Articolo 98. 
 
                    Illecito professionale grave. 
 
  1.  L'illecito  professionale  grave  rileva   solo   se   compiuto
dall'operatore economico offerente, salvo quanto previsto  dal  comma
3, lettere g) ed h). 
  2. L'esclusione di un operatore economico  ai  sensi  dell'articolo
95, comma 1, lettera e)  e'  disposta  e  comunicata  dalla  stazione
appaltante quando ricorrono tutte le seguenti condizioni: 
  a)  elementi   sufficienti   ad   integrare   il   grave   illecito
professionale; 
  b)  idoneita'  del  grave  illecito   professionale   ad   incidere
sull'affidabilita' e integrita' dell'operatore; 
  c) adeguati mezzi di prova di cui al comma 6. 
  3. L'illecito professionale si  puo'  desumere  al  verificarsi  di
almeno uno dei seguenti elementi: 
  a)  sanzione  esecutiva  irrogata  dall'Autorita'   garante   della
concorrenza e del mercato o da altra autorita' di settore,  rilevante
in relazione all'oggetto specifico dell'appalto; 
  b)  condotta  dell'operatore  economico  che   abbia   tentato   di
influenzare indebitamente  il  processo  decisionale  della  stazione
appaltante o di ottenere informazioni riservate a  proprio  vantaggio
oppure che abbia fornito, anche per negligenza, informazioni false  o
fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni  sull'esclusione,
la selezione o l'aggiudicazione; 
  c)  condotta  dell'operatore   economico   che   abbia   dimostrato
significative o persistenti carenze nell'esecuzione di un  precedente
contratto di appalto  o  di  concessione  che  ne  hanno  causato  la
risoluzione per inadempimento oppure la condanna al risarcimento  del
danno  o  altre  sanzioni  comparabili,  derivanti  da   inadempienze
particolarmente  gravi  o  la  cui  ripetizione  sia  indice  di  una
persistente carenza professionale; 
  d) condotta  dell'operatore  economico  che  abbia  commesso  grave
inadempimento nei confronti di uno o piu' subappaltatori; 
  e) condotta dell'operatore economico che abbia violato  il  divieto
di intestazione fiduciaria di cui  all'articolo  17  della  legge  19
marzo 1990, n. 55, laddove la violazione non sia stata rimossa; 
  f)   omessa   denuncia   all'autorita'   giudiziaria    da    parte
dell'operatore economico persona offesa dei reati previsti  e  puniti
dagli articoli 317  e  629  del  codice  penale  aggravati  ai  sensi
dell'articolo 416-bis.1 del medesimo codice  salvo  che  ricorrano  i
casi previsti dall'articolo 4, primo comma, della legge  24  novembre
1981, n. 689. Tale circostanza deve  emergere  dagli  indizi  a  base
della  richiesta  di  rinvio  a  giudizio  formulata  nei   confronti
dell'imputato  per  i  reati  di  cui  al  primo  periodo   nell'anno
antecedente alla pubblicazione del bando e  deve  essere  comunicata,
unitamente alle generalita' del soggetto che ha  omesso  la  predetta
denuncia, dal procuratore della Repubblica  procedente  all'ANAC,  la
quale ne cura la pubblicazione; 
  g) contestata commissione da parte dell'operatore economico, ovvero
dei soggetti di cui al comma 3 dell'articolo 94 di taluno  dei  reati
consumati o tentati di cui al comma 1 del medesimo articolo 94; 
  h) contestata o  accertata  commissione,  da  parte  dell'operatore
economico oppure dei soggetti di cui al comma 3 dell'articolo 94,  di
taluno dei seguenti reati consumati: 
  1) abusivo esercizio di una professione, ai sensi dell'articolo 348
del codice penale; 
  2)   bancarotta   semplice,    bancarotta    fraudolenta,    omessa
dichiarazione di beni da comprendere nell'inventario  fallimentare  o
ricorso abusivo al credito, di cui agli articoli 216, 217, 218 e  220
del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267; 
  3) i reati tributari ai sensi  del  decreto  legislativo  10  marzo
2000, n. 74, i delitti societari di cui agli articoli 2621 e seguenti
del codice civile o i delitti contro l'industria e  il  commercio  di
cui agli articoli da 513 a 517 del codice penale; 
  4) i reati urbanistici di cui all'articolo 44, comma 1, lettere  b)
e c), del testo unico delle disposizioni legislative e  regolamentari
in materia di edilizia,  di  cui  al  decreto  del  Presidente  della
Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, con  riferimento  agli  affidamenti
aventi ad oggetto lavori o servizi di architettura e ingegneria; 
  5) i reati previsti dal decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231. 
  4. La valutazione di gravita' tiene  conto  del  bene  giuridico  e
dell'entita' della lesione  inferta  dalla  condotta  integrante  uno
degli elementi di  cui  al  comma  3  e  del  tempo  trascorso  dalla
violazione, anche in relazione a modifiche intervenute nel  frattempo
nell'organizzazione dell'impresa. 
  5. Le dichiarazioni omesse o non veritiere rese nella stessa gara e
diverse da quelle di cui alla lettera b) del comma 3  possono  essere
utilizzate a supporto della valutazione  di  gravita'  riferita  agli
elementi di cui al comma 3. 
