono
essere chiari e oggettivi. 
   Il PTPC di ogni amministrazione deve fare riferimento a tale  atto
generale (come, ad esempio, la Direttiva ministeriale che  disciplina
gli incarichi dirigenziali) ove vengono  descritti  i  criteri  e  le
modalita' per la rotazione dirigenziale. Cio' anche per  evitare  che
la  rotazione  possa  essere  impiegata  in  modo  poco  trasparente,
limitando l'indipendenza della dirigenza. 
   Per il personale dirigenziale, la  disciplina  e'  applicabile  ai
dirigenti di prima e di seconda fascia, o equiparati. 
   Negli  uffici  individuati  come  a  piu'   elevato   rischio   di
corruzione, sarebbe preferibile che  la  durata  dell'incarico  fosse
fissata al limite minimo legale. Alla  scadenza,  la  responsabilita'
dell'ufficio o del servizio dovrebbe essere  di  regola  affidata  ad
altro dirigente, a prescindere dall'esito della valutazione riportata
dal   dirigente   uscente.   Invero,   l'istituto   della   rotazione
dirigenziale, specie in determinate aree a rischio,  dovrebbe  essere
una  prassi  "fisiologica",  mai  assumendo  carattere  punitivo  e/o
sanzionatorio. 
   Essendo  la  rotazione  una  misura  che  ha  effetti   su   tutta
l'organizzazione di un'amministrazione, progressivamente la rotazione
dovrebbe essere applicata anche a  quei  dirigenti  che  non  operano
nelle aree a rischio. Cio' tra l'altro  sarebbe  funzionale  anche  a
evitare  che  nelle  aree  di  rischio  ruotino  sempre  gli   stessi
dirigenti.  La  mancata  attuazione  della  rotazione   deve   essere
congruamente motivata da parte  del  soggetto  tenuto  all'attuazione
della misura. 
- In prospettiva: rotazione del personale dirigenziale  in  relazione
alla legge 7 agosto 2015 n. 124 (c.d. Legge Madia) 
   Le questioni  organizzative  che  si  pongono  a  proposito  della
rotazione  della  dirigenza  sono  di  diverso  tenore.  Una   decisa
influenza  su  di  esse  avra'  l'effettiva  adozione   del   decreto
legislativo di attuazione di quanto disposto dall'art.  11  della  l.
124/2015, che prevede la costituzione di ruoli unici per la dirigenza
e soprattutto modalita' di affidamento degli  incarichi  dirigenziali
attraverso un  "interpello"  al  quale  possono  rispondere  tutti  i
dirigenti appartenenti ai ruoli. Tutto questo, in prospettiva, potra'
favorire la rotazione dei  dirigenti  fino  a  rendere  probabilmente
ininfluente l'elemento della  limitata  disponibilita'  di  dirigenti
nelle amministrazioni di piccole e medie dimensioni,  potendo  queste
contare su un mercato delle professionalita' dirigenziali  reso  piu'
ampio. 
Rotazione del personale non dirigenziale 
   La rotazione ordinaria del personale non dirigenziale puo'  essere
effettuata o all'interno dello stesso ufficio o  tra  uffici  diversi
nell'ambito della stessa amministrazione. La rotazione e' applicabile
anche ai  titolari  di  posizione  organizzativa,  nei  casi  in  cui
nell'amministrazione il personale  dirigenziale  sia  carente  o  del
tutto assente. 
   Puo' essere citato, quale esempio di best practice,  quello  messo
in atto da un Comune del nord Italia che ha favorito la rotazione tra
i propri funzionari,  attraverso  una  procedura  di  interpello  per
individuare candidature a ricoprire ruoli di posizione  organizzativa
e alta professionalita', nonche'  prevedendo  la  non  rinnovabilita'
dello stesso incarico per quanto riguarda i titolari delle  posizioni
organizzative (9). 
- Rotazione nell'ambito dello stesso ufficio 
   Il personale potrebbe essere fatto ruotare  nello  stesso  ufficio
periodicamente,  con  la  rotazione  c.d.  "funzionale",  ossia   con
un'organizzazione del lavoro basata su  una  modifica  periodica  dei
compiti e delle responsabilita' affidati  ai  dipendenti.  Cio'  puo'
avvenire, ad esempio, facendo ruotare periodicamente  i  responsabili
dei procedimenti o delle relative istruttorie;  applicando  anche  la
rotazione dei funzionari che facciano parte  di  commissioni  interne
all'ufficio o all'amministrazione. Ancora, a titolo  esemplificativo,
nel caso di uffici a diretto contatto con il pubblico che hanno anche
competenze di back office, si potrebbe prevedere l'alternanza di  chi
opera a diretto contatto con  il  pubblico,  in  alcuni  uffici  (es.
Soprintendenze) potrebbe essere opportuno  modificare  periodicamente
l'ambito   delle   competenze   territoriali   affidate   a   ciascun
funzionario. 
- Rotazione nella stessa amministrazione tra uffici diversi 
   Nell'ambito della  programmazione  della  rotazione,  puo'  essere
prevista una rotazione funzionale tra uffici diversi.  La  durata  di
permanenza  nell'ufficio   deve   essere   prefissata   da   ciascuna
amministrazione secondo criteri di ragionevolezza, tenuto conto anche
delle esigenze organizzative. 
   In altro modo,  nelle  strutture  complesse  o  con  articolazioni
territoriali,  la  rotazione  puo'  avere  carattere  di   "rotazione
territoriale", nel rispetto delle garanzie accordate dalla  legge  in
caso  di  spostamenti  di  questo  tipo.  Sull'argomento  l'ANAC   e'
intervenuta evidenziando come la rotazione territoriale possa  essere
scelta  dall'amministrazione  ove  la  stessa  sia  piu'   funzionale
all'attivita' di prevenzione e non si ponga in contrasto con il  buon
andamento  e  la   continuita'   dell'attivita'   amministrativa,   a
condizione che i criteri di rotazione siano previsti nel PTPC  o  nei
successivi atti attuativi e le scelte effettuate  siano  congruamente
motivate (10). 
- In prospettiva: rotazione tra amministrazioni diverse 
   Attualmente non vi sono le condizioni normative per realizzare  la
rotazione fra amministrazioni diverse. L'art. 30, co. 1,  del  d.lgs.
165/2001, come  novellato  dal  d.l.  90/2014,  ha  previsto  che  le
amministrazioni  possono  ricoprire  i  posti  vacanti  in   organico
mediante passaggio diretto di dipendenti. 
   Il medesimo art. 30, co.  2,  dispone  che  i  dipendenti  possono
essere trasferiti, previo accordo tra le amministrazioni interessate,
in altra amministrazione, in  sedi  collocate  nel  territorio  dello
stesso comune ovvero a distanza non superiore a cinquanta  chilometri
dalla sede cui sono adibiti. Mobilita' e  rotazione,  pero',  in  tal
caso, rispondono, tuttavia, a  finalita'  diverse.  La  mobilita'  di
personale puo' favorire  il  crearsi  delle  condizioni  che  rendono
possibile la rotazione, specie laddove esistono carenze di organico. 
