(Allegato)
                                                             Allegato 
 
                   Al Presidente della Repubblica 
 
    Il Comune di Maniace (Catania), i cui organi elettivi sono  stati
rinnovati nelle consultazioni  amministrative  del  31  maggio  2015,
presenta forme d'ingerenza da parte  della  criminalita'  organizzata
che  compromettono  la  libera   determinazione   e   l'imparzialita'
dell'amministrazione nonche' il buon andamento e il funzionamento dei
servizi con grave pregiudizio per l'ordine e la sicurezza pubblica. 
    A  seguito  di  un  attento  monitoraggio  svolto  nei  confronti
dell'ente il prefetto di Catania, con decreto del 22 ottobre 2019, ha
disposto  l'accesso  presso  il  comune,  ex  art.  143  del  decreto
legislativo 18 agosto 2000, n. 267, per gli accertamenti di rito. 
    Al termine delle indagini la commissione incaricata  dell'accesso
ha depositato le proprie conclusioni  sulla  scorta  delle  quali  il
prefetto, sentito nella  seduta  del  27  gennaio  2020  il  Comitato
provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica - integrato  con  la
partecipazione  del  Procuratore  della  Repubblica  titolare   della
Direzione distrettuale antimafia di Catania - ha trasmesso l'allegata
relazione del 12 febbraio  2020,  che  costituisce  parte  integrante
della presente proposta, nella quale si da' atto della sussistenza di
concreti, univoci e rilevanti  elementi  su  collegamenti  diretti  e
indiretti degli amministratori con la criminalita' organizzata  e  su
forme di condizionamento  degli  stessi,  riscontrando,  pertanto,  i
presupposti  per  l'adozione  della  misura  di  rigore  di  cui   al
richiamato art. 143. 
    I lavori svolti dall'organo ispettivo hanno  preso  in  esame  la
cornice criminale e  il  quadro  ambientale  nonche'  il  complessivo
andamento gestionale dell'istituzione locale con riguardo ai rapporti
tra gli amministratori e le consorterie criminali. 
    Il Comune di Maniace - piccolo centro di 3.648  abitanti  situato
nel parco regionale dei  Nebrodi  -  insiste  in  un'area  geografica
gravemente compromessa dalla radicata presenza di consorterie mafiose
riconducibili a «cosa nostra», le cui dinamiche operative sono  state
disvelate da operazioni di polizia giudiziaria,  anche  recenti,  che
hanno fatto emergere sia le reciproche interazioni sia  la  capillare
capacita' di penetrazione  nel  tessuto  economico,  con  particolare
riferimento al settore agricolo e zootecnico. 
    Il  prefetto  si  sofferma   sulle   risultanze   dell'operazione
denominata  «Nebrodi»  -  originata  dai   gravi   eventi   criminosi
culminati, nel maggio  2016,  nel  tentato  omicidio  del  presidente
dell'ente parco regionale dei Nebrodi - e di  un'ulteriore  attivita'
investigativa, coordinata dalla  Procura  distrettuale  antimafia  di
Messina, che ha condotto al sequestro di 151 imprese con  i  relativi
complessi aziendali nonche' all'esecuzione, il 15  gennaio  2020,  di
un'ordinanza  applicativa  di  misure  restrittive   della   liberta'
personale nei confronti di 94 soggetti, indagati a vario  titolo  per
diversi delitti tra cui  quelli  di  associazione  di  tipo  mafioso,
concorso  esterno  in  associazione  di  tipo  mafioso,  associazione
finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, detenzione  a  fini
di spaccio di  stupefacenti,  estorsione,  truffa  aggravata  per  il
conseguimento di erogazioni pubbliche in concorso e altro. 
    Dopo avere inquadrato il contesto  ambientale  connotato  da  una
pervasiva presenza di sodalizi criminali, il  prefetto  analizza  gli
esiti dell'accesso  da  cui  e'  emersa  una  situazione  d'intricato
intreccio di relazioni familiari e frequentazioni che legano  diversi
esponenti degli organi elettivi e dell'apparato burocratico dell'ente
- alcuni dei quali con pregiudizi  di  natura  penale  -  a  soggetti
intranei o comunque vicini ad ambienti criminali. 
    In  merito,  la   relazione   prefettizia   evidenzia   come   il
riconosciuto  reticolo  di  rapporti  e  collegamenti  -  tanto  piu'
rilevante  in  un   ambito   territoriale   di   ridotte   dimensioni
demografiche, fortemente compromesso dalla pregiudizievole  influenza
di consorterie mafiose - determina un quadro indiziario significativo
dell'oggettivo pericolo di permeabilita' ai  condizionamenti  o  alle
ingerenze della criminalita'  organizzata,  a  fronte  del  quale  si
rendono necessarie idonee misure di prevenzione. 
    Le verifiche espletate in sede di indagine hanno messo in luce la
sostanziale continuita' che ha contraddistinto la gestione del comune
negli ultimi anni, atteso che quattro consiglieri comunali erano gia'
presenti nelle pregresse amministrazioni del 2005 e del  2010  mentre
altri due consiglieri e quattro dei cinque  componenti  la  giunta  -
compreso il sindaco - hanno fatto parte della  compagine  di  governo
dell'ente fin dalle consultazioni amministrative del 2000. 