  6. Costituiscono mezzi di prova adeguati, in relazione al comma 3: 
  a) quanto alla lettera a), i provvedimenti  sanzionatori  esecutivi
resi dall'Autorita' garante della concorrenza  e  del  mercato  o  da
altra autorita' di settore; 
  b) quanto alla lettera b), la presenza di indizi gravi,  precisi  e
concordanti  che  rendano  evidente  il  ricorrere  della  situazione
escludente; 
  c)  quanto  alla  lettera   c),   l'intervenuta   risoluzione   per
inadempimento o la condanna al risarcimento  del  danno  o  ad  altre
conseguenze comparabili; 
  d)  quanto  alla  lettera  d),  la   emissione   di   provvedimenti
giurisdizionali anche non definitivi; 
  e)  quanto  alla  lettera  e),  l'accertamento   definitivo   della
violazione; 
  f) quanto alla lettera f), gli elementi ivi indicati; 
  g) quanto alla lettera g), gli atti di  cui  all'articolo  407-bis,
comma 1, del codice di procedura penale, il decreto  che  dispone  il
giudizio ai sensi dell'articolo 429 del codice di procedura penale, o
eventuali  provvedimenti  cautelari  reali  o  personali  emessi  dal
giudice penale, la sentenza di condanna non  definitiva,  il  decreto
penale di condanna non irrevocabile, la sentenza non irrevocabile  di
applicazione della pena su richiesta ai sensi dell'articolo  444  del
codice di procedura penale; 
  h) quanto alla lettera h), la sentenza di condanna  definitiva,  il
decreto penale di condanna irrevocabile, la condanna non  definitiva,
i provvedimenti cautelari reali o personali, ove emessi  dal  giudice
penale; 
  7. La stazione appaltante valuta  i  provvedimenti  sanzionatori  e
giurisdizionali di cui al comma 6 motivando sulla ritenuta  idoneita'
dei  medesimi  a  incidere   sull'affidabilita'   e   sull'integrita'
dell'offerente; l'eventuale impugnazione dei medesimi e'  considerata
nell'ambito della valutazione volta a verificare la sussistenza della
causa escludente. 
  8. Il provvedimento di esclusione deve essere motivato in relazione
a tutte e tre le condizioni di cui al comma 2. 
 
          Note all'art. 98 
                - Si riporta l'articolo 17 della legge 19 marzo 1990,
          n.  55  (Nuove  disposizioni  per  la   prevenzione   della
          delinquenza di tipo mafioso  e  di  altre  gravi  forme  di
          manifestazione di pericolosita' sociale): 
                «Art. 17 - 1. - 2. 
                3. Entro lo stesso termine di cui  al  comma  2,  con
          decreto del Presidente del Consiglio dei  ministri,  previa
          deliberazione del Consiglio dei ministri, su  proposta  del
          Ministro del tesoro, d'intesa con il  Ministro  dei  lavori
          pubblici, sono,  altresi',  definite  disposizioni  per  il
          controllo  sulle  composizioni   azionarie   dei   soggetti
          aggiudicatari  di   opere   pubbliche,   ivi   compresi   i
          concessionari, e sui relativi mutamenti societari.  Con  lo
          stesso  decreto  sono  comunque  vietate  intestazioni   ad
          interposte persone, di cui deve essere comunque prevista la
          cessazione  entro  un  termine  predeterminato,  salvo   le
          intestazioni a societa'  fiduciarie  autorizzate  ai  sensi
          della legge 23 novembre 1939, n.  1966,  a  condizione  che
          queste  ultime  provvedano,  entro  trenta   giorni   dalla
          richiesta  effettuata   dai   soggetti   aggiudicatari,   a
          comunicare alle amministrazioni interessate l'identita' dei
          fiducianti; in presenza di  violazioni  delle  disposizioni
          del presente comma, si procede alla  sospensione  dall'Albo
          nazionale dei costruttori o, nei  casi  di  recidiva,  alla
          cancellazione dall'Albo stesso.». 
              - Per il testo dell'articolo 317 del codice  penale  si
          veda nelle note all'articolo 94. 
              - Si riportano gli articoli 629 e 416-bis.1 del  codice
          penale: 
                «Art. 629 (Estorsione). - Chiunque, mediante violenza
          o minaccia,  costringendo  taluno  a  fare  o  ad  omettere
          qualche cosa, procura a se' o ad altri un ingiusto profitto
          con altrui danno, e' punito con la reclusione da  cinque  a
          dieci anni e con la multa da euro 1.000 a euro 4.000. 
                La pena e' della reclusione da sette a venti  anni  e
          della multa da euro 5.000 a euro 15.000, se concorre taluna
          delle   circostanze    indicate    nell'ultimo    capoverso
          dell'articolo precedente.» 
                «Art. 416-bis.1 (Circostanze aggravanti e  attenuanti
          per reati connessi ad attivita' mafiose). - Per  i  delitti
          punibili   con   pena   diversa   dall'ergastolo   commessi
          avvalendosi delle condizioni previste dall'articolo 416-bis
          ovvero al fine di agevolare l'attivita' delle  associazioni
          previste dallo stesso articolo, la pena e' aumentata da  un
          terzo alla meta'. 
                Le circostanze attenuanti, diverse da quelle previste
          dagli articoli 98 e 114 concorrenti con l'aggravante di cui
          al primo comma non possono essere  ritenute  equivalenti  o
          prevalenti rispetto a questa e le diminuzioni  di  pena  si
          operano sulla quantita'  di  pena  risultante  dall'aumento
          conseguente alla predetta aggravante. 
                Per i delitti  di  cui  all'articolo  416-bis  e  per
          quelli commessi avvalendosi delle condizioni  previste  dal
          predetto articolo ovvero al fine di  agevolare  l'attivita'
          delle  associazioni  di   tipo   mafioso,   nei   confronti
          dell'imputato che, dissociandosi dagli  altri,  si  adopera
          per  evitare  che  l'attivita'  delittuosa  sia  portata  a
          conseguenze   ulteriori   anche   aiutando    concretamente
          l'autorita' di  polizia  o  l'autorita'  giudiziaria  nella
          raccolta di elementi  decisivi  per  la  ricostruzione  dei
          fatti e per l'individuazione o la cattura degli autori  dei
          reati, la pena dell'ergastolo e' sostituita da quella della
          reclusione da dodici a venti anni  e  le  altre  pene  sono
          diminuite da un terzo alla meta'. 