   In prospettiva,  l'Autorita'  auspica  modifiche  legislative  che
possano consentire la  rotazione  tra  amministrazioni,  valorizzando
forme  aggregative  attraverso  convenzioni  fra  enti   territoriali
limitrofi e uniformi (comuni,  aziende  sanitarie,  zone  sociali)  o
unioni di  comuni.  Al  riguardo,  l'Autorita'  si  riserva  di  fare
un'apposita segnalazione al Governo e al Parlamento. 
7.2.3 Rotazione straordinaria nel caso di avvio di procedimenti 
penali o disciplinari per condotte di natura corruttiva 
   Come gia' sopra richiamato, l'art. 16, co. 1, lett. l-quater)  del
d.lgs. 165/2001 dispone che i  dirigenti  degli  uffici  dirigenziali
generali «provvedono  al  monitoraggio  delle  attivita'  nell'ambito
delle quali e' piu' elevato il rischio corruzione svolte nell'ufficio
a cui sono  preposti,  disponendo,  con  provvedimento  motivato,  la
rotazione del personale nei casi di avvio di  procedimenti  penali  o
disciplinari per condotte di natura corruttiva» (11), senza ulteriori
specificazioni. Naturalmente restano ferme le altre  misure  previste
in relazione alle varie forme di responsabilita'. 
   Certamente dalla stessa si desume l'obbligo per  l'amministrazione
di  assegnare  il  personale  sospettato  di   condotte   di   natura
corruttiva, che abbiano o meno rilevanza penale, ad  altro  servizio.
Si tratta, quindi, di una misura di carattere eventuale  e  cautelare
tesa a garantire che nell'area ove si sono verificati i fatti oggetto
del procedimento penale o disciplinare siano attivate  idonee  misure
di prevenzione del rischio corruttivo. 
   Per quanto attiene  all'ambito  soggettivo  di  applicazione,  dal
testo normativo sembra evincersi che  detta  forma  di  rotazione  in
quanto applicabile al "personale" sia da intendersi riferibile sia al
personale dirigenziale, sia non dirigenziale. Ulteriore elemento  che
avvalora la tesi prospettata deriva dalla lettura  sistematica  della
norma che e'  collocata  nel  Capo  II,  Dirigenza  e,  pertanto,  la
rotazione  potrebbe  essere  ipotizzata  almeno  nei  confronti   dei
dirigenti di seconda fascia, che potrebbero essere fatti ruotare  con
decisione del direttore generale. 
   Mentre per il personale non dirigenziale la rotazione  si  traduce
in una assegnazione del dipendente ad altro ufficio o  servizio,  nel
caso di personale dirigenziale, ha modalita'  applicative  differenti
comportando la revoca dell'incarico dirigenziale e, se del  caso,  la
riattribuzione di altro incarico. 
   Per quanto attiene all'ambito oggettivo, e dunque alle fattispecie
di illecito che l'amministrazione e' chiamata a tenere  in  conto  ai
fini della decisione di far scattare o meno la misura della rotazione
straordinaria,  vista  l'atipicita'  del  contenuto  della   condotta
corruttiva indicata dalla norma e, in attesa di chiarimenti da  parte
del legislatore, si riterrebbe di  poter  considerare  potenzialmente
integranti le condotte corruttive anche i reati  contro  la  Pubblica
amministrazione e,  in  particolare,  almeno  quelli  richiamati  dal
d.lgs. 39/2013 che fanno  riferimento  al  Titolo  II,  Capo  I  «Dei
delitti dei pubblici ufficiali contro la  Pubblica  amministrazione»,
nonche' quelli indicati nel d.lgs. 31 dicembre 2012 ,  n.  235  (12).
Oltre ai citati  riferimenti,  piu'  in  generale,  l'amministrazione
potra' porre a fondamento della decisione di far ruotare il personale
la riconduzione del comportamento  posto  in  essere  a  condotta  di
natura  corruttiva  e   dunque   potranno   conseguentemente   essere
considerate anche altre fattispecie di reato. 
   In ogni caso, l'elemento di particolare rilevanza  da  considerare
ai fini dell'applicazione della norma, e'  quello  della  motivazione
adeguata del provvedimento con cui viene disposto lo spostamento. 
   Si evidenzia, infine, che il Presidente dell'ANAC e'  destinatario
delle informative del pubblico  ministero  quando  esercita  l'azione
penale per i delitti di cui agli articoli  317,  318,  319,  319-bis,
319-ter, 319-quater, 320, 321, 322, 322-bis, 346-bis, 353  e  353-bis
del codice penale, ai sensi dell'art. 129,  co.  3,  delle  norme  di
attuazione, di coordinamento e transitorie del  codice  di  procedura
penale, di cui al d.lgs. 28 luglio 1989 n. 271, come modificato dalla
legge 27 maggio 2015  n.  69.  In  tal  modo  l'Autorita',  informata
dell'esistenza  di  fatti  corruttivi,  potra'  esercitare  i  poteri
previsti  ai  sensi  dell'art.  1,  co.  3,  l.  190/2012,  chiedendo
all'amministrazione   pubblica   coinvolta   nel   processo    penale
l'attuazione della misura della rotazione. 
 
7.3 Verifica delle dichiarazioni sulla insussistenza delle cause di 
inconferibilita' 
   Tra le misure da programmare nel PTPC vi sono quelle relative alle
modalita' di attuazione delle disposizioni del  d.lgs.  39/2013,  con
particolare   riferimento   alle    verifiche    e    ai    controlli
dell'insussistenza di cause di inconferibilita' e di incompatibilita' 
di incarichi. 
   L'Autorita' si e' piu' volta pronunciata su  tale  materia  e  sta
adottando linee guida relative al  ruolo  e  funzioni  del  RPCT  nel
procedimento di accertamento delle inconferibilita' e delle 
incompatibilita', cui si rinvia. 
 
7.4 Revisione dei processi di privatizzazione e esternalizzazione di 
funzioni, attivita' strumentali e servizi pubblici 
   La  costituzione   di   enti   di   diritto   privato   (societa',
associazioni, fondazioni)  partecipate  o  controllate  da  pubbliche
amministrazioni e' un fenomeno molto esteso, che negli  ultimi  tempi
e' stato oggetto di attenzione da parte del legislatore, sia sotto il
profilo della moltiplicazione della spesa pubblica (spending review),
sia sotto il profilo dell'inefficienza della gestione. 
   Il fenomeno comprende la costituzione  di  soggetti  o  totalmente
partecipati dall'amministrazione, ovvero controllati per via  di  una
partecipazione  maggioritaria  al  capitale  sociale,   ovvero   solo
partecipati in via minoritaria. In totale, secondo la relazione ISTAT
2015, si tratterebbe di 7.757 enti. 
