(Allegato sub A)) (parte 2)
                            4.d.3 Tumori 
 
          4.d.3.i Mutazioni germinali per tumori ereditari 
 
                      1. Tumore della Mammella 
 
  Il carcinoma della mammella  (CM)  e'  uno  dei  tumori  maligni  a
maggior frequenza (29%), al primo posto per incidenza [si  stima  che
ogni  anno  in  Italia  vengano  colpite  circa  48.000  donne  (dati
AIOM AIRTUM 2015)] e la prima causa di morte per patologia oncologica
tra le donne. 
 
  Anche se la maggior parte dei CM ha una patogenesi multifattoriale,
il 5-7% risulta essere legato prevalentemente  a  fattori  ereditari,
che agiscono con meccanismi mendeliani. 
 
  Circa il 2% dei casi e' determinato da alterazioni a carico di  due
geni, BRCA1 e BRCA2 ("geni BRCA"),  responsabili  di  predisposizione
ereditaria ad alta penetranza. Tuttavia, considerando solo  le  donne
malate con eta' inferiore a 40 anni, la  percentuale  di  quelle  che
presentano varianti patogenetiche a livello di questi  geni  sale  al
10%. 
 
  La prevalenza di varianti patogenetiche  a  carico  dei  geni  BRCA
nella popolazione generale e' di circa 1:400; questo  significa  che,
applicata tale frequenza alla popolazione  residente  in  Italia  nel
2015,  si  puo'  stimare  che  siano  circa  152000  le  persone  che
presentano tali varianti nel nostro Paese. 
 
  Alterazioni di  questi  geni  sono  associate  ad  un  rilevante  e
significativo aumento della probabilita' di comparsa del CM  rispetto
alla popolazione generale, con tendenza ad eta' di insorgenza precoce
e  rischio  elevato  anche  di  neoplasie  dell'ovaio   (il   rischio
cumulativo medio stimato di cancro mammario all'eta' di  70  anni  e'
del 57% in caso di variante patogenetica di BRCA1 e 49%  in  caso  di
BRCA2; il rischio, invece,  di  sviluppare  cancro  ovarico-  CO-  e'
rispettivamente 40% e 18% per varianti di  BRCA1  e  BRCA2).  Tra  le
donne con diagnosi di cancro dell'ovaio, infatti,l'8-10% e' legato ad
alterazioni genetiche a livello di BRCA 1/2. 
 
      Lo screening personalizzato per il cancro della mammella. 
 
  A partire dai primi anni '90, lo screening del tumore  al  seno  ha
portato a un riduzione della mortalita' superiore al 30% ma  oggi  e'
necessario intervenire con programmi di screening personalizzati  per
definire in maniera accurata il rischio individuale delle donne  allo
scopo di progettare percorsi  di  prevenzione  diversi  e  adatti  al
profilo di ogni singola  donna  attraverso  la  complementarieta'  di
fattori di rischio  "tradizionali"  come  la  storia  familiare  e  i
fattori riproduttivi, la  densita'  mammografica  e  la  presenza  di
varianti geniche comuni associate per la definizione di uno score che
consenta  una  stratificazione   del   rischio   (single   nucleotide
polymorphisms, SNPs). 
 
  E' noto come singole varianti geniche associate  all'insorgenza  di
cancro, possano  singolarmente  contribuire  in  piccola  parte  alla
valutazione del rischio di  insorgenza  della  malattia  stessa.  Per
contro, e' altresi' noto come la valutazione  dell'effetto  combinato
di tutti gli SNPs associati e noti possa essere  utile  nel  definire
meglio il rischio. 
 
  In quest'ottica, la raccolta delle informazioni relative a SNPs  di
suscettibilita'  noti,  e   l'adozione   di   un   semplice   modello
moltiplicativo, puo'  essere  impiegato  per  la  definizione  di  un
modello di rischio per la previsione del  rischio  stesso  [polygenic
risk score (PRS)]. 
 
  Negli ultimi anni, differenti studi hanno dimostrato  come,  usando
un modello combinato di valutazione del rischio su base genetica,  si
possano  identificare  soggetti  a  diverso  livello  di  rischio  di
sviluppare  cancro  al  seno  o  alla  prostata  e  di  come,  questa
stratificazione, potrebbe orientare le strategie di prevenzione e  di
screening. Tuttavia, ad oggi, mancano ancora sufficienti  evidenze  a
supporto di queste previsioni e sarebbero auspicabili ulteriori studi
di validazione di tipo caso-controllo o,  preferibilmente,  studi  di
coorte prospettici. 
 
  Per il cancro alla  mammella,  studi  di  associazione  sull'intero
genoma (GWAS) hanno portato alla  scoperta  di  numerose  varianti  a
basso rischio, alcune delle quali associate allo status del recettore
estrogenico. Un grosso studio condotto dal Breast Cancer  Association
Consortium  (BCAC),  come   parte   del   Collaborative   Oncological
Gene-Environment Study (COGS),  ha  permesso  di  identificare  nuove
varianti di rischio attraverso la genotipizzazione  di  oltre  40.000
casi e 40.000 controlli sani. Il risultato di questa ricerca e' stata
l'identificazione di un numero maggiore di SNPs associati  al  cancro
al seno: da 27 a piu' di 70 e  di  ulteriori  varianti  associate  ai
tumori ER-. 
 
  Il Predicting Risk of Cancer at Screening Study  (PROCAS),  e'  uno
studio prospettico di stima del rischio di insorgenza di cancro  alla
mammella. L'analisi ha incluso 50,628 donne  sottoposte  a  screening
mammografico di eta' compresa tra i 47 e  i  73  anni  reclutate  tra
ottobre 2009 e settembre 2013. I risultati hanno evidenziato come  la
densita' mammografica puo' aiutare nel  perfezionamento  della  stima
del rischio in combinazione con  il  modello  di  Tyrer-Cuzick  o  il
modello di Gail. Successivamente, lo stesso gruppo di ricercatori  ha
considerato la densita' mammografica e 18 varianti di suscettibilita'
(SNP18) in combinazione al modello di Gail e  Tyrer-Cuzick  (TC)  per
calcolare la stima del rischio sulla base dei tumori identificati tra
due round di screening triennali. La densita' mammografica e i SNP18,
quando combinati con il modello TC o di Gail, identificano un maggior
numero di donne ad alto rischio allo screening, ed e'  associata  con
una maggiore stadio della malattia. Circa il  16%  delle  donne  sono
state identificate come ad alto  rischio  combinando  TC  e  densita'
mammografica e SNP18 che sembra aggiungere  ulteriore  precisione  al
modello. L'inclusione di  ulteriori  SNPs  di  nuova  identificazione
potra' forse aumentare la capacita' di  discriminazione  del  rischio
per interventi di sorveglianza e di riduzione del rischio mirati. 
 
                         Tipo di intervento. 
 
  I  percorsi  di  prevenzione  primaria,  sia  di  sorveglianza  che
terapeutici, per pazienti portatori, o  familiari  per  mutazione  di
BRCA1/2 sono specifici a seconda delle diverse fasce d'eta'  e  della
storia personale/familiare. 
 
  Questi percorsi sono stati  raccolti  in  dettagliate  linee  guida
elaborate  da  numerosi  enti;  per  il  carcinoma   della   mammella
ricordiamo     le     linee     guida     NICE,      quelle      NCCN
(https://www.nccn.org/professionals/physician_gls/pdf/breast_risk.pdf
). 
 
                            Valutazioni. 
 
  Allo stato attuale, i test genetici hanno lo scopo di  identificare
casi attribuibili a sindromi mendeliane che determinano alto rischio.
Non sono ancora disponibili test genetici applicabili  per  screening
della popolazione generale, poiche' i marcatori genetici  di  rischio
moderato individuati mediante studi  di  associazione  caso-controllo
dall'analisi di casistiche di tumori non selezionati sulla base della
storia familiare e delle caratteristiche ereditarie non  sono  ancora
sufficientemente  specifici.  Diventa   quindi   molto   interessante
approfondire questo ulteriore campo di indagine per garantire  sempre
piu'   precisa   "personalized   preventive   medicine"   che   possa
effettivamente migliorare il percorso preventivo. 
 
                        2. Sindrome di Lynch 
 
  La maggior parte dei tumori del colon-retto  puo'  essere  definita
sporadica, mentre circa il 30% presenta ricorrenza familiare,  e  tra
questi una piccola parte, stimata intorno al 3-5%, insorge in persone
che hanno una predisposizione genetica ereditaria. Questi  casi  sono
riconducibili  a  sindromi  ereditarie  caratterizzate  da   varianti
patogenetiche ad alta penetranza, trasmesse su base mendeliana. 
 
  La piu' diffusa e' la Sindrome di Lynch, che  rappresenta  il  2-3%
dei CCR; e si stima che nel nostro Paese ci siano tra i 6000 e i 9000
soggetti con accertata sindrome di Lynch. Questa sindrome e'  causata
da varianti  patogenetiche  che  coinvolgono  principalmente  5  geni
(MSH2, MLH1, MSH6, PMS2, EPCAM) che codificano per proteine coinvolte
nel processo del Mismatchrepair (MMR) e per una molecola di  adesione
epiteliale (EPCAM). Le prime quattro hanno la  funzione  di  riparare
gli errori commessi durante la replicazione e la  ricombinazione  del
DNA, pertanto la loro perdita risulta in un fenotipo di ipermutazione
di determinate regioni del DNA- fenomeno conosciuto come Instabilita'
dei microsatelliti (MSI), l'ultima proteina invece ruolo nei processi
di adesione omotipica delle cellule epiteliali. 
 
  Essere portatori  di  queste  varianti  patogenetiche  comporta  un
rischio cumulativo di sviluppare cancro del colon-retto tra 35% e 70%
nell'arco della vita. Il rischio e' un po' piu'  basso  nelle  donne,
che hanno pero' una probabilita' all'incirca uguale di  ammalarsi  di
cancro dell'endometrio. Tale  sindrome  e'  associata  all'insorgenza
anche di altre neoplasie, seppure meno frequenti rispetto a quelle di
colon ed endometrio. 
 
  Sulla base dei dati  epidemiologici  risulta  evidente  che  queste
diverse forme mendeliane ad aumento della probabilita' di comparsa di
CM e CCR rispetto alla popolazione generale necessitino  di  percorsi
clinico-assistenziali di prevenzione primaria  atti  ad  abbattere  i
relativi tassi di incidenza di malattia e di mortalita' 
 
                         Tipo di intervento. 
 
  Come gia' indicato per il carcinoma della mammella, i  percorsi  di
prevenzione primaria, sia di  sorveglianza  che  terapeutici,  per  i
pazienti portatori, o familiari per mutazione  per  colon/Lynch  sono
specifici a  seconda  delle  diverse  fasce  d'eta'  e  della  storia
personale/familiare. 
 
  Le linee guida a cui fare riferimento sono essenzialmente le  linee
guida                                                            NCCN
(https://www.nccn.org/professionals/physician_gls/pdf/colorectal_scre
ening.pdf) 
 
     4.d.3.ii Mutazioni germinali per suscettibilita' ai tumori 
 
                       1. Cancro alla prostata 
 
  Per quanto concerne il cancro alla prostata un  serio  problema  e'
rappresentato dalla sovradiagnosi. Recentemente, le linee-guida della
US Preventive Services Task Force  hanno  sottolineato  come  non  si
debbano basare gli  screening  per  il  cancro  alla  prostata  sulla
valutazione dell'antigene  prostatico  PSA  perche'  i  danni  attesi
(falsi-positivi, overdiagnosi,  overtrattamento)  sono  superiori  ai
potenziali benefici. La stratificazione della popolazione in  diversi
gruppi in base al rischio genetico, da solo  o  in  combinazione  con
altri fattori  di  rischio  (come  l'eta'  e  la  storia  familiare),
permetterebbe di offrire lo  screening  in  modo  differenziato  alla
popolazione con miglioramento del rapporto danno beneficio. 
 
  Ad oggi, numerosi studi GWAS hanno permesso di individuare piu'  di
70 loci di suscettibilita' per il  cancro  alla  prostata.  I  rischi
associati a queste varianti sono definiti generalmente modesti, ma in
combinazione potrebbero fornire la  base  della  prevenzione  mirata.
Sinteticamente, le evidenze  scientifiche  disponibili,  da  un  lato
mettono in luce il potenziale di una  signature  poli-genica  per  la
definizione di un modello PRS di previsione del  rischio;  dall'altro
evidenziano alcune criticita' da  tenere  in  considerazione  per  lo
sviluppo di programmi di screening stratificati.  Un  recente  studio
mostra come le mutazioni genetiche ereditarie potrebbero  giocare  un
ruolo piu' importante del previsto nell'insorgenza  di  un  carcinoma
della prostata metastatico. Le  alterazioni  in  geni  che  hanno  la
funzione di riparare il Dna (come BRCA1 e  BRCA2)  sarebbero  infatti
presenti in quasi il 12 % dei pazienti con un  tumore  prostatico  in
fase avanzata. La conclusione e' giunta dopo aver analizzato  i  dati
relativi a 692 uomini con un carcinoma prostatico metastatico e  aver
individuato 16 diverse mutazioni (fra le quali,  oltre  quelle  BRCA,
anche a carico dei geni ATM, CHEK2, RAD51D  ePALB2)  in  82  pazienti
(ovvero l'11,8% del  totale),  indipendentemente  dall'eta'  o  dalla
storia familiare. In particolare, i malati di  cancro  alla  prostata
metastatico con mutazioni BRCA2 risultano avere il 18 % di rischio in
piu' rispetto a quelli sani. Appare quindi molto importante che anche
i maschi con cancro alla prostata vengano sottoposti al test genetico
sulla scia di quanto gia' accade nelle femmine  con  un  tumore  alla
mammella. 
 
                    4.d.3.III Mutazioni somatiche 
 
  La risposta ai trattamenti chemioterapici, come per altro quella  a
qualsiasi altro tipo di farmaco,  e'  quantificabile  in  una  misura
media in quanto alcuni pazienti non rispondono affatto alla  terapia,
altri  hanno  una  risposta  buona  e  altri   sperimentano   effetti
collaterali di grado piu' o meno elevato. 
 
  Questa    diversa    risposta    dipende     dalla     variabilita'
interindividuale, caratteristica di  sua  natura  multifattoriale  in
quanto dipende dall'eta', dal peso, dallo stato di  salute  generale,
da  diversi  fattori  ambientali  (clima,  stile  di  vita,   fattori
culturali quali ad esempio la religione) e dai fattori genetici. 
 
  Nello specifico sappiamo che i  polimorfismi  genetici  individuali
possono  influire  sulla  risposta  ai  chemioterapici;   la   stessa
tossicita' e' spesso legata al genotipo individuale dei  tessuti  non
tumorali. Questo perche' le  cellule  tumorali  sono  sostanzialmente
uguali a quelle degli altri tessuti a meno di nuove mutazioni. 
 
  Analizzare le  caratteristiche  del  tessuto  somatico  neoplastico
permette, in alcuni casi, di definire da una popolazione  generale  i
seguenti gruppi di pazienti: 
 
    - Pazienti che rispondono al trattamento e che sperimentano  poca
tossicita' 
    - Pazienti che rispondono al trattamento e che sperimentano molta
tossicita' 
    - Pazienti che non rispondono al trattamento e  che  sperimentano
poca tossicita' 
    - Pazienti che non rispondono al trattamento e  che  sperimentano
poca tossicita' 
 
  Di seguito un elenco di farmaci per i quali lo stato mutazionale di
cellule somatiche e' verificato ai fini di una ottimale risposta: 
 
              Parte di provvedimento in formato grafico
 
               Obiettivi e Raccomandazioni (Cap.4 d 3) 
 
  Da quanto esposto emergono le  seguenti  priorita',  rispetto  alle
quali sono identificabili i relativi interventi (Tabella 9): 
 
  - Lo screening personalizzato per  il  cancro  della  mammella.  La
costruzione di uno score che consenta una stratificazione del rischio
di CM, nonche' valutare l'applicabilita'  dello  score  prodotto  per
proporre  una  modulazione  personalizzata   dello   screening   sono
obiettivi  considerati  nel  Cap7  (Topic  V  Opportunita'   per   la
sostenibilita'  di  sistema  mediante   la   prevenzione   secondaria
finalizzata alla riduzione del burden di malattia del cancro al seno) 
  - Prevenzione primaria per i pazienti portatori,  o  familiari  per
mutazione di  BRCA1/2.  La  sorveglianza  delle  donne  senza  storia
personale di tumore e' prevista in  uno  degli  obiettivi  del  Piano
nazionale della prevenzione 2014-18, secondo le linee guida  prodotte
dal CCM. 
  - Terapia preventiva per donne a rischio moderatamente aumentato  o
ad  alto  rischio.  La   disponibilita'   di   sufficienti   evidenze
scientifiche mette il Sistema Sanitario  in  condizione  di  inserire
tale intervento in modo sistematico nell'ambito dei  servizi  offerti
alla   popolazione   di   riferimento.   Sono   disponibili   LG    e
raccomandazioni a livello internazionale  ma  appare  comunque  utile
verificarne la contestualizzazione nel  Sistema  Sanitario  italiano.
Tale obiettivo puo' essere  conseguito  in  armonia  con  il  Sistema
nazionale linee guida (SNLG) 
  -  Mastectomia  profilattica  e   Ooforectomia   profilattica.   La
disponibilita' di sufficienti evidenze scientifiche mette il  Sistema
Sanitario  in  condizione  di  inserire  tale  intervento   in   modo
sistematico nell'ambito  dei  servizi  offerti  alla  popolazione  di
riferimento.  Sono  disponibili  LG  e  raccomandazioni   a   livello
internazionale   ma   appare   comunque    utile    verificarne    la
contestualizzazione nel Sistema Sanitario  italiano.  Tale  obiettivo
puo' essere conseguito in armonia  con  il  Sistema  nazionale  linee
guida (SNLG). Successivamente, al fine di rendere accessibile a tutta
la popolazione target tale intervento e'  necessario  organizzare  un
percorso (PDTA). Assunto che la linea-guida riguarda per  definizione
la  dimensione  tecnico-professionale;  le  raccomandazioni  derivate
dalla L-G devono portare alla implementazione di un'organizzazione in
grado di accogliere la popolazione target in un  percorso  esplicito,
basato su "nodi organizzativi" chiaramente definiti  e  procedure  di
"ingaggio" precise ed esplicite. Si tratta quindi di definire un PDTA
che prenda in carico gli individui destinatari di tali interventi. 
  -  Terapia  ormonale  sostitutiva  (HRT)  per  donne  senza  storia
personale di carcinoma mammario  sottoposte  a  salpingo-ooforectomia
prima dell'insorgenza dello stato menopausale. La  disponibilita'  di
sufficienti evidenze  scientifiche  mette  il  Sistema  Sanitario  in
condizione  di  inserire  tale   intervento   in   modo   sistematico
nell'ambito dei servizi offerti alla popolazione di riferimento. Sono
disponibili LG e raccomandazioni a livello internazionale  ma  appare
comunque  utile  verificarne  la  contestualizzazione   nel   Sistema
Sanitario italiano. Tale obiettivo puo' essere conseguito in  armonia
con   il   Sistema   nazionale   linee   guida   (SNLG)   nell'ambito
dell'intervento di cui sopra. 
  - Percorsi di prevenzione primaria  per  i  pazienti  portatori,  o
familiari  per  mutazione  per  colon/Lynch,  comprensivamente  della
prevenzione  di   carcinomi   extra-colon.   La   disponibilita'   di
sufficienti evidenze  scientifiche  mette  il  Sistema  Sanitario  in
condizione  di  inserire  tale   intervento   in   modo   sistematico
nell'ambito dei servizi offerti alla popolazione di riferimento. Sono
disponibili LG e raccomandazioni a livello internazionale  ma  appare
comunque  utile  verificarne  la  contestualizzazione   nel   Sistema
Sanitario italiano. Tale obiettivo puo' essere conseguito in  armonia
con il Sistema nazionale linee guida (SNLG). Successivamente, al fine
di rendere accessibile a tutta la popolazione target tale  intervento
e'  necessario  organizzare  un  percorso  (PDTA).  Assunto  che   la
linea-guida    riguarda     per     definizione     la     dimensione
tecnico-professionale; le raccomandazioni derivate dalla  L-G  devono
portare  alla  implementazione  di  un'organizzazione  in  grado   di
accogliere la popolazione target in un percorso esplicito, basato  su
"nodi organizzativi" chiaramente definiti e procedure  di  "ingaggio"
precise ed esplicite. Si tratta quindi di definire un  percorso  PDTA
che prenda in carico gli individui destinatari dello screening. 
  - Terapia preventiva con  aspirina  nella  sindrome  di  Lynch.  La
disponibilita' di sufficienti evidenze scientifiche mette il  Sistema
Sanitario  in  condizione  di  inserire  tale  intervento   in   modo
sistematico nell'ambito  dei  servizi  offerti  alla  popolazione  di
riferimento.  Sono  disponibili  LG  e  raccomandazioni   a   livello
internazionale   ma   appare   comunque    utile    verificarne    la
contestualizzazione nel Sistema Sanitario  italiano.  Tale  obiettivo
puo' essere conseguito in armonia  con  il  Sistema  nazionale  linee
guida (SNLG) 
  - Test genetico per mutazioni germinali nel cancro  alla  prostata.
La disponibilita'  di  sufficienti  evidenze  scientifiche  mette  il
Sistema Sanitario in condizione di inserire tale intervento  in  modo
sistematico nell'ambito  dei  servizi  offerti  alla  popolazione  di
riferimento.  Sono  disponibili  LG  e  raccomandazioni   a   livello
internazionale   ma   appare   comunque    utile    verificarne    la
contestualizzazione nel Sistema Sanitario  italiano.  Tale  obiettivo
puo' essere conseguito in armonia  con  il  Sistema  nazionale  linee
guida (SNLG). 
 
                Tabella 9: Interventi identificabili 
 
              Parte di provvedimento in formato grafico
 
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                             CAPITOLO 5 
                     La genomica nella terapia. 
 