                Nei casi previsti dal terzo comma non si applicano le
          disposizioni di cui al primo e secondo comma.». 
              - Si riporta l'articolo 4, primo comma, della legge  24
          novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale): 
                «Art. 4 (Cause di esclusione della  responsabilita').
          - Non  risponde  delle  violazioni  amministrative  chi  ha
          commesso  il  fatto  nell'adempimento  di   un   dovere   o
          nell'esercizio di una facolta' legittima ovvero in stato di
          necessita' o di legittima difesa. 
                Se   la   violazione   e'   commessa    per    ordine
          dell'autorita', della stessa risponde il pubblico ufficiale
          che ha dato l'ordine. 
                I comuni, le province, le comunita' montane e i  loro
          consorzi,  le  istituzioni  pubbliche   di   assistenza   e
          beneficenza (IPAB), gli enti non commerciali senza scopo di
          lucro  che  svolgono  attivita'  socio-assistenziale  e  le
          istituzioni  sanitarie  operanti  nel  Servizio   sanitario
          nazionale ed i loro  amministratori  non  rispondono  delle
          sanzioni   amministrative   e   civili    che    riguardano
          l'assunzione di lavoratori, le assicurazioni obbligatorie e
          gli   ulteriori   adempimenti,   relativi   a   prestazioni
          lavorative stipulate nella forma del  contratto  d'opera  e
          successivamente  riconosciute  come  rapporti   di   lavoro
          subordinato, purche' esaurite alla  data  del  31  dicembre
          1997.». 
              - Si riporta l'articolo 348 del codice penale: 
                «Art. 348 (Esercizio abusivo di una  professione).  -
          Chiunque abusivamente esercita una professione per la quale
          e' richiesta  una  speciale  abilitazione  dello  Stato  e'
          punito con la reclusione da sei mesi a tre anni  e  con  la
          multa da euro 10.000 a euro 50.000. 
                La condanna comporta la pubblicazione della  sentenza
          e la confisca delle cose che servirono o furono destinate a
          commettere il reato e, nel caso in cui il soggetto  che  ha
          commesso il reato eserciti regolarmente una  professione  o
          attivita',  la  trasmissione  della  sentenza  medesima  al
          competente   Ordine,    albo    o    registro    ai    fini
          dell'applicazione dell'interdizione da uno a tre anni dalla
          professione o attivita' regolarmente esercitata. 
                Si applica la pena della reclusione da uno  a  cinque
          anni e della  multa  da  euro  15.000  a  euro  75.000  nei
          confronti del professionista che  ha  determinato  altri  a
          commettere il reato di cui al primo comma ovvero ha diretto
          l'attivita' delle  persone  che  sono  concorse  nel  reato
          medesimo.». 
              - Si riportano gli articoli 216, 217,  218  e  220  del
          regio  decreto  16  marzo  1942,  n.  267  (Disciplina  del
          fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione
          controllata e della liquidazione coatta amministrativa): 
                «Art. 216 (Bancarotta fraudolenta). - E'  punito  con
          la reclusione  da  tre  a  dieci  anni,  se  e'  dichiarato
          fallito, l'imprenditore che: 
                  1) ha distratto, occultato, dissimulato,  distrutto
          o dissipato in tutto o in parte i suoi  beni  ovvero,  allo
          scopo di recare pregiudizio  ai  creditori,  ha  esposto  o
          riconosciuto passivita' inesistenti; 
                  2) ha sottratto, distrutto o falsificato, in  tutto
          o in parte, con lo scopo di procurare a se' o ad  altri  un
          ingiusto profitto o di recare pregiudizi  ai  creditori,  i
          libri o le altre scritture contabili  o  li  ha  tenuti  in
          guisa  da  non  rendere  possibile  la  ricostruzione   del
          patrimonio o del movimento degli affari. 
                La   stessa   pena   si   applica   all'imprenditore,
          dichiarato fallito, che, durante la procedura fallimentare,
          commette alcuno dei fatti preveduti  dal  n.  1  del  comma
          precedente ovvero sottrae, distrugge o falsifica i libri  o
          le altre scritture contabili. 
                E' punito con la reclusione da uno a cinque  anni  il
          fallito che, prima o durante la procedura  fallimentare,  a
          scopo di favorire, a danno dei creditori, taluno  di  essi,
          esegue pagamenti o simula titoli di prelazione. 
                Salve le altre pene accessorie, di cui al  capo  III,
          titolo II, libro I del codice penale, la condanna  per  uno
          dei fatti previsti nel presente  articolo  importa  per  la
          durata di dieci anni l'inabilitazione all'esercizio di  una
          impresa commerciale e l'incapacita' per la stessa durata ad
          esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa.» 
                «Art. 217 (Bancarotta semplice). - E' punito  con  la
          reclusione da  sei  mesi  a  due  anni,  se  e'  dichiarato
          fallito,  l'imprenditore  che,  fuori  dai  casi  preveduti
          nell'articolo precedente: 
                  1) ha fatto  spese  personali  o  per  la  famiglia
          eccessive rispetto alla sua condizione economica; 
                  2)  ha  consumato  una  notevole  parte   del   suo
          patrimonio in operazioni di  pura  sorte  o  manifestamente
          imprudenti; 
                  3) ha compiuto operazioni di grave  imprudenza  per
          ritardare il fallimento; 
                  4) ha aggravato il  proprio  dissesto,  astenendosi
          dal richiedere la dichiarazione del  proprio  fallimento  o
          con altra grave colpa; 
                  5) non ha soddisfatto le obbligazioni assunte in un
          precedente concordato preventivo o fallimentare. 