   A tali soggetti vengono sempre piu' spesso affidate, con procedure
diverse, che vanno dall'affidamento diretto, anche  previa  procedura
comparativa per la scelta del socio privato, fino all'affidamento  in
applicazione del codice dei contratti pubblici, attivita' di pubblico
interesse, che possono consistere: a) nello  svolgimento  di  vere  e
proprie   funzioni   pubbliche;   b)   nell'erogazione,   a    favore
dell'amministrazione affidante, di attivita' strumentali (circa 3.000
societa'  strumentali,  sempre   secondo   la   stessa   fonte);   c)
nell'erogazione,  a  favore  delle  collettivita'  di  cittadini,  di
servizi   pubblici   (nella   duplice   accezione,   di   derivazione
comunitaria, di "servizi di interesse  generale"  e  di  "servizi  di
interesse economico generale" (circa 1.700 societa'). 
   Molti di questi soggetti hanno  caratteri,  quanto  al  numero  di
addetti o  al  valore  della  produzione,  del  tutto  inadeguati  al
perseguimento dei fini istituzionali, ovvero  svolgono  attivita'  di
pubblico  interesse  che  si  sovrappongono  a  quelle  svolte  dalle
pubbliche amministrazioni. 
   Per questi motivi  il  legislatore  si  e'  posto  l'obiettivo  di
rivedere l'intera politica di costituzione di tali  enti  di  diritto
privato, al fine di evitare di costituire nel futuro  enti  destinati
allo spreco di risorse pubbliche e di ridurre in modo consistente  la
partecipazione  pubblica  in  tali  soggetti,  anche  attraverso   la
soppressione di enti e attraverso processi  di  "reinternalizzazione"
(cioe' di riconduzione di compiti alla  competenza  di  uffici  delle
stesse amministrazioni) delle attivita' di pubblico interesse. 
   In questa prospettiva si e' posta la l. 124/2015,  in  particolare
all'art. 18, nel delegare il Governo  alla  adozione  di  un  decreto
legislativo, vero e proprio  Testo  Unico,  «per  il  riordino  della
disciplina   in   materia   di   partecipazioni   societarie    delle
amministrazioni pubbliche». 
   In  attuazione  della  delega  il  Governo  ha  adottato  in   via
preliminare, il 20 gennaio 2016, uno schema di  decreto,  cui  si  e'
fatto riferimento nei precedenti paragrafi in merito alla definizione
delle societa' controllate, partecipate e quotate, che ha  a  oggetto
«la costituzione di societa' da parte  di  amministrazioni  pubbliche
nonche' l'acquisto, il mantenimento e la gestione  di  partecipazioni
da parte di tali amministrazioni in  societa'  a  totale  o  parziale
partecipazione pubblica, diretta o indiretta».  La  nuova  disciplina
riguarda, quindi, gli enti in forma  di  societa'  (per  azioni  o  a
responsabilita' limitata), ma non gli enti in forma associativa e  di
fondazione (art. 1, co. 4). 
   La nuova  disciplina,  al  fine  di  perseguire  gli  scopi  della
riconduzione  delle  partecipazioni   al   perseguimento   dei   fini
istituzionali dell'amministrazione e del massimo risparmio di risorse
pubbliche, detta regole piu' stringenti  sulle  procedure  di  scelta
quanto alla costituzione di  nuove  societa'  o  al  mantenimento  di
partecipazioni in atto,  che  devono  essere  oggetto  di  "analitica
motivazione" (art. 5) e di una  annuale  analisi  dell'assetto  delle
societa' di cui detengono partecipazione, anche attraverso un  "piano
di riassetto" o di "razionalizzazione" (art. 20). 
   Sono, poi, dettate  norme  sulle  finalita'  perseguibili  con  la
partecipazione in societa' (art. 4), sull'organizzazione  e  gestione
delle societa' a controllo pubblico, quali l'adozione di contabilita'
separate per la distinzione tra attivita'  di  pubblico  interesse  e
attivita' "svolte in regime di economia di mercato",  la  valutazione
del rischio aziendale, l'adozione di piu'  qualificati  strumenti  di
"governo societario" (art. 6),  la  gestione  del  personale  secondo
regole sul reclutamento che avvicinino tali societa'  al  regime  del
lavoro con le pubbliche amministrazioni (art. 19). 
   Il  legislatore  persegue,  quindi,   in   materia   di   societa'
partecipate, un  obiettivo  di  razionalizzazione  e  di  piu'  netta
distinzione  tra  attivita'  di  pubblico  interesse,   che   possono
giustificare  il  mantenimento  di  societa'  in   controllo   o   di
partecipazioni minoritarie, e attivita'  economiche  di  mercato,  da
lasciare a soggetti privati non partecipati, soprattutto al  fine  di
garantire la libera concorrenza  e  la  riduzione  degli  sprechi  di
risorse pubbliche. 
   Considerato dal punto di vista della prevenzione della  corruzione
e della trasparenza il fenomeno qui esaminato (tenendo  conto  quindi
anche degli enti di diritto privato diversi dalle societa')  presenta
specifiche criticita' che l'Autorita' ha potuto rilevare anche  nello
svolgimento della sua attivita' di vigilanza, quali: 
a) la minore garanzia di imparzialita' di coloro che  operano  presso
gli enti, sia per quanto riguarda gli amministratori sia  per  quanto
riguarda i funzionari, soprattutto quando gli enti siano  chiamati  a
svolgere attivita' di pubblico interesse di particolare  rilievo  (si
pensi allo svolgimento di funzioni pubbliche  affidate,  ovvero  allo
svolgimento di attivita' strumentali  strettamente  connesse  con  le
funzioni  pubbliche   principali   dell'amministrazione).   Per   gli
amministratori valgono norme attenuate quanto ai requisiti di  nomina
e norme solo civilistiche di responsabilita'. Per i  dipendenti  (con
qualifica dirigenziale o meno) non viene applicato il  principio  del
pubblico concorso; 
b) la maggiore distanza tra l'amministrazione affidante e il soggetto
privato affidatario, con maggiori  difficolta'  nel  controllo  delle
attivita' di pubblico interesse affidate; il  problema  e'  aggravato
dal fatto che in molti casi l'esternalizzazione  delle  attivita'  e'
motivata proprio dall'assenza,  nell'amministrazione,  di  competenze
professionali  adeguate;  in  questi  casi  l'attivita'   e'   svolta
dall'ente  privato  e  l'amministrazione  si   puo'   trovare   nella
difficolta' di controllarne l'operato perche' non e' nelle condizioni
di costituire adeguati uffici allo scopo; 
c) il moltiplicarsi di situazioni di conflitto di interessi  in  capo
ad amministratori che siano titolari  anche  di  interessi  in  altre
societa' e enti di diritto privato; 
d) la maggiore esposizione  delle  attivita'  di  pubblico  interesse
affidate agli enti privati alle pressioni di  interessi  particolari,
spesso  dovuta  al  fatto  obiettivo  dello  svolgimento  di  compiti
rilevanti connessi all'esercizio di funzioni pubbliche (si  pensi  ad
attivita'    istruttorie    svolte    a    favore    degli     uffici
dell'amministrazioni)  senza  le  garanzie  di  imparzialita'  e   di
partecipazione della legge sul procedimento amministrativo. 