    Il prefetto si sofferma sulla  figura  di  un  assessore  -  gia'
consigliere comunale di Maniace dal 2000 al 2015 - il quale  a  marzo
2017 e' stato destinatario di un avviso di conclusione delle indagini
preliminari e successivamente rinviato a giudizio per il  delitto  di
cui all'art. 416-bis, commi 1, 2, 3, 4 e 6,  del  codice  penale,  in
quanto ritenuto responsabile di avere fatto parte di  un'associazione
di tipo mafioso affiliata a un potente clan catanese,  caratterizzato
da una forte capacita' di penetrazione nel tessuto politico locale  e
nel settore degli appalti pubblici. 
    Quanto all'attivita' gestionale posta  in  essere  dall'ente,  in
sede ispettiva sono state riscontrate  reiterate,  gravi  anomalie  e
illegittimita', in particolare nel settore della raccolta dei rifiuti
solidi  urbani  -   notoriamente   esposto   agli   interessi   delle
organizzazioni criminali -  in  relazione  al  quale  e'  emerso  che
l'amministrazione comunale  ha  del  tutto  omesso  di  espletare  le
prescritte  verifiche   antimafia   nei   confronti   delle   imprese
affidatarie. 
    Con riferimento a una delle imprese - aggiudicataria del servizio
il  14  gennaio   2016,   sottoposta   a   sequestro   preventivo   e
amministrazione giudiziaria il 13 dicembre 2016 nonche'  destinataria
di interdittiva antimafia emessa dalla Prefettura  di  Catania  il  2
febbraio 2017 - il prefetto sottolinea che nel capitolato speciale di
appalto e' stato indicato un importo  «sotto  soglia»  parametrato  a
soli trentadue  giorni  lavorativi.  Le  verifiche  espletate   dalla
commissione di indagine  hanno  invece  accertato  che  l'impresa  ha
svolto il servizio di raccolta dei rifiuti solidi urbani per tutto il
2016, percependo un corrispettivo di gran lunga superiore alla soglia
prevista dalla normativa vigente in materia  di  contratti  pubblici,
con elusione,  quindi,  delle  procedure  prescritte  per  il  valore
effettivo dell'appalto. 
    Analoga situazione di grave irregolarita' e' stata riscontrata in
relazione a un altro appalto affidato a una societa'  -  destinataria
nel  luglio  2019  della  misura  interdittiva  dell'incapacita'   di
contrarre con la pubblica amministrazione per la durata di un anno  -
che ha svolto il servizio dal 30 gennaio  2017  al  30  giugno  2019,
sebbene nel capitolato di gara fosse stato indicato un  corrispettivo
riferito a soli trentaquattro giorni lavorativi. 
    Sempre per quanto attiene al servizio  di  raccolta  dei  rifiuti
solidi urbani, assume rilievo emblematico la vicenda  concernente  un
dipendente di una delle societa' che  hanno  svolto  il  servizio  in
parola, che e' risultato stretto affine del  summenzionato  assessore
rinviato a giudizio per il delitto di associazione  di  tipo  mafioso
nonche'  parente  di  esponenti   di   vertice   della   criminalita'
organizzata  locale.   Nei   confronti   del   predetto   dipendente,
trasferito, in forza della c.d.  clausola  sociale,  alle  dipendenze
della societa' subentrata nella  gestione  del  servizio,  era  stata
disposta dal nuovo  datore  di  lavoro,  da  fine  giugno  2019,  una
riduzione del trattamento retributivo fino ad  allora  corrispostogli
in quanto superiore a quello previsto nel capitolato di appalto. 
    In relazione a tale vicenda, il prefetto pone in rilievo  sia  il
grave atto intimidatorio compiuto nei confronti della nuova  societa'
affidataria del servizio - perpetrato agli inizi del mese  di  luglio
2019 mediante l'esplosione di colpi di arma da fuoco ai danni  di  un
veicolo aziendale -  sia  gli  esiti  degli  approfondimenti  operati
dall'organo ispettivo sulla vicenda,  che  hanno  fatto  emergere  il
diretto interessamento del piu' volte citato assessore, il  quale  ha
anche tentato di  far  approvare  una  delibera  che  attribuisse  al
dipendente in questione  l'indebito  trattamento  economico,  fino  a
giungere a «schiaffeggiare» il sindaco in sede di «pre-giunta». 
    Il gravissimo episodio e' stato appurato, in sede  di  audizione,
dall'organo ispettivo che ha altresi'  evidenziato,  in  merito  alla
vicenda, il comportamento omertoso di alcuni  dipendenti  comunali  e
dello stesso sindaco, circostanze, queste, sintomatiche di uno  stato
di     intimidazione     e     di     condizionamento     all'interno
dell'amministrazione comunale. 
