(Allegato-Relazione del Prefetto)
 
                        PREFETTURA DI PALERMO 
                  Ufficio territoriale del Governo 
 
Prot. n. 1590/2019/AREA Sic.1-Bis/N.C. 
 
                                              Palermo, 19 luglio 2019 
 
                                        Al sig. Ministro dell'interno 
Oggetto: Comune di Torretta - Proposta di scioglimento del  consiglio
  comunale a seguito dell'arresto del sindaco, Salvatore Gambino. 
 
    Si informa che a  seguito  di  ordinanza  di  applicazione  della
misura cautelare della custodia in carcere  n.  4847/18  R.G.N.R.  n.
7605/19 R.G. del 15 luglio 2019, il giorno 17 luglio e' stato  tratto
in arresto Gambino Salvatore, nato  a  Palermo  il  27  agosto  1983,
sindaco  del  Comune  di  Torretta,  eletto  nelle  ultime   elezioni
amministrative del 18 giugno 2018. In effetti, si e' trattato di  una
riconferma  del  precedente  mandato,  che  e'  stato  ricoperto  nel
quinquennio 2013-2018. 
    In particolare, Gambino Salvatore e' sottoposto ad  indagine  per
il delitto di concorso esterno in associazione mafiosa, «articoli 110
e 416-bis, commi 4 e 6, codice  penale  perche',  nella  qualita'  di
esponente politico di rilievo di Torretta (in quanto gia' sindaco del
medesimo comune dal mese di  giugno  2013  e  poi  candidato  per  la
riconferma alla stessa carica alle elezioni amministrative del giugno
2018, a seguito delle quali veniva rieletto) contribuiva, mediante le
condotte di seguito specificate, a  conservare  ed  a  rafforzare  le
capacita' operative della famiglia mafiosa di  Torretta  e  di  altre
articolazioni territoriali di "cosa nostra; tra le quali le  famiglie
mafiose di Passo di Rigano e di Uditore, ed al  raggiungimento  degli
scopi criminali di "cosa nostra; onde commettere  delitti,  acquisire
in modo diretto o indiretto la gestione o comunque  il  controllo  di
attivita' economiche, di concessioni, di  autorizzazioni,  appalti  e
servizi pubblici, realizzare profitti o vantaggi ingiusti per  se'  o
per altri, impedire od ostacolare il  libero  esercizio  del  voto  o
procurare voti a  se'  o  ad  altri  in  occasione  di  consultazioni
elettorali;  in  particolare  forniva  il  suo  contributo   causale:
dapprima, asservendo la propria posizione di candidato alla carica di
sindaco agli interessi della locale articolazione di  "cosa  nostra";
assecondandone,  nel  corso  della  campagna,  elettorale,  anche  le
indicazioni sulle alleanze politiche, sui  soggetti  da  inserire  in
lista quali candidati alla carica di  consigliere  comunale  e  sulla
nomina dei componenti della futura Giunta  comunale;  promettendo  di
favorire  la  locale  cosca   mafiosa   nei   futuri   rapporti   con
l'Amministrazione, in cambio del sostegno elettorale,  per  poi;  una
volta eletto, consentire attivamente alla medesima cosca  mafiosa  di
dare indicazioni sul consigliere comunale da eleggere alla carica  di
Presidente del Consiglio e sulla nomina dei componenti  della  Giunta
comunale e dei dirigenti degli  uffici;  accogliendo  e  facendo  sue
dette indicazioni e dunque consentendo alla locale  famiglia  mafiosa
di determinare l'azione politica e amministrativa dell'Ente comunale;
attivandosi  per  far  conseguire  vantaggi  ingiusti  ai   partecipi
dell'associazione mafiosa ed a soggetti  alla  stessa  contigui,  tra
l'altro favorendo l'assunzione di Scalici Calogero e  di  Badalamenti
Mariarosa presso il Comune di Torretta, nonche' il  pagamento  di  un
credito ad  Enea  Benedetto  da  parte  del  medesimo  comune  (tutti
soggetti «raccomandati» da cosa nostra), con le aggravanti costituite
dall'essere «cosa nostra» un'associazione armata volta  a  commettere
delitti, nonche' ad assumere e mantenere il  controllo  di  attivita'
economiche mediante risorse finanziarie di provenienza delittuosa. 
    Con il Gambino Salvatore  sono  stati  tratti  in  arresto  anche
Gambino Thomas (classe 72), Zito Calogero Cristian (classe 77) e Zito
Simone (classe 62). 
    I predetti sono indagati per il delitto di cui  all'art.  416-bis
commi 1, 4 e 6 del codice penale, per avere in concorso  tra  loro  e
con Buscemi Giovanni e  Inzerillo  alternatisi  nella  direzione  del
mandamento di Passo di Rigano nonche' con Cipriano  Santino,  Mannino
Alessandro, Fanara Antonino, Sirchia Giovanni,  Inzerillo  Francesco,
Gambino Rosario, Lo Presti Antonino,  Spatola  Giuseppe,  Di  Filippo
Francesco, Sansone Gaetano,  Sansone  Giuseppe,  Di  Maggio  Antonio,
Migliore Baldassare, Militello Benedetto Gabriele, Lo Cascio Giuseppe
e numerose  altre  persone,  fatto  parte  dell'associazione  mafiosa
denominata «cosa nostra»; avvalendosi della  forza  di  intimidazione
del vincolo associativo e della condizione di  assoggettamento  e  di
omerta' che ne deriva al fine di commettere varie tipologie di  reati
di  seguito  indicati  e  di  acquisire  il  controllo  di  attivita'
economiche. 
    In particolare: 
      Gambino Thomas per aver fatto parte dell'organizzazione mafiosa
e, in particolare, per aver rappresentato  un  importante  anello  di
collegamento, in  concorso  con  il  defunto  Cali'  Francesco  Paolo
(inteso Frank Cali'), tra la famiglia mafiosa di Passo di Rigano e la
La Cosa Nostra"  americana;  per  aver  partecipato,  in  Italia,  ad
importanti riunioni- con mafiosi, tra cui Inzerillo Tommaso e Sansone
Gaetano, rappresentando  gli  interessi  di  Cali'  Francesco  Paolo,
considerato sottocapo della famiglia americana dei Gambino; per  aver
gestito in prime persona il passaggio  dall'Italia  verso  gli  Stati
Uniti di denaro proveniente dalla famiglia mafiosa di Passo di Rigano
e destinato al sostentamento dei detenuti appartenenti alla  famiglia
Gambino e,  viceversa,  per  aver  provveduto  al  sostentamento  dei
familiari di Inzerillo Tommaso durante il periodo in cui quest'ultimo
era detenuto. 
      Zito Simone, per avere fatto parte della  famiglia  mafiosa  di
Torretta; per aver mantenuto un costante scambio di informazioni  con
altri  esponenti  dell'organizzazione  mafiosa  tra   cui   Inzerillo
Tommaso, Inzerillo Francesco, Gambino  Rosario  e  il  defunto  Cali'
Francesco Paolo (inteso Frank Cali'), esponente de  «La  Cosa  Nostra
Americana»; per aver partecipato a diverse riunioni durante le  quali
sono  state  discusse  questioni  strategiche  per   l'organizzazione
mafiosa;  per  avere  gestito  il  passaggio  di  denaro  dagli   USA
all'Italia in favore di altri esponenti dell'organizzazione ed  altri
soggetti contigui; per aver informato i sodali della famiglia mafiosa
di Torretta della esistenza di iniziative investigative della polizia
giudiziaria;  per  aver  condizionato  la  campagna   elettorale   in
occasione delle consultazioni per l'elezione del sindaco  del  Comune
di Torretta avvenute il 10 giugno 2018, nonche' l'azione  politica  e
amministrativa del  medesimo  ente  comunale,  secondo  le  modalita'
meglio indicate nel capo che segue. 
      Zito Calogero Christian, per avere fatto parte  della  famiglia
mafiosa di Torretta;  per  aver  mantenuto  un  costante  scambio  di
informazioni con altri esponenti dell'organizzazione mafiosa tra  cui
Inzerillo Tommaso,  Inzerillo  Francesco,  Spatola  Giuseppe,  Fanara
Antonino e il defunto Cali' Francesco  Paolo  (inteso  Frank  Cali'),
esponente de «La Cosa Nostra, Americana»; per aver informato i sodali
della famiglia mafiosa di  Torretta  della  esistenza  di  iniziative
investigative  della  polizia  giudiziaria;  per  avere  gestito   il
passaggio di denaro dagli USA all'Italia in favore di altri esponenti
dell'organizzazione ed altri soggetti contigui; per aver condizionato
la  campagna  elettorale  in  occasione   delle   consultazioni   per
l'elezione del sindaco del Comune di Torretta avvenute il  10  giugno
2018, nonche' l'azione politica e amministrativa  del  medesimo  ente
comunale. 
    L'arresto dei predetti  si  inserisce  in  una  vasta  operazione
antimafia, che ha portato anche al contestuale fermo di 15  indiziati
di  delitto  sottoposti  ad  indagine,  gran  parte   esponenti   del
mandamento di Passo di Rigano, tutti  accusati  del  delitto  di  cui
all'art. 416-bis per avere, in concorso tra loro: 
      fatto   parte   dell'associazione   mafiosa   «cosa    nostra»,
promuovendone  gli  interessi,  facendo   pervenire   in   territorio
siciliano,  in  modo  occulto,  somme  non  quantificate  di   denaro
contante, beni ed altre utilita', tutti provenienti  da  delitti  non
colposi; in parte destinati al sostentamento di alleati a Cosa Nostra
palermitana  sottoposti   a   detenzione   carceraria,   nonche'   al
finanziamento  di  attivita'  commerciali  presenti   in   territorio
palermitano  intestate  fittiziamente  a  prestanome  ed  in  realta'
riconducibili a soggetti appartenenti al mandamento malioso di  Passo
di  Rigano,  trasferivano  detti   beni   in   modo   da   ostacolare
l'identificazione  della  loro   provenienza   delittuosa.   Con   le
aggravanti di avere  agito  al  fine  di  agevolare  l'organizzazione
mafiosa cosa nostra, nonche' di avere commesso il  fatto  avvalendosi
delle condizioni previste dall'art. 416-bis del codice penale; 
      fatto   parte   dell'associazione   mafiosa   «cosa    nostra»,
promuovendone gli interessi, avendo commesso il reato di cui all'alt.
416-bis meglio indicato al capo A), nonche' altri delitti non colposi
contro il patrimonio, facendo pervenire in territorio  siciliano,  in
modo occulto, somme non quantificate  di  denaro  contante,  beni  ed
altre utilita', in parte  destinati  al  finanziamento  di  attivita'
commerciali   presenti   in    territorio    palermitano    intestate
fittiziamente a prestanome ed in  realta'  riconducibili  a  soggetti
appartenenti al mandamento mafioso di Passo di Rigano, impiegavano  e
trasferivano in attivita' economiche, finanziarie, imprenditoriali  o
comunque  speculative,  il  denaro,  i  beni  o  le  altre   utilita'
provenienti dalla  commissione  dei  suddetti  delitti,  in  modo  da
ostacolare concretamente  l'identificazione  della  loro  provenienza
delittuosa. Con le aggravanti di avere agito  al  fine  di  agevolare
l'organizzazione maliosa cosa nostra, nonche' di  avere  commesso  il
fatto avvalendosi delle condizioni  previste  dall'art.  416-bis  del
codice penale. 
      fatto   parte   dell'associazione   mafiosa   «cosa    nostra»,
promuovendone gli interessi, facendo uso in piu'  occasioni  tra  gli
U.S.A. e l'Italia di numerose carte di credito intestate a terzi  non
identificati; o comunque carte di credito falsificate ed alterate  in
modo  da  ostacolare   l'identificazione   della   loro   provenienze
delittuosa, anche al  fine  di  finanziare  attivita'  economiche  di
interesse di Cosa Nostra ed in particolare del mandamento mafioso  di
Passo di Rigano, indebitamente utilizzavano, non essendone  titolari,
carte  di  credito  o  di  pagamento,  o  comunque  falsificavano   e
alteravano le suddette carte di credito o di  pagamento,  o  comunque
possedevano,  cedevano  o  acquisivano  tali  carte  o  documenti  di
provenienza illecita  o  comunque  falsificati  o  alterati.  Con  le
aggravanti di avere  agito  al  fine  di  agevolare  l'organizzazione
mafiosa cosa nostra, nonche' di avere commesso il  fatto  avvalendosi
delle condizioni previste dall'art. 416-bis del codice penale 
    Le indagini svolte dalla Sezione criminalita'  organizzata  della
Polizia di Stato e dalla Squadra mobile di Palermo hanno  ad  oggetto
uno storico mandamento di Cosa  nostra  nel  Palermitano,  quello  di
Passo di Rigano, del  quale  fanno  parte  ad  oggi  le  famiglie  di
Uditore, Passo di Rigano, Boccadifalco e Torretta. 
    Agli inizi degli anni ottanta i  corleonesi  di  Riina  Salvatore
falcidiarono gli esponenti di queste famiglie, e chi non venne ucciso
fu costretto a riparare in America e a non rientrare per anni. Quelli
che furono costretti a fuggire in America per avere  salva  la  vita,
detti, appunto, «gli scappati», componenti delle famiglie perdenti la
guerra  di  mafia,  in  USA  hanno  impiantato   fiorenti   attivita'
imprenditoriali, i cui profitti sono stati destinati,  e  lo  sono  a
tutt'oggi, al mantenimento delle famiglie e  dei  sodali  rimasti  in
Sicilia. Gli «scappati» sono rientrati a  Palermo  nel  2005  con  in
benestare di Bernardo Provenzano. 
    L'O.C.C.,  in  particolare,  compendia  le  risultanze  acquisite
nell'ambito  del  procedimento  penale  n.   4847/2018   R.G.N.   R.,
riguardante  l'attivita'  investigativa  effettuata  sul   mandamento
mafioso di Passo di Rigano - Boccadifalco, nel  quale  sono  inserite
storicamente  le  famiglie  mafiose  di  Passo  di  Rigano,  Uditore,
Boccadifalco e Torretta. Disponendo l'arresto di Gambino  Thomas,  in
atto residente negli Stati Uniti  d'America,  i  due  Zito,  padre  e
figlio, Simone e Calogero  Christian,  in  quanto  appartenenti  alla
famiglia mafiosa di Torretta,  nonche',  infine,  Gambino  Salvatore,
attuale sindaco di  Torretta  ed  indiziato  del  reato  di  concorso
esterno in associazione mafiosa, di cui agli articoli 110  e  416-bis
del codice penale, e procedendo nei confronti degli  altri  esponenti
indicati  nel  capo  A  con  il  separato  provvedimento   di   fermo
sopracitato. 
    L'arresto del Gambino, per essersi  messo  a  disposizione  della
famiglia  mafiosa  del  mandamento  di  Passo  Di  Rigano,   Uditore,
Torretta, richiede, per la comprensione della gravita'  delle  accuse
mosse al sindaco, di riportare quelle parti di O.C.C. che  riguardano
il mandamento mafioso in cui e' inserita la «famiglia»  di  Torretta,
delineandone la storia e l'attuale operativita'  mafiosa,  nonche'  i
profili criminali dei coindagati e le ragioni comprovanti il  delitto
contestato. 
 