   Nella prospettiva della prevenzione della corruzione, pertanto, il
presente PNA ritiene  di  indicare  alle  amministrazioni  pubbliche,
titolari di partecipazioni, soprattutto  di  controllo,  in  enti  di
diritto privato, ivi comprese quindi le associazioni e le fondazioni,
una serie di misure, coerenti con  il  processo  di  revisione  delle
partecipazioni avviato con il testo unico di attuazione dell'art.  18
della  l.  124/2015,  ma  mirate  in  modo  specifico  alla  maggiore
imparzialita' e alla trasparenza, con  particolare  riguardo  per  le
attivita' di pubblico interesse affidate agli enti partecipati. 
• E' opportuno che le amministrazioni  considerino  i  profili  della
prevenzione della corruzione tra quelli da tenere in conto nei  piani
di riassetto e  razionalizzazione  delle  partecipazioni.  In  questa
prospettiva  le  amministrazioni  valutano,  ai  fini  dell'analitica
motivazione per la costituzione di nuovi enti o del  mantenimento  di
partecipazione in essere, se la forma privatistica sia adeguata  alla
garanzia  dell'imparzialita'  e  della  trasparenza  delle   funzioni
affidate, considerando, a tal fine, ipotesi di  "reinternalizzazione"
dei compiti affidati. 
•  Le   amministrazioni   valutano   se   sia   necessario   limitare
l'esternalizzazione dei compiti di interesse pubblico. Cio'  vale  in
particolare  con   riferimento   alle   attivita'   strumentali;   le
amministrazioni dovrebbero vigilare perche' siano affidate agli  enti
privati partecipati le sole attivita' strumentali piu' "lontane"  dal
diretto  svolgimento  di  funzioni  amministrative.  Ad  esempio,  se
possono essere utilmente esternalizzate attivita' di  manutenzione  o
di pulizia, maggiore attenzione dovrebbe porsi per attivita' quali lo
svolgimento  di  accertamenti  istruttori  relativi  a   procedimenti
amministrativi  o  le  stesse  attivita'  di   informatizzazione   di
procedure amministrative. 
• Laddove si ritenga utile costituire una societa' mista  secondo  la
vigente normativa in materia, le amministrazioni individuano il socio
privato con  procedure  concorrenziali,  vigilando  attentamente  sul
possesso, da parte dei privati concorrenti,  di  requisiti  non  solo
economici e professionali, ma anche di quelli attinenti la  moralita'
e onorabilita'. 
•  Le  amministrazioni  sottopongono  gli  enti  partecipati  a  piu'
stringenti e frequenti controlli  sugli  assetti  societari  e  sullo
svolgimento  delle  attivita'  di  pubblico  interesse  affidate.  In
particolare, occorre avere riguardo alle procedure di affidamento  di
lavori, servizi e forniture,  alle  procedure  di  espropriazione  di
pubblico interesse, all'erogazione di servizi di interesse generale e
di interesse economico generale. L'esternalizzazione  puo',  infatti,
giustificarsi  in  termini  di  maggiore  efficienza,   efficacia   e
economicita', ma non in termini di  attenuazione  delle  garanzie  di
imparzialita'.  Nella  valutazione  di   scelte   organizzative   tra
esternalizzazione  o  reinternalizzazione  va  considerato  anche  il
profilo della capacita'  dell'amministrazione  di  svolgere  adeguati
controlli. 
• Sempre qualora si ritenga di mantenere  in  vita  enti  di  diritto
privato a controllo pubblico destinati allo svolgimento di  attivita'
di pubblico interesse, le amministrazioni promuovono negli statuti di
questi enti, la separazione, anche dal punto di vista  organizzativo,
di tali attivita' da quelle svolte in  regime  di  concorrenza  e  di
mercato. Qualora  la  separazione  organizzativa  sia  complessa,  e'
necessario adottare il criterio della separazione  contabile  tra  le
due tipologie di attivita'. 
• Occorre promuovere l'introduzione negli enti di diritto  privato  a
controllo pubblico (cosi' come definiti  dal  testo  unico  attuativo
dell'art.  18  della  l.  124/2015),  quanto  alla   disciplina   del
personale, di regole che avvicinino tale  personale  a  quello  delle
pubbliche amministrazioni, ai fini della garanzia dell'imparzialita'. 
Cio' comporta, nel rispetto dei principi richiamati dall'art. 19, co. 
3, dello schema di testo unico, l'adozione di  procedure  concorsuali
per  il   reclutamento,   sottratte   alla   diretta   scelta   degli
amministratori  degli  enti,  nonche'  procedure  di  affidamento  di
incarichi equivalenti agli  incarichi  dirigenziali  nelle  pubbliche
amministrazioni  che  diano  analoghe  garanzie   di   imparzialita',
soprattutto qualora tali incarichi siano relativi ad uffici cui  sono
affidate le attivita' di pubblico interesse (nella misura in  cui  e'
stato possibile separare organizzativamente  tali  uffici).  Comporta
altresi' il riconoscimento in capo ai  responsabili  di  tali  uffici
(comunque delle attivita'  di  pubblico  interesse)  di  garanzie  di
autonomia gestionale comparabili con quelle riconosciute ai dirigenti
delle pubbliche  amministrazioni.  Comporta,  poi,  l'applicazione  a
questo  personale  delle  regole  sulla  trasparenza  secondo  quanto
previsto dal d.lgs. 33/2013. 
   Le amministrazioni promuovono, infine, l'applicazione al personale
degli  enti  a  controllo  pubblico  dei  codici  di   comportamento,
vigilando   anche   sugli   effetti   giuridici,   in   termini    di
responsabilita' disciplinare, della violazione  dei  doveri  previsti
nei codici, in piena analogia con quanto e' disposto per il personale
delle pubbliche amministrazioni. 
 
7.5 Whistleblowing 
   La tutela del dipendente pubblico che segnala  illeciti  e'  stata
introdotta nel nostro ordinamento quale misura di  prevenzione  della
corruzione, imponendo peraltro alle  amministrazioni  di  individuare
una procedura finalizzata a garantire tale tutela e  a  stimolare  le
segnalazioni da parte del dipendente.  Quale  misura  di  prevenzione
della corruzione, il whistleblowing deve trovare posto  e  disciplina
in ogni PTPC. A tal proposito e' visto con favore da parte di  questa
Autorita' l'inserimento di misure che vadano nella prospettiva di 
riforma dell'istituto di seguito elencate. 