              5.a Risposta ai farmaci e farmacogenomica 
 
  Le rapide innovazioni scientifiche degli ultimi anni in  ambito  di
valutazione   del   genoma   degli    individui,    hanno    permesso
l'identificazione di varianti associate all'insorgenza, alla cura  ed
alla prognosi di varie patologie e con un  potenziale  impatto  nella
valutazione della  risposta  alle  terapie.  Nonostante  l'analisi  e
l'interpretazione delle informazioni genomiche costituisca ancora  un
processo di non facile risoluzione, in molti  casi  l'identificazione
di specifici profili molecolari ha  permesso  la  stratificazione  di
sottogruppi di pazienti caratterizzati da una migliore risposta  alle
terapie farmacologiche. Il profilo genomico di ciascun  individuo  e'
in grado di influenzare pressoche' tutti gli aspetti di una  malattia
e il suo trattamento, inclusa l'insorgenza, il decorso o  il  rischio
di recidiva, il farmaco o classe di farmaci con maggiore probabilita'
di risposta, nonche' la dose terapeutica,  la  natura  e  la  portata
delle risposte favorevoli al trattamento e la tossicita' del farmaco.
Con  il  termine  farmacogenomica  ci  si   riferisce   allo   studio
dell'esposizione e  della  risposta  ai  farmaci  in  relazione  alle
varianti del DNA ed alle caratteristiche dell'RNA. La farmacogenomica
si focalizza sull'identificazione delle varianti geniche o  genomiche
che influenzano la risposta ai medicinali attraverso  alterazioni  di
tipo  farmacocinetico,  farmacodinamico,  attraverso  variazioni  nel
target farmacologico o la perturbazione  del  pathway  biologico  che
caratterizza  la  sensibilita'  di  un  paziente  all'effetto  di  un
determinato  farmaco.  Le  evidenze  molecolari  che  emergono  dalle
strategie di sequenziamento dell'intero genoma o  di  specifici  geni
richiedono  una  convalida  indipendente  prima  che  possano  essere
tradotti in diagnostica clinica. Il processo di convalida puo' essere
facilitato  da  una  maggiore   comprensione   dei   meccanismi   che
determinano come le varianti identificate  alterano  la  risposta  ai
farmaci. 
 
  Utilizzo dell'informazione farmacogenomica nella pratica clinica 
 
  Il nuovo concetto di Precision Medicine si riferisce a strategie di
prevenzione e trattamento delle patologie  che  tengano  conto  della
variabilita' individuale  per  la  personalizzazione  delle  terapie.
Questi  approcci  hanno  recentemente  trovato  spazio  grazie   allo
sviluppo di databases  biologici  su  larga  scala,  metodi  ad  alta
processivita'  per  la  caratterizzazione  molecolare  dei   pazienti
(proteomica, metabolomica, genomica, tecnologie sanitarie  mobili)  e
strumenti di calcolo per l'analisi di grandi dataset. In relazione ad
un  potenziale  utilizzo   nella   pratica   clinica,   le   varianti
farmacogenomiche possono essere suddivise in due macro categorie: 
 
    -  Prevenzione:  le  varianti  farmacogenomiche  possono  fornire
indicazioni preliminari sulla manifestazione  di  eventi  avversi  ed
effetti collaterali in relazione all'assunzione di specifici principi
attivi  ancor  prima  che  si  manifesti  la  condizione  patologica.
Trovano,  pertanto,  una   potenziale   applicazione   principalmente
nell'individuo sano il cui profilo molecolare  puo'  essere  valutato
preliminarmente per evitare prospetticamente l'assunzione di  farmaci
con interazioni negative. 
    - Trattamento: nell'identificazione della  terapia  ottimale  (in
termini di effectiveness), l'utilizzo di informazioni genomiche e  di
approcci  computazionali  per  integrare  i  dati  consentirebbe   di
prevedere e, potenzialmente, ottimizzare l'effetto di una terapia  su
un  paziente  specifico  caratterizzato  da  un  profilo   molecolare
compatibile, determinandone la sensibilita' a farmaci  specifici;  di
fatto il profilo molecolare individuale e' stato  dimostrato  essere,
in alcuni casi, un forte predittore dei  benefici  di  una  specifica
terapia. Inoltre queste informazioni possono  venire  utilizzate  per
eseguire    approcci    di    "Drug    repositioning"     finalizzati
all'identificazione  di  nuove  indicazioni   per   principi   attivi
esistenti. 
 
  La medicina  di  precisione  ha  trovato  sviluppi  particolarmente
efficaci e promettenti anche in  ambito  oncologico.  I  tumori  sono
malattie molto diffuse e sono tra le principali  cause  di  morte  in
tutto il mondo e la loro incidenza e'  in  aumento  principalmente  a
causa dell'invecchiamento della popolazione  e  della  diffusione  di
stili  di  vita  non  salutari.  La  ricerca  scientifica   ha   gia'
identificato molte delle lesioni molecolari che guidano  lo  sviluppo
di  neoplasie,  mostrando  che  ogni  tumore  ha  una  propria  firma
genomica,   con   alcune   caratteristiche   specifiche   e    alcune
caratteristiche comuni a piu' tipi.  Questa  nuova  comprensione  dei
meccanismi oncogenici ha cominciato a influenzare la valutazione  del
rischio,  le  categorie  diagnostiche  e  le  strategie  terapeutiche
attraverso un crescente  uso  di  farmaci  e  anticorpi  destinati  a
contrastare l'attivita' e l'influenza di specifici driver molecolari.
Diverse  terapie  personalizzate  sono  state  (e  vengono  tutt'ora)
sviluppate dimostrando un'efficacia notevole  nella  cura  di  queste
patologie. 
 
     Validazione ed interpretazione delle informazioni genomiche 
 
  L'utilizzo in ambito clinico  delle  informazioni  farmacogenomiche
deve soddisfare specifici criteri  riguardanti  validita'  analitica,
validita' clinica  e  utilita'  clinica.  La  validita'  analitica  e
clinica    riguardano    aspetti    prettamente    metodologici     e
d'interpretazione del dato che in alcuni casi possono essere  di  non
facile risoluzione, dipendenti principalmente dalla qualita' dei dati
dei test genetici e dalle caratteristiche di  performance  del  test,
quali ad esempio i valori predittivi positivi e negativi.  L'utilita'
clinica consente di valutare se l'uso del  test  contribuisce  ad  un
migliore esito della malattia nei pazienti sottoposti a test, nonche'
ad una valutazione dei rischi  che  si  verificano  a  seguito  della
somministrazione  del  test.   Diversi   parametri   possono   essere
utilizzati per stimare la validita' e l'utilita' clinica, inclusa  la
penetranza della variante  genetica  nella  risposta  al  medicinale.
Inoltre, i dati possono essere raccolti da studi  di  farmacocinetica
in vivo o in vitro o da altri studi funzionali preclinici  e  clinici
che  consentono  di  effettuare   una   valutazione   degli   effetti
farmacologici o delle concentrazioni  di  un  farmaco  rispetto  alle
varianti geniche individuali. Ulteriori fonti  di  dati  utilizzabili
includono  casi  clinici,  studi  di   famiglie   e   studi   clinici
randomizzati che mettono a confronto risultati provenienti  da  fonti
diverse. 
 
  Allo stato attuale non vi e' un consenso sui parametri necessari  a
stabilire  l'utilita'  clinica  dei  test  basati   su   informazioni
farmacogenomiche. Tali valutazioni  richiedono  l'analisi  attraverso
una visione sistemica ed integrata dei test farmacogenomici che tenga
in considerazione non solo dell'impatto clinico ma anche il confronto
con interventi sanitari alternativi, nonche' la valutazione  di  come
tali test possano influenzare il comportamento dei clinici. 
 
  Va inoltre considerato che il costo del  sequenziamento  diminuisce
con velocita' esponenziale e  non  sembra  essere  molto  lontano  il
momento  in  cui  ciascun  individuo  disporra'  delle   informazioni
relative al proprio genoma; pertanto, se cio' dovesse verificarsi, il
problema non sara'  piu'  l'ottenimento  di  specifiche  informazioni
genomiche ma lo sviluppo di un modello clinico-sanitario in grado  di
massimizzare  l'utilizzo  di   queste   informazioni   con   approcci
costo-efficaci. 
 
           Implementazione clinica della farmaco genomica 
 
  Alcune varianti genomiche che influenzano gli  effetti  clinici  di
alcuni farmaci possono ora essere testate in modo affidabile  per  un
utilizzo in ambito clinico; questo processo  puo'  significativamente
influenzare l'attivita' prescrittiva in base agli esiti ottenuti,  ad
esempio determinando il sottogruppo di pazienti in cui l'effetto  del
farmaco e' massimizzato, la  dose  efficace  o  la  predizione  degli
eventi avversi. 
 
  La   farmacogenomica   puo'   svolgere    un    ruolo    importante
nell'identificazione  dei  responder  e  non  responder  ai  farmaci,
evitando gli eventi avversi e ottimizzando  la  dose  di  farmaco  da
somministrare. Possono inoltre essere  estrapolate  informazioni  sul
farmaco che possono descrivere: 
 
    - l'esposizione al  farmaco  e  la  variabilita'  della  risposta
clinica 
    - il rischio di eventi avversi 
    - il dosaggio genotipo-specifico 
    - i meccanismi d'azione dei farmaci 
    - target polimorfici del farmaco 
 
  Allo stato attuale circa il 15% dei farmaci approvati dalla FDA  ed
EMA contengono indicazioni  di  tipo  farmacogenomico  sui  foglietti
illustrativi  e  solo  un  sottoinsieme  di  tali  biomarkers   hanno
effettivamente  indicazioni  cliniche  attuabili.  Finora,  solo   16
(numero in lenta ma costante crescita) dei circa  19.000  geni  umani
conosciuti  forniscono  informazioni  farmacogenomiche  con   impatto
clinico. Tuttavia, nonostante il numero di farmaci  per  i  quali  le
informazioni  genomiche  possono  fornire  indicazioni  cliniche  sia
relativamente  piccolo  (v.  as  esempio  l'elenco  in   Figura   1),
l'attivita' prescrittiva potrebbe ottenere significativi vantaggi  da
un utilizzo piu' integrato dei test genetici nella pratica clinica. 
 
     Figura 1. Varianti genetiche germinali e farmaci associati 
 
    =============================================================
    |    Genetic variation    |           Medications           |
    +=========================+=================================+
    |                         |Mercaptopurine, thioguanine,     |
    |TPMT                     |azathioptine                     |
    +-------------------------+---------------------------------+
    |                         |Codeine, tramadol, tricyclic     |
    |CYP2D6                   |antidepressants                  |
    +-------------------------+---------------------------------+
    |                         |Tricyclic antidepressants,       |
    |CYP2C19                  |clopidogrel, voriconazole        |
    +-------------------------+---------------------------------+
    |VK0RC1                   |Warfain                          |
    +-------------------------+---------------------------------+
    |CYP2C9                   |Warfain, phenytoin               |
    +-------------------------+---------------------------------+
    |                         |Allopurinol, carbamazepine,      |
    |HLA-B                    |abacavir, phenytoin              |
    +-------------------------+---------------------------------+
    |CFTR                     |Ivacaftor                        |
    +-------------------------+---------------------------------+
    |                         |Fluororuracil, capecitabine,     |
    |DPYD                     |tegafur,                         |
    +-------------------------+---------------------------------+
    |G6PD                     |Rasburicase                      |
    +-------------------------+---------------------------------+
    |UGT1A1                   |Irinotecan, atazanavir           |
    +-------------------------+---------------------------------+
    |SLC01B1                  |Simvastatin                      |
    +-------------------------+---------------------------------+
    |IFNL3(IL28B)             |Interferon                       |
    +-------------------------+---------------------------------+
    |CYP3A5                   |Tacrolimus                       |
    +-------------------------+---------------------------------+
 
  Le varianti genetiche specifiche dei tessuti tumorali rappresentano
invece  un  caso  speciale   di   variazione   somatica   d'interesse
farmacogenomico (v.ad esempio l'elenco  in  Figura  2)  in  grado  di
identificare quali tipi di tumori maligni sono in grado di rispondere
alle varie terapie antitumorali. 
 
  Il test  genetico  per  l'identificazione  dei  tumori  maligni  e'
diventato  piu'  preciso  in  risposta  allo   sviluppo   di   agenti
antitumorali  per  il  trattamento  di  neoplasie  caratterizzate  da
varianti genetiche acquisite. 
 
  Esistono una  serie  di  barriere  che  impediscono  la  diffusione
dell'utilizzo di test farmacogenomici a supporto  della  prescrizione
di farmaci. In primis l'assenza d'incentivi per i medici  finalizzati
alla promozione di test genetici/genomici potenzialmente in grado  di
limitare l'insorgenza di eventi avversi.  L'esistenza  di  un  numero
ridotto   di   studi   del   rapporto   costo-efficacia   dei    test
farmacogenomici  non  consente  una  valutazione  economico-sanitaria
oggettiva  del  reale  impatto  di  tali   approcci,   tantomeno   in
considerazione del fatto che il test potrebbe essere  effettuato  nei
primi mesi ed  utilizzato  per  tutto  il  resto  della  vita  di  un
individuo. Molti sistemi sanitari non prevedono il rimborso  di  tali
procedure e questo costituisce un ulteriore deterrente ad un utilizzo
routinario di queste metodologie. 
 
Figura 2. Varianti genetiche somatiche in cellule tumorali e  farmaci
                              associati 
 
              Parte di provvedimento in formato grafico
 
  Inoltre, il costo e la complessita' degli  approcci  computazionali
necessari per identificare, catalogare, prioritizzare e  interpretare
le varianti  genetiche  di  carattere  farmacogenomico  costituiscono
un'ulteriore barriera alla diffusione nella pratica clinica dei  test
di farmacogenomica.  Nonostante  un  numero  crescente  di  strumenti
bioinformatici  per  le  analisi  delle  varianti   genomiche,   essi
richiedono ancora un notevole livello di competenza spesso non ancora
disponibile nella gran parte delle strutture sanitarie che potrebbero
beneficiarne. Di fatto, non e' ancora stato definito un  modello  che
stabilisca quali entita' nella catena sanitaria  debba  assumersi  la
responsabilita' dell'aggiornamento, della valutazione e del pagamento
dei test genetici anche in ambito farmacogenomico. 
 
  Recentemente e' stato sviluppato il  concetto  di  genotipizzazione
pre-emptive inteso come la profilazione  molecolare  degli  individui
sulla base di pannelli di varianti genomiche in  maniera  routinaria.
La teoria dietro questo approccio si basa sulla possibilita'  che  le
informazioni genomiche possano essere a disposizione del medico nella
cartella clinica elettronica (EMR) gia' al momento della prescrizione
(e anche prima) in modo da effettuare decisioni razionali riguardo la
scelta e/o la dose del farmaco.  Si  evidenzia  anche  una  questione
importante in relazione alle prove per l'implementazione clinica: non
possiamo intraprendere studi clinici  randomizzati  e  controllati  o
studi prospettici per ogni variante genomica che viene  identificata,
e altre metodologie per valutare l'utilita' clinica di  un  biomarker
genomico dovra' essere utilizzato. 
 
Barriere  alla  diffusione  ed  implementazione  dei  test  di   tipo
                           farmacogenomico 
 
  Un'ampia  ed  omogenea  applicazione  della  farmacogenomica  nella
pratica  clinica  e'  ancora  da  raggiungere.  I  fattori   che   ne
influenzano l'utilizzo sono costituiti da: 
 
    - Le dimensioni del mercato e il ruolo dell'industria. Nel  Regno
Unito ed in Germania alcune industrie farmaceutiche hanno giocato  un
ruolo molto  attivo  nell'introduzione  di  test  di  farmacogenomica
(quali ad esempio HER2). Nei piccoli mercati di altri paesi  europei,
le aziende hanno fornito un supporto  limitato  e  la  diffusione  e'
stata generata da pazienti e  medici.  Il  ruolo  dell'industria  nel
garantire che i test diagnostici di tipo molecolare  siano  attraenti
commercialmente e possano raggiungere  l'implementazione  clinica  e'
essenziale. 
    - Livello di utilizzo. Il livello di utilizzo varia molto  tra  i
paesi con differenti procedure cliniche  e  livelli  di  accettazione
dell'innovazione. 
    -  Rimborso.  Le  pratiche  cliniche  sono  soggette  a   vincoli
finanziari derivanti anche dal contenimento della spesa  sanitaria  e
da valutazioni di costo-efficacia. Di conseguenza, la  disponibilita'
di sviluppare sistemi di rimborso per  i  test  farmacogenomici  puo'
costituire  un  incentivo   essenziale   per   l'implementazione   di
tecnologie diagnostiche di tipo genomico. 
    - Gruppi di supporto del  paziente.  I  gruppi  di  supporto  del
paziente sono cruciali per l'integrazione di test farmacogenomici; un
esempio  e'  costituito  dal  ruolo  attivo  svolto  da  parte  delle
organizzazioni dei pazienti nell'introduzione di Herceptin/HER2. 
 
  Gruppi di pazienti  possono  influenzare  l'integrazione  dei  test
molecolari nella pratica clinica aumentando la consapevolezza  tra  i
loro membri, favorendo l'empowerment e  generando  un  aumento  della
domanda ed un conseguente uso crescente. 
    - Educazione e formazione. L'assenza di educazione  e  formazione
costituisce  una  forte  barriera  all'implementazione  dei  test  di
farmacogenomica. L'istruzione convenzionale o di orientamento  per  i
medici  e  altri  professionisti  sanitari  su  come  interpretare  i
risultati dei  test  o  anche  solo  sui  meccanismi  alla  base  del
funzionamento e' scarso. L'introduzione di tali  tecnologie  richiede
la formazione di una vasta gamma  di  personale  sanitario  che  deve
essere  in  grado  di   comprendere,   utilizzare   ed   interpretare
correttamente i  test  supportando  il  paziente  in  ogni  fase  del
processo. 
    - Aspetti sociali. Nel tempo, nella popolazione  generale  si  e'
acquisita la percezione che i test farmacogenomici abbiano un impatto
inferiore in termini sociali ed etici rispetto ad altre  applicazioni
di tipo molecolare  (quali  ad  esempio  i  test  predittivi  per  le
patologie croniche e degenerative). Finora, il consenso informato per
i principali test farmacogenomici (quali ad esempio l'HER2 o il  test
TPMT) e' stato positivamente accettato dai pazienti  a  cui  venivano
sottoposto.   Tuttavia,   esiste   una    crescente    preoccupazione
sull'impatto etico di nuove tecnologie emergenti. In particolare, non
e'  da  escludere  che  futuri  test  farmacogenomici  possono  avere
conseguenze per familiari di primo grado e sollevare questioni legate
alla privacy  e  incertezze  simili  a  quelle  avvertite  per  altre
tipologie di test genetici legate alle malattie ereditarie. 
    -  Responsabilita'  legale.   In   ambito   oncologico,   laddove
l'applicazione   ha   trovato   l'utilizzo   piu'   ampio,   i   test
farmacogenomici non hanno trovato alcun tipo di opposizione da  parte
dei pazienti. Tuttavia, con l'aumentare della consapevolezza e  della
conoscenza dei pazienti, il mancato  utilizzo  di  queste  tecnologie
potrebbe costituire un pretesto per una  mancanza  professionale  del
medico. La paura di una responsabilita' legale rischia di portare  ad
un drastico aumento della diffusione dei  test  farmacogenetici  come
forma di medicina difensiva, in previsione  di  contenziosi  di  tipo
legale. 
    -  Analisi   di   costi-efficacia.   La   valutazione   oggettiva
dell'impatto clinico ed economico del  test  potrebbe  costituire  un
fattore molto importante per  il  livellamento  degli  ostacoli  alla
applicazione clinica. Tuttavia le informazioni disponibili per questo
tipo di valutazione sono, al momento, limitate. 
    - Validita' ed utilita' clinica. Vi e' un consenso internazionale
riguardo l'opinione che le  basi  di  evidenza  dell'impatto  clinico
dell'applicazione di PGX siano ancora molto deboli. Per confermare la
validita' clinica delle associazioni genotipo-fenotipo, e' necessaria
una ricerca sistematica e coerente.  Tuttavia,  un  limite  a  questi
sviluppi  e'  costituito  dall'assenza  di   finanziamenti   pubblici
dedicati  e  da  un   interesse   ancora   limitato   da   parte   la
dell'industria, soprattutto per lo sviluppo di applicazioni  di  tipo
farmacogenomico per i farmaci con brevetti scaduti. 
 
Regolamentazione  delle  conoscenze   e   dei   processi   dei   test
                           farmacogenomici 
 
  Lo sviluppo delle competenze farmacogenomiche presso l'EMA e  l'FDA
in principio e' stato stimolato dagli outcomes scientifici  derivanti
dalle attivita' accademiche ed industriali. Cio' ha  reso  necessario
lo sviluppo di nuove capacita' ed expertises da parte  delle  agenzia
regolatorie  che  rilasciano  le  autorizzazioni  all'immissione   in
commercio (AIC) per i farmaci. L'EMA ha iniziato a focalizzarsi sulle
tematiche di tipo farmacogenomico, attraverso workshop con  le  parti
interessate per affrontare le esigenze emergenti. Nel 2002  e'  stato
istituito un gruppo di esperti sulla  farmacogenomica,  il  primo  ad
essere istituito da una agenzia regolatoria, che include esperti  del
mondo accademico e normativo. L'EMA ha continuato ad espandere le sue
competenze per consentire una valutazione globale  della  diagnostica
di tipo farmacogenomico nello sviluppo dei medicinali. 
 