     Il mandamento mafioso di Passo di Rigano/Uditore /Torretta 
 
    Le indagini, atteso anche il congruo arco  temporale  durante  il
quale si sono sviluppate, hanno consentito  di  delineare  il  quadro
complessivo  della  compagine  mandamentale,  ricostruendo  ruoli   e
responsabilita' dei numerosi soggetti sottoposti ad indagine. 
    L'O.C.C. richiama la vicenda vissuta dalla famiglia Inzerillo,  a
partire dagli inizi degli anni '80  del  secolo  scorso.  E'  infatti
proprio in ragione di tali vicende familiari che, storicamente, hanno
trovato origine i rapporti, familiari e criminali, di vari  esponenti
del mandamento di Passo di Rigano  con  numerosi  soggetti  residenti
negli Stati Uniti d'America, il che ha determinato  la  creazione  di
una sorta di joint venture internazionale  del  crimine  organizzato,
partecipata non solo dagli Inzerillo,  ma  anche  da  altri  soggetti
comunque orbitanti nel mandamento di Passo di Rigano, come i due Zito
destinatari della presente  richiesta  cautelare,  i  quali,  a  loro
volta, in detto contesto, hanno  sfruttato  ed  implementato  i  loro
rapporti, lavorativi e criminali, coltivati nel  corso  degli  ultimi
decenni con il territorio americano; in particolare, sono  proprio  i
due Zito (e Gambino Thomas) che intrattengono i rapporti con la  cosa
nostra statunitense. 
    Orbene, per quanto concerne i soggetti posti in posizione apicale
nel mandamento in questione, figurano senz'altro: 
      per la famiglia di Passo di Rigano, Tommaso  Inzerillo,  Masino
cl. '48, suo cugino  Francesco,  «u  truttaturi»  cl.  '56,  Giovanni
Buscemi, "u farfalla" cl. '55 e Alessandro Mannino, Sandrino cl. '60; 
      per la famiglia di Uditore, Sansone Gaetano, Tanino cl. '41  ed
il fratello Giuseppe Sansone, Pino cl. '50; 
      per la famiglia della Torretta, Simone Zito cl. '62 e  Calogero
Christian Zito; 
      infine, sul territorio di Boccadifalco, emergeva la  figura  di
Giovanni Sirchia, recentemente tratto  in  arresto  per  associazione
mafiosa, nell'ambito del proc.  n.  719/2016  (operazione  nota  come
«Cupola 2.0»), in quanto soggetto occupatosi di organizzare sul piano
logistico la riunione tra capi-mandamento tenutasi in data 29  maggio
2018,  in  occasione  della  quale  veniva  formalmente  sancita   la
ricostituzione della commissione provinciale di cosa nostra, mai piu'
ricostituita dall'anno 1993, allorquando veniva tratto in arresto  il
noto capo-mafia Riina Salvatore. 
    Sin da subito, nell'ambito  dell'indagine,  e'  risultato  palese
come le dinamiche del mandamento di Passo di Rigano risentano ancora,
nonostante siano trascorsi quasi quaranta anni,  dei  fatti  accaduti
nei primi anni ottanta del secolo scorso quando, con gli  omicidi  di
Stefano Bontate e  di  Totuccio  Inzerillo,  la  fazione  guidata  da
Salvatore Riina stravolse gli equilibri di  cosa  nostra  palermitana
sancendo, di fatto, quella dicotomia tra i «corleonesi» e gli «altri»
che,  ancora  oggi,  traspare  dalle  indagini   su   alcuni   ambiti
territoriali. 
    La famiglia Inzerillo, fino  all'avvento  dei  corleonesi,  aveva
regnato incontrastata nel mandamento di Passo di Rigano ed era  anche
riuscita  a  stringere  cointeressenze  con  i   capi   della   mafia
statunitense, gestendo lungo l'asse Palermo - New York  il  commercio
di ingenti quantitativi di droga. 
    Nei primi anni '80, con la feconda guerra di mafia, la  compagine
mafiosa  degli  Inzerillo  aveva  pagato  un  tributo   pesantissimo;
l'omicidio piu' eclatante fu quello del capo-mandamento di  Passo  di
Rigano Inzerillo Salvatore detto «Totuccio», avvenuto a Palermo il 10
maggio 1981. Sempre sotto il  fuoco  dei  corleonesi  cadevano  anche
altri importanti uomini d'onore vicini ad Inzerillo Salvatore,  ossia
Di  Maggio  Calogero,  fratello  del  reggente  Di   Maggio   Rosario
(deceduto), e Inzerillo Santo (nato a Palermo il 23 aprile 1946). 
    Negli anni successivi,  come  emerso  con  chiarezza  nell'ambito
dell'operazione «Gotha», la guida del mandamento di Passo  di  Rigano
veniva affidata a Buscemi Salvatore, il quale continuava a. mantenere
tale titolo anche nel corso della sua  detenzione  e  fino  alla  sua
morte, occorsa nell'anno 2009.  In  quest'ultimo  periodo,  tuttavia,
tramite l'istituto della  «reggenza»,  la  direzione  del  mandamento
veniva attribuita a Marciano' Giovanni (nato a Palermo il 10  ottobre
1942), a sua volta subentrato al  fratello  Vincenzo,  il  quale  era
stato deposto nel 2005, poiche' ritenuto troppo  indulgente  rispetto
alla questione del rientro degli «scappati». 
    Quanto agli altri soggetti  apicali,  gia'  all'epoca  emergevano
Sansone Gaetano (nato a Palermo il 23 marzo 1941) quale  riconosciuto
capo della famiglia di Uditore e gia' cassiere della  stessa,  Bonura
Francesco (nato a Palermo il 27 marzo 1942) quale sottocapo e Mannino
Calogero (nato a Palermo il 18 aprile 1940) quale cassiere e, al pari
di Sirchia Giovanni e Sansone Giuseppe (nato a Palermo il  3  gennaio
1948), uomo d'onore della famiglia di Uditore. 
    Venivano altresi' individuati quali uomini d'onore della famiglia
di Passo di Rigano-Boccadifalco), Mannino Alessandro (nato a  Palermo
il 27 novembre 1960) ed Inzerillo Francesco (nato  a  Palermo  il  12
febbraio 1955, deceduto) soprannominato «Franco u' nivuru». 
    In tale contesto si innesta la storia degli «scappati», i  quali,
forti della avvenuta carcerazione di Riina Salvatore e  di  un  primo
avallo da parte  di  taluni  importanti  esponenti  di  Cosa  Nostra,
andavano progressivamente rientrando a  Palermo  reinserendosi  nelle
fila criminali. Se era noto, infatti, che per gli  appartenenti  alla
famiglia Inzerillo esisteva il divieto di permanenza  sul  territorio
italiano, sancito negli anni '80  dalla  Commissione  provinciale  di
Cosa Nostra, era altrettanto vero che il divieto di rientro in Italia
non era da intendersi come assoluto, in  quanto  era  stata  via  via
tollerata la presenza in Italia di molti di  tali  soggetti.  Era  il
caso, ad esempio, di  Inzerillo  Francesco  (nato  a  Palermo  il  10
gennaio 1956) detto «Franco u' truttaturi». 
    L'analisi di alcune intercettazioni, infatti,  rivelava  come  la
sua presenza a Palermo  fosse  tollerata  in  quanto  imposta  da  un
provvedimento coattivo di espulsione dal suolo  americano,  al  quale
era seguita la necessita' di espiare la misura di  prevenzione  della
Sorveglianza speciale per la durata di anni tre. I  vertici  di  Cosa
Nostra, pertanto, in deroga alla decisione della Commissione, avevano
concesso all'Inzerillo un tempo di permanenza sul territorio italiano
pari  a  quello  necessario  per   l'espiazione   della   misura   di
prevenzione. La sua presenza in realta' veniva poi tollerata anche in
epoca successiva. 
    Il passo successivo al rientro in Italia degli Inzerillo avveniva
in data 29  dicembre  2004  quando,  proveniente  dagli  Stati  Uniti
d'America, giungeva a  Palermo  Inzerillo  Rosario  inteso  «Sarino»,
fratello di Inzerillo «Totuccio», Inzerillo Santo e Inzerillo Pietro,
uccisi da Riina Salvatore nel corso della guerra di  mafia  tra  l'11
maggio 1981 ed il 15 gennaio 1982. Il rientro in suolo palermitano di
Inzerillo «Sarino» provoco' una profonda incrinatura  nell'equilibrio
fino a quel momento raggiunto in Cosa Nostra, dando  origine  ad  una
lunga contesa per la quale dovettero intervenire  i  massimi  vertici
dell'organizzazione, obbligati ad esprimere subito un parere circa il
loro rientro in Italia. 
    Al riguardo, le indagini condotte (procedimento penale  2474/2005
R.G.N.R.) combinate con l'analisi della documentazione sequestrata  a
Provenzano Bernardo ed a Lo Piccolo  Salvatore  all'atto  della  loro
cattura, consentivano di dimostrare come sulla permanenza in  Italia,
ed  a  Palermo,  di  Inzerillo  «Sarino»,  ci  fossero  tre  distinti
schieramenti tra gli esponenti di Cosa Nostra. Da  una  parte  quello
capeggiato   da   Rotolo   Antonino   (storico   capo-mandamento   di
Pagliarelli), che si opponeva con tutte le proprie forze  al  rientro
degli Inzerillo, poiche' timoroso di possibili ritorsioni, visto  che
riconosceva in loro ancora grandi potenzialita' (piu' di  ogni  altro
temeva la figura di Inzerillo Giuseppe (nato a Palermo il  16  maggio
1976), figlio di Santo, l'elemento piu' attivo di  tale  compagine  e
quindi  potenzialmente  piu'  pericoloso;   dall'altra   parte,   una
pluralita'  eterogenea  di  soggetti  mafiosi,   alcuni   dei   quali
storicamente legati alla mafia statunitense, tra i quali spiccava  la
figura di Lo Piccolo Salvatore. 
    Quest'ultimo, infatti, favorevole al rientro degli  Inzerillo  in
Italia, insisteva per ottenere subito l'avallo del  vertice  di  Cosa
Nostra affinche' fosse legittimato il ritorno a Palermo di  Inzerillo
«Sarino» (nato a Palermo il 7 aprile 1944). 
    Infine vi era la terza posizione, quella di Provenzano  Bernardo,
che avrebbe potuto fare la differenza per far prevalere, fra le prime
due, l'una a dispetto dell'altra.  Quest'ultimo,  pero',  consapevole