   Per colmare le lacune della norma e indirizzare le amministrazioni
nell'utilizzo di  tale  strumento  di  prevenzione  della  corruzione
l'Autorita' ha adottato la determinazione n. 6  del  28  aprile  2015
«Linee guida in materia di tutela del dipendente pubblico che segnala 
illeciti» da ritenersi integralmente qui recepita. 
   Si  sottolinea  la  necessita'  che  la  segnalazione,  ovvero  la
denuncia,  sia  "in  buona  fede":  la  segnalazione  e'   effettuata
nell'interesse  dell'integrita'   della   pubblica   amministrazione;
l'istituto,  quindi,  non  deve  essere   utilizzato   per   esigenze
individuali, ma finalizzato a promuovere l'etica e l'integrita' nella 
pubblica amministrazione. 
   Particolare   attenzione   deve   essere   posta    dai    vertici
dell'amministrazione e  dal  RPCT  affinche'  non  si  radichino,  in
conseguenza dell'attivita' svolta dal RPCT, comportamenti 
discriminatori. 
   Si richiamano, infine, le pubbliche  amministrazioni  al  rispetto
dell'art. 54-bis del  d.lgs.  165/2001  e,  in  particolar  modo,  si
evidenzia che non vi e' una gerarchia fra i  canali  di  segnalazioni
previsti  dal  legislatore,   non   dovendosi,   quindi,   sanzionare
(disciplinarmente) il dipendente che non si rivolge all'interno della
propria amministrazione per denunciare situazioni di 
maladministration. 
   Si ricorda che l'Autorita' si sta dotando di una piattaforma  Open
Source  basata  su  componenti  tecnologiche  stabili  e   ampiamente
diffuse: si tratta di un sistema in grado  di  garantire,  attraverso
l'utilizzazione di tecnologie di crittografia moderne e standard,  la
tutela della  confidenzialita'  dei  questionari  e  degli  allegati,
nonche' la riservatezza dell'identita' dei segnalanti. La piattaforma
sara' messa a disposizione delle amministrazioni,  consentendo  cosi'
da parte di  ciascuna  di  esse  un  risparmio  di  risorse  umane  e
finanziarie nel dotarsi della tecnologia necessaria per adempiere al 
disposto normativo. 
 
 
   PARTE SPECIALE - APPROFONDIMENTI 
 
 
   I - PICCOLI COMUNI 
 
Premessa 
   Le indicazioni fornite in  questo  approfondimento  del  PNA  sono
rivolte ai piccoli comuni, enti locali  di  dimensioni  organizzative
ridotte, che, anche dall'esame dei  PTPC  dall'Autorita',  presentano
difficolta'  nell'applicazione  della  normativa   anticorruzione   e
trasparenza,  spesso  a  causa  dell'esiguita'  di  risorse  umane  e
finanziarie a disposizione. Lo stesso  legislatore,  nella  novellata
disciplina in materia di prevenzione della corruzione e  trasparenza,
ha rivolto particolare attenzione a tali enti al  fine  di  agevolare
l'applicazione della normativa, individuando modalita' organizzative 
e attuative semplificate. 
 
 
1. I "piccoli comuni" nella normativa di prevenzione della corruzione
Per delimitare l'ambito di applicazione delle indicazioni relative ai
piccoli comuni, occorre identificare un criterio idoneo ad assicurare
chiarezza nell'applicazione della disciplina in tema  di  prevenzione
della  corruzione.  Si  ritiene  che  tale  criterio   possa   essere
rappresentato dal numero di abitanti, facendo  rientrare  nel  novero
dei  piccoli  comuni  quelli  con  popolazione  inferiore  a   15.000
abitanti. 
   Tale criterio riprende quello utilizzato dagli artt. 71 e  73  del
decreto legislativo 8 agosto 2000, n. 267  (Testo  Unico  degli  Enti
Locali, di  seguito  TUEL)  per  disciplinare  i  differenti  sistemi
elettorali vigenti negli enti locali. Esso distingue i comuni in  due
categorie a seconda  che  il  numero  di  abitanti  sia  inferiore  o
superiore a 15.000 riconoscendo, per quelli  rientranti  nella  prima
categoria, rilevanti semplificazioni. 
   L'Autorita', inoltre, ha tenuto conto di quanto previsto nell'art.
3, co. 1-ter, del d.lgs. 33/2013, introdotto dal d.lgs. 97/2016,  che
dispone che «L'Autorita' nazionale anticorruzione puo', con il  Piano
Nazionale  Anticorruzione,  nel  rispetto  delle   disposizioni   del
presente decreto,  precisare  gli  obblighi  di  pubblicazione  e  le
relative modalita'  di  attuazione,  in  relazione  alla  natura  dei
soggetti, alla loro dimensione organizzativa e alle attivita' svolte,
prevedendo in particolare modalita' semplificate  per  i  comuni  con
popolazione inferiore a 15.000 abitanti, per  gli  ordini  e  collegi
professionali». 
   E' stata altresi' seguita un'indicazione di fondo sul  favore  per
forme associative al fine della  predisposizione  dei  PTPC  espressa
nell'art. 1, co. 6, della l. 190/2012,  come  sostituito  dal  d.lgs.
97/2016, secondo cui «i comuni con  popolazione  inferiore  a  15.000
abitanti possono aggregarsi per definire in comune,  tramite  accordi
ai sensi dell'articolo 15 della legge 7 agosto 1990, n. 241, il piano
triennale per la prevenzione della corruzione, secondo le indicazioni
contenute nel Piano nazionale anticorruzione». 
 
2. Valutazione dei PTPC dei piccoli comuni 
   Dall'analisi del campione di PTPC  2016  di  piccoli  comuni  (13)
svolta  dall'Autorita'  si  e'  rafforzata   la   convinzione   della
necessita' di interventi  di  semplificazione  dell'attuazione  della
normativa per gli enti  di  piccoli  dimensioni,  in  una  logica  di
ausilio e sostegno e non derogatoria della normativa. Cio' al fine di
fornire ai piccoli comuni un supporto per evitare che le attivita' di
individuazione e attuazione delle misure organizzative di prevenzione
della corruzione siano intese come un mero  adempimento  burocratico,
piuttosto che come un processo costante e sinergico finalizzato  alla
ricerca di maggiore funzionalita' e - di conseguenza - alla 
prevenzione di fenomeni di maladministration. 
