4.d.3 Tumori 4.d.3.i Mutazioni germinali per tumori ereditari 1. Tumore della Mammella Il carcinoma della mammella (CM) e' uno dei tumori maligni a maggior frequenza (29%), al primo posto per incidenza [si stima che ogni anno in Italia vengano colpite circa 48.000 donne (dati AIOM AIRTUM 2015)] e la prima causa di morte per patologia oncologica tra le donne. Anche se la maggior parte dei CM ha una patogenesi multifattoriale, il 5-7% risulta essere legato prevalentemente a fattori ereditari, che agiscono con meccanismi mendeliani. Circa il 2% dei casi e' determinato da alterazioni a carico di due geni, BRCA1 e BRCA2 ("geni BRCA"), responsabili di predisposizione ereditaria ad alta penetranza. Tuttavia, considerando solo le donne malate con eta' inferiore a 40 anni, la percentuale di quelle che presentano varianti patogenetiche a livello di questi geni sale al 10%. La prevalenza di varianti patogenetiche a carico dei geni BRCA nella popolazione generale e' di circa 1:400; questo significa che, applicata tale frequenza alla popolazione residente in Italia nel 2015, si puo' stimare che siano circa 152000 le persone che presentano tali varianti nel nostro Paese. Alterazioni di questi geni sono associate ad un rilevante e significativo aumento della probabilita' di comparsa del CM rispetto alla popolazione generale, con tendenza ad eta' di insorgenza precoce e rischio elevato anche di neoplasie dell'ovaio (il rischio cumulativo medio stimato di cancro mammario all'eta' di 70 anni e' del 57% in caso di variante patogenetica di BRCA1 e 49% in caso di BRCA2; il rischio, invece, di sviluppare cancro ovarico- CO- e' rispettivamente 40% e 18% per varianti di BRCA1 e BRCA2). Tra le donne con diagnosi di cancro dell'ovaio, infatti,l'8-10% e' legato ad alterazioni genetiche a livello di BRCA 1/2. Lo screening personalizzato per il cancro della mammella. A partire dai primi anni '90, lo screening del tumore al seno ha portato a un riduzione della mortalita' superiore al 30% ma oggi e' necessario intervenire con programmi di screening personalizzati per definire in maniera accurata il rischio individuale delle donne allo scopo di progettare percorsi di prevenzione diversi e adatti al profilo di ogni singola donna attraverso la complementarieta' di fattori di rischio "tradizionali" come la storia familiare e i fattori riproduttivi, la densita' mammografica e la presenza di varianti geniche comuni associate per la definizione di uno score che consenta una stratificazione del rischio (single nucleotide polymorphisms, SNPs). E' noto come singole varianti geniche associate all'insorgenza di cancro, possano singolarmente contribuire in piccola parte alla valutazione del rischio di insorgenza della malattia stessa. Per contro, e' altresi' noto come la valutazione dell'effetto combinato di tutti gli SNPs associati e noti possa essere utile nel definire meglio il rischio. In quest'ottica, la raccolta delle informazioni relative a SNPs di suscettibilita' noti, e l'adozione di un semplice modello moltiplicativo, puo' essere impiegato per la definizione di un modello di rischio per la previsione del rischio stesso [polygenic risk score (PRS)]. Negli ultimi anni, differenti studi hanno dimostrato come, usando un modello combinato di valutazione del rischio su base genetica, si possano identificare soggetti a diverso livello di rischio di sviluppare cancro al seno o alla prostata e di come, questa stratificazione, potrebbe orientare le strategie di prevenzione e di screening. Tuttavia, ad oggi, mancano ancora sufficienti evidenze a supporto di queste previsioni e sarebbero auspicabili ulteriori studi di validazione di tipo caso-controllo o, preferibilmente, studi di coorte prospettici. Per il cancro alla mammella, studi di associazione sull'intero genoma (GWAS) hanno portato alla scoperta di numerose varianti a basso rischio, alcune delle quali associate allo status del recettore estrogenico. Un grosso studio condotto dal Breast Cancer Association Consortium (BCAC), come parte del Collaborative Oncological Gene-Environment Study (COGS), ha permesso di identificare nuove varianti di rischio attraverso la genotipizzazione di oltre 40.000 casi e 40.000 controlli sani. Il risultato di questa ricerca e' stata l'identificazione di un numero maggiore di SNPs associati al cancro al seno: da 27 a piu' di 70 e di ulteriori varianti associate ai tumori ER-. Il Predicting Risk of Cancer at Screening Study (PROCAS), e' uno studio prospettico di stima del rischio di insorgenza di cancro alla mammella. L'analisi ha incluso 50,628 donne sottoposte a screening mammografico di eta' compresa tra i 47 e i 73 anni reclutate tra ottobre 2009 e settembre 2013. I risultati hanno evidenziato come la densita' mammografica puo' aiutare nel perfezionamento della stima del rischio in combinazione con il modello di Tyrer-Cuzick o il modello di Gail. Successivamente, lo stesso gruppo di ricercatori ha considerato la densita' mammografica e 18 varianti di suscettibilita' (SNP18) in combinazione al modello di Gail e Tyrer-Cuzick (TC) per calcolare la stima del rischio sulla base dei tumori identificati tra due round di screening triennali. La densita' mammografica e i SNP18, quando combinati con il modello TC o di Gail, identificano un maggior numero di donne ad alto rischio allo screening, ed e' associata con una maggiore stadio della malattia. Circa il 16% delle donne sono state identificate come ad alto rischio combinando TC e densita' mammografica e SNP18 che sembra aggiungere ulteriore precisione al modello. L'inclusione di ulteriori SNPs di nuova identificazione potra' forse aumentare la capacita' di discriminazione del rischio per interventi di sorveglianza e di riduzione del rischio mirati. Tipo di intervento. I percorsi di prevenzione primaria, sia di sorveglianza che terapeutici, per pazienti portatori, o familiari per mutazione di BRCA1/2 sono specifici a seconda delle diverse fasce d'eta' e della storia personale/familiare. Questi percorsi sono stati raccolti in dettagliate linee guida elaborate da numerosi enti; per il carcinoma della mammella ricordiamo le linee guida NICE, quelle NCCN (https://www.nccn.org/professionals/physician_gls/pdf/breast_risk.pdf ). Valutazioni. Allo stato attuale, i test genetici hanno lo scopo di identificare casi attribuibili a sindromi mendeliane che determinano alto rischio. Non sono ancora disponibili test genetici applicabili per screening della popolazione generale, poiche' i marcatori genetici di rischio moderato individuati mediante studi di associazione caso-controllo dall'analisi di casistiche di tumori non selezionati sulla base della storia familiare e delle caratteristiche ereditarie non sono ancora sufficientemente specifici. Diventa quindi molto interessante approfondire questo ulteriore campo di indagine per garantire sempre piu' precisa "personalized preventive medicine" che possa effettivamente migliorare il percorso preventivo. 2. Sindrome di Lynch La maggior parte dei tumori del colon-retto puo' essere definita sporadica, mentre circa il 30% presenta ricorrenza familiare, e tra questi una piccola parte, stimata intorno al 3-5%, insorge in persone che hanno una predisposizione genetica ereditaria. Questi casi sono riconducibili a sindromi ereditarie caratterizzate da varianti patogenetiche ad alta penetranza, trasmesse su base mendeliana. La piu' diffusa e' la Sindrome di Lynch, che rappresenta il 2-3% dei CCR; e si stima che nel nostro Paese ci siano tra i 6000 e i 9000 soggetti con accertata sindrome di Lynch. Questa sindrome e' causata da varianti patogenetiche che coinvolgono principalmente 5 geni (MSH2, MLH1, MSH6, PMS2, EPCAM) che codificano per proteine coinvolte nel processo del Mismatchrepair (MMR) e per una molecola di adesione epiteliale (EPCAM). Le prime quattro hanno la funzione di riparare gli errori commessi durante la replicazione e la ricombinazione del DNA, pertanto la loro perdita risulta in un fenotipo di ipermutazione di determinate regioni del DNA- fenomeno conosciuto come Instabilita' dei microsatelliti (MSI), l'ultima proteina invece ruolo nei processi di adesione omotipica delle cellule epiteliali. Essere portatori di queste varianti patogenetiche comporta un rischio cumulativo di sviluppare cancro del colon-retto tra 35% e 70% nell'arco della vita. Il rischio e' un po' piu' basso nelle donne, che hanno pero' una probabilita' all'incirca uguale di ammalarsi di cancro dell'endometrio. Tale sindrome e' associata all'insorgenza anche di altre neoplasie, seppure meno frequenti rispetto a quelle di colon ed endometrio. Sulla base dei dati epidemiologici risulta evidente che queste diverse forme mendeliane ad aumento della probabilita' di comparsa di CM e CCR rispetto alla popolazione generale necessitino di percorsi clinico-assistenziali di prevenzione primaria atti ad abbattere i relativi tassi di incidenza di malattia e di mortalita' Tipo di intervento. Come gia' indicato per il carcinoma della mammella, i percorsi di prevenzione primaria, sia di sorveglianza che terapeutici, per i pazienti portatori, o familiari per mutazione per colon/Lynch sono specifici a seconda delle diverse fasce d'eta' e della storia personale/familiare. Le linee guida a cui fare riferimento sono essenzialmente le linee guida NCCN (https://www.nccn.org/professionals/physician_gls/pdf/colorectal_scre ening.pdf) 4.d.3.ii Mutazioni germinali per suscettibilita' ai tumori 1. Cancro alla prostata Per quanto concerne il cancro alla prostata un serio problema e' rappresentato dalla sovradiagnosi. Recentemente, le linee-guida della US Preventive Services Task Force hanno sottolineato come non si debbano basare gli screening per il cancro alla prostata sulla valutazione dell'antigene prostatico PSA perche' i danni attesi (falsi-positivi, overdiagnosi, overtrattamento) sono superiori ai potenziali benefici. La stratificazione della popolazione in diversi gruppi in base al rischio genetico, da solo o in combinazione con altri fattori di rischio (come l'eta' e la storia familiare), permetterebbe di offrire lo screening in modo differenziato alla popolazione con miglioramento del rapporto danno beneficio. Ad oggi, numerosi studi GWAS hanno permesso di individuare piu' di 70 loci di suscettibilita' per il cancro alla prostata. I rischi associati a queste varianti sono definiti generalmente modesti, ma in combinazione potrebbero fornire la base della prevenzione mirata. Sinteticamente, le evidenze scientifiche disponibili, da un lato mettono in luce il potenziale di una signature poli-genica per la definizione di un modello PRS di previsione del rischio; dall'altro evidenziano alcune criticita' da tenere in considerazione per lo sviluppo di programmi di screening stratificati. Un recente studio mostra come le mutazioni genetiche ereditarie potrebbero giocare un ruolo piu' importante del previsto nell'insorgenza di un carcinoma della prostata metastatico. Le alterazioni in geni che hanno la funzione di riparare il Dna (come BRCA1 e BRCA2) sarebbero infatti presenti in quasi il 12 % dei pazienti con un tumore prostatico in fase avanzata. La conclusione e' giunta dopo aver analizzato i dati relativi a 692 uomini con un carcinoma prostatico metastatico e aver individuato 16 diverse mutazioni (fra le quali, oltre quelle BRCA, anche a carico dei geni ATM, CHEK2, RAD51D ePALB2) in 82 pazienti (ovvero l'11,8% del totale), indipendentemente dall'eta' o dalla storia familiare. In particolare, i malati di cancro alla prostata metastatico con mutazioni BRCA2 risultano avere il 18 % di rischio in piu' rispetto a quelli sani. Appare quindi molto importante che anche i maschi con cancro alla prostata vengano sottoposti al test genetico sulla scia di quanto gia' accade nelle femmine con un tumore alla mammella. 4.d.3.III Mutazioni somatiche La risposta ai trattamenti chemioterapici, come per altro quella a qualsiasi altro tipo di farmaco, e' quantificabile in una misura media in quanto alcuni pazienti non rispondono affatto alla terapia, altri hanno una risposta buona e altri sperimentano effetti collaterali di grado piu' o meno elevato. Questa diversa risposta dipende dalla variabilita' interindividuale, caratteristica di sua natura multifattoriale in quanto dipende dall'eta', dal peso, dallo stato di salute generale, da diversi fattori ambientali (clima, stile di vita, fattori culturali quali ad esempio la religione) e dai fattori genetici. Nello specifico sappiamo che i polimorfismi genetici individuali possono influire sulla risposta ai chemioterapici; la stessa tossicita' e' spesso legata al genotipo individuale dei tessuti non tumorali. Questo perche' le cellule tumorali sono sostanzialmente uguali a quelle degli altri tessuti a meno di nuove mutazioni. Analizzare le caratteristiche del tessuto somatico neoplastico permette, in alcuni casi, di definire da una popolazione generale i seguenti gruppi di pazienti: - Pazienti che rispondono al trattamento e che sperimentano poca tossicita' - Pazienti che rispondono al trattamento e che sperimentano molta tossicita' - Pazienti che non rispondono al trattamento e che sperimentano poca tossicita' - Pazienti che non rispondono al trattamento e che sperimentano poca tossicita' Di seguito un elenco di farmaci per i quali lo stato mutazionale di cellule somatiche e' verificato ai fini di una ottimale risposta: Parte di provvedimento in formato grafico Obiettivi e Raccomandazioni (Cap.4 d 3) Da quanto esposto emergono le seguenti priorita', rispetto alle quali sono identificabili i relativi interventi (Tabella 9): - Lo screening personalizzato per il cancro della mammella. La costruzione di uno score che consenta una stratificazione del rischio di CM, nonche' valutare l'applicabilita' dello score prodotto per proporre una modulazione personalizzata dello screening sono obiettivi considerati nel Cap7 (Topic V Opportunita' per la sostenibilita' di sistema mediante la prevenzione secondaria finalizzata alla riduzione del burden di malattia del cancro al seno) - Prevenzione primaria per i pazienti portatori, o familiari per mutazione di BRCA1/2. La sorveglianza delle donne senza storia personale di tumore e' prevista in uno degli obiettivi del Piano nazionale della prevenzione 2014-18, secondo le linee guida prodotte dal CCM. - Terapia preventiva per donne a rischio moderatamente aumentato o ad alto rischio. La disponibilita' di sufficienti evidenze scientifiche mette il Sistema Sanitario in condizione di inserire tale intervento in modo sistematico nell'ambito dei servizi offerti alla popolazione di riferimento. Sono disponibili LG e raccomandazioni a livello internazionale ma appare comunque utile verificarne la contestualizzazione nel Sistema Sanitario italiano. Tale obiettivo puo' essere conseguito in armonia con il Sistema nazionale linee guida (SNLG) - Mastectomia profilattica e Ooforectomia profilattica. La disponibilita' di sufficienti evidenze scientifiche mette il Sistema Sanitario in condizione di inserire tale intervento in modo sistematico nell'ambito dei servizi offerti alla popolazione di riferimento. Sono disponibili LG e raccomandazioni a livello internazionale ma appare comunque utile verificarne la contestualizzazione nel Sistema Sanitario italiano. Tale obiettivo puo' essere conseguito in armonia con il Sistema nazionale linee guida (SNLG). Successivamente, al fine di rendere accessibile a tutta la popolazione target tale intervento e' necessario organizzare un percorso (PDTA). Assunto che la linea-guida riguarda per definizione la dimensione tecnico-professionale; le raccomandazioni derivate dalla L-G devono portare alla implementazione di un'organizzazione in grado di accogliere la popolazione target in un percorso esplicito, basato su "nodi organizzativi" chiaramente definiti e procedure di "ingaggio" precise ed esplicite. Si tratta quindi di definire un PDTA che prenda in carico gli individui destinatari di tali interventi. - Terapia ormonale sostitutiva (HRT) per donne senza storia personale di carcinoma mammario sottoposte a salpingo-ooforectomia prima dell'insorgenza dello stato menopausale. La disponibilita' di sufficienti evidenze scientifiche mette il Sistema Sanitario in condizione di inserire tale intervento in modo sistematico nell'ambito dei servizi offerti alla popolazione di riferimento. Sono disponibili LG e raccomandazioni a livello internazionale ma appare comunque utile verificarne la contestualizzazione nel Sistema Sanitario italiano. Tale obiettivo puo' essere conseguito in armonia con il Sistema nazionale linee guida (SNLG) nell'ambito dell'intervento di cui sopra. - Percorsi di prevenzione primaria per i pazienti portatori, o familiari per mutazione per colon/Lynch, comprensivamente della prevenzione di carcinomi extra-colon. La disponibilita' di sufficienti evidenze scientifiche mette il Sistema Sanitario in condizione di inserire tale intervento in modo sistematico nell'ambito dei servizi offerti alla popolazione di riferimento. Sono disponibili LG e raccomandazioni a livello internazionale ma appare comunque utile verificarne la contestualizzazione nel Sistema Sanitario italiano. Tale obiettivo puo' essere conseguito in armonia con il Sistema nazionale linee guida (SNLG). Successivamente, al fine di rendere accessibile a tutta la popolazione target tale intervento e' necessario organizzare un percorso (PDTA). Assunto che la linea-guida riguarda per definizione la dimensione tecnico-professionale; le raccomandazioni derivate dalla L-G devono portare alla implementazione di un'organizzazione in grado di accogliere la popolazione target in un percorso esplicito, basato su "nodi organizzativi" chiaramente definiti e procedure di "ingaggio" precise ed esplicite. Si tratta quindi di definire un percorso PDTA che prenda in carico gli individui destinatari dello screening. - Terapia preventiva con aspirina nella sindrome di Lynch. La disponibilita' di sufficienti evidenze scientifiche mette il Sistema Sanitario in condizione di inserire tale intervento in modo sistematico nell'ambito dei servizi offerti alla popolazione di riferimento. Sono disponibili LG e raccomandazioni a livello internazionale ma appare comunque utile verificarne la contestualizzazione nel Sistema Sanitario italiano. Tale obiettivo puo' essere conseguito in armonia con il Sistema nazionale linee guida (SNLG) - Test genetico per mutazioni germinali nel cancro alla prostata. La disponibilita' di sufficienti evidenze scientifiche mette il Sistema Sanitario in condizione di inserire tale intervento in modo sistematico nell'ambito dei servizi offerti alla popolazione di riferimento. Sono disponibili LG e raccomandazioni a livello internazionale ma appare comunque utile verificarne la contestualizzazione nel Sistema Sanitario italiano. Tale obiettivo puo' essere conseguito in armonia con il Sistema nazionale linee guida (SNLG). Tabella 9: Interventi identificabili Parte di provvedimento in formato grafico Bibliografia 1. ACOG Committee Opinion. Update on Carrier screening for cystic fibrosis. N.486, April 2011 2. Zlotogora et al. Population programs for the detection of couples at risk for severe monogenic genetic diseases Hum Genet (2009) 126:247-253 3. Abeliovich, D. et al. 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Inherited DNA-Repair Gene Mutations in Men with Metastatic Prostate Cancer. N Engl J Med. 2016 Aug 4;375(5):443-53 CAPITOLO 5 La genomica nella terapia. 