    -  L'uso  dei  dati  PGX  nella  valutazione  dell'autorizzazione
all'immissione in commercio (AIC) dei medicinali. 
  Sulla base delle informazioni acquisite dalle evidenze scientifiche
allo stato attuale quasi tutti gli studi clinici in corso  di  grande
entita' includono la raccolta  di  dati  genetici,  pur  non  essendo
richiesto ai fini dell'AIC. Le agenzie regolatorie  hanno  nel  tempo
sviluppato linee guida di supporto alle aziende per la  sottomissione
dei dati farmacogenomici nell'ambito della presentazione dei  dossier
di AIC. Rimangono tuttavia aperte le sfide  riguardo  la  validazione
dei  biomarcatori  e  l'identificazione  di  percorsi  condivisi  per
valutarne l'utilizzo nella pratica clinica. 
    - Licenze  di  prodotti  di  tipo  farmacogenomico:  combinazioni
farmaco-test o approvazione separata? 
  La scelta tra la concessione dell'AIC di  farmaci  in  combinazione
con test  diagnostici  o  la  separazione  tra  questi  due  processi
nell'ambito  della  validazione   clinica   costituisce   una   sfida
significativa sia per le agenzie regolatorie che per l'industria.  In
Europa l'EMA non ha una responsabilita' primaria  per  l'approvazione
dei test diagnostici (ancorche' in ambito farmacogenomico) ed il  suo
mandato e' limitato all'approvazione delle terapie farmacologiche. 
  Attualmente l'EMA puo' consigliare l'uso  di  un  test  diagnostico
come informazione  inserita  nel  foglio  illustrativo  del  farmaco.
Tuttavia, non e' chiaro come tale procedura diagnostica possa  essere
recepita dagli stati membri  o  come  questo  processo  possa  essere
regolato al di fuori del campo di  applicazione  della  direttive  di
diagnostica in vitro (IVD). 
  - Nuove indicazioni farmaco genomiche. I dati derivanti dagli studi
clinici piu' recenti suggeriscono che i test farmacogenomici  possono
migliorare significativamente la sicurezza  anche  dei  farmaci  gia'
disponibili sul mercato. Il  meccanismo  giuridico  che  consente  di
inserire  variazioni  sul  foglietto  illustrativo  permetterebbe  di
aggiungere ulteriori informazioni clinicamente rilevanti  sulla  base
di nuovi dati emergenti e di migliorare  gli  outcomes  derivanti  da
farmaci gia' in commercio. 
  - Regolamentazione dei test farmacogenomici in clinica. All'attuale
velocita' di  crescita  delle  applicazioni  cliniche  di  tecnologie
d'interesse farmacogenomico,  si  rende  necessario  il  supporto  di
sistemi di controllo della qualita' sia di tipo  laboratoristico  che
di gestione dei dati. Questi modelli sono gia' in pratica in  diversi
laboratori relativamente a diverse discipline scientifiche,  tra  cui
anche i test per le malattie genetiche. 
  - Accreditamento e Quality Assessment  dei  laboratori  clinici.  I
sistemi di accreditamento  hanno  lo  scopo  di  fornire  un  sistema
indipendente d'ispezione  delle  prestazioni,  del  personale,  delle
infrastrutture e  dei  processi  del  laboratorio  per  mantenere  la
qualita' del servizio. Sistemi di accreditamento dei laboratori  sono
stati istituiti in diversi paesi europei e costituiscono un requisito
volontario,  spesso  incoraggiato  ma  comunque  mai  forzato.  Altri
meccanismi includono  schemi  di  controllo  esterno  della  qualita'
finalizzati ad identificare i laboratori che sono a scarso rendimento
e  a  fornire  loro  assistenza.  Tali  schemi  sono  di  particolare
beneficio ai piccoli paesi che a volte non hanno la  "Massa  critica"
per lanciare un regime nazionale. Un supporto internazionale  per  lo
sviluppo di sistemi condivisi di  Quality  Assessment  internazionali
potrebbe pertanto costituire una priorita' importante  per  l'UE  nel
campo dei test di farmacogenomica. 
 
       Farmacogenomica nella pipeline di sviluppo dei farmaci 
 
  L'applicazione di approcci farmacogenomici nelle fasi  di  sviluppo
dei farmaci e' un processo in evoluzione che inizia con la scoperta e
continua  attraverso  la  conferma  dei  risultati  di  efficacia   e
sicurezza clinica. Gli studi di farmacogenomica possono contribuire a
una   maggiore   comprensione   delle   differenze   interindividuali
nell'efficacia e la sicurezza dei farmaci a  partire  dalla  fase  di
sperimentazione. Le caratteristiche molecolari di maggiore  rilevanza
nello sviluppo di farmaci sono quelle associate  a  geni  in  quattro
grandi categorie: 
 
    (1) i geni connessi alle caratteristiche farmacocinetiche; 
    (2) i geni che codificano per  bersagli  farmacologici  ed  altri
pathway legati alla risposta farmacologica; 
    (3) i geni non direttamente correlati agli aspetti  farmacologici
del  principio  attivo  ma  che  possono  predisporre  l'individuo  a
tossicita', ad esempio attraverso le reazioni immunitarie; 
    (4) i geni che influenzano la suscettibilita' della malattia o la
progressione. 
 
  Tutti    questi    fattori     genetici     possono     influenzare
significativamente il profilo rischio-beneficio di un  medicinale.  I
dati farmacogenomici nelle fasi preliminari di sviluppo di un farmaco
possono fornire  indicazioni  critiche  sul  dosaggio  del  principio
attivo, per la stratificazione dei pazienti nelle fasi successive,  o
prospettivamente  sulla  strategia  per   l'ulteriore   raccolta   di
biomarkers genetici nei  successivi  RCT.  I  dati  genomici  possono
pertanto supportare la strategia di  sviluppo  dei  principi  attivi,
attraverso: 
 
    (1)  l'identificazione  della  variabilita'  dei  soggetti   alla
risposta clinica; 
    (2) la valutazione del contributo dei polimorfismi negli  aspetti
clinicamente significativi  della  farmacodinamica,  farmacocinetica,
efficacia o sicurezza; 
    (3) la valutazione di potenziali interazioni tra farmaci; 
    (4) lo studio delle basi molecolari relative ad  una  assenza  di
efficacia o di insorgenza di reazioni avverse; 
    (5) la progettazione di  studi  clinici  per  la  valutazione  di
sottogruppi  specifici  in  cui   l'effetto   farmacologico   risulta
magnificato (study enrichment strategies). 
 
        Riposizionamento del Farmaco su base Farmacogenetica 
 
  Il riposizionamento del farmaco (Drug Repositioning)  consiste  nel
dare un nuovo ruolo ad un farmaco che in origine era stato  creato  o
sviluppato per altre  patologie.  Lo  schema  generale  che  potrebbe
essere seguito nel Drug  Repositioning  richiede:  il  sequenziamento
dell'intero esoma  e  trascrittoma  di  pazienti  con  una  specifica
patologia, l'analisi comparativa delle sequenze, l'identificazione di
nuovi geni, lo studio  del  RNA,  delle  proteine  e/o  dei  pathways
metabolici coinvolti nello  sviluppo  delle  malattie  umane.  Questo
flusso di lavoro ha  lo  scopo  di  identificare  pathways  che  sono
implicati nell'insorgenza o sviluppo di una patologia con l'obiettivo
di selezionare i  targets  piu'  rilevanti  per  lo  sviluppo  di  un
farmaco. La sperimentazione di bersagli ipotetici richiede  pertanto,
lo sviluppo e la validazione in vitro di modelli cellulari che mimano
il processo biologico  o  molecolare  coinvolto  nella  malattia.  La
selezione dei farmaci da  testare  puo'  essere  condotta  attraverso
l'analisi della struttura 3D delle proteine bersaglio dedotta tramite
approcci  sperimentali  o  di  modelling   oppure   dedotta   tramite
simulazione di docking  molecolare  comparato  con  una  libreria  di
farmaci  orfani.  Lo  screening  iniziale  dei  farmaci   selezionati
richiede l'ottimizzazione di piattaforme con un elevata processivita'
e   con   flusso    di    lavoro    preferibilmente    automatizzato.
Successivamente, i farmaci selezionati  verranno  sottoposti  ad  una
validazione in vivo utilizzando modelli cellulari ed animali. Infine,
saranno necessari trials clinici su pazienti con lo scopo di valutare
la sicurezza e  l'efficacia  dei  farmaci  come  possibili  strumenti
terapeutici per specifiche patologie. 
 
  Trovare un nuovo ruolo per i farmaci gia' approvati sta  diventando
un approccio molto efficace dal punto di vista  farmacoeconomico.  Il
riposizionamento del farmaco si presenta come un percorso rapido,  in
quanto i dati clinici e farmacocinetici delle molecole  di  interesse
sono stati  gia'  generati,  valutati  e  stabiliti.  Questi  farmaci
pertanto, possono essere riposizionati  in  modo  rapido  richiedendo
anche un minor numero di pazienti da arruolare nei trials clinici per
testarne la sicurezza e l'efficacia.  La  conseguente  riduzione  dei
tempi di approvazione rispetto alla scoperta di nuovi farmaci, riduce
drasticamente i  costi  di  sviluppo  fornendo  ai  pazienti  opzioni
terapeutiche in tempi molto ridotti. Il drug repositioning,  infatti,
mira a  migliorare  l'attuale  produttivita'  dei  farmaci,  rispetto
all'enorme impiego  di  tempo  e  costi  per  lo  sviluppo  di  nuove
molecole. E' importante sottolineare che  spesso,  l'allestimento  di
nuovi farmaci fallisce a causa della tossicita' o della  mancanza  di
efficacia. Inoltre, il riposizionamento  del  farmaco  risulta  utile
nell'ambito delle malattie rare,  in  quanto  da  una  parte  non  e'
possibile reclutare un  elevato  numero  di  pazienti  per  i  trials
clinici, dall'altra i vincoli economici  limitano  l'interesse  delle
aziende farmaceutiche nella scoperta di nuove molecole terapeutiche. 
 
  Rispetto allo sviluppo  di  nuovi  farmaci  il  drug  repositioning
offre: 
 
    1. la formulazione e la produzione di un flusso  di  lavoro  gia'
stabilito; 
    2.  la  reale  conoscenza  di  dati   sulla   tossicita'   e   la
farmacocinetica; 
    3. la reale conoscenza sulla sicurezza e tossicita'; 
    4. dati di post-distribuzione e di sorveglianza gia' disponibili. 
 
                Obiettivi e Raccomandazioni (Cap 5 a) 
 
  Da quanto esposto emergono le  seguenti  priorita',  rispetto  alle
quali sono identificabili i relativi interventi (Tabella 10): 
 
    1. Promuovere un consenso sui  parametri  necessari  a  stabilire
l'utilita' clinica dei test basati su informazioni farmaco genomiche 
    2. Definire una linea guida per l'utilizzo piu'  integrato  delle
valutazioni farmacogenetiche nella pratica clinica. 
    3.   Istituire   un   registro   dei   trattamenti   basati   sul
sequenziamento dei profilo del paziente e del loro esito 
 
                Tabella 10. Interventi identificabili 
 
              Parte di provvedimento in formato grafico
 
                5.b Terapia personalizzata dei tumori 
 
  - Genomica nel cancro della mammella. Nel trattamento del carcinoma
della mammella differenti test  genetici  e  genomici  consentono  di
fornire informazioni sulla prognosi e il  trattamento  del  carcinoma
della mammella. Dopo la recente pubblicazione  dello  studio  MINDACT
abbiamo la prima evidenza di tipo I in oncologia sulla  capacita'  di
un  classificatore  genomico  (Mammaprint)  di  evitare  l'uso  della
chemioterapia  in  una  larga  percentuale  di  donne  con  signature
genomica a basso rischio e criteri clinicopatologici ad alto rischio.
MammaPrint® e' un test in vitro, basato sulla tecnologia  microarray,
che valuta il profilo di espressione genica della neoplasia mammaria,
su campione prelevato al momento della chirurgia. Il test  classifica
le pazienti in due categorie:  basso  e  alto  rischio  di  metastasi
(G-high vs G-low). 
 
  La  popolazione  di  pazienti  candidata  al   test,   secondo   le
indicazioni approvate in EU, include donne operate di ca mammario, T1
o T2 (< 5cm), N0 o N+ (1-3), ER+ o ER-. Negli Stati Uniti  Mammaprint
e' stato approvato solo per pazienti N-. 
 
  Il campione di tessuto viene inviato in  RNA-later  al  laboratorio
centralizzato di Agendia (NL):  la  paziente  viene  classificata  ad
"alto rischio" (29% a 10 anni, senza  nessun  trattamento)  o  "basso
rischio" (10% a 10 anni, senza nessun trattamento). 
 
  I dati dello studio MINDACT forniscono la prima evidenza di livello
1° A (dati da studio  clinico  prospettico,  randomizzato),  practice
changing, a favore dell'impiego di Mammaprint in  questo  sottogruppo
di pazienti con carcinoma mammario operato, in quanto indicano che la
chemioterapia  adiuvante   puo'   essere   evitata   nelle   pazienti
classificate a basso rischio genomico. 
 
  L'obiettivo principale dello studio MINDACT era verificare se  alle
pazienti con cancro della mammella (LN  0-3)  classificate  a  "basso
rischio" - secondo prognosi  molecolare  con  MammaPrint  -  e  "alto
rischio" - secondo prognosi  clinica  con  calcolatore  automatizzato
Adjuvant!Online  -  poteva  essere   risparmiata   la   chemioterapia
adiuvante   dopo   intervento   chirurgico   senza   influenzare   la
sopravvivenza libera da metastasi  a  distanza.  Un  totale  di  1550
pazienti (23.2%) dei circa 7000 reclutati erano classificati ad  alto
rischio clinico e a  basso  rischio  genomico  e  sono  stati  quindi
randomizzati a chemioterapia si oppure no. A 5 anni, la sopravvivenza
libera da metastasi in  questo  sottogruppo  senza  chemioterapia  e'
stata del 94;7% (95% IC, 92.5-96.2) con una differenza di  1.5  punti
percentuali in favore  della  chemioterapia.  Di  recente  l'ASCO  ha
pubblicato le linee guida sull'utilizzo dei  classificatori  genomici
per la prognosi dei tumori mammari  dopo  intervento  chirurgico.  Di
seguito  sono  riportate  alcune  delle  principali   raccomandazioni
(Tabella 11). 
 
Tabella 11. Raccomandazioni  ASCO  sull'utilizzo  dei  classificatori
genomici  per  la  prognosi  dei  tumori  mammari   post   intervento
                             chirurgico 
 
  +-----------------------------------------------------------------+ 
  ¦CARCINOMA MAMMARIO : ER+/HER2 - ,N0                              ¦ 
  ¦                                                                 ¦ 
  ¦ONCOTYPE DX: Score alto = HT+ CT                                 ¦ 
  ¦             Score intermedio = attendere risultati TAILORx      ¦ 
  ¦QUALITA' DI EVIDENZA ALTA / GRADO DI RACCOMANDAZIONE FORTE       ¦ 
  ¦                                                                 ¦ 
  ¦ENDOPREDICT: identifica pz a buona prognosi con la sola HT       ¦ 
  ¦QUALITA' DI EVIDENZA INTERMEDIA / GRADO DI RACCOMANDAZIONE       ¦ 
  ¦MODERATO                                                         ¦ 
  ¦                                                                 ¦ 
  ¦PAM50: Alto rischio = HT + CT                                    ¦ 
  ¦QUALITA' DI EVIDENZA INTERMEDIA / GRADO DI RACCOMANDAZIONE       ¦ 
  ¦MODERATO                                                         ¦ 
  ¦                                                                 ¦ 
  ¦BREAST CANCER INDEX: Identifica pz a buona prognosi con la sola  ¦ 
  ¦HT a 5 e 10 anniQUALITA' DI EVIDENZA INTERMEDIA / GRADO DI       ¦ 
  ¦RACCOMANDAZIONE MODERATO                                         ¦ 
  ¦                                                                 ¦ 
  ¦-IHC4: Dati non riproducibili, testato in un singolo centro, non ¦ 
  ¦ha dimostrato riproducibilitaQUALITA' DI EVIDENZA INTERMEDIA/GRA-¦ 
  ¦DO DI RACCOMANDAZIONE MODERATA                                   ¦ 
  +-----------------------------------------------------------------+ 
 
  Sono anche presi i considerazione i dati scientifici ottenuti nelle
HER2 positive e  nelle  triplo  negative,  che  pero'  non  sono  qui
riportate in quanto i classificatori prognostici  comunque  non  sono
applicabili in questi sottogruppi di pazienti. 
 
    - Genomica nel cancro dell'ovaio. Il cancro ovarico e' un  tipico
esempio di malattia eterogenea. Negli ultimi anni la  classificazione
dei tumori ovarici e' stata approfondita e ulteriormente  dettagliata
grazie  agli  studi  morfologici,  immunoistochimici  e  di  genetica
molecolare. Con l'avvento  della  NGS,  si  e'  infatti  giunti  alla
recente scoperta che il carcinoma ovarico e' in realta' costituito da
un insieme complesso di diverse malattie. In  sottogruppi  eterogenei
di pazienti sono  state  identificate  infatti  svariate  alterazioni
genetiche ed epigenetiche di fondamentale importanza nella  genesi  e
progressione del tumore. 
 
  Il carcinoma ovarico e' ora classificato in  tre  grandi  categorie
basate sulla popolazione cellulare  principale  del  tumore:  cellule
epiteliali, germinali e stromali.  Il  carcinoma  ovarico  epiteliale
(EOC) rappresenta la maggior parte, circa l'85-90% di tutti i  cancri
ovarici. A sua volta l'EOC e' classificato in  5  sottotipi:  sieroso
(il piu' frequente  con  70%  dei  casi),  endometrioide,  a  cellule
chiare, mucinoso, tumori di Brenner e tumori indifferenziati. Ci sono
differenze sostanziali tra i sottotipi di  EOC  riguardo  fattori  di
rischio su base genetica, l'oncogenesi molecolare,  l'espressione  di
mRNA, la prognosi e la risposta ai farmaci. 
 
  Esiste inoltre un modello dualistico  di  classificazione  dell'EOC
basato sui profili clinici e genetici. I tumori di tipo 1 includono i
tumori sierosi  a  basso  grado,  endometrioide,  a  cellule  chiare,
mucinoso  e  di  Brener.  Sono  caratterizzati   rispettivamente   da
mutazioni somatiche di BRAF, KRAS, PIK3CA e PTEN e sono  generalmente
indolenti, confinati all' ovaio, e mostrano bassa  sensibilita'  alla
chemioterapia. I tumori di tipo 2 che  comprendono  invece  i  tumori
sierosi di alto grado, endometrioidi di alto grado, i  carcinosarcomi
e  i  carcinomi  indifferenziati  sono,  al  contrario,  clinicamente
aggressivi e si presentano in stadio gia' avanzato. 
 
  In questi tumori la mutazione piu' comune e' quella di TP53 seguita
dall'inattivazione somatica di BRCA1/BRCA2. TP53 codifica un  fattore
di trascrizione proteico (p53) che e' coinvolto nella riparazione del
DNA, nella  regolazione  del  ciclo  cellulare  e  nell'apoptosi.  Le
mutazioni di TP53 sono presenti in piu' del 95% dei carcinomi ovarici
sierosi di alto grado. La  perdita  precoce  della  funzione  di  p53
osservata nei carcinomi sporadici potrebbe determinare  la  creazione
di un ambiente predisponente alla perdita  di  funzione  di  BRCA1  o
BRCA2 (o altri deficit nei meccanismi di riparazione  del  DNA),  che
potrebbero condurre all'apoptosi. L'inattivazione di BRCA 1 e/o 2  e'
determinata nel 67% delle pazienti con HGSOC che e' marcatamente piu'
alto che  negli  altri  istotipi  di  EOC.  Questa  inattivazione  e'
frequentemente il risultato di una ipermetilazione. 
 
  BRCA1/2 risultano inattivati nel 40-50% dei HGOC sporadici.  Questa
inattivazione e' frequentemente il risultato di una ipermetilazione. 
 
  Pertanto, sia TP53 che BRCA 1/2 giocano un ruolo  importante  nella
stabilita' genetica e le mutazioni  di  questi  geni  sono  causa  di
carcinogenesi. 
 
  I cancri ereditari costituiscono una  piccola,  ma  piu'  ampia  di
quanto inizialmente stimata, proporzione  degli  EOC.  Si  stima  che
circa il 25% di tutti gli EOC abbiano una componente ereditaria. 
 
  Le due sindromi principali associate con cancro  ovarico  familiare
sono la sindrome ereditaria ovaiomammella (HBOC)  e  la  sindrome  di
Lynch. 
 
  L'HBOC costituisce circa l'80% dei cancri ovarici ereditari  ed  e'
tipicamente associata a  mutazione  dei  geni  BRCA.  Tuttavia,  piu'
recentemente, anche mutazioni di altri geni sono risultate  associate
alla patogenesi di HBOC. 
 
  BRCA1  e  2  codificano  per  proteine  che  sono  coinvolte  nella
riparazione  del  DNA;  nello   specifico,   sono   implicati   nella
ricombinazione omologa, un meccanismo molto accurato  di  riparazione
delle rotture a doppia elica del DNA.  BRCA1  ha  anche  la  funzione
aggiuntiva di regolare il ciclo cellulare. 
 
  Quando si verifica la perdita di un allele wild-type in un carrier,
vengono meno  i  meccanismi  di  riparazione  del  DNA  e  cio'  puo'
determinare lo sviluppo di neoplasia mammaria/ovarica. Diversi  studi
hanno stimato che circa il 13-15% delle pazienti affette da carcinoma
ovarico siano portatrici di mutazioni germinali di BRCA1  o  BRCA2  e
questa frequenza raggiunge il 17% nelle pazienti  con  adenocarcinoma
sieroso ad alto grado. 
 
  La sindrome di Lynch e' la seconda  piu'  comune  causa  di  cancro
ovarico  ereditario,  rappresentando  circa   il   10-15%   di   tale
condizione. E' una  condizione  autosomica  dominante  caratterizzata
dalla presenza di tumori del colon-retto  sincroni  o  metacroni.  E'
anche associata con una maggior frequenza di altre neoplasie, tra cui
quelle di endometrio, ovaio, apparato  urogenitale,  encefalo,  rene,
stomaco e vie biliari. Diversi geni che codificano  per  le  proteine
mismatchrepair (MMR) sono implicati nella sindrome  di  Lynch:  MLH1,
MSH2, MSH6 e PMS2. Le proteine MMR riconoscono e corregono inserzioni
e delezioni e mutazioni di singole  basi.  Quando  questi  geni  sono
fallati o  silenziati,  zone  di  ripetizione  di  piccole  sequenze,
conosciute come microsatelliti del DNA,  possono  aumentare  le  loro
dimensioni provocando instabilita' nel DNA. Questa  instabilita'  dei
micro satelliti (MSI)  altera  geni  che  hanno  importanti  funzioni
cellulari come apoptosi, segnali intracellulari  e  riparo  del  DNA,
accrescendo il rischio di carcinogenesi. 
 
  Le mutazioni  germinali  di  BRCA1  e  BRCA2  sono  presenti  nella
maggioranza delle  pazienti  con  carcinoma  ovarico  ereditario,  al
contrario  la  frequenza  di  queste  mutazioni   in   pazienti   non
selezionate e' solo del 15.3%. 
 
  Il termine "BRCAness" e' stato utilizzato per descrivere  i  tratti
fenotipici che alcuni tumori  ovarici  sporadici  condividono  con  i
tumori riscontrati nelle portatrici di mutazioni germinali di BRCA1/2
e che  rispecchiano  le  atipie  molecolari  ad  essi  correlate.  Il
"BRCAness"  sembra  essere   il   risultato   di   diversi   processi
epigenetici. Dati  recenti  suggeriscono  che  l'ipermetilazione  del
promotore di BRCA1 ricorre  nel  10-15%  dei  casi  sporadici  ed  e'
associata con l'istotipo sieroso. Anche la down-regolazione di  BRCA2
puo' avvenire tramite  il  silenziamento  del  suo  regolatore  FANCF
attraverso la  metilazione  del  promotore.  In  aggiunta  alle  loro
implicazioni istologiche, i tumori con mutazioni di  BRCA  sono  piu'
facilmente platino-sensibili e associati a  maggiori  PFS  e  OS.  La
remissione delle mutazioni germinali di BRCA1 o BRCA2  nelle  singole
pazienti o la  perdita  della  metilazione  del  promotore  di  BRCA1
predicono la resistenza al platino e potrebbero  inoltre  predire  la
resistenza ai PARP (poli-ADP-riboso polimerasi) inibitori. 
 