del rischio di una nuova guerra di mafia, aveva optato  per  adottare
una tattica dilatoria, veicolando missive cariche di ambiguita'. 
    Con riguardo alla posizione di Rotolo Antonino, importante e'  il
commento dallo stesso espresso quando, per  instillare  un  senso  di
paura nei propri adepti, il 9 agosto 2005 riferiva: «noialtri non  e'
che possiamo dormire a sonno pieno perche' nel  momento  che  noi  ci
addormentiamo a sonno pieno puo' essere pure che non  ci  risvegliamo
piu!! Picciotti, vedete che... non e' finito niente» «questi i  morti
li hanno sempre per davanti, ci sono sempre le ricorrenze, si siedono
a tavola e manca questo e manca quello, queste cose non  le  possiamo
scordare, io la...» (cfr. operazione Gotha). 
    Altrettanto eloquenti erano le parole pronunciate dal  Rotolo  ad
Oliveri Michele (nato a Palermo il 1° febbraio  1931)  quando  il  22
settembre 2005, obiettando sul rientro degli Inzerillo, dichiarava di
temere la  loro  incolumita':  «...perche',  Miche,  non  e'  che  ci
possiamo scordare... perche' se questi prendono campo ci scippano  le
teste a tutti!». 
    Inoltre, sempre in riferimento alla  questione  degli  «scappati»
ricorrevano gli esiti di uno dei primi «pizzini» scritti tra  ottobre
e  novembre  2004  dal  Provenzano  al  Lo  Piccolo  Salvatore.  Esso
rappresentava la risposta ad una lettera  che  il  Lo  Piccolo  aveva
precedentemente scritto al Provenzano per  informarlo  che  Inzerillo
«Sarino» stava per rientrare in Italia e che, cosi' come  in  passato
avevano fatto per Inzerillo Francesco inteso «Franco u truttaturi», i
suoi  parenti  sarebbero  andati  a  richiedere  l'autorizzazione   a
Marciano' Vincenzo, allora capofamiglia di  Boccadifalco,  per  farlo
rimanere.  Marciano'  Vincenzo  e  Bonura  Francesco,  emerge   dalla
missiva, in  quella  circostanza  si  erano  mostrati  favorevoli  al
rientro degli Inzerillo. Provenzano, invece si riservava di dare  una
risposta dopo aver assunto il parere di altri eventuali  interessati.
Che il problema  non  fosse  di  facile  soluzione  si  rilevava  con
evidenza nella missiva successiva, databile  probabilmente  ai  primi
mesi del 2005, dove si faceva riferimento al  fatto  che  il  ritorno
degli Inzerillo era gia' stato  accolto  con  favore  da  La  Barbera
Michelangelo oltre che da Brusca Vincenzo di Torretta. «NN.RO (Rotolo
Antonino), invece, non era tanto contento, e forse non solo lui». 
    Da un pizzino datato 19 giugno 2005,  ascrivibile  a  Lo  Piccolo
Salvatore ed indirizzato al «Caro zio», cioe' a Provenzano  Bernardo,
veniva confermato che il Lo  Piccolo  aveva  piu'  volte  chiesto  al
Provenzano  di  intervenire  con  favore  sulla  vicenda,  tanto   da
scusarsene nella stessa missiva, dove oltre a sottolineare  il  lungo
tempo trascorso dalla decisione della Commissione («si tratta  di  un
impegno e di una decisione di almeno 25 anni fa, da  allora  ad  oggi
molte persone non ci sono piu'»),  citava  le  gravi  difficolta'  di
organico in cui versava l'organizzazione («Siamo  arrivati  al  punto
che siamo quasi tutti rovinati, e i pentiti che  ci  hanno  consumato
girano indisturbati. Purtroppo ci troviamo in una situazione triste e
non sappiamo come nasconderci»). Proprio per  queste  ragioni  il  Lo
Piccolo chiedeva al Provenzano di acconsentire all'arruolamento degli
Inzerillo nelle loro fila mafiose, considerato che erano giovani «che
non uscivano fuori dal seminato», erano  sotto  l'assoluto  controllo
della famiglia di appartenenza e soprattutto il Lo Piccolo stesso  se
ne assumeva tutte le responsabilita'. 
    Il Lo Piccolo, pur condividendo talune  paure  di  alcuni  uomini
d'onore, assicurava al  Provenzano  che  «questi  ragazzi  sfortunati
erano sotto controllo» e soprattutto  «erano  gia'  stati  avvisati».
Significativo era anche il  passaggio  in  cui  il  Lo  Piccolo,  nel
ribadire che tale invocazione era condivisa  anche  da  altri  uomini
d'onore del mandamento, precisava con un sottile  velo  minatorio  la
motivazione per la quale chiedeva «gentilmente» il placet del vecchio
patriarca: «per non rischiare quel poco di pace che  abbiamo».  Salvo
poi concludere la lettera con l'assicurazione che  la  decisione  del
Provenzano avrebbe sancito la fine delle  discussioni:  «comunque  in
ogni caso qualsiasi decisione prenderete sara' fatto». 
    L'O.C.C., quindi,  pur  non  volendo  riproporre  il  tema  della
seconda guerra di mafia, degli assetti  che  ne  conseguirono  e  del
rientro dagli Stati Uniti dei cosiddetti  «scappati»,  per  una  piu'
agevole comprensione di quanto verra' esposto di seguito, si sofferma
brevemente su alcune riflessioni. 
    I soggetti sopra citati,  che  rappresentano  oggi  i  piu'  alti
livelli del mandamento  mafioso  investigato,  sono  gli  stessi  che
vissero quegli anni da protagonisti ed avversari. 
    La crisi seguita  alle  indagini  degli  anni  '90  (che  avevano
condotto all'arresto di tutti i  capifamiglia  della  Commissione  di
Palermo), nonche' quella seguita alla operazione «Gotha»  (che  aveva
condotto all'arresto di quasi tutti i «reggenti»  sul  territorio  in
luogo e per conto dei capi arrestati)  aveva  portato  l'associazione
mafiosa ad aprirsi necessariamente all'apporto sia di chi aveva perso
nella seconda guerra di mafia (gli «scappati»,  per  l'appunto),  sia
anche di persone che  -  pur  valide  -  avevano  qualche  «scheletro
nell'armadio» (come Franzese Francesco, poi divenuto collaboratore di
giustizia, e come lo stesso Geraci Giuseppe, che ha  parenti  tra  le
forze dell'ordine). 
    Si legge nell'O.C.C.  che  le  indagini  svolte  nell'ambito  del
presente procedimento hanno dimostrato in modo  inequivoco  come,  in
seguito alle travagliate vicende sin qui sintetizzate, il  mandamento
di Passo di Rigano, nel quale, come detto, unitamente agli  Inzerillo
e ai sodali di questi ultimi, operano altresi'  i  destinatari  della
presente  richiesta  cautelare,  abbia  oggi  assunto  una  rinnovata
posizione  di  rilevo  nell'ambito  della  cosa  nostra  palermitana,
posizione che solo in parte  risente  ancora  dei  rancori,  e  delle
«ruggini» di un passato ormai lontano ma che tuttavia  ha  consentito
(e sta consentendo) ai mafiosi di detto territorio  di  coltivare  in
modo proficuo i propri  interessi  criminosi,  sfruttando  in  questo
contesto anche i rapporti privilegiati intessuti  da  decenni  con  i
sodali stabilitisi negli Stati Uniti d'America.  Ne'  pare  un  caso,
come a breve si vedra', che proprio il mandamento di Passo di  Rigano
abbia ricoperto un ruolo  centrale  nel  processo  di  ricostituzione
della  commissione  provinciale  di  cosa  nostra,  disvelato   dalle
indagini svolte da questo  Ufficio  nell'ambito  del  proc.  pen.  n.
719/2016 (operazione «Cupola 2.0», sintetizzata nei due provvedimenti
di fermo rispettivamente eseguiti  in  data  4  dicembre  2018  e  22
gennaio 2019, presenti in atti). 
    Tale rinnovata posizione di forza si e' peraltro tradotta  in  un
nuovo equilibrio raggiunto tra le due opposte «anime» della compagine
mafiosa di Passo di Rigano: da un parte, i Sansone, tra i piu' vicini
favoreggiatori della latitanza di Riina e, da sempre, schierati sulle
posizioni oltranziste di Rotolo per cio' che  riguarda  la  questione
«Inzerillo», o meglio, «il discorso dell'America», per utilizzare  le
stesse parole dell'ergastolano padrino  di  Pagliarelli;  dall'altra,
Tommaso Inzerillo, assolto dall'infamante accusa di aver consegnato i
suoi parenti agli assassini per aver salva la vita, ed i  soggetti  a
lui piu' vicini quale, ad  esempio,  Sandrino  Mannino  al  quale  lo
stesso Rotolo cosi' si era rivolto: «non ti chiami Inzerillo  ma  sei
Inzerillo». 
    Dalle  piu'  recenti  investigazioni,  e'  emerso   come   Masino
Inzerillo  e  Tanino  Sansone,  si  siano  fatti  garanti  di  questo
equilibrio, rinunciando ad eventuali pretese di  leadership  assoluta
sul mandamento nella piu' proficua ottica di continuare,  ognuno  per
la parte di competenza, a gestire i propri affari illeciti. 
    Fermo restando quanto sopra esposto a proposito dei Sansone,  non
v'e'  dubbio  che  Masino  abbia  rappresentato,  almeno  fino   alla
scarcerazione di Giovanni Buscemi «u farfalla», il  vertice  di  quel
sodalizio mafioso. 
    Tommaso «u scarpuni», infatti, interviene con potere  decisionale
nella gestione di  diversi  episodi  estorsivi,  anche  mediando  tra
sodali, come nel caso della tabaccheria Ottini tra Di  Filippo  e  Lo
Presti, mitiga  le  intemperanze  di  Rosario  Gambino  (l'americano)
anch'egli organico a Passo di Rigano,  impone  agli  esercenti  della
zona la fornitura dei prodotti che distribuisce tramite la Sicily  in
Food (societa' fittiziamente intestata al suo  fidato  collaboratore,
il genero Giuseppe  Spatola),  controlla  il  settore  delle  agenzie
abusive di scommesse on line sfruttando la competenza nel settore  di
Giovanni Sirchia, Antonino Fanara  e  Gabriele  Militello  ed  infine
gestisce i rapporti con la  famiglia  mafiosa  della  Torretta  nella
delicata fase della definizione degli equilibri interni alla stessa. 
 