5.a Risposta ai farmaci e farmacogenomica Le rapide innovazioni scientifiche degli ultimi anni in ambito di valutazione del genoma degli individui, hanno permesso l'identificazione di varianti associate all'insorgenza, alla cura ed alla prognosi di varie patologie e con un potenziale impatto nella valutazione della risposta alle terapie. Nonostante l'analisi e l'interpretazione delle informazioni genomiche costituisca ancora un processo di non facile risoluzione, in molti casi l'identificazione di specifici profili molecolari ha permesso la stratificazione di sottogruppi di pazienti caratterizzati da una migliore risposta alle terapie farmacologiche. Il profilo genomico di ciascun individuo e' in grado di influenzare pressoche' tutti gli aspetti di una malattia e il suo trattamento, inclusa l'insorgenza, il decorso o il rischio di recidiva, il farmaco o classe di farmaci con maggiore probabilita' di risposta, nonche' la dose terapeutica, la natura e la portata delle risposte favorevoli al trattamento e la tossicita' del farmaco. Con il termine farmacogenomica ci si riferisce allo studio dell'esposizione e della risposta ai farmaci in relazione alle varianti del DNA ed alle caratteristiche dell'RNA. La farmacogenomica si focalizza sull'identificazione delle varianti geniche o genomiche che influenzano la risposta ai medicinali attraverso alterazioni di tipo farmacocinetico, farmacodinamico, attraverso variazioni nel target farmacologico o la perturbazione del pathway biologico che caratterizza la sensibilita' di un paziente all'effetto di un determinato farmaco. Le evidenze molecolari che emergono dalle strategie di sequenziamento dell'intero genoma o di specifici geni richiedono una convalida indipendente prima che possano essere tradotti in diagnostica clinica. Il processo di convalida puo' essere facilitato da una maggiore comprensione dei meccanismi che determinano come le varianti identificate alterano la risposta ai farmaci. Utilizzo dell'informazione farmacogenomica nella pratica clinica Il nuovo concetto di Precision Medicine si riferisce a strategie di prevenzione e trattamento delle patologie che tengano conto della variabilita' individuale per la personalizzazione delle terapie. Questi approcci hanno recentemente trovato spazio grazie allo sviluppo di databases biologici su larga scala, metodi ad alta processivita' per la caratterizzazione molecolare dei pazienti (proteomica, metabolomica, genomica, tecnologie sanitarie mobili) e strumenti di calcolo per l'analisi di grandi dataset. In relazione ad un potenziale utilizzo nella pratica clinica, le varianti farmacogenomiche possono essere suddivise in due macro categorie: - Prevenzione: le varianti farmacogenomiche possono fornire indicazioni preliminari sulla manifestazione di eventi avversi ed effetti collaterali in relazione all'assunzione di specifici principi attivi ancor prima che si manifesti la condizione patologica. Trovano, pertanto, una potenziale applicazione principalmente nell'individuo sano il cui profilo molecolare puo' essere valutato preliminarmente per evitare prospetticamente l'assunzione di farmaci con interazioni negative. - Trattamento: nell'identificazione della terapia ottimale (in termini di effectiveness), l'utilizzo di informazioni genomiche e di approcci computazionali per integrare i dati consentirebbe di prevedere e, potenzialmente, ottimizzare l'effetto di una terapia su un paziente specifico caratterizzato da un profilo molecolare compatibile, determinandone la sensibilita' a farmaci specifici; di fatto il profilo molecolare individuale e' stato dimostrato essere, in alcuni casi, un forte predittore dei benefici di una specifica terapia. Inoltre queste informazioni possono venire utilizzate per eseguire approcci di "Drug repositioning" finalizzati all'identificazione di nuove indicazioni per principi attivi esistenti. La medicina di precisione ha trovato sviluppi particolarmente efficaci e promettenti anche in ambito oncologico. I tumori sono malattie molto diffuse e sono tra le principali cause di morte in tutto il mondo e la loro incidenza e' in aumento principalmente a causa dell'invecchiamento della popolazione e della diffusione di stili di vita non salutari. La ricerca scientifica ha gia' identificato molte delle lesioni molecolari che guidano lo sviluppo di neoplasie, mostrando che ogni tumore ha una propria firma genomica, con alcune caratteristiche specifiche e alcune caratteristiche comuni a piu' tipi. Questa nuova comprensione dei meccanismi oncogenici ha cominciato a influenzare la valutazione del rischio, le categorie diagnostiche e le strategie terapeutiche attraverso un crescente uso di farmaci e anticorpi destinati a contrastare l'attivita' e l'influenza di specifici driver molecolari. Diverse terapie personalizzate sono state (e vengono tutt'ora) sviluppate dimostrando un'efficacia notevole nella cura di queste patologie. Validazione ed interpretazione delle informazioni genomiche L'utilizzo in ambito clinico delle informazioni farmacogenomiche deve soddisfare specifici criteri riguardanti validita' analitica, validita' clinica e utilita' clinica. La validita' analitica e clinica riguardano aspetti prettamente metodologici e d'interpretazione del dato che in alcuni casi possono essere di non facile risoluzione, dipendenti principalmente dalla qualita' dei dati dei test genetici e dalle caratteristiche di performance del test, quali ad esempio i valori predittivi positivi e negativi. L'utilita' clinica consente di valutare se l'uso del test contribuisce ad un migliore esito della malattia nei pazienti sottoposti a test, nonche' ad una valutazione dei rischi che si verificano a seguito della somministrazione del test. Diversi parametri possono essere utilizzati per stimare la validita' e l'utilita' clinica, inclusa la penetranza della variante genetica nella risposta al medicinale. Inoltre, i dati possono essere raccolti da studi di farmacocinetica in vivo o in vitro o da altri studi funzionali preclinici e clinici che consentono di effettuare una valutazione degli effetti farmacologici o delle concentrazioni di un farmaco rispetto alle varianti geniche individuali. Ulteriori fonti di dati utilizzabili includono casi clinici, studi di famiglie e studi clinici randomizzati che mettono a confronto risultati provenienti da fonti diverse. Allo stato attuale non vi e' un consenso sui parametri necessari a stabilire l'utilita' clinica dei test basati su informazioni farmacogenomiche. Tali valutazioni richiedono l'analisi attraverso una visione sistemica ed integrata dei test farmacogenomici che tenga in considerazione non solo dell'impatto clinico ma anche il confronto con interventi sanitari alternativi, nonche' la valutazione di come tali test possano influenzare il comportamento dei clinici. Va inoltre considerato che il costo del sequenziamento diminuisce con velocita' esponenziale e non sembra essere molto lontano il momento in cui ciascun individuo disporra' delle informazioni relative al proprio genoma; pertanto, se cio' dovesse verificarsi, il problema non sara' piu' l'ottenimento di specifiche informazioni genomiche ma lo sviluppo di un modello clinico-sanitario in grado di massimizzare l'utilizzo di queste informazioni con approcci costo-efficaci. Implementazione clinica della farmaco genomica Alcune varianti genomiche che influenzano gli effetti clinici di alcuni farmaci possono ora essere testate in modo affidabile per un utilizzo in ambito clinico; questo processo puo' significativamente influenzare l'attivita' prescrittiva in base agli esiti ottenuti, ad esempio determinando il sottogruppo di pazienti in cui l'effetto del farmaco e' massimizzato, la dose efficace o la predizione degli eventi avversi. La farmacogenomica puo' svolgere un ruolo importante nell'identificazione dei responder e non responder ai farmaci, evitando gli eventi avversi e ottimizzando la dose di farmaco da somministrare. Possono inoltre essere estrapolate informazioni sul farmaco che possono descrivere: - l'esposizione al farmaco e la variabilita' della risposta clinica - il rischio di eventi avversi - il dosaggio genotipo-specifico - i meccanismi d'azione dei farmaci - target polimorfici del farmaco Allo stato attuale circa il 15% dei farmaci approvati dalla FDA ed EMA contengono indicazioni di tipo farmacogenomico sui foglietti illustrativi e solo un sottoinsieme di tali biomarkers hanno effettivamente indicazioni cliniche attuabili. Finora, solo 16 (numero in lenta ma costante crescita) dei circa 19.000 geni umani conosciuti forniscono informazioni farmacogenomiche con impatto clinico. Tuttavia, nonostante il numero di farmaci per i quali le informazioni genomiche possono fornire indicazioni cliniche sia relativamente piccolo (v. as esempio l'elenco in Figura 1), l'attivita' prescrittiva potrebbe ottenere significativi vantaggi da un utilizzo piu' integrato dei test genetici nella pratica clinica. Figura 1. Varianti genetiche germinali e farmaci associati ============================================================= | Genetic variation | Medications | +=========================+=================================+ | |Mercaptopurine, thioguanine, | |TPMT |azathioptine | +-------------------------+---------------------------------+ | |Codeine, tramadol, tricyclic | |CYP2D6 |antidepressants | +-------------------------+---------------------------------+ | |Tricyclic antidepressants, | |CYP2C19 |clopidogrel, voriconazole | +-------------------------+---------------------------------+ |VK0RC1 |Warfain | +-------------------------+---------------------------------+ |CYP2C9 |Warfain, phenytoin | +-------------------------+---------------------------------+ | |Allopurinol, carbamazepine, | |HLA-B |abacavir, phenytoin | +-------------------------+---------------------------------+ |CFTR |Ivacaftor | +-------------------------+---------------------------------+ | |Fluororuracil, capecitabine, | |DPYD |tegafur, | +-------------------------+---------------------------------+ |G6PD |Rasburicase | +-------------------------+---------------------------------+ |UGT1A1 |Irinotecan, atazanavir | +-------------------------+---------------------------------+ |SLC01B1 |Simvastatin | +-------------------------+---------------------------------+ |IFNL3(IL28B) |Interferon | +-------------------------+---------------------------------+ |CYP3A5 |Tacrolimus | +-------------------------+---------------------------------+ Le varianti genetiche specifiche dei tessuti tumorali rappresentano invece un caso speciale di variazione somatica d'interesse farmacogenomico (v.ad esempio l'elenco in Figura 2) in grado di identificare quali tipi di tumori maligni sono in grado di rispondere alle varie terapie antitumorali. Il test genetico per l'identificazione dei tumori maligni e' diventato piu' preciso in risposta allo sviluppo di agenti antitumorali per il trattamento di neoplasie caratterizzate da varianti genetiche acquisite. Esistono una serie di barriere che impediscono la diffusione dell'utilizzo di test farmacogenomici a supporto della prescrizione di farmaci. In primis l'assenza d'incentivi per i medici finalizzati alla promozione di test genetici/genomici potenzialmente in grado di limitare l'insorgenza di eventi avversi. L'esistenza di un numero ridotto di studi del rapporto costo-efficacia dei test farmacogenomici non consente una valutazione economico-sanitaria oggettiva del reale impatto di tali approcci, tantomeno in considerazione del fatto che il test potrebbe essere effettuato nei primi mesi ed utilizzato per tutto il resto della vita di un individuo. Molti sistemi sanitari non prevedono il rimborso di tali procedure e questo costituisce un ulteriore deterrente ad un utilizzo routinario di queste metodologie. Figura 2. Varianti genetiche somatiche in cellule tumorali e farmaci associati Parte di provvedimento in formato grafico Inoltre, il costo e la complessita' degli approcci computazionali necessari per identificare, catalogare, prioritizzare e interpretare le varianti genetiche di carattere farmacogenomico costituiscono un'ulteriore barriera alla diffusione nella pratica clinica dei test di farmacogenomica. Nonostante un numero crescente di strumenti bioinformatici per le analisi delle varianti genomiche, essi richiedono ancora un notevole livello di competenza spesso non ancora disponibile nella gran parte delle strutture sanitarie che potrebbero beneficiarne. Di fatto, non e' ancora stato definito un modello che stabilisca quali entita' nella catena sanitaria debba assumersi la responsabilita' dell'aggiornamento, della valutazione e del pagamento dei test genetici anche in ambito farmacogenomico. Recentemente e' stato sviluppato il concetto di genotipizzazione pre-emptive inteso come la profilazione molecolare degli individui sulla base di pannelli di varianti genomiche in maniera routinaria. La teoria dietro questo approccio si basa sulla possibilita' che le informazioni genomiche possano essere a disposizione del medico nella cartella clinica elettronica (EMR) gia' al momento della prescrizione (e anche prima) in modo da effettuare decisioni razionali riguardo la scelta e/o la dose del farmaco. Si evidenzia anche una questione importante in relazione alle prove per l'implementazione clinica: non possiamo intraprendere studi clinici randomizzati e controllati o studi prospettici per ogni variante genomica che viene identificata, e altre metodologie per valutare l'utilita' clinica di un biomarker genomico dovra' essere utilizzato. Barriere alla diffusione ed implementazione dei test di tipo farmacogenomico Un'ampia ed omogenea applicazione della farmacogenomica nella pratica clinica e' ancora da raggiungere. I fattori che ne influenzano l'utilizzo sono costituiti da: - Le dimensioni del mercato e il ruolo dell'industria. Nel Regno Unito ed in Germania alcune industrie farmaceutiche hanno giocato un ruolo molto attivo nell'introduzione di test di farmacogenomica (quali ad esempio HER2). Nei piccoli mercati di altri paesi europei, le aziende hanno fornito un supporto limitato e la diffusione e' stata generata da pazienti e medici. Il ruolo dell'industria nel garantire che i test diagnostici di tipo molecolare siano attraenti commercialmente e possano raggiungere l'implementazione clinica e' essenziale. - Livello di utilizzo. Il livello di utilizzo varia molto tra i paesi con differenti procedure cliniche e livelli di accettazione dell'innovazione. - Rimborso. Le pratiche cliniche sono soggette a vincoli finanziari derivanti anche dal contenimento della spesa sanitaria e da valutazioni di costo-efficacia. Di conseguenza, la disponibilita' di sviluppare sistemi di rimborso per i test farmacogenomici puo' costituire un incentivo essenziale per l'implementazione di tecnologie diagnostiche di tipo genomico. - Gruppi di supporto del paziente. I gruppi di supporto del paziente sono cruciali per l'integrazione di test farmacogenomici; un esempio e' costituito dal ruolo attivo svolto da parte delle organizzazioni dei pazienti nell'introduzione di Herceptin/HER2. Gruppi di pazienti possono influenzare l'integrazione dei test molecolari nella pratica clinica aumentando la consapevolezza tra i loro membri, favorendo l'empowerment e generando un aumento della domanda ed un conseguente uso crescente. - Educazione e formazione. L'assenza di educazione e formazione costituisce una forte barriera all'implementazione dei test di farmacogenomica. L'istruzione convenzionale o di orientamento per i medici e altri professionisti sanitari su come interpretare i risultati dei test o anche solo sui meccanismi alla base del funzionamento e' scarso. L'introduzione di tali tecnologie richiede la formazione di una vasta gamma di personale sanitario che deve essere in grado di comprendere, utilizzare ed interpretare correttamente i test supportando il paziente in ogni fase del processo. - Aspetti sociali. Nel tempo, nella popolazione generale si e' acquisita la percezione che i test farmacogenomici abbiano un impatto inferiore in termini sociali ed etici rispetto ad altre applicazioni di tipo molecolare (quali ad esempio i test predittivi per le patologie croniche e degenerative). Finora, il consenso informato per i principali test farmacogenomici (quali ad esempio l'HER2 o il test TPMT) e' stato positivamente accettato dai pazienti a cui venivano sottoposto. Tuttavia, esiste una crescente preoccupazione sull'impatto etico di nuove tecnologie emergenti. In particolare, non e' da escludere che futuri test farmacogenomici possono avere conseguenze per familiari di primo grado e sollevare questioni legate alla privacy e incertezze simili a quelle avvertite per altre tipologie di test genetici legate alle malattie ereditarie. - Responsabilita' legale. In ambito oncologico, laddove l'applicazione ha trovato l'utilizzo piu' ampio, i test farmacogenomici non hanno trovato alcun tipo di opposizione da parte dei pazienti. Tuttavia, con l'aumentare della consapevolezza e della conoscenza dei pazienti, il mancato utilizzo di queste tecnologie potrebbe costituire un pretesto per una mancanza professionale del medico. La paura di una responsabilita' legale rischia di portare ad un drastico aumento della diffusione dei test farmacogenetici come forma di medicina difensiva, in previsione di contenziosi di tipo legale. - Analisi di costi-efficacia. La valutazione oggettiva dell'impatto clinico ed economico del test potrebbe costituire un fattore molto importante per il livellamento degli ostacoli alla applicazione clinica. Tuttavia le informazioni disponibili per questo tipo di valutazione sono, al momento, limitate. - Validita' ed utilita' clinica. Vi e' un consenso internazionale riguardo l'opinione che le basi di evidenza dell'impatto clinico dell'applicazione di PGX siano ancora molto deboli. Per confermare la validita' clinica delle associazioni genotipo-fenotipo, e' necessaria una ricerca sistematica e coerente. Tuttavia, un limite a questi sviluppi e' costituito dall'assenza di finanziamenti pubblici dedicati e da un interesse ancora limitato da parte la dell'industria, soprattutto per lo sviluppo di applicazioni di tipo farmacogenomico per i farmaci con brevetti scaduti. Regolamentazione delle conoscenze e dei processi dei test farmacogenomici Lo sviluppo delle competenze farmacogenomiche presso l'EMA e l'FDA in principio e' stato stimolato dagli outcomes scientifici derivanti dalle attivita' accademiche ed industriali. Cio' ha reso necessario lo sviluppo di nuove capacita' ed expertises da parte delle agenzia regolatorie che rilasciano le autorizzazioni all'immissione in commercio (AIC) per i farmaci. L'EMA ha iniziato a focalizzarsi sulle tematiche di tipo farmacogenomico, attraverso workshop con le parti interessate per affrontare le esigenze emergenti. Nel 2002 e' stato istituito un gruppo di esperti sulla farmacogenomica, il primo ad essere istituito da una agenzia regolatoria, che include esperti del mondo accademico e normativo. L'EMA ha continuato ad espandere le sue competenze per consentire una valutazione globale della diagnostica di tipo farmacogenomico nello sviluppo dei medicinali. - L'uso dei dati PGX nella valutazione dell'autorizzazione all'immissione in commercio (AIC) dei medicinali. Sulla base delle informazioni acquisite dalle evidenze scientifiche allo stato attuale quasi tutti gli studi clinici in corso di grande entita' includono la raccolta di dati genetici, pur non essendo richiesto ai fini dell'AIC. Le agenzie regolatorie hanno nel tempo sviluppato linee guida di supporto alle aziende per la sottomissione dei dati farmacogenomici nell'ambito della presentazione dei dossier di AIC. Rimangono tuttavia aperte le sfide riguardo la validazione dei biomarcatori e l'identificazione di percorsi condivisi per valutarne l'utilizzo nella pratica clinica. - Licenze di prodotti di tipo farmacogenomico: combinazioni farmaco-test o approvazione separata? La scelta tra la concessione dell'AIC di farmaci in combinazione con test diagnostici o la separazione tra questi due processi nell'ambito della validazione clinica costituisce una sfida significativa sia per le agenzie regolatorie che per l'industria. In Europa l'EMA non ha una responsabilita' primaria per l'approvazione dei test diagnostici (ancorche' in ambito farmacogenomico) ed il suo mandato e' limitato all'approvazione delle terapie farmacologiche. Attualmente l'EMA puo' consigliare l'uso di un test diagnostico come informazione inserita nel foglio illustrativo del farmaco. Tuttavia, non e' chiaro come tale procedura diagnostica possa essere recepita dagli stati membri o come questo processo possa essere regolato al di fuori del campo di applicazione della direttive di diagnostica in vitro (IVD). - Nuove