Art. 6. Legame con la zona geografica Il riconoscimento della indicazione geografica protetta delle olive taggiasche liguri e' basato sulla reputazione, attribuibile alla combinazione di fattori naturali, storici e umani legati al territorio di origine. I fattori naturali risiedono anzitutto nella struttura del territorio e nel clima. La Liguria con la sua conformazione ad arco aperto verso mezzogiorno occupa una stretta fascia di territorio compresa fra il mare, che le apporta benefici effetti in termini di condizioni atmosferiche e temperatura, e una dorsale montuosa, che la ripara a nord dai venti e dalle temperature rigide. Il clima di tipo mediterraneo ha favorito in maniera ottimale su tutto il territorio regionale la crescita dell'ulivo, in particolare della taggiasca, una pianta caratterizzata da grande fecondita' e forza di vegetazione ma che teme il gelo e le temperature estreme. In questo ambiente particolare si e' inserita l'opera dell'uomo, che si e' tradotta in un intenso lavoro manuale di costruzione di terrazzamenti sostenuti da muri in pietra a secco, i quali hanno trasformato in «fasce» praticabili per l'olivicoltura anche i terreni acclivi, impedendone l'erosione, arieggiandoli e gestendone i carichi idrici. Si tratta di un'opera secolare, che ha dato un'impronta specifica al suolo coltivato e ha contribuito a rendere unico il paesaggio ligure nel panorama internazionale. Condotta attraverso continue verifiche, sistemazioni, riparazioni e ripuliture su di una estensione che non ha uguali in altre zone italiane ed europee, quest'opera non soltanto caratterizza il paesaggio dal punto di vista estetico, ma contribuisce in maniera determinante alla sua conservazione. A tal fine un ruolo insostituibile e' svolto dalla taggiasca, dal momento che la sua naturale vigoria vegetativa (Gallesio, Pomona 1817-1839) ne rende compatibile lo sviluppo anche su terreni di riporto, poco profondi e ricchi di scheletro, mentre la tendenza dell'apparato radicale a svilupparsi in superficie garantisce la tenuta dei muri a secco e la protezione contro le erosioni. La tecnica ligure delle pietre a incastro senza legami e' una vera e propria «arte», che, a riprova dell'importanza riconosciutale in tutto il mondo, nel 2018 e' stata dichiarata dall'UNESCO «Patrimonio culturale immateriale dell'Umanita'». Le pratiche di coltivazione della taggiasca e di gestione del terreno rappresentano pertanto il contributo umano piu' importante ai fini del mantenimento dei fattori naturali dell'ambiente geografico della Liguria. Anche se l'ulivo era conosciuto in Liguria fin dall'epoca romana, storicamente l'introduzione della taggiasca nel territorio si deve ai monaci benedettini, che nel X secolo impiantano nelle terre dell'abbazia di Taggia i primi ceppi, dai quali la varieta' prende il nome e si diffonde in tutta la regione. Con gli anni, infatti, i cloni antichi si adattano perfettamente agli ambienti nei quali vengono insediati, dando vita a differenze di minore importanza difficilmente percepibili (R. Barrichello, Le varieta' di olivo liguri, 2017). Ai primi dell'Ottocento le ricerche del grande naturalista Giorgio Gallesio (Giornali dei viaggi, 1810-1839) e dell'abate Giammaria Picconi (Saggi sull'economia olearia, 1808), entrambe riprese nella Statistica francese del prefetto Gilbert Chabrol (1824), evidenziano che la taggiasca e' una delle tre specie di olivi piu' intensamente coltivate in Liguria. Nel corso dello stesso secolo e in quello successivo diversi storici, botanici e specialisti sottolineano la duplice attitudine della pianta e la superiore qualita' delle sue olive. Una peculiarita' ben nota da tempo, questa, se, come e' stato ipotizzato, sono taggiasche le olive inserite nel servizio di credenza dal grande cuoco Bartolomeo Scappi durante il banchetto del 1536 in onore dell'imperatore Carlo V (Opera, 1570). Nell'Ottocento e' testimoniata la tradizione delle famiglie agiate di conservare le olive taggiasche in salamoia (T. Marsucco, Nozioni agricolo teorico pratiche commerciali, 1854). Il deciso superamento dell'ambito elitario e casalingo, promosso anche da studi specifici (P. Buzi Carocci L'indolcimento delle olive di varieta' taggiasca, 1945), avviene a ridosso del secondo dopoguerra con la risposta favorevole dei consumatori alla introduzione sul mercato delle prime masse critiche di prodotto. Negli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso le olive taggiasche liguri, a seguito del coinvolgimento di un numero sempre maggiore di aziende produttrici, del rafforzamento della posizione di queste sul mercato e del contestuale allargamento della gamma delle referenze (olive in salamoia, denocciolate, sottolio e pasta di olive), consolidano la reputazione come prodotto di qualita' tipico della Liguria. Tale reputazione, anche a seguito di un utilizzo crescente del nome nel commercio e nel linguaggio comune, si allarga negli anni successivi (R. De Andreis e A. Giacobbe Storia della Taggiasca, 2022) attraverso testi specialistici (A. Ricci Olive da mensa, 2007; F. Lanza Olive, A global History, 2011) ricettari (La grande cucina regionale: Liguria, 2005) articoli sulle maggiori testate nazionali comparsi ripetutamente in tutta la seconda meta' del Novecento (Corriere della Sera 7 febbraio 2004; Repubblica, Stampa e Secolo XIX in Turismo.it 22 giugno 2020) pubblicita' aziendali (McDonald's, 2022) e della GDO (Conad), pubblicazioni negli U.S.A. (I. Virbila The Review, 2011) in Gran Bretagna (W. Van Grinsven-P. The Olive Oil Masterclass, 2019) in Germania (C. Shinharl Frühling, Sommer, Gemüse, 2015) e in Spagna (Alamy, 2015), blog italiani (lacarruba) e stranieri (Scordo.com: Italian olives: The lovely Taggiasca olives from Liguria), interventi di grandi cuochi e gastronomi di livello internazionale, come Alain Ducasse (La Stampa, 26.4.1998). Questi ultimi diffondono anche la conoscenza di una serie di piatti della cucina tradizionale ligure con le olive taggiasche liguri immancabili protagoniste, e in primo luogo del «coniglio alla ligure», la cui ricetta viene illustrata in una scena, vista in tutto il mondo, de La grande bellezza di Paolo Sorrentino, premio Oscar 2014 quale miglior film straniero. La reputazione delle olive taggiasche liguri, nata dalla forte interazione fra i fattori naturali, storici e umani dell'ambiente, trova fondamento in alcune peculiarita' del prodotto, che vengono individuate dai consumatori gia' visivamente a partire dalla minore dimensione delle drupe e che comprendono in particolare: la sensazione gustativa di dolce, alla quale contribuiscono un amaro leggero e un basso livello di acidita', e lo spiccagnolo pronunciato, cioe' la facile separazione della polpa dal nocciolo durante la masticazione (A. Ricci in Olive e Olio, 2010). Tali caratteristiche, avvalorate dalla letteratura scientifica (CERSAA, 2021) e confermate da analisi di laboratorio (LabCam Albenga, 2021), sono oggetto di un largo apprezzamento presso il pubblico. E' infatti significativo che gli aspetti qualitativi piu' noti emergano chiaramente associati al territorio di origine in una ricerca di mercato, condotta sia su aree di maggiore impatto commerciale e sia a livello nazionale (Demoskopea 2022). Da essa si rileva che la tipicita' delle olive taggiasche liguri e' riconosciuta in modo spontaneo rispettivamente dai due terzi del campione di consumatori dell'Italia di Nord Ovest e dalla maggioranza di quello nazionale e che degli altri aspetti piu' attribuibili al prodotto vengono indicati da entrambi i campioni, in percentuali rilevanti e nell'ordine: le dimensioni piu' piccole, la qualita' piu' pregiata, la dolcezza e il sapore piu' delicato, lo spiccagnolo. Il legame fra il prodotto e il territorio e' sostanzialmente riconducibile alla saldatura dell'effetto cultivarietale (genotipo) con i fattori naturali e umani dell'ambiente di origine (fenotipo). Le condizioni pedoclimatiche favorevoli, tipiche dell'areale ligure (scarsita' di eventi piovosi durante l'invaiatura, temperature miti e costante ventilazione), unite alla coltivazione in asciutta e alla scelta del giusto momento di maturazione delle olive attraverso la pratica della raccolta scalare, consentono infatti una maturazione profonda e progressiva dei tessuti delle drupe e del nocciolo, che determina una tendenza della polpa alla compattezza e al suo facile distacco (CERSAA). Anche la sensazione specifica di «dolce», ricercata da un segmento importante di consumatori, nasce dai valori elevati di carboidrati insiti nella varieta' (B. Lanza, Nutritional and sensory quality in table olives, 2012) combinati con la pratica, non riscontrabile nelle altre regioni italiane, di prolungare la raccolta fino a stagione inoltrata. Infine non va dimenticato che il successo delle olive taggiasche liguri e' da ascrivere anche all'immagine positiva che ha presso il pubblico la Liguria quale regione da secoli vocata alla olivicoltura e al commercio dei prodotti olivicoli. Questa immagine e' evidenziata dalla cura dedicata alla gestione degli oliveti, frutto di secoli di esperienze e adattamenti, le cui pratiche vanno dalla forma di allevamento delle piante, che tradizionalmente asseconda lo sviluppo naturale dell'albero verso l'alto per sopperire alla carenza di terreno, alla raccolta scalare, che sconta un periodo prolungato di operazioni a vantaggio della giusta maturazione dell'oliva (A. Ricci in Olive e Olio, 2010). Particolari conoscenze specialistiche si rilevano localmente anche nella capacita' di selezione visiva delle olive per stabilirne punto di maturazione e livello qualitativo ottimali ai fini della loro destinazione, nonche' nell'alta artigianalita' degli impianti di trasformazione, la cui diffusione dimostra una professionalita' ampiamente radicata nel tessuto economico e sociale. La reputazione delle olive taggiasche liguri si deve pertanto anche ad uno specifico «saper fare», che ha consentito il mantenimento e la valorizzazione delle caratteristiche qualitative del prodotto.