               La famiglia di Torretta - i coindagati 
 
Thomas Gambino 
 
    Il Federal Bureau of Investigation, nella nota  trasmessa  il  27
novembre 2018 al Direttore  del  Servizio  centrale  operativo  della
Polizia  di  Stato,  nell'ambito  del  protocollo  di  collaborazione
investigativa tra l'Italia e gli Stati  Uniti  d'America,  confermava
l'attuale ruolo  di  Soldier  di  Thomas  Gambino  all'interno  della
Gambino Crime Family, di cui Frank Cali' era Underboss  ed  alla  cui
conduzione vi e' il mafioso Joseph Lanni (Estratto da  pag.  3  della
nota "File No.: RO-c5968-D" del 27 novembre  2018  inviata  da:  U.S.
Department of Justice  -  Federal  Bureau  of  lnvestigation).  Nella
stessa nota, Thomas Gambino e' indicato  come  principale  collettore
dei  proventi  illeciti  generati  dalle  gaming  machines   illegali
installate presso vari bar e socialclubs a Brooklyn, dalle quale trae
gran parte del suo reddito. 
    Peraltro, Thomas Gambino vanta un legame di parentela  con  Frank
Cali', poiche'  quest'ultimo  ha  sposato  Rosaria  Maria  Inzerillo,
figlia di Salvatore Inzerillo, fratello di Tommaso e Maria Concetta. 
    L'approfondimento investigativo operato a carico  di  Gambino  ha
evidenziato gli elementi che ne delineano un preciso  ruolo  in  seno
all'organizzazione mafiosa. 
    Ed infatti, si e' proposto, in epoca antecedente  alla  morte  di
Frank Cali', quale collettore di informazioni e latore delle volonta'
di quest'ultimo,  negli  illeciti  interessi  condivisi  con  Tommaso
Inzerillo. 
    Il complesso delle investigazioni ha consentito anche di  svelare
come Thomas  Gambino  abbia  attivamente  contribuito  all'assistenza
economica della famiglia  di  Tommaso  Inzerillo  nel  periodo  della
detenzione di quest'ultimo,  come  abbia  in  passato  condiviso  gli
interessi economici di affiliati di spicco della famiglia mafiosa  di
Passo di  Rigano  quali  Francesco  Inzerillo  u  nivuru,  Alessandro
Mannino e Matteo Inzerillo e, in tempi piu' recenti, sia stato tra  i
finanziatori delle attivita' economiche  illegalmente  intraprese  da
Giuseppe Spatola in nome e per conto del suocero Tommaso Inzerillo. 
    Di rilievo sono anche gli incontri di Thomas Gambino nel  periodo
di permanenza presso questo Capoluogo, poiche' sintomatici del tenore
dei suoi rapporti e della  grande  considerazione  di  cui  gode  nel
contesto mafioso locale. 
    Nel periodo trascorso a Palermo, Thomas Gambino e' stato ospitato
dal suocero Ernesto Villico presso l'abitazione  di  quest'ultimo  in
via Castellana civ. 346. 
 
Zito Simone e Calogero Christian - profilo criminale  -  appoggio  al
  sindaco Gambino 
 