indicazioni farmaco genomiche. I dati derivanti dagli studi clinici piu' recenti suggeriscono che i test farmacogenomici possono migliorare significativamente la sicurezza anche dei farmaci gia' disponibili sul mercato. Il meccanismo giuridico che consente di inserire variazioni sul foglietto illustrativo permetterebbe di aggiungere ulteriori informazioni clinicamente rilevanti sulla base di nuovi dati emergenti e di migliorare gli outcomes derivanti da farmaci gia' in commercio. - Regolamentazione dei test farmacogenomici in clinica. All'attuale velocita' di crescita delle applicazioni cliniche di tecnologie d'interesse farmacogenomico, si rende necessario il supporto di sistemi di controllo della qualita' sia di tipo laboratoristico che di gestione dei dati. Questi modelli sono gia' in pratica in diversi laboratori relativamente a diverse discipline scientifiche, tra cui anche i test per le malattie genetiche. - Accreditamento e Quality Assessment dei laboratori clinici. I sistemi di accreditamento hanno lo scopo di fornire un sistema indipendente d'ispezione delle prestazioni, del personale, delle infrastrutture e dei processi del laboratorio per mantenere la qualita' del servizio. Sistemi di accreditamento dei laboratori sono stati istituiti in diversi paesi europei e costituiscono un requisito volontario, spesso incoraggiato ma comunque mai forzato. Altri meccanismi includono schemi di controllo esterno della qualita' finalizzati ad identificare i laboratori che sono a scarso rendimento e a fornire loro assistenza. Tali schemi sono di particolare beneficio ai piccoli paesi che a volte non hanno la "Massa critica" per lanciare un regime nazionale. Un supporto internazionale per lo sviluppo di sistemi condivisi di Quality Assessment internazionali potrebbe pertanto costituire una priorita' importante per l'UE nel campo dei test di farmacogenomica. Farmacogenomica nella pipeline di sviluppo dei farmaci L'applicazione di approcci farmacogenomici nelle fasi di sviluppo dei farmaci e' un processo in evoluzione che inizia con la scoperta e continua attraverso la conferma dei risultati di efficacia e sicurezza clinica. Gli studi di farmacogenomica possono contribuire a una maggiore comprensione delle differenze interindividuali nell'efficacia e la sicurezza dei farmaci a partire dalla fase di sperimentazione. Le caratteristiche molecolari di maggiore rilevanza nello sviluppo di farmaci sono quelle associate a geni in quattro grandi categorie: (1) i geni connessi alle caratteristiche farmacocinetiche; (2) i geni che codificano per bersagli farmacologici ed altri pathway legati alla risposta farmacologica; (3) i geni non direttamente correlati agli aspetti farmacologici del principio attivo ma che possono predisporre l'individuo a tossicita', ad esempio attraverso le reazioni immunitarie; (4) i geni che influenzano la suscettibilita' della malattia o la progressione. Tutti questi fattori genetici possono influenzare significativamente il profilo rischio-beneficio di un medicinale. I dati farmacogenomici nelle fasi preliminari di sviluppo di un farmaco possono fornire indicazioni critiche sul dosaggio del principio attivo, per la stratificazione dei pazienti nelle fasi successive, o prospettivamente sulla strategia per l'ulteriore raccolta di biomarkers genetici nei successivi RCT. I dati genomici possono pertanto supportare la strategia di sviluppo dei principi attivi, attraverso: (1) l'identificazione della variabilita' dei soggetti alla risposta clinica; (2) la valutazione del contributo dei polimorfismi negli aspetti clinicamente significativi della farmacodinamica, farmacocinetica, efficacia o sicurezza; (3) la valutazione di potenziali interazioni tra farmaci; (4) lo studio delle basi molecolari relative ad una assenza di efficacia o di insorgenza di reazioni avverse; (5) la progettazione di studi clinici per la valutazione di sottogruppi specifici in cui l'effetto farmacologico risulta magnificato (study enrichment strategies). Riposizionamento del Farmaco su base Farmacogenetica Il riposizionamento del farmaco (Drug Repositioning) consiste nel dare un nuovo ruolo ad un farmaco che in origine era stato creato o sviluppato per altre patologie. Lo schema generale che potrebbe essere seguito nel Drug Repositioning richiede: il sequenziamento dell'intero esoma e trascrittoma di pazienti con una specifica patologia, l'analisi comparativa delle sequenze, l'identificazione di nuovi geni, lo studio del RNA, delle proteine e/o dei pathways metabolici coinvolti nello sviluppo delle malattie umane. Questo flusso di lavoro ha lo scopo di identificare pathways che sono implicati nell'insorgenza o sviluppo di una patologia con l'obiettivo di selezionare i targets piu' rilevanti per lo sviluppo di un farmaco. La sperimentazione di bersagli ipotetici richiede pertanto, lo sviluppo e la validazione in vitro di modelli cellulari che mimano il processo biologico o molecolare coinvolto nella malattia. La selezione dei farmaci da testare puo' essere condotta attraverso l'analisi della struttura 3D delle proteine bersaglio dedotta tramite approcci sperimentali o di modelling oppure dedotta tramite simulazione di docking molecolare comparato con una libreria di farmaci orfani. Lo screening iniziale dei farmaci selezionati richiede l'ottimizzazione di piattaforme con un elevata processivita' e con flusso di lavoro preferibilmente automatizzato. Successivamente, i farmaci selezionati verranno sottoposti ad una validazione in vivo utilizzando modelli cellulari ed animali. Infine, saranno necessari trials clinici su pazienti con lo scopo di valutare la sicurezza e l'efficacia dei farmaci come possibili strumenti terapeutici per specifiche patologie. Trovare un nuovo ruolo per i farmaci gia' approvati sta diventando un approccio molto efficace dal punto di vista farmacoeconomico. Il riposizionamento del farmaco si presenta come un percorso rapido, in quanto i dati clinici e farmacocinetici delle molecole di interesse sono stati gia' generati, valutati e stabiliti. Questi farmaci pertanto, possono essere riposizionati in modo rapido richiedendo anche un minor numero di pazienti da arruolare nei trials clinici per testarne la sicurezza e l'efficacia. La conseguente riduzione dei tempi di approvazione rispetto alla scoperta di nuovi farmaci, riduce drasticamente i costi di sviluppo fornendo ai pazienti opzioni terapeutiche in tempi molto ridotti. Il drug repositioning, infatti, mira a migliorare l'attuale produttivita' dei farmaci, rispetto all'enorme impiego di tempo e costi per lo sviluppo di nuove molecole. E' importante sottolineare che spesso, l'allestimento di nuovi farmaci fallisce a causa della tossicita' o della mancanza di efficacia. Inoltre, il riposizionamento del farmaco risulta utile nell'ambito delle malattie rare, in quanto da una parte non e' possibile reclutare un elevato numero di pazienti per i trials clinici, dall'altra i vincoli economici limitano l'interesse delle aziende farmaceutiche nella scoperta di nuove molecole terapeutiche. Rispetto allo sviluppo di nuovi farmaci il drug repositioning offre: 1. la formulazione e la produzione di un flusso di lavoro gia' stabilito; 2. la reale conoscenza di dati sulla tossicita' e la farmacocinetica; 3. la reale conoscenza sulla sicurezza e tossicita'; 4. dati di post-distribuzione e di sorveglianza gia' disponibili. Obiettivi e Raccomandazioni (Cap 5 a) Da quanto esposto emergono le seguenti priorita', rispetto alle quali sono identificabili i relativi interventi (Tabella 10): 1. Promuovere un consenso sui parametri necessari a stabilire l'utilita' clinica dei test basati su informazioni farmaco genomiche 2. Definire una linea guida per l'utilizzo piu' integrato delle valutazioni farmacogenetiche nella pratica clinica. 3. Istituire un registro dei trattamenti basati sul sequenziamento dei profilo del paziente e del loro esito Tabella 10. Interventi identificabili Parte di provvedimento in formato grafico 5.b Terapia personalizzata dei tumori - Genomica nel cancro della mammella. Nel trattamento del carcinoma della mammella differenti test genetici e genomici consentono di fornire informazioni sulla prognosi e il trattamento del carcinoma della mammella. Dopo la recente pubblicazione dello studio MINDACT abbiamo la prima evidenza di tipo I in oncologia sulla capacita' di un classificatore genomico (Mammaprint) di evitare l'uso della chemioterapia in una larga percentuale di donne con signature genomica a basso rischio e criteri clinicopatologici ad alto rischio. MammaPrint® e' un test in vitro, basato sulla tecnologia microarray, che valuta il profilo di espressione genica della neoplasia mammaria, su campione prelevato al momento della chirurgia. Il test classifica le pazienti in due categorie: basso e alto rischio di metastasi (G-high vs G-low). La popolazione di pazienti candidata al test, secondo le indicazioni approvate in EU, include donne operate di ca mammario, T1 o T2 (< 5cm), N0 o N+ (1-3), ER+ o ER-. Negli Stati Uniti Mammaprint e' stato approvato solo per pazienti N-. Il campione di tessuto viene inviato in RNA-later al laboratorio centralizzato di Agendia (NL): la paziente viene classificata ad "alto rischio" (29% a 10 anni, senza nessun trattamento) o "basso rischio" (10% a 10 anni, senza nessun trattamento). I dati dello studio MINDACT forniscono la prima evidenza di livello 1° A (dati da studio clinico prospettico, randomizzato), practice changing, a favore dell'impiego di Mammaprint in questo sottogruppo di pazienti con carcinoma mammario operato, in quanto indicano che la chemioterapia adiuvante puo' essere evitata nelle pazienti classificate a basso rischio genomico. L'obiettivo principale dello studio MINDACT era verificare se alle pazienti con cancro della mammella (LN 0-3) classificate a "basso rischio" - secondo prognosi molecolare con MammaPrint - e "alto rischio" - secondo prognosi clinica con calcolatore automatizzato Adjuvant!Online - poteva essere risparmiata la chemioterapia adiuvante dopo intervento chirurgico senza influenzare la sopravvivenza libera da metastasi a distanza. Un totale di 1550 pazienti (23.2%) dei circa 7000 reclutati erano classificati ad alto rischio clinico e a basso rischio genomico e sono stati quindi randomizzati a chemioterapia si oppure no. A 5 anni, la sopravvivenza libera da metastasi in questo sottogruppo senza chemioterapia e' stata del 94;7% (95% IC, 92.5-96.2) con una differenza di 1.5 punti percentuali in favore della chemioterapia. Di recente l'ASCO ha pubblicato le linee guida sull'utilizzo dei classificatori genomici per la prognosi dei tumori mammari dopo intervento chirurgico. Di seguito sono riportate alcune delle principali raccomandazioni (Tabella 11). Tabella 11. Raccomandazioni ASCO sull'utilizzo dei classificatori genomici per la prognosi dei tumori mammari post intervento chirurgico +-----------------------------------------------------------------+ ¦CARCINOMA MAMMARIO : ER+/HER2 - ,N0 ¦ ¦ ¦ ¦ONCOTYPE DX: Score alto = HT+ CT ¦ ¦ Score intermedio = attendere risultati TAILORx ¦ ¦QUALITA' DI EVIDENZA ALTA / GRADO DI RACCOMANDAZIONE FORTE ¦ ¦ ¦ ¦ENDOPREDICT: identifica pz a buona prognosi con la sola HT ¦ ¦QUALITA' DI EVIDENZA INTERMEDIA / GRADO DI RACCOMANDAZIONE ¦ ¦MODERATO ¦ ¦ ¦ ¦PAM50: Alto rischio = HT + CT ¦ ¦QUALITA' DI EVIDENZA INTERMEDIA / GRADO DI RACCOMANDAZIONE ¦ ¦MODERATO ¦ ¦ ¦ ¦BREAST CANCER INDEX: Identifica pz a buona prognosi con la sola ¦ ¦HT a 5 e 10 anniQUALITA' DI EVIDENZA INTERMEDIA / GRADO DI ¦ ¦RACCOMANDAZIONE MODERATO ¦ ¦ ¦ ¦-IHC4: Dati non riproducibili, testato in un singolo centro, non ¦ ¦ha dimostrato riproducibilitaQUALITA' DI EVIDENZA INTERMEDIA/GRA-¦ ¦DO DI RACCOMANDAZIONE MODERATA ¦ +-----------------------------------------------------------------+ Sono anche presi i considerazione i dati scientifici ottenuti nelle HER2 positive e nelle triplo negative, che pero' non sono qui riportate in quanto i classificatori prognostici comunque non sono applicabili in questi sottogruppi di pazienti. - Genomica nel cancro dell'ovaio. Il cancro ovarico e' un tipico esempio di malattia eterogenea. Negli ultimi anni la classificazione dei tumori ovarici e' stata approfondita e ulteriormente dettagliata grazie agli studi morfologici, immunoistochimici e di genetica molecolare. Con l'avvento della NGS, si e' infatti giunti alla recente scoperta che il carcinoma ovarico e' in realta' costituito da un insieme complesso di diverse malattie. In sottogruppi eterogenei di pazienti sono state identificate infatti svariate alterazioni genetiche ed epigenetiche di fondamentale importanza nella genesi e progressione del tumore. Il carcinoma ovarico e' ora classificato in tre grandi categorie basate sulla popolazione cellulare principale del tumore: cellule epiteliali, germinali e stromali. Il carcinoma ovarico epiteliale (EOC) rappresenta la maggior parte, circa l'85-90% di tutti i cancri ovarici. A sua volta l'EOC e' classificato in 5 sottotipi: sieroso (il piu' frequente con 70% dei casi), endometrioide, a cellule chiare, mucinoso, tumori di Brenner e tumori indifferenziati. Ci sono differenze sostanziali tra i sottotipi di EOC riguardo fattori di rischio su base genetica, l'oncogenesi molecolare, l'espressione di mRNA, la prognosi e la risposta ai farmaci. Esiste inoltre un modello dualistico di classificazione dell'EOC basato sui profili clinici e genetici. I tumori di tipo 1 includono i tumori sierosi a basso grado, endometrioide, a cellule chiare, mucinoso e di Brener. Sono caratterizzati rispettivamente da mutazioni somatiche di BRAF, KRAS, PIK3CA e PTEN e sono generalmente indolenti, confinati all' ovaio, e mostrano bassa sensibilita' alla chemioterapia. I tumori di tipo 2 che comprendono invece i tumori sierosi di alto grado, endometrioidi di alto grado, i carcinosarcomi e i carcinomi indifferenziati sono, al contrario, clinicamente aggressivi e si presentano in stadio gia' avanzato. In questi tumori la mutazione piu' comune e' quella di TP53 seguita dall'inattivazione somatica di BRCA1/BRCA2. TP53 codifica un fattore di trascrizione proteico (p53) che e' coinvolto nella riparazione del DNA, nella regolazione del ciclo cellulare e nell'apoptosi. Le mutazioni di TP53 sono presenti in piu' del 95% dei carcinomi ovarici sierosi di alto grado. La perdita precoce della funzione di p53 osservata nei carcinomi sporadici potrebbe determinare la creazione di un ambiente predisponente alla perdita di funzione di BRCA1 o BRCA2 (o altri deficit nei meccanismi di riparazione del DNA), che potrebbero condurre all'apoptosi. L'inattivazione di BRCA 1 e/o 2 e' determinata nel 67% delle pazienti con HGSOC che e' marcatamente piu' alto che negli altri istotipi di EOC. Questa inattivazione e' frequentemente il risultato di una ipermetilazione. BRCA1/2 risultano inattivati nel 40-50% dei HGOC sporadici. Questa inattivazione e' frequentemente il risultato di una ipermetilazione. Pertanto, sia TP53 che BRCA 1/2 giocano un ruolo importante nella stabilita' genetica e le mutazioni di questi geni sono causa di carcinogenesi. I cancri ereditari costituiscono una piccola, ma piu' ampia di quanto inizialmente stimata, proporzione degli EOC. Si stima che circa il 25% di tutti gli EOC abbiano una componente ereditaria. Le due sindromi principali associate con cancro ovarico familiare sono la sindrome ereditaria ovaiomammella (HBOC) e la sindrome di Lynch. L'HBOC costituisce circa l'80% dei cancri ovarici ereditari ed e' tipicamente associata a mutazione dei geni BRCA. Tuttavia, piu' recentemente, anche mutazioni di altri geni sono risultate associate alla patogenesi di HBOC. BRCA1 e 2 codificano per proteine che sono coinvolte nella riparazione del DNA; nello specifico, sono implicati nella ricombinazione omologa, un meccanismo molto accurato di riparazione delle rotture a doppia elica del DNA. BRCA1 ha anche la funzione aggiuntiva di regolare il ciclo cellulare. Quando si verifica la perdita di un allele wild-type in un carrier, vengono meno i meccanismi di riparazione del DNA e cio' puo' determinare lo sviluppo di neoplasia mammaria/ovarica. Diversi studi hanno stimato che circa il 13-15% delle pazienti affette da carcinoma ovarico siano portatrici di mutazioni germinali di BRCA1 o BRCA2 e questa frequenza raggiunge il 17% nelle pazienti con adenocarcinoma sieroso ad alto grado. La sindrome di Lynch e' la seconda piu' comune causa di cancro ovarico ereditario, rappresentando circa il 10-15% di tale condizione. E' una condizione autosomica dominante caratterizzata dalla presenza di tumori del colon-retto sincroni o metacroni. E' anche associata con una maggior frequenza di altre neoplasie, tra cui quelle di endometrio, ovaio, apparato urogenitale, encefalo, rene, stomaco e vie biliari. Diversi geni che codificano per le proteine mismatchrepair (MMR) sono implicati nella sindrome di Lynch: MLH1, MSH2, MSH6 e PMS2. Le proteine MMR riconoscono e corregono inserzioni e delezioni e mutazioni di singole basi. Quando questi geni sono fallati o silenziati, zone di ripetizione di piccole sequenze, conosciute come microsatelliti del DNA, possono aumentare le loro dimensioni provocando instabilita' nel DNA. Questa instabilita' dei micro satelliti (MSI) altera geni che hanno importanti funzioni cellulari come apoptosi, segnali intracellulari e riparo del DNA, accrescendo il rischio di carcinogenesi. Le mutazioni germinali di BRCA1 e BRCA2 sono presenti nella maggioranza delle pazienti con carcinoma ovarico ereditario, al contrario la frequenza di queste mutazioni in pazienti non selezionate e' solo del 15.3%. Il termine "BRCAness" e' stato utilizzato per descrivere i tratti fenotipici che alcuni tumori ovarici sporadici condividono con i tumori riscontrati nelle portatrici di mutazioni germinali di BRCA1/2 e che rispecchiano le atipie molecolari ad essi correlate. Il "BRCAness" sembra essere il risultato di diversi processi epigenetici. Dati recenti suggeriscono che l'ipermetilazione del promotore di BRCA1 ricorre nel 10-15% dei casi sporadici ed e' associata con l'istotipo sieroso. Anche la down-regolazione di BRCA2 puo' avvenire tramite il silenziamento del suo regolatore FANCF attraverso la metilazione del promotore. In aggiunta alle loro implicazioni istologiche, i tumori con mutazioni di BRCA sono piu' facilmente platino-sensibili e associati a maggiori PFS e OS. La remissione delle mutazioni germinali di BRCA1 o BRCA2 nelle singole pazienti o la perdita della metilazione del promotore di BRCA1 predicono la resistenza al platino e potrebbero inoltre predire la resistenza ai PARP (poli-ADP-riboso polimerasi) inibitori. Sebbene le pazienti con mutazioni BRCA1/2 e bassa espressione di proteina/mRNA di BRCA1 mostrino una risposta piu' favorevole al trattamento e una migliore prognosi,la metilazione promotrice di BRCA1 e' significativamente correlata a resistenza al trattamento e a prognosi peggiore. Dunque, la metilazione non e' funzionalmente equivalente a una mutazione germinale nel mediare la sensibilita' alla chemioterapia. Mentre la metilazione di BRCA1 e' piu' frequente nel cancro ovarico sporadico, non e' stata riportata nella forma ereditaria della malattia o in campioni derivanti da donne con mutazioni germinali di BRCA1. BRCA2 non presenta un profile di metilazione simile nel cancro ovarico. La scoperta di un un biomarcatore che abbia le sensibilita' e specificita' necessarie per l'individuazione del cancro ovarico a stadi precoci e' ancora argomento dibattuto e, pertanto, sono ancora in corso di studio molteplici combinazioni di biomarcatori. I biomarkers possono essere utilizzati a diversi scopi: diagnostici, per la diagnosi precoce di malattia, che possono essere utilizzati principalmente anche per programmi di screening; prognostici, usati per predire la progressione di malattia; marcatori di recidiva, impiegati per monitorare la risposta a un dato trattamento. Il CA 125 e' ad oggi il piu' studiato e utile marcatore nei carcinoma ovarici sieroso ed endometrioide. E' una glicoproteina naturalmente secreta dall'epitelio celomatico mulleriano e dagli