  Sebbene le pazienti con mutazioni BRCA1/2 e  bassa  espressione  di
proteina/mRNA di BRCA1  mostrino  una  risposta  piu'  favorevole  al
trattamento e una  migliore  prognosi,la  metilazione  promotrice  di
BRCA1 e' significativamente correlata a resistenza al trattamento e a
prognosi peggiore.  Dunque,  la  metilazione  non  e'  funzionalmente
equivalente a una mutazione germinale  nel  mediare  la  sensibilita'
alla chemioterapia. 
 
  Mentre la metilazione di BRCA1 e' piu' frequente nel cancro ovarico
sporadico, non  e'  stata  riportata  nella  forma  ereditaria  della
malattia o in campioni derivanti da donne con mutazioni germinali  di
BRCA1. BRCA2 non presenta un profile di metilazione simile nel cancro
ovarico. 
 
  La scoperta di un un  biomarcatore  che  abbia  le  sensibilita'  e
specificita' necessarie per l'individuazione  del  cancro  ovarico  a
stadi precoci e' ancora argomento dibattuto e, pertanto, sono  ancora
in  corso  di  studio  molteplici  combinazioni  di  biomarcatori.  I
biomarkers possono essere utilizzati a  diversi  scopi:  diagnostici,
per la diagnosi precoce di malattia, che  possono  essere  utilizzati
principalmente anche per programmi di screening;  prognostici,  usati
per predire la  progressione  di  malattia;  marcatori  di  recidiva,
impiegati per monitorare la risposta a un dato trattamento. 
 
  Il CA 125 e' ad  oggi  il  piu'  studiato  e  utile  marcatore  nei
carcinoma ovarici sieroso  ed  endometrioide.  E'  una  glicoproteina
naturalmente secreta  dall'epitelio  celomatico  mulleriano  e  dagli
epiteli  di  molti  organi.  Esso  viene   espresso   in   situazioni
patologiche benigne sia ginecologiche che addominali, cosi'  come  in
altri tumori maligni. Il CA 125 e' aumentato in circa il 70-90% delle
donne con malattia in stadio avanzato, ma solo nel 50-60% negli stadi
precoci. A causa della bassa  prevalenza  del  cancro  ovarico  nella
popolazione, il valore predittivo positivo del CA125 e' solo del 4%. 
 
  Alla luce di questi parametri, non  e'  indicato  l'utilizzo  nella
pratica clinica  del  CA  125  da  solo  per  lo  screening  iniziale
dell'EOC. Al contrario, e' approvato l'impiego del CA125 come test di
monitoraggio della risposta nella rilevazione di malattia  residua  o
recidivata nelle pazienti dopo la terapia  di  prima  linea.  Poiche'
variazioni del CA125 sono correlate alla prognosi della malattia,  e'
stata avanzata la proposta da uno studio recente che una sorveglianza
seriata del CA 125 possa identificare le  pazienti  destinate  a  una
chirurgia citoriduttiva secondaria. Ad oggi,  piu'  di  30  marcatori
sono stati valutati da soli o in combinazione con il CA 125, come  ad
esempio HE4, mesotelina, osteoponina, prostasina, EGFr  ecc.  HE4  e'
una glicoproteina che si trova naturalmente negli epiteli dei sistemi
riproduttivi e respiratorio. E' stato dimostrato che tale proteina e'
overespressa nei tumori  endometrioide  (100%),  sieroso  (93%)  e  a
cellule chiare (50%), ma non nei tumori mucinosi. Se paragonato al CA
125, HE4 mostra una maggiore specificita' nelle donne in premenopausa
e nelle patologie benigne ed ha una maggiore sensibilita' nei  tumori
a stadi precoci. Inoltre, e' overespressa nel 32% dei casi in cui  il
CA125 non e' aumentato. Attualmente, HE4 e' utilizzato principalmente
per il monitoraggio della recidiva o progressione di  cancro  ovarico
epiteliale. 
 
  Dalla  revisione  della  letteratura,  ci  sono   discrepanze   nei
risultati dalla combinazione di CA 125 con  HE4.  Comunque,  l'indice
ROMA, che deriva dalla combinazione dei livelli sierici  di  CA  125,
HE4 e stato menopausale e' stato validato come metodo per distinguere
le masse benigne  dai  tumori  maligni.  Per  le  donne  con  rischio
riconosciuto di cancro ovarico ereditario, ad  esempio  nei  casi  di
mutazione   familiare    di    BRCA,    e'    suggerita    fortemente
l'ovariosalpingectomia   bilaterale   profilattica,   con   o   senza
isterectomia, per ridurre il rischio di sviluppare il tumore. 
 
  L'approccio migliore per le donne che rifiutano la chirurgia non e'
ancora chiaro, ma sono in corso studi volti a valutare se ci  sia  un
vantaggio dal monitoraggio stretto di queste pazienti  attraverso  il
controllo routinario del CA 125 e l'esecuzione di ecografie  annuali.
Il rapido sviluppo della genetica e dell'epigenetica ha facilitato lo
studio dei meccanismi molecolari alla  base  del  carcinoma  ovarico.
Questa conoscenza ha condotto all'introduzione di  nuovi  trattamenti
indirizzati verso fattori  molecolari  bersaglio-specifici  implicati
nella crescita del tumore. L'individuazione degli  eventi  molecolari
che controllano questo tumore puo' migliorare la nostra  comprensione
della   tumorigenesi   e   costruire   strategie    di    trattamento
individualizzate per questa malattia letale. 
 
  L'angiogenesi quale bersaglio terapeutico nelle patologie  tumorali
ginecologiche e'  stata  ampliamente  indagata.  Il  Bevacizumab,  un
anticorpo  monoclonale  diretto  contro  il   fattore   di   crescita
endoteliale vascolare (VEGF-A)  e'  l'agente  antiangiogenetico  piu'
studiato nell'EOC. In aggiunta al  trattamento  di  prima  linea,  in
associazione  alla  chemioterapia   standard   con   carboplatino   e
paclitaxel e' stato approvato a seguito di due grandi studi,  il  GOG
218 e l'ICON 7. Entrambi gli studi hanno valutato la concomitanza  di
chemioterapia  e  bevacizumab  seguiti   da   un   mantenimento   con
bevacizumab per una durata totale di trattamento di 15 (GOG 218) o 12
(ICON - 7) mesi. Nonostante le differenze nel  disegno  degli  studi,
entrambi  hanno  mostrato  un   miglioramento   significativo   nella
progression free survival (PFS) (GOG-218:  HR  =  0.72;  p  <  0.001;
ICON-7: HR = 0.81; p < 0.004). 
 
  E' in atto uno sforzo maggiore di  ricerca  volto  ad  identificare
biomarcatori predittivi che possano  aiutare  ad  individuare  quelle
pazienti  che  possano  trarre  il  maggior   beneficio   da   questo
trattamento.  Sono  state  descritte  differenze  nell'efficacia  del
bevacizumab tra  i  sottotipi  molecolari  di  HGSOC,  suggerendo  il
sottotipo mesenchimale come il sottogruppo che ottiene il piu' grande
beneficio dal bevacizumab, con un miglioramento del PFS di 9.5  mesi.
Il bevacizumab in combinazione con la chemioterapia standard ha anche
dimostrato un miglioramento nella PFS nella malattia platinosensibile
negli studi OCEANS e GOG 213  e  nella  malattia  platino  resistente
(Studio AURELIA) nell'ambito della malattia ricorrente.  Come  detto,
la disfunzione di BRCA1 e BRCA2 e' associata  alla  tumorigenesi  del
carcinoma ovarico, dovuta alla incapacita' di riparare le  rotture  a
doppia elica del DNA (DSBs). I PARPs  sono  una  famiglia  di  enzimi
coinvolti nella  riparazione  dell'escissione  di  base,  un  pathway
chiave nella riparazione delle  rotture  a  singola  elica  del  DNA.
L'inibizione di PARP conduce alla persistenza di rotture spontanee  a
singola elica e conseguentemente alla formazione di rotture a  doppia
elica. Queste non possono essere  riparate  nelle  cellule  con  BRCA
mutato, per cui determinano la morte cellulare. Gli inibitori d  PARP
inducono la morte dei tessuti con deficit di BRCA. I carcinomi in cui
e' presente un deficit di  BRCA1-2  sono  ora  riconosciuti  come  il
bersaglio  di  una  classe  di  farmaci  detti  PARP  inibitori.   La
deficienza di  PARP  o  BRCA  non  hanno  impatto  singolarmente,  ma
l'assenza di entrambe conduce ad un effetto letale. 
 
  Lo studio clinico dell'uso di PARP  inibitori  per  il  trattamento
dell'EOC   ha   avuto   una   rapida   evoluzione   dall'osservazione
dell'attivita' dei singoli agenti condotta in vitro in cellule tumori
BRCA-deficienti nel 2005 fino all'inizio di studi di fase 3 nel 2013.
L'analisi retrospettiva di dati derivanti da uno  studio  di  fase  2
randomizzato in  doppio  cieco  ha  dimostrato  che  i  pazienti  con
carcinoma ovarico sieroso  recidivato,  platino  sensibile,  con  una
mutazione BRCA, mostrano il maggiore beneficio  dal  trattamento  con
olaparib, il primo PARP inibitore umano. Due studi di  fase  3  hanno
testato olaparib verso placebo come trattamento di  mantenimento  sia
per i tumori ovarici di nuova  diagnosi  che  per  quelli  recidivati
associati a mutazione di BRCA. Nel dicembre 2014  olaparib  e'  stato
approvato per  il  trattamento  di  pazienti  con  carcinoma  ovarico
avanzato associato a mutazione germinale BRCA1/2 che  hanno  ricevuto
tre o piu' line di chemioterapia. Questa approvazione rappresenta  la
prima terapia  personalizzata  per  il  cancro  ovarico.  Altri  PARP
inibitori che sono stati testati o sono in corso di studio  includono
veliparib, niraparib, rucaparib e BMN673. 
 
  Vi sono  prospettive  future  per  una  migliore  precisione  della
terapia individualizzata, come ad esempio la valutazione dell'impiego
dei PARP-inibitori nella malattia platino-resistente  nelle  pazienti
con particolari aberrazioni molecolari o dell'immunoterapia. 
 
  Inoltre vi sono evidenze che  il  recettore  progestinico  (PR)  ed
estrogenico (ER) medino la proliferazione e l'apoptosi delle  cellule
del  carcinoma  ovarico.  Studi   precedenti   hanno   mostrato   che
l'espressione di PR ed ER sono associate con un  miglioramento  della
sopravvivenza indipendente dai fattori prognostici clinici, ma queste
associazioni non  hanno  ancora  trovato  una  conferma  radicata  in
termini clinici. Sono pertanto necessarie ulteriori indagini sull'uso
della terapia endocrina nel carcinoma  ovarico:  se  somministrata  a
pazienti selezionate, positive per ER e in  particolare  per  PR,  la
terapia endocrina potrebbe  essere  un'opzione  percorribile  per  il
trattamento del carcinoma ovarico. 
 
  Considerando inoltre il loro profilo di sicurezza, il basso costo e
la gia' dimostrata  modesta  efficacia  nel  setting  della  malattia
recidivata, gli inibitori dell'aromatasi potrebbero essere un'opzione
terapeutica per il carcinoma ovarico anche in aggiunta  alla  terapia
standard di prima linea, ma il loro utilizzo in questo setting non e'
ancora stato esplorato. 
 
    - Genomica nel cancro del polmone.  Negli  ultimi  anni  ci  sono
stati  significativi  progressi  nella  comprensione  di  biologia  e
trattamento del tumore  polmonare  non  a  piccole  cellule  (NSCLC).
Diverse terapie a bersaglio molecolare  sono  in  uso  o  in  via  di
sviluppo. Le neoplasie polmonari sono  tradizionalmente  classificate
in base  a  istologia  e  caratteristiche  di  immunoistochimica;  ma
diverse mutazioni somatiche possono essere identificate  nei  diversi
sottotipi istologici. Per stratificare i pazienti oggi  e'  impiegata
la     combinazione     di     caratteristiche     isto-morfologiche,
immunoistochimiche e genetiche. E' ormai procedura standard, per  gli
adenocarcinomi, l'analisi di Epidermal Growth Factor Receptor  (EGFR)
e di Anaplastic Lymphoma Kinase (ALK). Alcune istituzioni  analizzano
routinariamente anche ROS, RET, BRAF  e  HER2  che  pero'  non  hanno
ancora una terapia target validata. 
  Adenocarcinoma.  E'   una   delle   neoplasie   epiteliali   meglio
caratterizzate geneticamente. L'identificazione di mutazioni di  EGFR
e il riarrangiamento di ALK  hanno  portato  a  cambiare  l'algoritmo
terapeutico e a specifiche terapie molecolari. La necessita' dei test
molecolari per valutare EGFR emerge dalla  riconosciuta  sensibilita'
agli  inibitori  tirosinoKinasici  di  EGFR  (TKi)  come   gefitinib,
erlotinib, afatinib, che rappresentano oggi la prima linea di terapia
nel NSCLC con mutazione di EGFR. La mutazione viene  riscontrata  nel
10-15% dei pazienti caucasici ed e' piu' frequente nelle donne e  nei
non fumatori. La  maggior  parte  di  queste  neoplasie  inizialmente
rispondono alla terapia, con un tasso  di  risposta  del  60-75%,  ma
successivamente sviluppano resistenza;  mediamente  dopo  9-12  mesi.
Recentemente e' stato dimostrato che, in circa il 50%  dei  pazienti,
il meccanismo di resistenza si instaura per la comparsa di una  nuova
mutazione in EGFR (T790M) per cui sono in corso studi con TKi di  III
generazione (AZD9291 e CO-1686) che sembrano riportare  un  tasso  di
risposta di circa 60%. 
  Altri meccanismi di resistenza sono stati definiti  con  re-biopsia
del tessuto tumorale. Per alcuni di questi meccanismi sono  in  corso
di valutazione studi con nuovi farmaci target. 
  Nel   1-10%   degli   adenocarcinomi    viene    identificato    il
riarrangiamento del gene ALK (ALK fusion, EML4-ALK),  ROS  e  RET.  I
pazienti con traslocazione di ALK, o  riarrangiamento  di  ROS1  sono
candicati a terapia con crizotinib e altri  TKis.  Crizotinib  e'  un
inibitore tirosino-chinasico multi target di ALK, ROS, e  MET.  Viene
riportato un tasso di risposta tra il 50 e il  61%  e  tempo  mediano
alla progressione tra i 9 e i 11 mesi. In modo analogo  alla  terapia
con  inibitori  di  EGFR,  anche  queste  terapie  vanno  incontro  a
resistenza. Ceritinib (LDK  378)  ha  dimostrato  un  alto  tasso  di
risposta nei pazienti ALK positivi e non trattati  con  crizotinib  ,
sembra piu' potente e selettivo di crizotinib e sono in  corso  studi
sui pazienti gia' trattati e resistenti a crizotinib. 
  Alcune    delle    piu'     frequenti     alterazioni     genomiche
nell'adenocarcinoma , come le mutazioni in TP53,  KRAS  e  STK11  non
hanno una corrispondente terapia target efficace. Il  complesso  MAPK
e' spesso implicato nello sviluppo di adenocarcinomi polmonari  e  il
meccanismo  piu'  frequente  e'  la  mutazione  attivante  di   KRAS,
osservata in circa il 20-25% degli adenocarcinomi.  Recentemente  uno
studio di fase II con selumetinib (inibitore di MEK) ha mostrato  una
promettente attivita' nei pazienti KRAS mutati. 
  Neoplasie a istologia squamosa: Negli ultimi  anni  ci  sono  stati
pochi  progressi  nelle  terapie  target  del   carcinoma   squamoso.
L'amplificazione genica  del  Fibroblast  Growth  Factor  Receptor  1
(FGFR1) e' presente nel 7-25% dei tumori squamosi e sono  in  via  di
sviluppo terapie target. 
  Microcitoma.  Le  neoplasie  polmonari  a  piccole  cellule  (SCLC)
rimangono  neoplasie  molto  aggressive  con   opzioni   terapeutiche
limitate . Questo tipo di neoplasie hanno un alto tasso di mutazioni,
soprattutto secondarie ai carcinogeni del  tabacco,  e  questo  rende
difficile l'identificazione di mutazioni "driver" rilevanti dal punto
di vista terapeutico. 
    - Genomica nel  cancro  del  colon  retto.  Nel  trattamento  del
carcinoma del  colon-retto  differenti  test  genetici  e  molecolari
consentono di fornire informazioni sulla prognosi  e  il  trattamento
del carcinoma del colon-retto: 
  Test  di  espressione  genica,  ONCOTYPE  DX  e  COLOPRINT,   hanno
dimostrato di calcolare con precisione  il  rischio  di  recidiva  da
carcinoma del  colon-retto  operato  in  stadio  II-III.  Allo  stato
attuale tali test non hanno una validazione per  quanto  riguarda  il
ruolo  predittivo  dell'efficacia   della   chemioterapia   adiuvante
somministrata dopo la chirurgia. Queste analisi di espressione genica
hanno esclusivamente  un  ruolo  prognostico  ma  non  predittivo  di
efficacia della chemioterapia  e  pertanto  la  loro  utilita'  nella
pratica clinica rimane limitata. 
  L'instabilita' dei microsatelliti (MSI)  costituisce  al  contrario
dei test di espressione genica un valido strumento di  predizione  di
risposta alla chemioterapia nel carcinoma del colon-retto operato  in
stadio II. Circa il 20% dei  carcinomi  del  colon  retto  presentato
mutazioni o metilazioni di geni coinvolti nel  riparo  del  danno  al
DNA, meccanismo chiamato MMR (MisMatch-Repair), coinvolgendo  i  geni
MLH1, MSH2, MSH6, PMS2, EpCAM. I carcinomi del colon-retto  che  sono
difettivi per  il  MMR  (dMMR,  MSIH)  sono  comuni  soprattutto  dei
carcinomi  del  colon-retto  in  stadio  II.  Questa   caratteristica
conferisce a questi tumori una prognosi favorevole rispetto ai tumori
senza  dMMR   ma   nessun   beneficio   dalla   somministrazione   di
chemioterapia adiuvante contenente fluoropirimidine. Al  contrario  i
tumori con  MSI-L  (bassa  instabilita'  dei  microsatelliti)  o  MSS
(stabilita' dei microsatelliti)  ricevono  beneficio  in  termini  di
riduzione del rischio di recidiva con la chemioterapia  somministrata
dopo la chirurgia. 
  Altri due geni vengono utilizzati  nella  pratica  clinica  per  la
scelta del trattamento del carcinoma del colon-retto metastatico.  Il
sequenziamento dei geni RAS e BRAF fornisce informazioni prognostiche
e predittive la risposta al trattamento farmacologico. 
  RAS e' un trasduttore del segnale  intracellulare  coinvolto  nella
cascata  di  segnale  che  porta   alla   crescita,   proliferazione,
sopravvivenza cellulare. Nel 50% dei carcinomi del  colon-retto  tale
proteina e' mutata. L'evento mutazionale di RAS rende il tumore  piu'
aggressivo e quindi a prognosi peggiore  ma  soprattutto  costituisce
fattore  predittivo  di  resistenza  a  nuovi  farmaci  a   bersaglio
molecolare, ovvero gli  anticorpi  monoclonali  anti-EGFR  (Epidermal
Growth Factor Receptor, il fattore di crescita dell'epidermide umano)
Panitumumab e Cetuximab. Al contrario i carcinomi del colon-retto che
presentano RAS non mutato ottengono dalla  somministrazione  di  tali
farmaci un beneficio importante in sopravvivenza globale in qualsiasi
linea di  terapia  nel  trattamento  del  carcinoma  del  colon-retto
metastatico, in associazione alla chemioterapia oppure in monoterapia
senza chemioterapia. 
  La  mutazione  di  BRAF  costituisce  una  particolare  evento  che
interessa non piu'  del  10%  dei  carcinomi  del  colon-retto.  Tale
mutazione  e'  piu'  frequente  nel  carcinomi  del  colon  destro  e
conferisce un  comportamento  molto  aggressivo  al  tumore  con  una
sopravvivenza attesa mediana di  circa  12  mesi  dalla  diagnosi  di
malattia metastatica. E' quindi un fattore  prognostico  estremamente
sfavorevole   ma   non   predittivo   validato   di   risposta   alla
chemioterapia.  Tuttavia  recenti  dati  hanno  dimostrato   che   il
trattamento aggressivo di questo sottotipo  molecolare  di  carcinoma
colorettale  con  una  tripletta  di  chemioterapici  (Fluorouracile,
Oxaliplatino,   Irinotecan)   associato   all'anticorpo   monoclonale
anti-VEGF  (Vascular  Endotelial  Growth  Factor)  Bevacizumab   puo'
fornire un beneficio in sopravvivenza globale. 
 
                   La biopsia liquida in oncologia 
 
  E' noto come spesso le patologie tumorali siano dovute a  mutazioni
genetiche e come l'analisi di queste mutazioni tumore-correlate venga
frequentemente  utilizzata  a  scopo   diagnostico,   prognostico   e
terapeutico. Il profilo genetico dei tumori solidi,  che  attualmente
viene effettuato principalmente  sui  tessuti  prelevati  dal  tumore
stesso tramite biopsia o intervento chirurgico, spesso  e'  difficile
da ottenere. Queste procedure  hanno  alcune  limitazioni:  in  primo
luogo, a causa della loro  invasivita',  non  possono  essere  svolte
routinariamente. Un secondo limite e' rappresentato  da  un  bias  di
selezione del campione: infatti, una biopsia fornisce una  fotografia
limitata del  tumore,  nel  sito  del  prelievo  e  nel  momento  del
prelievo, e  potrebbe  non  contenere  tutti  i  sub-cloni  tumorali.
Poiche'  le  cellule  tumorali  apoptotiche  o  in  necrosi  liberano
frammenti di DNA nel torrente ematico, e questo DNA  correla  con  lo
stadio del  tumore  e  con  la  prognosi,  la  biopsia  liquida  puo'
rappresentare invece una fonte di DNA ottimale, in grado  di  offrire
le medesime informazioni del DNA tissutale, comprendendo  il  profilo
genetico sia della lesione primaria, sia delle metastasi. In un primo
tempo  questa  tecnica  e'  stata  limitata  dal  fatto  che  il  DNA
circolante  non  fosse  unicamente  di  origine  tumorale  e   quindi
l'identificazione  di  alleli  tumorali  fosse  complessa:   con   il
miglioramento della sensibilita' e dell'accuratezza delle tecniche di
sequenziamento, anche la biopsia liquida si e' perfezionata e ha reso
possibile   l'individuazione   delle   aberrazioni    genetiche    ed
epigenetiche. La biopsia liquida attualmente offre un  elevato  grado
di specificita': questo significa che e' in  grado  di  fornire  dati
robusti e riproducibili in modo semplice e non invasivo. 
 