    Zito Simone emergeva come soggetto intorno al quale si incentrava
la questione riguardante la  leadership  della  famiglia  mafiosa  di
Torretta, e proprio  gli  approfondimenti  su  quest'ultimo  contesto
criminoso offrivano lo spunto per avviare la  collaborazione  con  il
Federal Bureau of Investigation, finalizzata a valutare  l'attualita'
dei rapporti tra cosa nostra palermitana e la cosa nostra  americana,
essendo per l'appunto emersi stabili e duraturi contatti ed interessi
coltivati dai due Zito in territorio statunitense. 
    Zito Simone, del resto, al cospetto di Tommaso  Inzerillo,  vanta
una sorta di sponsorizzazione  proveniente  da  «cristiani  anziani»,
residenti negli U.S.A., che avrebbero appoggiato la sua  ascesa  alle
posizioni di vertice  della  Torretta.  Lo  scambio  informativo  con
l'organismo investigativo statunitense, ha  consentito  di  acquisire
significativi elementi utili a riscontrare le risultanze tecniche che
hanno evidenziato lo stretto ed attuale legame tra Tommaso  Inzerillo
e Thomas Gambino, considerato  appartenente  alla  LCN  americana  e,
prima del suo omicidio,  Frank  Cali',  anch'egli  considerato  dagli
investigatori   d'oltreoceano   elemento   di   spicco   di    quella
organizzazione criminale. 
    Emerge, altresi', la figura di Calogero Zito, figlio  di  Simone,
che si pone quale importante anello di  collegamento  tra  gli  Stati
Uniti ed alcuni autorevoli esponenti  della  famiglia  mafiosa  della
Torretta, tra cui, Giovanni Angelo Mannino. 
    Simone e Calogero Zito, inoltre,  sono  stati  tra  i  principali
protagonisti della campagna elettorale che ha preceduto  le  elezioni
amministrative del Comune di Torretta, nel giugno 2018, operando,  al
riguardo, in nome, per conto e nell'interesse della famiglia  mafiosa
di Torretta. 
    L'appoggio di costoro al candidato sindaco, Salvatore Gambino cl.
'83, e' stato determinante per la vittoria di quest'ultimo, tanto  da
mettere lo stesso Calogero Zito nelle condizioni  di  poter  indicare
nomi e funzioni di  quanti  poi  hanno  ottenuto  incarichi  in  seno
all'Amministrazione comunale e consentendogli altresi'  di  asservire
stabilmente la figura del sindaco  alle  esigenze  sue  e  della  sua
famiglia  mafiosa,  come  dimostrato  anche  da   talune   assunzioni
lavorative effettuate proprio su  istanza  della  locale  consorteria
mafiosa. 
    Le vicende del mandamento mafioso di Passo di Rigano,  nel  corso
dell'ultimo  anno,  si  sono  significativamente  e   pericolosamente
intersecate con la dinamica criminale che, in data  29  maggio  2018,
dopo  un  lungo  e   complesso   percorso,   portava   alla   formale
ricostituzione della commissione provinciale di cosa nostra, mediante
la riunione di diversi capi-mandamento, operanti nella citta' e nella
Provincia di Palermo. 
    Tale dinamica veniva tempestivamente  bloccata  dalle  iniziative
giudiziarie intraprese, nell'ambito del sopra richiamato  proc.  pen.
nr. 719/2016,  in  seno  al  quale  venivano  adottati  due  distinti
provvedimenti di fermo, l'uno eseguito il 4 dicembre 2018  e  l'altro
il 22 gennaio 2019, mirati  a  disarticolare  sul  nascere  la  nuova
commissione provinciale di cosa nostra (v. provvedimenti di fermo  in
atti) ed entrambi largamente confermati  dal  successivo  vaglio  del
locale Giudice per le indagini preliminari e del locale Tribunale del
riesame. 
    La rilevanza dell'evento criminale in questione  veniva  peraltro
confermata  dai  due  nuovi  collaboratori  di  giustizia,   Colletti
Francesco e Bisconti Filippo Salvatore, entrambi sottoposti  a  fermo
in data 4 dicembre 2018. Ebbene,  ambedue,  essendo  stati  coinvolti
nelle  attivita'  relative  alla  ricostituzione  della   commissione
provinciale,   una   volta   avviati   i   rispettivi   percorsi   di
collaborazione  con  la  giustizia,  spiegavano   i   meccanismi   di
funzionamento e  le  regole  organizzative  del  rinnovato  organismo
collegiale (v., sul punto,  gli  elementi  sintetizzati  in  seno  al
provvedimento di fermo eseguito in data 22 gennaio 2019) ed e'  stato
da subito sorprendente notare come tali  meccanismi  siano  risultati
perfettamente sovrapponibili ai  precetti  che,  sempre  a  proposito
della commissione provinciale, si ritrovarono consacrati per iscritto
in un «pizzino» rinvenuto nella disponibilita' di Salvatore e  Sandro
Lo Piccolo al momento del loro arresto, effettuato in data 5 novembre
2017. 
    Ebbene, in tale  allarmante  contesto  criminale,  e'  importante
sottolineare come anche i rappresentanti del mandamento di  Passo  di
Rigano abbiano attivamente partecipato alla rifondazione del suddetto
organismo  collegiale,  chiamato  a  conferire  rinnovato  lustro  ed
efficienza operativa alla cosa  nostra  palermitana,  in  particolare
tramite la partecipazione del  capo-mandamento  Buscemi  Giovanni  al
consesso riunitosi in  data  29  maggio  2018,  nonche'  mediante  le
fondamentali attivita'  logistiche  ed  organizzative  assicurate  da
Sirchia Giovanni, uomo «d'onore» della famiglia mafiosa di  Passo  di
Rigano che, come detto, veniva sottoposto  a  fermo  nell'ambito  del
suddetto procedimento  n.  719/2016;  ancora,  e  soprattutto,  giova
evidenziare che la riunione  intermandamentale  del  29  maggio  2018
veniva organizzata e svolta proprio  all'interno  del  mandamento  di
Passo di Rigano, ed in particolare nella zona  di  Baida,  presso  un
immobile allo stato non compiutamente identificato  e  verosimilmente
messo a disposizione proprio da  Buscemi  Giovanni  (si  vedano,  sul
punto le dichiarazioni rese  dal  nuovo  collaboratore  di  giustizia
Colletti Francesco in seno al verbale del 21 dicembre 2018, agli atti
del  presente  procedimento).   Peraltro,   proprio   le   richiamate
iniziative giudiziarie determinavano una  forte  fibrillazione  anche
all'interno del mandamento di Passo  di  Rigano,  nei  cui  confronti
proseguivano le investigazioni a largo raggio infine  sfociate  nella
presente iniziativa cautelare, nonche' in  quelle  che  separatamente
saranno adottate  nei  confronti  di  altri  soggetti  sottoposti  ad
indagine nell'ambito del presente procedimento. 
    L'O.C.C. delinea compiutamente  la  caratura  criminale  di  Zito
Simone e Calogero. 
    Simone Zito ha un rilevante curriculum criminale che  ne  accosta
la figura a quella del gruppo mafioso degli  Inzerillo  di  Passo  di
Rigano e dei Gambino di New York fin dagli anni '80. 
    Dal  dicembre  del  1986  si  rendeva  irreperibile  in   seguito
all'emissione  dell'ordine  di  cattura  da   parte   Procura   della
Repubblica di Palermo per associazione per delinquere di tipo mafioso
e traffico di sostanze stupefacenti. 
    Nel 1987 la stessa Procura emetteva a suo carico  un  mandato  di
cattura, poiche' imputato di associazione per delinquere  finalizzata
al traffico di sostanze  stupefacenti  e  infrazioni  alle  norme  in
materia valutaria. 
    Il 25 novembre 1988, una nota dei Carabinieri lo  segnalava  alla
Procura della Repubblica di Palermo per l'applicazione  della  misura
di prevenzione della sorveglianza speciale di  P.S.  con  divieto  di
soggiorno in Sicilia, Sardegna, Calabria e Campania. 
    Le investigazioni eseguite nell'ambito delle indagini  note  come
Iran Tower ne individuavano la certa presenza negli Stati  Uniti  fin
dall'aprile del 1988. 
    Quando venne data esecuzione agli arresti tra la  Sicilia  e  gli
Stati Uniti 17 dicembre 1988, a seguito del mandato di  cattura,  per
associazione per  delinquere  finalizzata  al  traffico  di  sostanze
stupefacenti,  Simone  Zito,  che   era   tra   i   destinatari   del
provvedimento restrittivo, era ancora latitante.  In  tale  occasione
vennero arrestati  la  moglie  Giuseppa  Enea,  i  fratelli  Stefano,
Antonio e Giuseppe Zito, il cugino Benedetto Zito e altri soggetti. 
    La sua latitanza  terminava  il  24  aprile  1990,  quando  venne
catturato a  casa  dei  suoceri,  residenti  a  Torretta,  durante  i
festeggiamenti per il suo 28° compleanno. 
    Condannato nel 1992 alla pena detentiva di 20 anni, a suo  carico
non  fu  riconosciuta  l'imputazione  relativa  all'associazione  per
delinquere di tipo mafioso. La Corte d'appello diminui' a 17 anni  la
pena irrogata nei confronti di Zito che venne scarcerato il 9  maggio
2004 e sottoposto a sorveglianza speciale con  obbligo  di  soggiorno
nel Comune di Torretta (cfr, casellario giudiziale). 
    Il figlio di Zito  Simone,  Calogero  Christian  Zito,  e'  stato
destinatario  di   sequestro   di   prevenzione,   poiche'   ritenuto
prestanome, con riferimento alla sua partecipazione societaria  nella
F.M. Edilizia S.r.l.,  del  pregiudicato  Ignazio  Antonino  Mannino,
tratto in arresto con Simone Zito  nell'ambito  dell'operazione  Iran
Tower.  Il  Tribunale  ha  disposto  la  restituzione  dei  beni  nei
confronti dello Zito, ma cio' che qui rileva e' l'accertata esistenza
di cointeressenze  economiche  del  predetto  Zito  con  il  Mannino.
Difatti, soci paritari della  F.M.  Edilizia  S.r.l.,  oltre  a  Luca
Senapa (sul quale si vedra' oltre), erano  lo  stesso  Zito  Calogero
Christian e Pulitano Grazia, moglie del Mannino Ignazio Antonino, nei
confronti della quale e' stata disposta la confisca della  sua  quota
(cfr. provvedimento  del  Tribunale  di  Palermo  Sezione  misure  di
prevenzione del 29 giugno 2017). 
    Simone e Calogero Christian Zito, fin dalle prime investigazioni,
sono risultati gestori di un'attivita' commerciale di ristorazione  e
bar negli Stati Uniti, nella  citta'  di  Philadelphia,  nello  stato
della Pennsylvania, denominato Dolce & Caffe', all'indirizzo 708 n. 2
street 19123, inaugurato il 6 gennaio 2018. 
    Agli stessi sarebbe riconducibile l'esercizio commerciale per  la
ristorazione denominato Joe's pizza, all'indirizzo 122  Street,  16th
Street 19012. 
    Proprio a tale societa',  era  intestata  l'autovettura  nel  cui
bagagliaio, il 15 gennaio  1982,  veniva  rinvenuto  il  cadavere  di
Pietro Inzerillo, fratello di Totuccio. 
    L'esito delle odierne investigazioni ha consentito di  dimostrare
la  sussistenza  di  elementi  che  costituiscono  gravi  indizi   di
colpevolezza, nei  confronti  di  Zito  Simone  e  di  Zito  Calogero
Christian, in ordine alla loro appartenenza a  «cosa  nostra»  e,  in
particolare, alla famiglia mafiosa di Torretta. 
    Nell'ambito della presente indagine, le figure di Simone  Zito  e
di Calogero Christian Zito emergevano a partire dal  mese  di  maggio
del 2017. 
    Zito Simone, pertanto,  si  e'  «effettivamente  relazionato  con
numerosi soggetti del mandamento di  Passo  di  Rigano  Torretta  nel
gestire le  vicende  attinenti  alla  gestione  di  cosa  nostra  nel
territorio di Torretta. 
    Nell'ordinanza viene ancora  osservato  come  Calogero  Christian
Zito,   abbia   perseguito,   raggiungendo    peraltro    l'obiettivo
prefissatosi, una  delle  finalita'  piu'  tipiche  dell'associazione
mafiosa,    infiltrandosi    all'interno    dell'apparato    politico
amministrativo del Comune di  Torretta,  al  fine  di  esercitare  un
occulto potere di  controllo  sull'intero  Ente,  nella  prospettiva,
invero concretizzatasi, di ampliare non soltanto  il  proprio  potere
personale,  ma  soprattutto  quello  dell'associazione  mafiosa   nel
territorio di Torretta,  incidendo  non  soltanto  sull'elezione  del
sindaco e  dei  consiglieri  comunali,  ma  anche  sulla  nomina  del
Presidente del Consiglio comunale degli  assessori  e  dei  dirigenti
degli  uffici.  Non  puo'  sfuggire,  inoltre,  come  per  portare  a
compimento tale strategia, Zito Christian abbia  avuto  l'ausilio  di
soggetti pregiudicati, alcuni dei quali vicinissimi ad  esponenti  di
spicco di cosa nostra, tra i quali Calogero Badalamenti, Luca  Senapa
e Lorenzo Altadonna, ed abbia altresi'  sollecitato  il  padre,  Zito
Simone, ad intercedere nei confronti del cognato Benedetto  Enea,  al
fine di impedire allo stesso ed al  fratello  di  svolgere  attivita'