epiteli di molti organi. Esso viene espresso in situazioni patologiche benigne sia ginecologiche che addominali, cosi' come in altri tumori maligni. Il CA 125 e' aumentato in circa il 70-90% delle donne con malattia in stadio avanzato, ma solo nel 50-60% negli stadi precoci. A causa della bassa prevalenza del cancro ovarico nella popolazione, il valore predittivo positivo del CA125 e' solo del 4%. Alla luce di questi parametri, non e' indicato l'utilizzo nella pratica clinica del CA 125 da solo per lo screening iniziale dell'EOC. Al contrario, e' approvato l'impiego del CA125 come test di monitoraggio della risposta nella rilevazione di malattia residua o recidivata nelle pazienti dopo la terapia di prima linea. Poiche' variazioni del CA125 sono correlate alla prognosi della malattia, e' stata avanzata la proposta da uno studio recente che una sorveglianza seriata del CA 125 possa identificare le pazienti destinate a una chirurgia citoriduttiva secondaria. Ad oggi, piu' di 30 marcatori sono stati valutati da soli o in combinazione con il CA 125, come ad esempio HE4, mesotelina, osteoponina, prostasina, EGFr ecc. HE4 e' una glicoproteina che si trova naturalmente negli epiteli dei sistemi riproduttivi e respiratorio. E' stato dimostrato che tale proteina e' overespressa nei tumori endometrioide (100%), sieroso (93%) e a cellule chiare (50%), ma non nei tumori mucinosi. Se paragonato al CA 125, HE4 mostra una maggiore specificita' nelle donne in premenopausa e nelle patologie benigne ed ha una maggiore sensibilita' nei tumori a stadi precoci. Inoltre, e' overespressa nel 32% dei casi in cui il CA125 non e' aumentato. Attualmente, HE4 e' utilizzato principalmente per il monitoraggio della recidiva o progressione di cancro ovarico epiteliale. Dalla revisione della letteratura, ci sono discrepanze nei risultati dalla combinazione di CA 125 con HE4. Comunque, l'indice ROMA, che deriva dalla combinazione dei livelli sierici di CA 125, HE4 e stato menopausale e' stato validato come metodo per distinguere le masse benigne dai tumori maligni. Per le donne con rischio riconosciuto di cancro ovarico ereditario, ad esempio nei casi di mutazione familiare di BRCA, e' suggerita fortemente l'ovariosalpingectomia bilaterale profilattica, con o senza isterectomia, per ridurre il rischio di sviluppare il tumore. L'approccio migliore per le donne che rifiutano la chirurgia non e' ancora chiaro, ma sono in corso studi volti a valutare se ci sia un vantaggio dal monitoraggio stretto di queste pazienti attraverso il controllo routinario del CA 125 e l'esecuzione di ecografie annuali. Il rapido sviluppo della genetica e dell'epigenetica ha facilitato lo studio dei meccanismi molecolari alla base del carcinoma ovarico. Questa conoscenza ha condotto all'introduzione di nuovi trattamenti indirizzati verso fattori molecolari bersaglio-specifici implicati nella crescita del tumore. L'individuazione degli eventi molecolari che controllano questo tumore puo' migliorare la nostra comprensione della tumorigenesi e costruire strategie di trattamento individualizzate per questa malattia letale. L'angiogenesi quale bersaglio terapeutico nelle patologie tumorali ginecologiche e' stata ampliamente indagata. Il Bevacizumab, un anticorpo monoclonale diretto contro il fattore di crescita endoteliale vascolare (VEGF-A) e' l'agente antiangiogenetico piu' studiato nell'EOC. In aggiunta al trattamento di prima linea, in associazione alla chemioterapia standard con carboplatino e paclitaxel e' stato approvato a seguito di due grandi studi, il GOG 218 e l'ICON 7. Entrambi gli studi hanno valutato la concomitanza di chemioterapia e bevacizumab seguiti da un mantenimento con bevacizumab per una durata totale di trattamento di 15 (GOG 218) o 12 (ICON - 7) mesi. Nonostante le differenze nel disegno degli studi, entrambi hanno mostrato un miglioramento significativo nella progression free survival (PFS) (GOG-218: HR = 0.72; p < 0.001; ICON-7: HR = 0.81; p < 0.004). E' in atto uno sforzo maggiore di ricerca volto ad identificare biomarcatori predittivi che possano aiutare ad individuare quelle pazienti che possano trarre il maggior beneficio da questo trattamento. Sono state descritte differenze nell'efficacia del bevacizumab tra i sottotipi molecolari di HGSOC, suggerendo il sottotipo mesenchimale come il sottogruppo che ottiene il piu' grande beneficio dal bevacizumab, con un miglioramento del PFS di 9.5 mesi. Il bevacizumab in combinazione con la chemioterapia standard ha anche dimostrato un miglioramento nella PFS nella malattia platinosensibile negli studi OCEANS e GOG 213 e nella malattia platino resistente (Studio AURELIA) nell'ambito della malattia ricorrente. Come detto, la disfunzione di BRCA1 e BRCA2 e' associata alla tumorigenesi del carcinoma ovarico, dovuta alla incapacita' di riparare le rotture a doppia elica del DNA (DSBs). I PARPs sono una famiglia di enzimi coinvolti nella riparazione dell'escissione di base, un pathway chiave nella riparazione delle rotture a singola elica del DNA. L'inibizione di PARP conduce alla persistenza di rotture spontanee a singola elica e conseguentemente alla formazione di rotture a doppia elica. Queste non possono essere riparate nelle cellule con BRCA mutato, per cui determinano la morte cellulare. Gli inibitori d PARP inducono la morte dei tessuti con deficit di BRCA. I carcinomi in cui e' presente un deficit di BRCA1-2 sono ora riconosciuti come il bersaglio di una classe di farmaci detti PARP inibitori. La deficienza di PARP o BRCA non hanno impatto singolarmente, ma l'assenza di entrambe conduce ad un effetto letale. Lo studio clinico dell'uso di PARP inibitori per il trattamento dell'EOC ha avuto una rapida evoluzione dall'osservazione dell'attivita' dei singoli agenti condotta in vitro in cellule tumori BRCA-deficienti nel 2005 fino all'inizio di studi di fase 3 nel 2013. L'analisi retrospettiva di dati derivanti da uno studio di fase 2 randomizzato in doppio cieco ha dimostrato che i pazienti con carcinoma ovarico sieroso recidivato, platino sensibile, con una mutazione BRCA, mostrano il maggiore beneficio dal trattamento con olaparib, il primo PARP inibitore umano. Due studi di fase 3 hanno testato olaparib verso placebo come trattamento di mantenimento sia per i tumori ovarici di nuova diagnosi che per quelli recidivati associati a mutazione di BRCA. Nel dicembre 2014 olaparib e' stato approvato per il trattamento di pazienti con carcinoma ovarico avanzato associato a mutazione germinale BRCA1/2 che hanno ricevuto tre o piu' line di chemioterapia. Questa approvazione rappresenta la prima terapia personalizzata per il cancro ovarico. Altri PARP inibitori che sono stati testati o sono in corso di studio includono veliparib, niraparib, rucaparib e BMN673. Vi sono prospettive future per una migliore precisione della terapia individualizzata, come ad esempio la valutazione dell'impiego dei PARP-inibitori nella malattia platino-resistente nelle pazienti con particolari aberrazioni molecolari o dell'immunoterapia. Inoltre vi sono evidenze che il recettore progestinico (PR) ed estrogenico (ER) medino la proliferazione e l'apoptosi delle cellule del carcinoma ovarico. Studi precedenti hanno mostrato che l'espressione di PR ed ER sono associate con un miglioramento della sopravvivenza indipendente dai fattori prognostici clinici, ma queste associazioni non hanno ancora trovato una conferma radicata in termini clinici. Sono pertanto necessarie ulteriori indagini sull'uso della terapia endocrina nel carcinoma ovarico: se somministrata a pazienti selezionate, positive per ER e in particolare per PR, la terapia endocrina potrebbe essere un'opzione percorribile per il trattamento del carcinoma ovarico. Considerando inoltre il loro profilo di sicurezza, il basso costo e la gia' dimostrata modesta efficacia nel setting della malattia recidivata, gli inibitori dell'aromatasi potrebbero essere un'opzione terapeutica per il carcinoma ovarico anche in aggiunta alla terapia standard di prima linea, ma il loro utilizzo in questo setting non e' ancora stato esplorato. - Genomica nel cancro del polmone. Negli ultimi anni ci sono stati significativi progressi nella comprensione di biologia e trattamento del tumore polmonare non a piccole cellule (NSCLC). Diverse terapie a bersaglio molecolare sono in uso o in via di sviluppo. Le neoplasie polmonari sono tradizionalmente classificate in base a istologia e caratteristiche di immunoistochimica; ma diverse mutazioni somatiche possono essere identificate nei diversi sottotipi istologici. Per stratificare i pazienti oggi e' impiegata la combinazione di caratteristiche isto-morfologiche, immunoistochimiche e genetiche. E' ormai procedura standard, per gli adenocarcinomi, l'analisi di Epidermal Growth Factor Receptor (EGFR) e di Anaplastic Lymphoma Kinase (ALK). Alcune istituzioni analizzano routinariamente anche ROS, RET, BRAF e HER2 che pero' non hanno ancora una terapia target validata. Adenocarcinoma. E' una delle neoplasie epiteliali meglio caratterizzate geneticamente. L'identificazione di mutazioni di EGFR e il riarrangiamento di ALK hanno portato a cambiare l'algoritmo terapeutico e a specifiche terapie molecolari. La necessita' dei test molecolari per valutare EGFR emerge dalla riconosciuta sensibilita' agli inibitori tirosinoKinasici di EGFR (TKi) come gefitinib, erlotinib, afatinib, che rappresentano oggi la prima linea di terapia nel NSCLC con mutazione di EGFR. La mutazione viene riscontrata nel 10-15% dei pazienti caucasici ed e' piu' frequente nelle donne e nei non fumatori. La maggior parte di queste neoplasie inizialmente rispondono alla terapia, con un tasso di risposta del 60-75%, ma successivamente sviluppano resistenza; mediamente dopo 9-12 mesi. Recentemente e' stato dimostrato che, in circa il 50% dei pazienti, il meccanismo di resistenza si instaura per la comparsa di una nuova mutazione in EGFR (T790M) per cui sono in corso studi con TKi di III generazione (AZD9291 e CO-1686) che sembrano riportare un tasso di risposta di circa 60%. Altri meccanismi di resistenza sono stati definiti con re-biopsia del tessuto tumorale. Per alcuni di questi meccanismi sono in corso di valutazione studi con nuovi farmaci target. Nel 1-10% degli adenocarcinomi viene identificato il riarrangiamento del gene ALK (ALK fusion, EML4-ALK), ROS e RET. I pazienti con traslocazione di ALK, o riarrangiamento di ROS1 sono candicati a terapia con crizotinib e altri TKis. Crizotinib e' un inibitore tirosino-chinasico multi target di ALK, ROS, e MET. Viene riportato un tasso di risposta tra il 50 e il 61% e tempo mediano alla progressione tra i 9 e i 11 mesi. In modo analogo alla terapia con inibitori di EGFR, anche queste terapie vanno incontro a resistenza. Ceritinib (LDK 378) ha dimostrato un alto tasso di risposta nei pazienti ALK positivi e non trattati con crizotinib , sembra piu' potente e selettivo di crizotinib e sono in corso studi sui pazienti gia' trattati e resistenti a crizotinib. Alcune delle piu' frequenti alterazioni genomiche nell'adenocarcinoma , come le mutazioni in TP53, KRAS e STK11 non hanno una corrispondente terapia target efficace. Il complesso MAPK e' spesso implicato nello sviluppo di adenocarcinomi polmonari e il meccanismo piu' frequente e' la mutazione attivante di KRAS, osservata in circa il 20-25% degli adenocarcinomi. Recentemente uno studio di fase II con selumetinib (inibitore di MEK) ha mostrato una promettente attivita' nei pazienti KRAS mutati. Neoplasie a istologia squamosa: Negli ultimi anni ci sono stati pochi progressi nelle terapie target del carcinoma squamoso. L'amplificazione genica del Fibroblast Growth Factor Receptor 1 (FGFR1) e' presente nel 7-25% dei tumori squamosi e sono in via di sviluppo terapie target. Microcitoma. Le neoplasie polmonari a piccole cellule (SCLC) rimangono neoplasie molto aggressive con opzioni terapeutiche limitate . Questo tipo di neoplasie hanno un alto tasso di mutazioni, soprattutto secondarie ai carcinogeni del tabacco, e questo rende difficile l'identificazione di mutazioni "driver" rilevanti dal punto di vista terapeutico. - Genomica nel cancro del colon retto. Nel trattamento del carcinoma del colon-retto differenti test genetici e molecolari consentono di fornire informazioni sulla prognosi e il trattamento del carcinoma del colon-retto: Test di espressione genica, ONCOTYPE DX e COLOPRINT, hanno dimostrato di calcolare con precisione il rischio di recidiva da carcinoma del colon-retto operato in stadio II-III. Allo stato attuale tali test non hanno una validazione per quanto riguarda il ruolo predittivo dell'efficacia della chemioterapia adiuvante somministrata dopo la chirurgia. Queste analisi di espressione genica hanno esclusivamente un ruolo prognostico ma non predittivo di efficacia della chemioterapia e pertanto la loro utilita' nella pratica clinica rimane limitata. L'instabilita' dei microsatelliti (MSI) costituisce al contrario dei test di espressione genica un valido strumento di predizione di risposta alla chemioterapia nel carcinoma del colon-retto operato in stadio II. Circa il 20% dei carcinomi del colon retto presentato mutazioni o metilazioni di geni coinvolti nel riparo del danno al DNA, meccanismo chiamato MMR (MisMatch-Repair), coinvolgendo i geni MLH1, MSH2, MSH6, PMS2, EpCAM. I carcinomi del colon-retto che sono difettivi per il MMR (dMMR, MSIH) sono comuni soprattutto dei carcinomi del colon-retto in stadio II. Questa caratteristica conferisce a questi tumori una prognosi favorevole rispetto ai tumori senza dMMR ma nessun beneficio dalla somministrazione di chemioterapia adiuvante contenente fluoropirimidine. Al contrario i tumori con MSI-L (bassa instabilita' dei microsatelliti) o MSS (stabilita' dei microsatelliti) ricevono beneficio in termini di riduzione del rischio di recidiva con la chemioterapia somministrata dopo la chirurgia. Altri due geni vengono utilizzati nella pratica clinica per la scelta del trattamento del carcinoma del colon-retto metastatico. Il sequenziamento dei geni RAS e BRAF fornisce informazioni prognostiche e predittive la risposta al trattamento farmacologico. RAS e' un trasduttore del segnale intracellulare coinvolto nella cascata di segnale che porta alla crescita, proliferazione, sopravvivenza cellulare. Nel 50% dei carcinomi del colon-retto tale proteina e' mutata. L'evento mutazionale di RAS rende il tumore piu' aggressivo e quindi a prognosi peggiore ma soprattutto costituisce fattore predittivo di resistenza a nuovi farmaci a bersaglio molecolare, ovvero gli anticorpi monoclonali anti-EGFR (Epidermal Growth Factor Receptor, il fattore di crescita dell'epidermide umano) Panitumumab e Cetuximab. Al contrario i carcinomi del colon-retto che presentano RAS non mutato ottengono dalla somministrazione di tali farmaci un beneficio importante in sopravvivenza globale in qualsiasi linea di terapia nel trattamento del carcinoma del colon-retto metastatico, in associazione alla chemioterapia oppure in monoterapia senza chemioterapia. La mutazione di BRAF costituisce una particolare evento che interessa non piu' del 10% dei carcinomi del colon-retto. Tale mutazione e' piu' frequente nel carcinomi del colon destro e conferisce un comportamento molto aggressivo al tumore con una sopravvivenza attesa mediana di circa 12 mesi dalla diagnosi di malattia metastatica. E' quindi un fattore prognostico estremamente sfavorevole ma non predittivo validato di risposta alla chemioterapia. Tuttavia recenti dati hanno dimostrato che il trattamento aggressivo di questo sottotipo molecolare di carcinoma colorettale con una tripletta di chemioterapici (Fluorouracile, Oxaliplatino, Irinotecan) associato all'anticorpo monoclonale anti-VEGF (Vascular Endotelial Growth Factor) Bevacizumab puo' fornire un beneficio in sopravvivenza globale. La biopsia liquida in oncologia E' noto come spesso le patologie tumorali siano dovute a mutazioni genetiche e come l'analisi di queste mutazioni tumore-correlate venga frequentemente utilizzata a scopo diagnostico, prognostico e terapeutico. Il profilo genetico dei tumori solidi, che attualmente viene effettuato principalmente sui tessuti prelevati dal tumore stesso tramite biopsia o intervento chirurgico, spesso e' difficile da ottenere. Queste procedure hanno alcune limitazioni: in primo luogo, a causa della loro invasivita', non possono essere svolte routinariamente. Un secondo limite e' rappresentato da un bias di selezione del campione: infatti, una biopsia fornisce una fotografia limitata del tumore, nel sito del prelievo e nel momento del prelievo, e potrebbe non contenere tutti i sub-cloni tumorali. Poiche' le cellule tumorali apoptotiche o in necrosi liberano frammenti di DNA nel torrente ematico, e questo DNA correla con lo stadio del tumore e con la prognosi, la biopsia liquida puo' rappresentare invece una fonte di DNA ottimale, in grado di offrire le medesime informazioni del DNA tissutale, comprendendo il profilo genetico sia della lesione primaria, sia delle metastasi. In un primo tempo questa tecnica e' stata limitata dal fatto che il DNA circolante non fosse unicamente di origine tumorale e quindi l'identificazione di alleli tumorali fosse complessa: con il miglioramento della sensibilita' e dell'accuratezza delle tecniche di sequenziamento, anche la biopsia liquida si e' perfezionata e ha reso possibile l'individuazione delle aberrazioni genetiche ed epigenetiche. La biopsia liquida attualmente offre un elevato grado di specificita': questo significa che e' in grado di fornire dati robusti e riproducibili in modo semplice e non invasivo. Studi recenti sul carcinoma polmonare non a piccole cellule (NSCLC) hanno valutato lo stato mutazionale di EGFR, da cui emergono, nel confronto tra DNA circolante e DNA tissutale, una concordanza del 93%, una specificita' del 99% e una sensibilita' del 65%. Potrebbe essere utilizzata per una varieta' di applicazioni cliniche e sperimentali precedentemente impossibili: il monitoraggio di una serie di genotipi tumorali, che sono instabili e, sotto pressione selettiva, soggetti a cambiamenti, sta diventando sempre piu' plausibile. La biopsia liquida, inoltre, potrebbe fornire nuove intuizioni biologiche nel processo di metastasi e chiarire vie di segnalazione coinvolte nei processi di invasivita' cellulare e nella capacita' di dare metastasi. La biopsia liquida puo' trovare grande utilita' anche nella target therapy: consente per esempio il monitoraggio della presenza di cloni di resistenza ai farmaci, come nel caso della terapia anti-EGFR. Ulteriori potenziali applicazioni della biopsia liquida potrebbero essere lo screening precoce delle neoplasie maligne e la diagnosi della malattia minima residua. Infine, la biopsia liquida puo' divenire fondamentale come biomarker non invasivo per lo sviluppo di strategie di gestione del tumore personalizzato sul singolo paziente. Obiettivi e Raccomandazioni (Cap 5 b) Da quanto esposto emergono le seguenti priorita', rispetto alle quali sono identificabili i relativi interventi (Tabella 12): - Promuovere nella pratica clinica l'uso appropriato della genomica nella valutazione della prognosi e ne la terapia dei tumori. Poiche' negli ultimi anni ci sono stati significativi progressi nella comprensione di biologia e trattamento dei tumori della mammella, dell'ovaio, del polmone ,e del colon-retto e' necessario che l'uso clinico di tali conoscenze sia promosso ed appropriato, sostenuto da chiare indicazioni evidence-based. E' quindi necessario prevedere sia un'accurata valutazione di utilizzabilita' clinica sia un suo tempestivo aggiornamento in base alle evidenze scientifiche prodotte; cio' e' conseguibile mediante la produzione di linee-guida con una funzione di quick-review periodica della letteratura sia primaria che secondaria; tale funzione dovrebbe essere assicurata dal network HTA previsto nel Cap. 6. Tabella 12. Interventi identificabili Parte di provvedimento in formato grafico Bibliografia 1. Collins FS, Varmus H. A New Initiative on Precision Medicine. N Engl J Med. 2015;372(9):793-795. 