  Studi recenti sul carcinoma polmonare non a piccole cellule (NSCLC)
hanno valutato lo stato mutazionale di EGFR,  da  cui  emergono,  nel
confronto tra DNA circolante e DNA  tissutale,  una  concordanza  del
93%, una specificita' del 99% e una sensibilita'  del  65%.  Potrebbe
essere  utilizzata  per  una  varieta'  di  applicazioni  cliniche  e
sperimentali precedentemente  impossibili:  il  monitoraggio  di  una
serie di genotipi tumorali, che sono  instabili  e,  sotto  pressione
selettiva,  soggetti  a  cambiamenti,  sta  diventando  sempre   piu'
plausibile. 
 
  La biopsia liquida,  inoltre,  potrebbe  fornire  nuove  intuizioni
biologiche nel processo di metastasi e chiarire vie  di  segnalazione
coinvolte nei processi di invasivita' cellulare e nella capacita'  di
dare metastasi. 
 
  La biopsia liquida puo' trovare grande utilita' anche nella  target
therapy: consente per esempio il monitoraggio della presenza di cloni
di resistenza ai farmaci, come nel caso della terapia anti-EGFR. 
 
  Ulteriori potenziali applicazioni della biopsia liquida  potrebbero
essere lo screening precoce delle neoplasie  maligne  e  la  diagnosi
della malattia  minima  residua.  Infine,  la  biopsia  liquida  puo'
divenire fondamentale come biomarker non invasivo per lo sviluppo  di
strategie di gestione del tumore personalizzato sul singolo paziente. 
 
                Obiettivi e Raccomandazioni (Cap 5 b) 
 
  Da quanto esposto emergono le  seguenti  priorita',  rispetto  alle
quali sono identificabili i relativi interventi (Tabella 12): 
 
  - Promuovere nella pratica clinica l'uso appropriato della genomica
nella valutazione della prognosi e ne la terapia dei tumori.  Poiche'
negli  ultimi  anni  ci  sono  stati  significativi  progressi  nella
comprensione di biologia e trattamento  dei  tumori  della  mammella,
dell'ovaio, del polmone ,e del colon-retto e'  necessario  che  l'uso
clinico di tali conoscenze sia promosso ed appropriato, sostenuto  da
chiare indicazioni evidence-based. E' quindi necessario prevedere sia
un'accurata  valutazione  di  utilizzabilita'  clinica  sia  un   suo
tempestivo aggiornamento in base alle evidenze scientifiche prodotte;
cio' e' conseguibile mediante la produzione di  linee-guida  con  una
funzione di quick-review periodica della letteratura sia primaria che
secondaria; tale funzione dovrebbe essere assicurata dal network  HTA
previsto nel Cap. 6. 
 
                Tabella 12. Interventi identificabili 
 
              Parte di provvedimento in formato grafico
 
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residual disease and predicts recurrence in patients  with  stage  II
colon cancer. Sci Transl Med. 2016;8(346):346ra92 
 
                             CAPITOLO 6 
Funzione  di   governo   centrale   e   azioni   di   supporto   alla
                      implementazione del Piano 
 
  Le azioni centrali di supporto definiscono gli impegni / i  compiti
che  il  livello  di  governo  centrale  assume  per  supportare   la
implementazione del Piano. Essi: 
 
    - si basano sull'Intesa Stato Regioni 13/3/2013 e sul DM  13/2/16
(Documento di indirizzo per  l'attuazione  delle  linee  di  supporto
centrali al piano nazionale della prevenzione 2014-2018) 
    - tengono direttamente conto degli impegni derivanti  dagli  atti
della Comunita' Europea (Council Conclusion - sia per quanto  attiene
al contesto nazionale sia  per  quanto  attiene  alla  collaborazione
comunitaria). 
 
  Le azioni centrali sono attuative di due obiettivi generali: 
 
    1. stabilizzazione della governance 
    2. gestione dell'innovazione. 
 
            Obiettivo 1: Stabilizzazione della governance 
 
  Tale  obiettivo  esprime  la  necessita'  di  un  aggiornamento   e
adeguamento della struttura di  governance  sui  temi  delle  scienze
omiche che deriva da atti precedenti. Essa,  ovviamente,  articola  e
specifica, ma non si sostituisce alla  struttura  di  governance  del
sistema sanitario. 
 
  Nella tabella 13 sono ricapitolate le azioni di governance previste
dall'Intesa   13/3/13   con   la   specificazione   delle   correlate
raccomandazioni delle Council Conclusion del  2015.  L'insieme  degli
elementi che ne  risultano  contribuiscono  alla  definizione  di  un
modello di governance (Figura 3). 
 
Tabella 13.  Sintesi  delle  AZIONI  PRIORITARIE  DI  SISTEMA  e  dei
prodotti  programmati  dall'Intesa  del  13/3/13  recante  Linee   di
indirizzo su "La Genomica in Sanita' Pubblica secondo  il  conceptual
framework della Stewardship. Corrispondenza  con  le  raccomandazioni
       agli Stati membri delle Council Conclusion del 7/12/15 
 
              Parte di provvedimento in formato grafico
 
  La struttura di governance prevede i seguenti attori: 
 
    a) Tavolo genomica del Consiglio Superiore di Sanita' 
    b) Coordinamento interistituzionale 
    c) Istituto Superiore di Sanità-Hub tecnico-scientifico 
    d) Stakeholder Forum 
    e) GENISAP 
    f) Coordinamento inter-regionale 
    g) Coordinamento intra-regionale 
 
  Nello specifico: 
 
    a) Tavolo genomica del Consiglio Superiore di Sanita' 
    b) Coordinamento interistituzionale 
 
      - e' previsto  dall'Intesa  (Azione  3.1  Definire  l'  assetto
istituzionale,  scientifico  e  organizzativo  di  sistema   per   la
governance della genomica nella sanita'  pubblica  e  Azioni  4.1)  e
recepisce il Mandato 15 delle  Council  Conclusion  (..by  developing
patient-centred policies...). 
      -   E'   composto   dalle   Direzioni   Generali   Prevenzione,
programmazione,  Farmaci  del   Ministero,   dall'ISS,   dall'AGENAS,
dall'AIFA, e da rappresentanti delle Regioni. 
      - Articola il suo lavoro con tavoli tematici  tra  i  quali  il
Tavolo permanente per l'aggiornamento del prontuario (in accordo  con
la programmazione operativa della DG Programmazione) 
    c) Istituto Superiore di Sanità-Hub tecnico-scientifico 
      - Il  ruolo  dell'ISS  e'  previsto  dalle  Azioni  3.1  e  4.1
dell'Intesa 2013 ("l'ISS ha il compito di condurre  studi  valutativi
sull'efficacia, il rischio, il rapporto costo/benefici della genomica
in sanita' pubblica; produce report di HTA"). 
      -  Svolge  le  sue  funzioni  anche  costituendo   un   network
(hub&spoke) di centri scientifici esperti di HTA e un network (hub  &
spoke) di biobanche 
      - E' responsabile della  definizione/contestualizzazione  delle
linee-guida 
    d) Stakeholder Forum. 
      - Il Forum e' una sede funzionale permanente  (complessiva  e/o
articolata per componenti) di confronto con Associazioni di  pazienti
e/o  cittadini,  societa'  scientifiche,  attori  del   mondo   della
produzione. 
      - Esso risponde all'Intesa (Azione 4.2 Reti e  partnership  con
le associazioni dei professionisti e dei pazienti) che  definisce  la
formalizzazione di partnership come funzionale alla condivisione  dei
principi ai quali le rispettive attivita' devono conformarsi  e  alla
individuazione di obiettivi comuni. Inoltre risponde  ai  Mandati  15
(..including, as appropriate, patient empowerment and the integration
of patient perspectives in the development of  regulation  processes,
in  cooperation  with  patient  organisations  and   other   relevant
stakeholders) e 21 (Promote crossdisciplinary  interaction...)  delle
Council Conclusion. 
    e) GENISAP. in  accordo  con  quanto  stabilito  nell'Intesa  del
13/3/13 (Azione 4.2), GENISAP si caratterizza per la  sua  natura  di
risorsa per l'intero sistema in  quanto  soggetto  multidisciplinare,
esperto nel "trasferimento delle conoscenze e tecnologie  basate  sul
genoma nella sanita' pubblica". 
    f) Coordinamento interregionale. Analogamente a quanto accade per
la  prevenzione,  un  coordinamento  inter-regionale   (generato   da
coordinamenti intra-regionale), appare funzionale a specializzare  le
competenze a favorire decisioni nelle sedi istituzionali  (Conferenza
Stato-Regioni) 
    g) Coordinamento intra-regionale 
 
     Figura 3. Descrizione grafica della struttura di Governance 
 
              Parte di provvedimento in formato grafico
 
               Obiettivo 2: Gestione dell'innovazione 
 
  L'innovazione e' da considerare la dimensione piu' pertinente  alla
funzione di governo applicata ai risultati delle scienze  omiche:  da
una lato, quindi, si tratta di comprendere appieno l'importanza e  le
implicazioni,  dall'altra  si  tratta  di  identificare  strumenti  e
"meccanismi" che ne gestiscano l'uso in modo proattivo e sistematico. 
 
    -  Importanza   dell'innovazione.   Le   innovazioni   culturali,
scientifiche tecnologiche  ed  erogative  gia'  in  qualche  modo  da
acquisite  dalla  ricerca  nelle  scienze  omiche   dovranno   essere
integrate  all'interno  del  SSN  promuovendo,  al  contempo   ,   le
necessarie innovazioni  congeniali  alle  caratteristiche  di  questo
campo. D'altro canto, lo sviluppo della  genomica  (e  delle  scienze
'omichE' in generale) non comporta solo conseguenze sul  piano  della
salute e della medicina. Bisogna  infatti  considerare  che  per  sua
stessa natura la genomica contribuisce alla  (e  si  alimenta  della)
innovazione  della  IT,  tanto  che  e'  considerata   componente   e
"funzione" dei BIG Data. 
 
  Una fondamentale questione  riguarda,  inoltre,  la  necessita'  di
assicurare al nostro Paese una dimensione di "innovazione  continua";
in questo senso si  deve  riconoscere  il  legame  specifico  che  lo
sviluppo delle scienze omiche ha con la crescita economica. Pertanto,
si tratta di attivare una capacita' sistemica di "Ricerca e sviluppo"
che garantisca tale prospettiva di crescita. 
 
  Queste finalita' di ampio respiro necessitano di  una  specifica  e
sistematica attivita' di ricerca ma anche di un  assetto  di  governo
che ne guidi il raggiungimento e di un  meccanismo  adattativo  della
pianificazione. Rimandando al successivo Cap. 7 le indicazioni per la
ricerca, sono di seguito affrontati i restanti due aspetti. 
 
    - Meccanismi per l'innovazione.  Lo  scenario  e'  quello  di  un
rapido sviluppo delle conoscenze legato alle scienze omiche e  quindi
di una forte continua pressione per l'inserimento di  tale  knowledge
nella pratica del sistema sanitario. Questa prospettiva virtuosa deve
essere 'governata'. L'assetto stabilizzato di una idonea capacita' di
HTA e di valutazione ELSI costituisce quindi un asset  indispensabile
del sistema Paese. La prospettiva,  definita  nella  prima  parte  di
questo capitolo, di una struttura di  network  con  Hub  nell'ISS  e'
intesa  a  garantire  disponibilita'  di  risorse  tecniche  adeguate
(strutture in networking:  universita',  Enti  centrali  di  ricerca,
strutture qualificate del SSN) e di flessibilita' tecnico-scientifica
(ISS). 
 
  Tuttavia  e'  contemporaneamente  presente  la  necessita'  di  una
parallela e sincrona  capacita'  di  innovazione  nel  policy-making.
Questa funzione e' espletata dal coordinamento inter-istituzionale in
una relazione generale  di  tipo  bi-univoco  (nel  senso  di  essere
"interrogati" dalle nuove  conoscenze  ma  anche  di  richiederne  di
mancanti per un adeguato policy-making) con i produttori di knowledge
specifico. 
 
  Si    distinguono    quindi,    da    parte    del    coordinamento
interistituzionale, due step principali: 
 
      - verifica e valutazione delle nuove conoscenze solide 
      -  avvio  nei  canali  decisionali  istituzionali   (conferenza
Stato-Regioni, tavolo per l'adeguamento  del  prontuario,  AIFA  ecc)
come integrazioni al presente atto di pianificazione -  che  comunque
andra' rivisto sistematicamente a fine quinquennio. 
 
  Gli strumenti 'istruttori' del Coordinamento, ai fini del  processo
di innovazione continua, sono: 
 
      - conferenza periodica sull'innovazione basata sulla genomica 
      - attivazione di progetti-pilota o di fattibilita' 
 
  Lo  scenario  gia'  ricordato  di  rapido  sviluppo  e'  verosimile
determini un  ulteriore  "fronte  di  innovazione"  che  riguarda  la
legislazione/normazione. Fin d'ora sono  emergenti  alcune  tematiche
principali che interrelano questo atto di pianificazione  ai  valori,
agli assetti e alle policy del sistema-Paese piu' in generale;  senza
ambizioni di esaustivita' vanno ricordati i temi: 
 
      -   sul   versante   sociale:    della    stigmatizzazione    e
discriminazione, della privacy, delle ripercussioni sulla famiglia 
      - sul versante delle biobanche e delle  informazioni  connesse:
della tutela della proprieta',  degli  standard  di  consenso;  degli
standard di gestione e  sicurezza  delle  biobanche;  della  garanzie
sulla comunicazione ecc. 
 
  In definitiva, e' da considerare  che  sviluppi  e  le  innovazioni
scientifici  e  tecnologici,   nonche'   l'evolversi   stesso   della
consapevolezza sociale,  comportino  nuove  esigenze  di  innovazione
legislativa e/o normativa. Il Coordinamento, quindi, deve  provvedere
al  sistematico  rilievo  di  tali  esigenze   e   alla   conseguente
predisposizione di proposte di atti formali. 
 
  Bibliografia 
    

1. CDC url
http://www.cdc.gov/genomics/gtesting/file/print/FBR/CF_Elsi.pdf
 
    
                             CAPITOLO 7 
             Indicazioni per la ricerca e l'innovazione. 
 
                            Introduzione 
 
  Le attivita' di ricerca biomedica  e  sanitaria  e  di  innovazione
tecnologica per  la  salute  costituiscono,  al  pari  dell'attivita'
assistenziale con  la  quale  si  integrano,  elementi  intrinseci  e
fondanti di ogni moderno sistema  sanitario.  Esse  rappresentano  un
vero e proprio investimento per incrementare la salute dei cittadini,
con la primaria  conseguenza  di  migliorarne  le  aspettative  e  la
qualita'  di  vita.  Gli  investimenti  nella  ricerca  biomedica   e
nell'innovazione determinano uno sviluppo non solo nel settore  della
sanita', contribuendo all'aumento della salute e del benessere  della
popolazione, ma rappresentano anche un poderoso  motore  di  sviluppo
economico. E' ormai chiaro che per affrontare le sfide economiche del
futuro  non  ci  si  puo'  affidare  a  prodotti  a  basso  contenuto
tecnologico, ma occorre invece creare  un'economia  della  conoscenza
basata sul valore aggiunto della ricerca avanzata. 
 
  In  questa  prospettiva  va  contestualizzata  la   necessita'   di
accettare ed implementare il nuovo paradigma  delle  scienze  omiche,
che dovrebbe fondarsi sui  seguenti  pilastri:  la  personalizzazione
dell'assistenza sanitaria; l'adozione di nuove tecnologie, accanto  a
quelle genomiche, allo scopo  di  incrementare  la  conoscenza  degli
individui, del loro stato di salute  e  di  malattia,  includendo  in
particolare nuove tecnologie biomediche e digitali come l'imaging  ed
i sensori wireless; lo sviluppo e l'integrazione di  una  prevenzione
personalizzata, come approccio complementare alle classiche  pratiche
esistenti in sanita' pubblica; l'uso  della  connettivita'  mobile  e
delle crescenti capacita' "computazionali" al fine di generare grandi
quantita' di dati da utilizzare per il progresso della sanita'  e  di
altri settori. Questo nuovo approccio  supera  esplicitamente  quello
della genomica classica, e unisce quelli che possono  apparire  campi
totalmente distanti tra loro, al fine di fornire  un  approccio  piu'
olistico alla tutela e cura della salute. 
 
  La  diffusione  delle  scienze  omiche  e'  stata  resa   possibile
principalmente  grazie  allo  sviluppo  di   tecniche   di   indagine
high-throughput in grado di generare  enormi  quantitativi  di  dati.
Cio'  ha  prodotto  una  forte  richiesta  di  supporto  dal  settore
dell'informatica avanzata e del calcolo ad alte prestazioni di  fatto
determinando  la  nascita  e  lo   sviluppo   della   bioinformatica,
disciplina che integra le competenze  nell'ambito  della  biologia  e
dell'ICT. 
 
  Accanto agli  straordinari  progressi  della  biologia  molecolare,
l'informatica e le tecniche di analisi dati  stanno  contribuendo  in
maniera significativa a decretare il successo delle nuove piattaforme
e  l'acquisizione  di  importanti  progressi  scientifici  in  questi
settori. Questa relazione sostanzia la  interconnessione  che  esiste
tra sviluppo del sistema sanitario e sviluppo del sistema Paese. 
 
  Una  traiettoria  di  ricerca  e  sviluppo  che  riguarda  in  modo
specifico questa  interconnessione  e'  relativa  al  Big-Data.  Come
ricordato, per sua stessa natura la genomica contribuisce alla (e  si
alimenta della)  innovazione  della  IT,  tanto  che  e'  considerata
componente e "funzione" del BIG Data . 
 
  In questo contesto di sviluppo delle scienze omiche, emergono  come
opportunita' di Ricerca  e  Innovazione  a  valenza  sistemica  altre
necessita',  quali  quella:  di   una   maggiore   armonizzazione   e
standardizzazione nelle metodiche di generazione ed analisi dei dati;
dell'implementazione di nuovi  strumenti  di  data  mining;  che  gli
attori  interessati  si  mettano  in  rete  per  garantire   maggiore
efficienza e possibilita' di aggiornamento nell'uso delle tecnologie,
e dell'uso del materiale biologico  su  cui  queste  analisi  vengono
eseguite (biobanche); di produrre  sui  test  evidenze  non  solo  di
efficacia clinica ma anche  di  costo-efficacia  mediante  specifiche
metodologie di HTA; di sviluppare politiche innovative sul costo  dei
farmaci 'innovativi'; di assicurare al nostro Paese una dimensione di
"innovazione continua". 
 
                         Visione Prospettica 
 
  I sistemi sanitari di tutto il mondo stanno  affrontando  una  fase
cruciale  e  delicata,   caratterizzata   da   un'elevata   pressione
finanziaria che rischia di minarne la sostenibilita'. Per  affrontare
la sfida di questo scenario in evoluzione, essi dovranno gestire  tre
nodi cruciali: ridare  centralita'  al  cittadino  nel  contesto  del
sistema;  dare  maggiore  enfasi  alle  attivita'   di   prevenzione;
riorganizzare   radicalmente   il   servizio   spostando   le    cure
dall'ospedale al territorio. 
 
  L'impatto potenziale delle scienze omiche sui servizi  sanitari  ha
portato a definire una riflessione centrata sulle opportunita' che le
scienze omiche forniscono e che tende a  "Promuovere  (incisivamente)
l'innovazione". Cio' ha comportato l'individuazione, anche in termini
di policy, di prospettive di sviluppo che tendono a  sottolineare  la
relazione  biunivoca  tra  sistema   sanitario   e   sistema   Paese,
soprattutto per quanto riguarda la  ricerca,  lo  sviluppo  di  nuove
tecnologie e l'innovazione del servizio sanitario. 
 
  Quindi,  la  visione  e'  quella  di   governare   la   transizione
(rivoluzione) della  medicina  personalizzata  basata  sulle  scienze
omiche, cogliendo e promuovendo  le  opportunita'  di  innovazione  e
crescita di valore che essa comporta;  un'attivita'  di  governo  del
sistema che si situa nello spazio cartesiano definito dai  tre  assi:
innovazione, capacity building, sostenibilita'. 
 
  Questa  visione  porta  a  identificare  prospettive  di   sviluppo
prioritarie, ulteriori e diverse almeno da quelle che  riguardano  lo
sviluppo del "core" dei contenuti scientifici. Pertanto  il  presente
capitolo  non  affronta  (perche'  pertinenti  ad  altre   linee   di
pianificazione): 
 
    - lo sviluppo della conoscenza ("knowledge"), attesa  e  prevista
dal potenziamento della ricerca di base e traslazionale, 
    - lo sviluppo della infrastruttura per il trasferimento dei  dati
(banda larga ecc). 
 
  In definitiva, l'identificazione  delle  prospettive  di  sviluppo,
declinate alla luce delle policy europea e nazionale  gia'  ricordate
(Cap 1),  riguarda  la  costruzione  delle  capacita'  di  governo  e
gestione dell'innovazione  legata  alle  scienze  omiche  nonche'  la
promozione di ambiti virtuosi di sostenibilita'. 
 
                        Strategie e Obiettivi 
 
            Topic I: Big data e medicina "computazionale" 
 
  La prima strategia  di  sviluppo  e'  collegata  alle  opportunita'
offerte  dai  Big  Data  che   possono   promuovere   l'efficacia   e
l'efficienza del sistema sanitario,  nel  contempo  supportandone  la
capacita' di gestire le sfide che si presentano a condizione  che  se
ne assicuri il governo e  l'utilizzazione  nella  pratica,  in  primo
luogo del sistema sanitario. I Big Data stanno diventando una risorsa
importante che puo' portare a nuove conoscenze, creazione di  valore,
promozione di nuovi prodotti, processi e mercati1 .  Questa  tendenza
e' definita come "innovazione data-driven-DDI" e  secondo  l'OCSE  e'
una  fonte  di  crescita  economica.  Lo  sviluppo   di   metodologie
innovative  ha  gia'  permesso  una  rilevante  velocizzazione  delle
modalita' attraverso cui queste informazioni trovano riscontro  nella
pratica clinica. Tuttavia,  considerando  l'enorme  insieme  di  dati
disponibili e la loro natura (available data), e' evidente l'esigenza
di concentrarsi operativamente sulla loro fruibilita'  (accessable  +
usable data). 
 