elettorale in favore della cugina, fino a convincerlo a sostenere  il
candidato  Salvatore  Gambino,  cosi  come   dimostrano   le   parole
successivamente captate dello stesso Zito Simone (non gliele ho fatte
vincere io le elezioni?!).  D'altra  parte,  deve  considerarsi  come
l'azione di Zito Calogero Christian non si sia limitata  ad  un  mero
sostegno elettorale in favore  del  Gambino  Salvatore,  motivato  da
ragioni  di  amicizia  o  dalla  prospettiva  di  ricevere   vantaggi
esclusivamente  personali,  ma  si  sia  concretizzata  in  una  piu'
generale strategia di controllo totalitario dell'Ente comunale, volta
a garantire futuri illeciti vantaggi per il sodalizio  criminoso.  In
tal senso sono emblematiche le parole  del  pregiudicato  Badalamenti
Calogero rivolte a Zito Simone (se ha perso  lui,  ho  perso  io,  ha
perso tuo figlio, hanno perso tutti... abbiamo perso tutti, hai perso
tu),  nonche'  le  parole  pronunciate  dallo  stesso  Zito  Calogero
Christian, dopo la riconferma del Gambino  alla  carica  di  sindaco,
nella telefonata con il socio  Lorenzo  Altadonna  (eh  ...  ora  ...
allestiamo ce ne andiamo a lavorare Lore!), alle  quali  seguiva  una
inequivocabile affermazione dello stesso Altadonna: «e lo so!». 
    D'altra parte, che l'avvenuta conquista di un siffatto potere  di
condizionamento dei piu' elevati  livelli  dell'apparato  politico  e
amministrativo  comunale  costituisca  una  iniziativa  destinata   a
rafforzare, e in maniera assolutamente  straordinaria,  il  sodalizio
mafioso operante nel territorio di Torretta e' un  fatto  innegabile,
allorche' si pensi alla possibilita' per la locale cosca di  incidere
a proprio beneficio sulle piu' importanti azioni dell'Amministrazione
o, piu' semplicemente, all'acquisizione da parte della medesima cosca
di una maggiore capacita' di attrarre  nuovi  adepti  attirati  dalla
prospettiva di ottenere lucrosi vantaggi direttamente connessi a tale
potere  di  condizionamento  dell'Ente  comunale   da   parte   della
consorteria criminale mafiosa. 
    Dichiara il G.I.P. che, alla luce delle emergenze  acquisite  nei
confronti di Calogero Christian Zito, puo' concludersi che sussistono
elementi gravemente indizianti con riferimento  al  suo  rapporto  di
stabile e organica compenetrazione con il tessuto  organizzativo  del
sodalizio mafioso, tale da implicare un rilevante  ruolo  dinamico  e
funzionale, in esplicazione del quale lo stesso  ha  preso  parte  al
fenomeno associativo,  rimanendo  a  disposizione  dell'ente  per  il
perseguimento dei comuni fini criminosi. 
    Il sindaco  Salvatore  Gambino,  al  secondo  mandato,  e'  stato
rieletto a seguito delle elezioni amministrative del 10 giugno 2018. 
    Il Comune di Torretta e' stato sciolto per infiltrazioni mafiose,
con provvedimento del Consiglio dei Ministri  adottato  nel  novembre
2005, allorche' era in carica il sindaco Filippo  Davi.  Al  Davi  e'
succeduto il sindaco Vincenzo Guastella e, dopo  la  sindacatura  del
predetto,  veniva   eletto   primo   cittadino   Salvatore   Gambino,
presentatosi con una lista civica vincente alle elezioni del 9  e  10
giugno 2013. 
    Il Salvatore Gambino e' coniugato con Francesca Di Maggio, figlia
di Salvatore Emanuele Di Maggio.  Lo  stesso  Salvatore  Emanuele  Di
Maggio, figlio del mafioso Rosario Di Maggio (nei confronti del quale
e' stata riconosciuta l'appartenenza all'associazione  mafiosa  «cosa
nostra» ed il ruolo, ricoperto per anni, di capo mandamento di  Passo
di Rigano, Uditore e Torretta), e' stato  definitivamente  condannato
per il delitto di associazione per delinquere, con sentenza  n.  9/98
Reg. gen. la Corte d'appello di Palermo Sez. 1, che  cosi'  riformava
la precedente sentenza di condanna resa dal Tribunale per il  delitto
di cui all'art. 416-bis del codice penale. 
    Nel febbraio 2014,  questa  Prefettura,  anche  in  relazione  ai
rapporti di parentela del sindaco con la  famiglia  Di  Maggio,  capo
storico della locale famiglia, aveva effettuato un accesso  ispettivo
nel Comune di Torretta, al  fine  di  verificare  la  sussistenza  di
infiltrazioni mafiose, che  veniva  esitato  con  una  relazione  che
orientava  il  Prefetto  a  proporre  la  dissoluzione  degli  organi
elettivi. Il  Ministro  dell'interno,  con  proprio  decreto  del  24
ottobre  2014,  non  riteneva  sussistenti  i  presupposti   per   lo
scioglimento del Comune, in assenza della necessaria congruenza degli
elementi emersi rispetto ai requisiti di  concretezza,  univocita'  e
rilevanza, richiesti dall'art. 143, comma 1, del decreto  legislativo
n. 267/2000. 
    L'O.C.C., nel contestare al sindaco il reato di concorso  esterno
in associazione mafiosa, per avere favorito  cosa  nostra,  evidenzia
fatti  di  grave  compromissione  come  testualmente  di  seguito  si
riporta. 
    L'attivita' d'indagine ha consentito di svelare la figura di Zito
Calogero Christian quale regista occulto delle  strategie  elettorali
del sindaco Salvatore Gambino,  candidatosi  alle  amministrative  di
giugno 2018, per la riconferma alla carica di primo cittadino. 
    Nel periodo della campagna elettorale per le  amministrative  del
giugno 2018, e' emerso un rapporto perfettamente  simbiotico  tra  il
sindaco Salvatore Gambino e Calogero Christian Zito, con  riferimento
alle scelte relative alle  alleanze,  alle  strategie  politiche,  ai
soggetti  da  inserire  in  lista  quali  candidati  alla  carica  di
consigliere comunale ed alla nomina degli assessori. 
    In alcune occasioni, poi, il  Gambino  e'  apparso  anche  essere
interlocutore subalterno rispetto al mafioso Zito Calogero Christian,
al quale si e' sempre rivolto, nel corso della  campagna  elettorale,
chiedendogli spesso consigli e riservati incontri (ho bisogno  di  un
venticinque minuti io e tu ... tu e io, io e tu). 
    Nel corso delle conversazioni intercettate tra Calogero Christian
Zito e Salvatore Gambino, dunque, si e' avuto modo di appurare come i
due discutessero della composizione delle  liste,  della  nomina  dei
futuri  assessori,  delle  strategie  politiche  e  delle   alleanze,
fissando anche appuntamenti al fine di affrontare di presenza di tali
aspetti. 
    Zito Calogero Christian ha finanche indicato al Gambino  soggetti
da inserire in  lista,  come  nel  caso  di  Rosaria  Pipitone,  oggi
consigliere comunale di Torretta, proponendo  anche  l'organizzazione
di occasioni conviviali quali  luoghi  in  cui  definire  alleanze  o
comunque strategie elettorali, come nel caso  del  «pranzo»  o  della
«cena» da organizzare con il suocero del Gambino, Salvatore  Emanuele
Di Maggio,  nonche'  con  Giuseppe  Scatassa,  gia'  assessore  nella
precedente giunta ed oggi vice sindaco. 
    Zito  Calogero  Christian,  inoltre,  nel  corso  della  campagna
elettorale ha anche dato prova di potersi  comportare  quale  vero  e
proprio alter ego del  Gambino.  A  tal  proposito  e'  assolutamente
dimostrativa  della  fondatezza  della  precedente  affermazione   la
conversazione del 9 maggio 2018 (126), che, invero, conferma anche il
ruolo di soggetto subalterno del Gambino rispetto a quello di Zito. 
    Nel corso di  tale  dialogo,  difatti,  Calogero  Christian  Zito
riferiva in merito ai suoi contatti con tale Toto',  al  quale  aveva
garantito l'appoggio per garantire la nomina alla carica di Assessore
di un terzo soggetto. Ebbene, in questo caso, pur essendosi mosso  in
totale autonomia, l'operato di Zito trovava il piena condivisione  di
Salvatore Gambino, il  quale  si  lasciava  istruire  finanche  sulle
modalita'  con  cui  avrebbe  dovuto  rivolgersi  al  soggetto   gia'
incontrato da Zito. 
    Deve, poi,  osservarsi  come  il  Gambino,  oltre  a  dimostrarsi
totalmente accondiscendente,  durante  la  campagna  elettorale,  nei
confronti del mafioso  Zito  Calogero  Christian,  abbia  beneficiato
altresi' del sostegno elettorale di quest'ultimo, del di  lui  padre,
ossia del  mafioso  Zito  Simone  (altro  elemento  di  spicco  della
famiglia mafiosa di Torretta, nella specie, sceso in  campo  dopo  la
sollecitazione  del  figlio  Calogero  Christian,   cosi'   come   e'
dimostrato dalla telefonata nel corso  della  quale  lo  stesso  Zito
Simone richiedeva espressamente ad Enea Benedetto di astenersi  dallo
svolgere attivita' elettorale in favore della cugina,  nonche'  dalle
parole  dello  stesso  pronunciate  nel  corso  di   una   successiva
telefonata [non gliele ho fatte vincere io le elezioni?!]), oltre che
del  sostegno  di  altri  soggetti,  fra  i  quali   pregiudicati   e
vicinissimi ad esponenti di  spicco  di  cosa  nostra,  tra  i  quali
Calogero Badalamenti, Luca Senapa e Lorenzo Altadonna. 
    Che tale appoggio elettorale al Gambino sia  stato  garantito  in
forza della sua promessa di  favorire  la  locale  cosca  mafiosa  di
appartenenza di Zito Calogero Christian e di Zito Simone  nei  futuri
rapporti con l'Amministrazione,  d'altra  parte,  e'  dimostrato,  in
primo  luogo  dalla  conversazione  (127)  dell'11  giugno  2018  tra
Calogero Christian Zito e Lorenzo Altadonna (Zito Calogero Christian:
eh ... ora ... allestiamo ce ne  andiamo  a  lavorare  Lore!  Lorenzo
Altadonna: e lo so!), nonche' da quella intercorsa tra Zito Simone ed
il pregiudicato Calogero Badalamenti (128)  («se  ha  perso  lui,  ho
perso io, ha perso tuo  figlio,  hanno  perso  tutti...abbiamo  perso
tutti, hai perso tu hai perso pure tu»). 
    Sul  punto,  poi,  appare  sufficiente  un  mero  richiamo   agli
ulteriori elementi compendiati nella nota da ultimo depositata  dalla
polizia giudiziaria, in data 25 giugno 2019, dei quali  si  e'  detto
nell'ultima  parte  del   precedente   paragrafo,   con   particolare
riferimento all'assunzione di Scalici  Calogero  e  della  figlia  di
Badalamenti, nonche' agli stretti rapporti tra il Gambino Salvatore e
Zito Simone ( ... stasera ha bisogno di te... speriamo il Signore per
lui... ) ed alla attribuzione di ingiusti vantaggi da parte del primo
in favore del secondo (si prende l'impegno per uscirmi una cosa dalla
soprintendenza). 
    Ma, nel caso di specie, vi e'  molto  di  piu'  di  un  patto  di
scambio elettorale tra il Gambino, da  una  parte,  e  Zito  Calogero
Christian, Zito Simone e gli altri soggetti  gia'  sopra  menzionati,
dall'altra,  peraltro,  gia'  astrattamente  idoneo  di  per  se'  ad
integrare il delitto contestato al Gambino Salvatore (cfr. Cass. pen.
Sez.  I  ord.,  4  febbraio  2005,  n.  11613   [rv.   231630]:   «E'
configurabile il concorso esterno nel delitto di associazione mafiosa
tutte le volte in cui  il  contributo  dell'extraneus  sia  concreto,
specifico,  consapevole  e  volontario.  Tale  contributo  ben   puo'
connettersi ad un accordo  di  scambio  con  il  quale  un  esponente
politico si impegni - verso la promessa di voti in sede  di  elezioni
amministrative  -  a  favorire  il  sodalizio  criminoso  nei  futuri
rapporti con l'Amministrazione, sicche'  la  condotta  offensiva  del
bene giuridico tutelato viene integrata dallo scambio  sinallagmatico
tra le due promesse (appoggio  elettorale  e  agevolazione  da  parte
dell'ente),  restando  irrilevante  la   mancata   esecuzione   delle
promesse)». 
    Invero, le intercettazioni delle  conversazioni  intrattenute  da
Zito Calogero Christian dopo l'avventa elezione del Gambino, ma anche
quelle tenute da Zito Simone, dimostrano il totale  asservimento  del
sindaco Gambino Giuseppe  alle  volonta'  dei  suddetti  mafiosi  (si
vedano al tal riguardo le intercettazioni relative alla assunzione di
Scalici Calogero, al pagamento del credito vantato da Enea Benedetto,
nonche'  all'interessamento  per  «la  cosa  alla   sovrintendenza»),
nonche' l'esistenza di una allarmante  situazione  che  ha  visto  il
predetto Zito Calogero Christian quale soggetto dotato del potere  di
dare indicazioni in merito alla scelta del Presidente  del  Consiglio
comunale, degli assessori e dei dirigenti degli uffici e, dunque,  di