2. Snyder A et al. Genetic basis for clinical response to CTLA-4 blockade in melanoma. N Engl J Med 2014; 371:2189-99. 3. Lamb, J. et al(2006). The Connectivity Map : Using. Science, 313, 1929-1935. 4. Grosse, S. D. & Khoury, M. J. What is the clinical utility of genetic testing? Genet. Med. 8, 448-450 (2006). 5. Relling, M. V., & Evans, W. E. Pharmacogenomics in the clinic. Nature, 526(7573), 343-50. 2015 6. 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Presented at: Society of Gynecologic Oncology's Annual Meeting on Women's Cancer 2015; 2015 Mar 28-31; Chicago, IL. Abstract 3 62. Pujade-Lauraine E, Hilpert F, Weber B, et al. Bevacizumab combined with chemotherapy for platinumresistant recurrent ovarian cancer: the AURELIA open-label randomized phase III trial. J ClinOncol. 2014;32(13):1302-1308. • Randomized phase III trial that led for the approval of bevacizumab in EOC treatment 63. Yoshida K, Miki Y. Role of BRCA1 and BRCA2 as regulators of DNA repair, transcription, and cell cycle in response to DNA damage. Cancer Sci. 2004; 95: 866-71. 64. Safra T, Borgato L, Nicoletto MO, etal.BRCA mutation status and determinant ofoutcome in women with recurrent epithelial ovarian cancer treated with pegylated liposomal doxorubicin. Mol Cancer Ther. 2011;10: 2000-7. 65. Murai J, Huang SY, Das BB, et al. Trapping of PARP1 and PARP2 by Clinical PARP Inhibitors. Cancer Res. 2012; 72: 5588-99.]. 66. Ledermann J, Harter P, Gourley C, et al. 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Obiettivo 1: Stabilizzazione della governance Tale obiettivo esprime la necessita' di un aggiornamento e adeguamento della struttura di governance sui temi delle scienze omiche che deriva da atti precedenti. Essa, ovviamente, articola e specifica, ma non si sostituisce alla struttura di governance del sistema sanitario. Nella tabella 13 sono ricapitolate le azioni di governance previste dall'Intesa 13/3/13 con la specificazione delle correlate raccomandazioni delle Council Conclusion del 2015. L'insieme degli elementi che ne risultano contribuiscono alla definizione di un modello di governance (Figura 3). Tabella 13. Sintesi delle AZIONI PRIORITARIE DI SISTEMA e dei prodotti programmati dall'Intesa del 13/3/13 recante Linee di indirizzo su "La Genomica in Sanita' Pubblica secondo il conceptual framework della Stewardship. Corrispondenza con le raccomandazioni agli Stati membri delle Council Conclusion del 7/12/15 Parte di provvedimento in formato grafico La struttura di governance prevede i seguenti attori: a) Tavolo genomica del Consiglio Superiore di Sanita' b) Coordinamento interistituzionale c) Istituto Superiore di Sanità-Hub tecnico-scientifico d) Stakeholder Forum e) GENISAP f) Coordinamento inter-regionale g) Coordinamento intra-regionale Nello specifico: a) Tavolo genomica del Consiglio Superiore di Sanita' b) Coordinamento interistituzionale - e' previsto dall'Intesa (Azione 3.1 Definire l' assetto istituzionale, scientifico e organizzativo di sistema per la governance della genomica nella sanita' pubblica e Azioni 4.1) e recepisce il Mandato 15 delle Council Conclusion (..by developing patient-centred policies...). - E' composto dalle Direzioni Generali Prevenzione, programmazione, Farmaci del Ministero, dall'ISS, dall'AGENAS, dall'AIFA, e da rappresentanti delle Regioni. - Articola il suo lavoro con tavoli tematici tra i quali il Tavolo permanente per l'aggiornamento del prontuario (in accordo con la programmazione operativa della DG Programmazione) c) Istituto Superiore di Sanità-Hub tecnico-scientifico - Il ruolo dell'ISS e' previsto dalle Azioni 3.1 e 4.1 dell'Intesa 2013 ("l'ISS ha il compito di condurre studi valutativi sull'efficacia, il rischio, il rapporto costo/benefici della genomica in sanita' pubblica; produce report di HTA"). - Svolge le sue funzioni anche costituendo un network (hub&spoke) di centri scientifici esperti di HTA e un network (hub & spoke) di biobanche - E' responsabile della definizione/contestualizzazione delle linee-guida d) Stakeholder Forum. - Il Forum e' una sede funzionale permanente (complessiva e/o articolata per componenti) di confronto con Associazioni di pazienti e/o cittadini, societa' scientifiche, attori del mondo della produzione. - Esso risponde all'Intesa (Azione 4.2 Reti e partnership con le associazioni dei professionisti e dei pazienti) che definisce la formalizzazione di partnership come funzionale alla condivisione dei principi ai quali le rispettive attivita' devono conformarsi e alla individuazione di obiettivi comuni. Inoltre risponde ai Mandati 15 (..including, as appropriate, patient empowerment and the integration of patient perspectives in the development of regulation processes, in cooperation with patient organisations and other relevant stakeholders) e 21 (Promote crossdisciplinary interaction...) delle Council Conclusion. e) GENISAP. in accordo con quanto stabilito nell'Intesa del 13/3/13 (Azione 4.2), GENISAP si caratterizza per la sua natura di risorsa per l'intero sistema in quanto soggetto multidisciplinare, esperto nel "trasferimento delle conoscenze e tecnologie basate sul genoma nella sanita' pubblica". f) Coordinamento interregionale. Analogamente a quanto accade per la prevenzione, un coordinamento inter-regionale (generato da coordinamenti intra-regionale), appare funzionale a specializzare le competenze a favorire decisioni nelle sedi istituzionali (Conferenza Stato-Regioni) g) Coordinamento intra-regionale Figura 3. Descrizione grafica della struttura di Governance Parte di provvedimento in formato grafico Obiettivo 2: Gestione dell'innovazione L'innovazione e' da considerare la dimensione piu' pertinente alla funzione di governo applicata ai risultati delle scienze omiche: da una lato, quindi, si tratta di comprendere appieno l'importanza e le implicazioni, dall'altra si tratta di identificare strumenti e "meccanismi" che ne gestiscano l'uso in modo proattivo e sistematico. - Importanza dell'innovazione. Le innovazioni culturali, scientifiche tecnologiche ed erogative gia' in qualche modo da acquisite dalla ricerca nelle scienze omiche dovranno essere integrate all'interno del SSN promuovendo, al contempo , le necessarie innovazioni congeniali alle caratteristiche di questo campo. D'altro canto, lo sviluppo della genomica (e delle scienze 'omichE' in generale) non comporta solo conseguenze sul piano della salute e della medicina. Bisogna infatti considerare che per sua stessa natura la genomica contribuisce alla (e si alimenta della) innovazione della IT, tanto che e' considerata componente e "funzione" dei BIG Data. Una fondamentale questione riguarda, inoltre, la necessita' di assicurare al nostro Paese una dimensione di "innovazione continua"; in questo senso si deve riconoscere il legame specifico che lo sviluppo delle scienze omiche ha con la crescita economica. Pertanto, si tratta di attivare una capacita' sistemica di "Ricerca e sviluppo" che garantisca tale prospettiva di crescita. Queste finalita' di ampio respiro necessitano di una specifica e sistematica attivita' di ricerca ma anche di un assetto di governo che ne guidi il raggiungimento e di un meccanismo adattativo della pianificazione. Rimandando al successivo Cap. 7 le indicazioni per la ricerca, sono di seguito affrontati i restanti due aspetti. - Meccanismi per l'innovazione. Lo scenario e' quello di un rapido sviluppo delle conoscenze legato alle scienze omiche e quindi di una forte continua pressione per l'inserimento di tale knowledge nella pratica del sistema sanitario. Questa prospettiva virtuosa deve essere 'governata'. L'assetto stabilizzato di una idonea capacita' di HTA e di valutazione ELSI costituisce quindi un asset indispensabile del sistema Paese. La prospettiva, definita nella prima parte di questo capitolo, di una struttura di network con Hub nell'ISS e' intesa a garantire disponibilita' di risorse tecniche adeguate (strutture in networking: universita', Enti centrali di ricerca, strutture qualificate del SSN) e di flessibilita' tecnico-scientifica (ISS). Tuttavia e' contemporaneamente presente la necessita' di una parallela e sincrona capacita' di innovazione nel policy-making. Questa funzione e' espletata dal coordinamento inter-istituzionale in una relazione generale di tipo bi-univoco (nel senso di essere "interrogati" dalle nuove conoscenze ma anche di richiederne di mancanti per un adeguato policy-making) con i produttori di knowledge specifico. Si distinguono quindi, da parte del coordinamento interistituzionale, due step principali: - verifica e valutazione delle nuove conoscenze solide - avvio nei canali decisionali istituzionali (conferenza Stato-Regioni, tavolo per l'adeguamento del prontuario, AIFA ecc) come integrazioni al presente atto di pianificazione - che comunque andra' rivisto sistematicamente a fine quinquennio. Gli strumenti 'istruttori' del Coordinamento, ai fini del processo di innovazione continua, sono: - conferenza periodica sull'innovazione basata sulla genomica - attivazione di progetti-pilota o di fattibilita' Lo scenario gia' ricordato di rapido sviluppo e' verosimile determini un ulteriore "fronte di innovazione" che riguarda la legislazione/normazione. Fin d'ora sono emergenti alcune tematiche principali che interrelano questo atto di pianificazione ai valori, agli assetti e alle policy del sistema-Paese piu' in generale; senza ambizioni di esaustivita' vanno ricordati i temi: - sul versante sociale: della stigmatizzazione e discriminazione, della privacy, delle ripercussioni sulla famiglia - sul versante delle biobanche e delle informazioni connesse: della tutela della proprieta', degli standard di consenso; degli standard di gestione e sicurezza delle biobanche; della garanzie sulla comunicazione ecc. In definitiva, e' da considerare che sviluppi e le innovazioni scientifici e tecnologici, nonche' l'evolversi stesso della consapevolezza sociale, comportino nuove esigenze di innovazione legislativa e/o normativa. Il Coordinamento, quindi, deve provvedere al sistematico rilievo di tali esigenze e alla conseguente predisposizione di proposte di atti formali. Bibliografia 1. CDC url http://www.cdc.gov/genomics/gtesting/file/print/FBR/CF_Elsi.pdf CAPITOLO 7 Indicazioni per la ricerca e l'innovazione. Introduzione Le attivita' di ricerca biomedica e sanitaria e di innovazione tecnologica per la salute costituiscono, al pari dell'attivita' assistenziale con la quale si integrano, elementi intrinseci e fondanti di ogni moderno sistema sanitario. Esse rappresentano un vero e proprio investimento per incrementare la salute dei cittadini, con la primaria conseguenza di migliorarne le aspettative e la qualita' di vita. Gli investimenti nella ricerca biomedica e nell'innovazione determinano uno sviluppo non solo nel settore della sanita', contribuendo all'aumento della salute e del benessere della popolazione, ma rappresentano anche un poderoso motore di sviluppo economico. E' ormai chiaro che per affrontare le sfide economiche del futuro non ci si puo' affidare a prodotti a basso contenuto tecnologico, ma occorre invece creare un'economia della conoscenza basata sul valore aggiunto della ricerca avanzata. In questa prospettiva va contestualizzata la necessita' di accettare ed implementare il nuovo paradigma delle scienze omiche, che dovrebbe fondarsi sui seguenti pilastri: la personalizzazione dell'assistenza sanitaria; l'adozione di nuove tecnologie, accanto a quelle genomiche, allo scopo di incrementare la conoscenza degli individui, del loro stato di salute e di malattia, includendo in particolare nuove tecnologie biomediche e digitali come l'imaging ed i sensori wireless; lo sviluppo e l'integrazione di una prevenzione personalizzata, come approccio complementare alle classiche pratiche esistenti in sanita' pubblica; l'uso della connettivita' mobile e delle crescenti capacita' "computazionali" al fine di generare grandi quantita' di dati da utilizzare per il progresso della sanita' e di altri settori. Questo nuovo approccio supera esplicitamente quello della genomica classica, e unisce quelli che possono apparire campi totalmente distanti tra loro, al fine di fornire un approccio piu' olistico alla tutela e cura della salute. La diffusione delle scienze omiche e' stata resa possibile principalmente grazie allo sviluppo di tecniche di indagine high-throughput in grado di generare enormi quantitativi di dati. Cio' ha prodotto una forte richiesta di supporto dal settore dell'informatica avanzata e del calcolo ad alte prestazioni di fatto determinando la nascita e lo sviluppo della bioinformatica, disciplina che integra le competenze nell'ambito della biologia e dell'ICT. Accanto agli straordinari progressi della biologia molecolare, l'informatica e le tecniche di analisi dati stanno contribuendo in maniera significativa a decretare il successo delle nuove piattaforme e l'acquisizione di importanti progressi scientifici in questi settori. Questa relazione sostanzia la interconnessione che esiste tra sviluppo del sistema sanitario e sviluppo del sistema Paese. Una traiettoria di ricerca e sviluppo che riguarda in modo specifico questa interconnessione e' relativa al Big-Data. Come ricordato, per sua stessa natura la genomica contribuisce alla (e si alimenta della) innovazione della IT, tanto che e' considerata componente e "funzione" del BIG Data . In questo contesto di sviluppo delle scienze omiche, emergono come opportunita' di Ricerca e Innovazione a valenza sistemica altre necessita', quali quella: di una maggiore armonizzazione e standardizzazione nelle metodiche di generazione ed analisi dei dati; dell'implementazione di nuovi strumenti di data mining; che gli attori interessati si mettano in rete per garantire maggiore efficienza e possibilita' di aggiornamento nell'uso delle tecnologie, e dell'uso del materiale biologico su cui queste analisi vengono eseguite (biobanche); di produrre sui test evidenze non solo di efficacia clinica ma anche di costo-efficacia mediante specifiche metodologie di HTA; di sviluppare politiche innovative sul costo dei farmaci 'innovativi'; di assicurare al nostro Paese una dimensione di "innovazione continua". Visione Prospettica I sistemi sanitari di tutto il mondo stanno affrontando una fase cruciale e delicata, caratterizzata da un'elevata pressione finanziaria che rischia di minarne la sostenibilita'. Per affrontare la sfida di questo scenario in evoluzione, essi dovranno gestire tre nodi cruciali: ridare centralita' al cittadino nel contesto del sistema; dare maggiore enfasi alle attivita' di prevenzione; riorganizzare radicalmente il servizio spostando le cure dall'ospedale al territorio. L'impatto potenziale delle scienze omiche sui servizi sanitari ha portato a definire una riflessione centrata sulle opportunita' che le scienze omiche forniscono e che tende a "Promuovere (incisivamente) l'innovazione". Cio' ha comportato l'individuazione, anche in termini di policy, di prospettive di sviluppo che tendono a sottolineare la relazione biunivoca tra sistema sanitario e sistema Paese, soprattutto per quanto riguarda la ricerca, lo sviluppo di nuove tecnologie e l'innovazione del servizio sanitario. Quindi, la visione e' quella di governare la transizione (rivoluzione) della medicina personalizzata basata sulle scienze omiche, cogliendo e promuovendo le opportunita' di innovazione e crescita di valore che essa comporta; un'attivita' di governo del sistema che si situa nello spazio cartesiano definito dai tre assi: innovazione, capacity building, sostenibilita'. Questa visione porta a identificare prospettive di sviluppo prioritarie, ulteriori e diverse almeno da quelle che riguardano lo sviluppo del "core" dei contenuti scientifici. Pertanto il presente capitolo non affronta (perche' pertinenti ad altre linee di pianificazione): - lo sviluppo della conoscenza ("knowledge"), attesa e prevista dal potenziamento della ricerca di base e traslazionale, - lo sviluppo della infrastruttura per il trasferimento dei dati (banda larga ecc). In definitiva, l'identificazione delle prospettive di sviluppo, declinate alla luce delle policy europea e nazionale gia' ricordate (Cap 1), riguarda la costruzione delle capacita' di governo e gestione dell'innovazione legata alle scienze omiche nonche' la promozione di ambiti virtuosi di sostenibilita'. Strategie e Obiettivi Topic I: Big data e medicina "computazionale" La prima strategia di sviluppo e' collegata alle opportunita' offerte dai Big Data che possono promuovere l'efficacia e l'efficienza del sistema sanitario, nel contempo supportandone la capacita' di gestire le sfide che si presentano a condizione che se ne assicuri il governo e l'utilizzazione nella pratica, in primo luogo del sistema sanitario. I Big Data stanno diventando una risorsa importante che puo' portare a nuove conoscenze, creazione di valore, promozione di nuovi prodotti, processi e mercati1 . Questa tendenza e' definita come "innovazione data-driven-DDI" e secondo l'OCSE e' una fonte di crescita economica. Lo sviluppo di metodologie innovative ha gia' permesso una rilevante velocizzazione delle modalita' attraverso cui queste informazioni trovano riscontro nella pratica clinica. Tuttavia, considerando l'enorme insieme di dati disponibili e la loro natura (available data), e' evidente l'esigenza di concentrarsi operativamente sulla loro fruibilita' (accessable + usable data). In questo contesto un rilievo particolare e' assunto dalle biobanche (biobanche di campioni biologici "di malattia"; biobanche di popolazione; biobanche di cellule e tessuti d'archivio per la ricerca; biobanche a indirizzo terapeutico). Queste raccolte di campioni biologici necessitano di una ottimizzazione "di sistema" e il loro utilizzo all'interno di una prospettiva di governo del sistema. Relativamente all'aspetto della fruibilita' delle informazioni che si rendano disponibili, e' necessario strutturare un'organizzazione, funzioni e processi che rendano velocemente fruibili ai decisori e agli operatori sanitari le valutazioni sulle tecnologie genomiche gia' disponibili, contestualizzandole alle specifiche caratteristiche strutturali e di performance del sistema sanitario italiano. A tali scopi sono disponibili i risultati dei progetti promossi e finanziati dal Ministero della Salute, attraverso il Centro per la prevenzione ed il Controllo delle Malattie (CCM) e relativi all'analisi sia dei modelli di valutazione - HTA delle revisioni sistematiche delle evidenze scientifiche disponibili -, sia degli aspetti specifici della situazione italiana (uso delle tecnologie, percorsi diagnostico-terapeutici, etc.). Un ulteriore declinazione della fruibilita' riguarda l'utilizzo del Big data nella pratica clinica. Si tratta del tema del "cognitive computing" (Watson IBM®) le cui potenzialita' operative vanno ricomprese in una strategia generale di innovazione. Data per acquisita la disponibilita' di una efficiente, flessibile infrastruttura di sistema (e-health), occorrera' sviluppare un nucleo di azioni che promuovano la creazione e l'uso di successo delle informazioni (connesse con l'assistenza). Cio' e' possibile attraverso una pianificazione strategica, la definizione di una struttura di governance (v. Cap 6) e della relativa leadership per la gestione del Big Data, l'identificazione degli interessi connessi e dei principali stakeholder, il loro coinvolgimento nel processo di pianificazione. Altrettanto fondamentale sara' la costruzione di un sistema di valutazione dei "silos" di dati esistenti e delle tassonomie dei loro contenuti, delle pratiche di gestione dei dati e dell'idoneita' per fini di analisi e l'interoperabilita', nonche' dei progressi compiuti nella digitalizzazione del flusso di lavoro per l'assistenza sanitaria. La governance dei dati dovra' tener conto della necessita' di costruire la fiducia del pubblico, attraverso lo sviluppo di regolamenti e politiche per proteggere la privacy e la sicurezza dei dati e promuovere la trasparenza e la condivisione delle informazioni con il pubblico e con le principali parti interessate, anche attraverso adeguati piani