  In  questo  contesto  un  rilievo  particolare  e'  assunto   dalle
biobanche (biobanche di campioni biologici "di  malattia";  biobanche
di popolazione; biobanche di cellule  e  tessuti  d'archivio  per  la
ricerca; biobanche  a  indirizzo  terapeutico).  Queste  raccolte  di
campioni biologici necessitano di una ottimizzazione "di  sistema"  e
il loro utilizzo  all'interno  di  una  prospettiva  di  governo  del
sistema. 
 
  Relativamente all'aspetto della fruibilita' delle informazioni  che
si rendano disponibili, e' necessario strutturare  un'organizzazione,
funzioni e processi che rendano velocemente fruibili  ai  decisori  e
agli operatori sanitari le  valutazioni  sulle  tecnologie  genomiche
gia' disponibili, contestualizzandole alle specifiche caratteristiche
strutturali e di performance del sistema sanitario italiano.  A  tali
scopi sono disponibili i risultati dei progetti promossi e finanziati
dal Ministero della Salute, attraverso il Centro per  la  prevenzione
ed il Controllo delle Malattie (CCM) e relativi all'analisi  sia  dei
modelli di valutazione  -  HTA  delle  revisioni  sistematiche  delle
evidenze scientifiche disponibili  -,  sia  degli  aspetti  specifici
della   situazione   italiana   (uso   delle   tecnologie,   percorsi
diagnostico-terapeutici,  etc.).  Un  ulteriore  declinazione   della
fruibilita' riguarda l'utilizzo del Big data nella  pratica  clinica.
Si tratta del tema del "cognitive computing"  (Watson  IBM®)  le  cui
potenzialita' operative vanno ricomprese in una strategia generale di
innovazione. 
 
  Data per acquisita la disponibilita' di una efficiente,  flessibile
infrastruttura di sistema (e-health), occorrera' sviluppare un nucleo
di azioni che promuovano la  creazione  e  l'uso  di  successo  delle
informazioni (connesse con l'assistenza). 
 
 
  Cio' e' possibile  attraverso  una  pianificazione  strategica,  la
definizione di una  struttura  di  governance  (v.  Cap  6)  e  della
relativa leadership per la gestione del Big  Data,  l'identificazione
degli interessi  connessi  e  dei  principali  stakeholder,  il  loro
coinvolgimento nel processo di pianificazione. 
 
  Altrettanto fondamentale sara' la  costruzione  di  un  sistema  di
valutazione dei "silos" di dati esistenti e delle tassonomie dei loro
contenuti, delle pratiche di gestione dei dati e  dell'idoneita'  per
fini di analisi e l'interoperabilita', nonche' dei progressi compiuti
nella  digitalizzazione  del  flusso  di  lavoro   per   l'assistenza
sanitaria. 
 
  La governance dei dati  dovra'  tener  conto  della  necessita'  di
costruire  la  fiducia  del  pubblico,  attraverso  lo  sviluppo   di
regolamenti e politiche per proteggere la privacy e la sicurezza  dei
dati e promuovere la trasparenza e la condivisione delle informazioni
con  il  pubblico  e  con  le  principali  parti  interessate,  anche
attraverso adeguati piani di comunicazione. 
 
  Per quanto riguarda le infrastrutture e le  capacita'  tecnologiche
dovra'   essere   verificata   ed   eventualmente    sviluppata    la
disponibilita' di strumenti per costruire e mantenere  l'architettura
delle informazioni, compresi gli standard dei contenuti, gli standard
di interoperabilita' e la valutazione della qualita' dei  dati,  (con
un'attenzione specifica alle biobanche di popolazione)  incrementando
e  formando  il  personale   necessario   per   la   gestione   delle
informazioni. 
 
  In  quest'ottica   sara'   necessario   sviluppare   strategie   di
apprendimento sia per gli esperti di dati, non competenti  in  ambito
di assistenza sanitaria, sia per gli attori del sistema sanitario 
 
Gli obiettivi che derivano da questa strategia  (v.  anche  Cap  6  -
                    assetti di governance) sono: 
 
    -  Conseguire   un'autonoma   (non   autarchica)   capacita'   di
collezionare questi dati ed  integrarli,  generando  informazioni  di
impatto preventivo e clinico 
    - Implementare un sistema di analisi e diffusione delle  evidenze
disponibili (HTA dedicato) 
    - Rendere fruibili le informazioni che si rendano disponibili per
il loro potenziale  utilizzo  nel  contesto  del  Servizio  Sanitario
Nazionale 
    - Promuovere un adeguamento del quadro  di  norme  e  regole  per
l'utilizzo dei dati, la loro  interoperabilita'  e  il  data  sharing
internazionale 
    - Potenziare  e  rendere  disponibile  biobanche  di  popolazione
(Network di) 
    - Potenziare la formazione universitaria in bioinformatica 
    - Implementare il Cognitive computing 
 
  Bibliografia 
 
  1. DELSA/HEA(2015)1 Organisation de Cooperation et de Developpement
Economiques/Organisation for Economic Co-operation and Development  -
03 Jun 2015 - Directorate For Employment, Labour And  Social  Affairs
Health Committee: Why and how countries can promote the use of health
care BIG DATA? 
  2. Floridi L The 4th Revolution Oxford University Press 2014 
 
                Topic II: Tecnologie per la literacy 
 
  All'interno del tema generale del  "capacity  building"  assume  un
rilievo autonomo quello della literacy  sia  dell'intera  popolazione
che  dei  professionisti  sanitari.  Aumentare  la   literacy   della
popolazione e' una vera e propria sfida che si pone al Paese. La  sua
importanza e' facilmente comprensibile quando si guarda alla  portata
della "rivoluzione omica" e  alle  interazioni  strettissime  con  la
cultura delle ICT.  L'acquisto  diretto  via  Internet  di  test  per
sequenziare il  proprio  DNA  -  con  le  incognite  e  possibilmente
pericolose  conseguenze  sulla  gestione  delle  informazioni  e  sul
possibile uso a "cascata" delle prestazioni del SSN  -  e'  solo  una
spia di come possa strutturarsi un comportamento di massa critico per
gli aspetti etici e  professionali  e  potenzialmente  esplosivo  sul
piano della sostenibilita' del SSN. 
 
  Aumentare la literacy e' oggetto di una  specifica  raccomandazione
delle  Council  Conclusions  (la  18a).  La  sua  importanza   deriva
innanzitutto dal fatto  che  la  praticamente  nulla  conoscenza  del
significato,  della  potenzialita'  e  della  utilizzabilita'   delle
scienze omiche rende l'immediato  futuro  cruciale  per  l'imprinting
dell'uso di tali scienze e per stimolare,  quindi,  una  cultura  del
loro uso appropriato. D'altra parte la profonda interconnessione  con
Internet - generale per l'avanzamento della IT nella nostra societa',
ma anche decisamente specifica  per  le  scienze  omiche  -  rende  i
processi  cognitivi  e  di   orientamento   del   mercato,   cruciali
nell'immediato e molto veloci. 
 
  La raccomandazione a promuovere la literacy  e'  affiancata,  nelle
Council   Conclusions,   dalla   raccomandazione    sull'uso    della
comunicazione (17a) e sul training dei  professionisti  sanitari.  Si
delinea cosi' una strategia complessiva che contribuisce a rendere il
sistema Paese capace di gestire la rivoluzione omica. 
 
  La strategia e' quella di definire e rendere disponibile un  grande
progetto  culturale  che  generi,  in  un  approccio  proattivo,  una
capacita' di coping (nella filosofia dell'empowerment) da parte della
popolazione. Esso dovra' essere articolato  in  modi  differenti,  ma
coordinati,  per  la   popolazione   generale,   i   pazienti   e   i
professionisti. 
 
  Pertanto, dovranno essere attuate azioni che: 
 
    - rendano  facilmente  e  rapidamente  fruibili  le  informazioni
sull'uso "appropriato" delle omics ai medici di prossimita', cioe'  a
quei sanitari non specialisti  (MMG  o  altre  specializzazioni)  che
possano svolgere una funzione di "agenti del sistema sanitario" nella
interazione diretta coi pazienti/cittadini; 
    - siano capaci  di  "agire"  nel  sistema  Internet  al  fine  di
intercettare e interagire con dinamiche di possibile inappropriatezza
o gestione pericolosa delle informazioni omiche e  dei  prodotti  (in
particolare i test direct to consumers) disponibili in rete; 
    - permettano un approccio parallelo ma integrato alla  formazione
dei professionisti sanitari, sia curriculare che continua (FAD per  i
professionisti). 
 
        Gli obiettivi che derivano da questa strategia sono: 
 
    - Utilizzo del  web  per  funzioni  di  governo  (accountability,
open-government) 
    - Uso dei social per la literacy mediante sistemi di "watching  &
counseling" 
    -  Realizzare  un  sistema  di  app  per  i   professionisti   di
prossimita' 
 
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Topic III: Opportunita' per la sostenibilita' di sistema mediante  il
                    riposizionamento dei farmaci 
 
  La sostenibilita' del sistema sanitario e'  una  sfida  complessiva
all'interno  della  quale  un  sottoinsieme  specifico  riguarda   la
farmacogenomica. Benche' questa componente sia stata per lo  piu',  e
correttamente, vista (per il  generalmente  alto  costo  dei  farmaci
"innovativi")    come    potenzialmente     destabilizzante     della
sostenibilita', ne esiste un ambito che,  viceversa,  e'  foriero  di
risparmi sia finanziari che  di  Sistema:  il  "riposizionamento  dei
farmaci ", che postula una strategia di sviluppo industriale ma anche
regolatoria. 
 
  Il riposizionamento del farmaco - Drug Repositioning - consiste nel
dare un nuovo ruolo ad un farmaco che in origine era stato  creato  o
sviluppato per altre  patologie.  Lo  schema  generale  che  potrebbe
essere seguito nel Drug  Repositioning  richiede:  il  sequenziamento
dell'intero esoma  e  trascrittoma  di  pazienti  con  una  specifica
patologia, l'analisi comparativa delle sequenze, l'identificazione di
nuovi geni, lo studio  del  RNA,  delle  proteine  e/o  dei  pathways
metabolici coinvolti nello  sviluppo  delle  malattie  umane.  Questo
flusso di lavoro ha  lo  scopo  di  identificare  pathways  che  sono
implicati nell'insorgenza o sviluppo di una patologia con l'obiettivo
di selezionare i target piu' rilevanti per lo sviluppo di un farmaco.
La  sperimentazione  di  bersagli  ipotetici  richiede  pertanto,  lo
sviluppo e la validazione in vitro di modelli cellulari che mimano il
processo  biologico  o  molecolare  coinvolto  nella   malattia.   La
selezione dei farmaci da  testare  puo'  essere  condotta  attraverso
l'analisi della struttura 3D delle proteine bersaglio dedotta tramite
approcci  sperimentali  o  di  modelling   oppure   dedotta   tramite
simulazione di docking  molecolare  comparato  con  una  libreria  di
farmaci  orfani.  Lo  screening  iniziale  dei  farmaci   selezionati
richiede l'ottimizzazione di piattaforme con un elevata processivita'
e   con   flusso    di    lavoro    preferibilmente    automatizzato.
Successivamente, i farmaci selezionati  verranno  sottoposti  ad  una
validazione in vivo utilizzando modelli cellulari ed animali. Infine,
saranno necessari trials clinici su pazienti con lo scopo di valutare
la sicurezza e  l'efficacia  dei  farmaci  come  possibili  strumenti
terapeutici per specifiche patologie. 
 
  Trovare un nuovo ruolo per i farmaci gia' approvati sta  diventando
un approccio molto efficace dal punto di vista  farmacoeconomico.  Il
riposizionamento del farmaco si presenta come un percorso rapido,  in
quanto i dati clinici e farmacocinetici delle molecole  di  interesse
sono stati  gia'  generati,  valutati  e  stabiliti.  Questi  farmaci
pertanto, possono essere riposizionati  in  modo  rapido  richiedendo
anche un minor numero di pazienti da arruolare nei trials clinici per
testarne la sicurezza e l'efficacia.  La  conseguente  riduzione  dei
tempi di approvazione rispetto alla scoperta di nuovi farmaci, riduce
drasticamente i  costi  di  sviluppo  fornendo  ai  pazienti  opzioni
terapeutiche in tempi molto ridotti. Il drug repositioning,  infatti,
mira a  migliorare  l'attuale  produttivita'  dei  farmaci,  rispetto
all'enorme impiego  di  tempo  e  costi  per  lo  sviluppo  di  nuove
molecole. E' importante sottolineare che  spesso,  l'allestimento  di
nuovi farmaci fallisce a causa della tossicita' o della  mancanza  di
efficacia. Inoltre, il riposizionamento  del  farmaco  risulta  utile
nell'ambito delle malattie rare,  in  quanto  da  una  parte  non  e'
possibile reclutare un  elevato  numero  di  pazienti  per  i  trials
clinici, dall'altra i vincoli economici  limitano  l'interesse  delle
aziende farmaceutiche nella scoperta di nuove molecole terapeutiche. 
 
  Rispetto alla scoperta  di  nuovi  farmaci  il  drug  repositioning
offre: 
 
    1. la formulazione e la produzione di un flusso  di  lavoro  gia'
stabilito; 
    2.  la  reale  conoscenza  di  dati   sulla   tossicita'   e   la
farmacocinetica; 
    3. la reale conoscenza sulla sicurezza e tossicita'; 
    4. dati di post-distribuzione e di sorveglianza gia' disponibili. 
 
  L'analisi per il riposizionamento dei farmaci ha il  potenziale  di
divenire di routine per ogni nuovo farmaco  e  bersaglio  terapeutico
scoperti, con conseguente individuazione piu' efficiente  di  terapie
per il targeting di aberrazioni molecolari specifiche. 
 
  Dato il gran numero di bersagli proteici indagabili e  dei  farmaci
esistenti, e' praticamente impossibile impostare metodi  per  testare
ogni interazione in  laboratorio.  Viceversa  sono  stati  pubblicati
negli  ultimi  anni  molti  approcci  computazionali.  Questi  metodi
ipotizzano che i farmaci con struttura chimica simile  possono  avere
obiettivi simili. 
 
  Quindi, in considerazione delle interazioni fra  una  strategia  di
analisi  sistematica  per   il   riposizionamento   e   la   medicina
computazionale, gli obiettivi che derivano da questa  strategia  sono
di rendere operative risorse per il: 
 
    - supporto scientifico 
    - supporto tecnologico 
    - supporto infrastrutturale 
 
  Il flusso di lavoro nell'ambito  del  drug  repositioning  richiede
specifiche capacita'  analitiche  e  tecnologiche.  La  sinergia  tra
competenze  applicabili  nei  diversi  campi   scientifico-molecolari
(biochimico,  biologico  molecolare  e   cellulare,   bioinformatico,
genetico  e  medico)  assicura  l'ottimizzazione  di   ogni   singolo
passaggio operativo e  favorisce  con  efficienza  l'integrazione  di
nuovi approcci multidisciplinari. 
 
  Obiettivo:   fornire   supporto    scientifico,    tecnologico    e
infrastrutturale al  flusso  di  lavoro  per  il  drug  repositioning
mediante l'implementazione di un Centro di Eccellenza 
 
  Bibliografia 
 
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 Topic III-1 Messa in rete dei centri di ricerca di farmacogenomica 
 
  Alcuni parametri delle analisi Omics, inclusa  la  farmacogenomica,
influenzano gli effetti clinici  di  alcuni  farmaci  e  possono  ora
essere testati in modo affidabile per un utilizzo in ambito  clinico.
Questo  processo  puo'  significativamente  influenzare   l'attivita'
prescrittiva in base agli esiti ottenuti, ad esempio determinando  il
sottogruppo di pazienti in cui l'effetto del farmaco e' massimizzato,
la dose efficace o la predizione degli eventi avversi. La  conoscenza
di queste informazioni ha un carattere  preventivo,  in  quanto  puo'
essere applicata a individui sani che potrebbero anche  non  assumere
il  farmaco.  La  conoscenza  del  fenotipo  individuale  puo'  avere
importanti ricadute,  specialmente  nelle  popolazioni  fragili,  per
esempio in ambito pediatrico o  durante  la  gravidanza,  in  cui  il
farmaco viene somministrato in un soggetto caratterizzato da notevoli
variabilita' funzionali e biologiche e  di  cui  non  si  conosce  la
storia clinica. 
 
  Dalla   farmacogenomica   possono   inoltre   essere    estrapolate
informazioni sul farmaco che possono descrivere: 
 
    - la variabilita' della risposta clinica 
    - il rischio di eventi avversi 
    - il dosaggio genotipo-specifico 
    - il meccanismo d'azione 
 
  Molte  di  queste  informazioni  sono  gia'   disponibili   ma   e'
difficoltosa la  raccolta  e  l'analisi.  Occorre  mappare  i  centri
clinici  in  cui  sono  disponibili  i  dati,  metterli  in  rete   e
analizzarli da un punto di vista farmacologico (risposta  terapeutica
e sviluppo di effetti avversi) in  maniera  rigorosamente  critica  e
scientifica. L'analisi farmacogenetica puo'  dare  utili  indicazioni
per  una  successiva  analisi  farmacogenomica,  con  l'utilizzo   di
campioni biologici opportunamente conservati (Biobanche). 
 
  Si puo' anche considerare la possibilita' di  condurre  uno  studio
prospettico su una popolazione isolata,  omogenea,  non  estremamente
numerosa ma esemplificativa. Uno studio farmacogenomico di coorte  in
cui associare le informazioni degli studi Omics con  la  risposta  ai
farmaci. 
 
  Attualmente il numero  di  farmaci  per  i  quali  le  informazioni
genomiche possono fornire indicazioni cliniche e'  ancora  piccolo  e
necessita  di  ulteriori  approfondimenti.  L'attivita'  prescrittiva
potrebbe tuttavia ottenere significativi vantaggi da un utilizzo piu'
integrato dei test genetici/genomici nella pratica clinica. 
 
Topic IV: Opportunita' per la sostenibilita' di sistema  mediante  la
prevenzione pre-primaria finalizzata alla  riduzione  del  burden  di
                              malattia 
 
  Un ulteriore aspetto della sostenibilita' di importanza  strategica
e' quello del burden di malattie croniche non trasmissibili.  Non  si
tratta solo di ridurre il burden attuale  (obiettivi  WHO)  ma  anche
quello a carico delle fasce di popolazione  infantile  adesso  e  nel
prossimo futuro.  Da  questo  punto  di  vista  elementi  di  allarme
rilevanti derivano dall'osservazione  gia'  attuale  dell'aumento  di
incidenza  nell'infanzia   e   primissima   infanzia,   ad   esempio,
dell'obesita' (diabesity) e  dei  tumori,  oppure  dei  disturbi  del
neurosviluppo. Questo pone l'attenzione sul tema  dell'epigenetica  e
del possibile - in alcuni casi documentato - effetto degli inquinanti
sul feto e /o  sulla  trasmissione  transgenerazionale.  Lo  sviluppo
dell'epigenetica attraverso  grandi  studi  di  popolazione  (analisi
epigenetica sul sangue cordonale) si candida ad essere un  asset  per
il futuro immediato e prossimo (5-10anni) come capacita' del  sistema
sanitario di identificare e prendere in carico i soggetti  a  rischio
"omico" di sviluppare patologie croniche. 
 
  Questo  scopo  puo'  essere  raggiunto  con  l'uso  di   tecnologie
innovative a  partire  da  esperienze  pilota  gia'  implementate  in
Italia.   In   particolare:   biobanche   (sviluppo   del    progetto
"Piccolipiu'" presso l'ISS)  e  la  valutazione  dell'esposizione  ad
inquinanti la matrice aerea (PM10 e PM2.5) mediante l'integrazione di
dati satellitari e variabili al suolo. 
 
  L'obiettivo che deriva da questa strategia e' di acquisire elementi
per una valutazione di fattibilita' ed efficacia. 
 
  Le azioni principali sono: 
 
    - implementazione di un network di biobanche di popolazione (tale
obiettivo e' sinergico a quello del Topic I) 
    - realizzazione di uno studio pilota in aree a grande impatto  di
inquinamento ambientale. 
 
    Bibliografia 
 
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Topic V: Opportunita' per la sostenibilita' di  sistema  mediante  la
prevenzione secondaria  finalizzata  alla  riduzione  del  burden  di
                     malattia del cancro al seno 
 
  Cosi' come nel trattamento del  carcinoma  mammario  (CaM)  si  sta
spostando verso una personalizzazione delle terapie  con  farmaci  ad
azione mirata  alle  caratteristiche  del  tumore  e  delle  pazienti
altrettanto e' necessario procedere  ad  individuare  caratteristiche
delle donne  che  consentano  una  stratificazione  del  rischio  per
personalizzare gli interventi di prevenzione secondaria. Per la donna
italiana e' stato calcolato un rischio life-time  del  11%  circa  di
sviluppare CaM: questa quota di donne, in realta', e'  costituita  da
tanti sottogruppi di donne a diverso rischio, alcuni a rischio  molto
piu' basso altri a rischio molto piu' alto. E' stato stimato  che  il
rischio medio della  donna  americana  di  sviluppare  CaM  calcolato
mediamente nel 11.3% comprenda al suo interno 10 categorie di rischio
assoluto che vanno dal 4.4% al 23.5% sulla base della valutazione del
possibile impatto dei fattori di rischio non modificabili. 
 
  Numerosi studi hanno valutato la possibilita' di creare un  profilo
di rischio per ciascuna donna  che  si  appresta  ad  entrare  in  un
programma di prevenzione secondaria utilizzando, oltre ai fattori  di
rischio tradizionali e la densita'  mammografica  (esistono  numerose
evidenze  che  la  densita'  mammografica  ed  il   CaM   condividano
componenti  genetiche)   uno   score   derivato   dalla   valutazione
dell'impatto sul rischio della  presenza  di  varianti  comuni  nella
popolazione generale (Polygenic Risk Score - PRS). Sono inoltre stati
riscontrati differenti profili di rischio genetico  nelle  donne  che
hanno avuto il cancro diagnosticato con il test di screening e quelle
con cancro intervallare. 
 
  Un intervento sui fattori di  rischio  modificabili  (BMI;  uso  di
terapia ormonale menopausale, consumo di alcool e fumo di  sigaretta)
puo' diminuire sensibilmente i rischi piu' elevati. Per le donne  con
un rischio basso (intorno al  4%)  di  sviluppare  CaM  lo  screening
secondo il modello tradizionale potrebbe rappresentare un  intervento
eccessivo  (in  ragione  anche  del  non  trascurabile   rischio   di
sovradiagnosi di lesioni indolenti) mentre per le donne  con  rischio
elevato  e'  verosimilmente  insufficiente  (elevato  tasso  di   ca.
intervallo, cancri avanzati alla diagnosi). 
 