                La stessa pena si applica al fallito che,  durante  i
          tre  anni  antecedenti  alla  dichiarazione  di  fallimento
          ovvero dall'inizio dell'impresa, se  questa  ha  avuto  una
          minore durata, non ha tenuto i libri e le  altre  scritture
          contabili prescritti dalla legge o li ha tenuti in  maniera
          irregolare o incompleta. 
                Salve le altre pene accessorie di cui  al  capo  III,
          titolo II, libro I del codice penale, la  condanna  importa
          l'inabilitazione all'esercizio di un'impresa commerciale  e
          l'incapacita'  ad  esercitare   uffici   direttivi   presso
          qualsiasi impresa fino a due anni.» 
                «Art. 218 (Ricorso abusivo  al  credito).  -  1.  Gli
          amministratori, i direttori generali, i liquidatori  e  gli
          imprenditori   esercenti   un'attivita'   commerciale   che
          ricorrono o continuano a ricorrere al credito, anche al  di
          fuori  dei  casi   di   cui   agli   articoli   precedenti,
          dissimulando il  dissesto  o  lo  stato  d'insolvenza  sono
          puniti con la reclusione da sei mesi a tre anni. 
                2. La pena e' aumentata nel caso di societa' soggette
          alle disposizioni di cui al capo II, titolo III, parte  IV,
          del  testo  unico  delle   disposizioni   in   materia   di
          intermediazione finanziaria, di cui al decreto  legislativo
          24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni. 
                3. Salve le altre pene accessorie di cui al libro  I,
          titolo II, capo III, del codice penale, la condanna importa
          l'inabilitazione all'esercizio di un'impresa commerciale  e
          l'incapacita'  ad  esercitare   uffici   direttivi   presso
          qualsiasi impresa fino a tre anni.» 
                «Art. 220 (Denuncia di creditori inesistenti e  altre
          inosservanze da parte del fallito).  -  E'  punito  con  la
          reclusione da sei a diciotto mesi  il  fallito,  il  quale,
          fuori  dei  casi  preveduti   all'art.   216,   nell'elenco
          nominativo   dei   suoi   creditori   denuncia    creditori
          inesistenti od omette di dichiarare  l'esistenza  di  altri
          beni da comprendere nell'inventario, ovvero non osserva gli
          obblighi imposti dagli art. 16, nn. 3 e 49. 
                Se il fatto e' avvenuto  per  colpa,  si  applica  la
          reclusione fino ad un anno.». 
              - Il decreto legislativo 10 marzo 2000,  n.  74  (Nuova
          disciplina dei reati in materia di imposte  sui  redditi  e
          sul valore aggiunto, a norma dell'articolo 9 della legge 25
          giugno 1999, n. 205) e' pubblicato nella Gazzetta ufficiale
          del 31 marzo 2000, n. 76. 
              - Si riportano gli articoli 2621,  2622,  2625,  22626,
          2627, 2628, 2629, 2629-bis, 2630, 2631, 2632,  2633,  2634,
          2635, 2635-bis, 2636, 2637 e 2638 del codice civile: 
                «Art. 2621 (False comunicazioni sociali). - Fuori dai
          casi  previsti  dall'art.  2622,  gli   amministratori,   i
          direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei
          documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori, i
          quali, al fine  di  conseguire  per  se'  o  per  altri  un
          ingiusto profitto, nei bilanci,  nelle  relazioni  o  nelle
          altre comunicazioni sociali dirette ai soci o al  pubblico,
          previste  dalla  legge,  consapevolmente  espongono   fatti
          materiali rilevanti non rispondenti al vero ovvero omettono
          fatti materiali rilevanti la cui comunicazione  e'  imposta
          dalla legge  sulla  situazione  economica,  patrimoniale  o
          finanziaria della societa' o del gruppo al quale la  stessa
          appartiene, in modo concretamente idoneo ad  indurre  altri
          in errore, sono puniti con la pena della reclusione da  uno
          a cinque anni. 
                La stessa pena si applica anche se le falsita'  o  le
          omissioni riguardano beni posseduti  o  amministrati  dalla
          societa' per conto di terzi.» 
                «Art.  2622  (False   comunicazioni   sociali   delle
          societa'  quotate).  -  Gli  amministratori,  i   direttori
          generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti
          contabili societari, i sindaci e i liquidatori di  societa'
          emittenti strumenti finanziari ammessi alla negoziazione in
          un  mercato  regolamentato  italiano  o  di   altro   Paese
          dell'Unione europea, i quali, al fine di conseguire per se'
          o per  altri  un  ingiusto  profitto,  nei  bilanci,  nelle
          relazioni o nelle altre comunicazioni  sociali  dirette  ai
          soci  o  al  pubblico   consapevolmente   espongono   fatti
          materiali non rispondenti al  vero  ovvero  omettono  fatti
          materiali rilevanti la cui comunicazione e'  imposta  dalla
          legge   sulla   situazione   economica,   patrimoniale    o
          finanziaria della societa' o del gruppo al quale la  stessa
          appartiene, in modo concretamente idoneo ad  indurre  altri
          in errore, sono puniti con la pena della reclusione da  tre
          a otto anni. 
                Alle societa'  indicate  nel  comma  precedente  sono
          equiparate: 
                  1) le societa' emittenti strumenti finanziari per i
          quali e' stata presentata una richiesta di ammissione  alla
          negoziazione in un  mercato  regolamentato  italiano  o  di
          altro Paese dell'Unione europea; 
                  2)  le  societa'  emittenti  strumenti   finanziari
          ammessi alla negoziazione in un  sistema  multilaterale  di
          negoziazione italiano; 
                  3) le societa' che controllano  societa'  emittenti
          strumenti  finanziari  ammessi  alla  negoziazione  in   un
          mercato regolamentato italiano o di altro Paese dell'Unione
          europea; 
                  4)  le  societa'  che  fanno  appello  al  pubblico
          risparmio o che comunque lo gestiscono. 
