(Allegato-Allegato)
                                                             Allegato 
 
                   Al Presidente della Repubblica 
 
    Il 12  novembre  2018,  all'esito  di  un'operazione  giudiziaria
denominata  «Quinta  Bolgia»,  i  militari  del  nucleo  di   polizia
economico  finanziaria  della  Guardia  di  finanza   di   Catanzaro,
coordinati  dalla  locale  procura  della  Repubblica   -   direzione
distrettuale antimafia, hanno  dato  esecuzione  a  24  ordinanze  di
custodia cautelare nonche' ad un provvedimento di sequestro dei  beni
per il valore di oltre dieci milioni di euro. Tra i  destinatari  del
provvedimento cautelare figuravano anche  amministratori,  dipendenti
ed ex amministratori dell'azienda sanitaria provinciale di Catanzaro. 
    Allo  scopo  di  verificare  la  sussistenza   di   fenomeni   di
condizionamento e di  infiltrazione  della  criminalita'  organizzata
nell'ambito  delle  attivita'  gestionali  della   predetta   azienda
sanitaria provinciale, il prefetto di Catanzaro, con decreto  del  28
novembre  2018  successivamente  prorogato,  ha  disposto   l'accesso
ispettivo ai sensi degli articoli 143 e 146 del  decreto  legislativo
18 agosto 2000, n. 267, per gli accertamenti di rito. 
    Al termine dell'indagine la commissione  incaricata  dell'accesso
ha depositato le proprie conclusioni, sulla  scorta  delle  quali  il
prefetto, sentito  nella  seduta  del  20  giugno  2019  il  comitato
provinciale per l'ordine e la sicurezza  pubblica  integrato  con  la
partecipazione del  procuratore  aggiunto  delegato  dal  procuratore
della Repubblica - direzione distrettuale antimafia  di  Catanzaro  e
del procuratore distrettuale di Catanzaro,  ha  trasmesso  l'allegata
relazione in data 21 giugno 2019, che  costituisce  parte  integrante
della presente proposta, in cui si  da'  atto  della  sussistenza  di
concreti, univoci e rilevanti elementi su forme di condizionamento ed
ingerenza  della  criminalita'  organizzata  di  tipo   mafioso   nei
confronti dei vertici dell'azienda sanitaria, riscontrando pertanto i
presupposti per lo scioglimento. 
    L'azienda sanitaria provinciale di Catanzaro, che ha un bacino di
utenza di 80 comuni ed eroga prestazioni sanitarie ad una popolazione
di circa 370.000 abitanti, e' un ente pubblico di notevoli dimensioni
con circa 2.000 dipendenti ed un  fatturato  nell'anno  2018  di  600
milioni di euro. 
    L'azienda  in  questione  e'  inserita  in  un   contesto   socio
ambientale caratterizzato dalla radicata presenza della  criminalita'
organizzata  che  ha  esteso  la  propria  sfera  di  ingerenza  alle
attivita' economiche ed alla gestione della cosa pubblica. 
    La  relazione  del  prefetto,  avvalendosi  degli   esiti   della
menzionata operazione  di  polizia  giudiziaria  che  costituisce  il
risultato di due distinti filoni di  indagine  -  denominati  «Quinta
Bolgia Caronte» e «Quinta Bolgia Gerione» -  strettamente  collegati,
pone  in  rilievo  il  ruolo  predominante  svolto  da   due   gruppi
imprenditoriali  riconducibili  ad   una   locale   cosca   criminale
fortemente radicata sul territorio che ha  realizzato  un  regime  di
monopolio nel redditizio  settore  delle  ambulanze  sostitutive  del
servizio  pubblico  e  piu'  in  generale  nell'ambito  dei   servizi
sanitari, favorito soprattutto -  secondo  quanto  ricostruito  dagli
investigatori - dai privilegiati rapporti intercorrenti tra esponenti
della 'ndrangheta locale  e  numerosi  dipendenti  anche  di  livello
apicale dell'azienda sanitaria provinciale di Catanzaro. 