   Gli esiti della  valutazione  hanno  evidenziato  in  particolare,
rispetto a quanto gia' riportato nel § 2 della parte generale, le 
seguenti criticita': 
- difficolta' di individuare eventi rischiosi e di effettuare la 
gestione del rischio; 
- carente analisi del contesto esterno ed interno in oltre  la  meta'
dei PTPC analizzati e la quasi totale assenza di un sistema di 
monitoraggio sull'implementazione del PTPC; 
- genericita' delle misure individuate, presentate  per  lo  piu'  in
forma di elenco e prevalentemente limitate a quelle relative alla 
formazione, al whistleblowing e al codice di comportamento; 
- insufficienti o generiche indicazioni delle prerogative attribuite 
al RPCT per lo svolgimento dei propri compiti. 
 
3. Prevenzione della corruzione nelle forme associative tra enti 
locali 
   Alla luce  delle  valutazioni  riportate  sopra,  si  ritiene  che
l'esigua  dimensione  organizzativa,  la  proiezione   esclusivamente
locale delle scelte amministrative e  la  conseguente  frammentazione
della strategia  di  contrasto  alla  corruzione  tra  le  molteplici
realta' locali rappresentino gravi ostacoli a un  efficace  contrasto
alla corruzione. 
   Le  indicazioni  che  seguono,   pertanto,   sono   principalmente
indirizzate a  favorire  forme  di  aggregazione  tra  i  comuni  che
consentano, da un lato, di garantire idoneita' di risorse e  mezzi  e
dall'altro di assicurare una risposta alla corruzione non solo locale
ma piu' propriamente territoriale e unitaria. 
   A questo scopo, alcune delle semplificazioni e  degli  adattamenti
proposti si rivolgono esclusivamente ai comuni che abbiano deciso  di
operare  in  forma  associata,  mediante  le  unioni  di  comuni,  le
convenzioni e gli accordi, come previsto dall'art. 41, co.  1,  lett.
e) del d.lgs. 97/2016. Altre semplificazioni, di carattere  generale,
destinate tanto alle unioni e  alle  convenzioni  quanto  ai  singoli
comuni con popolazione  inferiore  a  15.000  abitanti,  sono  invece
analizzate nel § 4. 
   Il favor per l'associazione delle funzioni  sembra  in  linea  con
l'attuale processo legislativo di riorganizzazione degli enti  locali
di piccole dimensioni. Ci si  riferisce,  in  particolare,  a  quanto
previsto dall'art. 14, co. 31 ter, del decreto legge 31 maggio  2010,
n. 78 (convertito dalla legge 30 luglio 2010, n. 122) «Misure urgenti
in  materia  di  stabilizzazione  finanziaria  e  di   competitivita'
economica» che introduce, per i comuni con  popolazione  inferiore  a
5.000 abitanti, l'obbligo della  gestione  associata  delle  funzioni
fondamentali tramite unione o convenzione da attuare,  a  seguito  di
proroghe successive, entro il 31 dicembre 2016. 
   Con riferimento al tema delle funzioni  fondamentali,  si  ritiene
opportuno precisare fin da ora  che,  ad  avviso  dell'Autorita',  le
attivita'  in  tema  di  anticorruzione   e   trasparenza,   per   le
implicazioni gestionali e operative che comportano, dovrebbero essere
considerate all'interno della  funzione  di  organizzazione  generale
dell'amministrazione, a sua volta annoverata tra quelle  fondamentali
dall'art. 14, co. 27, del gia' citato d.l. 78/2010. 
   In base alle considerazioni esposte, si ritiene di dover far  leva
sul ricorso a unioni di comuni e a convenzioni, oltre che ad accordi,
come previsto dal d.lgs. 97/2016, per stabilire  modalita'  operative
semplificate, sia per la predisposizione del PTPC sia per  la  nomina
del RPCT. 
   Si precisa che l'applicabilita'  delle  indicazioni  del  presente
paragrafo prescinde dal numero complessivo di abitanti dei comuni che
fanno parte dell'unione o della convenzione. Il ricordato  favor  del
legislatore verso le forme  di  esercizio  associato  delle  funzioni
fondamentali comporta che le semplificazioni qui proposte  riguardino
forme associative tra piccoli comuni, ma anche forme associative  tra
piccoli comuni e comuni medio-grandi, con  le  quali  si  raggiungono
dimensioni organizzative dell'amministrazione comunale piu' adeguate,
tanto in termini di  funzionalita'  generale  quanto  in  termini  di
prevenzione della corruzione. 
 
3.1 Unioni di comuni 
   Dall'esame condotto sui PTPC e' emerso che  le  unioni  di  comuni
istituite ai sensi dell'art. 32 del TUEL (enti  locali  con  autonoma
personalita'  giuridica  di  diritto  pubblico  rispetto  ai   comuni
aggregati (14) ), hanno gia' svolto un ruolo di coordinamento 
nell'azione di prevenzione della corruzione. 
   In alcuni casi le unioni, infatti, non  solo  hanno  approvato  un
proprio PTPC con riferimento  alle  funzioni  trasferite  dai  comuni
aderenti e per le relative aree di rischio  ma  hanno,  al  contempo,
coordinato la  formazione  finalizzata  alla  stesura  dei  PTPC  dei
singoli  comuni,  essendo  questi  ultimi,  comunque,  obbligati   ad
adottare un Piano con riferimento alle funzioni  non  trasferite.  Il
coordinamento   nell'elaborazione   dei   PTPC   ha   consentito   di
semplificare l'attivita' dei singoli  comuni  coinvolti  mediante  la
condivisione del processo di individuazione delle aree di  rischio  e
dei criteri di valutazione dello stesso,  ma  soprattutto  attraverso
l'analisi del contesto esterno che ha considerato l'intero territorio 
dell'unione. 
   Di seguito sono indicati gli adattamenti della disciplina in  tema
di  prevenzione   della   corruzione   sia   con   riferimento   alla
predisposizione, adozione e attuazione del PTPC, sia con  riferimento
alla nomina e alle funzioni del RPCT. Le indicazioni che seguono 
trovano applicazione: 
- per le unioni istituite per l'esercizio obbligatorio delle funzioni 
fondamentali; 
- per le unioni istituite per l'esercizio associato facoltativo di 
specifiche funzioni. 
3.1.1 Il Piano triennale di prevenzione della corruzione 
   In caso di unione di comuni, si puo' prevedere la  predisposizione
di un unico PTPC distinguendo, in applicazione del criterio 
dell'esercizio della funzione, a seconda se ci si riferisca a: 
    - funzioni svolte direttamente dall'unione; 
    - funzioni rimaste in capo ai singoli comuni. 
   Rientrano  tra  le  competenze  dell'unione  la   predisposizione,
l'adozione e l'attuazione del PTPC e delle  misure  organizzative  in
esso contenute, relativamente alle  funzioni  trasferite  all'unione.
Cio' in coerenza con il principio secondo  cui  spetta  all'ente  che
svolge  direttamente  le  funzioni   la   mappatura   dei   processi,
l'individuazione delle aree di rischio e la programmazione delle 
misure di prevenzione a esse riferite. 
