(Allegati-Allegato)
                                                             Allegato 
 
                   Al Presidente della Repubblica 
 
    L'Azienda sanitaria provinciale di Reggio Calabria e' inserita in
un contesto socio-ambientale caratterizzato dalla  radicata  presenza
della criminalita' organizzata che mira ad ingerirsi nelle  attivita'
economiche e nella gestione della cosa pubblica. 
    Allo  scopo  di  verificare  la  sussistenza   di   fenomeni   di
condizionamento e di infiltrazione  delle  consorterie  locali  nelle
attivita' gestionali dell'Azienda sanitaria provinciale,  anche  alla
luce degli elementi  indiziari  emersi  da  un  attento  monitoraggio
svolto nei confronti dell'ente, il prefetto di  Reggo  Calabria,  con
decreto del 25 luglio 2018  successivamente  prorogato,  ha  disposto
l'accesso ai sensi degli articoli 143 e 146 del  decreto  legislativo
18 agosto 2000, n. 267, per gli accertamenti di rito. 
    Al termine delle indagini, la commissione incaricata dell'accesso
ha depositato le proprie conclusioni  sulla  scorta  delle  quali  il
prefetto - sentito, nella seduta del 4  dicembre  2018,  il  comitato
provinciale per l'ordine e la sicurezza  pubblica  integrato  con  la
partecipazione del procuratore generale della  Repubblica  presso  la
locale Corte di appello e dei procuratori della Repubblica  presso  i
tribunali di Reggio Calabria, Locri e Palmi - ha trasmesso l'allegata
relazione in data 11 dicembre 2018, che costituisce parte  integrante
della presente proposta, in cui si  da'  atto  della  sussistenza  di
concreti, univoci e rilevanti elementi su forme di condizionamento ed
ingerenza  della  criminalita'  organizzata  di  tipo   mafioso   nei
confronti dell'azienda, riscontrando pertanto i  presupposti  per  lo
scioglimento. 
    L'Azienda sanitaria  provinciale  di  Reggio  Calabria  e'  stata
istituita con legge della regione Calabria n. 9 dell'11 maggio 2007 e
con successive deliberazioni di giunta regionale n. 272 del 21 maggio
2007 e n. 441 del 14 maggio 2010. Per effetto  di  tali  atti,  nella
predetta azienda sono confluite l'Azienda sanitaria locale  n.  9  di
Locri - gia' sciolta nel 2006 ai sensi dei citati articoli 143 e  146
- nonche' l'Azienda sanitaria provinciale n. 5  di  Reggio  Calabria,
anch'essa destinataria nel 2008 di un provvedimento dissolutorio  per
infiltrazioni   della   criminalita'   organizzata    e    risultante
dall'accorpamento delle aziende sanitarie locali n. 10 di Palmi e  n.
11 di Reggio Calabria. 
    L'attuale ambito di competenza dell'Azienda sanitaria provinciale
reggina investe il territorio di tutti i 97  comuni  della  provincia
con una popolazione complessiva di oltre mezzo milione di abitanti ed
insiste in un'area geografica caratterizzata dalla radicata  presenza
della 'ndrangheta, li' organizzata in  tre  «mandamenti»  all'interno
dei   quali   operano,   in   posizione    paritetica,    consorterie
tradizionalmente denominate  «locali»  o  «societa'»,  a  loro  volta
articolate in associazioni criminali - le c.d. 'ndrine -  strutturate
su base rigorosamente familistica. 
    Il prefetto richiama  le  risultanze  di  recenti  operazioni  di
polizia giudiziaria che attestano la forte capacita' di  penetrazione
dei sodalizi malavitosi nella  realta'  economica  e  sociale  e  nel
tessuto amministrativo locale,  mettendo  in  luce  sia  l'accentuata
propensione delle  organizzazioni  'ndranghetiste  ad  ingerirsi  nel
settore della sanita' pubblica al  fine  di  orientarne  la  gestione
delle risorse  finanziarie  a  proprio  vantaggio  sia  il  ruolo  di
affiliati o di «fiancheggiatori» svolto da taluni operatori  di  quel
settore nei confronti delle consorterie territorialmente egemoni. 
    In tale contesto, assume rilevanza emblematica la circostanza che
con riferimento  a  due  dipendenti  condannati  ai  sensi  dell'art.
416-bis  del  codice  penale  con  sentenze   divenute   irrevocabili
rispettivamente a luglio e ad ottobre 2018, solo nel successivo  mese
di novembre l'Azienda sanitaria provinciale  di  Reggio  Calabria  ha
avviato la procedura finalizzata alla  risoluzione  del  rapporto  di
lavoro. Sotto questo profilo, e' altresi' significativo  come,  negli
anni passati, l'azienda abbia omesso di adottare le prescritte misure
disciplinari nei confronti di alcuni  dipendenti  condannati  in  via
definitiva per associazione di tipo mafioso o per reati aggravati  ai
sensi  dell'art.  7  del  decreto-legge  13  maggio  1991,  n.   152,
convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203. 
    Viene  inoltre  stigmatizzata  la  fitta  ed  intricata  rete  di
rapporti di parentela, di affinita' e di  frequentazione  che  legano
persone  controindicate  ovvero   esponenti   anche   apicali   della
criminalita' organizzata locale  a  numerosi  soggetti  che  prestano
attivita' lavorativa alle dipendenze dell'azienda, alcuni  dei  quali
con pendenze o pregiudizi di natura penale. 
    La  commissione  di  indagine  ha  poi  dedicato  una   specifica
attenzione all'attivita' gestionale - notoriamente esposta al rischio
di pregiudizievoli condizionamenti esterni -  in  ordine  alla  quale
sono state accertate diffuse inefficienze ed irregolarita' unitamente
ad una generalizzata situazione di grave disordine organizzativo.  Ne
costituiscono eloquente esempio le ripetute anomalie riscontrate  nel
settore delle risorse umane - definito  dal  prefetto  «assolutamente
fuori controllo» - ed il notevole ritardo con cui e'  stato  adottato
l'atto aziendale che, pur rivestendo un'importanza  fondamentale  per
la vita dell'istituzione sanitaria, e' stato emanato solo nel 2017  e
risulta a tutt'oggi privo di una compiuta attuazione. 
    Piu' nel dettaglio, in ordine ai rapporti tra l'Azienda sanitaria
provinciale di Reggio Calabria e  le  strutture  private  accreditate
nonche'  le  farmacie  ed  i  depositi  farmaceutici,  le  risultanze
dell'accesso hanno disvelato  l'assoluta  mancanza  di  una  corretta
attivita' di  pianificazione  nonche'  il  costante  superamento  dei
limiti  annuali  di  spesa  fissati   dal   competente   dipartimento
dell'amministrazione  regionale   con   una   conseguente,   indebita
erogazione di risorse finanziarie. 
    In proposito, le verifiche esperite dall'organo  ispettivo  hanno
evidenziato   le   gravi    inadempienze    dell'azienda    che    ha
sistematicamente omesso di richiedere  le  prescritte  certificazioni
antimafia procedendo alla stipula di  contratti,  per  importi  anche
rilevanti, con imprese in stato di amministrazione giudiziaria o gia'
destinatarie  di  informative  interdittive,   alcune   delle   quali
confermate in via definitiva dal giudice amministrativo. 
    Per  quanto  concerne  gli  affidamenti  di  lavori,  servizi   e
forniture, nel settore delle manutenzioni la commissione di  indagine
rimarca  la  mancata  adozione  da  parte   dell'azienda   di   norme
regolamentari o di atti di indirizzo finalizzati a  rendere  uniformi
le procedure di aggiudicazione, ad oggi gestite da  diverse  centrali
di committenza in corrispondenza con i territori di competenza  delle
soppresse aziende sanitarie locali n. 9 di Locri, n. 10 Palmi e n. 11
di Reggio Calabria. 
    E' stato inoltre rilevato che le predette centrali di committenza
hanno fatto reiteratamente ricorso al metodo dell'affidamento diretto
anche al di fuori dei casi previsti dalla disciplina  vigente,  senza
porre in essere alcuna valutazione comparativa  in  contrasto  con  i
principi di trasparenza e di tutela della concorrenza. 
    Dal  descritto  modus  operandi  hanno  tratto  vantaggio   ditte
controindicate  tra  le  quali  il  prefetto  menziona  una  societa'
destinataria, ad  ottobre  2013,  di  un  provvedimento  interdittivo
antimafia - la cui legittimita' ha superato  con  esito  positivo  il
sindacato giurisdizionale - e nondimeno ripetutamente affidataria  di
forniture di materiali edili nel 2016. 
    In  tale  direzione,  riveste  altresi'  valore  sintomatico   la
circostanza che  diversi  lavori  di  rimozione  rifiuti  sono  stati
eseguiti nel 2016 - per conto di strutture e presidi delle ex aziende
sanitarie locali n. 9 di Locri e n. 10 di Palmi - da un'impresa a sua
volta destinataria, ad agosto dello stesso anno,  di  un  diniego  di
iscrizione nell'elenco dei fornitori,  prestatori  ed  esecutori  non
soggetti a tentativi  di  infiltrazione  mafiosa  (c.d.  white  list)
tenuto dalla Prefettura di Reggio Calabria nonche' di  un'informativa
interdittiva nel 2009. 
    Sempre nel settore delle manutenzioni, sono  emersi  gli  stretti
collegamenti per rapporti di  parentela  o  di  affinita'  ovvero  le
convergenze di  interessi  tra  elementi  degli  ambienti  malavitosi
locali ed i titolari  di  altre  ditte  beneficiarie  di  affidamenti
diretti tra cui figurano due imprese, aggiudicatarie  di  lavori  nel
2016 e nel 2017, nei confronti delle quali la  citata  prefettura  ha
adottato provvedimenti ostativi antimafia rispettivamente  ad  agosto
2017 ed a gennaio 2018. 
    La commissione  di  indagine  ha  poi  accertato  l'esistenza  di
analoghi,   pregiudizievoli    collegamenti    nei    confronti    di
amministratori  e  dipendenti  di  talune  delle  ditte   costituenti
l'associazione temporanea di imprese  a  cui  -  a  seguito  di  gara
indetta con deliberazione di maggio 2013, ai sensi dell'art.  83  del
decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 -  e'  stato  aggiudicato,
per gli anni 2013-2018, il servizio di pulizia e sanificazione  delle
strutture dell'Azienda sanitaria provinciale reggina. 
    In ordine alle ulteriori procedure contrattuali poste  in  essere
dall'azienda, riferisce il prefetto  che  anche  una  delle  societa'
affidatarie  del  servizio  di  lavaggio  e  noleggio  biancheria  e'
risultata  vicina  alle  consorterie  territorialmente  dominanti  in
ragione dei vincoli di parentela o di  affinita'  di  taluni  soci  e
dipendenti con soggetti controindicati. Al riguardo, e' significativo
che  la  societa'  in  questione  -  a  cui  il  servizio  era  stato
inizialmente affidato dall'Azienda sanitaria locale n. 11  di  Reggio
Calabria con atto dirigenziale di giugno 2006  -  ha  beneficiato  di
ripetute proroghe, l'ultima delle quali disposta a novembre 2018. 
    Parimenti, nella gestione del patrimonio immobiliare  sono  state
riscontrate diffuse irregolarita' ed inefficienze. In particolare, il
prefetto evidenzia che diversi  immobili  non  risultano  censiti  al
catasto o si trovano in stato di abbandono e che  non  e'  mai  stato
approntato un piano finalizzato alla valorizzazione o dismissione dei
beni  non  strumentali  all'esercizio  delle  funzioni  istituzionali
dell'azienda. La commissione  di  indagine  sottolinea  altresi'  che
l'Azienda sanitaria provinciale reggina non ha mai intrapreso  alcuna
iniziativa per ottenere lo sgombero di immobili occupati sine  titulo
da soggetti che annoverano  pregiudizi  di  natura  penale  o  legami
familiari con  esponenti  di  ambienti  controindicati,  tant'e'  che
alcuni di tali soggetti hanno  gia'  usucapito  la  proprieta'  degli
immobili occupati ed altri hanno  in  corso  giudizi  finalizzati  ad
ottenere la dichiarazione di usucapione. 
    In sede di accesso e' stato, infine, preso in  esame  il  settore
economico-finanziario  che  e'  risultato  connotato  da   fortissime
criticita' - stigmatizzate  dalla  competente  sezione  regionale  di
controllo della Corte dei conti in sede di giudizio di  parificazione
del  rendiconto  generale  della  regione  Calabria  per  l'esercizio
finanziario  2017  -  quali  l'omessa  approvazione  dei  bilanci   a
decorrere  dal  2013,  la  mancata  tenuta  di  scritture   contabili
obbligatorie  ed  una   ingente   esposizione   debitoria   aggravata
dall'incapacita' dell'azienda di avere  esatta  contezza  dei  debiti
pregressi e di provvedere tempestivamente al pagamento degli stessi. 
    Gli indizi di ingerenza  mafiosa  nella  gestione  amministrativa
dell'istituzione   sanitaria,   analiticamente   e   dettagliatamente
esaminati nella relazione del prefetto di Reggio Calabria, portano  a
ritenere  sussistenti  i  presupposti  previsti   dalla   legge   per
l'intervento dello Stato mirato a prevenire e contrastare il fenomeno
dell'infiltrazione della criminalita' organizzata a livello locale ed
a recuperare l'azienda ai propri fini istituzionali. 
    La compromissione delle legittime aspettative  della  popolazione
ad essere garantita nella fruizione dei  sevizi  relativi  a  diritti
fondamentali nonche' la finalita' della misura di rigore -  sotto  il
duplice profilo della  repressione  del  fenomeno  inquinante  e  del
recupero dell'ente ad una gestione ordinaria delle proprie attivita',
con il miglioramento  dell'offerta  all'utenza  -  rappresentano  gli
ambiti entro i quali si articola la previsione recata  dall'art.  143
del decreto legislativo n. 267 del 2000, applicabile, in  virtu'  del
rinvio operato dal successivo  art.  146,  anche  agli  organi  delle
aziende sanitarie provinciali. 
    Per le considerazioni suesposte, si ritiene necessario provvedere
ad eliminare, attraverso lo  scioglimento  dell'organo  di  direzione
generale e la nomina di una commissione straordinaria cui affidare le
funzioni   da   questo   esercitate,   ogni   motivo   ulteriore   di
deterioramento ed inquinamento della vita amministrativa dell'ente, a
salvaguardia degli interessi  delle  comunita'  comprese  nell'ambito
territoriale di utenza dell'Azienda sanitaria provinciale  di  Reggio
Calabria. 
    La valutazione  della  situazione  in  concreto  riscontrata,  in
relazione alla presenza e  all'estensione  del  fenomeno  inquinante,
rende necessario che  la  durata  della  gestione  commissariale  sia
determinata in diciotto mesi. 
 
      Roma, 5 marzo 2019 
 
                                    Il Ministro dell'interno: Salvini