  Utilizzando in maniera complementare  i  diversi  fattori  si  puo'
ottenere una stima predittiva abbastanza  accurata  del  rischio  che
potrebbe nel futuro differenziare le raccomandazioni per lo screening
(eta' all'inizio, frequenza e metodo) e per i gruppi a  rischio  piu'
elevato proporre interventi di prevenzione farmacologica per ridurlo.
Quindi un'accurata stima  del  rischio  di  sviluppare  tumore  della
mammella puo' rappresentare un indiscutibile vantaggio non  solo  per
le donne ma anche per il SSN che potrebbe utilizzare le  sempre  piu'
scarse risorse in  modo  piu'  appropriato  migliorando  il  rapporto
costo-rischi-benefici. 
 
  Obiettivi: 
 
    - costruire  uno  score  che  consenta  una  stratificazione  del
rischio di CaM; 
    - valutare l'applicabilita' dello score prodotto per proporre una
modulazione personalizzata dello screening; 
    - verificare la fattibilita' di interventi farmacologici  per  la
riduzione del rischio al di fuori del setting sperimentale. 
 
  Bibliografia 
 
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Topic VI: Opportunita' per la sostenibilita' di sistema  mediante  la
diagnosi precoce finalizzata alla riduzione del  burden  di  malattia
                             del cancro 
 
  Poiche' il cancro rimarra' un importante problema di  salute  nella
societa' moderna almeno  per  il  prossimo  decennio,  e'  imperativo
sviluppare strategie innovative basate sulle  piu'  recenti  scoperte
delle "scienze omiche". 
 
  In tutte le strategie di diagnosi precoce operative fino ad oggi ci
sono due limitazioni intrinseche: 
 
    - quando la diagnosi evidenzia un risultato positivo,  il  cancro
ha spesso gia' sviluppato una dimensione che limita  le  possibilita'
di intervento; 
    -  per  la  maggior  parte  dei  tumori,  la  diagnosi   richiede
metodologie invasive  o  semi-invasive,  aumentando  il  disagio  del
paziente. 
 
  Recenti studi di alto  profilo  in  una  varieta'  di  istituti  di
ricerca hanno messo in luce i legami intimi tra cancro e  metabolismo
cellulare. Studi recenti (condotti presso il Centro di epigenetica  e
Metabolismo presso l'Universita' della California)  hanno  portato  a
definire una metodologia innovativa,  riproducibile  e  completa  per
"leggere" l'insorgenza di cancro dal sangue  di  pazienti.  E'  stato
possibile identificare una "metabolic signature"  che  identifica  la
presenza del tumore in tutto l'organismo semplicemente analizzando il
siero con la analisi metabolomica mediante spettrometria di massa (MS
metabolomics). 
 
  Obiettivi: 
 
    - utilizzo della Metabolomica nella diagnosi precoce del cancro; 
    - pervenire  a  definire  un  paradigma  da  applicare  in  altri
contesti nazionali e internazionali. 
 
  Il programma  potrebbe  essere  suddiviso  in  almeno  due  sezioni
principali: 
 
    - Metabolomica come diagnosi precoce del cancro. Considerando che
allo sviluppo di un cancro  e'  associata  una  specifica  "metabolic
signature" si  tratta  di  organizzare  una  rete  di  operatori  che
lavorera' di concerto per l'analisi metabolomica  di  campioni  umani
provenienti da  pazienti  affetti  da  cancro.  Tale  partnership  e'
previsto  coinvolga  IRCCS,  ospedali,  centri  di  oncologia  (nella
funzione   di   reclutatori)   e   una   struttura   di   riferimneto
internazionale    (come    il    Center    for    Epigenetics     and
Metabolism-University of California). I  campioni  saranno  divisi  a
seconda del tipo di tumore, stadio, sesso, eta'  e  tutti  gli  altri
parametri pertinenti. Come controllo saranno utilizzati  campioni  da
individui non portatori di tumore. I campioni saranno  analizzati  da
CEM California e i dati saranno raccolti in base alla classificazione
del tipo di cancro. 
 
  Per tutti i campioni sara' eseguita un'analisi bioinformatica  allo
scopo di identificare un'unica "metabolic signature"  per  i  diversi
tipi e stadi dei tumori. 
 
    - Esplorazione del macro-ambiente derivato dal cancro. Gli  studi
condotti del CEM hanno stabilito che  tumori  specifici  generano  un
unico macro-ambiente che puo' essere "letto" nel sangue  di  pazienti
affetti da cancro mediante MS metabolomics e che in  effetti,  almeno
nei topi,  una  specifica  "metabolic  signature"  inizia  ad  essere
evidente molto presto. 
 
    Questo obiettivo si concentra quindi su due  temi  principali  da
affrontare prima in laboratorio e poi tradotto in pazienti umani: 
 
    -  identificazione  di  un  "metabolic  signature"  da  topi   ed
estenderla ai i malati di cancro; 
    - sulla base della "metabolic signature" individuare i rischi  di
patologia associata; 
    - attuare  misure  di  prevenzione  adeguate  per  correggere  lo
sviluppo di patologie; 
    - sviluppo e applicazione di  una  applicazione  smart-phone  per
informare  tutti  gli  individui  dello   sviluppo   di   alterazioni
metaboliche 
 
  Il CEM provvedera' all'analisi metabolomica  tramite  spettrometria
di massa dei campioni, alla interpretazione dei dati  (Biocomputing),
all'elaborazione  del  profilo  globale  di  salute  e  del  "Profilo
metabolico" per ogni individuo e gruppi. 
 
                 Topic VII: I malati senza diagnosi 
 
  Anche se non esistono dati epidemiologici certi, probabilmente sono
almeno cinquecentomila - un milione i pazienti pediatrici affetti  da
una malattia rara. Questa definizione accorpa le persone  colpite  da
una delle circa 8000 malattie che hanno una frequenza inferiore ad un
caso su 2000 nella popolazione. Circa la meta'  di  esse  sono  molto
rare, interessando meno di una persona ogni 100.000 e, in molti casi,
meno di una ogni milione di persone, ma il  loro  numero  complessivo
configura comunque un problema sanitario di dimensioni sociali. 
 
  Questi dati fissano il contorno delle malattie rare, in particolare
la difficolta' nella diagnosi, che spesso viene posta  in  ritardo  o
addirittura mai nell'arco della vita; la limitata  disponibilita'  di
esperti,  di  linee-guida  utili  a  definire  i  livelli  minimi  di
assistenza e di terapie risolutive; la difficolta' per i pazienti  ed
i  loro  familiari  nel  reperire  informazioni;  la  necessita'   di
investire in tutti gli ambiti della ricerca; il senso  di  solitudine
dei pazienti e delle loro famiglie costrette ad affrontare disagi e a
sostenere costi gravosi. 
 
  A fronte di questi problemi, negli  ultimi  10  anni,  l'Italia  ha
costruito una rete di quasi  200  centri  accreditati,  variabilmente
distribuiti tra  le  regioni,  che  rappresenta  una  delle  migliori
organizzazioni diagnostiche assistenziali in Europa,  come  documenta
la loro massiccia presenza nelle Reti di  Riferimento  Europee  delle
malattie rare. 
 
  Quasi due terzi delle malattie rare colpiscono i bambini e circa il
90% ha un'origine genetica. Circa uno ogni tre malati rari non ha una
diagnosi e rischia di convivere con una malattia che  restera'  senza
nome. Queste persone, "orfane  di  diagnosi",  ed  i  loro  familiari
vivono un isolamento  ed  una  discriminazione  persino  superiori  a
quelle che provano gli altri malati rari, dato che la diagnosi e'  il
punto di partenza per costruire il percorso della  presa  in  carico,
razionalizzare le  scelte  terapeutiche  e  ricevere  una  consulenza
genetica mirata. 
 
  Nel 2016 sono state avviate  in  Italia  alcune  azioni  sinergiche
rivolte ai  malati  senza  diagnosi.  Un  gruppo  di  medici,  liberi
professionisti,   docenti   universitari,   imprenditori   e   amici,
accomunati da esperienze di vita che li hanno avvicinati al  problema
delle malattie senza nome ha dato vita alla  Fondazione  Hopen  Onlus
(www.fondazionehopen.org),  un'organizzazione  che  si   propone   di
diventare il punto di riferimento per le famiglie e  le  persone  che
vivono l'incubo dell'isolamento, dell'abbandono, del  non  sapere  da
cosa sono affette. 
 
  La missione di Hopen e' sostenere queste persone, offrire supporto,
consulenza e informazioni sul percorso  che  le  famiglie  dovrebbero
affrontare quando non e' disponibile  una  diagnosi,  partecipare  al
loro vissuto emotivo, comprendere i loro problemi, creando  un  senso
di appartenenza e solidarieta', collegando le persone  colpite  dallo
stesso   problema.   Secondo   l'associazione   gemella    Swan    UK
(www.undiagnosed.org.uk) circa il 50%  dei  bambini  con  disabilita'
nell'apprendimento ed il 60%  di  quelli  con  difetti  multipli  non
riescono ad avere una diagnosi precisa e  definitiva.  Questi  numeri
disegnano due priorita': il bisogno di ricerca  orientata  a  fornire
una  risposta  diagnostica  e  la  necessita'  di  creare  ambulatori
dedicati alla loro presa in carico. 
 
  La Fondazione Telethon e l'Ospedale Bambino Gesu', in raccordo  con
la Rete delle malattie rare, sono in questo momento i due  principali
alleati di Hopen e sono impegnati ad offrire ai malati senza diagnosi
un percorso in grado di accompagnarli dalla  definizione  della  loro
condizione clinica alla implementazione di azioni e strategie utili a
rispondere ai loro bisogni  di  salute,  e  a  fornire  un'assistenza
multi-specialistica prolungata nel tempo. 
 
  Le  attivita'  di  ricerca  rivolte  alle  persone  senza  diagnosi
beneficiano oggi di due acquisizioni  fondamentali.  Da  un  lato  la
nozione che la maggior parte di queste malattie ha una base  genetica
e percio'  la  loro  origine  puo'  essere  indagata  utilizzando  un
approccio  genetico  o  genomico;  dall'altro  lato,  la  rivoluzione
genetica - di fatto una rivoluzione tecnologica - che negli ultimi 15
anni ha abbattuto di circa 100mila volte i costi  ed  i  tempi  delle
analisi genomiche, aprendo di  fatto  la  possibilita'  di  impiegare
queste tecniche su larga scala. Su questi pazienti si utilizzano  sia
le analisi esomiche,  che  esaminano  quell'1%  del  genoma  dove  si
localizzano i geni codificanti, che consentono in circa un terzo  dei
casi  di  identificare  la  causa  della  malattia,  sia  le  analisi
dell'intero  genoma,  che  al  momento  sono  penalizzate  dalla  non
completa conoscenza del significato di tutte le varianti identificate
e dalla complessita' delle indagini bioinformatiche, parte integrante
di questi studi. 
 
  Il progetto "Malattie senza diagnosi", finanziato da Telethon ed il
progetto "Vite coraggiose" dell'Ospedale Bambino Gesu' si propongono,
con obiettivi parzialmente diversi, di  individuare  le  cause  delle
malattie  genetiche  senza  diagnosi.  La  scoperta  dei   meccanismi
biologici  di  una  malattia  e  della   via   metabolica   implicata
contribuiscono  a  comprenderne  meglio  la  storia  naturale  e   ad
ottimizzare i protocolli di presa in carico. La caratterizzazione dei
geni responsabili delle malattie rare promuove lo sviluppo  di  nuovi
test diagnostici, identifica nuove  malattie,  riclassifica  malattie
simili, delinea nuove correlazioni tra le variazioni genetiche  e  le
caratteristiche cliniche della  malattia,  consente  di  implementare
programmi di prevenzione e di  diagnosi  precoce  e  di  offrire  una
consulenza genetica mirata alla  famiglia.  I  pazienti  "orfani"  di
diagnosi, una volta caratterizzati, vengono messi a confronto, quando
possibile, con altri casi simili  identificati  in  altre  parti  del
mondo, per perfezionare la conoscenza  degli  aspetti  clinici  della
malattia e le possibilita' di cura. 
 
  L'Unita' di Malattie Rare dell'Ospedale Bambino Gesu' ha aperto  il
primo ambulatorio in Italia dedicato ai bambini e alle famiglie senza
diagnosi, che  opera  sia  "a  distanza",  attraverso  l'esame  della
documentazione trasmessa al centro,  sia  "direttamente",  attraverso
prestazioni cliniche sui pazienti. Questa nuova attivita' permette ai
genitori di ricevere un parere diagnostico qualificato, con risparmio
di risorse per le famiglie gia'  gravate  dai  costi  delle  malattie
croniche  e  invalidanti;  garantisce  prestazioni  diagnostiche   ed
assistenziali  multispecialistiche  mirate  ai  reali   bisogni   del
bambino, attraverso la preventiva acquisizione della storia  e  della
documentazione  clinica;  assicura  alle  famiglie  la  gestione  del
paziente da parte di un case  manager,  che  svolge  la  funzione  di
tramite nella comunicazione tra la famiglia  e  gli  specialisti  che
partecipano alla gestione del bambino e che e' garante  del  percorso
diagnostico e della condivisione  dei  referti;  ottimizza  l'impiego
delle  risorse  disponibili;  migliora  i  tempi  di  risposta  e  di
intervento e l'appropriatezza prescrittiva. 
 
  L'alleanza creata tra assistenza e ricerca, a favore  dei  pazienti
senza diagnosi, si propone come  un  volano  capace  di  fare  uscire
queste  persone  dalla  solitudine  e  dalla  discriminazione  e   di
promuovere interventi in grado di aiutarle a prendere decisioni utili
a ridurre le disuguaglianze culturali e  sociali,  nel  rispetto  dei
loro valori e delle loro aspettative. 
 
  L'obiettivo generale  e'  quello  di  rendere  piu'  efficiente  il
sistema di diagnosi, indirizzando i pazienti candidati  a  centri  di
riferimento che possano eseguire analisi  esomiche  per  malattie  di
sospetta natura genetica non identificata.  Tale  obiettivo  comporta
interventi di  strutturazione  dell'offerta  e  di  sensibilizzazione
verso i possibili target e or i medici non specialistici. 
 
  Obiettivi Specifici: 
 
    -  Percorso  diagnostico-terapeutico-assistenziale  di  carattere
nazionale: costruire, in raccordo con la rete delle malattie rare, un
percorso di livello nazionale per l'invio a  centri  selezionati  dei
pazienti eleggibili 
    - Efficienza:  abbattere  i  costi  della  presa  in  carico  dei
pazienti affetti da una probabile condizione genetica, senza diagnosi 
    - Piattaforma: potenziare gli strumenti web-based per  migliorare
il livello dell'informazione e facilitare la comunicazione fra i vari
stakeholders 
    - Formazione: sviluppare strumenti di formazione dei  medici  non
specialistici (v. sopra Topic II Formazione e literacy) 
 
                             CAPITOLO 8 
                           APPROFONDIMENTI 
 
              8.a Aspetti etici degli approcci genomici 
 
  La rapida evoluzione e diffusione di tecnologie  di  sequenziamento
genomico di seconda generazione (Next Generation Sequencing, NGS)  ha
alimentato   la   discussione   su   questioni   bioetiche   connesse
all'utilizzo delle stesse, sia in ambito diagnostico, che di ricerca. 
 
  Di particolare rilevanza sotto il profilo bioetico, e' la  gestione
di  quelli  che  vengono  definiti  reperti  incidentali  (Incidental
Findings, IF). Con tale termine si  definiscono  quelle  mutazioni  o
variazioni che  possono  avere  implicazioni  cliniche,  che  vengono
riscontrate casualmente attraverso analisi genetiche  effettuate  per
un'indicazione medica differente. 
 
  Poiche' spesso tali reperti, allo stato delle  conoscenze  attuali,
non sono interpretabili e possono avere un  significato  incerto,  si
rende chiara la necessita' di disporre di linee guida  condivise  che
supportino la piu' idonea gestione di questi risultati, nei confronti
di quesiti sia clinici, che di ricerca. 
 
  Il Comitato Nazionale per la Bioetica (CNB) ha  risposto  a  questa
necessita' con la stesura di un documento dal titolo "Gestione  degli
incidental findings nelle indagini genomiche con le nuove piattaforme
tecnologiche",  che  si  propone  di  riportare  alcune   indicazioni
scaturite dalla discussione tenutasi  all'interno  di  un  Gruppo  di
Lavoro coordinato dai  Proff.  Monica  Toraldo  di  Francia  e  Bruno
Dallapiccola. 
 
  In sintesi, le raccomandazioni formulate in materia di gestione  di
reperti  incidentali  ottenuti  con  tecnologie  di  NGS  sono  cosi'
riassumibili: 
 
    - I laboratori che effettuano tali test dovrebbero  rispondere  a
requisiti di qualita'  standardizzati  e  omogeneamente  condivisi  a
livello nazionale. Si auspica inoltre la creazione  di  una  rete  di
collaborazione e scambio dati tra laboratori di genetica. 
    - I centri di  genetica  dovrebbero  condividere  regole  per  la
scelta delle tecnologie biomolecolari utilizzate, ed essere provvisti
di adeguati mezzi e metodologie per  la  conservazione  del  campione
biologico e dei dati del paziente. 
    - Per l'ottenimento di un consenso  pienamente  informato,  sara'
necessaria la chiara e completa informazione,  attraverso  consulenze
genetiche pre- e post-test, su potenzialita' e limiti  della  analisi
in questione. In particolare,  il  Professionista  incaricato  dovra'
illustrare il significato del riscontro  di  reperti  incidentali  di
potenziale valenza clinica e  di  varianti  di  significato  incerto,
ponendo l'attenzione sulle ricadute di tali risultati non solo per il
paziente stesso, ma anche per i suoi familiari.  Tale  professionista
e' individuato nella figura del Genetista clinico,  il  quale,  nella
fase della consulenza post-test  potra'  avvalersi  di  altre  figure
professionali, aventi competenze anche psicologiche, per la  gestione
ottimale del paziente. 
    -  Discostandosi  da  quanto   proposto   dalle   raccomandazioni
americane del 2013,  viene  mantenuta  la  distinzione  tra  paziente
adulto e minore. A tal proposito, si raccomanda che al minore, quando
raggiunga la  maggiore  eta',  sia  data  liberta'  di  scelta  sulla
conservazione o meno del proprio campione e dei propri dati. 
    - Si ribadisce il diritto del paziente di decidere  a  priori  su
quali risultati dell'analisi genetica o genomica essere informato. Si
riporta nel documento: "Il paziente deve essere libero  di  scegliere
se  rifiutare  le  informazioni  sugli  IF,  oppure   ricevere   solo
informazioni relative alle  patologie  prevenibili  o  trattabili,  o
ancora conoscere anche i dati che riguardano  condizioni  patologiche
al momento non prevenibili ne' curabili". 
    -  Viene  ribadita  la   assoluta   priorita'   della   finalita'
diagnostica dei test su quella della ricerca. 
    - Nel caso di campioni biologici donati per fini di  ricerca,  il
CNB giudica opportuno che vengano riportati i risultati, in  caso  di
rilevanza clinica, solo a soggetti affetti da malattie  rare  che  al
momento si trovino ancora senza diagnosi certa, sempre  nel  rispetto
della volonta' dei soggetti stessi di essere informati. 
 
  Grazie al dibattito creatosi affrontando tali tematiche, e'  emersa
l'importanza di  garantire  l'acquisizione,  da  parte  delle  figure
professionali coinvolte, di competenza  in  campo  bioetico,  con  la
finalita' non solo di garantire un'assistenza quanto  piu'  adeguata,
ma anche di diffondere e promuovere la presa di  coscienza  da  parte
dei cittadini sull'argomento. 
 
    8.b Test genetici diretti al consumatore (Direct to Consumer) 
 
  Nel 2007, diverse compagnie hanno iniziato a pubblicizzare e quindi
offrire,  attraverso  Internet,   test   genetici   direttamente   ai
consumatori. Questa modalita'  di  effettuazione  di  test  genetici,
definita "direct-to-consumer" (DTC), rende  disponibile  sul  mercato
online direttamente per il  pubblico  (includendo  forme  di  mercato
"over the  counter",  cioe'  non  regolamentato)  test  su  materiale
genetico, senza che sia richiesta la  supervisione  da  parte  di  un
professionista  sanitario  (European   Academies   Science   Advisory
Council, 2012). 
 
  L'utilizzo di test genetici DTC ha avuto  un  rapido  incremento  a
partire dalla prima commercializzazione nel 2007, e allo stesso  modo
e'  andata  crescendo  la  consapevolezza  da  parte  dei   cittadini
sull'argomento. 
 
  Attualmente sono disponibili tre tipi di test genetici DTC: 
 
    1°)  test  che  indagano  una,  o  poche,  specifiche  condizioni
patologiche 
    2°) test che valutano il  profilo  di  rischio  per  polimorfismi
multipli di singolo nucleotide 
    3°) sequenziamento dell'intero genoma umano. 
 
  Ad oggi, in Europa e negli USA vi sono scarsissime norme giuridiche
che regolamentino l'utilizzo di questo tipo di test genetici. 
 
  Negli Stati Uniti, nel 2013 la Food and Drug  Administration  (FDA)
ha vietato la commercializzazione di qualunque tipo di test  genetico
alla compagnia 23andMe, per mancanza di conformita' con  i  requisiti
legislativi. 
 
  La FDA ha riconosciuto questo tipo di test  come  strumento  medico
non approvato e non regolamentato  e  si  e'  dichiarata  preoccupata
dalle  possibili  conseguenze  della   diffusione   direttamente   ai
consumatori di questo  tipo  di  risultati  legati  a  condizioni  di
salute. 
 
  Dal febbraio 2015, la  FDA  ha  approvato  la  messa  in  commercio
solamente di un numero ristretto di test genetici DTC, tra i quali il
test che valuta lo stato di  portatore  per  la  Sindrome  di  Bloom,
venduto dalla stessa compagnia 23andMe. Attualmente, il sito internet
della  23andMe  definisce  i  risultati  dei  test   sul   DNA   come
"informazioni genetiche legate alla ascendenza e dati genetici grezzi
privi di  interpretazione  da  parte  della  compagnia  stessa".  Nel
frattempo, la compagnia ha iniziato a distribuire  i  propri  servizi
anche nel mercato del Regno Unito. 
 
  In Europa la normativa dei diversi  Stati  membri  e'  estremamente
variabile. In accordo con la legislazione  europea  corrente,  alcuni
tipi  di  test  genetici  rientrano  sotto  la  regolamentazione  dei
dispositivi  medico-diagnostici  in  vitro  (IVD),  e  sono  pertanto
coperti dalla Direttiva 98/79/CE. 
 