                Le  disposizioni  di  cui  ai  commi  precedenti   si
          applicano anche se le falsita' o  le  omissioni  riguardano
          beni posseduti o amministrati dalla societa' per  conto  di
          terzi.» 
                «Art. 2625 (Impedito controllo). - Gli amministratori
          che, occultando documenti  o  con  altri  idonei  artifici,
          impediscono o  comunque  ostacolano  lo  svolgimento  delle
          attivita' di controllo legalmente attribuite ai soci  o  ad
          altri  organi  sociali,  sono  puniti   con   la   sanzione
          amministrativa pecuniaria fino a 10.329 euro. 
                Se la condotta ha cagionato  un  danno  ai  soci,  si
          applica la reclusione fino  ad  un  anno  e  si  procede  a
          querela della persona offesa. 
                La pena e' raddoppiata se si tratta di  societa'  con
          titoli quotati in mercati regolamentati italiani o di altri
          Stati dell'Unione europea o  diffusi  tra  il  pubblico  in
          misura rilevante ai sensi dell'articolo 116 del testo unico
          di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58.» 
                «Art. 2626 (Indebita restituzione dei  conferimenti).
          - Gli amministratori  che,  fuori  dei  casi  di  legittima
          riduzione  del  capitale  sociale,   restituiscono,   anche
          simulatamente,  i  conferimenti  ai  soci  o  li   liberano
          dall'obbligo di eseguirli, sono puniti  con  la  reclusione
          fino ad un anno.» 
                «Art. 2627 (Illegale ripartizione degli utili e delle
          riserve). - Salvo che il fatto non costituisca  piu'  grave
          reato, gli amministratori che ripartiscono utili o  acconti
          su utili non  effettivamente  conseguiti  o  destinati  per
          legge a riserva, ovvero che ripartiscono riserve, anche non
          costituite con utili, che  non  possono  per  legge  essere
          distribuite, sono puniti con l'arresto fino ad un anno. 
                La restituzione degli utili o la ricostituzione delle
          riserve prima del termine previsto per  l'approvazione  del
          bilancio estingue il reato.» 
                «Art. 2628 (Illecite operazioni sulle azioni o  quote
          sociali   o   della   societa'   controllante).    -    Gli
          amministratori che, fuori dei casi consentiti dalla  legge,
          acquistano  o  sottoscrivono  azioni   o   quote   sociali,
          cagionando una lesione all'integrita' del capitale  sociale
          o delle riserve non distribuibili per  legge,  sono  puniti
          con la reclusione fino ad un anno. 
                La stessa pena si applica  agli  amministratori  che,
          fuori  dei  casi  consentiti  dalla  legge,  acquistano   o
          sottoscrivono  azioni  o  quote   emesse   dalla   societa'
          controllante, cagionando una lesione del capitale sociale o
          delle riserve non distribuibili per legge. 
                Se il capitale sociale o le riserve sono ricostituiti
          prima del termine previsto per l'approvazione del  bilancio
          relativo all'esercizio in relazione al quale e' stata posta
          in essere la condotta, il reato e' estinto.» 
                «Art. 2629 (Operazioni in pregiudizio dei creditori).
          - Gli amministratori che, in violazione delle  disposizioni
          di legge a tutela dei creditori, effettuano  riduzioni  del
          capitale sociale o fusioni con altra societa' o  scissioni,
          cagionando danno ai creditori, sono puniti, a querela della
          persona offesa, con la reclusione da sei mesi a tre anni. 
                Il risarcimento del  danno  ai  creditori  prima  del
          giudizio estingue il reato.» 
                «Art. 2629-bis (Omessa  comunicazione  del  conflitto
          d'interessi).  -  L'amministratore  o  il  componente   del
          consiglio di gestione di una societa' con titoli quotati in
          mercati regolamentati italiani o di altro Stato dell'Unione
          europea o diffusi tra il pubblico in  misura  rilevante  ai
          sensi dell'articolo 116 del testo unico di cui  al  decreto
          legislativo  24  febbraio  1998,  n.   58,   e   successive
          modificazioni, ovvero di un soggetto sottoposto a vigilanza
          ai sensi del testo unico di cui al decreto  legislativo  1°
          settembre 1993, n. 385, del citato testo unico  di  cui  al
          decreto legislativo n. 58 del 1998, del decreto legislativo
          7 settembre 2005, n. 209,  o  del  decreto  legislativo  21
          aprile 1993,  n.  124,  che  viola  gli  obblighi  previsti
          dall'articolo  2391,  primo  comma,  e'   punito   con   la
          reclusione da uno a tre anni,  se  dalla  violazione  siano
          derivati danni alla societa' o a terzi.» 
                «Art.   2630   (Omessa   esecuzione    di    denunce,
          comunicazioni e depositi). - Chiunque, essendovi tenuto per
          legge a causa delle funzioni rivestite in una societa' o in
          un consorzio, omette di eseguire, nei  termini  prescritti,
          denunce, comunicazioni o depositi presso il registro  delle
          imprese,  ovvero  omette  di  fornire  negli  atti,   nella
          corrispondenza e  nella  rete  telematica  le  informazioni
          prescritte dall'articolo  2250,  primo,  secondo,  terzo  e
          quarto comma, e'  punito  con  la  sanzione  amministrativa
          pecuniaria da 103 euro a 1.032 euro.  Se  la  denuncia,  la
          comunicazione o il deposito  avvengono  nei  trenta  giorni
          successivi  alla  scadenza  dei  termini   prescritti,   la
          sanzione amministrativa pecuniaria e' ridotta ad un terzo. 
