(Allegato A-art. 9)
                               Art. 9. 
 
                 (Legame con l'ambiente geografico) 
 
    A) Informazioni sulla zona geografica 
    A.1. Fattori naturali rilevanti per il legame. 
    La zona geografica  delimitata  ricade  nella  parte  meridionale
della Regione Toscana e, in particolare, nel  lembo  orientale  della
Provincia di Grosseto, in una vasta area che si estende dalle pendici
del monte Amiata fino agli  ultimi  rilievi  prima  della  citta'  di
Grosseto, con un prolungamento in direzione nord e nord-est, fino  ai
confini con la provincia di Siena, delimitati in parte dal corso  del
fiume Ombrone e del suo affluente Orcia. L'area delimitata  comprende
tutto  o  parte  del  territorio  comunale  di  Cinigiano,  Civitella
Paganico, Campagnatico, Castel del Piano,  Roccalbegna,  Arcidosso  e
Seggiano, con esclusione del fondo valle. 
    I terreni dell'area presentano una grande varieta' di  litologie,
data dalla sovrapposizione di diverse unita' tettoniche, sulle  quali
poggiano in discordanza sedimenti trasgressivi marini e  continentali
di  eta'  neogenica   e   quaternaria   (neoautoctono)   e   depositi
fluvio-lacustri  plio-quaternari   ed   attuali;   una   vasta   zona
all'interno dell'area interessata e' occupata  proprio  da  sedimenti
miocenici e pliocenici e del quaternario,  mentre  a  nord  affiorano
formazioni di eta' piu' antica. Essi  derivano  fondamentalmente  dal
disfacimento di rocce arenarie, con  o  senza  la  partecipazione  di
rocce calcaree. 
    L'area e' caratterizzata da rilievi di bassa  e  media/medio-alta
collina su formazioni prevalentemente  marnose,  marnoso-pelitiche  e
pelitiche che danno origine a suoli franchi, ricchi di pietrosita'  e
scheletro, moderata acqua disponibile per le piante. 
    La quota media e' di circa  200  metri  s.l.m.  (i  vigneti  sono
ubicati approssimativamente a quote comprese  tra  120  e  500  metri
s.l.m.), mentre la pendenza  oscilla  intorno  all'8%;  l'esposizione
media e' a est sud-est. 
    Il clima dell'area e'  di  tipo  mediterraneo  caratterizzato  da
stress idrici piu' o meno accentuati  nelle  fasi  che  precedono  la
maturazione dell'uva e buone escursioni termiche tra giorno e  notte.
Le  precipitazioni,  disordinate  e   talvolta   anche   di   elevata
intensita', sono concentrate soprattutto nei mesi autunnali-invernali
(massimo della piovosita' localizzato tra la fine  di  ottobre  e  la
prima decade di dicembre, col mese  di  novembre  caratterizzato  dai
valori piu' elevati), mentre  nel  periodo  compreso  tra  gennaio  e
maggio la pioggia e' distribuita in maniera un po' piu' omogenea  con
valori comparabili, che  diminuiscono  progressivamente  dalla  prima
decade di maggio, fino a raggiungere un minimo assoluto tra la  prima
e la terza decade di luglio, tanto che si puo' parlare di un'aridita'
di regola prolungata nella primavera e  spesso  accentuata  nei  mesi
estivi. Puo' essere considerato un  valore  medio  di  precipitazioni
annue intorno ai 750-800 mm, con un minimo di 19,5  mm  nel  mese  di
luglio (dato medio) e un massimo di 115 mm nel mese di novembre (dato
medio), ed una temperatura media  annua  di  14-14,5°C;  l'indice  di
Huglin si attesta tra 2.300 e 2.500 unita'. 
    Le estati sono per lo piu' siccitose e le condizioni di  aridita'
sono accentuate dai venti che soffiano con frequenza soprattutto  dal
terzo al quarto quadrante; in particolare, nella  primavera  soffiano
venti di Scirocco e di Libeccio, mentre nell'estate il Maestrale che,
sebbene provenga  dal  mare,  e'  asciutto,  regolando  di  fatto  la
temperatura; in inverno non e' raro, invece, che soffi, anche in modo
violento, la Tramontana. 
    A.2. Fattori umani rilevanti per il legame. 