    Sempre con riferimento all'attivita' gestionale posta  in  essere
dall'ente gli accertamenti svolti dalla commissione di accesso  hanno
messo in luce un quadro allarmante di grave disordine  amministrativo
nonche' il sistematico ricorso al metodo dell'affidamento diretto nel
settore degli interventi manutentivi, in violazione dei  principi  di
imparzialita', rotazione e trasparenza e  cio'  a  vantaggio  di  una
ristretta cerchia di soggetti  economici  che  hanno  operato  in  un
regime di sostanziale oligopolio. 
    Inoltre, il prefetto rimarca che dal 2016 - anno in cui e'  stata
istituita  la  banca  dati  nazionale  unica  per  la  documentazione
antimafia  -  non  risulta  effettuato   alcun   accesso   da   parte
dell'amministrazione comunale, che ha quindi omesso  di  esperire  le
verifiche antimafia prescritte in materia di affidamenti  di  lavori,
servizi e forniture,  circostanza  questa  tanto  piu'  grave  in  un
contesto ambientale in cui e' notoriamente consolidata la presenza di
sodalizi mafiosi. 
    Di  tale  modus  operandi  hanno  beneficiato  anche  ditte   che
annoverano tra i propri titolari o dipendenti soggetti controindicati
ovvero vicini per rapporti familiari ad  ambienti  criminali  nonche'
due imprese  destinatarie  di  interdittive  antimafia  emesse  dalla
Prefettura di Catania, rispettivamente, a marzo e dicembre  2016,  le
quali risultano avere avuto  affidamenti  e  percepito  pagamenti  da
parte dell'ente anche  successivamente  all'adozione  dei  menzionati
provvedimenti ostativi. 
    Altro episodio sintomatico della  permeabilita'  dell'istituzione
locale a illeciti condizionamenti esterni  e'  quello  relativo  alla
richiesta di un contributo economico per assistenza domiciliare  agli
anziani non autosufficienti, avanzata a febbraio 2019 dal  comune  al
competente assessorato regionale, in favore di una persona legata  da
stretti  vincoli  parentali  a  un  pluripregiudicato,  indicato  dal
prefetto come esponente di spicco di un clan locale. 
    In relazione a tale vicenda il prefetto sottolinea che la persona
in questione non era in possesso dei requisiti prescritti  per  poter
usufruire del contributo, in quanto gia' ricoverata in una  struttura
assistenziale residenziale e che  l'amministrazione  comunale  -  pur
consapevole  di  tale  condizione  ostativa,  evidenziata  anche   da
un'assistente sociale dell'ente  -  ha  comunque  inoltrato  apposita
istanza all'assessorato  regionale  che  l'ha  rigettata  proprio  in
considerazione della carenza dei requisiti. 
    Il prefetto pone infine in rilievo  le  anomalie  riscontrate  in
sede di accesso rispetto  alla  gara,  indetta  a  gennaio  2017  per
l'affidamento in concessione di un'area comunale, per l'installazione
di un impianto  mobile  per  la  somministrazione  non  assistita  di
alimenti e bevande. 
    In particolare  e'  emerso  che  il  titolare  della  concessione
annovera rapporti di parentela con il  piu'  volte  citato  assessore
oltre che con il titolare di una delle imprese gia' sopra menzionate,
affidataria  di  lavori  comunali  e  destinataria  di   interdittiva
antimafia a dicembre 2016. Dei lavori di posa in opera  dell'impianto
mobile e' stata incaricata  una  societa'  -  il  cui  rappresentante
legale e' pure legato da  vincoli  di  parentela  al  titolare  della
citata concessione  -  parimenti  destinataria  nel  giugno  2015  di
un'informazione interdittiva antimafia.  Inoltre,  a  seguito  di  un
sopralluogo effettuato a gennaio 2020 presso il predetto impianto, la
commissione  di  indagine  ha  accertato  che  lo  stesso  e'   stato
realizzato in maniera difforme rispetto  al  progetto  presentato  in
fase di gara e approvato  dal  comune,  che  ha,  quindi,  omesso  di
svolgere anche i dovuti controlli. 
    Le  circostanze  analiticamente  esaminate   e   dettagliatamente
riferite nella relazione del prefetto hanno  rivelato  una  serie  di
condizionamenti nell'amministrazione comunale  di  Maniace  (Catania)
volti a perseguire fini diversi da quelli  istituzionali,  che  hanno
determinato   lo   svilimento   e   la   perdita   di    credibilita'
dell'istituzione locale nonche' il pregiudizio degli interessi  della
collettivita',  rendendo  necessario  l'intervento  dello  Stato  per
assicurare la riconduzione dell'ente alla legalita'. 
    Ritengo, pertanto, che ricorrano le condizioni per l'adozione del
provvedimento di  scioglimento  del  consiglio  comunale  di  Maniace
(Catania), ai sensi dell'art. 143 del decreto legislativo  18  agosto
2000, n. 267. 
    In  relazione  alla  presenza  e  all'estensione   dell'influenza
criminale,  si  rende  necessario  che  la  durata   della   gestione
commissariale sia determinata in diciotto mesi. 
 
      Roma, 28 aprile 2020 
 
                                  Il Ministro dell'interno: Lamorgese