                Se si tratta  di  omesso  deposito  dei  bilanci,  la
          sanzione  amministrativa  pecuniaria  e'  aumentata  di  un
          terzo.» 
                «Art. 2631 (Omessa  convocazione  dell'assemblea).  -
          Gli amministratori e i sindaci che  omettono  di  convocare
          l'assemblea dei soci nei casi previsti dalla legge o  dallo
          statuto, nei termini  ivi  previsti,  sono  puniti  con  la
          sanzione amministrativa pecuniaria da 1.032 a  6.197  euro.
          Ove la legge o lo statuto non  prevedano  espressamente  un
          termine, entro il quale effettuare la convocazione,  questa
          si considera omessa allorche' siano trascorsi trenta giorni
          dal momento in cui amministratori e sindaci sono  venuti  a
          conoscenza del presupposto che  obbliga  alla  convocazione
          dell'assemblea dei soci. 
                La sanzione amministrativa pecuniaria e' aumentata di
          un terzo in caso di convocazione a seguito di perdite o per
          effetto di espressa legittima richiesta da parte dei soci.» 
                «Art. 2632 (Formazione fittizia del capitale). -  Gli
          amministratori e i soci conferenti  che,  anche  in  parte,
          formano od  aumentano  fittiziamente  il  capitale  sociale
          mediante  attribuzioni  di  azioni  o   quote   in   misura
          complessivamente  superiore  all'ammontare   del   capitale
          sociale,  sottoscrizione  reciproca  di  azioni  o   quote,
          sopravvalutazione rilevante dei  conferimenti  di  beni  in
          natura o di crediti ovvero del  patrimonio  della  societa'
          nel caso di trasformazione, sono puniti con  la  reclusione
          fino ad un anno.» 
                «Art. 2633 (Indebita ripartizione dei beni sociali da
          parte dei liquidatori). - I liquidatori che,  ripartendo  i
          beni sociali tra i soci prima del pagamento  dei  creditori
          sociali o  dell'accantonamento  delle  somme  necessario  a
          soddisfarli, cagionano danno ai creditori, sono  puniti,  a
          querela della persona offesa, con la reclusione da sei mesi
          a tre anni. 
                Il risarcimento del  danno  ai  creditori  prima  del
          giudizio estingue il reato.» 
                «Art.   2634   (Infedelta'   patrimoniale).   -   Gli
          amministratori, i direttori generali e i liquidatori,  che,
          avendo un interesse in conflitto con quello della societa',
          al fine di procurare a se' o ad altri un ingiusto  profitto
          o altro vantaggio, compiono o concorrono a deliberare  atti
          di    disposizione    dei    beni    sociali,    cagionando
          intenzionalmente alla societa' un danno patrimoniale,  sono
          puniti con la reclusione da sei mesi a tre anni. 
                La stessa pena si applica se il fatto e' commesso  in
          relazione a beni posseduti o  amministrati  dalla  societa'
          per conto di terzi, cagionando a  questi  ultimi  un  danno
          patrimoniale. 
                In ogni  caso  non  e'  ingiusto  il  profitto  della
          societa' collegata o del gruppo, se compensato da vantaggi,
          conseguiti  o  fondatamente  prevedibili,   derivanti   dal
          collegamento o dall'appartenenza al gruppo. 
                Per i delitti previsti dal primo e secondo  comma  si
          procede a querela della persona offesa.» 
                «Art. 2635 (Corruzione tra privati). - Salvo  che  il
          fatto costituisca piu' grave reato, gli  amministratori,  i
          direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei
          documenti contabili societari, i sindaci e  i  liquidatori,
          di societa'  o  enti  privati  che,  anche  per  interposta
          persona, sollecitano o  ricevono,  per  se'  o  per  altri,
          denaro o altra utilita'  non  dovuti,  o  ne  accettano  la
          promessa, per compiere o per omettere un atto in violazione
          degli obblighi inerenti al loro ufficio o degli obblighi di
          fedelta', sono puniti con la reclusione da uno a tre  anni.
          Si applica la stessa pena se il fatto e'  commesso  da  chi
          nell'ambito  organizzativo  della  societa'   o   dell'ente
          privato  esercita  funzioni  direttive  diverse  da  quelle
          proprie dei soggetti di cui al precedente periodo. 
                Si applica la pena della reclusione fino a un anno  e
          sei mesi se il fatto e' commesso da chi e' sottoposto  alla
          direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti indicati  al
          primo comma. 
                Chi, anche per interposta persona, offre, promette  o
          da'  denaro  o  altra  utilita'  non  dovuti  alle  persone
          indicate nel primo e nel secondo comma, e'  punito  con  le
          pene ivi previste. 
                Le  pene  stabilite   nei   commi   precedenti   sono
          raddoppiate se si tratta di societa' con titoli quotati  in
          mercati regolamentati italiani o di altri Stati dell'Unione
          europea o diffusi tra il pubblico in  misura  rilevante  ai
          sensi dell'articolo 116 del testo unico delle  disposizioni
          in  materia  di  intermediazione  finanziaria,  di  cui  al
          decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58,  e  successive
          modificazioni. 
                Fermo quanto previsto dall'articolo 2641,  la  misura
          della confisca  per  valore  equivalente  non  puo'  essere
          inferiore  al  valore  delle  utilita'  date,  promesse   o
          offerte.» 