    Le attivita' d'indagine, richiamate nella relazione del prefetto,
hanno fatto emergere che l'ultima gara per l'affidamento del servizio
sostitutivo  delle  ambulanze  del  «118»,  regolarmente  bandita  ed
aggiudicata, risale al 2009 allorquando il servizio  venne  affidato,
per un anno, ad una societa' riconducibile  ad  uno  dei  due  gruppi
imprenditoriali sopra citati, che ha continuato a  gestirlo  fino  ad
ottobre 2017, data in cui e' stata destinataria di  un  provvedimento
interdittivo antimafia. 
    I vertici dell'azienda sanitaria infatti, anziche' programmare ed
indire una nuova gara prima della scadenza prevista, hanno permesso -
sulla base  di  continue  proroghe  illegittime  ed  in  alcuni  casi
addirittura tacite - che la predetta societa' continuasse  a  gestire
il servizio in parola. 
    Lo stesso  giudice  delle  indagini  preliminari,  nell'ordinanza
cautelare summenzionata, ha ritenuto di evidenziare come i  dirigenti
pubblici preposti, ciascuno per  il  proprio  ambito  di  competenza,
abbiano intenzionalmente e con ostinazione concorso nella  violazione
delle disposizioni  di  legge  poste  a  presidio  della  scelta  del
contraente. 
    E' altresi' emblematico  che  a  novembre  2017,  a  seguito  del
provvedimento  interdittivo  di  cui  si  e'   detto,   il   servizio
sostitutivo delle ambulanze del «118» e' stato affidato con  «estrema
urgenza» - e quindi anche in questo  caso  senza  alcuna  gara  -  ad
un'altra societa' che non avrebbe potuto partecipare ad  un'eventuale
procedura selettiva in quanto in difetto del  prescritto  certificato
di  qualita'.  La  societa'  in  argomento,  peraltro,   appartenente
all'altro citato gruppo  imprenditoriale  anch'esso  riconducibile  -
come emerso dalle indagini giudiziarie - alla consorteria  localmente
egemone, e' stata a sua  volta  destinataria,  a  novembre  2018,  di
un'informativa interdittiva. 
    Le  indagini  giudiziarie  hanno   fatto   emergere   un   quadro
particolarmente allarmante all'interno dell'ospedale di Lamezia Terme
evidenziando, segnatamente nel reparto di pronto soccorso, come i due
menzionati gruppi  imprenditoriali  abbiano  acquisito  di  fatto  il
totale controllo della struttura anche per lo stato di soggezione del
personale medico e paramedico. 
    Al riguardo, assume  rilevanza  sintomatica  la  circostanza  che
taluni dipendenti  dei  citati  gruppi  imprenditoriali  avessero  la
disponibilita' delle chiavi di alcuni reparti  dell'ospedale  ed,  in
particolare, del  locale  adibito  a  deposito  dei  farmaci  nonche'
l'accesso  ai  computers   dell'azienda   sanitaria   provinciale   e
conseguentemente ai dati sensibili dei pazienti, circostanze che - e'
emerso da  fonti  tecniche  di  prova  -  erano  peraltro  note  alla
dirigenza dell'azienda. 
    E' stato poi rilevato, sempre attraverso fonti tecniche di prova,
che una delle due associazioni affidatarie del servizio di  ambulanza
ha svolto tale incarico con  mezzi  sprovvisti  di  idonee  dotazioni
elettromedicali  ed  ha  ottenuto  le  certificazioni   di   qualita'
richieste per l'affidamento del servizio sulla base di  una  semplice
verifica  documentale,  alla  quale  non  hanno  fatto   seguito   le
prescritte operazioni di riscontro. 
    Dalle verifiche esperite  dalla  commissione  di  indagine  sulla
struttura burocratica - che per  l'elevato  numero  delle  unita'  di
personale sono state effettuate a campione - e' emerso  altresi'  che
numerosi  dipendenti  annoverano  precedenti  e/o   pendenze   penali
concernenti reati associativi o contro la pubblica amministrazione. 
    Piu' nel dettaglio, alcuni dirigenti  e  dipendenti  dell'azienda
sanitaria provinciale risultano coinvolti non solo nell'operazione di
polizia giudiziaria da cui e' scaturito l'accesso, ma anche, a  vario
titolo, in ulteriori procedimenti penali  relativi  a  gravi  delitti
quali turbata liberta'  degli  incanti,  peculato,  falso  ideologico
commesso da pubblico ufficiale ed altri. 
