(Allegato-art. 6)
 
                               Art. 6. 
 
 
                      Legame con il territorio 
 
    Situato tra il Golfo di Lamezia e la  piana  di  Gioia  Tauro  il
territorio  di  produzione  e'  delimitato   a   nord   dalla   Piana
dell'Angitola, a sud dalla piana di  Rosarno  ad  ovest  dal  crinale
appenninico delle Serre catanzaresi. 
    In tale contesto crescono numerose essenze  vegetali  locali  che
rappresentano la principale fonte di  sostentamento  degli  ovini  al
pascolo, corrispondente ad almeno il 70%  della  loro  alimentazione.
Diffusi  anche  gli  arbusti  della  rigogliosa   e   folta   macchia
mediterranea  ancora  presente  nelle  zone   impervie   e   scoscese
dell'altopiano del Poro che sono oggetto di brucatura,  tra  i  quali
annoveriamo la ginestra, il mirto, l'olivastro selvatico, il lentisco
ed il biancospino (Simone Cesare Lombardi: Il Poro e la Costa di Capo
Vaticano, 2003). Sono proprio gli arbusti e le essenze vegetali della
macchia mediterranea a conferire sotto il profilo  organolettico  una
caratterizzazione distintiva («bouquet») rispetto agli altri formaggi
a  base  di  latte  ovino.  Gustando  il  Pecorino  sono  chiaramente
percepibili, oltre alla «pastosita'» del sapore, i sentori di erbe  e
fiori del Monte Poro ed un retrogusto lievemente  nocciolato/erbaceo:
infatti le sostanze odorifere delle erbe spontanee sono  liposolubili
e possono essere trasmesse al latte attraverso i grassi, e da  questi
al formaggio. Inoltre alcune  peculiarita'  del  processo  produttivo
garantiscono la presenza di questo  bouquet  distintivo;  tra  queste
possiamo evidenziare: 
      l'utilizzo di latte crudo  e  intero,  raccolto  e  trasformato
senza che venga  sottoposto  ad  alcun  trattamento  termico  che  ne
potrebbe modificare le caratteristiche organolettiche; 
      le basse temperature di lavorazione (32-38°C) che assicurano la
permanenza delle sostanze disciolte limitando  la  volatilita'  degli
aromi. 
    Il settore lattiero-caseario del comprensorio del Monte  Poro  e'
costituito sia da piccole  aziende  zootecniche  che  trasformano  la
materia  prima  in   caseifici   adiacenti,   sia   da   aziende   di
trasformazione che svolgono le loro attivita' produttive  all'interno
di stabilimenti dislocati nell'area di produzione di cui all'art.  3.
Grazie all'elevata incidenza della mano d'opera nel ciclo  produttivo
e all'uso di tecniche costanti tramandate a livello familiare, si  e'
riusciti a mantenere: 
      consolidato il legame del prodotto al territorio; 
      costante la qualita' del prodotto; 
      inalterata  la  rinomanza  vibonese  nella  trasformazione  del
latte. 
    Inoltre il fatto che la mano d'opera sia  ancora  presente  nella
fasi  di  trasformazione   evidenzia   un'alta   specializzazione   e
artigianalita' del sistema  produttivo,  che  rimane  inevitabilmente
legato a risorse umane difficilmente  reperibili  in  altri  contesti
territoriali. Le competenze specialistiche  influenzano  direttamente
la qualita' di taluni passaggi del ciclo produttivo (es.  cagliatura,
formatura, stagionatura) rendendo il formaggio in tal senso  «tipico»
perche' strettamente legato al territorio di produzione. 
    Oltre che nelle caratteristiche ambientali del Monte Poro  e  nei
metodi di lavorazione tradizionali illustrati, si riscontra un  forte
legame tra il prodotto  e  il  territorio  anche  nelle  consuetudini
alimentari e, soprattutto, nella  gastronomia  locale.  Di  fatti  il
«Pecorino del Monte Poro» e' estremamente ricercato dai ristoratori e
dalla popolazione del territorio rientrando  in  molti  piatti  della
cucina tradizionale vibonese. Numerose sono le preparazioni di questo
formaggio: come  antipasto,  insieme  a  pomodori  secchi,  salumi  e
ortaggi sott'olio; grattugiato sui primi piatti conditi con  sugo  di
carne di capretto o d'agnello e infine, a seconda del suo periodo  di
stagionatura,  come  formaggio  da  tavola  o  da   grattugia   nella
preparazione della minestra di fave  e  cicorie  selvatiche  e  delle
cipolle  gratinate.  In  particolare,  nel  periodo   pasquale,   per