di comunicazione. Per quanto riguarda le infrastrutture e le capacita' tecnologiche dovra' essere verificata ed eventualmente sviluppata la disponibilita' di strumenti per costruire e mantenere l'architettura delle informazioni, compresi gli standard dei contenuti, gli standard di interoperabilita' e la valutazione della qualita' dei dati, (con un'attenzione specifica alle biobanche di popolazione) incrementando e formando il personale necessario per la gestione delle informazioni. In quest'ottica sara' necessario sviluppare strategie di apprendimento sia per gli esperti di dati, non competenti in ambito di assistenza sanitaria, sia per gli attori del sistema sanitario Gli obiettivi che derivano da questa strategia (v. anche Cap 6 - assetti di governance) sono: - Conseguire un'autonoma (non autarchica) capacita' di collezionare questi dati ed integrarli, generando informazioni di impatto preventivo e clinico - Implementare un sistema di analisi e diffusione delle evidenze disponibili (HTA dedicato) - Rendere fruibili le informazioni che si rendano disponibili per il loro potenziale utilizzo nel contesto del Servizio Sanitario Nazionale - Promuovere un adeguamento del quadro di norme e regole per l'utilizzo dei dati, la loro interoperabilita' e il data sharing internazionale - Potenziare e rendere disponibile biobanche di popolazione (Network di) - Potenziare la formazione universitaria in bioinformatica - Implementare il Cognitive computing Bibliografia 1. DELSA/HEA(2015)1 Organisation de Cooperation et de Developpement Economiques/Organisation for Economic Co-operation and Development - 03 Jun 2015 - Directorate For Employment, Labour And Social Affairs Health Committee: Why and how countries can promote the use of health care BIG DATA? 2. Floridi L The 4th Revolution Oxford University Press 2014 Topic II: Tecnologie per la literacy All'interno del tema generale del "capacity building" assume un rilievo autonomo quello della literacy sia dell'intera popolazione che dei professionisti sanitari. Aumentare la literacy della popolazione e' una vera e propria sfida che si pone al Paese. La sua importanza e' facilmente comprensibile quando si guarda alla portata della "rivoluzione omica" e alle interazioni strettissime con la cultura delle ICT. L'acquisto diretto via Internet di test per sequenziare il proprio DNA - con le incognite e possibilmente pericolose conseguenze sulla gestione delle informazioni e sul possibile uso a "cascata" delle prestazioni del SSN - e' solo una spia di come possa strutturarsi un comportamento di massa critico per gli aspetti etici e professionali e potenzialmente esplosivo sul piano della sostenibilita' del SSN. Aumentare la literacy e' oggetto di una specifica raccomandazione delle Council Conclusions (la 18a). La sua importanza deriva innanzitutto dal fatto che la praticamente nulla conoscenza del significato, della potenzialita' e della utilizzabilita' delle scienze omiche rende l'immediato futuro cruciale per l'imprinting dell'uso di tali scienze e per stimolare, quindi, una cultura del loro uso appropriato. D'altra parte la profonda interconnessione con Internet - generale per l'avanzamento della IT nella nostra societa', ma anche decisamente specifica per le scienze omiche - rende i processi cognitivi e di orientamento del mercato, cruciali nell'immediato e molto veloci. La raccomandazione a promuovere la literacy e' affiancata, nelle Council Conclusions, dalla raccomandazione sull'uso della comunicazione (17a) e sul training dei professionisti sanitari. Si delinea cosi' una strategia complessiva che contribuisce a rendere il sistema Paese capace di gestire la rivoluzione omica. La strategia e' quella di definire e rendere disponibile un grande progetto culturale che generi, in un approccio proattivo, una capacita' di coping (nella filosofia dell'empowerment) da parte della popolazione. Esso dovra' essere articolato in modi differenti, ma coordinati, per la popolazione generale, i pazienti e i professionisti. Pertanto, dovranno essere attuate azioni che: - rendano facilmente e rapidamente fruibili le informazioni sull'uso "appropriato" delle omics ai medici di prossimita', cioe' a quei sanitari non specialisti (MMG o altre specializzazioni) che possano svolgere una funzione di "agenti del sistema sanitario" nella interazione diretta coi pazienti/cittadini; - siano capaci di "agire" nel sistema Internet al fine di intercettare e interagire con dinamiche di possibile inappropriatezza o gestione pericolosa delle informazioni omiche e dei prodotti (in particolare i test direct to consumers) disponibili in rete; - permettano un approccio parallelo ma integrato alla formazione dei professionisti sanitari, sia curriculare che continua (FAD per i professionisti). Gli obiettivi che derivano da questa strategia sono: - Utilizzo del web per funzioni di governo (accountability, open-government) - Uso dei social per la literacy mediante sistemi di "watching & counseling" - Realizzare un sistema di app per i professionisti di prossimita' Bibliografia 1. Borry P, Cornel MC, Howard HC. Where are you going, where have you been: a recent history of the direct-to-consumer genetic testing market. J Community Genet. 2010 Sep;1(3):101-106 2. Shehata J, Kooijman E, Ianuale C. Ethical implications and legislative control of direct-to-consumergenetic testing in Europe. IJPH 2012; 9:12-14. 3. Mavroidopoulou V, Xera E, Mollaki V. Awareness, attitudes and perspectives of direct-to-consumer genetic testing in Greece: a survey of potential consumers. J Hum Genet. 2015; 60, 515-523 4. Agurs-Collins T, Ferrer R, Ottenbacher A, Waters EA,3 Mary E. O'Connell,1 and Jada G. HamiltonPublic Awareness of Direct-to-Consumer Genetic Tests: Findings from the 2013 U.S. Health Information National Trends Survey. J Cancer Educ. 2015 ; 30(4): 799-807 5. Covolo L, Rubinelli S, Ceretti E, Gelatti U. Internet-Based Direct-to-Consumer Genetic Testing: A Systematic Review. J Med Internet Res 2015;17(12):e279 6. Hogarth S, Javitt G, Melzer D. The current landscape for direct-to-consumer genetic testing: legal, ethical, and policyissues. Annu Rev Genomics Hum Genet 2008; 9:161-182. Topic III: Opportunita' per la sostenibilita' di sistema mediante il riposizionamento dei farmaci La sostenibilita' del sistema sanitario e' una sfida complessiva all'interno della quale un sottoinsieme specifico riguarda la farmacogenomica. Benche' questa componente sia stata per lo piu', e correttamente, vista (per il generalmente alto costo dei farmaci "innovativi") come potenzialmente destabilizzante della sostenibilita', ne esiste un ambito che, viceversa, e' foriero di risparmi sia finanziari che di Sistema: il "riposizionamento dei farmaci ", che postula una strategia di sviluppo industriale ma anche regolatoria. Il riposizionamento del farmaco - Drug Repositioning - consiste nel dare un nuovo ruolo ad un farmaco che in origine era stato creato o sviluppato per altre patologie. Lo schema generale che potrebbe essere seguito nel Drug Repositioning richiede: il sequenziamento dell'intero esoma e trascrittoma di pazienti con una specifica patologia, l'analisi comparativa delle sequenze, l'identificazione di nuovi geni, lo studio del RNA, delle proteine e/o dei pathways metabolici coinvolti nello sviluppo delle malattie umane. Questo flusso di lavoro ha lo scopo di identificare pathways che sono implicati nell'insorgenza o sviluppo di una patologia con l'obiettivo di selezionare i target piu' rilevanti per lo sviluppo di un farmaco. La sperimentazione di bersagli ipotetici richiede pertanto, lo sviluppo e la validazione in vitro di modelli cellulari che mimano il processo biologico o molecolare coinvolto nella malattia. La selezione dei farmaci da testare puo' essere condotta attraverso l'analisi della struttura 3D delle proteine bersaglio dedotta tramite approcci sperimentali o di modelling oppure dedotta tramite simulazione di docking molecolare comparato con una libreria di farmaci orfani. Lo screening iniziale dei farmaci selezionati richiede l'ottimizzazione di piattaforme con un elevata processivita' e con flusso di lavoro preferibilmente automatizzato. Successivamente, i farmaci selezionati verranno sottoposti ad una validazione in vivo utilizzando modelli cellulari ed animali. Infine, saranno necessari trials clinici su pazienti con lo scopo di valutare la sicurezza e l'efficacia dei farmaci come possibili strumenti terapeutici per specifiche patologie. Trovare un nuovo ruolo per i farmaci gia' approvati sta diventando un approccio molto efficace dal punto di vista farmacoeconomico. Il riposizionamento del farmaco si presenta come un percorso rapido, in quanto i dati clinici e farmacocinetici delle molecole di interesse sono stati gia' generati, valutati e stabiliti. Questi farmaci pertanto, possono essere riposizionati in modo rapido richiedendo anche un minor numero di pazienti da arruolare nei trials clinici per testarne la sicurezza e l'efficacia. La conseguente riduzione dei tempi di approvazione rispetto alla scoperta di nuovi farmaci, riduce drasticamente i costi di sviluppo fornendo ai pazienti opzioni terapeutiche in tempi molto ridotti. Il drug repositioning, infatti, mira a migliorare l'attuale produttivita' dei farmaci, rispetto all'enorme impiego di tempo e costi per lo sviluppo di nuove molecole. E' importante sottolineare che spesso, l'allestimento di nuovi farmaci fallisce a causa della tossicita' o della mancanza di efficacia. Inoltre, il riposizionamento del farmaco risulta utile nell'ambito delle malattie rare, in quanto da una parte non e' possibile reclutare un elevato numero di pazienti per i trials clinici, dall'altra i vincoli economici limitano l'interesse delle aziende farmaceutiche nella scoperta di nuove molecole terapeutiche. Rispetto alla scoperta di nuovi farmaci il drug repositioning offre: 1. la formulazione e la produzione di un flusso di lavoro gia' stabilito; 2. la reale conoscenza di dati sulla tossicita' e la farmacocinetica; 3. la reale conoscenza sulla sicurezza e tossicita'; 4. dati di post-distribuzione e di sorveglianza gia' disponibili. L'analisi per il riposizionamento dei farmaci ha il potenziale di divenire di routine per ogni nuovo farmaco e bersaglio terapeutico scoperti, con conseguente individuazione piu' efficiente di terapie per il targeting di aberrazioni molecolari specifiche. Dato il gran numero di bersagli proteici indagabili e dei farmaci esistenti, e' praticamente impossibile impostare metodi per testare ogni interazione in laboratorio. Viceversa sono stati pubblicati negli ultimi anni molti approcci computazionali. Questi metodi ipotizzano che i farmaci con struttura chimica simile possono avere obiettivi simili. Quindi, in considerazione delle interazioni fra una strategia di analisi sistematica per il riposizionamento e la medicina computazionale, gli obiettivi che derivano da questa strategia sono di rendere operative risorse per il: - supporto scientifico - supporto tecnologico - supporto infrastrutturale Il flusso di lavoro nell'ambito del drug repositioning richiede specifiche capacita' analitiche e tecnologiche. La sinergia tra competenze applicabili nei diversi campi scientifico-molecolari (biochimico, biologico molecolare e cellulare, bioinformatico, genetico e medico) assicura l'ottimizzazione di ogni singolo passaggio operativo e favorisce con efficienza l'integrazione di nuovi approcci multidisciplinari. Obiettivo: fornire supporto scientifico, tecnologico e infrastrutturale al flusso di lavoro per il drug repositioning mediante l'implementazione di un Centro di Eccellenza Bibliografia 1. Healthcare, E.S.G.o.S., Acting Together: A roadmap for sustainable healthcare, in White Paper. 2014, Universita Cattolica del Sacro Cuore, Abbvie 2. Yvonne Y Li and Steven JM Jones Drug repositioning for personalized medicine Genome Medicine 2012, 4:27 Topic III-1 Messa in rete dei centri di ricerca di farmacogenomica Alcuni parametri delle analisi Omics, inclusa la farmacogenomica, influenzano gli effetti clinici di alcuni farmaci e possono ora essere testati in modo affidabile per un utilizzo in ambito clinico. Questo processo puo' significativamente influenzare l'attivita' prescrittiva in base agli esiti ottenuti, ad esempio determinando il sottogruppo di pazienti in cui l'effetto del farmaco e' massimizzato, la dose efficace o la predizione degli eventi avversi. La conoscenza di queste informazioni ha un carattere preventivo, in quanto puo' essere applicata a individui sani che potrebbero anche non assumere il farmaco. La conoscenza del fenotipo individuale puo' avere importanti ricadute, specialmente nelle popolazioni fragili, per esempio in ambito pediatrico o durante la gravidanza, in cui il farmaco viene somministrato in un soggetto caratterizzato da notevoli variabilita' funzionali e biologiche e di cui non si conosce la storia clinica. Dalla farmacogenomica possono inoltre essere estrapolate informazioni sul farmaco che possono descrivere: - la variabilita' della risposta clinica - il rischio di eventi avversi - il dosaggio genotipo-specifico - il meccanismo d'azione Molte di queste informazioni sono gia' disponibili ma e' difficoltosa la raccolta e l'analisi. Occorre mappare i centri clinici in cui sono disponibili i dati, metterli in rete e analizzarli da un punto di vista farmacologico (risposta terapeutica e sviluppo di effetti avversi) in maniera rigorosamente critica e scientifica. L'analisi farmacogenetica puo' dare utili indicazioni per una successiva analisi farmacogenomica, con l'utilizzo di campioni biologici opportunamente conservati (Biobanche). Si puo' anche considerare la possibilita' di condurre uno studio prospettico su una popolazione isolata, omogenea, non estremamente numerosa ma esemplificativa. Uno studio farmacogenomico di coorte in cui associare le informazioni degli studi Omics con la risposta ai farmaci. Attualmente il numero di farmaci per i quali le informazioni genomiche possono fornire indicazioni cliniche e' ancora piccolo e necessita di ulteriori approfondimenti. L'attivita' prescrittiva potrebbe tuttavia ottenere significativi vantaggi da un utilizzo piu' integrato dei test genetici/genomici nella pratica clinica. Topic IV: Opportunita' per la sostenibilita' di sistema mediante la prevenzione pre-primaria finalizzata alla riduzione del burden di malattia Un ulteriore aspetto della sostenibilita' di importanza strategica e' quello del burden di malattie croniche non trasmissibili. Non si tratta solo di ridurre il burden attuale (obiettivi WHO) ma anche quello a carico delle fasce di popolazione infantile adesso e nel prossimo futuro. Da questo punto di vista elementi di allarme rilevanti derivano dall'osservazione gia' attuale dell'aumento di incidenza nell'infanzia e primissima infanzia, ad esempio, dell'obesita' (diabesity) e dei tumori, oppure dei disturbi del neurosviluppo. Questo pone l'attenzione sul tema dell'epigenetica e del possibile - in alcuni casi documentato - effetto degli inquinanti sul feto e /o sulla trasmissione transgenerazionale. Lo sviluppo dell'epigenetica attraverso grandi studi di popolazione (analisi epigenetica sul sangue cordonale) si candida ad essere un asset per il futuro immediato e prossimo (5-10anni) come capacita' del sistema sanitario di identificare e prendere in carico i soggetti a rischio "omico" di sviluppare patologie croniche. Questo scopo puo' essere raggiunto con l'uso di tecnologie innovative a partire da esperienze pilota gia' implementate in Italia. In particolare: biobanche (sviluppo del progetto "Piccolipiu'" presso l'ISS) e la valutazione dell'esposizione ad inquinanti la matrice aerea (PM10 e PM2.5) mediante l'integrazione di dati satellitari e variabili al suolo. L'obiettivo che deriva da questa strategia e' di acquisire elementi per una valutazione di fattibilita' ed efficacia. Le azioni principali sono: - implementazione di un network di biobanche di popolazione (tale obiettivo e' sinergico a quello del Topic I) - realizzazione di uno studio pilota in aree a grande impatto di inquinamento ambientale. Bibliografia 1. Nicholson JK, Lindon JC, Holmes E. "Metabonomics": understanding the metabolic responses of living systems to pathophysiological stimuli via multivariate statistical analysis of biological NMR spectroscopic data. Xenobiotica 1999;29:1181-9. 2. Fiehn O. Metabolomics - the link between genotypes and phenotypes. Plant Mol Biol 2002;48:155-71. 3. Pauling L, Robinson AB, Teranishi R. Quantitative analysis of urine vapor and breath by gas-liquid partition chromatography. Proc Natl Acad Sci U S A 1971;68:2374-6. 4. Mussap M, Antonucci R, Noto A. Fanos V The role of metabolomics in neonatal and pediatric laboratory medicine. Clin Chim Acta 2013, 426:127-38. 5. Fanos V, Locci E, Noto A. 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Per la donna italiana e' stato calcolato un rischio life-time del 11% circa di sviluppare CaM: questa quota di donne, in realta', e' costituita da tanti sottogruppi di donne a diverso rischio, alcuni a rischio molto piu' basso altri a rischio molto piu' alto. E' stato stimato che il rischio medio della donna americana di sviluppare CaM calcolato mediamente nel 11.3% comprenda al suo interno 10 categorie di rischio assoluto che vanno dal 4.4% al 23.5% sulla base della valutazione del possibile impatto dei fattori di rischio non modificabili. Numerosi studi hanno valutato la possibilita' di creare un profilo di rischio per ciascuna donna che si appresta ad entrare in un programma di prevenzione secondaria utilizzando, oltre ai fattori di rischio tradizionali e la densita' mammografica (esistono numerose evidenze che la densita' mammografica ed il CaM condividano componenti genetiche) uno score derivato dalla valutazione dell'impatto sul rischio della presenza di varianti comuni nella popolazione generale (Polygenic Risk Score - PRS). Sono inoltre stati riscontrati differenti profili di rischio genetico nelle donne che hanno avuto il cancro diagnosticato con il test di screening e quelle con cancro intervallare. Un intervento sui fattori di rischio modificabili (BMI; uso di terapia ormonale menopausale, consumo di alcool e fumo di sigaretta) puo' diminuire sensibilmente i rischi piu' elevati. Per le donne con un rischio basso (intorno al 4%) di sviluppare CaM lo screening secondo il modello tradizionale potrebbe rappresentare un intervento eccessivo (in ragione anche del non trascurabile rischio di sovradiagnosi di lesioni indolenti) mentre per le donne con rischio elevato e' verosimilmente insufficiente (elevato tasso di ca. intervallo, cancri avanzati alla diagnosi). Utilizzando in maniera complementare i diversi fattori si puo' ottenere una stima predittiva abbastanza accurata del rischio che potrebbe nel futuro differenziare le raccomandazioni per lo screening (eta' all'inizio, frequenza e metodo) e per i gruppi a rischio piu' elevato proporre interventi di prevenzione farmacologica per ridurlo. Quindi un'accurata stima del rischio di sviluppare tumore della mammella puo' rappresentare un indiscutibile vantaggio non solo per le donne ma anche per il SSN che potrebbe utilizzare le sempre piu' scarse risorse in modo piu' appropriato migliorando il rapporto costo-rischi-benefici. Obiettivi: - costruire uno score che consenta una stratificazione del rischio di CaM; - valutare l'applicabilita' dello score prodotto per proporre una modulazione personalizzata dello screening; - verificare la fattibilita' di interventi farmacologici per la riduzione del rischio al di fuori del setting sperimentale. Bibliografia 1. Maas P, Barrdahl M, Joshi AD, Auer PL, Gaudet MM, Milne RL, Breast Cancer Risk From Modifiable and Nonmodifiable Risk Factors Among White Women in the United States. JAMA Oncol. 2016 May 26. Doi: 1001/jamaoncol.2016.1025. 2. Boyd NF, Dite GS, Stone J, Gunasekara A, English DR, McCredie MR, et al. Heritability of mammographic density, a risk factor for breast cancer. N Engl J Med. 2002; 347: 886-94; 3. Stone J, Dite GS, Gunasekara A, English DR, McCredie MR, Giles GG, et al.The heritability of mammographically dense and nondense breast tissue. Cancer Epidemiol Biomarkers Prev. 2006;15:612-7. 