determinare  in  maniera   assai   incisiva   l'azione   politica   e
amministrativa dell'Ente comunale e del primo cittadino. 
    Quanto agli effetti della condotta del Gambino,  puo'  senz'altro
dirsi  che  l'avvenuta   conquista   di   un   siffatto   potere   di
condizionamento dei piu' elevati  livelli  dell'apparato  politico  e
amministrativo del Comune  di  Torretta  costituisca  una  situazione
sicuramente  destinata  a  rafforzare,  e  in  maniera  assolutamente
straordinaria, il locale sodalizio mafioso. 
    Si pensi soltanto alla possibilita' per la locale  cosca  mafiosa
di  incidere  a  proprio  beneficio  sulle  piu'  importanti   azioni
dell'Amministrazione o, piu' semplicemente, all'acquisizione da parte
della medesima cosca di una  maggiore  capacita'  di  attrarre  nuovi
adepti  attirati  dalla  prospettiva  di  ottenere  lucrosi  vantaggi
direttamente connessi a  tale  potere  di  condizionamento  dell'Ente
comunale. 
    Tale  inquietante  situazione,  in  effetti,  non  puo'   trovare
giustificazione nella volonta'  del  Gambino  di  avvantaggiare,  per
ragioni di amicizia o di  riconoscenza  per  il  sostegno  elettorale
ricevuto,  esclusivamente  Zito   Calogero   Christian,   bensi'   e'
all'evidenza  indicativa  dell'avvenuto  adempimento  da  parte   del
Gambino degli accordi gia' raggiunti in campagna elettorale con  Zito
Calogero Christian quale emissario della locale cosca mafiosa. 
    A tale riguardo, appare il caso di ricordare come  Zito  Calogero
Christian,  parlando  con  il  Di  Maggio,  affrontava  la  questione
concernente l'individuazione del Di Mino quale soggetto  da  porre  a
capo dell'Ufficio tecnico dopo il pensionamento di Bordonaro  (se  lo
incontri, cosi' lui si  deve  prendere  l'impegno  con  noialtri  ...
perche' noi, qualsiasi cosa abbiamo di bisogno,  lui  la  deve  fare!
Intanto!). 
    In  effetti,  ove  il   Gambino   avesse   semplicemente   voluto
contraccambiare il solo Zito per l'impegno dallo stesso profuso nella
campagna elettorale, avrebbe, di certo, potuto limitarsi a fornire la
propria disponibilita' a soddisfare singole  richieste  da  parte  di
quest'ultimo e non gia' concedergli la facolta' di esprimere finanche
le proprie preferenze in ordine  alla  elezione  del  Presidente  del
Consiglio Comunale ed alla nomina dei componenti della Giunta  e  dei
dirigenti degli uffici comunali. 
    D'altra parte che il Gambino  si  sia  rivolto  a  Zito  Calogero
Christian in ragione della sua caratura criminale e non gia'  perche'
uomo politicamente attrezzato e' emerso sin dalle prime conversazioni
captate nel corso della campagna elettorale, allorche' lo stesso Zito
ha dato prova di non conoscere nemmeno la prevista facolta'  per  gli
elettori di esprimere  la  loro  preferenza  mediante  il  c.d.  voto
disgiunto e le connesse eventuali  implicazioni  (Gambino  Salvatore:
no, assolutamente no. Ma io di qua al dieci  giugno  non  lo  so  che
succede e  con  un  candidato  dentro  puo'  succedere  di  tutto  al
contrario, capisci? E quindi ... Zito Calogero: cioe', e che danno ti
puo' fare il candidato dentro scusami?  Ti  fa  fare  brutta  figura?
Gambino Salvatore: i voti disgiunti compa'  Zito  Calogero:  si  puo'
fare, tu dici?). 
    Tutto cio' premesso, il giudice dichiara che alla luce poi  degli
accertamenti sulla cerchia familiare del suddetto Gambino e  del  suo
simbiotico  rapporto  con  Zito  Calogero  Christian  appare  doversi
indubbiamente  escludere  che   il   suddetto   Gambino   non   fosse
perfettamente consapevole della caratura mafiosa di Zito e della  sua
funzione di emissario della locale famiglia mafiosa. 
    E sostiene ancora il Giudice che alla  luce  di  quanto  precede,
pertanto, appare non potersi dubitare  circa  la  sussistenza  di  un
grave quadro indiziario a carico di Gambino Salvatore, in  ordine  al
reato contestatogli. 
    L'organico esame  delle  prove  raccolte,  difatti,  consente  di
affermare che lo stesso non si e' esclusivamente limitato a stringere
un accordo diretto ad ottenere sostegno elettorale  in  cambio  della
propria  disponibilita'  a  soddisfare,  in  caso  di  vittoria,  gli
interessi della consorteria criminale  -  condotta  che,  come  sopra
ricordato, gia' di per se' e' astrattamente idonea  ad  integrare  il
concorso eventuale nel reato associativo - ma si e' posto quale  vero
e proprio punto di riferimento della locale consorteria mafiosa e suo
referente  politico,  consentendo  alla  medesima   cosca   di   dare
indicazioni con riguardo alla elezione del Presidente  del  Consiglio
comunale ed alla nomina dei componenti della Giunta e  dei  dirigenti
degli  uffici  e  dunque  di   determinare   l'azione   politica   ed
amministrativa dell'Ente  comunale,  nonche'  garantendo  il  proprio
appoggio al fine di far conseguire  vantaggi  ingiusti  ai  partecipi
dell'associazione ed a soggetti alla stessa contigui, come  nel  caso
delle assunzioni in favore di Scalici Calogero  e  della  figlia  del
Badalamenti, del richiesto pagamento del credito in  favore  di  Enea
Benedetto e della attribuzione di ingiusti vantaggi in favore di Zito
Simone  (si   prende   l'impegno   per   uscirmi   una   cosa   dalla
soprintendenza). 
    Da quanto sopra esposto emerge  un  grave  quadro  indiziario  in
ordine al delitto contestato. A tale proposito il  GIP  scrive  «come
evidenziato dalla P.G.,  Gambino  Salvatore  vanta  parentele  ed  e'
inserito in un qualificato contesto di mafia. Cio' non avrebbe di per
se' rilievo penale, ma il dato, inserito e letto nel compendio  delle
emergenze  investigative  che  lo  riguardano,  indubbiamente  incide
sull'elemento  psicologico  del  delitto   oggetto   di   imputazione
provvisori. Il Gambino, puo' qui dedursi, ma la deduzione  e'  basata
sulle oggettive emergenze istruttorie, non puo' non sapere chi sono e
chi rappresentano i suoi sostenitori ed interlocutori  nel  frangente
delle elezioni e successivamente. 
    Le condotte che verranno evidenziate sono  poste  in  essere  dal
Gambino, dunque, nella piena consapevolezza della caratura  criminale
dei soggetti con i quali opera  in  piena  sintonica  dipendenza,  ai
quali  sa  bene  di  dovere  rendere   il   conto   in   termini   di
assoggettamento del suo mandato ai loro  interessi.  Il  rapporto  di
vera e propria dipendenza tra il sindaco Gambino e  il  volto  pulito
della famiglia mafiosa di Torretta, Calogero Christian Zito  si  pone
all'attenzione degli inquirenti nel corso della  campagna  elettorale
per il rinnovo delle cariche amministrative del Comune  di  Torretta.
Del maggio 2018. Nel corso delle stesse  la  gestione,  o  meglio  la
direzione occulta da parte dello Zito e della associazione si  coglie
a piene mani nelle conversazioni oggetto di  captazione  in  capo  al
predetto Zito. In particolare nella conversazione del 3  maggio  2018
delle ore 19,58 trascritta a pagina 140 il sindaco Gambino  in  piena
attivita' di raccolta dei consensi  manifesta  a  Calogero  Christian
Zito il bisogno di parlare con lui  a  quattr'occhi  per  sottoporgli
alcune questioni e condividere alcune sue riflessioni: «Ho bisogno 25
minuti ...  io  e  tu  ...  tu  ed  io».  Nella  conversazione  sopra
trascritta e contenuta a pagina 144 della richiesta cautelare  e'  di
palmare evidenza la fattiva  partecipazione  del  Calogero  Christian
Zito in termini di vera direzione nella formazione delle liste  degli
assessori futuri e dei candidati al  Consiglio  comunale.  Sempre  le
intercettazioni confermano che Zito coinvolge nella raccolta di  voti
il padre Zito Simone, ed  ancora  Altadonna  Lorenzo,  soggetto  gia'
colpito da misura cautelare per il delitto di associazione mafiosa  e
da misura di prevenzione ormai definitiva. Che Gambino sia  informato
del coinvolgimento di questo soggetto e' confermato dal fatto  che  i
tre si incontrano a Palermo al fine di cui sopra. E va segnalato come
lo  Zito  controlla  il  Gambino   a   che   mantenga   gli   impegni
preelettorali, come appunto quello con Altadonna. 
    Che i contatti  e  le  richieste  intessute  dallo  Zito  abbiano
sortito effetto positivo determinando la riconferma del sindaco si ha
conferma nelle  seguenti  conversazioni  telefoniche  trascritte.  E'
altamente significativa della finalita' delle condotte dello Zito  la
conversazione trascritta a  pagina  152  della  richiesta  cautelare,
laddove, parlando con Altadonna  Lorenzo,  evidentemente  soddisfatto
dei risultati elettorali  lo  Zito,  soddisfatto,  significativamente
dice all'Altadonna che ora possono andarsene  a  lavorare.  A  questo
punto, va detto, che il lavoro a  cui  entrambi  possono  serenamente
porre mano, di cui lo stesso Zito e' certo e' relativo  ad  attivita'
edilizia. Infatti Zito parlando con il padre Simone fa riferimento ai
lavori di Altadonna ed ai quali egli appare direttamente interessato. 
    Univoco  e  sorprendentemente  chiaro  valore  indiziante   della
sussistenza del delitto contestato al Gambino  lo  si  ritrova  nella
trascrizione  della  conversazione  tra  i   coindagati   Badalamenti
Calogero Emanuele e Zito Simone. E' il  primo  che  parlando  con  il
secondo della eventualita'  di  una  perdita  da  parte  del  Gambino
Salvatore, significativamente afferma: «Se ha perso lui ho perso  io,
ha perso tuo figlio, abbiamo perso tutti! ossia:  simul  stabunt  vel
simul cadent. 
    L'uso del noi non puo' - attese  tutte  le  considerazioni  sopra
esposte e lo spessore criminale dei due interlocutori e  i  risultati
delle indagini - non puo' che essere riferito alla  famiglia  mafiosa
di Cosa Nostra operante a Torretta... E' del  resto  lo  stesso  Zito
Simone che nella  conversazione  telefonica  dell'8  settembre  2018,
trascritta a pagina 159 della richiesta cautelare,  dichiara  al  suo
interlocutore sodale di avergliele fatte vincere lui le  elezioni  al
Gambino. E dalle investigazioni risulta  che  lo  Zito  Simone  abbia
chiesto e si sia speso per quest'ultimo. 
    Il ritorno per la famiglia di Torretta e' subito rilevabile nelle
conversazioni che seguono tra Calogero Christian  Zito  e  Di  Maggio
Francesco. In esse e' Calogero  Christian  che  decide  direttamente,
personalmente e senza vincolo alcuno rispetto  al  sindaco,  le  piu'
importanti cariche degli uffici comunali. Tra queste quella del  capo
dell'Ufficio tecnico del Comune di Torretta che viene individuato  in
relazione agli interessi della  famiglia  stessa  come  soggetto  che
avrebbe dovuto mettersi e si sarebbe messo certamente a  disposizione
... Lui si deve prendere l'impegno con noialtri perche' noi qualsiasi
cosa abbiamo di bisogno, lui la deve fare «Anche il  soggetto  giusto
per la presidenza del  Consiglio  comunale,  individuato  dai  sodali
avrebbe dovuto impegnarsi per qualsiasi cosa.  Le  conversazioni  non
lasciano spazio a dubbi interpretativi ed  il  noi  sempre  adoperato
dallo Zito e dal suo coindagato sodale non puo' che fare capo  a  che
ha determinato la vittoria del sindaco. 
    Dichiara pertanto il G.I.P. che il sindaco, dunque,  con  la  sua
abdicazione consapevole dalla sua carica  rappresentativa  in  favore
della Cosa Nostra sul territorio, confermata e concretizzatasi subito
dopo le  elezioni  con  la  delega  in  termini  fattuali  delle  sue
prerogative  alla  associazione  de  qua,  ovviamente  non  puo'  che
considerarsi asservito ai voleri della famiglia. Funzione di questa e
dei suoi interessi, espressione nella vita amministrativa  del  paese
del gruppo criminale dominante sul territorio. 
    E infine cosi' conclude il GIP: Questo, plasticamente dato  dagli
esiti delle conversazioni, che peraltro  non  lo  vedono  mai  attore
delle sue sorti politiche amministrative del paese, integra a  parere
di questo Ufficio il quadro grave e plurimo richiesto  dall'art.  273
del codice di procedura penale in  ordine  al  delitto  ascritto  dal
pubblico ministero in capo al Gambino  Salvatore,  per  la  emissione
della misura cautelare richiesta. 
 