    I fattori umani legati  al  territorio  di  produzione,  che  per
consolidata tradizione hanno  contribuito  ad  ottenere  i  vini  del
«Montecucco», sono di fondamentale rilievo. In questa area,  infatti,
esistono testimonianze della coltivazione della vite che risalgono al
periodo Etrusco - e che,  attraversando  i  secoli  ed  i  fatti  del
territorio, dei suoi abitanti e dei suoi governanti, sono giunte fino
ai giorni nostri. 
    Partendo dalle epoche piu' lontane si puo' sicuramente  affermare
come la presenza della  viticoltura  nel  territorio  del  Montecucco
risalga  quantomeno  all'epoca  etrusca,  come  testimoniano   alcuni
reperti rinvenuti nella zona di Seggiano e del Potentino, tra i quali
annotiamo,  oltre  al  vasellame,  anche   i   tradizionali   pithoi,
recipienti particolari per la raccolta  del  vino  proveniente  dalla
pigiatura delle uve e dai torchi, i  quali  venivano  interrati  fino
all'orlo, nelle vicinanze dei torchi, e vi si raccoglieva il pigiato,
che poi fermentava. 
    La  successiva  dominazione  romana  accentuo'  la  tendenza   al
miglioramento  delle  tecniche   di   vinificazione,   che   rimasero
insuperate fino al  medioevo;  di  questo  periodo  storico,  sono  i
documenti conservati presso gli archivi monastici,  a  confermare  la
diffusione della coltivazione della vite,  che  acquista  particolare
importanza  come  pianta  colonizzatrice,  tanto  che  governanti   e
feudatari riconobbero la necessita' di  concedere  terre  adatte  per
questa coltura, che ebbe particolare protezione  con  apposite  norme
statutarie. In occasione delle lottizzazioni dei  terreni  feudali  e
comunali, furono infatti  indicati  esplicitamente,  «concessioni  di
terre in zone a vocazione viticola». In certi casi, come a Castel del
Piano nel  Cinquecento,  l'attivita'  viticola  poteva,  in  parte  o
completamente, sostituirsi al salario in moneta  (Statuti  di  Castel
del Piano), mentre nella zona di Montegiovi essa era fondamentale per
il sostentamento delle popolazioni che vivevano del lavoro dei  campi
e del bosco (Piccinni, 1988). 
    Nella  relazione  del  dott.   Alfonso   Ademollo   all'inchiesta
parlamentare Iacini (1884),  si  mette  chiaramente  in  evidenza  le
qualita' dei vini prodotti nella maggior parte  delle  zone  viticole
del territorio della Provincia di Grosseto. L'Ademollo,  nel  fornire
interessanti informazioni sulla situazione viticola della  provincia,
cosi' scriveva: «La vite ha sempre allignato, fino dalle epoche  piu'
remote, nella Provincia di Grosseto.  Le  varieta'  di  vite  da  noi
conosciute e coltivate sono molte, poiche' si puo' asserire che tutte
le varieta' di si' prezioso sarmento,  anche  le  esotiche,  vegetano
bene nel nostro suolo... Le vigne  pure  da  qualche  tempo  si  sono
estese ed hanno migliorato nel proprio prodotto,  ma  tuttavia  anche
per questo lato la Provincia di  Grosseto  sarebbe  capace  di  piu',
poiche' la vite cresce benissimo e porge preziosi e squisiti grappoli
in ogni parte della provincia,  perche'  non  abbiamo  veramente  ne'
caldi ne' freddi eccessivi, [...] perche'  dovunque  trovasi  terreni
leggeri, permeabili, aridi nelle parti elevate, dovute  a  sabbie,  a
rocce  decomposte,  a  detriti  vulcanici  e  sassaie».  Da  cio'  la
categorica affermazione: «La Provincia di Grosseto, per cinque  sesti
ha terreno adatto alla viticoltura». Parlando dei pregi e dei difetti
del vino prodotto nella zona Ademollo cosi' si  esprimeva: «Il  vino,
questo benefico liquido che ha  tanta  importanza  nella  pubblica  e
privata  economia,  come  nella  pubblica  e  privata  salute,  viene
prodotto dai nostri viticoltori  con  sempre  crescente  progresso  e
accuratezza in ogni parte della Provincia di Grosseto, sia nella zona
piana, che in quella montuosa, e per la bonta' e quantita' in  alcuni
comuni e' di una rendita importante ai proprietari [...]». 
    Gia' prima del 1900 i vini prodotti  nel  comune  di  Castel  del
Piano erano conosciuti, come si evince dai  risultati  delle  analisi
chimiche   effettuate   presso   l'Istituto   di   chimica    agraria
dell'Universita'  di  Pisa  (1895).  Piu'  in  particolare   per   la
produzione di uno  di  questi  vini  rossi  concorrevano  «Brunello»,
«Tintura di Spagna» ed altre uve bianche. 
    Le testimonianze verbali  dei  discendenti  dei  viticoltori  del
secolo scorso indicano alcune localita' famose perche' capaci di dare
un vino di piu' elevata qualita', come la vigna di Campo Rombolo,  le
vigne del Poggetto, entrambe ubicate ai Poggi del Sasso  (Scalabrelli
et al. 2006). 
    In  tempi   recenti   il   recupero,   l'identificazione   e   la
valorizzazione di germoplasma locale sta  assumendo  sempre  maggiore
importanza in Toscana,  regione  particolarmente  ricca  di  varieta'
autoctone, come dimostrato dall'elevato numero di vitigni iscritti al
Registro regionale delle risorse genetiche autoctone ai  sensi  della
legge regionale 50/97. E di particolare interesse risultano  le  zone
che dal punto di vista ampelografico non hanno subito interferenze ed
introduzioni   di   materiale   nel   corso    dell'ultimo    secolo,
particolarmente  dopo   l'invasione   fillosserica;   questo   accade
soprattutto  per  alcune  specifiche  zone  della   Toscana   ed   in
particolare, nella zona del Montecucco,  per  quelle  di  Castel  del
Piano, Cinigiano  e  Seggiano,  come  risulta  da  documenti  storici
(Imberciadori, 1980, Balestracci, 1988; Piccinini, 1990; Scalabrelli,
1999; Ciuffoletti e Nanni, 2002;) e da recenti indagini compiute  sul
territorio (Scalabrelli et al. 2006; Scalabrelli, 2007). 
    La ricchezza del patrimonio  ampelografico  e'  sottolineata  dal
reperimento di una serie di vitigni locali attualmente in  studio  da
parte delle Universita' di Firenze e di Pisa e dalla realizzazione di
un apposito campo di collezione in localita' Poggi del Sasso ma anche
dal ritrovamento di un vigneto franco di piede dell'eta' di circa 200
anni, recentemente denominato «Vigneto museo». 
    Furono questi i  presupposti  che  portarono  alla  richiesta  di
riconoscimento  dell'indicazione   geografica   (I.G.)   «Montecucco»
Bianco, Rosso e Rosato, avvenuto con decreto ministeriale  7  gennaio
1989, preceduta dalla I.G. «Monte Antico»  (decreto  ministeriale  19
gennaio 1980) relativa a vini prodotti in parte dell'attuale zona  di
produzione  dei  vini  Montecucco  (parte  del  comune  di  Civitella
Paganico). Alla fine degli anni '90, tuttavia, si fece piu' forte  la
consapevolezza da parte della filiera vitivinicola che il  territorio
del Montecucco poteva aspirare al riconoscimento della  denominazione
di origine controllata per i vini prodotti  nella  zona,  che  verra'
attribuito col decreto ministeriale del 30 luglio  1998  per  i  vini
bianchi e rossi del «Montecucco» incentrati, per lo piu',  sulle  uve
dei  vitigni  Sangiovese,  Trebbiano   toscano   e   Vermentino.   La
denominazione  «Montecucco»  abbraccia  una  zona  piu'  ampia  della
localita' Montecucco, sita nel  comune  di  Cinigiano,  riconosciuta,
come detto, nel  1989  come  indicazione  geografica:  l'utilizzo  di
questo nome e' giustificato dal fatto che i vini  prodotti  nell'area
circostante alla suddetta localita' avevano dimostrato negli anni  di
possedere caratteristiche analoghe ai vini della suddetta I.G., tanto
da essere facilmente identificati dai consumatori. 
    Negli anni successivi al riconoscimento  della  Doc,  l'opera  di
sperimentazione colturale, l'uso di varieta' diverse ed i conseguenti
risultati  hanno  convinto  la  filiera  vitivinicola  a  qualificare
maggiormente  i  vini  ottenuti  sul   territorio   del   Montecucco,
estrapolando la tipologia varietale «Sangiovese» (riconosciuta a Docg
autonoma e separata) ed integrando le tipologie contemplate nella Doc
con l'inserimento del Rosato e di quelle tradizionali Vin Santo e Vin
Santo occhio di pernice (modifica del disciplinare di  produzione  di
cui al decreto ministeriale del 9 settembre 2011). 
    L'incidenza  dei  fattori  umani,  nel  corso  della  storia,  e'
riferita, in particolare,  alla  puntuale  definizione  dei  seguenti
aspetti tecnico-produttivi, che costituiscono  parte  integrante  del
vigente disciplinare di produzione: 
    -  base  ampelografica  dei  vigneti:  i  vitigni   idonei   alla
produzione  del  vino  in  questione  sono  quelli   tradizionalmente
coltivati nell'area geografica considerata, e  cioe',  in  primis,  i
vitigni  autoctoni   Sangiovese,   Ciliegiolo,   Trebbiano   toscano,
Vermentino, Malvasia bianca lunga e Grechetto, affiancati da varieta'
eventualmente presenti tra i vitigni complementari, come  ad  esempio
Canaiolo nero, Colorino, Syrah, Alicante, Merlot, Cabernet Sauvignon,
Petit verdot e Montepulciano; 
    - le forme di allevamento, i sesti  d'impianto  e  i  sistemi  di
potatura che, anche per i nuovi impianti,  sono  quelli  tradizionali
della zona, e cioe' Guyot semplice o  doppio,  e  cordone  speronato,
tali  da  perseguire  la  migliore  e  razionale  disposizione  sulla
superficie delle viti; cio'  sia  per  agevolare  l'esecuzione  delle
operazioni colturali con un aumento della  meccanizzazione,  sia  per
gestire la razionale gestione della chioma, consentendo  di  ottenere
un'adeguata superficie  fogliare  ben  esposta  e,  al  contempo,  di
perseguire un contenimento delle rese di produzione di vino  entro  i
limiti fissati dal disciplinare, rapportate ad una densita' minima di
3300 piante per  ettaro,  il  che  consente  di  ottenere  una  buona
competizione fra le  piante  (77  hl/ha  per  il  tipo  Bianco  e  il
Vermentino, che scende a 63 per il Rosso anche con qualifica  riserva
ed il Rosato, mentre e' di 38,5 e 31,5 hl/ha rispettivamente  per  le
tipologie tradizionali Vin Santo e Vin santo occhio di pernice); 
    le pratiche relative alla elaborazione dei vini, che sono  quelle
tradizionalmente consolidate in zona per la vinificazione in bianco e
in rosso dei vini  tranquilli,  adeguatamente  differenziate  per  la
tipologia di  base  e  la  tipologia  Rosso  con  qualifica  Riserva,
riferita a rossi  maggiormente  strutturati,  caratterizzati  da  una
elaborazione che comporta determinati periodi  di  invecchiamento  in
botti di legno ed affinamento in bottiglia obbligatori; di tradizione
consolidata e' anche la produzione  di  vini  rosati  ottenuti  dalla
vinificazione in rosato  di  uve  provenienti,  per  lo  piu',  dalle
varieta' Sangiovese e Ciliegiolo e quella di  vini  ottenuti  da  uve
appassite,  prodotti  con  la  tradizionale  tecnica  del  «vinsanto»
utilizzando prevalentemente uve a bacca  bianca  (Trebbiano  toscano,
Malvasia bianca e Grechetto bianco) o bacca  rossa  (Sangiovese)  nel
caso in cui si produca la tipologia particolare «occhio di  pernice»;
in entrambi i casi, le uve subiscono un'accurata cernita e sono fatte
appassire in locali idonei, per essere successivamente conservate  ed
invecchiate in tradizionali caratelli per un periodo adeguato. 
    B)  Informazioni  sulla  qualita'  o  sulle  caratteristiche  del
prodotto essenzialmente o  esclusivamente  attribuibili  all'ambiente
geografico 
    La DOC «Montecucco» e' riferita alle tipologie Bianco e Rosso «di
base»,  al  Rosso  con  menzione  «Riserva»,  al  tipo  Rosato,  alla
tipologia varietale Vermentino, ed alle  tipologie  tradizionali  Vin
Santo e Vin Santo Occhio di Pernice, le quali,  dal  punto  di  vista
analitico ed organolettico, presentano caratteristiche molto evidenti
e peculiari, descritte all'art. 6 del disciplinare, che ne permettono
una  chiara  individuazione  e  tipicizzazione  legata   all'ambiente
geografico. 
    In particolare, tutti i vini  presentano  un  modesto  tenore  di
acidita' (4,5 g/l), leggermente piu' elevato nei tipi rosato,  bianco
e Vermentino. 
    I vini rossi presentano un colore rosso  rubino  intenso,  talora
con riflessi violacei nei vini giovani, che sfuma al granato nei vini
piu' maturi come quelli con qualifica Riserva, comunque  influenzato,
nella  tonalita',  dalla  percentuale  di  Sangiovese  presente:   il
Sangiovese, infatti, rispetto ad altri vitigni come il  Cabernet,  il
Syrah e il Merlot, conta su di  una  quantita'  di  antociani  totali
inferiore, a vantaggio, pero', di una notevole ricchezza  in  tannini
proantocianidici e catechine; per questo motivo, proprio in  funzione
della diversa presenza di Sangiovese (minimo  60%)  e  di  quella  di
altre varieta' a bacca rossa (fino al 40%), e' possibile  riscontrare
una maggiore complessita' aromatica con sfumature fruttate e speziate
piu'  evidenti  e,  al  contempo,  un'attenuazione  della  sensazione
tannica del vitigno base - soprattutto nei vini piu' giovani - il che
conferisce, ai vini, un gusto piu' rotondo e  pieno,  soprattutto  se
vengono affinati  per  un  certo  periodo  prima  dell'immissione  al
consumo; ed infatti il disciplinare di  produzione  prevede,  per  la
tipologia Rosso, l'immissione  al  consumo  solo  a  partire  dal  1°
settembre dell'anno successivo alla vendemmia. Nella tipologia che si
fregia della qualifica «Riserva» l'intensita' del  profilo  aromatico
aumenta ed aumenta la sua complessita',  ampiezza  ed  eleganza,  con
sentori di piccoli frutti accompagnati da evidenti note speziate,  ed
al palato si amplia la sensazione di lunghezza, di corpo e di volume;
queste  caratteristiche  sono  direttamente   influenzate,   infatti,
dall'affinamento e dall'invecchiamento dei vini,  ed  e'  per  questi
motivi che il disciplinare stabilisce un invecchiamento minimo di  un
anno in botti di legno ed un affinamento in bottiglia di  almeno  sei
mesi. Il vino Rosato si presenta con un colore dal rosa tenue al rosa
cerasuolo, profumi freschi e fruttati, mentre al  palato  e'  sapido,
asciutto ed armonico; il rosato e' influenzato, nelle caratteristiche
organolettiche, dalla presenza piu'  o  meno  rilevante  del  vitigno
Sangiovese (minimo 60%, da solo o congiuntamente al Ciliegiolo). 
    I  vini  bianchi  «tranquilli»  presentano   un   colore   giallo
paglierino, profumi delicati, freschi, con note floreali  e  fruttate
piu' o meno  accentuate,  la  cui  ricchezza  e'  in  funzione  della
percentuale  di  Vermentino  presente  (minimo   40%,   da   solo   o
congiuntamente al Trebbiano toscano nella versione «base»,  che  sale
all' 85% per l'omonima tipologia varietale) e delle altre varieta'  a
bacca bianca eventualmente utilizzate, mentre al gusto si  presentano
asciutti, freschi, armonici, piu' o meno sapidi  e  morbidi,  con  un
discreto tenore di acidita' che contribuisce all'equilibrio gustativo
dei vini. 
    La tipologia Vin Santo si  presenta  con  un  colore  dal  giallo
dorato fino  all'ambrato  intenso,  un  profumo  ricco  e  complesso,
etereo, intenso, con evidenti note di frutta matura, di uva  passa  e
candita, mentre al gusto denota sensazioni  vellutate,  rotonde,  con
una notevole lunghezza e persistenza. Il Vin Santo occhio di  pernice
e' caratterizzato, invece, da un colore tra l'ambrato ed  il  topazio
intenso, con un'ampia unghia rossiccia che si fa marrone con  l'eta',
profumi intensi e ricchi di frutta matura con note che richiamano  il
cioccolato e la liquirizia, mentre al palato e'  morbido,  vellutato,
molto  rotondo  ed  ampio,  con  retrogusto  dolce  ed  una  notevole
lunghezza e persistenza delle note retro olfattive. 
    C) descrizione dell'interazione causale fra gli elementi  di  cui
alla lettera A) e quelli di cui alla lettera B) 
    L'orografia collinare e pedecollinare della zona di produzione, i
suoli  franchi,  ricchi  di   pietrosita'   e   scheletro   derivanti
fondamentalmente dal disfacimento di rocce arenarie, con o  senza  la
partecipazione di rocce calcaree, naturalmente sgrondanti dalle acque
reflue per la loro origine e struttura (caratterizzati in  prevalenza
da tessitura che varia dal medio impasto al medio impasto-sabbioso  e
al   medio   impasto-argilloso   con   sottosuolo   ciottoloso),   la
composizione e la natura dei terreni medesimi, caratterizzati da  una
reazione per lo piu'  sub-alcalina  o  neutra,  carenti  di  sostanza
organica  e  di  azoto,  ben  provvisti  di  fosforo  assimilabile  e
moderatamente di potassio assimilabile, nel  complesso,  quindi,  con
una dotazione in microelementi e un quadro  chimico-fisico  ottimali;
unite a un  clima  mite  ma  al  contempo  sufficientemente  piovoso,
ventilato, caratterizzato da  una  significativa  escursione  termica
giornaliera, rappresentano le condizioni su  cui  i  viticoltori  nel
corso  della  storia  sono  intervenuti  con  delle  mirate  pratiche
agronomiche e gestionali dei suoli e dei vigneti. 
    Piu' nel dettaglio questi  hanno,  in  primis,  creato  i  propri
impianti   ricercando   una   proficua   esposizione   al   sole,   e
successivamente sono  intervenuti  con  pratiche  quali  la  potatura
verde, il diradamento dei  grappoli,  l'alta  densita'  di  impianto,
ricercando al contempo delle basse rese produttive. A questa gestione
agronomica sono state affiancate delle cantine realizzate  secondo  i
piu' moderni criteri  tecnologici,  per  realizzare  un  prodotto  di
elevata qualita'. 
    Importante ricordare  ancora  come  sul  territorio  siano  stati
realizzati numerosi progetti di studio incentrati  soprattutto  sulla
scoperta, la conservazione e lo studio di vitigni storici, che  hanno
visto impegnate sia le Istituzioni locali sia l'Universita' di Pisa. 
    Si puo' affermare come, nel corso  dei  secoli,  la  coltivazione
della vite abbia sempre costituito un'attivita' primaria  nell'ambito
dell'economia  agricola  del  territorio  del   Montecucco;   reperti
affiorati, testi  monasteriali  e  statuti,  inchieste  parlamentari,
studi universitari, vigneti  secolari,  dimostrano  il  forte  legame
esistente tra la vite e le popolazioni ivi stanziate; legame che oggi
trova la propria testimonianza nelle vecchie cantine, alcune  scavate
addirittura nella roccia, presenti  praticamente  in  tutti  i  paesi
della zona oppure nelle Sagre o nelle Feste dedicate alla Vendemmia o
al Vino (quella di Cinigiano ad esempio ha una storia di circa  mezzo
secolo). 
    Ed e' appunto sul consolidato rapporto territorio-uva-viticoltori
che si e' sviluppato un percorso  che,  partendo  dal  riconoscimento
negli anni '80  di  due  indicazioni  geografiche  ha  prima  portato
all'attribuzione della denominazione di  origine  controllata  (1998)
per le tipologie Rosso, Sangiovese, queste due  anche  con  qualifica
Riserva, Bianco e Vermentino, e successivamente  ad  un  suo  recente
ampliamento (Decreto ministeriale 9 settembre 2011) ad ulteriori  tre
tipologie.