                «Art.  2635-bis  (Istigazione  alla  corruzione   tra
          privati). -  Chiunque  offre  o  promette  denaro  o  altra
          utilita'  non  dovuti  agli  amministratori,  ai  direttori
          generali,  ai  dirigenti  preposti   alla   redazione   dei
          documenti contabili societari, ai sindaci e ai liquidatori,
          di societa' o enti privati, nonche' a chi  svolge  in  essi
          un'attivita'  lavorativa  con   l'esercizio   di   funzioni
          direttive, affinche' compia od ometta un atto in violazione
          degli obblighi inerenti al proprio ufficio o degli obblighi
          di fedelta', soggiace, qualora l'offerta o la promessa  non
          sia  accettata,  alla  pena  stabilita  nel   primo   comma
          dell'articolo 2635, ridotta di un terzo. 
                La pena  di  cui  al  primo  comma  si  applica  agli
          amministratori,  ai  direttori   generali,   ai   dirigenti
          preposti alla redazione dei documenti contabili  societari,
          ai sindaci e ai liquidatori, di societa'  o  enti  privati,
          nonche' a chi  svolge  in  essi  attivita'  lavorativa  con
          l'esercizio di funzioni direttive, che sollecitano per  se'
          o per altri, anche per interposta persona, una  promessa  o
          dazione di denaro o di altra utilita', per compiere  o  per
          omettere un atto in violazione degli obblighi  inerenti  al
          loro ufficio o  degli  obblighi  di  fedelta',  qualora  la
          sollecitazione non sia accettata.» 
                «Art. 2636  (Illecita  influenza  sull'assemblea).  -
          Chiunque, con atti simulati  o  fraudolenti,  determina  la
          maggioranza in assemblea, allo scopo di procurare a  se'  o
          ad altri un ingiusto profitto, e' punito con la  reclusione
          da sei mesi a tre anni.» 
                «Art. 2637 (Aggiotaggio). - Chiunque diffonde notizie
          false, ovvero pone in essere operazioni  simulate  o  altri
          artifici concretamente idonei  a  provocare  una  sensibile
          alterazione del prezzo di strumenti finanziari non  quotati
          o per i quali non e'  stata  presentata  una  richiesta  di
          ammissione alle negoziazioni in un  mercato  regolamentato,
          ovvero ad incidere in modo  significativo  sull'affidamento
          che il pubblico ripone  nella  stabilita'  patrimoniale  di
          banche o di gruppi bancari, e' punito  con  la  pena  della
          reclusione da uno a cinque anni.» 
                «Art. 2638  (Ostacolo  all'esercizio  delle  funzioni
          delle   autorita'   pubbliche   di   vigilanza).   -    Gli
          amministratori, i direttori generali, i dirigenti  preposti
          alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci
          e i liquidatori di societa' o enti  e  gli  altri  soggetti
          sottoposti per legge alle autorita' pubbliche di vigilanza,
          o tenuti ad obblighi nei  loro  confronti,  i  quali  nelle
          comunicazioni alle predette autorita' previste in base alla
          legge, al fine di ostacolare l'esercizio delle funzioni  di
          vigilanza, espongono fatti  materiali  non  rispondenti  al
          vero, ancorche' oggetto di  valutazioni,  sulla  situazione
          economica, patrimoniale o finanziaria dei  sottoposti  alla
          vigilanza ovvero, allo stesso  fine,  occultano  con  altri
          mezzi fraudolenti, in tutto o in parte fatti che  avrebbero
          dovuto comunicare, concernenti la situazione medesima, sono
          puniti  con  la  reclusione  da  uno  a  quattro  anni.  La
          punibilita' e' estesa anche al caso in cui le  informazioni
          riguardino beni posseduti o amministrati dalla societa' per
          conto di terzi. 
                Sono puniti con la stessa pena gli amministratori,  i
          direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei
          documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori di
          societa', o enti e gli altri soggetti sottoposti per  legge
          alle autorita' pubbliche di vigilanza o tenuti ad  obblighi
          nei loro confronti, i  quali,  in  qualsiasi  forma,  anche
          omettendo le comunicazioni dovute alle predette  autorita',
          consapevolmente ne ostacolano le funzioni. 
                La pena e' raddoppiata se si tratta di  societa'  con
          titoli quotati in mercati regolamentati italiani o di altri
          Stati dell'Unione europea o  diffusi  tra  il  pubblico  in
          misura rilevante ai sensi dell'articolo 116 del testo unico
          di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58. 
                3-bis Agli effetti della legge penale, le autorita' e
          le funzioni di risoluzione di cui al decreto di recepimento
          della direttiva 2014/59/UE sono equiparate alle autorita' e
          alle funzioni di vigilanza.». 
              - Si riportano gli articoli da 513  a  517  del  codice
          penale: 
                «Art. 513  (Turbata  liberta'  dell'industria  o  del
          commercio). - Chiunque adopera violenza  sulle  cose  [c.p.
          392]  ovvero  mezzi  fraudolenti  per  impedire  o  turbare
          l'esercizio di un'industria o di un commercio e' punito,  a
          querela della persona offesa, se il fatto  non  costituisce
          un piu' grave reato, con la reclusione fino a  due  anni  e
          con la multa da euro 103 a euro 1.032.» 
                «Art. 513-bis (Illecita concorrenza  con  minaccia  o
          violenza).  -  Chiunque  nell'esercizio   di   un'attivita'
          commerciale, industriale o comunque produttiva, compie atti
          di concorrenza con violenza o minaccia  e'  punito  con  la
          reclusione da due a sei anni. 
                La pena e'  aumentata  se  gli  atti  di  concorrenza
          riguardano un'attivita' finanziata in tutto o in  parte  ed
          in qualsiasi modo dallo Stato o da altri enti pubblici.» 
                «Art. 514 (Frodi contro le  industrie  nazionali).  -
          Chiunque, ponendo  in  vendita  o  mettendo  altrimenti  in
          circolazione, sui  mercati  nazionali  o  esteri,  prodotti
          industriali,  con   nomi,   marchi   o   segni   distintivi
          contraffatti o alterati, cagiona un nocumento all'industria
          nazionale e' punito con la reclusione da uno a cinque  anni
          e con la multa non inferiore a euro 516. 
                Se  per  i  marchi  o  segni  distintivi  sono  state
          osservate le norme delle leggi interne o delle  convenzioni
          internazionali sulla tutela della  proprieta'  industriale,
          la pena e' aumentata e non  si  applicano  le  disposizioni
          degli articoli 473 e 474.» 
                «Art. 515 (Frode  nell'esercizio  del  commercio).  -
          Chiunque,  nell'esercizio  di   un'attivita'   commerciale,
          ovvero  in  uno  spaccio  aperto  al   pubblico,   consegna
          all'acquirente una cosa mobile  per  un'altra,  ovvero  una
          cosa mobile [c.c. 812; c.p. 624], per origine, provenienza,
          qualita'  o  quantita',  diversa  da  quella  dichiarata  o
          pattuita, e' punito, qualora il fatto  non  costituisca  un
          piu' grave delitto, con la reclusione fino a due anni o con
          la multa fino a euro 2.065. 
                Se si tratta di oggetti preziosi, la  pena  e'  della
          reclusione fino a tre anni o della multa  non  inferiore  a
          euro 103.» 
                «Art. 516 (Vendita di sostanze alimentari non genuine
          come  genuine).  -  Chiunque  pone  in  vendita   o   mette
          altrimenti in commercio come  genuine  sostanze  alimentari
          non genuine e' punito con la reclusione fino a sei  mesi  o
          con la multa fino a euro 1.032.» 
                «Art. 517 (Vendita di prodotti industriali con  segni
          mendaci). - Chiunque pone in vendita o mette altrimenti  in
          circolazione opere dell'ingegno o prodotti industriali, con
          nomi, marchi o segni distintivi nazionali o esteri, atti  a
          indurre in inganno il compratore sull'origine,  provenienza
          o qualita' dell'opera o del  prodotto,  e'  punito,  se  il
          fatto non e' preveduto come reato da altra disposizione  di
          legge, con la reclusione fino a due anni  e  con  la  multa
          fino a ventimila euro.» 
                «Art. 517-ter  (Fabbricazione  e  commercio  di  beni
          realizzati usurpando titoli di proprieta'  industriale).  -
          Salva l'applicazione degli articoli  473  e  474  chiunque,
          potendo conoscere dell'esistenza del titolo  di  proprieta'
          industriale, fabbrica o adopera industrialmente  oggetti  o
          altri beni realizzati usurpando  un  titolo  di  proprieta'
          industriale o in  violazione  dello  stesso  e'  punito,  a
          querela della persona offesa, con la reclusione fino a  due
          anni e con la multa fino a euro 20.000. 
                Alla stessa pena soggiace  chi,  al  fine  di  trarne
          profitto, introduce nel territorio dello Stato, detiene per
          la  vendita,  pone  in  vendita  con  offerta  diretta   ai
          consumatori o mette comunque in circolazione i beni di  cui
          al primo comma. 
                Si applicano le disposizioni  di  cui  agli  articoli
          474-bis, 474-ter, secondo comma, e 517-bis, secondo comma. 
                I delitti previsti dai commi  primo  e  secondo  sono
          punibili sempre che siano state osservate  le  norme  delle
          leggi  interne,  dei   regolamenti   comunitari   e   delle
          convenzioni internazionali sulla  tutela  della  proprieta'
          intellettuale o industriale.». 
              - Si riporta l'articolo 44, comma 1, lettere b)  e  c),
          del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno  2001,
          n.  380  (Testo  unico  delle  disposizioni  legislative  e
          regolamentari in materia di edilizia): 
                «Art. 44 (L)  (Sanzioni  penali  (legge  28  febbraio
          1985, n. 47, articoli 19  e  20;  decreto-legge  23  aprile
          1985, n. 146, art. 3,  convertito,  con  modificazioni,  in
          legge 21 giugno 1985, n. 298)). - 1.  Salvo  che  il  fatto
          costituisca  piu'  grave  reato   e   ferme   le   sanzioni
          amministrative, si applica: 
                  (Omissis) 
                  b) l'arresto fino a due anni e l'ammenda da 10328 a
          103290 euro nei casi di esecuzione  dei  lavori  in  totale
          difformita' o assenza del permesso o di prosecuzione  degli
          stessi nonostante l'ordine di sospensione; 
                  c) l'arresto fino a due anni e l'ammenda da 30986 a
          103290 euro nel caso di lottizzazione abusiva di terreni  a
          scopo edilizio, come previsto dal primo comma dell'articolo
          30. La stessa pena si applica anche nel caso di  interventi
          edilizi nelle zone sottoposte a vincolo storico, artistico,
          archeologico,   paesistico,   ambientale,   in   variazione
          essenziale,  in  totale  difformita'  o  in   assenza   del
          permesso. 
                (Omissis).». 
              -  Il  decreto  legislativo  8  giugno  2001,  n.   231
          (Disciplina  della  responsabilita'  amministrativa   delle
          persone giuridiche, delle  societa'  e  delle  associazioni
          anche   prive   di   personalita'   giuridica,   a    norma
          dell'articolo 11 della legge 29 settembre 2000, n. 300)  e'
          pubblicato nella Gazzetta ufficiale del 19 giugno 2001,  n.
          140. 
              - Per il testo  dell'articolo  407-bis,  comma  1,  del
          codice di procedura penale si veda nelle note  all'articolo
          96.