   Con riferimento alle altre funzioni, che restano in capo ai 
singoli comuni in quanto non svolte in forma associata: 
    - qualora lo statuto  dell'unione  preveda  l'associazione  della
funzione di  prevenzione  della  corruzione,  da  sola  o  a  seguito
dell'associazione  della  funzione  fondamentale  di  «organizzazione
generale dell'amministrazione, gestione  finanziaria  e  contabile  e
controllo», a  seguito  di  un  idoneo  coordinamento,  l'unico  PTPC
dell'unione puo' contenere anche le misure relative alle funzioni non
associate, svolte autonomamente dai singoli comuni. Qualora  si  opti
per  questa  modalita'  operativa  semplificata,   resta   ferma   la
responsabilita' diretta per l'attuazione delle misure di  prevenzione
in capo ai singoli comuni e, in particolare, ai soggetti incaricati 
dell'attuazione; 
    - in alternativa, ciascun ente puo' continuare a  predisporre  il
proprio PTPC, mutuando o rinviando al  PTPC  dell'unione  per  quelle
parti del PTPC comuni all'unione, con particolare riferimento 
all'analisi del contesto esterno. 
3.1.2 Responsabile della prevenzione della corruzione 
   La  legge  7  aprile  2014,  n.  56  «Disposizioni  sulle   citta'
metropolitane, sulle province, sulle unioni  e  fusioni  di  comuni»,
all'art. 1, co. 110, prevede  che  alcune  attivita'  possano  essere
svolte dalle unioni di comuni in forma associata anche per  i  comuni
che le costituiscono, con particolare riferimento  alle  funzioni  di
responsabile anticorruzione, svolte da un  funzionario  nominato  dal
presidente dell'unione tra i funzionari dell'unione e dei comuni  che
la compongono. Nella stessa direzione si muove la l.  190/2012,  art.
1, co. 7, come sostituito dal d.lgs. 97/2016, che prevede  che  nelle
unioni di comuni puo' essere nominato un unico responsabile della 
prevenzione della corruzione e della trasparenza. 
   Le funzioni di  RPCT  dell'unione  sono  pertanto  attribuite  dal
Presidente della Giunta al segretario comunale dell'unione o  di  uno
dei comuni aderenti o  a  un  dirigente  apicale,  salvo  espresse  e
motivate eccezioni, in coerenza con quanto previsto all'art.1, co. 7,
della  l.  190/2012,  come  modificato   dal   d.lgs.   97/2016.   In
alternativa,  laddove   ricorrano   valide   ragioni,   da   indicare
analiticamente nel provvedimento di nomina,  l'incarico  puo'  essere
assegnato ad altro funzionario dell'unione  o  dei  comuni  aderenti,
identificato  con  figure  dirigenziali,  o  titolari  di   posizione
organizzativa. In ogni caso non puo' trattarsi di un soggetto esterno
all'amministrazione, cioe' esterno a uno dei comuni facenti parte 
dell'unione (15). 
- Qualora i comuni abbiano associato anche la funzione di prevenzione
della corruzione, attribuendo all'unione la competenza a redigere  un
unico PTPC anche per le funzioni non trasferite, il RPCT  dell'unione
svolge le proprie funzioni anche per i comuni  associati.  In  questo
caso, tuttavia,  data  la  difficolta'  di  assicurare  un  capillare
controllo anche all'interno di questi ultimi,  per  le  funzioni  non
trasferite all'unione occorre che ciascun comune  nomini  al  proprio
interno un referente chiamato a verificare, dandone  conto  al  RPCT,
l'effettiva attuazione delle misure  nel  proprio  ente,  a  proporre
l'adozione di possibili ulteriori o diverse misure, ad assicurare  un
costante  flusso  informativo  nei  confronti  del  RPCT.  Come  gia'
precisato (Aggiornamento 2015  al  PNA,  parte  generale,  §  4.2)  i
referenti svolgono  attivita'  informativa  nei  confronti  del  RPCT
affinche' questi abbia elementi e riscontri sia per la formazione e 
il monitoraggio del PTPC sia sull'attuazione delle misure. 
    In questa prospettiva, al fine di rafforzare le  possibilita'  di
intervento  del  RPCT   e   garantire   autonomia   ed   effettivita'
dell'incarico mediante espressa previsione statutaria, e' necessario 
attribuire al RPCT dell'unione: 
- responsabilita' di proporre e sovrintendere all'attuazione del PTPC 
unico; 
- poteri di coordinamento anche all'interno dei  comuni,  avvalendosi
dei  referenti  nominati  e  dei  soggetti  che   svolgono   funzioni
dirigenziali. I poteri di coordinamento  e'  necessario  contemplino,
tra l'altro, la possibilita' di organizzare al meglio i flussi 
informativi tra gli uffici degli enti aderenti, referenti e RPCT; 
- poteri di vigilanza sull'attuazione delle misure di prevenzione.  I
poteri di vigilanza comprendono,  tra  l'altro,  la  possibilita'  di
approntare sistemi di verifica e controllo  dell'efficace  attuazione
delle misure  con  la  necessaria  collaborazione  dei  soggetti  che
svolgono funzioni dirigenziali e in generale dei dipendenti dei 
comuni aderenti all'unione; 
- adeguati poteri di interlocuzione con i referenti,  con  gli  altri
funzionari e con gli organi  di  controllo  dei  comuni  coinvolti  e
conseguente previsione di doveri professionali dei dirigenti e dei 
referenti di rispondere al RPCT. 
In questa ottica e' opportuno sottolineare il ruolo di  coordinamento
generale del RPCT a fronte di precise responsabilita'  di  attuazione
delle misure  che  spettano  ai  soggetti  che,  in  ciascun  comune,
svolgono ruoli di responsabilita' tecnico amministrativa (dirigenti, 
titolari di posizione organizzativa, funzionari). 
- Qualora gli enti facenti parte dell'unione  non  abbiano  associato
anche la funzione di prevenzione  della  corruzione  e  continuino  a
redigere autonomi PTPC per le funzioni non  trasferite,  ciascuno  di
essi e' tenuto a nominare il proprio RPCT. Questi svolge la  funzione
di referente del RPCT dell'unione per le funzioni ad essa  attribuite
garantendo, in particolare, la regolare corrispondenza dei flussi 
informativi. 
   Sia che i comuni abbiano deciso di  avvalersi  della  facolta'  di
redigere un solo PTPC, associando la funzione  di  prevenzione  della
corruzione (da sola  o  tramite  l'associazione  dell'«organizzazione
generale dell'amministrazione, gestione  finanziaria  e  contabile  e
controllo») sia che adottino  Piani  separati  per  le  funzioni  non
trasferite, puo'  essere,  comunque,  opportuno  attribuire  al  RPCT
dell'unione un ruolo di coordinamento nei riguardi di tutti gli  enti
e soggetti coinvolti nell'azione di prevenzione della corruzione che 
puo' riguardare, in particolare: 
    - la formazione del personale di tutti i comuni dell'unione; 
    - l'analisi del contesto esterno per la predisposizione dei PTPC.