  La nuova normativa europea in materia di test genetico e'  in  fase
di finalizzazione e verra' recepita  nel  corso  dell'anno  2016.  Si
prevede un periodo di 5 anni per la  sua  effettiva  introduzione,  e
fondamentalmente richiedera' alle aziende di fornire  e  indicare  le
evidenze attestanti la validita' scientifica dei test. 
 
  La Direttiva IVD e' stata oggetto delle  negoziazioni  in  sede  di
cosiddetto "trilogo" tra Parlamento Europeo, Consiglio e Commissione,
e vincolera' legalmente tutti gli Stati membri, senza  la  necessita'
che tale Direttiva  venga  trasposta  all'interno  degli  ordinamenti
nazionali dei singoli stati. Inoltre, la Direttiva IVD  proposta,  si
riferira' a quei test che sono venduti ai consumatori all'interno del
mercato  online  europeo,  indipendentemente  dalla  ubicazione   del
provider. 
 
  In Europa, la maggior parte  dei  Paesi  non  ha  una  legislazione
specifica sui DTC, sebbene quasi tutti abbiano leggi che  definiscono
che i test genetici possono essere effettuati solo se  prescritti  da
un medico, e successivamente ad una consulenza genetica attraverso la
quale il professionista fornisce le adeguate  informazioni  circa  la
natura, il significato e le conseguenze del test,  senza  prescindere
dal consenso informato della persona interessata. 
 
  Tuttavia, alcuni Paesi, come  i  Paesi  Bassi  e  il  Regno  Unito,
possiedono una legislazione specifica  sui  test  genetici  DTC.  Nel
sistema olandese, l'Atto sullo Screening di Popolazione (Wet  op  het
bevolkingsonderzoek), lodato a  livello  internazionale,  si  pone  a
tutela di programmi di screening potenzialmente  dannosi,  attraverso
un sistema di licenze; mentre nel Regno Unito le  linee  guida  della
Human Genetics Commission non hanno validita' legislativa. 
 
  Nonostante non ci sia una specifica legge sui test genetici DTC  in
Slovenia, il paese ha firmato e ratificato un protocollo in  aggiunta
alla convenzione  sui  diritti  umani  e  la  biomedicina  nel  2008,
riguardante l'uso di test genetici per scopi di salute, adottato  dal
Consiglio Europeo. 
 
  Benche' la Grecia non abbia una specifica clausola legale in  campo
di genomica DTC, numerose altre leggi, che includono anche  norme  di
soft law, creano un quadro piu' ampio all'interno del quale i servizi
di genomica DTC possono trovare collocazione. 
 
  E' importante sottolineare che tutti i Paesi menzionati regolano  i
test genetici DTC solo a livello nazionale e non  hanno  applicazione
sui  test  offerti  online  da  parte  di  altri  Paesi   europei   o
statunitensi (a cui invece e' indirizzata la nuova Direttiva IVD). 
 
  Infine, l'Australia nel Luglio 2014 ha  modificato  il  Therapeutic
Goods Act per regolare  l'offerta  e  la  pubblicizzazione  dei  test
genetici DTC. Questo tipo di test e' vietato  in  Australia,  eccetto
nei   casi   specificamente   approvati   dalla   Therapeutic   Goods
Administration. 
 
  I test genetici diretti ai consumatori,  oltre  ad  avere  evidenze
scientifiche limitate sui loro potenziali benefici, potrebbero essere
dannosi, se non accompagnati  dalla  necessaria  consulenza  genetica
professionale conforme alla legislazione del singolo Paese.  Inoltre,
la scoperta incidentale  di  varianti  di  significato  incerto  puo'
sollevare preoccupazioni inutili, o  interventi  inappropriati.  Sono
state sollevate altre questioni rilevanti,  come  la  protezione  dei
dati personali nei database, la discriminazione da parte  dei  datori
di lavoro e delle compagnie di assicurazione sanitaria, e la mancanza
di disponibilita' di un servizio di genetica per la diagnosi  e/o  la
prevenzione, dovuta alla assenza o  non  competenza  degli  operatori
sanitari. 
 
  In alcuni casi, su questo tipo di test, mancano  dati  riguardo  la
trasparenza del controllo qualita', riguardo la validita' clinica (ad
esempio sulla forza di associazione che determina  la  capacita'  del
test di identificare o predire con  accuratezza  e  affidabilita'  la
patologia di interesse),  e  la  utilita'  clinica  (ad  esempio  sul
bilancio tra rischi e benefici quando il test  viene  utilizzato  per
modificare la gestione di un paziente). 
 
  Per di piu', sono stati associati  all'uso  di  test  genetici  DTC
anche problematiche concernenti disuguaglianze sociali, follow-up non
appropriati, ansia, e conseguenze psicosociali negative. Nel 2013, il
Parlamento Europeo ha pubblicato i risultati di un'indagine sui  test
genetici diretti ai consumatori, dalla quale e' emerso che la maggior
parte dei fornitori di questo tipo di test non mette  a  disposizione
dei consumatori sufficienti informazioni riguardo la natura del test,
l'interpretazione  dei  relativi  risultati  e  le  implicazioni  che
derivano dall'effettuazione del test. 
 
  Al fine di supportare il  processo  decisionale  della  politica  a
livello  dell'Unione  Europea,  e'  stata  pubblicata  una  revisione
sistematica sulle prese di posizione, le politiche, le linee guida  e
le raccomandazioni prodotte da organizzazioni professionali  o  altri
importanti attori, in materia di test genetici DTC e  loro  utilizzo.
In tutti  i  17  documenti  inclusi  nella  revisione,  i  potenziali
svantaggi dei test  genetici  diretti  ai  consumatori  superavano  i
potenziali benefici. 
 
                       8.c L'-omica batterica 
                    Verso la medicina dei sistemi 
 
  Una nuova sfida dell'-omica, successiva  alla  decodificazione  del
genoma umano, e' la definizione delle basi molecolari delle malattie,
utilizzando informazioni che vengono dai prodotti a valle del  genoma
umano e dai metagenomi e dai prodotti delle comunita' microbiche  che
abitano i vari distretti dell'organismo. Queste ricerche  sono  state
rese   possibili   dalla   disponibilita'   di   nuove    piattaforme
tecnologiche, che consentono di passare  dall'analisi  di  un  numero
limitato   di   bersagli    molecolari    (approccio    convenzionale
"riduzionista" o "discreto"), ad un approccio piu' generale  di  tipo
"olistico",  in  grado  di  valutare  l'intero  contenuto  molecolare
(genomico)  o  funzionale  (metabolomico,  proteomico)  del  "sistema
biologico". 
 
  La "biologia dei sistemi" e' diventata una disciplina  autonoma  in
grado di generare  metodi  utili  ad  approcciare  la  "medicina  dei
sistemi". La mole di dati generati dai genomi e dai loro prodotti,  i
cosiddetti "big data", e' in grado di produrre modelli clinici, senza
ipotesi a priori, e di fornire informazioni capaci di  descrivere  il
sistema biologico nel suo insieme. In questo  ambito,  l'analisi  del
reguloma (l'insieme degli elementi regolatori come i geni, gli  mRNA,
le proteine, i metaboliti) puo' aiutare ad interpretare il meccanismo
molecolare dell'intero sistema DNA-proteine; il mutoma  puo'  fornire
la mappa dell'insieme delle mutazioni geniche nucleari,  associate  o
meno ad una malattia; l'epigenoma  puo'  classificare  i  cambiamenti
chimici del DNA, delle proteine e degli istoni, in diverse condizioni
ambientali; l'esoma puo' analizzare gli  RNA  maturi  dopo  rimozione
intronica mediante meccanismi di splicing dell'RNA;  il  trascrittoma
puo' catalogare i vari RNA, tra i quali quelli tradotti in  proteine,
che garantiscono il flusso paradigmatico dal genotipo al fenotipo. 
 
  Le tecnologie della proteomica e della  metabolomica  analizzano  i
prodotti del genoma (cioe' il proteoma e  il  metaboloma)  in  grande
dettaglio e profondita', caratterizzando proteine, metaboliti,  mappe
metaboliche, profili di glicosilazione proteica e contenuto lipidico.
Conoscere questi aspetti  significa  realizzare  un'integrazione  dei
dati appartenenti a livelli di organizzazione biologica profondamente
diversi ed interpretare il flusso delle informazioni  biologiche  dai
geni ai loro prodotti. Nonostante gli importanti progressi in  questi
campi, esiste ancora un sostanziale divario tra i dati sperimentali e
la medicina  pratica,  soprattutto  quando  queste  nuove  conoscenze
vengono valutate in  termini  di  utilita'  clinica  e,  percio',  di
beneficio per il paziente. Per trasferire  la  medicina  dei  sistemi
nella  pratica  clinica,  le  comunita'   scientifiche   e   cliniche
necessitano  di  condividere  i  dati,  avendo  accesso  a   database
controllati, annotati e disponibili, cosi' come e'  accaduto  per  lo
Human Genome Project. 
 
  In quest'ottica, un approccio promettente  e'  rappresentato  dalla
ricostruzione   delle   reti    molecolari    funzionali,    mediante
l'integrazione di dati di elevata qualita', ottenuti  dalla  genomica
funzionale e dalla  proteomica,  che  contribuiscono  alla  panomica,
basata sulla combinazione di informazioni sui geni,  sulle  proteine,
sulle vie metaboliche e sulle caratteristiche cliniche dei pazienti. 
 
  La  medicina  dei  sistemi  e  le  scienze  -omiche,   inclusa   la
metagenomica, stanno progressivamente  trasferendo  alla  clinica  le
evidenze desunte dalla ricerca traslazionale sui sistemi complessi  e
sul microbiota umano. 
 
                 L'ecosistema microbico intestinale 
 
  Il microbiota intestinale e' un complesso ecosistema costituito  da
1014  batteri,  altamente  eterogeneo  in   termini   di   diversita'
microbica. Il suo intero contenuto  genomico  o  microbioma,  che  e'
oltre 100 volte piu' grande rispetto al genoma umano, viene  definito
metagenoma. I componenti microbici del microbiota rivestono un  ruolo
fondamentale nella salute, agendo come barriera contro i  patogeni  e
arginando l'invasivita' della mucosa intestinale  con  una  modalita'
altamente dinamica, esercitando  funzioni  metaboliche,  fungendo  da
cuscinetto per effetto-massa e stimolando  lo  sviluppo  del  sistema
immunitario dell'ospite. 
 
  Le tecnologie -omiche (genomica, metabolomica,  proteomica)  stanno
contribuendo a conoscere l'ecosistema del microbiota, a chiarire  gli
aspetti della tassonomia delle sue comunita' microbiche (i filotipi),
della loro modulazione e  dell'interazione  attiva  con  gli  stimoli
esterni ed il cibo  (metabotipi),  nel  contesto  della  variabilita'
genetica dell'ospite. Utilizzando un approccio interdisciplinare  che
si colloca all'interfaccia tra la ricerca di base e  la  clinica,  si
sta descrivendo il  ruolo  del  microbiota  nell'insorgenza  e  nella
progressione  di  varie   malattie,   dalla   simbiosi   fisiologica,
l'eubiosi, allo stadio della disbiosi microbica. 
 
  La caratterizzazione (profiling) del microbiota umano  consente  di
valutare, anche se ancora  in  modo  indiretto,  le  piu'  importanti
modificazioni che l'ambiente (esposoma) puo'  esercitare  sul  genoma
dell'ospite. Tale caratterizzazione, che ha assunto  recentemente  il
ruolo  di  un  test  diagnostico,  permette   di   riconsiderare   le
correlazioni   genotipo-fenotipo   in   condizioni   fisiologiche   e
patologiche   nell'infanzia   e    nell'eta'    adulta,    attraverso
l'individuazione   degli   enterogradienti   del    microbiota.    Le
informazioni metaomiche che ne  derivano  integrano  quelle  ricavate
dalle altre tecniche  e  discipline  -omiche  nella  descrizione  del
genoma dell'ospite e dei suoi prodotti (Figura 4). 
 
  Figura 1. Interazioni individuali  genotipo-fenotipo  basate  sulla
caratterizzazione del microbiota, ottenuta con  strategie  -omiche  e
meta-omiche integrate. 
 
              Parte di provvedimento in formato grafico
 
  Quando  diversi  fenotipi  patologici,  associati  ad  una  singola
modificazione  genetica,  vengono   catalogati   e   associati   agli
enterotipi  microbici,  l'insieme  dei  profili  fenotipici   diventa
pleiotropico.  E'   possibile   allora   fare   riferimento   ad   un
"superorganismo", che  implica  un  ruolo  diretto  o  indiretto  del
microbiota sulle malattie. Per ottimizzare lo studio delle  comunita'
complesse  del  microbiota  intestinale,  sono  necessari   strumenti
genomici avanzati, in particolare le tecniche  di  sequenziamento  di
seconda generazione, incluso il pirosequenziamento. 
 
  Queste tecnologie superano i limiti posti dall'isolamento  e  dalla
coltura  microbiologica  e  sono  in  grado  di   correlare/comparare
specifici profili batterici a patologie di varia natura. 
 
                   Metagenomica e microbiota umano 
 
  Le nuove tecnologie non  solo  hanno  evidenziato  la  complessita'
dell'ecosistema  del  microbiota,  ma   anche   hanno   permesso   di
identificare nuove popolazioni batteriche, affrancandosi  dai  vecchi
approcci colturadipendente. Le principali  tecniche  utilizzano:  (a)
sonde oligonucleotidiche ed oligonucleotidi che ibridizzano  sequenze
di  RNA  ribosomale  su  piattaforme,  come   il   DNA-microarray   e
l'ibridazione fluorescente in situ; (b) eterogenei profili di PCR  di
comunita' complesse, ottenuti  mediante  elettroforesi  in  gradiente
denaturante e di temperatura (esempio PCR-DGGE e PCR-TGGE);  (c)  PCR
real-time per l'analisi qualitativa e quantitativa; (d) metagenomica;
(e) proteomica e metaproteomica. 
 
  Anche  se  la  composizione  delle   specie   batteriche   presenta
sostanziali  differenze  interindividuali  e  varia  nel  tempo,   le
attivita' codificate dal microbioma sono maggiormente stabili. Questo
non sorprende, in quanto la maggior parte della popolazione microbica
condivide un gruppo di geni richiesti per l'adattamento  all'ambiente
intestinale.   Pertanto,   l'analisi   della   diversita'   e   della
composizione delle specie e delle  loro  caratteristiche  metaboliche
fornisce le basi la comprensione dello stato di salute e di  malattia
in tutte le eta' della  vita.  Gli  studi  metagenomici  su  campioni
mucosali e fecali ottenuti dalla persone sane  hanno  associato  tale
diversita'    alla    presenza    di    Firmicutes,    Bacteroidetes,
Proteobacteria,   Fusobacteria,    Verrucomicrobia,    Cyanobacteria,
Spirochaeates e Actinobacteria. 
 
  L'analisi del microbiota  comprende  un  approccio  metagenomico  e
metabolomico. Mentre gli studi genomici identificano le  associazioni
tra le variazioni del genotipo e dei fenotipi della malattia,  quelli
metabolomici  correlano  i  fenotipi  metabolici  ai  fenotipi  della
malattia. Attraverso la produzione di composti  antimicrobici,  acidi
grassi  volatili  e  acidi  biliari   chimicamente   modificati,   il
microbiota  intestinale  crea  un  ambiente   metabolicamente   molto
reattivo, definito bioreattore. 
 
  Le  analisi  metaboliche1  H-NMR,  GC-MS  degli   estratti   fecali
forniscono  importanti  chiarimenti  sulle   differenze   metaboliche
interspecie dei componenti del microbiota e  consentono  di  ottenere
informazioni  diagnostiche  importanti  nel   caso   delle   malattie
intestinali. In base alle componenti strutturali delle  sue  cellule,
il microbiota intestinale comunica con l'ospite  con  un  profilo  di
secrezione caratteristico e  partecipa  al  metabolismo  dell'ospite.
Questo secretoma o metaboloma delle piccole molecole  e'  accessibile
nelle feci e  nelle  urine.  Le  tecnologie1  H-NMR,  GC-MS  e  LC-MS
permettono di monitorare i cambiamenti dei  metaboliti,  intesi  come
concentrazione e proprieta' chimiche. I profili  metabolici  ottenuti
in  combinazione  con  le  analisi  multivariate,  contribuiscono  ad
analizzare la cooperazione metabolica ospite-microbiota  rispetto  al
fenotipo, alla  patologia  e  alla  dieta.  L'analisi  combinata  del
metaboloma nei diversi liquidi biologici, compresi gli estratti delle
acque  fecali,  il  plasma  e  le  urine,   consente   di   stabilire
collegamenti  tra  la  bioconversione  degli  ingredienti  dei   cibi
non-digeribili, la loro bio-disponibilita'  e  il  loro  effetto  sul
metabolismo  dell'ospite,  anche  in  relazione  con   la   patologia
concomitante. 
 
  E' stata ampiamente  documentata  la  complessita'  del  microbiota
intestinale e l'effetto modulatorio  esercitato  da  diversi  fattori
endogeni ed esogeni. L'alimentazione nei primi mesi di  vita  e'  uno
dei principali determinanti della salute  del  bambino,  nonche'  del
benessere  successivo  dell'adulto.  Infatti,  la   modulazione   del
microbiota in epoca perinatale ed infantile influenza lo sviluppo del
sistema immunitario ed il successivo stato di salute. Lo sviluppo del
microbiota intestinale correla  con  la  sensibilizzazione  allergica
nella prima infanzia e predispone agli sbilanciamenti metabolici alla
base dell'obesita' e del rischio cardiovascolare in eta' adulta. 
 
  The Human Microbiome Project, promosso dal National  Institutes  of
Health, si propone di identificare e di  caratterizzare  i  taxa  dei
microbioti umani ed il loro rapporto con lo  stato  di  salute  e  di
malattia. Gia' oggi e' chiaro che il microbiota svolge un ruolo sulla
salute molto piu' importante di quanto si potesse immaginare. 
 
  Comprendere le dinamiche delle popolazioni batteriche e governarle,
piuttosto  che  aggredirle  con   antibiotici,   potrebbe   rivelarsi
strategica per sconfiggere numerose malattie ed i crescenti  fenomeni
di resistenza antimicrobica. Di conseguenza, si potrebbero gestire le
comunita'  microbiche  in  base  al  loro  contenuto  ed   equilibrio
metabolico. 
 
  Il sequenziamento genico ha consentito di avviare  l'analisi  delle
comunita' microbiotiche,  che  spesso  presentano  interazioni  molto
complesse. Di conseguenza, e' venuto meno  il  classico  concetto  di
infezione associata ad un singolo organismo, essendo  stato  scoperto
che varie malattie sono causate  dagli  squilibri  nella  popolazione
degli organismi che comunicano con  l'ospite.  Questo  nuovo  modello
puo' essere allargato a diversi quadri patologici,  non  solo  quelli
strettamente infettivi. Si ritiene che le alterazioni del  microbiota
concorrano a molte malattie infiammatorie croniche, alle allergie, al
diabete, all'obesita'. Tanto piu' e'  elevata  la  diversita',  tanto
minore e' la probabilita'  che  i  patogeni  esterni  invadano  e  si
stabiliscano all'interno dell'organismo. Infatti, se tutte le nicchie
sono  occupate,  diventa  difficile  per  gli  "invasori"  collocarsi
fisicamente e divenire operativi. Tuttavia, il ruolo  del  microbiota
nella patogenesi non si limita alla "competizione esclusiva": infatti
il microbioma interagisce con l'ambiente e con il patrimonio genetico
costituzionale. In sostanza,  ogni  persona  possiede  due  patrimoni
genomici: quello costituzionale ed  il  microbioma.  Le  fluttuazioni
nelle popolazioni del microbiota si possono tradurre nella disbiosi e
percio' nell'insorgenza di patologie e,  rispettivamente  nella  loro
regressione. La  capacita'  di  governare  queste  fluttuazioni  puo'
aprire nuove prospettive alla medicina del futuro, attraverso  azioni
mirate sulle componenti modificabili del microbiota. 
 
   8.d Test post-natali per le malattie cardiovascolari mendeliane 
 
  Negli ultimi 25 anni sono stati individuati i geni responsabili  di
diverse  forme  ereditarie  di  patologie  cardiache  aritmiche   e/o
strutturali  associate  a  morte  improvvisa.  Cio'  ha   determinato
l'introduzione di numerosi test genetici e un notevole sviluppo della
cardiogenetica in ambito clinico.  Le  patologie  in  questione  sono
diverse (Tabella 14), e nel complesso sono comuni  nella  popolazione
generale  (ad  es.,  la  prevalenza  stimata   delle   cardiomiopatie
ipertrofiche e' di circa 1 su 500; quella della sindrome del QT lungo
circa 1 su 2.000). Sono state sviluppate linee guida per la diagnosi,
la sorveglianza e il  trattamento  dei  soggetti  affetti  da  queste
condizioni cosi' come dei  soggetti  (ancora)  sani  portatori  delle
alterazioni genetiche causali. 
 
  Anche grazie allo sviluppo delle tecnologie  di  sequenziamento  di
nuova generazione, l'applicazione dei test cardiogenetici  e'  quindi
in grande  crescita.  Cio'  comporta  un  rischio  di  incremento  di
richieste e usi impropri, anche perche' l'utilita' dei test  varia  a
seconda delle diverse condizioni genetiche. A  causa  della  notevole
eterogeneita' genetica e della incompleta  detection  rate  (compresa
tra il 20% e il 75%  circa,  a  seconda  della  patologia)  un  esito
negativo di un test genetico non esclude di per se'  la  possibilita'
che un individuo  sia  affetto  dalla  patologia  per  cui  e'  stato
richiesto il test. Inoltre questi test  sono  spesso  complicati  dal
riscontro di varianti di significato incerto (VUS). 
 
  Il documento di riferimento e' l'"Expert Consensus Statement on the
State   of   Genetic   Testing   for    the    Channelopathies    and
Cardiomyopathies", riguardante in  modo  specifico  i  test  genetici
stilato congiuntamente dai principali esperti in materia  di  diversi
continenti. L'impiego dei test genetici e' discusso  anche  in  altri
documenti focalizzati sulla diagnosi e la terapia di alcune di queste
condizioni, tutti approvati dalle societa' scientifiche cardiologiche
nazionali e internazionali. Come per le altre patologie genetiche  su
base mendeliana,  le  evidenze  disponibili  non  derivano  da  studi
randomizzati o  condotti  in  cieco,  bensi'  dai  dati  di  registri
specifici  per  patologia.  Le  raccomandazioni   sono   quindi   per
definizione basate su livelli di evidenza C (opinione di esperti). 
 
  Il PDTA per queste patologie deve prevedere: