Art. 8. Legame con l'ambiente A) Informazioni sulla zona geografica. Fattori naturali rilevanti per il legame. La zona di produzione dell'IGT «Isola dei Nuraghi», coincide geograficamente con l'intero territorio della Sardegna, che ha una superficie di 24.090 chilometri quadrati, e risulta essere la seconda isola del Mar Mediterraneo. La Sardegna, posta al centro del Mediterraneo occidentale, viene a trovarsi tra la zona temperata europea e la zona subtropicale africana, in piena area climatica mediterranea. Il suo clima infatti risente di questa sua posizione con inverni relativamente miti, specie nelle zone costiere e stabilita' del tempo durante la calda estate, con una quasi assoluta mancanza di pioggia; inoltre l'Isola ha, in tutte le stagioni, una notevole ventosita', infatti essa e' sotto il dominio delle correnti aeree occidentali che, con altissima frequenza, sono richiamate dall'Atlantico sui centri di bassa pressione mediterranei; il vento pertanto e' una delle piu' importanti componenti naturali del clima sardo. In base alle osservazioni meteorologiche possiamo affermare che il vento piu' frequente che soffia sulla Sardegna e' il Maestrale. Un altro importante aspetto che fa sentire la sua influenza sul clima della Sardegna e' la breve distanza di tutti i punti dell'Isola dal mare. Il punto piu' interno dista infatti 53 chilometri, e ne deriva che, in nessuna zona interna, il clima assume carattere continentale; lungo le coste, invece, si riscontra clima veramente mite per l'elevata temperatura media e per le modeste escursioni termiche. Pur se oltre la meta' del territorio in questione si trova ad un'altitudine inferiore a 300 metri sul mare, l'isola e' considerata montuosa perche' i rilievi, pur non raggiungendo altezze considerevoli, hanno forme aspre, con declivi ripidi, caratterizzati da forti pendenze che vanno ad influenzare le loro attitudini alla coltivazione, compresa quella viticola. L'andamento della temperatura dell'Isola e' simile a quello delle altre zone mediterranee. Le acque del Mediterraneo, in conseguenza della loro evoluzione termica, fanno sentire decisamente la loro influenza, per cui sia l'inverno che l'estate le temperature sono miti. Le precipitazioni che si verificano sulla Sardegna sono quasi esclusivamente piogge cicloniche, dovute alle perturbazioni indotte dalle depressioni barometriche che prendono origine in conseguenza dell'elevata temperatura delle acque che circondano l'Isola. Tali perturbazioni, condizionano l'andamento pluviometrico che e' caratterizzato di norma da due periodi piovosi: uno vernino-primaverile ed uno autunnale, con una quantita' di piogge che e' bassa nelle pianure litoranee ed aumenta relativamente verso l'interno; la media annuale delle precipitazioni e' di 775 millimetri, quantitativo che sarebbe largamente sufficiente ai fabbisogni della viticoltura isolana se la distribuzione nello spazio e nel tempo fosse piu' regolare; infatti, mentre nelle zone interne del centro-nord dell'Isola si accerta una piovosita' media annua di 1000 mm, nelle zone litoranee e nelle pianure in nessun caso supera i 600 mm per scendere fino a 400 mm nella parte piu' meridionale dell'Isola. In relazione ai vari fattori climatici delle varie zone, in Sardegna si possono riscontrare i seguenti tipi di clima: a) clima sub-tropicale: nelle zone con questo clima , la vite prospera e produce abbastanza bene dal punto di vista quali-quantitativo; b) clima temperato-caldo: area in cui e' compresa la maggior parte del territorio dell'Isola; in quest'area la temperatura media annuale non scende mai al di sotto dei 15°, con delle precipitazioni, concentrate per lo piu' nel periodo autunno-vernino che non superano mediamente gli 800 mm : e' il miglior habitat per la vite, che infatti vegeta perfettamente sino ai 600 m slm; c) clima sub-umido ed umido: zone che non interessano la coltura della vite. La Sardegna e' considerata una delle terre piu' antiche del bacino del Mediterraneo: in essa sono praticamente presenti tutte le ere geologiche, dalla Paleozoica alla Quaternaria. Le formazioni piu' antiche possono essere considerate quelle granitiche che sono caratteristiche della Gallura, mentre nella parte centrale le stesse sono coperte da rocce metamorfiche, scistose. L'era Mesozoica e' caratterizzata dai calcari dolomitici presenti nella Nurra di Alghero, nei monti del Sarcidano, di Oliena e Monte Albo ad Orosei. Al Terziario appartengono le rocce effusive, trachiti, andesiti, che ritroviamo nella parte Nord-occidentale e nel basso Sulcis e le rocce sedimentarie mioceniche presenti nella Romangia, nella Marmilla e nella Trexenta. Le colate basaltiche quaternarie caratterizzano la zona centrale dell'Isola, i rilievi della costa orientale del Golfo di Orosei e i caratteristici profili del Logudoro. Ancora all'era Quaternaria appartengono le sedimentazioni che hanno coperto la vasta pianura del Campidano e le minori aree alluvionali presenti un po' dappertutto. I terreni derivanti hanno logicamente una composizione che rispecchia la formazione rocciosa d'origine e che possono essere distinti in: terreni alluvionali, originatisi appunto dalle alluvioni del quaternario e caratterizzati da strati profondi, di buona permeabilita', con una composizione simile a quella delle rocce che hanno contribuito ai depositi alluvionali; terreni calcarei, derivati dal disgregamento delle rocce calcaree, ricchi di questo elemento, ma non molto dotati in elementi nutritivi; terreni trachitici, caratterizzati da una limitata profondita', ma discretamente dotati di potassio, poveri, invece, di fosforo e di azoto, come del resto la maggior parte dei terreni sardi; terreni basaltici, in genere autoctoni e quindi di minima profondita', particolarmente ricchi di microelementi; terreni scistosi, a volte molto profondi, particolarmente ricchi di potassio e con discreta dotazione di fosforo; terreni di disfacimento granitico, sabbiosi, sciolti, acidi o sub-acidi, ricchi di potassio, ma poveri di fosforo e di azoto. Fattori umani rilevanti per il legame. Molteplici campagne di scavi condotte in diversi siti archeologici della Sardegna hanno portato alla luce vinaccioli carbonizzati risalenti al 1.300 a.C. che testimoniano la presenza di una affermata cultura enoica in Sardegna anteriore all'ingresso dei Fenici (IX-VIII secolo a.C), ai quali si faceva derivare l'introduzione delle primi viti domestiche nell'isola. Sono stati ritrovati vari contenitori «da vino» che caratterizzano il repertorio vascolare estremamente ricco ed originale, con le tipiche brocche askoidi e piccoli «askos» in ferro, bronzo e ceramica di pregevole fattura. Dell'Eta' romana imperiale e tardo antica, sono state rinvenute decine di anfore vinarie da trasporto. A riprova della continuita' di coltivazione della vite nella zona per alcuni millenni, e' opportuno riportare la voce di un registro delle spese dell'Archivio vaticano, dei primi anni del '600, in cui e' menzionato l'acquisto di vino bianco di Telave' del villaggio di Triei. Nel corso del periodo giudicale (900 - 1400) vennero emanate le prime norme a difesa delle colture agricole, presenti anche nella «Carta de Logu» di Eleonora di Arborea (1392), codice legislativo che rimase in vigore sino al periodo piemontese. L'uso della vite selvatica da parte dei Sardi ci viene confermato dalla stessa Carta de Logu in cui vi sono disposizioni anche contro il commercio dell'uva selvatica. Venditore ed acquirente potevano avere seri problemi: pena pecuniaria e reclusione «a voluntadi nostra», cioe' del re. Vari toponimi in uso in Sardegna fanno riferimento alla vite, si ritrovano molti sinonimi dialettali di evidente origine latina, come «su laccu» per la vasca di pigiatura e «pastinai sa bingia» nel senso di impiantare un nuovo vigneto. All'inizio del 1300 in epoca medioevale la Sardegna e' sotto il dominio pisano e il Sarrabus e l'Ogliastra vengono individuati dai nuovi dominatori come serbatoi vinicoli. Sulla quantita', qualita' e provenienza dei vini nella capitale del regno tra il tre e il quattrocento le notizie non mancano, i flussi di approvvigionamento delineano due correnti: una dalle campagne verso la citta'; l'altra di vino navigato introdotto in citta' attraverso il porto. Le campagne circostanti e le ville piu' o meno vicine, quando la guerra non infuriava, alimentavano Cagliari di mosto e di vino imbottato, il generico bianco e rosso sardesco. Qualche secolo piu' tardi, il Bacci, nel 1596, scrive dell'abitudine dei sardi a produrre vino dalla vite selvatica. Lo storico Angius, nel XVIII secolo, narra che il «salto di Nurri potrebbe a taluno parere una regione, dove la vite fosse indigena; cosi' essa e' sparsa per tutto e con tanta prosperita' vegeta porgendo in suo tempo questa spurra, ..., grappoli di acini vario colorati e deliziosi. Essa trovasi in tutte le parti arrampicata alle altre piante, e principalmente sulle amenissime sponde de' rivi.» Nel 1746 un'ampia relazione storico geografica redatta dall'Intendente Generale del Regno, Francesco Giuseppe de la Perriere conte di Viry dava una particolareggiata descrizione della Sardegna rurale riproponendo l'immagine di una viticoltura capillarmente diffusa in diverse zone dell'isola. Un capitolo a parte meritano gli studi di biologia molecolare che hanno permesso di stabilire i rapporti genetici di parentela tra la vite domestica (Vitis vinifera L. ssp. sativa) e la sua progenitrice vite selvatica (Vitis vinifera L. ssp. sylvestris), diffusa ancora oggi lungo i corsi d'acqua. Tratti genetici condivisi (alleli microsatelliti) tra la vite selvatica ed alcune cultivar locali (il Muristellu molto diffuso nel Nuorese) suggeriscono un legame di parentela tra le due sottospecie e supportano l'ipotesi di un centro secondario di domesticazione in Sardegna. Episodi di domesticazione di vite selvatica da parte di viticultori sono stati individuati dal CRAS (il Centro regionale agrario sperimentale della Regione Sardegna) ora confluito in AGRIS Sardegna (l'Agenzia per la ricerca in agricoltura della Sardegna). La particolare qualita' dei vini della Sardegna e' conosciuta da tempo notevole. Dalla fine dell'800 queste particolarita' erano state rilevate su basi scientifiche. Il Cettolini, infatti, rileva sia l'elevata densita' di impianto per ettaro (7000-7600 ceppi per ettaro, che sono le densita' ancora presenti nei vigneti piu' vecchi e capaci di produrre grandissima qualita') seguita da una ridotta carica di gemme sia «un fatto importante che venne gia' altra volta segnalato per le uve del Nuorese si e' quella della elevata proporzionalita' acidimetrica che accompagna le uve coltivate in posizioni alte». La tecnica di coltivazione e le forme di allevamento sono quelle tradizionali della Sardegna; i vigneti vengono allevati ad alberello o impostati a controspalliera e potati a guyot o cordone speronato, mantenendo l'equilibrio vegeto-produttivo della pianta contenendo lo sviluppo delle viti, garantendo quindi produzioni di particolare pregio qualitativo. B) Informazioni sulla qualita' o sulle caratteristiche del prodotto essenzialmente o esclusivamente attribuibili all'ambiente geografico. I vini IGP «Isola dei Nuraghi» presentano dal punto di vista analitico ed organolettico le proprieta' descritte all'art. 6 del presente disciplinare di produzione; sono il risultato della coltivazione della vite sui caratteristici terreni della zona di produzione, in cui essa cresce fiancheggiata dalle diverse essenze della macchia mediterranea che spontaneamente crescono nella zona geografica di coltivazione. L'ambiente geografico della Sardegna, nelle sue molteplici diversita', si rispecchia nelle caratteristiche dei vini IGT Isola dei Nuraghi, nelle diverse tipologie producibili, vini bianco, rosso, rosato, anche nelle tipologie frizzante, novello, spumanti, da uve stramature e passiti, con la specificazione o meno del nome del vitigno che, all'atto dell'immissione al consumo, oltre alle caratteristiche per i vini del corrispondente colore, presentano le caratteristiche organolettiche proprie del vitigno di provenienza, e della zona di coltivazione. C) Descrizione dell'interazione causale fra gli elementi di cui alla lettera A) e quelli di cui alla lettera B). Gli elementi storici e genetici conformano ancora una volta la valenza ambientale che questi luoghi hanno per la viticoltura. L'ambiente, associato ad un clima mite e favorevole insieme ad una buona tecnica agronomica ed enologica hanno permesso ai vini IGT Isola dei Nuraghi di rinnovarsi senza perdere la loro identita' e originalita'. L'interazione tra l'ambiente e l'uomo ha portato alla specializzazione della coltura della vite in Sardegna, che nelle sue diversita' ambientali e tradizionalita' locali, ha consentito di ottenere produzioni di qualita'. Questa interazione e' la testimonianza di come l'intervento dell'uomo nel territorio abbia, nel corso dei secoli, tramandato le tradizionali tecniche di coltivazione della vite e della vinificazione che ai giorni nostri sono state migliorate ed affinate, grazie all'indiscusso progresso scientifico e tecnologico, fino ad ottenere gli eccellenti vini prodotti attualmente con la IGT Isola dei Nuraghi.