Essa  potra'  svilupparsi  in   modo   unitario   considerando   come
riferimento l'intero territorio dell'unione ed  essere  svolta  anche
con il supporto tecnico e informativo  della  Prefettura  competente,
oltre che della provincia, in quanto ente territoriale di area  vasta
che esercita funzioni di assistenza tecnico-amministrativa agli  enti
locali, ai sensi dell'art.1, commi 85, lett. d), e  88,  l.  56/2014.
Nel caso di comuni  ricadenti  in  citta'  metropolitane,  tali  enti
potranno fornire il necessario ausilio con riguardo alla costituzione
di "zone omogenee" previste dalla l. 56/2014, art. 1, co.  11,  lett.
c). In merito si rinvia all'approfondimento II sulle citta' 
metropolitane, § 2.3. 
 
3.2 Convenzioni di Comuni 
   La convenzione ai sensi dell'art. 30 del TUEL - l'altra  modalita'
operativa  indicata  dalla  disciplina   sulle   gestione   aggregate
obbligatorie - e' attualmente la forma associativa piu' diffusa tra i
comuni, trattandosi di quella certamente piu'  flessibile,  anche  se
l'ordinamento sembra manifestare un minor favore verso questo modello
rispetto a quello dell'unione. 
   Anche per  le  convenzioni  sono  di  seguito  individuati  alcuni
possibili adattamenti della disciplina in tema di  prevenzione  della
corruzione, con particolare riferimento al PTPC e al ruolo del RPCT. 
3.2.1 Piano triennale di prevenzione della corruzione 
   Per i PTPC dei comuni che abbiano  stipulato  una  convenzione  ai
sensi dell'art. 30 del TUEL occorre distinguere le funzioni associate
dalle funzioni che  i  comuni  convenzionati  continuano  a  svolgere
autonomamente. 
   Con riferimento alle funzioni associate, e' il comune capofila  (o
l'ufficio appositamente istituito) a  dover  elaborare  la  parte  di
Piano concernente tali funzioni, programmando, nel proprio  PTPC,  le
misure di prevenzione, le  modalita'  di  attuazione,  i  tempi  e  i
soggetti responsabili. Per assicurare il necessario coordinamento con
gli altri comuni, occorre che questi ultimi, all'interno  dei  propri
PTPC,  recepiscano  la  mappatura  dei  processi  relativi  a   dette
funzioni. 
   Con riferimento alle funzioni non associate,  ciascun  comune  che
aderisce alla convenzione deve redigere il proprio PTPC. 
   A differenza di quanto previsto per  le  unioni,  non  si  ritiene
ammissibile per le convenzioni la possibilita' di  redigere  un  solo
PTPC,  anche  quando  i  comuni  abbiano  associato  la  funzione  di
prevenzione della corruzione o quando alla convenzione sia  demandata
la    funzione    fondamentale    di     «organizzazione     generale
dell'amministrazione, gestione finanziaria e contabile e  controllo».
A differenza dell'unione, infatti, la convenzione non da' vita  a  un
nuovo ente locale, dotato di una propria organizzazione e  di  propri
organi e rappresenta una forma meno stabile di cooperazione. 
   In ogni caso, sia per le funzioni associate sia per tutte le altre
e' opportuno assicurare un necessario coordinamento  delle  attivita'
legate alla gestione del rischio di corruzione. Il coordinamento  fra
i comuni convenzionati - come per le unioni - puo' riguardare: 
    - iniziative per la formazione in materia di anticorruzione; 
    - elaborazione di documenti condivisi per la predisposizione  dei
rispettivi PTPC, in particolare per l'analisi del contesto esterno e 
per le misure di prevenzione relative alle funzioni aggregate. 
   La  previsione  di   queste   forme   di   coordinamento   nonche'
l'attribuzione al RPCT del comune capofila dei  necessari  poteri  di
organizzazione e gestione delle conseguenti iniziative e  dei  flussi
informativi sono disciplinate nelle convenzioni con le quali si 
delibera l'associazione delle funzioni. 
   Ulteriore ipotesi  configurabile  per  i  comuni  con  popolazione
inferiore  ai  15.000  abitanti  e'  quella  della  stipula  di   una
convenzione ex art. 30 del TUEL o di un accordo ai sensi dell'art. 15
della legge 7 agosto 1990, n. 241 (art. 1, co. 6, l.  190/2012,  come
modificato dal d.lgs. 97/2016), unicamente allo scopo di definire in 
comune i PTPC di ogni singolo ente. 
   Il coordinamento nella definizione in comune del PTPC consente  di
semplificare l'attivita' dei singoli comuni coinvolti, attraverso  la
condivisione delle attivita' di formazione, dell'analisi del contesto
esterno, del processo di individuazione delle aree di rischio  e  dei
criteri di valutazione delle stesse. Resta fermo che  ciascun  comune
che aderisce alla convenzione o all'accordo, sulla base dei documenti
e delle attivita' condivise, adotta il proprio PTPC e nomina il 
proprio RPCT. 
3.2.2. Responsabile della prevenzione della corruzione 
   In virtu' delle considerazioni sopra espresse, i  comuni  aderenti
alla convenzione nominano ciascuno un  proprio  RPCT  anche  qualora,
tramite  la  convenzione,  decidano  di  aggregare  la  funzione   di
prevenzione della corruzione, o quella  di  «organizzazione  generale
dell'amministrazione, gestione finanziaria e contabile e controllo». 
   I compiti di  coordinamento  possono  essere  svolti  nelle  forme
ritenute piu' adeguate, in base all'assetto prescelto per la gestione
associata delle funzioni prevedendo, mediante espressa disciplina 
della convenzione: 
    - ove sia stato indicato un comune capofila, che il RPCT di 
questo ente possa espletare le funzioni di coordinamento; 
    - ove la convenzione preveda l'istituzione di un  ufficio  comune
per l'esercizio delle funzioni aggregate, che uno dei RPCT  -  scelto
tra quelli dei comuni convenzionati - svolga le descritte funzioni di 
coordinamento. 
   Il coordinamento delle attivita' finalizzate alla  predisposizione
dei PTPC nell'ambito della convenzione puo' essere esteso anche  alle
funzioni che restano di competenza dei singoli comuni; cio', al  fine
di  garantire  anche  per   queste   parti   dei   rispettivi   Piani
l'applicazione di criteri omogenei per la mappatura dei procedimenti,
l'individuazione delle aree di rischio e delle misure di prevenzione. 
Resta ferma sia la responsabilita' diretta dei RPCT di ogni comune in
ordine alla predisposizione del PTPC dell'ente locale, sia quella dei 
dirigenti per l'attuazione delle misure di prevenzione previste.