Conclusioni. 
 
    Tutto cio' premesso, si prende atto che dalle le  gravi  evidenze
giudiziarie emerge che la famiglia mafiosa di Torretta  inserita  nel
mandamento  di  Passo  di  Rigano/Uditore/Torretta,  ha   determinato
l'elezione a sindaco del Gambino Salvatore, attivamente  partecipando
alla  sua  campagna  elettorale  con   l'obiettivo   di   infiltrarsi
all'interno  dell'apparato  politico  amministrativo  del  Comune  di
Torretta, al fine  di  esercitare  un  occulto  potere  di  controllo
sull'intero  Ente,  nella  prospettiva,  invero  concretizzatasi,  di
ampliare non soltanto il proprio  potere  personale,  ma  soprattutto
quello dell'associazione mafiosa nel territorio di Torretta incidendo
non soltanto sull'elezione del sindaco e dei consiglieri comunali, ma
anche sulla nomina  del  presidente  del  Consiglio  comunale,  degli
Assessori e dei dirigenti degli uffici e operando per la  ricerca  di
voti al punto tale da impedire  che  altri  potessero  ricevere  voti
dalla stessa famiglia. 
    Il Comitato, riunitosi in data 18 luglio  u.s.  al  tavolo  della
Prefettura, ha ribadito che sussistono gli  elementi  comprovanti  la
condizionabilita' mafiosa del Comune di Torretta, tenuto conto  delle
pesanti conclusioni della Procura della  Repubblica  DDA,  confermate
dal GIP, che attestano la grave compromissione  del  sindaco  Gambino
rispetto alla locale famiglia mafiosa,  consentendo  alla  stessa  di
interferire e condizionare la vita politico amministrativa dell'Ente. 
    Pertanto, la scrivente, alla luce  di  quanto  sopra  rassegnato,
ritiene che sussistano concreti, univoci e rilevanti elementi, di cui
all'art.  143,  comma  1,  del  decreto  legislativo   n.   267/2000,
comprovanti la presenza certa di forme di  condizionamento  da  parte
della criminalita' organizzata, che hanno determinato  un'alterazione
del procedimento di formazione della volonta' degli organi elettivi e
compromesso il buon andamento e l'imparzialita'  dell'Amministrazione
comunale di Torretta. 
 
                                                 Il Prefetto: De Miro