4. Brand JS, Humphreys K, Thompson DJ, Li J, Eriksson M, Hall P, Czene K.Volumetric mammographic density: heritability and association with breast cancer susceptibility loci. J Natl Cancer Inst. 2014; 106(12). Doi: 10.1093/jnci/dju334. 5. Li H, Feng B, Miron A, Chen X, Beesley J, Bimeh E, et al. Breast cancer risk prediction using a polygenic risk score in the familial setting: a prospective study from the Breast Cancer Family Registry and kConFab. Genet Med. 2016 May 12. Doi: 10.1038/gim.2016.43); 6. Mavaddat N, Pharoah PD, Michailidou K, Tyrer J, Brook MN, Bolla MK, et al. Prediction of breast cancer risk based on profiling with common genetic variants. J Natl Cancer Inst. 2015; 107(5); djv036. 7. Schmidt MK, Hogervorst F, van Hien R, Cornelissen S, Broeks A, Adank MA,et al. Age- and Tumor Subtype-Specific Breast Cancer Risk Estimates for CHEK2*1100delC Carriers. J Clin Oncol. 2016 Jun 6. Pii: JCO665844. 8. Li J, Holm J, Bergh J, Eriksson M, Darabi H, Lindström LS, et al. Breast cancer genetic risk profile is differentially associated with interval and screen-detected breast cancers. Ann Oncol. 2015; 26: 517-22. 9. Holm J, Humphreys K, Li J, Ploner A, Cheddad A, Eriksson M, Törnberg S, Hall P, Czene K. Risk factors and tumor characteristics of interval cancers by mammographic density. J Clin Oncol. 2015; 33:1030-7. Topic VI: Opportunita' per la sostenibilita' di sistema mediante la diagnosi precoce finalizzata alla riduzione del burden di malattia del cancro Poiche' il cancro rimarra' un importante problema di salute nella societa' moderna almeno per il prossimo decennio, e' imperativo sviluppare strategie innovative basate sulle piu' recenti scoperte delle "scienze omiche". In tutte le strategie di diagnosi precoce operative fino ad oggi ci sono due limitazioni intrinseche: - quando la diagnosi evidenzia un risultato positivo, il cancro ha spesso gia' sviluppato una dimensione che limita le possibilita' di intervento; - per la maggior parte dei tumori, la diagnosi richiede metodologie invasive o semi-invasive, aumentando il disagio del paziente. Recenti studi di alto profilo in una varieta' di istituti di ricerca hanno messo in luce i legami intimi tra cancro e metabolismo cellulare. Studi recenti (condotti presso il Centro di epigenetica e Metabolismo presso l'Universita' della California) hanno portato a definire una metodologia innovativa, riproducibile e completa per "leggere" l'insorgenza di cancro dal sangue di pazienti. E' stato possibile identificare una "metabolic signature" che identifica la presenza del tumore in tutto l'organismo semplicemente analizzando il siero con la analisi metabolomica mediante spettrometria di massa (MS metabolomics). Obiettivi: - utilizzo della Metabolomica nella diagnosi precoce del cancro; - pervenire a definire un paradigma da applicare in altri contesti nazionali e internazionali. Il programma potrebbe essere suddiviso in almeno due sezioni principali: - Metabolomica come diagnosi precoce del cancro. Considerando che allo sviluppo di un cancro e' associata una specifica "metabolic signature" si tratta di organizzare una rete di operatori che lavorera' di concerto per l'analisi metabolomica di campioni umani provenienti da pazienti affetti da cancro. Tale partnership e' previsto coinvolga IRCCS, ospedali, centri di oncologia (nella funzione di reclutatori) e una struttura di riferimneto internazionale (come il Center for Epigenetics and Metabolism-University of California). I campioni saranno divisi a seconda del tipo di tumore, stadio, sesso, eta' e tutti gli altri parametri pertinenti. Come controllo saranno utilizzati campioni da individui non portatori di tumore. I campioni saranno analizzati da CEM California e i dati saranno raccolti in base alla classificazione del tipo di cancro. Per tutti i campioni sara' eseguita un'analisi bioinformatica allo scopo di identificare un'unica "metabolic signature" per i diversi tipi e stadi dei tumori. - Esplorazione del macro-ambiente derivato dal cancro. Gli studi condotti del CEM hanno stabilito che tumori specifici generano un unico macro-ambiente che puo' essere "letto" nel sangue di pazienti affetti da cancro mediante MS metabolomics e che in effetti, almeno nei topi, una specifica "metabolic signature" inizia ad essere evidente molto presto. Questo obiettivo si concentra quindi su due temi principali da affrontare prima in laboratorio e poi tradotto in pazienti umani: - identificazione di un "metabolic signature" da topi ed estenderla ai i malati di cancro; - sulla base della "metabolic signature" individuare i rischi di patologia associata; - attuare misure di prevenzione adeguate per correggere lo sviluppo di patologie; - sviluppo e applicazione di una applicazione smart-phone per informare tutti gli individui dello sviluppo di alterazioni metaboliche Il CEM provvedera' all'analisi metabolomica tramite spettrometria di massa dei campioni, alla interpretazione dei dati (Biocomputing), all'elaborazione del profilo globale di salute e del "Profilo metabolico" per ogni individuo e gruppi. Topic VII: I malati senza diagnosi Anche se non esistono dati epidemiologici certi, probabilmente sono almeno cinquecentomila - un milione i pazienti pediatrici affetti da una malattia rara. Questa definizione accorpa le persone colpite da una delle circa 8000 malattie che hanno una frequenza inferiore ad un caso su 2000 nella popolazione. Circa la meta' di esse sono molto rare, interessando meno di una persona ogni 100.000 e, in molti casi, meno di una ogni milione di persone, ma il loro numero complessivo configura comunque un problema sanitario di dimensioni sociali. Questi dati fissano il contorno delle malattie rare, in particolare la difficolta' nella diagnosi, che spesso viene posta in ritardo o addirittura mai nell'arco della vita; la limitata disponibilita' di esperti, di linee-guida utili a definire i livelli minimi di assistenza e di terapie risolutive; la difficolta' per i pazienti ed i loro familiari nel reperire informazioni; la necessita' di investire in tutti gli ambiti della ricerca; il senso di solitudine dei pazienti e delle loro famiglie costrette ad affrontare disagi e a sostenere costi gravosi. A fronte di questi problemi, negli ultimi 10 anni, l'Italia ha costruito una rete di quasi 200 centri accreditati, variabilmente distribuiti tra le regioni, che rappresenta una delle migliori organizzazioni diagnostiche assistenziali in Europa, come documenta la loro massiccia presenza nelle Reti di Riferimento Europee delle malattie rare. Quasi due terzi delle malattie rare colpiscono i bambini e circa il 90% ha un'origine genetica. Circa uno ogni tre malati rari non ha una diagnosi e rischia di convivere con una malattia che restera' senza nome. Queste persone, "orfane di diagnosi", ed i loro familiari vivono un isolamento ed una discriminazione persino superiori a quelle che provano gli altri malati rari, dato che la diagnosi e' il punto di partenza per costruire il percorso della presa in carico, razionalizzare le scelte terapeutiche e ricevere una consulenza genetica mirata. Nel 2016 sono state avviate in Italia alcune azioni sinergiche rivolte ai malati senza diagnosi. Un gruppo di medici, liberi professionisti, docenti universitari, imprenditori e amici, accomunati da esperienze di vita che li hanno avvicinati al problema delle malattie senza nome ha dato vita alla Fondazione Hopen Onlus (www.fondazionehopen.org), un'organizzazione che si propone di diventare il punto di riferimento per le famiglie e le persone che vivono l'incubo dell'isolamento, dell'abbandono, del non sapere da cosa sono affette. La missione di Hopen e' sostenere queste persone, offrire supporto, consulenza e informazioni sul percorso che le famiglie dovrebbero affrontare quando non e' disponibile una diagnosi, partecipare al loro vissuto emotivo, comprendere i loro problemi, creando un senso di appartenenza e solidarieta', collegando le persone colpite dallo stesso problema. Secondo l'associazione gemella Swan UK (www.undiagnosed.org.uk) circa il 50% dei bambini con disabilita' nell'apprendimento ed il 60% di quelli con difetti multipli non riescono ad avere una diagnosi precisa e definitiva. Questi numeri disegnano due priorita': il bisogno di ricerca orientata a fornire una risposta diagnostica e la necessita' di creare ambulatori dedicati alla loro presa in carico. La Fondazione Telethon e l'Ospedale Bambino Gesu', in raccordo con la Rete delle malattie rare, sono in questo momento i due principali alleati di Hopen e sono impegnati ad offrire ai malati senza diagnosi un percorso in grado di accompagnarli dalla definizione della loro condizione clinica alla implementazione di azioni e strategie utili a rispondere ai loro bisogni di salute, e a fornire un'assistenza multi-specialistica prolungata nel tempo. Le attivita' di ricerca rivolte alle persone senza diagnosi beneficiano oggi di due acquisizioni fondamentali. Da un lato la nozione che la maggior parte di queste malattie ha una base genetica e percio' la loro origine puo' essere indagata utilizzando un approccio genetico o genomico; dall'altro lato, la rivoluzione genetica - di fatto una rivoluzione tecnologica - che negli ultimi 15 anni ha abbattuto di circa 100mila volte i costi ed i tempi delle analisi genomiche, aprendo di fatto la possibilita' di impiegare queste tecniche su larga scala. Su questi pazienti si utilizzano sia le analisi esomiche, che esaminano quell'1% del genoma dove si localizzano i geni codificanti, che consentono in circa un terzo dei casi di identificare la causa della malattia, sia le analisi dell'intero genoma, che al momento sono penalizzate dalla non completa conoscenza del significato di tutte le varianti identificate e dalla complessita' delle indagini bioinformatiche, parte integrante di questi studi. Il progetto "Malattie senza diagnosi", finanziato da Telethon ed il progetto "Vite coraggiose" dell'Ospedale Bambino Gesu' si propongono, con obiettivi parzialmente diversi, di individuare le cause delle malattie genetiche senza diagnosi. La scoperta dei meccanismi biologici di una malattia e della via metabolica implicata contribuiscono a comprenderne meglio la storia naturale e ad ottimizzare i protocolli di presa in carico. La caratterizzazione dei geni responsabili delle malattie rare promuove lo sviluppo di nuovi test diagnostici, identifica nuove malattie, riclassifica malattie simili, delinea nuove correlazioni tra le variazioni genetiche e le caratteristiche cliniche della malattia, consente di implementare programmi di prevenzione e di diagnosi precoce e di offrire una consulenza genetica mirata alla famiglia. I pazienti "orfani" di diagnosi, una volta caratterizzati, vengono messi a confronto, quando possibile, con altri casi simili identificati in altre parti del mondo, per perfezionare la conoscenza degli aspetti clinici della malattia e le possibilita' di cura. L'Unita' di Malattie Rare dell'Ospedale Bambino Gesu' ha aperto il primo ambulatorio in Italia dedicato ai bambini e alle famiglie senza diagnosi, che opera sia "a distanza", attraverso l'esame della documentazione trasmessa al centro, sia "direttamente", attraverso prestazioni cliniche sui pazienti. Questa nuova attivita' permette ai genitori di ricevere un parere diagnostico qualificato, con risparmio di risorse per le famiglie gia' gravate dai costi delle malattie croniche e invalidanti; garantisce prestazioni diagnostiche ed assistenziali multispecialistiche mirate ai reali bisogni del bambino, attraverso la preventiva acquisizione della storia e della documentazione clinica; assicura alle famiglie la gestione del paziente da parte di un case manager, che svolge la funzione di tramite nella comunicazione tra la famiglia e gli specialisti che partecipano alla gestione del bambino e che e' garante del percorso diagnostico e della condivisione dei referti; ottimizza l'impiego delle risorse disponibili; migliora i tempi di risposta e di intervento e l'appropriatezza prescrittiva. L'alleanza creata tra assistenza e ricerca, a favore dei pazienti senza diagnosi, si propone come un volano capace di fare uscire queste persone dalla solitudine e dalla discriminazione e di promuovere interventi in grado di aiutarle a prendere decisioni utili a ridurre le disuguaglianze culturali e sociali, nel rispetto dei loro valori e delle loro aspettative. L'obiettivo generale e' quello di rendere piu' efficiente il sistema di diagnosi, indirizzando i pazienti candidati a centri di riferimento che possano eseguire analisi esomiche per malattie di sospetta natura genetica non identificata. Tale obiettivo comporta interventi di strutturazione dell'offerta e di sensibilizzazione verso i possibili target e or i medici non specialistici. Obiettivi Specifici: - Percorso diagnostico-terapeutico-assistenziale di carattere nazionale: costruire, in raccordo con la rete delle malattie rare, un percorso di livello nazionale per l'invio a centri selezionati dei pazienti eleggibili - Efficienza: abbattere i costi della presa in carico dei pazienti affetti da una probabile condizione genetica, senza diagnosi - Piattaforma: potenziare gli strumenti web-based per migliorare il livello dell'informazione e facilitare la comunicazione fra i vari stakeholders - Formazione: sviluppare strumenti di formazione dei medici non specialistici (v. sopra Topic II Formazione e literacy) CAPITOLO 8 APPROFONDIMENTI 8.a Aspetti etici degli approcci genomici La rapida evoluzione e diffusione di tecnologie di sequenziamento genomico di seconda generazione (Next Generation Sequencing, NGS) ha alimentato la discussione su questioni bioetiche connesse all'utilizzo delle stesse, sia in ambito diagnostico, che di ricerca. Di particolare rilevanza sotto il profilo bioetico, e' la gestione di quelli che vengono definiti reperti incidentali (Incidental Findings, IF). Con tale termine si definiscono quelle mutazioni o variazioni che possono avere implicazioni cliniche, che vengono riscontrate casualmente attraverso analisi genetiche effettuate per un'indicazione medica differente. Poiche' spesso tali reperti, allo stato delle conoscenze attuali, non sono interpretabili e possono avere un significato incerto, si rende chiara la necessita' di disporre di linee guida condivise che supportino la piu' idonea gestione di questi risultati, nei confronti di quesiti sia clinici, che di ricerca. Il Comitato Nazionale per la Bioetica (CNB) ha risposto a questa necessita' con la stesura di un documento dal titolo "Gestione degli incidental findings nelle indagini genomiche con le nuove piattaforme tecnologiche", che si propone di riportare alcune indicazioni scaturite dalla discussione tenutasi all'interno di un Gruppo di Lavoro coordinato dai Proff. Monica Toraldo di Francia e Bruno Dallapiccola. In sintesi, le raccomandazioni formulate in materia di gestione di reperti incidentali ottenuti con tecnologie di NGS sono cosi' riassumibili: - I laboratori che effettuano tali test dovrebbero rispondere a requisiti di qualita' standardizzati e omogeneamente condivisi a livello nazionale. Si auspica inoltre la creazione di una rete di collaborazione e scambio dati tra laboratori di genetica. - I centri di genetica dovrebbero condividere regole per la scelta delle tecnologie biomolecolari utilizzate, ed essere provvisti di adeguati mezzi e metodologie per la conservazione del campione biologico e dei dati del paziente. - Per l'ottenimento di un consenso pienamente informato, sara' necessaria la chiara e completa informazione, attraverso consulenze genetiche pre- e post-test, su potenzialita' e limiti della analisi in questione. In particolare, il Professionista incaricato dovra' illustrare il significato del riscontro di reperti incidentali di potenziale valenza clinica e di varianti di significato incerto, ponendo l'attenzione sulle ricadute di tali risultati non solo per il paziente stesso, ma anche per i suoi familiari. Tale professionista e' individuato nella figura del Genetista clinico, il quale, nella fase della consulenza post-test potra' avvalersi di altre figure professionali, aventi competenze anche psicologiche, per la gestione ottimale del paziente. - Discostandosi da quanto proposto dalle raccomandazioni americane del 2013, viene mantenuta la distinzione tra paziente adulto e minore. A tal proposito, si raccomanda che al minore, quando raggiunga la maggiore eta', sia data liberta' di scelta sulla conservazione o meno del proprio campione e dei propri dati. - Si ribadisce il diritto del paziente di decidere a priori su quali risultati dell'analisi genetica o genomica essere informato. Si riporta nel documento: "Il paziente deve essere libero di scegliere se rifiutare le informazioni sugli IF, oppure ricevere solo informazioni relative alle patologie prevenibili o trattabili, o ancora conoscere anche i dati che riguardano condizioni patologiche al momento non prevenibili ne' curabili". - Viene ribadita la assoluta priorita' della finalita' diagnostica dei test su quella della ricerca. - Nel caso di campioni biologici donati per fini di ricerca, il CNB giudica opportuno che vengano riportati i risultati, in caso di rilevanza clinica, solo a soggetti affetti da malattie rare che al momento si trovino ancora senza diagnosi certa, sempre nel rispetto della volonta' dei soggetti stessi di essere informati. Grazie al dibattito creatosi affrontando tali tematiche, e' emersa l'importanza di garantire l'acquisizione, da parte delle figure professionali coinvolte, di competenza in campo bioetico, con la finalita' non solo di garantire un'assistenza quanto piu' adeguata, ma anche di diffondere e promuovere la presa di coscienza da parte dei cittadini sull'argomento. 