tradizione, il  Pecorino  del  Monte  Poro  viene  consumato  fresco,
accompagnato da fave crude o da vini rossi tipici calabresi quali  il
Ciro', il Val di Neto e il Melissa. 
    A sostegno dell'utilizzo consolidato della denominazione proposta
e della reputazione acquisita sul territorio troviamo numerose  fonti
bibliografiche che citano il pecorino, le prime risalenti addirittura
al XVI secolo. Nell'opera «De antiquitate et situ Calabriae» del 1571
scritta dall'umanista e storico vibonese Gabriele Barrio di  Francica
(1506-1577), l'autore in riferimento al territorio di  Monteleone  di
Calabria (antico nome attribuito fino  al  1928  al  Comune  di  Vibo
Valentia) segnala come degne di nota le proprieta' di «un buon cascio
di cui si ha stima  in  tutte  le  parti  d'Italia».  Successivamente
l'economista  e  filosofo  reggino  Domenico  Grimaldi  da   Seminara
(1734-1805) nel capitolo  della  sua  opera  principale  «Saggio  per
l'economia campestre per la  Calabria  Ultra»  (1770)  relativo  alla
«Perfezione dei  latticini»  l'autore  si  sofferma  a  commentare  i
formaggi prodotti nel comprensorio di  Zaccanopoli  comune  dell'area
del Monte Poro (il cui nominativo,  come  illustrato  in  precedenza,
pare proprio derivare dal termino greco «zaccanos» ovvero recinto  di
pecore) come particolarmente rinomati e  apprezzati.  A  meta'  degli
anni  Ottanta,  il  prof.  Saverio  Di  Bella,  politico  e   docente
universitario originario di Vibo Valentia, nel volume «Rombiolo  anni
'80» (1985) fornisce  una  approfondita  testimonianza  bibliografica
della presenza consolidata  e  dell'importanza  socio-economia  della
pastorizia per  Rombiolo,  piccolo  comune  del  Monte  Poro  situato
all'interno dell'areale di produzione, e  a  proposito  del  prodotto
rileva che «[...] I formaggi e le ricotte di  pecora  del  Poro  sono
bianchi,  morbidi  e  saporiti,  grazie  ai  pascoli  ed  alla  vasta
produzione spontanea di origano. [...]». Nel 1991 viene pubblicata la
terza edizione del «Atlante dei prodotti tipici - I formaggi», curato
dall'INSOR Istituto nazionale di sociologia rurale; il «Pecorino  del
Monte Poro» e' citato tra i formaggi ovini della  Calabria  corredato
dalla seguente nota: «i pascoli del Monte  Poro  e  della  Serra  San
Bruno sono ricchi di molte essenze erbacee e tra  queste  molte  sono
odorose. I formaggi  prodotti  in  questa  zona  vengono  venduti  ai
turisti della costa per il pregio e  la  notorieta'  acquisita».  Nel
1999 la  Fondazione  Slow  Food  nella  sua  pubblicazione  «Formaggi
d'Italia. Guida  alla  scoperta  ed  alla  conoscenza»,  seleziona  e
recensisce 200  tipologie  tradizionali  di  formaggi,  tra  i  quali
figura, per la Regione Calabria, la denominazione «Pecorino del Monte
Poro»: «i pascoli del  Monte  Poro  sono  particolarmente  ricchi  di
essenze aromatiche e odorose e  da  sempre  i  pecorini  prodotti  in
questa zona hanno goduto di una buona rinomanza». L'anno  successivo,
nel 2000, il «Pecorino del Monte Poro» viene inserito tra  i  Presidi
della Slow Food. Nel «Il Golosario» di Paolo  Massobrio,  guida  alle
mille e piu' buone cose d'Italia (2006), cita il «Pecorino del  Monte
Poro» come «formaggio di antiche origini  prodotto  con  latte  delle
pecore  allevate  sull'altopiano  del   Monte   Poro,   zona   vocata
all'agricoltura e alla zootecnica da latte. [...] Il sapore esclusivo
e molto aromatico di questo formaggio sono dovuti alle erbe  con  cui
si  alimentano  le  razze  locali  ovi-caprine  e  dalla  tecnica  di
lavorazione che prevede l'utilizzo di latte di due mungiture  (quella
della sera e della mattina) al quale viene aggiunto caglio di origine
naturale». Infine nel 2012 e' da  segnalare  che  il  prodotto  viene
presentato a Roma alla citta' del  Gusto  dove  vince  il  premio  «I
fuoriclasse» del Gambero Rosso, che consacra il «Pecorino  del  Monte
Poro» tra i migliori 17 formaggi d'Italia. 
    Nel 2016 ottiene  la  nomination  tra  i  migliori  tre  formaggi
freschi all'Italian Cheese Award 2016 a Mogliano Veneto (Treviso),  e
la medaglia d'argento al cibus  di  Parma  nella  categoria  formaggi
ovini di fattoria.