    Nel settore degli affidamenti di lavori e servizi  pubblici,  gli
accertamenti  svolti  in  sede   ispettiva   hanno   evidenziato   un
generalizzato ricorso agli affidamenti diretti - in assenza quindi di
procedure di gara e senza che siano stati  esplicitati  i  motivi  di
fatto e di diritto posti a fondamento della scelta - a favore  di  un
ristretto numero di ditte, che in taluni casi -  attraverso  il  c.d.
«frazionamento  artificioso  della  spesa»  -  hanno  comportato  una
sostanziale elusione della normativa antimafia. 
    Rileva in proposito  che  alcune  delle  ditte  affidatarie  sono
risultate destinatarie di informative interdittive o del  diniego  di
iscrizione nella «white list», mentre per altre societa' sono  emersi
precedenti penali e di polizia a carico dei titolari. 
    Gli accertamenti esperiti dalla commissione di  indagine  tramite
la banca dati nazionale antimafia hanno altresi' messo  in  luce  che
l'azienda  sanitaria   provinciale   ha   richiesto   solamente   tre
informazioni con riferimento ad un unico contratto di appalto  e  che
per circa venti imprese affidatarie di lavori o servizi  non  e'  mai
stata effettuata alcuna richiesta di  informativa.  Al  riguardo,  e'
significativo che le  imprese  in  argomento  -  alcune  delle  quali
destinatarie di provvedimenti interdittivi ed altre riconducibili,  a
vario  titolo,  a  sodalizi  criminali  -  al  momento   dell'accesso
ispettivo, risultavano  ancora  iscritte  nell'elenco  dei  fornitori
dell'azienda sanitaria. 
    Il prefetto segnala  infine  che  dopo  l'assegnazione  ad  altro
ufficio dell'unico funzionario abilitato all'accesso alla banca  dati
nazionale antimafia - a seguito del suo coinvolgimento  nell'indagine
giudiziaria «Quinta  Bolgia»  -  l'azienda  non  ha  provveduto  alla
relativa sostituzione, circostanza che, sintomaticamente, attesta  il
permanere di una gestione «superficiale» e comunque non in linea  con
i principi di trasparenza e legalita'. 
    Gli indizi di ingerenza  mafiosa  nella  gestione  amministrativa
della  struttura   sanitaria,   analiticamente   e   dettagliatamente
esaminati nella  relazione  del  prefetto  di  Catanzaro,  portano  a
ritenere  sussistenti  i  presupposti  previsti   dalla   legge   per
l'intervento dello Stato mirato  a  prevenire  ed  a  contrastare  il
fenomeno  dell'infiltrazione  della  criminalita'  organizzata  nella
pubblica amministrazione locale, a ripristinare  la  legalita'  ed  a
recuperare la struttura pubblica ai propri profili istituzionali. 
    La compromissione delle legittime aspettative  della  popolazione
ad essere garantita nella fruizione di diritti  fondamentali,  da  un
lato e la finalita' della misura di rigore - sotto il duplice profilo
della repressione del fenomeno inquinante e del recupero dell'ente ad
una corretta gestione delle proprie attivita', con  il  miglioramento
qualitativo e  quantitativo  dei  servizi  offerti,  costituiscono  i
presupposti di cui all'art. 143 del  decreto  legislativo  18  agosto
2000, n. 267, applicabile, ai sensi del successivo  art.  146,  anche
agli organi delle aziende sanitarie provinciali. 
    Per le considerazioni suesposte si  ritiene  pertanto  necessario
provvedere ad eliminare ogni motivo ulteriore di deterioramento e  di
inquinamento   della   vita   amministrativa   dell'ente,    mediante
provvedimenti incisivi a salvaguardia degli interessi delle comunita'
comprese nell'ambito territoriale di  utenza  dell'azienda  sanitaria
provinciale di Catanzaro. 
    La valutazione  della  situazione  in  concreto  riscontrata,  in
relazione alla presenza ed all'estensione  del  fenomeno  inquinante,
rende necessario che  la  durata  della  gestione  commissariale  sia
determinata in diciotto mesi. 
 
      Roma, 11 settembre 2019 
 
                                  Il Ministro dell'interno: Lamorgese