8.b Test genetici diretti al consumatore (Direct to Consumer) Nel 2007, diverse compagnie hanno iniziato a pubblicizzare e quindi offrire, attraverso Internet, test genetici direttamente ai consumatori. Questa modalita' di effettuazione di test genetici, definita "direct-to-consumer" (DTC), rende disponibile sul mercato online direttamente per il pubblico (includendo forme di mercato "over the counter", cioe' non regolamentato) test su materiale genetico, senza che sia richiesta la supervisione da parte di un professionista sanitario (European Academies Science Advisory Council, 2012). L'utilizzo di test genetici DTC ha avuto un rapido incremento a partire dalla prima commercializzazione nel 2007, e allo stesso modo e' andata crescendo la consapevolezza da parte dei cittadini sull'argomento. Attualmente sono disponibili tre tipi di test genetici DTC: 1°) test che indagano una, o poche, specifiche condizioni patologiche 2°) test che valutano il profilo di rischio per polimorfismi multipli di singolo nucleotide 3°) sequenziamento dell'intero genoma umano. Ad oggi, in Europa e negli USA vi sono scarsissime norme giuridiche che regolamentino l'utilizzo di questo tipo di test genetici. Negli Stati Uniti, nel 2013 la Food and Drug Administration (FDA) ha vietato la commercializzazione di qualunque tipo di test genetico alla compagnia 23andMe, per mancanza di conformita' con i requisiti legislativi. La FDA ha riconosciuto questo tipo di test come strumento medico non approvato e non regolamentato e si e' dichiarata preoccupata dalle possibili conseguenze della diffusione direttamente ai consumatori di questo tipo di risultati legati a condizioni di salute. Dal febbraio 2015, la FDA ha approvato la messa in commercio solamente di un numero ristretto di test genetici DTC, tra i quali il test che valuta lo stato di portatore per la Sindrome di Bloom, venduto dalla stessa compagnia 23andMe. Attualmente, il sito internet della 23andMe definisce i risultati dei test sul DNA come "informazioni genetiche legate alla ascendenza e dati genetici grezzi privi di interpretazione da parte della compagnia stessa". Nel frattempo, la compagnia ha iniziato a distribuire i propri servizi anche nel mercato del Regno Unito. In Europa la normativa dei diversi Stati membri e' estremamente variabile. In accordo con la legislazione europea corrente, alcuni tipi di test genetici rientrano sotto la regolamentazione dei dispositivi medico-diagnostici in vitro (IVD), e sono pertanto coperti dalla Direttiva 98/79/CE. La nuova normativa europea in materia di test genetico e' in fase di finalizzazione e verra' recepita nel corso dell'anno 2016. Si prevede un periodo di 5 anni per la sua effettiva introduzione, e fondamentalmente richiedera' alle aziende di fornire e indicare le evidenze attestanti la validita' scientifica dei test. La Direttiva IVD e' stata oggetto delle negoziazioni in sede di cosiddetto "trilogo" tra Parlamento Europeo, Consiglio e Commissione, e vincolera' legalmente tutti gli Stati membri, senza la necessita' che tale Direttiva venga trasposta all'interno degli ordinamenti nazionali dei singoli stati. Inoltre, la Direttiva IVD proposta, si riferira' a quei test che sono venduti ai consumatori all'interno del mercato online europeo, indipendentemente dalla ubicazione del provider. In Europa, la maggior parte dei Paesi non ha una legislazione specifica sui DTC, sebbene quasi tutti abbiano leggi che definiscono che i test genetici possono essere effettuati solo se prescritti da un medico, e successivamente ad una consulenza genetica attraverso la quale il professionista fornisce le adeguate informazioni circa la natura, il significato e le conseguenze del test, senza prescindere dal consenso informato della persona interessata. Tuttavia, alcuni Paesi, come i Paesi Bassi e il Regno Unito, possiedono una legislazione specifica sui test genetici DTC. Nel sistema olandese, l'Atto sullo Screening di Popolazione (Wet op het bevolkingsonderzoek), lodato a livello internazionale, si pone a tutela di programmi di screening potenzialmente dannosi, attraverso un sistema di licenze; mentre nel Regno Unito le linee guida della Human Genetics Commission non hanno validita' legislativa. Nonostante non ci sia una specifica legge sui test genetici DTC in Slovenia, il paese ha firmato e ratificato un protocollo in aggiunta alla convenzione sui diritti umani e la biomedicina nel 2008, riguardante l'uso di test genetici per scopi di salute, adottato dal Consiglio Europeo. Benche' la Grecia non abbia una specifica clausola legale in campo di genomica DTC, numerose altre leggi, che includono anche norme di soft law, creano un quadro piu' ampio all'interno del quale i servizi di genomica DTC possono trovare collocazione. E' importante sottolineare che tutti i Paesi menzionati regolano i test genetici DTC solo a livello nazionale e non hanno applicazione sui test offerti online da parte di altri Paesi europei o statunitensi (a cui invece e' indirizzata la nuova Direttiva IVD). Infine, l'Australia nel Luglio 2014 ha modificato il Therapeutic Goods Act per regolare l'offerta e la pubblicizzazione dei test genetici DTC. Questo tipo di test e' vietato in Australia, eccetto nei casi specificamente approvati dalla Therapeutic Goods Administration. I test genetici diretti ai consumatori, oltre ad avere evidenze scientifiche limitate sui loro potenziali benefici, potrebbero essere dannosi, se non accompagnati dalla necessaria consulenza genetica professionale conforme alla legislazione del singolo Paese. Inoltre, la scoperta incidentale di varianti di significato incerto puo' sollevare preoccupazioni inutili, o interventi inappropriati. Sono state sollevate altre questioni rilevanti, come la protezione dei dati personali nei database, la discriminazione da parte dei datori di lavoro e delle compagnie di assicurazione sanitaria, e la mancanza di disponibilita' di un servizio di genetica per la diagnosi e/o la prevenzione, dovuta alla assenza o non competenza degli operatori sanitari. In alcuni casi, su questo tipo di test, mancano dati riguardo la trasparenza del controllo qualita', riguardo la validita' clinica (ad esempio sulla forza di associazione che determina la capacita' del test di identificare o predire con accuratezza e affidabilita' la patologia di interesse), e la utilita' clinica (ad esempio sul bilancio tra rischi e benefici quando il test viene utilizzato per modificare la gestione di un paziente). Per di piu', sono stati associati all'uso di test genetici DTC anche problematiche concernenti disuguaglianze sociali, follow-up non appropriati, ansia, e conseguenze psicosociali negative. Nel 2013, il Parlamento Europeo ha pubblicato i risultati di un'indagine sui test genetici diretti ai consumatori, dalla quale e' emerso che la maggior parte dei fornitori di questo tipo di test non mette a disposizione dei consumatori sufficienti informazioni riguardo la natura del test, l'interpretazione dei relativi risultati e le implicazioni che derivano dall'effettuazione del test. Al fine di supportare il processo decisionale della politica a livello dell'Unione Europea, e' stata pubblicata una revisione sistematica sulle prese di posizione, le politiche, le linee guida e le raccomandazioni prodotte da organizzazioni professionali o altri importanti attori, in materia di test genetici DTC e loro utilizzo. In tutti i 17 documenti inclusi nella revisione, i potenziali svantaggi dei test genetici diretti ai consumatori superavano i potenziali benefici. 8.c L'-omica batterica Verso la medicina dei sistemi Una nuova sfida dell'-omica, successiva alla decodificazione del genoma umano, e' la definizione delle basi molecolari delle malattie, utilizzando informazioni che vengono dai prodotti a valle del genoma umano e dai metagenomi e dai prodotti delle comunita' microbiche che abitano i vari distretti dell'organismo. Queste ricerche sono state rese possibili dalla disponibilita' di nuove piattaforme tecnologiche, che consentono di passare dall'analisi di un numero limitato di bersagli molecolari (approccio convenzionale "riduzionista" o "discreto"), ad un approccio piu' generale di tipo "olistico", in grado di valutare l'intero contenuto molecolare (genomico) o funzionale (metabolomico, proteomico) del "sistema biologico". La "biologia dei sistemi" e' diventata una disciplina autonoma in grado di generare metodi utili ad approcciare la "medicina dei sistemi". La mole di dati generati dai genomi e dai loro prodotti, i cosiddetti "big data", e' in grado di produrre modelli clinici, senza ipotesi a priori, e di fornire informazioni capaci di descrivere il sistema biologico nel suo insieme. In questo ambito, l'analisi del reguloma (l'insieme degli elementi regolatori come i geni, gli mRNA, le proteine, i metaboliti) puo' aiutare ad interpretare il meccanismo molecolare dell'intero sistema DNA-proteine; il mutoma puo' fornire la mappa dell'insieme delle mutazioni geniche nucleari, associate o meno ad una malattia; l'epigenoma puo' classificare i cambiamenti chimici del DNA, delle proteine e degli istoni, in diverse condizioni ambientali; l'esoma puo' analizzare gli RNA maturi dopo rimozione intronica mediante meccanismi di splicing dell'RNA; il trascrittoma puo' catalogare i vari RNA, tra i quali quelli tradotti in proteine, che garantiscono il flusso paradigmatico dal genotipo al fenotipo. Le tecnologie della proteomica e della metabolomica analizzano i prodotti del genoma (cioe' il proteoma e il metaboloma) in grande dettaglio e profondita', caratterizzando proteine, metaboliti, mappe metaboliche, profili di glicosilazione proteica e contenuto lipidico. Conoscere questi aspetti significa realizzare un'integrazione dei dati appartenenti a livelli di organizzazione biologica profondamente diversi ed interpretare il flusso delle informazioni biologiche dai geni ai loro prodotti. Nonostante gli importanti progressi in questi campi, esiste ancora un sostanziale divario tra i dati sperimentali e la medicina pratica, soprattutto quando queste nuove conoscenze vengono valutate in termini di utilita' clinica e, percio', di beneficio per il paziente. Per trasferire la medicina dei sistemi nella pratica clinica, le comunita' scientifiche e cliniche necessitano di condividere i dati, avendo accesso a database controllati, annotati e disponibili, cosi' come e' accaduto per lo Human Genome Project. In quest'ottica, un approccio promettente e' rappresentato dalla ricostruzione delle reti molecolari funzionali, mediante l'integrazione di dati di elevata qualita', ottenuti dalla genomica funzionale e dalla proteomica, che contribuiscono alla panomica, basata sulla combinazione di informazioni sui geni, sulle proteine, sulle vie metaboliche e sulle caratteristiche cliniche dei pazienti. La medicina dei sistemi e le scienze -omiche, inclusa la metagenomica, stanno progressivamente trasferendo alla clinica le evidenze desunte dalla ricerca traslazionale sui sistemi complessi e sul microbiota umano. L'ecosistema microbico intestinale Il microbiota intestinale e' un complesso ecosistema costituito da 1014 batteri, altamente eterogeneo in termini di diversita' microbica. Il suo intero contenuto genomico o microbioma, che e' oltre 100 volte piu' grande rispetto al genoma umano, viene definito metagenoma. I componenti microbici del microbiota rivestono un ruolo fondamentale nella salute, agendo come barriera contro i patogeni e arginando l'invasivita' della mucosa intestinale con una modalita' altamente dinamica, esercitando funzioni metaboliche, fungendo da cuscinetto per effetto-massa e stimolando lo sviluppo del sistema immunitario dell'ospite. Le tecnologie -omiche (genomica, metabolomica, proteomica) stanno contribuendo a conoscere l'ecosistema del microbiota, a chiarire gli aspetti della tassonomia delle sue comunita' microbiche (i filotipi), della loro modulazione e dell'interazione attiva con gli stimoli esterni ed il cibo (metabotipi), nel contesto della variabilita' genetica dell'ospite. Utilizzando un approccio interdisciplinare che si colloca all'interfaccia tra la ricerca di base e la clinica, si sta descrivendo il ruolo del microbiota nell'insorgenza e nella progressione di varie malattie, dalla simbiosi fisiologica, l'eubiosi, allo stadio della disbiosi microbica. La caratterizzazione (profiling) del microbiota umano consente di valutare, anche se ancora in modo indiretto, le piu' importanti modificazioni che l'ambiente (esposoma) puo' esercitare sul genoma dell'ospite. Tale caratterizzazione, che ha assunto recentemente il ruolo di un test diagnostico, permette di riconsiderare le correlazioni genotipo-fenotipo in condizioni fisiologiche e patologiche nell'infanzia e nell'eta' adulta, attraverso l'individuazione degli enterogradienti del microbiota. Le informazioni metaomiche che ne derivano integrano quelle ricavate dalle altre tecniche e discipline -omiche nella descrizione del genoma dell'ospite e dei suoi prodotti (Figura 4). Figura 1. Interazioni individuali genotipo-fenotipo basate sulla caratterizzazione del microbiota, ottenuta con strategie -omiche e meta-omiche integrate. Parte di provvedimento in formato grafico Quando diversi fenotipi patologici, associati ad una singola modificazione genetica, vengono catalogati e associati agli enterotipi microbici, l'insieme dei profili fenotipici diventa pleiotropico. E' possibile allora fare riferimento ad un "superorganismo", che implica un ruolo diretto o indiretto del microbiota sulle malattie. Per ottimizzare lo studio delle comunita' complesse del microbiota intestinale, sono necessari strumenti genomici avanzati, in particolare le tecniche di sequenziamento di seconda generazione, incluso il pirosequenziamento. Queste tecnologie superano i limiti posti dall'isolamento e dalla coltura microbiologica e sono in grado di correlare/comparare specifici profili batterici a patologie di varia natura. Metagenomica e microbiota umano Le nuove tecnologie non solo hanno evidenziato la complessita' dell'ecosistema del microbiota, ma anche hanno permesso di identificare nuove popolazioni batteriche, affrancandosi dai vecchi approcci colturadipendente. Le principali tecniche utilizzano: (a) sonde oligonucleotidiche ed oligonucleotidi che ibridizzano sequenze di RNA ribosomale su piattaforme, come il DNA-microarray e l'ibridazione fluorescente in situ; (b) eterogenei profili di PCR di comunita' complesse, ottenuti mediante elettroforesi in gradiente denaturante e di temperatura (esempio PCR-DGGE e PCR-TGGE); (c) PCR real-time per l'analisi qualitativa e quantitativa; (d) metagenomica; (e) proteomica e metaproteomica. Anche se la composizione delle specie batteriche presenta sostanziali differenze interindividuali e varia nel tempo, le attivita' codificate dal microbioma sono maggiormente stabili. Questo non sorprende, in quanto la maggior parte della popolazione microbica condivide un gruppo di geni richiesti per l'adattamento all'ambiente intestinale. Pertanto, l'analisi della diversita' e della composizione delle specie e delle loro caratteristiche metaboliche fornisce le basi la comprensione dello stato di salute e di malattia in tutte le eta' della vita. Gli studi metagenomici su campioni mucosali e fecali ottenuti dalla persone sane hanno associato tale diversita' alla presenza di Firmicutes, Bacteroidetes, Proteobacteria, Fusobacteria, Verrucomicrobia, Cyanobacteria, Spirochaeates e Actinobacteria. L'analisi del microbiota comprende un approccio metagenomico e metabolomico. Mentre gli studi genomici identificano le associazioni tra le variazioni del genotipo e dei fenotipi della malattia, quelli metabolomici correlano i fenotipi metabolici ai fenotipi della malattia. Attraverso la produzione di composti antimicrobici, acidi grassi volatili e acidi biliari chimicamente modificati, il microbiota intestinale crea un ambiente metabolicamente molto reattivo, definito bioreattore. Le analisi metaboliche1 H-NMR, GC-MS degli estratti fecali forniscono importanti chiarimenti sulle differenze metaboliche interspecie dei componenti del microbiota e consentono di ottenere informazioni diagnostiche importanti nel caso delle malattie intestinali. In base alle componenti strutturali delle sue cellule, il microbiota intestinale comunica con l'ospite con un profilo di secrezione caratteristico e partecipa al metabolismo dell'ospite. Questo secretoma o metaboloma delle piccole molecole e' accessibile nelle feci e nelle urine. Le tecnologie1 H-NMR, GC-MS e LC-MS permettono di monitorare i cambiamenti dei metaboliti, intesi come concentrazione e proprieta' chimiche. I profili metabolici ottenuti in combinazione con le analisi multivariate, contribuiscono ad analizzare la cooperazione metabolica ospite-microbiota rispetto al fenotipo, alla patologia e alla dieta. L'analisi combinata del metaboloma nei diversi liquidi biologici, compresi gli estratti delle acque fecali, il plasma e le urine, consente di stabilire collegamenti tra la bioconversione degli ingredienti dei cibi non-digeribili, la loro bio-disponibilita' e il loro effetto sul metabolismo dell'ospite, anche in relazione con la patologia concomitante. E' stata ampiamente documentata la complessita' del microbiota intestinale e l'effetto modulatorio esercitato da diversi fattori endogeni ed esogeni. L'alimentazione nei primi mesi di vita e' uno dei principali determinanti della salute del bambino, nonche' del benessere successivo dell'adulto. Infatti, la modulazione del microbiota in epoca perinatale ed infantile influenza lo sviluppo del sistema immunitario ed il successivo stato di salute. Lo sviluppo del microbiota intestinale correla con la sensibilizzazione allergica nella prima infanzia e predispone agli sbilanciamenti metabolici alla base dell'obesita' e del rischio cardiovascolare in eta' adulta. The Human Microbiome Project, promosso dal National Institutes of Health, si propone di identificare e di caratterizzare i taxa dei microbioti umani ed il loro rapporto con lo stato di salute e di malattia. Gia' oggi e' chiaro che il microbiota svolge un ruolo sulla salute molto piu' importante di quanto si potesse immaginare. Comprendere le dinamiche delle popolazioni batteriche e governarle, piuttosto che aggredirle con antibiotici, potrebbe rivelarsi strategica per sconfiggere numerose malattie ed i crescenti fenomeni di resistenza antimicrobica. Di conseguenza, si potrebbero gestire le comunita' microbiche in base al loro contenuto ed equilibrio metabolico. Il sequenziamento genico ha consentito di avviare l'analisi delle comunita' microbiotiche, che spesso presentano interazioni molto complesse. Di conseguenza, e' venuto meno il classico concetto di infezione associata ad un singolo organismo, essendo stato scoperto che varie malattie sono causate dagli squilibri nella popolazione degli organismi che comunicano con l'ospite. Questo nuovo modello puo' essere allargato a diversi quadri patologici, non solo quelli strettamente infettivi. Si ritiene che le alterazioni del microbiota concorrano a molte malattie infiammatorie croniche, alle allergie, al diabete, all'obesita'. Tanto piu' e' elevata la diversita', tanto minore e' la probabilita' che i patogeni esterni invadano e si stabiliscano all'interno dell'organismo. Infatti, se tutte le nicchie sono occupate, diventa difficile per gli "invasori" collocarsi fisicamente e divenire operativi. Tuttavia, il ruolo del microbiota nella patogenesi non si limita alla "competizione esclusiva": infatti il microbioma interagisce con l'ambiente e con il patrimonio genetico costituzionale. In sostanza, ogni persona possiede due patrimoni genomici: quello costituzionale ed il microbioma. Le fluttuazioni nelle popolazioni del microbiota si possono tradurre nella disbiosi e percio' nell'insorgenza di patologie e, rispettivamente nella loro regressione. La capacita' di governare queste fluttuazioni puo' aprire nuove prospettive alla medicina del futuro, attraverso azioni mirate sulle componenti modificabili del microbiota. 8.d Test post-natali per le malattie cardiovascolari mendeliane Negli ultimi 25 anni sono stati individuati i geni responsabili di diverse forme ereditarie di patologie cardiache aritmiche e/o strutturali associate a morte improvvisa. Cio' ha determinato l'introduzione di numerosi test genetici e un notevole sviluppo della cardiogenetica in ambito clinico. Le patologie in questione sono diverse (Tabella 14), e nel complesso sono comuni nella popolazione generale (ad es., la prevalenza stimata delle cardiomiopatie ipertrofiche e' di circa 1 su 500; quella della sindrome del QT lungo circa 1 su 2.000). Sono state sviluppate linee guida per la diagnosi, la sorveglianza e il trattamento dei soggetti affetti da queste condizioni cosi' come dei soggetti (ancora) sani portatori delle alterazioni genetiche causali. Anche grazie allo sviluppo delle tecnologie di sequenziamento di nuova generazione, l'applicazione dei test cardiogenetici e' quindi in grande crescita. Cio' comporta un rischio di incremento di richieste e usi impropri, anche perche' l'utilita' dei test varia a seconda delle diverse condizioni genetiche. A causa della notevole eterogeneita' genetica e della incompleta detection rate (compresa tra il 20% e il 75% circa, a seconda della patologia) un esito negativo di un test genetico non esclude di per se' la possibilita' che un individuo sia affetto dalla patologia per cui e' stato richiesto il test. Inoltre questi test sono spesso complicati dal riscontro di varianti di significato incerto (VUS). Il documento di riferimento e' l'"Expert Consensus Statement on the State of Genetic Testing for the Channelopathies and Cardiomyopathies", riguardante in modo specifico i test genetici stilato congiuntamente dai principali esperti in materia di diversi continenti. L'impiego dei test genetici e' discusso anche in altri documenti focalizzati sulla diagnosi e la terapia di alcune di queste condizioni, tutti approvati dalle societa' scientifiche cardiologiche nazionali e internazionali. Come per le altre patologie genetiche su base mendeliana, le evidenze disponibili non derivano da studi randomizzati o condotti in cieco, bensi' dai dati di registri specifici per patologia. Le raccomandazioni sono quindi per definizione basate su livelli di evidenza C (opinione di esperti). Il PDTA per queste patologie deve prevedere: